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Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with
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FRIDA GROSSO
Dottore in filosofia
L'ESTETICA HERB AR TI AN A
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L'ESTETICA HERBARTIANA OSSIA LA TEORIA HERBARTIANA DEI VALORI ETICO'ESTETICI
(1) Herbart, Ueber die ästhetische Darstellung der Welt, in: Kehrbach, Sämtliche
Werke , I, 263.
(2) Op. cit., pag. 264.
(3) Op. cit., pag. 265.
(4) Op. cit., pag. 273.
(5) Op. cit., pag. 272.
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FRIDA GROSSO
(1) Herbart, Einl. in die Phil., pagg. 146-147*148, Leipzig, G. Hartenstein, 1850.
(2) Herbart, Op. cit., pagg. 248-40.
(3) Tarozzi, Introdu g. alla trad . della « Pedagogia generale dedotta dal fine dell' edu*
caftone », Bologna, Zanichelli, 193 1, pag. XV.
(4) V. Marpillero, Appendice al « Disegno di legione di pedagogia » dello Herbart*
Sandron, II ed., pag. 271.
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l'estetica herbartiana ossia la teoria herbartiana dei valori etico-estetici
1) Dei valori;
2) Della volontà, che attua il rapporto fra valori esistenti (note per la
(1) Herbart, Schriften Zur praktischen Philosophie (Hartenstein, 1850), pag. 18.
Ciò prova che è molto dubbio, che « le relazioni tutte quante nella loro generalità, co-
stituiscono il campo di speciali giudizi, cioè dell'estimazione o valutazione », Tarozzi,
op. cit pag. XV.
(2) Op . cit*, pag. 18.
(3) Op . cit., pag. 18.
(4) Op. cit., pag. 19.
(5) Op. e loc. cit.
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FRIDA GROSSO
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l'estetica herbartiana ossia la teoria herbartiana dei valori etico-estetici
La forma estetica, ossia la forma dei principi morali ed artistici, cioè delle
espressioni di bellezza, è assolutamente distinta dal bello di natura, come dalle
esaltazioni mistiche di un soggettivismo che voglia trascendere la natura (i).
Il bello esiste, per lo Herbart, nella forma della rappresentazione spogliata da
ogni interesse soggettivo, non è soltanto il bello oggettivo esistente al di là
di noi, e neppure un bello trascendente la natura, è Tuno e l'altro, perchè è
la forma delle infinite rappresentazioni risultanti dai rapporti posti tra noi e la
natura, tra noi e noi (tra noi ed i nostri sentimenti); dalla volontà e da un
giudizio di approvazione, che valuta la volontà costituente i valori. Tali rap"
porti, per assumere carattere di bellezza, devono essere posti dalla volontà in
quanto universale e disinteressata, cioè spoglia da ogni soggettività (tendente
al gradevole, all'utile od all'affettività individuale). Devono inoltre rispondere
ad un giudizio di approvazione universale e disinteressata (cioè parimenti spo-
glio da ogni carattere di soggettività, sia pure universale, che tenda a cristal*
lizzare l'arte o la morale in una categoria intellettuale astratta (ornante, pate*
tico, solenne, generi letterari, ecc.) (2). Tali rapporti costituiscono una forma
estetica comune all'arte ed alla morale. Morale ed arte formano un complesso
unico, perchè tanto in arte, quanto in morale, agiscono simultaneamente una
volontà universale, ed un giudizio di approvazione e di disapprovazione uni-
versale, per creare una rappresentazione estetica del mondo, che ha valore
universale, assoluto ed eterno.
Questa rappresentazione ha valore assoluto ed eterno, perchè la volontà,
che attua la rappresentazione, prescindendo da ogni elemento soggettivo, in-
dividuale e contingente, si sottrae alla necessità del cambiamento, e può così
raggiungere una realizzazione di puri rapporti estetici validi di là dal tempo.
Così lo Herbart pone l'accento sulla pura forma estetica e la mette in evi*
denza, come elemento sostanziale della sua dottrina estetica. Definita la forma
in generale, egli vuole scendere a determinare, con precisione, la forma delle
rappresentazioni etiche, ed in seguito quella delle rappresentazioni artistiche.
Vuole determinarle in idee e principi precisi, che eromperebbero una volta per
sempre, quasi come le formule dell'imperativo categorico kantiano, che erom-
perebbero a differenza dell'imperativo categorico del Kant, dalla natura, cioè
dall'unità dell'essere nella sua totalità, anziché dalla legge della volontà pura.
Questi principi hanno così di fronte al principio della morale kantiana (la
volontà che si vuole per se stessa, cioè vuole il solo disinteresse) (3) il merito
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L'ESTETICA HERBARTIANA OSSIA LA TEORIA HERBARTIANA DEI VALORI ETICO'ESTETICI
di chi assume il principio» per quanto immensa sia la fiducia nell'umanità che
consente e lo determina» se Tessere non vale per quello che è (i)» ma soltanto
in riferimento ai rapporti che in esso si possono allacciare» non vedo come si
possa garantire la validità del principio.
Ho anticipato queste osservazioni critiche perchè appaia più chiaro ciò
che dirò via via parlando delle cinque idee etiche dello Herbart.
3. - RAPPORTI ETICO-ESTETICI
(1) Vale così com'è perchè riflette il bene dell'essere infinitamente buono che la
creò tale.
(2) HERBART, Etnl . in die Pnu., pag. 139.
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FRIDA GROSSO
positivo poiché gli uomini lo hanno stabilito uniti; è diritto e, come tale, sa-
cro, perchè previene la contesa, è diritto di natura poiché era nella natura
degli uomini che dovesse essere istituito e riconosciuto » (i). Evitare la con-
tesa è dunque condizione formale voluta universalmente, perchè necessaria
alla realizzazione della morale, se vi è un contenuto particolare è giustificabile,
in tali condizioni di forma universale.
Qui c'è, evidentemente, l'assunzione di un principio* Tale principio non
mi pare incondizionatamente universale. Chi difende il diritto, perchè evita
la contesa, suppone, infatti, che i principi morali, voluti dalla volontà univer-
sale e contrastati dall'arbitrio soggettivo e dall'egoismo, si realizzino pacifica-
mente e non abbiano bisogno di essere imposti con una lotta di essi contro la
tradizione, la quale, come dice lo Herbart, ha le basi soltanto nell'arbitrio di
pochi.
Lo Herbart mi opporrebbe: chi difende il diritto non dice che i principi
si vanno realizzando pacificamente, ma bensì che sono realizzati nella società
di fatto, e che la loro effettiva realizzazione giustifica l'arbitrio delle norme
particolari. Essi sono realizzati ed attuati, quindi non occorre una lotta per
imporli. Ma allora osserverò che la teoria dello Herbart suppone che la società
di fatto sia la migliore depositaria dei principi voluti incondizionatamente da
tutti gli uomini, e che debba essere tramandata all'infinito perchè è tale e
perchè occorre evitare la contesa. Come si vede, l'accettazione della idea her-
bartiana del diritto e del principio per cui fu giustificata, « evitare la contesa »,
è condizionata all'accettazione di altri presupposti, che non possono essere ac-
cettati incondizionatamente da tutti gli uomini, quindi l'idea del diritto così
giustificata, non ha quel valore universale che lo Herbart le attribuisce.
Ma l'idea del diritto che evita la contesa e che, come tale, è, secondo lo
Herbart, universale, e necessaria, non è la sola; ma è una delle cinque idee,
date dalla relazione fra giudizio e volontà universale. Quasi tutte queste idee,
che vorrebbero valere universalmente, partono dall'assunzione di un partico-
lare contenuto. Ma mi pare opportuno vederle. Le idee sono: a) Videa della
libertà; b) Videa della perfezione; c) Videa della benevolenza ; d) Videa del di -
ritto (o della proprietà); ed e) Videa dell'equità .
A) Come si può definire l'idea della libertà ? Quale posto ha la libertà
in un sistema di rapporti e rappresentazioni psicologicamente determinate,
nella loro intensità e nelle leggi con cui si succedono; per la necessità del dato
e per le necessità stesse della psiche umana ? Non credo che il determinismo
psichico dello Herbart escluda in modo assoluto la libertà morale (2). Nei rap-
porti nascono le rappresentazioni, nascono necessariamente. Ma le rappresen-
tazioni sono molteplici e, fra esse, il soggetto, che in esse si determina, può
scegliere. La sua volontà aderisce, o non aderisce, approva o disapprova libera-
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L'ESTETICA HERBARTIANA OSSIA LA TEORIA HERBARTIANA DEI VALORI ETICO'ESTETICI
Lo Herbart distingue 1' appercezione (i) del dato (<jo(dìk) dal susseguente
giudizio sui valori, in cui si aggiunge l'approvazione o la disapprovazione
(<7tò(pporóvy)), distingue questo giudizio dalla attuazione pratica, e pone nel
passaggio dall'appercezione al giudizio di valutazione la possibilità di aderire
alla scelta universale o di ricalcitrare; pone nel passaggio dal giudizio all'at-
tuazione la libertà di attuare secondo valutazione o no (ávSpsta).
L'individuo è perciò libero di giudicare nel giusto senso o di falsare il
giudizio; formulato un giudizio ex integro animo è libero di attuare in con-
formità ad esso, oppure in modo diverso (2). Ecco che cos'è la libertà herbar-
tiana, che non è però illimitata» E perchè ? Perchè si innesta sulla necessità»
Questa libertà, come ben si comprende, ha un limite» La libertà del giu-
dizio è limitata dalla dipendenza necessaria dei valori assunti dai valori dati;
la libertà di attuazione è limitata dalla necessità che il bene posto come bene
sia attuabile (3). Per questa esigenza il bene, che viene considerato come bene,
dev'essere un valore attuabile, cioè posto storicamente come valore (4)»
Ma anche qui si può dire: vi è un principio assunto come buono, che
non è dimostrato universalmente valido. Si assume, infatti, che la possibilità
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FRIDA GROSSO
(i) Per chi aderisca ai nuovi sistemi, non vi ha nulla di più conseguente che aspet*
tare tranquillamente che il bene radicale e fors'anche il male radicale si estrinsechi
spontaneamente nel suo educando; nulla di più conseguente che di rispettare in silenzio
la libertà, che egli deve presupporre in esso, in quanto esso è uomo, e di non turbarla
con fatiche disordinate, (Herbart, Darsi . d. Welt ., pag. 260).
(2) Herbart, Sehr . prakt. Phil., pag. 38; Einl. in die Phil., pag. 138.
(3) Herbart, Einl . in die Phil., pag. 139 e pag. 91.
(4) Herbart, Einl. in die Phil.f pag. 139 e pag. 92.
(5) Lo Herbart lascia in disparte la giustificazione di una negazione della volontà
altrui, che prescinda da ogni antipatia, perchè assume come bene la soddisfazione della
volontà altrui, egli subisce l'influenza dell'amor cristiano, fraterno, nell'interpretazione
protestante di esso. Interpretazione, che pone in luce il motivo della fraternità indi'
pendentemente dalla cooperazione fraterna pei fini di Dio. Questa stessa mia opinione, o
press'a poco, è espressa dal Poggi, La filosofia di G. F. Herbart , Genova, Scuola Ti-
pografica Derelitti, pag. 52 a pag. 53.
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l'estetica herbartiana ossia la teoria herbartiana dei valori etico-estetici
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4. - RELAZIONI ESTETICO-ARTISTICHE
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l'estetica herbartiana ossia la teoria herbartiana dei valori etico-estetici
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FRIDA GROSSO
5. - ESIGENZE DELL'ATTUAZIONE
(1) Vale anche per la filosofia dello Herbart ciò che il Mazzantini dice per il ra-
zionalismo hegeliano: « ...Quando si tratta dei rapporti tra l'infinito ed il finito, e più
in generale fra le varie forme dell'essere, questa filosofia dell'immanenza... ha perduto
il senso delle distinzioni delle sottili analogie , che costituiscono la gloria della grande
filosofia medioevale. L'uno ed i molti, l'eterno ed il temporale, il necessario ed il con-
tingente, sono stretti insieme e infine violentemente identificati e, nonostante gli sforzi
di qualcuno per evitare la conseguenza, messi sullo stesso piano ». Dal supplemento
speciale al vol. XXV della « Rivista di filosofia neoscolastica » : Spinoza nel III centenario
della sua nascita , capitolo: « Spinoza e l'idealismo contemporaneo », pag. 145.
(2) Lo stesso concetto si trova in Ueber die ästh. Darst . d. Welt . (Kehrbach, I, 260)
dello Herbart: « Il giudizio su ciò che in speciali casi e in singoli momenti nel contatto
immediato degli uomini, e delle attitudini sia da fare, da scegliere e da evitare come il
meglio, come ciò che conviene, come l'unico bene, è diverso dalla conoscenza della legge
generale ».
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L'ESTETICA HERBARTIANA OSSIA LA TEORIA HERBARTIANA DEI VALORI ETICO'ESTETICI
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FRIDA GROSSO
OSSERVAZIONI CRITICHE
(1) Qui si potrebbe inserire il problema, pur così interessante e fondamentale, del
rapporto fra l'essere supremo e la realtà determinata e sempre indefinitamente deter-
minabile in forme concrete. Il problema di Dio è svolto dallo Herbart nelle opere me-
tafisiche. Quivi lo Herbart lega il concetto di Dio a quello della finalità. Egli parla di
una finalità naturale, che agisce liberamente sulle relazioni fra gli enti, relazioni non
così necessitate da escludere l'inserirsi di una finalità divina ed umana. Posta questa
finalità divina ed umana resterebbe da conciliarla col concetto di creazione. Gli enti,
cioè l'essere, sono, per lo Herbart, eterni; quindi egli esclude la trascendenza di Dio e
la creazione del mondo. L'essere eterno, indefinito, indeterminato, è sostanza che trova
la sua espressione libera nelle sue manifestazioni. Io nego qui che l'essere possa essere
trovato buono se non è buono per se stesso. E non può essere buono per se stesso se
non deriva da un libero atto di volontà del principio buono, che volendolo tale lo creò
X analogicamente a se e cioè buono .
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L'ESTETICA HERBARTIANA OSSIA LA TEORIA HERBARTIANA DEI VALORI ETICO-ESTETICI
bart attribuisse alle relazioni estetiche la forza di agire per se stesse, come
motivi di attuazione, sarei con lui. Ma egli determina una forma estetica viva
per se stessa, necessaria alla contemplazione dell'opera in atto, e una tecnica
puramente pratica su cui agiscono condizioni puramente pratiche, il che non
mi pare giustificabile»
Infatti se per l'attuazione morale devono necessariamente influire motivi,
che non sono morali, se l'uomo morale ha bisogno per agire moralmente di
sfruttare una situazione di fatto matematicamente conosciuta ed essere garan-
tito sugli effetti esteriori non soltanto morali, l'azione morale cessa di essere
morale, come cesserebbe sempre l'opera d'arte di essere opera d'arte, se doves*
sero agire sempre per l'attuazione motivi extra-artistici.
Ed allora, se, come credo, il fine morale non giustifica il motivo, il fine
herbartiano unico e sociale perde anche sotto questo aspetto il suo valore as-
soluto ed imprescindibile* Acquista valore il motivo, perciò, la libertà di ade*
rire ad un ideale, che, benché determinato come bene, possa dall'individuo sin*
golo essere voluto per se stesso, disinteressatamente.
La forma pura (i) non riempita da una necessità naturale, ma aperta agli
infiniti contenuti nella realtà che tutta quanta vale ed in cui l'uomo infinita-
mente si ritrova e si rinnova, ha ben altro più grande significato.
Ma per chiarire meglio queste obiezioni da me formulate, vorrei citare
qualche osservazione del Croce all'estetica herbartiana, perchè le obiezioni del
critico mi paiono in qualche punto avvicinarsi a quanto ho detto e perchè
credo che nella critica al Croce verranno meglio in luce le manchevolezze
dello Herbart.
Dice il Croce : « Dove lo Herbart giustamente notò errori, non fu poi
felice nella correzione, come quando, contro l'estetica materiale, che attribui-
sce all'arte idee filosofiche o commozioni, egli sostenne che l'arte debba valere
soltanto per la forma, senonchè la forma era per lui un aggregato di certi rap-
porti estrinseci rispondenti all'armonia, alla simmetria, al contrasto e via di-
cendo; o allora quando combatteva il dovere quale principio della morale,
notando giustamente che il dovere non poteva essere un momento primario,
senonchè egli rendeva poi elemento primario le idee pratiche, cioè le astrat-
tezze, che egli decorava con quel nome » (2).
Sono d'accordo col Croce nel riconoscere il valore della forma herbartiana
di fronte all'empirismo» Sono d'accordo con lui nell'ammettere che la forma
herbartiana in quanto si determina coinvolge la materia od un contenuto fisso.
Quindi, secondo me, le idee pratiche herbartiane non rispondono alle esigenze
della pura forma. Ma non perchè siano astrattezze come parrebbe lasciar in-
tendere il Croce, ma perchè, come ha detto il critico, lo Herbart anziché limi-
tarsi alla determinazione di una pura forma estetica data dai rapporti di tutte
le volontà consenzienti, la concreta in determinati contenuti.
(1) Quando parlo di forma non parlo di una formalità vuota, ma di una formalità
determinata in principi astratti, universali.
(2) CROCE, Saggio sullo Hegel, Bari, Laterza, 1908, pag. 361.
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