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Amor Ben
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13 storie per riflettere - II
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13 storie per riflettere - II
Indice
Quanto pesa l’acqua? ............................................................................... 6
La penna multicolore ................................................................................. 8
Aquila o gallina ........................................................................................... 10
Condividere i semi ..................................................................................... 12
L’albero dei problemi ................................................................................ 14
La stanza dell’asilo ................................................................................... 16
L’asino caduto nel pozzo ....................................................................... 18
Il pacchetto di biscotti ............................................................................. 20
Dio non sbaglia mai .................................................................................. 22
Ho fatto te ................................................................................................... 24
Il nascondino di Dio ................................................................................... 26
L’elefante del circo .................................................................................... 28
La vita dopo il parto ................................................................................. 30
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Perché 13 storie?
Perché amo particolarmente il numero 13, devo ammettere che
in parte perché è un numero spesso emarginato, ma anche
perché secondo la numerologia è equivalente al numero
quattro, conosciuto come il costruttore, l’organizzatore e (mi
oso aggiungere la mia personale versione) l’ottimizzatore…
Ma soprattutto perché 13 settimane sono un trimestre di
storie e mi piaceva l’idea di fare quattro raccolte ogni anno.
Tutto qui?
Non esattamente. Dopo alcune delle storie ci saranno delle
domande, delle domande per riflettere, per fare autoanalisi e
per allenare la capacità di trovare le risposte dentro di noi,
come facevano le persone che hanno inventato queste storie.
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La penna multicolore
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tutto il suo tempo, per il ricordo di quelli che avevano preso in
ostaggio pezzetti del suo cuore e l’avevano portato via.
Però, quel sabato non trovava la sua penna rossa. E, senza,
non poteva fare il suo lavoro. La cercò per tutta la casa, nella
sua scrivania, nel piccolo ufficio, persino in cucina… Niente.
Pensò che forse l’aveva presa la sua bambina e, arrabbiato,
andò a cercare tra i giochi della piccola, ma niente, non era
nemmeno li. Quello che trovò fu una penna multicolore, che la
bambina di quattro anni usava per disegnare e che gli fece
ricordare quando aveva iniziato a insegnare.
All’inizio usava proprio quella penna, per scrivere un maniera
garbata e simpatica le cose che si “potevano migliorare”, ma
anche quelle speciali, originali e degne di merito… ma con gli
anni aveva visto che poche cose miglioravano e aveva
cambiato stile, comprato una penna rossa e fatto notare
soltanto gli errori. Si rese conto che aveva perso la sua
scintilla… e decise di riprenderla… prese la penna multicolore e
si dispose a ricominciare da capo.
Quando sua figlia lo vide e chiese “perché stai correggendo i
compiti con la mia penna da disegnare cose belle?”, rispose
“perché voglio che i compiti e la scuola diventino cose belle”
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Aquila o gallina
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─ Che bellezza! ─ disse alla gallina che aveva più vicino ─ Che
animale è?
─ È un aquila, la regina delle avi ─ le rispose questa ─ ma non
t’illudere: non sarai mai come lei, lei appartiene ad un’altra
specie. Anzi, devi fare attenzione perché è pericolosa…
potrebbe mangiarti per colazione e non sentirebbe nessun
rimorso.
Da quel momento, il piccolo ignorò l’aquila come gli era stato
detto di fare. Non ne parlò mai più con nessuno, ma ogni tanto
guardava le aquile quando nessuno se ne accorgeva e
sognava come sarebbe stato volare così nel cielo insieme a
loro.
Anzi, si chiedeva come mai nessuno dei suoi fratelli avesse le
sue inquietudini, ma aveva troppa paura di essere emarginato
perciò teneva tutto per se… e morì credendo di essere una
gallina strana.
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Condividere i semi
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─ Come? ─ disse il giornalista ─ ma quello è una pazzia, non ha
paura che i suoi vicini diventino famosi come lei e le tolgano
importanza?
─ Lei non ha mai lavorato in campagna, vero? ─ rispose il
contadino.
─ No. Cosa c’entra?
─ Io lo faccio perché, avendo anche loro dei fiori belli, quando il
vento porta i loro semi nel mio terreno, e il mio raccolto sarà
migliore. Se i loro semi fossero di poca qualità anche il mio
raccolto perderebbe qualità, visto che s’incrociano sempre!
Se ci sentiamo tutti come nemici fra di noi, se crediamo che
perché qualcuno possa vincere qualcuno deve perdere, e
cerchiamo di guadagnare lavorando contro gli altri, prima o poi
il vento ci riporta i frutti dei loro raccolti e li mischia con i nostri,
indebolendoci. Se, invece, pensiamo di essere tutti parte di una
squadra, e lavoriamo per la squadra, siamo più forti.
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gesticolando come se appendesse delle cose dai suoi rami con
entrambe le mani.
Mentre la moglie gli apriva la porta osservai una sorprendente
trasformazione. Il suo viso, fino ad un attimo prima stanco e
segnato dalla giornata difficile si era rilassato e un sorriso
morbido e affabile apparve non appena vide i suoi due bambini.
Baciò sua moglie e mi offrirono di cenare con loro.
La cena fu distesa e persino divertente, quando alla fine lo
riaccompagnò in macchina, il contadino, passando vicino
all’albero ricordò i movimenti di prima e chiese cosa fosse quel
rituale a cui aveva assistito in silenzio, e cosa avesse di speciale
quell’albero.
─ Ah, sì… quello è il mio albero dei problemi, ─ rispose il
falegname ─ so che non posso evitare di avere problemi al
lavoro, ma una cosa è sicura, non me li porto in casa, quando
incontro mia moglie e i miei figli. Prima di entrare li appendo
all’albero e li riprendo la mattina seguente quando esco.
─ La cosa divertente è che ─ aggiunse ─ al mattino quando
esco a riprenderli, ce ne sono sempre meno di quelli che ho
appeso la notte precedente.
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La stanza dell’asilo
Dicono che una volta una anziana decise di andare in una casa
di riposo alla morte del marito. Non aveva più nessuno di cui
prendersi cura e decise di lasciare che altri si prendessero
cura di lei. Aveva 78 anni, era minuta e fragile nel corpo, ma
sempre sorridente e dolce nei modi. Arrivò vestita di tutto
punto e con un profumo floreale che metteva di buon umore.
Dopo qualche ora di attesa nella hall, una giovane molto
preoccupata per averla fatto aspettare si avvicinò e le disse
che la stanza era pronta. La operatrice si scusava a parole e a
gesti, ma l’anziana non sembrava comprendere tutto quel
dispiacere.
Mentre la portava verso la stanza, le raccontava com’era
fatta, la disposizione dei mobili, le caratteristiche dei vicini,
persino quello che si vedeva dalla finestra.
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─ Meraviglioso, la adoro!!! ─ affermò, con l’entusiasmo di un
bambino di 8 anni a cui hanno appena regalato un cucciolo…
─ Ma, non l’ha ancora vista, aspetti!
─ Non importa, ─ rispose ─ se una cosa ho imparato in tutti gli
anni che ho è chela felicità è qualcosa che dipende da me. Se mi
piace o non mi piace la stanza non dipende dalla stanza, da
come sono predisposti i mobili, ma da come predispongo la mia
mente, dal mio atteggiamento.
─ Ho già deciso che mi piace, ogni mattina devo decidere se
voglio passare la giornata pensando al mio corpo che non è
più giovane, a mio marito che non c’è più, a tutte le cose che
avrei voluto andassero in modi diversi, o posso essere grata di
essere ancora viva, amare le cose come stanno e lasciare che
la vita mi sorprenda senza più opporre resistenza…
─Ogni giorno è un regalo, e mentre i miei occhi me lo
permettano, guarderò ogni giorno con allegria e mi
concentrerò nei ricordi felici della mia vita.
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Cosa vorresti si
dicesse al tuo
funerale?
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Il pacchetto di biscotti
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Così ogni volta che lei prendeva un biscotto, l’uomo accanto a
lei, senza fare un minimo cenno ne prendeva uno anche lui.
Continuarono fino a che non rimase solo un biscotto e la
donna pensò: “Ah, adesso voglio proprio vedere cosa mi dice
quando saranno finiti tutti!”.
L’uomo prese l’ultimo biscotto e lo divise a metà! “Ah!, questo è
troppo”; pensò e cominciò a sbuffare indignata, si prese le sue
cose, il libro, la sua borsa e si incamminò verso l’uscita della
sala d’attesa.
Quando si sentì un po’ meglio e la rabbia era passata, si
sedette in una sedia lungo il corridoio per non attirare troppo
l’attenzione ed evitare altri dispiaceri. Chiuse il libro e aprì la
borsa per infilarlo dentro quando nell’aprire la borsa vide che il
pacchetto di biscotti era ancora tutto intero nel suo interno.
Sentì tanta vergogna e capì solo allora che il pacchetto di
biscotti uguale al suo era di quel uomo seduto accanto a lei che
però aveva diviso i suoi biscotti con lei senza sentirsi indignato,
nervoso o superiore, al contrario di lei che aveva sbuffato e
addirittura si era sentita ferita nell’orgoglio.
Quante volte nella nostra vita mangeremo o avremo mangiato i
biscotti di un altro senza saperlo? Prima di arrivare ad una
conclusione affrettata e prima di pensare male delle persone,
guarda attentamente le cose, molto spesso non sono come
sembrano!
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Il servo disse:
─ Mio re, io non so perché tutto ciò è accaduto però so di certo
che Dio sa ogni cosa e se ha permesso che tutto ciò accadesse
c’è una ragione ciò che Dio fa è perfetto Egli non si sbaglia mai.
Il re indignato per la risposta, fece arrestare il servo. Dopo
qualche tempo il re andò nuovamente a caccia e fu rapito da
un gruppo di primitivi che facevano sacrifici umani per le
proprie divinità, ma quando lo misero sull’altare essi si
accorsero che al re mancava una mano… così subito lo
liberarono e lo lasciarono andare perché non era perfetto per
essere offerto agli dei. Di ritorno al palazzo il re fece liberare
immediatamente il servo e lo ricevette con molto affetto
dicendogli:
─ Mio servo fedele io il Signore è stato molto buono con me
sono stato catturato dai primitivi per essere sacrificato agli dei
ma quando essi hanno visto che mi mancava una mano sono
stato risparmiato proprio perché essa mi mancava…. ho però
un dubbio se Dio è così buono perché ha permesso che tu che
tanto lo difendi e che lo ami venissi incarcerato da me?
E il servo rispose:
─ Mio re se io fossi venuto a caccia avrebbero catturato anche
me insieme a voi ed io sarei stato sacrificato al posto vostro
perché infatti a me non manca nessuna mano…ricordate tutto
quello che Dio fa è perfetto Dio ha VISTO IL VOSTRO DOLORE e se
ha permesso che tutto ciò accadesse è stata per una ragione
DIO NON SBAGLIA MAI.
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Ho fatto te
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─ Gli uomini sono nervosi e diventano aggressivi, litigano per
delle piccolezze e si fanno del male senza ragioni soltanto
perché possono. Trattano male le loro mogli, e i loro bambini, si
trattano male fra di loro e persino si autopuniscono perché
questa situazione è troppo grande per loro. E tu, te ne stai lì,
permetti che tutto questo succeda senza fare niente per
fermarli. ─ la sua voce era a metà fra l’urlo e il pianto.
─ Tutti sono ansiosi e spaventati, e tu… cosa fai? come puoi
startene lassù senza fare niente? Io ti ho sempre adorato, ho
seguito tutti i tuoi precetti, e tu… cosa hai fatto? ─ disse in un
singhiozzo.
─ Dio… tu cosa hai fatto, oltre a guardare da un’altra parte ─
ripeté esausto con il suo ultimo filo di voce.
Le parole dell’uomo commossero Dio che decise di rispondere
con solo tre parole:
─ Ho fatto te!
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Il nascondino di Dio
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13 storie per riflettere - II
Dicono che c’erano una volta due gemellini che si trovano nel
seno di una donna incinta. Quando il maschietto, impaurito
all’idea del parto e di cosa ci sarebbe al di là di quel momento,
chiese alla sorellina se credeva nella vita dopo il parto?
– Si, certamente. Qualcosa deve esistere dopo il parto. Forse
siamo qui perché abbiamo bisogno di prepararci per ciò che
saremo più avanti.
– Sciocchezze! Non c’è una vita dopo il parto. Come dovrebbe
essere questa vita?
– Non lo so con sicurezza… ci sarà più luce di qui. Magari
cammineremo con i nostri piedi e ci alimenteremo con la bocca.
– Che assurdità! Camminare è impossibile. E mangiare con la
bocca? E’ semplicemente ridicolo. Il cordone ombelicale è da
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dove ci alimentiamo. Io ti dico una cosa: la vita dopo il parto non
è concepibile. Il cordone ombelicale è troppo corto.
– Eppure io credo che deve esserci qualcosa, anche se un po’
diverso dalle cose a cui qui siamo abituati.
– Ma nessuno è tornato dall’aldilà, dopo il parto. Il parto è la fine
della vita. E in fin dei conti la vita non è altro che una triste
esistenza nell’oscurità che non porta a nulla.
– Bene, io non so esattamente come sarà dopo il parto, ma
sono certo che vedremo la mamma e lei si prenderà cura di noi.
– Mamma? tu credi nella mamma? e dove pensi che si trovi?
– Dove? E’ tutto intorno a noi! Noi viviamo in lei e attraverso di
lei. Senza di lei tutto questo mondo non esisterebbe.
– Mah! Non riesco a crederci! Non ho mai visto una mamma, e
pertanto è logico che non esista.
– Bene, però a volte, quando stiamo in silenzio, tu puoi sentirla
che canta o avvertire come accarezza il nostro mondo. Sai che
ti dico? Io penso che c’è una vita reale che ci aspetta e che
adesso ci stiamo solo preparando per quella…
Quando la bambina venne partorita, l’altro fu assalito dal
terrore per ciò che sarebbe successo a lei e, prima o poi, stava
per succedere a lui stesso. Quando poi toccò a lui, la paura fu
tremenda, fino a che non vide la luce e, vedendo quanto era
bello ciò che era là fuori, pianse di gioia…
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