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1/12/2017 Volgarizzare come atto politico. Su Monarchia, Defensor Pacis e De Regimine principum tra latino, francese e toscano.

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Volgarizzare come atto politico. Su Monarchia, Defensor


Pacis e De Regimine principum tra latino, francese e
toscano.
DI ANTONIO MONTEFUSCO 18/07/2016

cronaca della lezione di Lorenza Tromboni del 9 Marzo 2016

nellambito del Seminario: Lingue, saperi e conflitti nellItalia Medievale

a cura di Stefano Pezz

Lorenza Tromboni, nel suo seminario, ha proposto lanalisi di uncorpus eterogeneo di


volgarizzamenti di testi politici tra Tre e Quattrocento. I tre casi di volgarizzamento
costituiscono esempi di operazioni non (o non solo) letterarie o filosofiche, ma
principalmente politiche, e di conseguenza andranno interpretati secondo adeguate
categorie storico-economico-sociali.

Il De regimine principum

Egidio Romano (m. 1316) stato uno dei principali teologi agostiniani a cavallo tra
Due e Trecento. Gli anni Settanta lo videro a Parigi, dove fino al 1272 fu allievo di
Tommaso dAquino e successivamente pot dedicarsi al commento
delle Sententiae di Pietro Lombardo e di un buon numero di opere aristoteliche. Lo
stesso decennio, tuttavia, vide anche il venir meno della sua fortuna nellambiente
parigino quando, seppur in misura circoscritta (circa 50 proposizioni del commento
alle Sententiae), venne coinvolto nella condanna del vescovo tienne Tempier. Non ci
giunta notizia degli anni tra la condanna e il 1281, che segna il ritorno in Italia, ma
deve essere in questo lasso di tempo che va situata la redazione del De regimine
principum (dora in poi DRP), lopera che ci interessa.

Dedicato al futuro re Filippo IV (il Bello), il trattato rientra nel genere degli specula
principum, opere dedicate alleducazione del buon sovrano. Egidio suddivide il lavoro
in tre sezioni: etica (il governo di s), economica (il governo della famiglia) e politica (il
governo del regno). Nella sua argomentazione Egidio si premura di mantenere
Aristotele come autorit di riferimento (guardando principalmente aEtica Nicomachea,
Politica e Retorica), anche se succede abbastanza di rado che i concetti espressi
siano effettivamente riconducibili direttamente allo Stagirita; il pi delle volte, infatti, il
pensiero aristotelico filtrato attraverso quello di Tommaso, sicch nel solco delle

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opere di questo che va collocato il drp. Il trattato ebbe unenorme diffusione, tanto che
rimangono circa 350 manoscritti del solo testo latino, cui vanno aggiunti i numerosi
volgarizzamenti nelle principali lingue europee (francese, italiano, inglese, tedesco,
portoghese e castigliano). Il primo italiano del quale si abbia notizia il Livro del
governamento dei re e dei principi, trdito da 9 manoscritti il pi affidabile dei quali di
area senese (BNCF II.IV.129), datato al 1288. Il volgarizzamento non di prima mano,
ma si rif a un volgarizzamento francese immediatamente successivo alloriginale di
Egidio, redatto da Henri de Gauchi nel 1282 col titoloLivre du gouvernement des rois
et des princes e commissionato dal padre stesso di Filippo il Bello, lallora re Filippo III.
Un cos immediato successo di qua dalle Alpi pu destare qualche perplessit,
soprattutto se si considera che Egidio, nel terzo libro, si proponeva di dimostrare che
la monarchia il miglior sistema politico possibile. Si nota allora che il
volgarizzamento appare depurato di alcune considerazioni politiche che potevano
risultare pi indigeste al lettore italiano; si veda il caso del tiranno, centrale gi nel
pensiero aristotelico dove oggetto del v libro della Politica.Secondo Aristotele (e, a
cascata, Tommaso ed Egidio) caratteristica del tiranno quella di perseguire
esclusivamente la propria convenienza personale, laddove invece il buon governante
dovrebbe anteporvi lattenzione al popolo e al bene comune; il rovesciamento non
interessa solo il singolo, ma si estende poi allintera struttura governativa:
lopposizione tra il re e il tiranno si riflette in quella tra buono e cattivo regno.

Si veda ora un confronto sinottico tra il DRP e i due volgarizzamenti citati:

Livro del
Livre dou
De regimine principum, governamento dei re
gouvernement des
III, II, 10 (1278-1280) e dei principi, III, II,
rois, III, II, 10 (1282)
10 (1288)

Quarta est nulla La IIII condition si La quarta condizione


sodalitates, nec etiam est, quer li tyrant ne si che l tiranno non
aliquas congregationes lesse fere nule lassa fare compagnie
permittere. Vult enim compaignie ne nule n giure
tyrannus cives et eos assemblee de ses [associazioni o
qui sunt in regno esse La quarta condizione alleanze] n sette nel
sodales, nec esse ad si che l tiranno suo paese, n non
invicem notos: nam (ut non lassa fare vuole che li uomi
ait Philosophus) compagnie n giure sieno amici ensieme,
notitiam fidem facit: eo [associazioni o dottandosi, pe le
enim ipso quod quis alleanze] n sette malopere chelli fae,

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habet notitiam alterius, nel suo paese, n che li amici n i


confidit de illo: hoc non vuole che li uomi compagni non si
autem tyrannus non sieno amici ensieme, smuovessero contra
diligit: timet quidem ne dottandosi, pe le lui.
cives de se malopere chelli fae,
confidentes propter che li amici n i
inuirias quas eis infert, compagni non si
contra ipsum smuovessero contra
insurgant. Verum lui.sougez. Quer il ne
autem rex e contrario veut mie que li uns
permittit sodalitates conoisse lautre, ne
civium, et vult cives que li uns soit
sibi invicem esse compainz a lautre.
notos, et Quer le tyrant doute
de se confidere: nam que por les
cum intendat bonum compaignies et por
ipsorum civium et les fiances que li uns
subditorum naturale avroit a lautre il ne
est ut diligatur ab eis: sesmeussent en
quare vult eos esse contre lui por les
confoederatos et injures et les
coniunctos, quia tunc vilennies quil lor
magis unanimiter fet.Mes ce ne fet mie
diligunt bonum regis. li vrais rois, ainz
sueffre les
conoissances et les
compaignies des ses
sougez, por cen que
il soient mieuz
ensemble aliez et
plus amis, par quoi
li rois qui aime
principaument et
entent le bien du
reaume puisse estre
soustenuz et aidez
se mestier est.

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Si nota che entrambi i volgarizzamenti appaiono abbreviati e semplificati sotto il profilo


concettuale; quello italiano, per, a differenza di quello francese cassa in blocco tutta
la pars construensdella versione originale, che seppur appianata era confluita nel
volgarizzamento transalpino. Dunque a Siena, nel 1288, si poteva leggere un trattato
che descrivesse le crudelt e gli abusi di un tiranno, ma non uno che esaltasse le virt
di un buon governante; il motivo, come si detto, da ricercarsi nel contesto storico.

In seguito alla battaglia di Montaperti (1260), che aveva visto Siena (ghibellina)
trionfare sulla rivale Firenze (guelfa), il papa aveva in risposta scomunicato la prima
provocando una grave crisi commerciale; per questo, il pontefice cerc di arginare il
danno stilando una lista di famiglie senesi di parte guelfa, mettendole poi al sicuro a
Radicofani. La conseguenza fu di spezzare in due la classe dirigente senese,
creando un conflitto clandestino dagli effetti drammatici; il ceto nobiliare vide
progressivamente diminuire la propria influenza politica interna, fenomeno a cui fece
da contraltare lascesa della classe mercantile. Il culmine del processo fu listituzione
del Governo dei Nove, con cui fu stabilito che a ricoprire cariche pubbliche dovessero
essere appartenenti al ceto mercantile o notarile. Durante il Governo dei Nove (1287-
1355, straordinariamente longevo per lepoca) Siena visse il proprio periodo pi
prosperoso dal punto di vista politico, economico, sociale e culturale; nei primi
decenni del Trecento, infatti, che Duccio di Buoninsegna e Ambrogio Lorenzetti furono
operanti in citt, e proprio questultimo ci permette ora di riallacciarci al nostro
volgarizzamento. Se ormai, infatti, dovrebbe essere chiaro quanto poco interesse (se
non proprio ostilit) avrebbe potuto suscitare un elogio della monarchia assoluta in un
contesto mercantile quale quello senese, qualcuno avrebbe potuto imputare il lavoro
di taglio dellanonimo volgarizzatore ad altre circostanze. Lautore per non si limita a
cassare le sezioni di scarso interesse politico, ma talvolta ne inserisce anche di
originali, come quella notata da Nicolai Rubinstein (Political Ideas in Sienese Art: The
Frescoes by Ambrogio Lorenzetti and Taddeo di Bartolo in the Palazzo Pubblico, in
Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XXI (1958), n. 3/4, pp. 179-207)
sulla giustizia distributiva:

E cos come ellino [i.e. i governanti] debbono dare ei beni e gli onori ai buoni,
cosi debbono dare le pene e i mali ai malvagi (Livro del governamento dei re e
dei principi, I,II, 11)

E la giustizia distributiva esattamente uno dei soggetti dellallegoria della Giustizia


dipinta da Lorenzetti nel settore sinistro del Buon governo nel Palazzo Pubblico,
segno che evidentemente doveva trattarsi di un tema caro al milieu senese durante il

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Governo dei Nove (fig. sotto).

Il Defensor pacis

Il XIV secolo fiorentino periodo storico tormentatissimo: nel 1302 si ha la presenza di


Carlo di Valois, nel 1315 e 1325 le sconfitte contro Uguccione della Faggiuola e
Castruccio Castracani, cui segu lelezione di Carlo di Calabria a signore della citt; a
una crisi del mercato tessile fa seguito il tracollo delle banche negli anni Quaranta,
durante i quali si verificano loccupazione di Gualtieri di Brienne e lesplosione della
peste del 1348; negli anni Settanta, infine, la guerra degli Otto Santi e i Ciompi. in
questo momento drammatico di storia di Firenze che si colloca il volgarizzamento
delDefensor pacis (dora in poi DP) di Marsilio da Padova.

Marsilio, assieme a Dante, il pi importante teorico politico del Trecento: il proposito


di entrambi quello di ripensare e discutere la questione del potere (potestas)
impiegando argomentazioni non tendenziose, ma universalmente valide e razionali.
Oggetto principale della loro riflessione il caso papale, e infatti i temi portanti
del dp (1324) sono le pretese del pontefice, linstabilit politica, la confutazione del
primato papale, la legge come patto tra icives e la comunit umana e la figura
del principians. Secondo Marsilio, il papa fonda il proprio primato su assunti che non
sono validi, e muove la propria critica riferendosi a concetti di legge e comunit molto
moderni: egli mette al centro della comunit la volont umana e popolare, ponendo la
legge come un patto tra icives che rende possibile la convivenza mediante il sistema
di punizione/premio (L. Tromboni, Filosofia politica e cultura cittadina a Firenze tra
XIV e XV secolo: i volgarizzamenti del Defensor pacis e della Monarchia, Studi
danteschi, LXXV (2010), pp. 79-114: 87) riformulando cos la definizione tomistica di
legge come derivazione della razionalit divina applicata alla vita degli uomini.

Unoperazione di questo tipo dunque prevedeva la legittimazione del Governo da parte

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del popolo, cui viene attribuita quasi una proto-sovranit; inevitabile che una simile
opera dovesse risultare invisa a Giovanni XXII, che infatti la condann nel 1327. Il testo
per circolava, e nei decenni seguenti vennero approntati un volgarizzamento in
francese (anchesso poi condannato nel 1375 da Gregorio XI) e uno fiorentino,
il Difenditore della pacie. Di anonimo, e tramandato da un unico manoscritto (BML, Pl.
44, 26), la sua lettura suggerisce che probabilmente lautore dovesse appartenere al
ceto mercantile o militare, e che in ogni caso non avesse grande competenza
letteraria. Come nel caso precedente, anche qui si tratta di una traduzione del
volgarizzamento francese, tanto che lautore talvolta riporta interi brani in francese che
evidentemente non aveva compreso. In aggiunta, la traduzione spesso cos
scadente da diventare inintelligibile, e talvolta vengono direttamente lasciati degli spazi
bianchi; dallo studio delleditore moderno, si sa che lanonimo fiorentino sbaglia
costantemente a leggere alcune parole, mentre ce ne sono altre che non riesce a
decifrare e si limita a ricopiare i segni che vede; oltre allutilizzo di calchi, spesso
impiega il termine originale francese, perch incapace di tradurlo (Tromboni,Filosofia
politica cit., p. 90) come si vede nel seguente esempio:

Defensor pacis Difenditore della pacie

II, XVI, 10: Ideoque dicendum, sic II, XVI, 10: E per elli addire cos i
sanctos locutos fuisse non propter santi [i.e. apostoli] avere parlato non
potestatem aliquam a Christo super punto per alquna possanza di Gies
apostolos sibi datam immediate, Cristo sulli appostoli allui data sanza
sed fortasse quia etate senior, [] moiano [i.e. mezzo], ma per avventura
aut quia cum Christo conversatus et per chelli era il pi anziano det, []
frequencius vocatus in consiliis et o per chelli fu conversato eppi
secretis spesso chiamato ne consilgli essegreti

Sorge quindi spontaneo chiedersi perch mai un individuo che non ne aveva
competenza prese la decisione di volgarizzare un testo di notevole spessore
intellettuale. In diverse carte del codice si trovano segni di rimando ad
una tabula andata perduta: dallanalisi di detti segni si pu ipotizzare che lantigrafo
dovesse contenere un elenco di 41 passi particolarmente interessanti per lanonimo
volgarizzatore, inerenti alla ii dictio del dp. I passi riguardano personaggi storici di
facile individuazione, la confutazione del primato papale, lautorit del concilio

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generale, i limiti dellautorit del pontefice, la plenitudo potestatis e la gestione dei beni
materiali allinterno della Chiesa. Allo stesso modo, si nota una totale mancanza di
riferimenti alla i dictio, di elevato tenore filosofico e pi difficilmente assimilabile da un
lettore come lanonimo fiorentino, che invece era pi a suo agio con le dottrine
esposte nella seconda dictio, pi radicate storicamente e facilmente applicabili anche
alla realt cittadina di Firenze (Ivi, p. 97). Si pu quindi ipotizzare come autore una
figura mercantile che avesse rapporti frequenti con la realt francese, dove avrebbe
trovato il testo e avrebbe deciso di diffonderlo a Firenze, nonostante i limiti imposti
dalla propria educazione. Questo aiuterebbe a spiegare anche laltra grande
perplessit che pu sorgere, ossia perch un volgarizzatore avrebbe deciso di
occuparsi del dppiuttosto che della Monarchia: proprio per essercisi imbattuto durante
una trasferta commerciale, unitamente alla dignit attribuita dal trattato al ceto basso
e al fatto che i concetti di difesa della pace e della tranquillit, come si visto, erano
fondamentali nella Firenze del Trecento, aspetto che sottolineano anche i cronachisti
dellepoca (Matteo Villani, Marchionne di Coppo Stefani) e che persiste fino al
cancellierato di Coluccio Salutati.

Lultimo elemento da considerare in suffragio dellipotesi francese il Songe du


verger, miscellanea politica elaborata nel 1378 alla corte di Carlo V il Saggio, e
traduzione da questi voluta del Somium Viridarii. Nella raccolta sono confluiti una serie
di brani tratti da opere politiche precedenti, tra cui anche il dp: in particolare, anche qui
pare aver goduto di grande successo la seconda dictio, per cui si veda la tabella di
corrispondenze seguente (in grassetto i passaggi anche nella tabula del Difenditore
della pacie: traggo la tabella da L. Tromboni, Looking for Peace in Fourteenth-Century
Florence: The Difenditore della pacie in Context, in After Civic Humanism: Learning
and Politics in Renaissance Italy, ed. by Nicholas Scott Baker and Brian Jeffrey
Maxson, Toronto, Centre for Reformation and Renaissance Studies, 2015):

Songe du verger Defensor pacis

Prologo I, 1

I, 52 II, xi, 2, 3, 4 e II, xxx, 1

I, 54 II, vii

I, 55 II, iv

I, 58 II, xx, xxii

I, 60 II, ix, 5; II, viii, 9; II, xiii, 4; II, xxiii

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I, 64 II, ix

I, 68 II, xix; II, xx

I, 114 II, iv frammenti

I, 118 II, IV

questa unassonanza difficilmente casuale, e di conseguenza non si pu escludere


che nella redazione del volgarizzamento abbia avuto un ruolo anche una possibile
contaminazione con altri testi politici in vernacolo francese, che avevano una buona
circolazione oltralpe.

La Monarchia

Tra il volgarizzamento del Defensor pacis e quello ficiniano dellaMonarchia di Dante


intercorre allincirca un secolo, durante il quale la situazione politica a Firenze muta
sensibilmente rispetto al passato. Il periodo quello dei grandi cancellieri: Coluccio
Salutati (1331-1406), Leonardo Bruni (1370-1444) e Poggio Bracciolini (1380-1459),
personalit intellettuali, politiche e culturali fondamentali in questi decenni fiorentini,
perfetti interpreti del civic humanismteorizzato da Hans Baron, secondo cui le idee
politiche fiorirono in risposta alle vicende storiche che videro Firenze nella prima met
del XV sec. perennemente in lotta per la libert, minacciata da una serie di despoti
ostili (Tromboni, Filosofia politica cit., p. 100). Nello stesso periodo prende il via una
nuova stagione di volgarizzamenti aristotelici (Giannozzo Manetti, Donato Acciaiuoli,
Giovanni Argiropulo, oltre allo stesso Bruni), e si ha un progressivo stabilizzarsi della
situazione politica, dapprima con il rientro in citt di Cosimo de Medici (1434), con il
quale Firenze inizia a cambiare i connotati somigliando sempre pi a una proto-
signoria (per quanto formalmente rimanga Repubblica fino al 1512), e poi con la pace
di Lodi (1454), che concesse alla penisola un quarantennio di pace, interrotto solo
dalla discesa di Carlo VIII.

Marsilio Ficino (1433-1499), senzaltro il filosofo pi influente del Quattrocento italiano,


fu fondamentale nella Firenze della seconda met del secolo. A lui (e ai Medici suoi
mecenati) dovuta la rinascita del platonismo: Ficino tradusse tutte le opere di
Platone (pubblicate nel 1484), oltre a Plotino, Giamblico, Proclo, altri neoplatonici e
alCorpus Hermeticum, e scrisse opere (Teologia platonica e De vita su tutte) che non
si distinguono tanto per loriginalit di pensiero, quanto per la capacit di sintetizzare le
correnti precedenti in quella che chiam prisca theologia, rivelazione antichissima poi

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confermata dal Cristianesimo di cui lumanit sempre stata partecipe. Alla


massiccia opera di traduzione di Ficino vanno aggiunti anche i volgarizzamenti di tre
sue opere: il De amore (1469), il De christiana religione (1474) e il De raptu
Pauli (1476), prima delle quali va situato quello della Monarchia dantesca.

Ora, come far rientrare il volgarizzamento di unopera politica di un conterraneo


nellimmenso lavoro di recupero di sapienza antica operato dal filosofo fiorentino?
Innanzitutto bisogna tenere presente che linteresse per Dante, nel secolo e mezzo
trascorso dalla sua morte, era rimasto decisamente vivo: si possono citare, a questo
proposito, il Trattatello in laude di Dante di Boccaccio (1351-1355), laVita di Dante di
Leonardo Bruni (1436), quella di Giannozzo Manetti (1440) e il commento
alla Commedia di Cristoforo Landino (1481), oltre alla polemica di Niccol Niccoli
contro il latino dantesco, troppo scadente per un intransigente umanista. Secondo
ilTrattatello boccacciano, Dante aveva scritto la Monarchia nel momento della discesa
di Enrico vii: da un punto di vista concettuale lopera quindi legata a questo evento e
veicola la concezione dantesca della figura imperiale e della comunit cristiana. In
questo senso si spiegano alcuni concetti contenuti nella Monarchia (il sovrano
universale e lordinamento del mondo, limperium dei romani, lauctoritas del sovrano
universale e la sua mediazione), che potevano poi rientrare nel programma di
rinnovamento mediceo cui Ficino stava contribuendo sotto il profilo culturale; se
evidente il desiderio di rinnovamento spirituale contenuto nelle opere ficiniane, lecito
supporre [] che Ficino trovasse una controparte politica nellideale dantesco della
monarchia universale derivata direttamente da Dio. Se uno il principio da cui
derivano tutte le cose (Dio), se uno il mezzo che le tiene insieme (amore), uno deve
essere anche il governante che guida gli uomini su questa terra (Ivi, p.
108).Naturalmente, per Ficino questa figura autoritaria sar incarnata da Lorenzo,
lunico uomo in grado di coniugare philosophiam una cum summa in rebus publicis
auctoritate (Marsilio Ficino, Teologia platonica, Proemio, a c. di E. Vitale, Milano,
Bompiani, 2011, p. 6). Poste queste premesse, si pu comprendere meglio la
neoplatonizzazione di Dante messa in atto dal filosofo, evidente fin dal Prologo:

Dante Alighieri, per patria celeste, per abitazione fiorentino, di stirpe angelico, in
professione philosopho poetico, bench non parlassi in lingua grecha con quel sacro
padre de philosophi interpetre della verit, Platone, nentedimeno inn-ispirito parl in
modo con lui che di molte sententie platoniche adorn e libri suoi; [] Tre regni
troviamo scripti dal nostro rettissimo duce Platone: uno de beati, laltro de miseri, el
terzo de peregrini. [] Questo hordine platonico prima segu Virgilio; questo sequ
Dante dipoi, col vaso di Vergilio beendo alle platoniche fonti. Et per el regnio de beati
et de miseri et de peregrini di questa vita passati nelle sue Commedie

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eleghantemente tract; et del regnio de peregrini viventi nel libro da lui chiamato
Monarchia.

Proseguendo, bisogna poi notare che il volgarizzamento ficiniano non segue


precisamente la divisione dantesca del trattato, ma i capitoli sono ulteriormente divisi
a scopo didattico e corredati di continue digressioni di commento.

Ficino
Dante
Che la presente materia nonn-
solamente civile, ma fonte di
civilt, et principalmente
alloperatione ordinata, Capitolo III Est ergo sciendum quod quedam
[II] da sapere che alcune cose sunt que, nostre potestati

sono che non sono sottoposte minime subiacentia,

alla podest nostra, .

Lopera di Ficino dedicata a Antonio di Tuccio Manetti e a Bernardo del Nero,


entrambi esponenti del partito filo-mediceo; sono personalit non legate allambiente
intellettuale, quanto piuttosto a quello politico e diplomatico, bench risulti che
entrambi ebbero una considerevole predilezione per Dante. Antonio trascrisse di suo
pugno la Commedia con tanto di note di commento, e scrisse unaNotizia sotto forma
di visione (dedicata a Giovanni Cavalcanti) seguendo il modello dantesco; Bernardo
(che non conosceva il latino) copi in uno stesso manoscritto un volgarizzamento
anonimo della Monarchia e il Convivio. Cesare Vasoli si rif a questa scelta dei
dedicatari per formulare uninterpretazione della logica seguita da Ficino nel
volgarizzare unopera politica: secondo lo studioso il rapporto tra Ficino e Dante
segnato da una comunit di intenti, perch nella riforma auspicata da Ficino pu
entrare anche una riforma politica; lidea dellamore universale si riflette, da un punto di
vista politico, in unidea di monarchia universale. Torniamo quindi allidea gi esposta
secondo cui lidea del principio unico di Ficino sia la cosa pi assimilabile allidea del
monarca assoluto veicolata da Dante, bench altri studiosi (J. Festugire, Dante et
Marsile Ficin, in Bulletin du Jubil pour le sixcentime anniversaire de la mort de
Dante, Paris, 1921, pp. 535-543: Ils nont vu que ce quils cherchaient: en quoi ils
sont de tous les temps. Mais ce quils cherchaient et qui est bien de leur temps, si
proche encore du Moyen Age symboliste, Dante jamais ny songea) abbiano visto nel
recupero dantesco solo una tendenza degli intellettuali contemporanei a vedere nelle
opere passate elementi che interessavano a loro, nonostante potessero essere

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lontani dalle intenzioni dantesche. Nel complesso, per, pare che lintenzione ficiniana
non fosse tanto quella di piegare la Monarchia ai propri scopi, quanto piuttosto quella
di recuperarla in chiave politica, a giustificare lascesa medicea e il bisogno, a
Firenze, di una figura autoritaria che desse stabilit; e non un caso che lo stesso
Ficino, un anno prima di morire, nellApologia contra Savonarolam si riferisse allanti-
mediceo domenicano come lAnticristo.

In conclusione, si sono visti tre volgarizzamenti appartenenti a periodi storici molto


differenti (e per i primi due va considerato anche il contesto transalpino), ma qualche
elemento di continuit possibile rintracciarlo. Innanzitutto il fatto che per tutti e tre
non ci si possa esimere dal contestualizzarli nel milieu politico corrispondente, ma
soprattutto che in tutti i casi lo scopo dei volgarizzatori sia un bisogno di stabilit e
regole; sostanzialmente, di pace, e questa spinta di base supera anche le differenze,
come la distanza cronologica molto breve che intercorre tra i primi due e le opere di
riferimento (a differenza di Ficino, che volgarizza oltre un secolo dopo) o lestrazione
sociale dei volgarizzatori.

Stefano Pezz, Universit Ca Foscari

<stefano.pezze@unive.it

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