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Mi invita a rallentare il ritmo del respiro.

Con calma mi concentro sul calore dei


muscoli, uno alla volta, in un ordine ben preciso. Poi penso a una porta. La
immagino in lieve penombra, di legno. La schiudo. Dietro ci sono cinque gradini.
Ogni gradino un respiro. Lento e calmo. Fino al fondo della piccola scalinata dove
c una stanza vuota, con dentro solo coscienza e calore. un posto strano quello,
un posto in cui ero gi stato migliaia di volte in vita mia senza saperlo, quasi
tutte le sere, qualche istante prima di dormire, e tutti i giorni passati al
poligono, quando tirare era il mio mezzo di comunicazione con il resto del mondo,
con babbo e mamma, con mio fratello e i miei amici.
Ero l anche a fort Benning, durante la finale di prone. L c tutto, sono
convinto che, se fosse utile e lo volessi cercare, ci troverei anche quel maledetto
colpo di Pechino e la commessa della gioielleria. Ma non minteressa. Non pi.
Quello che sto cercando qui dentro altro. Il colpo perfetto. Il gesto automatico
e incorruttibile. Assomiglia molto a quello di fort Benning. Lo descrivo a Ed. E
lui lo descrive a me. Entrambi sappiamo fin troppo bene di cosa stiamo parlando.
Dopo mezzora di ricerche e descrizioni ce lho davanti, plastico, in tutto il suo
splendore. Come se fosse cinema. Lobiettivo farlo diventare cos familiare da
poterlo riprodurre in qualunque momento.

Prima regola: decido io quali pensieri lasciar entrare nella mia testa. Seconda
regola: non sparo se non ho la certezza che il colpo sia perfetto.

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