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PRIMA PARTE

Formazione al Rapporto Terapeutico


Franta, H, Colasant A. R., Mastromariono, R.
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Prima Unit

Rapporto terapeutico
e training di comunicazione
Scopo della prima unit didattica di illustrare agli allievi gli aspetti
fondamentali della comunicazione terapeutica e di facilitare la verifica del-
le loro idee implicite e conoscenze al riguardo. Inoltre, perch i parteci-
panti siano in grado di interagire in modo significativo e di creare una
comunit di apprendimento, proposto un breve esercitazione sulle basi-
lari competenze comunicative.

Obiettivi

- Approfondimento delle conoscenze generali sulla comunicazione te-


rapeutica;

- verifica della teoria implicita degli allievi sulla relazione terapeutica


in situazione diadica;

- incremento delle competenze comunicative.

Contenuti e suggerimenti uti e suggerimenti didattici

L'unit articolata in due parti: una prevalentemente teorica, l'altra


essenzialmente operativa.
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I Parte
Rapporto terapeutico:
concetti ed aspetti operazionali

Al fine di facilitare la lettura e lo studio del materiale bibliografico ine-


rente il rapporto terapeutico in situazione diadica e la presa di contatto
circa il proprio modo di interpretarlo, si propone la seguente esposizione
teorica: a) il rapporto terapeutico e gli aspetti fondamentali della relazio-
ne di aiuto in situazione diadica; b) il concetto di teoria implicita nella
relazione di aiuto e verifica delle convinzioni personali al riguardo.

A) Rapporto terapeutico

a) Contenuto

Gli allievi vengono informati sui diversi aspetti teorici e operativi del-
la relazione terapeutica. , poi, presentata loro la letteratura inerente gli
argomenti riferiti, al fine di facilitarne lo studio personale.

In particolare, sono trattati i seguenti argomenti:


natura della comunicazione terapeutica (distinzione tra comunicazione
logica, comunicazione psicologica, comunicazione scenica);

forme della relazione terapeutica (definizione della relazione diadica,


della terapia dei sistemi, della terapia di gruppo, ecc. );

dimensioni della relazione terapeutica in situazione diadica (esposizione


di uno schema per lo studio dei diversi aspetti):

- Creazione della situazione relazionale


Partner in comunicazione: et, sesso, abbigliamento, linguaggio, ecc.
Condizioni materiali: luogo, tempo, posizione lavorativa, ecc. Con-
cordanza delle aspettative
Atteggiamenti di fondo: accettazione incondizionata, congruenza,
empatia
- Aspetti processuali del lavoro terapeutico
Interpretazioni dei disturbi o del deficit comportamentale e delle
resistenze o barriere
Obiettivi terapeutici
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Fasi del colloquio


Scelta degli interventi e dei comportamenti in situazioni specifiche
Controllo degli outcome
- Bibliografia

b) Procedimento didattico

La trattazione degli argomenti si svolge in forma di lezione.

B) Teoria implicita del rapporto terapeutico


(TIRT)

a) Conoscere la TIRT

Ogni Allievo ha una propria struttura cognitiva complessa di idee e


convinzioni, implicite od esplicite, che deve essere tenuta presente e ri-
spettata nel corso delle esercitazioni, qualora si voglia instaurare un clima
in cui tutti possano introdursi con le proprie esperienze e sviluppare at-
teggiamenti di assertivit e collaborazione. Tuttavia, pur consapevoli di
questa esigenza, non facile far s che i partecipanti portino nelle eser-
citazioni le loro idee e conoscenze e si confrontino con i diversi contri-
buti della ricerca scientifica sulla psicoterapia. Pertanto, nel tentativo di
agevolare tale compito, proponiamo un lavoro di sensibilizzazione, diviso
in due parti: la prima volta alla verifica delle convinzioni personali circa
la percezione e il trattamento dei disturbi psichici; la seconda, invece, ha
lo scopo, attraverso la lettura di protocolli e della rispettiva letteratura
scientifica, di far conoscere agli allievi i diversi aspetti della comunica-
zione terapeutica in situazione diadica.

b) Materiale e suggerimenti di lavoro

Per esaminare la teoria implicita dei partecipanti, possono essere uti-


lizzate le seguenti dimensioni (Tennstadt et al. , 1985, 12):

Comprensione della situazione di disturbo psichico

- Da quali comportamenti dei clienti vengono discriminati fenomeni


difensivi, non adattivi, patologici o non autentici
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Esame della capacit discriminativa: osservazione dei fatti nelflusso


comportamentale del cliente vs. interpretazione stereotipata della
realt psicologica.
- Quali categorie tipiche vengono usate per classificare i disturbi o
deficit comportamentali?
Verifica della eventuale categorizzazione o tipicizzazione dei disturbi:
tipicizzazione stereotipata secondo un modello terapeutico vs. uso
di dimensioni per descrivere i disturbi nella maggiore
interdipendenza possibile.
- Come viene interpretata l'origine di questi disturbi?
Attribuzione delle cause dei disturbi a fattori ereditari,
socializzazione come sviluppo della libido o dell'immagine di s,
formazione di schemi o di piani non adattivi, ecc.

Comprensione dell'agire terapeutico

.- Quali sono le mete o gli obiettivi nella relazione di aiuto?


Si distinguono le mete dagli obiettivi terapeutici; c' corrisponden-
za tra la formulazione degli obiettivi e le mete prospettate; la for-
mulazione degli obiettivi terapeutici specifica, concreta, realistica
vs. confusa, non corrispondente, non realistica.
- Quali interventi, nel lavoro con i clienti, si adottano o si ritengono pi
efficaci, al fine di facilitarli nel superamento dei disturbi?
Si riferiscono all'atteggiamento empatico, alla presa di contatto, al-
l'interpretazione, alla desensibilizzazione.
- .Quali sono i modi migliori per trattare le resistenze intrapsichiche o le-
gate al sistema sociale?
Ignorarle, dare loro la precedenza nel lavoro terapeutico, in-
terpretarle, centrarsi sulla loro dinamica, ecc.
- Come si interpretano i processi psichici del cambiamento nel la
voro con i clienti?
Terapia psicoanalitica: superamento del comportamento automatico:
conflitto inconscio tra impulsi e norme (Freud), ristrutturazione
dello stile di vita e incoraggiamento (Adler), trattamento dei di-
strurbi complessi non integrati (Jung), formazione dei meccanismi
adattivi (Hartmann), superamento dell'ansia nelle relazioni interper-
sonali (Sullivan, Horney); terapia behaviorista (S-R-O-C): trattamen-
to dei comportamenti disfunzionali appresi o dei deficit comporta-
mentali e formazione di nuovi abiti (Wolpe, Eysenck, Skinner); tera-
pia cognitivista: verifica della valutazione soggettiva della realt e ri-
strutturazione del medium cognitivo, eliminazione di idee o pen-
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sieri irrazionali (Ellis, Beck), superamento dell'attribuzione difensi-


va (Abramson), acquisizione di piani e competenze nella soluzione
dei problemi (Zurilla, Goldfried), acquisto dell'autostima (Epstein);
terapia umanistica e personalistica: superamento degli Io-limite e at-
tuazione delle proprie possibilit, superamento delle discrepanze
tra S reale e S ideale (Rogers), raggiungimento del contatto
(Perls), acquisizione dell'autosupporto e della responsabilit
(Fromm), autoespressione e autorealizzazione (Rogers, Perls,
Fromm), attuazione del nuovo comportamento (Erikson), trattamen-
to degli automatismi personali (Gebsattel), superamento del vacuum
esistenziale (Frankel, Caruso).
- Quali sono i criteri da adottare per valutare il successo o l'insuccesso
della terapia?
Verifica della funzionalit psichica attraverso la diminuzione dei pun-
teggi nell'applicazione dei test, stati emozionali di benessere nelle
diverse situazioni di vita, ecc.

La capacit di recepire accuratamente il messaggio e di riportare in


modo descrittivo la realt relazionale presuppone la disponibilt e la li-
bert di guardarla, senza precomprensioni senza schemi di lettura prede-
terminati, ma ci non si verifica facilmente. Infatti, nell'accostare un fe-
nomeno relazionale si pi portati ad interpretarlo e classificarlo (spes-
so per l'esigenza di orientarsi meglio in esso), perdendo cos di vista la
sua unicit e peculiarit.
Cos pure risulta problematico entrare in contatto con le proprie espe-
rienze e comunicarle rappresentativamente agli altri.
Nella nostra cultura piuttosto diffusa la convinzione che la manife-
stazione dei propri vissuti, particolarmente dei sentimenti, costituisca un
comportamento inappropriato, indice di uno scarso autocontrollo, per cui
una comunicazione in tal senso pu essere mal interpretata.
Inoltre, l'espressione delle proprie esperienze pu essere impedita da
fattori di ordine soggettivo (timore della critica, del confronto, dell'inti-
mit, ecc.) e oggettivo (mancanza di spazi e tempi per comunicare perso-
nalmente, clima sociale non positivo), che portano a privilegiare forme di
comunicazione indirette e difensive.
Anche l'uso di forme regolative si presenta complesso. Talvolta per
mancanza di affermativit, altre volte per timore di essere mal percepiti
dall'altro, si preferisce restare con le proprie letture della realt relaziona-
le anzich verificarle e confrontarle.
Cos pure assumere un ruolo di ascolto pu presentare delle difficolt,
soprattutto quando il trainee si centra pi su s che sull'altro, utilizzando
una "attenzione strutturata" e/o cogliendo solo parte del messaggio rice-
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vuto.
Infine, la possibilit di realizzare interventi interazionali appropriati,
siano essi descrittivi, rappresentativi, regolativi e il mettersi in una posi-
zione di ascolto, implica il pi delle volte la ristrutturazione di schemi
cognitivi che la persona ha sviluppato nei confronti di se stessa, degli altri,
delle situazioni e dei sistemi che pongono forti resistenze al cambiamen-
to

c) Procedimento didattico

In questa unit, consapevoli del tempo necessario per un'idonea sensibiliz-


zazione sulla TIRT all'interno della formazione in psicoterapia, nostro in-
tento dare soltanto inizio a tale processo e offrire ai partecipanti gli stru-
menti opportuni per prendere contatto con la propria TIRT. Per quanto
concerne il procedimento didattico, si fa riportare agli allievi un racconto
che descriva come una persona di loro conoscenza vive e sperimenta un tipi-
co disturbo (per es. sindrome depressiva, fobica, ecc. ). Per l'esercitazione
pratica, affinch gli allievi si rendano conto di come interpretano e di come
pensano debbano essere trattati i disturbi, viene richiesto loro di esaminarli
secondo le dimensioni formali esposte precedentemente; si passa, quindi,
alla discussione delle risposte. Successivamente viene proposta la lettura di
alcuni protocolli di colloqui terapeutici, con lo scopo di prendere in esame la
TIRT dei consulenti (cf. allegato 1).

d) Bibliografia

IIParte
Competenze comunicative di base

Scopo didattico

Scopo di questa unit abilitare i partecipanti all'uso delle competenze ba-


silari della comunicazione interpersonale. In particolare i partecipanti hanno
la possibilit di imparare:
- a formulare enunciati constatativi (comunicazione descrittiva), nei quali
l'emittente descrive la realt cos come si presenta senza valutarla o inter-
pretarla;
- a formulare enunciati espressivi (comunicazione rappresentativa), nei
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quali l'emittente si introduce personalmente nell'interazione, manifestando


il proprio vissuto circa la realt relazionale;
- a formulare interventi regolativi (comunicazione di feedback e
riformulazione), tramite i quali l'emittente verifica la reciproca comprensione
dei messaggi e il procedere dell'interazione;
- a discriminare le dimensioni del messaggio (ascolto attivo) e ad acquisire
la competenza della riformulazione.

Motivazione

Gli studi sulla pragmatica della comunicazione sottolineano l'importanza,


per la costruzione e il mantenimento di relazioni interpersonali positive, di
alcune competenze basilari, riguardanti specificatamente:
- la comunicazione descrittiva, concernente la capacit di riferire in modo
fenomenologico la realt relazionale;
- la comunicazione rappresentativa, concernente la capacit di introdursi
nelle relazioni in modo diretto e personalizzato, assumendosi la responsabili-
t delle proprie esperienze;
- la comunicazione regolativa, concernente la capacit di modulare l'an-
damento dell'interazione.
- l'ascolto attivo, concernente la capacit di assumere il ruolo del ricevente
utilizzando una attenzione "non strutturata" centrata sulla comunicazione
dell'emittente e di discriminare le varie parti del messaggio per elaborare e
rispondere all'emittente.
Quanto pi le persone sono in grado di prendere parte alle relazioni fa-
cendo uso di enunciati costatativi, espressivi, regolativi e di porsi in una posi-
zione di ascolto, tanto pi rendono chiaro, autentico e trasparente il loro
agire interpersonale, riuscendo pi facilmente a conseguire i propri obiettivi
e a mantenere soddisfacenti relazioni con gli altri.

Riflessione critica

Interagire con gli altri ascoltandoli e facendo uso delle competenze pre-
dentemente enunciate, presenta alcune difficolt.
La capacit di recepire accuratamente il messaggio e di riportare in modo
descrittivo la realt relazionale presuppone la disponibilt e la libert di
guardarla, senza precomprensioni senza schemi di lettura predeterminati, ma
ci non si verifica facilmente. Infatti, nell'accostare un fenomeno relazionale
si pi portati ad interpretarlo e classificarlo (spesso per l'esigenza di orien-
tarsi meglio in esso), perdendo cos di vista la sua unicit e peculiarit.
Cos pure risulta problematico entrare in contatto con le proprie esperien-
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ze e comunicarle rappresentativamente agli altri.


Nella nostra cultura piuttosto diffusa la convinzione che la mani-
festazione dei propri vissuti, particolarmente dei sentimenti, costituisca un
comportamento inappropriato, indice di uno scarso autocontrollo, per
cui una comunicazione in tal senso pu essere mal interpretata.
Inoltre, l'espressione delle proprie esperienze pu essere impedita da fat-
tori di ordine soggettivo (timore della critica, del confronto, dell'intimit,
ecc.) e oggettivo (mancanza di spazi e tempi per comunicare personalmente,
clima sociale non positivo), che portano a privilegiare forme di comunica-
zione indirette e difensive.

Anche l'uso di forme regolative si presenta complesso. Talvolta per man-


canza di affermativit, altre volte per timore di essere mal percepiti dall'al-
tro, si preferisce restare con le proprie letture della realt relazionale anzi-
ch verificarle e confrontarle.
Cos pure assumere un ruolo di ascolto pu presentare delle difficolt,
soprattutto quando lallievo si centra pi su s che sull'altro, utilizzando
una "attenzione strutturata" e/o cogliendo solo parte del messaggio ricevuto.
Infine, la possibilit di realizzare interventi interazionali appropriati, siano
essi descrittivi, rappresentativi, regolativi e il mettersi in una posizione di a-
scolto, implica il pi delle volte la ristrutturazione di schemi cognitivi che
la persona ha sviluppato nei confronti di se stessa, degli altri, delle situazioni
e dei sistemi che pongono forti resistenze al cambiamento.

Realizzazione

La realizzazione delle suddette competenze interazionali prevede una


parte teorica, destinata ad una loro esposizione sistematica, ed una parte
di addestramento, indirizzata alla loro acquisizione operativa.

A) Lineamenti teorici

Comunicazione descrittiva (1)

La comunicazione descrittiva consiste nella verbalizzazione fenomeno-


logica dei fatti osservabili, cio nell'espressione di essi in termini consta-
tativi.
Affinch una persona sia in grado di realizzare una comunicazione de-
scrittiva circa la realt relazionale si richiede che si accosti ad essa secon-
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do un'angolatura fenomenologica, limitandosi a considerare tale realt


cos come si manifesta senza interrogarsi sulle cause (perch), sul suo
sviluppo (da dove) o sulle sue conseguenze (a che cosa).
Ci vuol dire che la persona dovrebbe chiedersi soltanto "Che cosa c'
qui", costatando il riscontrabile cos come senza inserirlo in una categoria o
in una norma generale.

b) Comunicazione rappresentativa

La comunicazione rappresentativa concerne la manifestazione degli sta-


ti emozionali sperimentati nel corso dell'interazione e fa riferimento a-
gli atti deliberati di autopresentazione.
Essa include, da parte della persona che ne fa uso, la capacit di di-
venire consapevole dei propri stati interiori, di esprimerli direttamente e
accuratamente, di riconoscere l'opportunit o meno di manifestarli. Nel-
la comunicazione rappresentativa la persona parla di s e delle proprie
esperienze circa la realt relazionale, senza avere la pretesa di parlare in
nome di altri o di giudicare l'interagire reciproco secondo criteri stan-
dard di valutazione.
Componenti costitutive della comunicazione rappresentativa sono: l'Io
portatore di esperienze (messaggi-Io) e l'indice referenziale.

c) Comunicazione regolativa

La comunicazione regolativa riguarda la verifica dell'andamento del-


l'interazione al fine di modulare il proprio agire interpersonale.
Tra gli interventi tramite i quali si realizza la comunicazione regolativa
prendiamo in considerazione il feedback.
Il feedback pu essere definito come quel momento della comunica-
zione replicativa in cui una persona comunica all'altra informazioni su
come stato percepito e sperimentato un suo comportamento. Esso ca-
ratterizzato, come la comunicazione rappresentativa, da un Io portatore
di esperienze e dalla specificazione di un indice referenziale, ma pre-
vede un elemento ulteriore rispetto ad essa, concernente l'esplicitazione
di un desiderio o di una richiesta (appello).

d) Ascolto attivo

L'ascolto costituisce un insieme di atti percettivi attraverso i quali


entriamo spontaneamente o involontariamente in contatto con una
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fonte comunicativa. In esso sono coinvolti tre processi:


- recezione del messaggio;
- elaborazione del messaggio
- risposta al messaggio.

L'efficacia nell'ascolto dipende dall'accuratezza con cui il consulente


realizza questi tre processi.

- La corretta recezione di un messaggio esige, da parte dell'ascoltatore,


la capacit e l'intenzionalit di centrarsi sulla fonte comunicativa e l'im-
pegno a comprendere il messaggio nel significato che questo ha per l'e-
mittente. Ci implica un'apertura verso la fonte comunicativa e un'atten-
zione non strutturata (Franta-Solonia, 1990, 66), centrata sui messaggi del-
l'emittente.
Il consulente viene meno a tale modalit di ascolto quando assume un at-
teggiamento deliberativo, anteponendo alla comunicazione del cliente
schemi di riferimento e sistemi di valori personali. In tal caso, il consulente
non misura i messaggi del cliente in base al quadro di riferimento di
quest'ultimo, ma in base al proprio, traendo conclusioni soggettive prive di
una verifica fondata.
In particolare, la possibilit di realizzare un'attenzione non strutturata
impedita quando il consulente non cosciente e, quindi, non controlla al-
cuni meccanismi percettivi che vengono attivati nel contatto e nell'interazio-
ne con l'altro e che possono fungere da filtro nel recepire con accuratezza i
messaggi che questi ci invia.
Tra i pi importanti processi percettivi che entrano in gioco nel rapporto
interpersonale ricordiamo: la teoria implicita della personalit, l'effetto alone,
gli stereotipi, l'effetto primacy-recency (Cook, 1971; 1984; Colasanti, Ma-
stromarino, 1991).
Oltre all'apertura verso la fonte comunicativa si richiede al consulente di
prestare attenzione, sempre nella fase di recezione, a quale modalit non
verbale il cliente fa prevalentemente riferimento quando si esprime: visiva,
uditiva, cinestetica.
Cogliere la modalit sensoriale prevalente nel cliente importante, in quan-
to consente al consulente una migliore sintonia nelle sue risposte.

Espressioni tipiche sono:


modalit visiva - " chiaro cheGuardi come... ", "Sembra che... "
modalit uditiva - "ascoltare", "raccontare", "suonare come", "sentire";
modalit cinestetica - "sperimentare", "afferrare", "toccare", "percepire"

Risposte tipiche sono:


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modalit visiva - "Sembra che lei. . . ", "Io vedo che... ";
modalit uditiva - "Quello che sta dicendo . . . ", "Qualcosa le dice che. . .
", "Lei mi sta dicendo che... "; "Quello che mi dice suona.. ";
modalit cinestetica - "Lei sente. . . ", "Ho la sensazione che... ", "Lei
sperimenta. . . ", "Quello che sta provando... ".

Riassumendo, una corretta recezione richiede: un'apertura verso il


cliente, un'attenzione non strutturata ai suoi messaggi e la capacit di coglie-
re la modalit sensoriale con cui egli si esprime.

- Una volta recepito il messaggio si richiede al consulente di elaborarlo


e di decodificarne il significato tenendo presenti le diverse dimensioni co-
municative e, precisamente, quella oggettivo-constatativa (contenuto), quella
dell'autorivelazione, quella dell'appello e quella della relazione (Schulz von
Thun, 1981).
Queste quattro dimensioni sono sempre presenti in un messaggio, anche se
il pi delle volte in modo implicito. L'abilit del consulente sta nel cogliere tali
dimensioni, senza distorcerne o alterarne il significato.
La dimensione di contenuto riguarda l'insieme di notizie, idee, opinioni cir-
ca l'oggetto di riferimento della comunicazione; quindi si riferisce allo scam-
bio di informazioni su un certo tema.
La dimensione dell'autopresentazione si riferisce al modo in cui il cliente
presenta se stesso nella comunicazione.La dimensione dell'appello riguarda
l'insieme delle richieste che il cliente fa nella sua comunicazione.
imensione relazionale si riferisce al rapporto tra consulente e cliente e ri-
guarda la percezione che quest'ultimo ha dell'altro e della loro interazione

AUTORIVELAZIONE CONTENUTO

Come si presenta l'altro a me? Co- Di che cosa sta parlando?


sa rivela di s?

RELAZIONE APPELLO

Come definisce il rapporto reci- Che cosa desidera ragg9ungere


proco con questa comunicazione

Presentiamo con un esempio le applicazioni di tali dimensioni. Un utente


all'operatore:

"Ieri sono venuto qui per il nostro colloquio e lei non c'era. la seconda volta
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che succede questo. Non capisco perch non riusciamo ad incontrarci. Mi fa


sentire come se lei non volesse aiutarmi in alcun modo".
Del fatto che per la seconda volta non riescono ad incontrarsi.

Autorivelazione: Come si presenta l'altro a me? Cosa rivela di s? Si rivela


come una persona che si sente non considerata.

Appello: Che cosa desidera raggiungere con questa comunicazione? Deside-


ra chiarimenti e maggiore considerazione.

Relazione: Come definisce il rapporto reciproco?


Reputa che l'operatore possa fornire chiarimenti circa ci che sta acca-
dendo.

- Affinch l'ascolto si concretizzi in un reale aiuto al cliente necessario


che il consulente, oltre a recepire e decodificare correttamente il messaggio
nelle rispettive dimensioni, vi risponda con un comportamento di supporto
verbale, intervenendo con contributi che sostengano e approfondiscano la
comunicazione del cliente, favorendone una maggiore autocomprensione.
Il comportamento di supporto verbale comprende varie forme; in questa
unit ci focalizziamo sulla competenza della riformulazione, rimandando le
altre alle succesive unit.
La riformulazione consiste in una forma replicativa mediante la quale la
persona si assicura di aver compreso correttamente il messaggio dell'altro,
onde evitare incomprensioni e fraintendimenti. Essa si attua riproponendo
all'interlocutore, con parole proprie, gli aspetti essenziali presenti nella sua
comunicazione.

B) Esecitazioni

a) Esercitazioni in aula

aa) Comunicazione descrittiva

aal) Comunicazione descrittiva vs. valutativa

Obiettivo: imparare a discriminare una comunicazione descrittiva da una


comunicazione valutativa o interpretativa.

Svolgimento:
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- fornire ai partecipanti le affermazioni da valutare e chiedere loro


dianalizzarle secondo la scala della comunicazione descrittiva; invitarli, poi,
a riunirsi in gruppi di 6 per esaminare le risposte date da ciascuno ad ogni
affermazione e discutere quelle discrepanti, fino a giungere ad una valuta-
zione unanime; mostrare un lucido con le affermazioni e le risposte corrette,
lasciando ad ogni gruppo il compito di discutere quelle non corrispondenti;

- all'interno di ogni gruppo chiedere ai singoli partecipanti di scrivere


il nome degli altri 5 membri in cima a 5 fogli, quindi di annotare in ciascuno di
essi alcune caratteristiche del membro corrispondente, disponendo di un to-
tale di 10 minuti; sollecitare ogni partecipante a consegnare il foglio con le
caratteristiche al membro cui corrispondono, cos che ciascuno abbia 5 fo-
gli con il proprio nome scritto in cima; a turno ogni partecipante legge le
proprie caratteristiche e nel gruppo si valuta se chi le ha indicate stato
attento a: riportare comportamenti osservati; non valutare; non fare inferen-
ze, facendo uso della scala della comunicazione descrittiva.

Materiale:
- frasi da valutare (allegato 2);
- scala della comunicazione descrittiva (allegato 3);
- lucido sulle risposte corrette (allegato 4).

aa2) Simulata
Obiettivo: esercitarsi nell'uso di comunicazioni descrittive.

Svolgimento: si invitano alcuni partecipanti a simulare una situazione


interattiva da loro scelta (in famiglia, al lavoro, tra amici) per 10 minuti;
quindi si chiede agli osservatori di fare un resoconto scritto della scena
simulata pensando di rendere partecipe dell'accaduto una persona as-
sente. A gruppetti si leggono i resoconti per valutarne il grado di descrit-
tivit, quindi si trasformano le eventuali parti del resoconto risultate non
descrittive.

Materiale:
- scala della comunicazione descrittiva (allegato 3).

ab) Comunicazione rappresentativa

abl) Comunicazione rappresentativa vs. valutativa o indiretta

Obiettivo: imparare a discriminare una comunicazione rappresentativa


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da una comunicazione valutativa o indiretta.

Svolgimento: fornire ai partecipanti le affermazioni da valutare, quin-


di chiedere loro di dividersi in gruppi di 3 per concordare il grado di
rappresentativit di ogni affermazione utilizzando l'apposita scala; solleci-
tare ogni triade a rivedere le frasi contrassegnate con un meno, al fine di
trasformarle secondo i criteri della comunicazione rappresentativa; mo-
strare un lucido con le frasi e le rispettive valutazioni e promuovere la di-
scussione.

Materiale:
- frasi da valutare (allegato 5);
- scala della comunicazione rappresentativa (allegato 6); - lucido sulle
risposte corrette (allegato 7);

ab2)1l fumo disturba

Obiettivo: prendere consapevolezza dei vantaggi personali e relazionali di


una comunicazione rappresentativa rispetto ad una comunicazione valuta-
tiva o indiretta.

Svolgimento: due partecipanti (AB) simulano la seguente scena:


A: Detesta il fumo e si trova ad interagire con una persona che
fuma in casa sua. In realt non vuole che fumi, ma, incapace di fa-
re direttamente una simile richiesta, decide di prendere l'argomento
da lontano, spiegando quanto faccia male fumare e quali siano gli
ultimi dati al riguardo.
B: Deciso a fumare la sua sigaretta, risponde solo alla parte espli-
cita del messaggio (i danni del fumo), non all'appello indiretto (vor-
rei che non fumassi).
Terminata la scena, si commenta con i componenti del gruppo cosa si
colto, quali sentimenti animavano i partners in interazione, in che misura il
partecipante A ha raggiunto il suo obiettivo.
Si ripete, poi, la stessa scena, invitando il partecipante A a comunicare in
maniera rappresentativa. Quindi, si commenta di nuovo, valutando la diversi-
t tra le due situazioni.

ab3) Comunicazione rappresentativa

Obiettivi:
- apprendere per esperienza lo stile della comunicazione rappre
sentativa;
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- ottenere la supervisione del gruppo su tale comportamento.

Svolgimento: si presentano ai trainee una per volta le situazioni relazio-


nali e si invitano loro a dare per iscritto, in forma di discorso diretto,
la propria comunicazione (ad es. , torno a casa e trovo che mia moglie
ha preparato il mio piatto preferito; le dico:... ).
Il gruppo, poi, valuta le varie risposte secondo la scala della comunicazione
rappresentativa.

Materiale:
- esempi di situazioni relazionali (allegato 8);
- scala della comunicazione rappresentativa (allegato 6);

ab4) Situazione concreta

Obiettivo: Individuare le variabili personali (pensieri, convinzioni, ecc.) e si-


tuazionali che inibiscono la capacit di essere "rappresentativi" e abilitarsi
all'uso della comunicazione rappresentativa.

Svolgimento:
- invitare i partecipanti a ricordare una situazione nella quale hanno tro-
vato difficolt a comunicare in modo rappresentativo;

- chiedere ad una persona del gruppo di riportare la situazione individuata e


stimolarla ad esprimere i pensieri e le convinzioni che possono aver influito
sulla mancata rappresentativit (per es. , "Se comunico questo di me perde-
r l'altro");

- sollecitarla ad immaginare nuovamente la situazione interattiva individua-


ta, utilizzando i parametri della comunicazione rappresentativa.

ac) Comunicazione regolativa


acl) Discriminare comunicazioni di feedback

Obiettivo: imparare a riconoscere e a valutare i diversi modi di dare e rice-


vere un feedback.

Svolgimento: fornire ai partecipanti le frasi da valutare, quindi, chiedere


loro di dividersi in gruppi di 3 per concordare l'adeguatezza del feedback
dato o ricevuto secondo alcuni parametri sintetizzati in un'apposita
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scheda.

Materiale:
- frasi da valutare (allegato 9);
- scheda che sintetizza i vari parametri sull'efficacia del feedback
(allegato 10).

ac2) Comunicare in modo diretto

Obiettivo: acquisire la competenza di comunicare in modo diretto usando i


parametri di un feedback efficace e ottenere la supervisione del gruppo su
tale comunicazione.

Svolgimento: Rispondere individualmente alle diverse situazioni relazio-


nali proposte.
Al termine un partecipante riporta la risposta che ha dato alla prima situa-
zione e in gruppo si valuta se in questa vi sono i requisiti di un feedback effi-
cace. Usando lo stesso procedimento i partecipanti si dividono in gruppi di
tre e valutano le risposte date alle altre si
tuazioni.

Materiale:
- frasi da valutare (allegato 11);
- scheda che sintetizza i vari parametri d'efficacia del feedback (allegato
10).

ac3) Situazione concreta


Obiettivo: individuare i fattori che impediscono di dare e/o ricevere feed-
back e abilitarsi all'uso della comunicazione di feedback.

Svolgimento: Invitare i partecipanti a riflettere su una situazione nella quale


hanno incontrato difficolt nell' inviare o nel ricevere feedback (positivo o
negativo). Successivamente chiedere ad una persona del gruppo di riportare
la situazione individuata facilitandola a rintracciare i possibili pensieri e
convinzioni che sono fonte di disagio nel dare o ricevere feedback. Infine
proporre alla persona di immaginare nuovamente la situazione interattiva in
oggetto pensando di dare o ricevere feedback sulla base delle indicazioni ri-
cevute.

ad) Ascolto attivo


ad1) Quattro dimensioni di un messaggio
Obiettivo: sviluppare la capacit di discriminare le quattro dimensioni con-
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tenute in un messaggio.

Svolgimento: leggere attentamente le frasi e specificare per ciascuna di


esse le dimensioni: di contenuto, di autorivelazione, di relazione e di appello.
In alcune frasi tali dimensioni sono espresse chiaramente, in altre possono
essere implicite.

Materiale:
- frasi da valutare (allegato 12).

ad2) Riformulazione

Obiettivo: imparare ad utilizzare la riformulazione come strumento per ve-


rificare la comprensione altrui.

Svolgimento: fornire ai partecipanti alcune affermazioni e chiedere loro


di riformularle a parole proprie. Invitare poi i partecipanti a dividersi in
gruppi di quattro e ad esprimere a turno un proprio pensiero in poche frasi;
quindi, chiedere agli altri 3 membri del gruppo di riformulare il pensiero
espresso dall'emittente e successivamente verificarne l'accuratezza attraver-
so il feedback che questi ne d.

Materiale:
- frasi da riformulare (allegato 13).

b) Esercizi di approfondimento

Per facilitare il consolidamento delle nuove acquisizioni, i partecipanti


sono chiamati ad effettuare alcuni esercizi di approfondimento.
Formare gruppi di 3/4 persone:

ba) Confrontarsi sulle seguenti letture:


- Franta-Salonia, 1990, 11-48 e 109-135;
- Colasanti-Mastromarino, 1991,242;
- Scilligo, 1991, 1-49 (confrontarsi anche sugli esercizi); - Gazda, tr. 1990,
1-101.

bb) Eseguire i seguenti esercizi:


- riportare nel gruppo un breve riassunto di un film. I partecipanti lo ana-
lizzano facendo riferimento alla scala di valutazione della comunicazione
descrittiva;
20

- terminare l'esercizio sulla comunicazione rappresentativa (cf. Franta-


Salonia, 1990, 126);
- individuare una situazione interattiva concreta nella quale ci sono diffi-
colt nell'espressione diretta delle proprie esperienze ed ipotizzare modalit
relazionali alternative, tenendo presenti i criteri della comunicazione rap-
presentativa e di feedback. Esercitarsi, laddove possibile, ad attuare inter-
venti diretti di autopresentazione;

- esercizio sulle quattro dimensioni di un messaggio (cf. Colasanti-


Mastromarino, 1991, 43-46);

Note:
(1)
per uno studio pi approfondito cf. Franta-Salonia, 1990, 53ss; Colasan-
ti-Mastromarino, 1991
21

Allegato n. 1

Verbale

Donna ventinovenne, nubile, architetto.


T. : Bene, il suo medico curante che l'ha inviata da me. Che cosa costituisce
attualmente un problema per lei?
C. : Beh, la verit che io non sono buona con me, non rispetto i miei sen-
timenti. Penso agli altri. Penso che questo sia il problema principale.
davvero un grosso problema. Ne soffro moltissimo. Non riesco ad ac-
cettare il fatto di non considerare me stessa.
T. : Immagino che lei non sia stata sempre cos. Da quanto tempo av-
verte questo senso di non considerazione verso se stessa?
C. : No, penso di essere stata sempre cos. Credo che derivi tutto dai miei
genitori, dalla mia storia. Non posso dire che qualcuno di preciso me lo
abbia insegnato; sono stata sempre cos, perci credo che il proble-
ma risalga alla mia infanzia.
T.: Cos sembra che lei sia stata allevata con l'idea che nella sua vita do-
vesse trascurare le sue necessit per prendere in considerazione i bisogni
degli altri.
C. : Si, vero. E questo mi capita soprattutto nel rapporto uomodonna.
Quando entro in contatto con qualcuno mi dispongo ad essere strumenta-
lizzata, non rispettata. O meglio, l'altro non d mai quanto sento di dare io.
Nessuno disposto a farlo.
T. : Vuol dire che lei non si sente mai ricambiata...
C.: Si, ma io non esprimo mai questo. Non arrivo mai ad un litigio; semplice-
mente desidero sparire dalla circolazione. Come nell'ultima mia relazione,
che ho chiuso senza spiegazioni salendo sull'aereo!
T. : In altre parole, lei non riesce ad esprimere il suo disagio quando qualcosa
non va e quando questo disagio diviene intenso salta su un aereo e dice "Ad-
dio!". Non crede che esprimere i suoi sentimenti ed affermare i suoi bi-
sogni possa aiutare l'altro a comprenderla meglio come persona?
C. : Pu darsi, anzi sicuramente cos, ma io non riesco a farlo, non riesco
neppure ad immaginare una situazione cos. Per dire ci che sento e vo-
glio dovrei fidarmi dell'altro. Ma come faccio a fidarmi di chi conosco ap-
pena? Non riesco ad esprimere le mie sensazioni interiori ad una persona
che conosco appena. Ho paura che mi consideri una sciocca, una ragazzi-
na ... Vede, loro hanno sempre ragione. Se mi piacciono ... qualunque cosa
dicano o qualsiasi cosa vogliano fare . . . va bene. Una volta deciso che mi
piacciono e che voglio stare con loro tutto va a modo loro. Non dico che co-
22

sa voglio realmente. Se scopro che mi stanno umiliando li lascio, ma non


tento di spiegare perch mi sento ferita, tanto non capirebbero!

Schema riassuntivo
delle dimensioni per verificare la TIRT

- Qual il problema?

- Che cosa lo determina? Da che cosa pu essere originato?

- Quali possono essere alcuni obiettivi a breve termine da raggiungere con


questa paziente?

- Che tipo di aiuto pu essere pi efficace con lei?

- Quali potrebbero essere i criteri indicativi di un cambiamento?


23

Allegato n. 2

Comunicazione descrittiva
(Fasi da valutare)

1. Andrea ha interrotto Luca quando cercava di parlare delle sue difficolt


con quel nuovo alunno.

2. Marco un ragazzo molto sincero.

3. Quell'insegnante non capisce mai ci che gli dico.

4. Quel ragazzo rude e senza tatto.

5. La riunione si conclusa bruscamente; dopo l'intervento di Be-


rardi nessuno ha pi detto una parola. Le persone uscivano dall'aula in assolu-
to silenzio.

6. E gi la quarta volta in una settimana che arriva in ritardo.

7. Oggi venendo a scuola ho visto due ragazzi del primo corso fumare.
8. L'insegnante di tecnica ha davvero un bel rapporto con i suoi ragazzi.

9. Ho constatato che lei fa di tutto per evitarmi.

10. Ad ogni appuntamento lei trova un motivo per rimandare. passato un


mese da quando le ho detto che avrei dovuto parlarle. Mi chiedo se abbia
qualche difficolt a venire da me.
24

Allegato n. 3

Comunicazione descrittiva
(Scala di valutazione)

+ 2: I fenomeni osservabili sono descritti nei loro aspetti e nelle loro quali-
t processuali.

+ 1: Una buona parte dei fenomeni sono descritti nei loro aspetti e nelle
loro qualit processuali; solo pochi aspetti vengono valutati ed interpretati.

0: Alcuni fenomeni sono descritti negli aspetti osservabili e altri sono va-
lutati o interpretati.

- 1: Una buona parte dei fenomeni sono valutati ed intepretati; solo pochi
fenomeni sono descritti nelle loro qualit processuali osservabili.

- 2: I fenomeni sono presentati gi interpretati e valutati.


25

Allegato n. 4

Comunicazione descrittiva
(Risposte corrette)

1. Andrea ha interrotto Luca quando cercava di parlare delle sue difficolt


con quel nuovo alunno. + 1

2. Marco un ragazzo molto sincero. -2

3. Quell'insegnante non capisce mai ci che gli dico. -2

4. Quel ragazzo rude e senza tatto. -2

5. La riunione si conclusa bruscamente: dopo l'intervento di Be-


rardi nessuno ha pi detto una parola. Le persone uscivano dall'aula in assoluto
silenzio. + 1

6. E gi la quarta volta in una settimana che arriva in ritardo. + 1

7. Oggi venendo a scuola ho visto due ragazzi del primo corso fumare. +
2

8. L'insegnante di tecnica ha davvero un bel rapporto con i suoi ragazzi. -2

9. Ho constatato che lei fa di tutto per evitarmi. -2

10. Ad ogni appuntamento lei trova un motivo per rimandare. passato


un mese da quando le ho detto che avrei dovuto parlarle. Mi chiedo se abbia
qualche difficolt a venire da me. 0/+ 1
26

Allegato n. 5

Comunicazione rappresentativa
(Frasi da valutare)

1. Chiudi la bocca. Non dire un'altra parola!

2. Quello che hai appena detto mi ha veramente disturbato!

3. Cosa hai da guardarmi cos? Non vedi che sto cercando di lavorare?

4. stata una terribile giornata di lavoro!

5. Sei una persona con la quale si lavora davvero bene.

6. Se le cose non migliorano qui, cercher un nuovo lavoro.

7. Quel corso di informatica un disastro: non mi insegnano niente.

8. Mi sento incapace di fare bene qualunque cosa.

9. Per me molto importante finire questo lavoro. Preferirei che non mi


interrompessi cos spesso.

10. Mi sento proprio a mio agio a lavorare qui.


27

Allegato n. 6

Comunicazione rappresentativa
(Scala di valutazione)

+ 2: Comunicazione diretta dei propri sentimenti con l'indicazione del loro


indice referenziale.

+ 1: Comunicazione diretta dei propri sentimenti in modo generico senza


indice referenziale.

0: Comunicazione di idee, opinioni, domande informative, ecc.

-1: Espressioni generiche ed impersonali.

-2: Forme direttive di comunicazione: interpretazioni, valutazioni, do-


mande accusatorie, accuse, ordini.
28

Allegato n. 7

Comunicazione rappresentativa
(Risposte corrette)

1. Chiudi la bocca. Non dire un'altra parola! -2

2. Quello che hai appena detto mi ha veramente disturbato. + 2

3. Cosa hai da guardarmi cos? Non vedi che sto cercando di lavorare? -2

4. stata una terribile giornata di lavoro. -1/0

5. Sei una persona con la quale si lavora davvero bene. -2

6. Se le cose non migliorano qui cercher un nuovo lavoro. 0/ + 1

7. Quel corso di informatica un disastro: non mi insegnano niente. -2

8. Mi sento incapace di fare bene qualunque cosa. + 2

9. Per me molto importante finire questo lavoro. Preferirei che non mi


interrompessi cos spesso. + 2

10. Mi sento proprio a mio agio a lavorare qui. + 2


29

Allegato n. 8

Comunicazione rappresentativa
(Iniziazione comportamentale)

1. Torno a casa e mi accorgo che mio figlio ha messo in ordine la sua


stanza. Sono contento e gli dico:

2. Un mio amico mi ha fatto leggere una poesia che ha composto. Per e-


sprimergli la mia ammirazione gli dico:

3. Il mio partner mi porta un regalo di molto superiore alle nostre attuali


possibilit economiche e gli dico:

4. Chiedo al mio partner di apparecchiare la tavola, ma lui continua a leg-


gere il giornale; gli dico:

5. Sono venuti gli amici del mio partner. Egli li ha intrattenuti senza farmi
partecipare. Mi sono sentita esclusa; rimasti soli, gli dico:

6. Il mio partner desidera che andiamo a far visita ai suoi genitori. A me non
va per niente; gli dico:

7. Mi accorgo che mia sorella lascia spesso la luce accesa nella sala da pranzo;
le dico:

8. Vorrei andare al cinema, ma ho paura che il mio partner non voglia ve-
nire; gli dico:

9. Durante una discussione Gianni ha parlato troppo; mi sono infastidito e


gli dico:

10. Il suopartner ha<dimenticato < di farmi gliauguri per il<mio onomasti-


co; gli dico:
30

Allegato n. 9

Comunicazione di feedback
(Frasi da valutare)

- Quando parli con me vuoi avere sempre ragione.


- Oggi mi hai proprio stancato con il tuo muso.
- Quando ti rivolgi a me in questo modo mi dai l'impressione di essere un
vero amico.
- Quando arrivi in ritardo mi sento poco importante per te e questo mi fa
rabbia.
- Secondo te io sono un tipo timido?
- Desidererei proprio sapere cosa ti fa andare in bestia di ci che ti ho
detto!
- Che ne pensi del mio modo di animare il gruppo? - Perch non mi parli
di te?
- Quando per lungo tempo mi parli di cose superficiali mi sento trascurato
e desidererei sapere se c' un motivo.
- Mi scoccio quando fai cos; non potresti fare diversamente?
- E la quinta volta che ti parlo e non rispondi; io mi sento male e mi
chiedo se ti proprio difficile rispondermi.
- ... Non sono cose che ti riguardano.
- ... Perch sono un tipo che non sopporta le ingiustizie.
- ... vero, ho un carattere difficile.
- ... No, non sono arrabbiato, ma mi ero un po' preoccupato.
31

Allegato n. 10

Parametri per un feedback efficace

Dare

Mantenere una forma comunicativa di non direttivit. Escludere l'uso


di valutazioni, accuse, ecc.

Riportare i fenomeni osservati in modo descrittivo.

* Responsabilizzarsi in prima persona delle proprie esperienze.

Il feedback deve essere attuale.

Non lasciare che trascorra troppo tempo dal momento in cui il com-
portamento dell'altro si manifesta; essere attuali.

Formulare gli appelli come desideri.

Ricevere

Dire con precisione su che cosa lo si vuole ricevere.

Verificare ci che si ascolta.

Scambiare con gli altri le proprie reazioni al feedback.

Non difendersi subito.


32

Allegato n. 11

Imparare a comunicare in modo diretto

1. Durante una riunione un collega ha parlato troppo; io sono infastidito e


gli dico:

2. Una mia collega ha dimenticato di portarmi un materiale che le ho


chiesto da tempo. Un po' dispiaciuto le dico:

3. Un collega si lamenta con te di un altro collega. Preferisci non entrare


nel discorso e dici:

4. Finalmente dopo lungo tempo un tuo collega torna a scuola. Per esprime-
re la tua gioia dici:

5. Durante un compito in classe alcuni alunni cercano di copiare. Un po'


urtata dici loro:

6. Sei preoccupato per motivi di famiglia e non riesci a concentrarti sul la-
voro. Parlando con un collega dici:

7. Un alunno ti accusa di non essere imparziale nel tuo comportamento.


Stupita gli rispondi:

8. Il tuo superiore ti parla di un nuovo progetto che ti coinvolge. Sei gi


molto occupato e non ti senti di partecipare. Gli dici:
33

Allegato n. 12

Ascolto attivo
(Frasi da valutare)

1. "Mi indispettisco tanto con me stesso quando ho paura di fare qual-


cosa e mi tiro indietro. cos stupido aver paura della gente, eppure ho
paura e questo mi trattiene dal fare le cose pi semplici".

Contenuto

Autorivelazione

Relazione

Appello

2. "Ho telefonato ai miei genitori ieri sera e ho detto loro che anda-
to male l'esame. Mi hanno risposto che non erano sorpresi. Fingono di
preoccuparsi molto per me, ma sembra che non abbiano fiducia nelle
mie capacit di riuscire negli studi universitari".

Contenuto

Autorivelazione

Relazione

Appello

3. "Mi sembra inutile continuare la riunione; nessuno interessato e


questo clima di disimpegno sconfortante".

Contenuto
34

Autorivelazione

Relazione

Appello

4. "Non posso proprio partecipare al prossimo incontro, ho molti impegni


e non riesco pi a stare con i miei figli. So che anche l'incontro importan-
te, ma io non ne posso pi".

Contenuto

Autorivelazione

Relazione

Appello

5. "Dimostri di essere senza riguardi e insensibile venendo sempre a casa


tardi per cena".

Contenuto

Autorivelazione

Relazione

Appello

6. "Mia sorella non mi considera; come se non esistessi per lei".

Contenuto

Autorivelazione

Relazione

Appello
35

7. "Sono proprio irritato con me stesso: ero stanco ed ho perso le staffe


con Giorgio senza motivo, ora me ne dispiace molto e non so come scusar-
mi".

Contenuto

Autorivelazione

Relazione

Appello

8. "Da una parte amo profondamente il mio lavoro, dall'altra penso con
terrore alle ore che devo trascorrere in classe. Il mio comportamento insicuro
e vacilla da un estremo all'altro: di fronte ai ragazzi agisco o in modo autori-
tario o in modo estremamente antiautoritario, il che non va bene in entrambi i
casi. Non so come trovare il giusto equilibrio".

Contenuto

Autorivelazion

Relazione

Appello

Allegato n. 13
36

Allegato n. 13

Riformulazione
(Frasi da riformulare)

1. "Sono ormai tre mesi che sono in questa classe, ma non conosco veramente
nessuno. Cerco di essere gentile con i compagni, ma loro non mi considerano.
Credo che in me ci sia qualcosa che non va".

2. "Ho gi detto alla mia famiglia che io non posso competere con gli al-
tri studenti che non sono ciechi; non posso mettermi al pari loro con questo
handicap. Ho detto loro che naturale essere pi indietro e conseguire ri-
sultati inferiori rispetto agli altri".

3. "Sono certo che per farsi rispettare bisogna essere duri. I compagni ti dan-
no ascolto solo se sei pi forte".

4. "Guardi, abbiamo cos tante stupide regole in questa scuola!


Sta diventando un vero inferno per me. Per quanto posso vedere questo
posto davvero terribile".

5. "Mi sembra di non andare d'accordo con i miei genitori. Mi dicono in


continuazione che cosa devo fare. A volte mi sento talmente arrabbiato che
vorrei picchiarli, ma poi non lo faccio perch servirebbe solo a rendere peg-
giore la situazione".
37

Seconda Unit

Comunicazione empatica:
facilitare l'autoesplorazione

Scopo didattico

Questa seconda unit finalizzata al raggiungimento dei seguenti obiettivi:


- familiarizzare i trainee con il concetto di vissuto esperienziale;
- sensibilizzarli all'importanza che quest'ultimo assume nel comportamento
individuale;
- far loro acquisire le conoscenze teoriche e le competenze operative ne-
cessarie per concretizzare l'atteggiamento empatico nel rapporto terapeutico.

Motivazione

L'incremento della capacit empatica offre ai trainee la possibilit di co-


gliere in che modo le persone che vivono un disagio psichico vedono e speri-
mentano il loro mondo e di comprendere le difficolt che esse incontrano nel
risolvere i problemi.
L'incremento di tale capacit aiuta, inoltre, i trainee a riconoscere quale
condizione prioritaria della terapia l'instaurarsi di una significativa relazione
interpersonale entro la quale il cliente possa sentirsi rispettato, accettato, ac-
colto e fiducioso rispetto al superamento delle sue difficolt.
Il potenziamento della capacit empatica consente, infine, ai trainee di rap-
portarsi ai clienti con maggiore congruenza, dando loro la possibilit di gestire
meglio le iniziali difficolt che normalmente si incontrano a causa di una
ancora insufficiente preparazione terapeutica.

Riflessioni critiche

Sebbene la realizzazione dell'atteggiamento empatico non richieda molte


conoscenze teoriche ed esperienze pratiche di consulenza teapeutica, i trai-
nee possono, comunque, incontrare in essa alcune difficolt.
La prima legata alla convinzione che il consulente debba svolgere un ruo-
lo attivo-direttivo nella soluzione dei problemi del cliente (per es. che debba
diagnosticare le cause del problema, interpretare il significato delle mani-
38

festazioni sintomatologiche, ecc.), per cui l'atteggiamento empatico potreb-


be essere considerato una modalit troppo blanda per affrontare le difficolt
che questi prospetta.
Cos, l'impressione di non svolgere il ruolo di esperti o di non sentirsi abba-
stanza efficaci nel portare aiuto, pu ostacolare nei trainee l'apprendimento
della comunicazione empatica.
In secondo luogo, c' il rischio che nel realizzare l'atteggiamento empatico
i trainee entrino in contatto con situazioni relazionali evocate dall'interazio-
ne e si difendano da esse mettendo in atto interventi direttivi.
Per questo si richiede ai trainer di selezionare le situazioni da sottoporre
ai trainee (per es. proporre colloqui con persone che dispongono di una
buona funzionalit psichica) e di offrire loro un costante supporto di super-
visione.

Realizzazione

Tenendo conto degli obiettivi precedentemente menzionati, l'unit arti-


colata didatticamente in due parti.
Una prima parte, essenzialmente teorica, concernente: a) la psicologia
del vissuto esperienziale e la natura dell'empatia, b) la funzione e c) la rile-
venza dell'atteggiamento empatico.
Una seconda parte, operativa, volta all'acquisizione e al potenziamento
delle competenze in oggetto.

I Parte

La comprensione empatica
del vissuto esperienziale

a) Vissuto esperienziale e comportamento individuale

Le ricerche sul comportamento individuale sono concordi nell'affermare


che il modo di relazionarsi al mondo condizionato da come si speri-
menta il proprio vissuto (Murphy, 1957; Snygg-Combs, 1949; Rogers, 1951;
Lecky, 1986; Thomae, 1988).
Con tale costrutto si intende far riferimento - in accordo con la psicologia
ad orientamento fenomenologico (Thomae, 1988; Rogers, 1951) - a tutte le e-
sperienze del S ed al loro correlato oggettivo che incidono sul comporta-
39

mento attuale di un individuo. Si tratta di un sistema complesso che integra


sottosistemi cognitivi, emozionali ed operativi tra loro interagenti.
Secondo le scuole terapeutiche di ispirazione fenomenologico-
esistenziale (per es. Terapia della Gestalt, CCT), compito essenziale nella
relazione di aiuto facilitare il cliente nel prendere contatto con il proprio
mondo e nell'assumersi la responsabilit delle proprie esperienze. Sono queste
ultime, siano esse consce o inconsce, a costituire l'oggetto della comunica-
zione terapeutica, prevalentemente quelle in cui dominano gli stati emoziona-
li.
Poich esula da questa trattazione presentare le diverse interpretazioni cir-
ca la natura degli stati emozionali (1), focaliTriamo la nostra attenzione uni-
camente sulla loro funzione nell'espressione del comportamento individuale.
Per Zajonc (1980) le emozioni indicano da che cosa le persone sono "colpite
o toccate" nel loro relazionarsi al mondo; per Leventhal (1982) esse forni-
scono informazioni sullo stato attuale dell'individuo; per Wundt (1905) danno
la consapevolezza della propria esistenza; per Fiehler (1990, 45) costituisco-
no una presa di posizione valutativa(2) rispetto al proprio mondo. In partico-
lare, quest'ultimo Autore osserva che gli stati emozionali non sono sempli-
cemente il frutto di processi cognitivi, ma scaturiscono dall'intera totalit in-
dividuale quando "la persona si trova ad essere in un certo modo verso
qualcosa" (per es. qualcosa le piace, qualcosa la infastidisce, ecc.); inoltre,
la presa di posizione o la valutazione dell'emozione personale, coinvolge
colui che ne portatore, pertanto va distinta da una valutazione a-
personale e oggettiva.
Nella relazione di aiuto si richiede al terapeuta di cogliere in modo differen-
ziato il vissuto esperienziale attuale del cliente, affinch questi possa pi fa-
cilmente esplorare come vive e sperimenta il proprio rapportarsi al mondo,
anzich parlare della realt in modo generale e secondo categorie oggetti-
ve. Tale autoesplorazione consente al cliente di avvicinarsi a quegli aspetti
della sua vita che, al momento attuale, sono significativi o costituiscono una
gestalt aperta e di sperimentare la rilevanza della sua esistenza.
Centrandosi sul proprio vissuto attuale, secondo il principio del 'qui ed
ora', il cliente prende contatto con il proprio mondo, se ne sente autore ed
facilitato nel divenire pi creativo e responsabile.

b) Atteggiamento empatico

L'atteggiamento empatico si colloca prevalentemente a livello sensitivo-


emotivo ed in funzione dell'autoesplorazione del cliente, autoesplorazione
che non concepita come una conoscenza razionale dei propri vissuti inte-
riori, ma piuttosto come un'esperienza emotiva o valutativa da parte del
40

cliente stesso.
Non si tratta tanto di "capire", di "ragionare" sulle proprie esperienze,
quanto, invece, di "provarle", di "sentirle", di "viverle" assumendole come
personali ed appartenenti alla propria esistenza.
Nella relazione di aiuto il terapeuta facilita l'autoesplorazione del
cliente soprattutto tramite la verbalizzazione, che implica: la percezione
accurata degli stati emozionali da questi sperimentati, la loro compren-
sione in riferimento al contesto in cui si verificano, la loro riformula-
zione verbale in modo semplice e chiaro (Tausch, 1973, 79).
La verbalizzazione richiede, quindi, al terapeuta sia una capacit em-
patica sia un'abilit interazionale comunicativa nel rispecchiare con vivi-
dezza e concretezza il vissuto esperienziale del cliente. Sono queste due
competenze a rendere operativo l'atteggiamento empatico.
Nella parte che segue le trattiamo separatamente, al fine di rendere pi a-
gevole la loro comprensione.

ba) Empatia: natura e interpretazioni (3)

Secondo Basch (1983, 101) la parola empatia cos densa di signi-


ficato che molti ne trascurano il carattere ambiguo.
Pi specificatamente l'Autore (1983, 102) afferma: "Il termine empatia
significa alcune volte una cosa, alcune volte un'altra e fino ad ora non
significa niente".
Le difficolt connesse all'interpretazione dell'empatia risultano evidenti
quando si esaminano alcuni termini usati per descriverla, quali: imitazione, ro-
le-taking, identificazione, simpatia, ecc. (Bastik, 1982).
Riflettendo sulle diverse interpretazioni date dell'empatia, si pu con-
cludere che all'origine di tanta diversificazione c' innan7,itutto la discus-
sione sulla visione di essa come stato o come processo e sulle funzioni
psichiche che vi sottostanno.
Un altro fattore di disaccordo riguarda i tentativi di operazionalizzare
il comportamento empatico. In quest'ultimo caso, l'empatia usata
essenzialmente come un processo comunicativo (nel senso di percepire e
verbalizzare il comunicato dell'altro) che dipende dall'abilt espressiva del
consulente, per cui le questioni riguardanti il tipo di funzioni psichiche che
sostengono l'atteggiamento empatico, nonch le domande relative alla
necessit o meno di sperimentare in prima persona gli stati emozionali
percepiti dall'altro, pur non essendo aspetti trascurati, risultano di secondo
ordine in quanto sono le competenze comunicative coinvolte nel
comportamento empatico ad essere considerate prioritarie.
Ci soffermiamo, in primo luogo, sulla questione riguardante la media-
41

zione del comportamento empatico, che riteniamo il fattore maggiormen-


te responsabile delle divergenze circa l'interpretazione della natura del-
l'empatia.
A tale proposito necessario esaminare l'attuale dibattito circa la
classificazione dell'empatia, considerata dai diversi autori come uno stato
esperienziale, un processo cognitivo, un processo interazionale tra funzioni
cognitive ed emozionali, una competenza comunicativa interazionale.

baa) Empatia in funzione dello stato esperienziale

Gli studiosi che interpretano l'empatia in fiunzione dello stato espe-


rienziale definiscono questo comportamento, fondamentalmente, come
una reazione emozionale, ossia come un immedesimarsi nello stato
emozionale dell'altro fino a sperimentarlo come proprio. Ci costituisce
la "conditio sine qua non" della comprensione empatica e le funzioni per-
cettive o cognitive rivestono solo un ruolo secondario. Questo modo di
definire l'empatia si ritrova in primo luogo tra gli autori che la interpre-
tano come simpatia.
Cos McDugall (1908) parla della reazione simpatica immediata
("immediate sympathic response") per indicare l'esperienza degli stati
emozionali di un altro; Lipps (1909) e Titchener (1910) parlano di "Ein-
fiihlung", ossia di una imitazione istintiva che produce esperienze emo-
zionali simili tra un lo ed un Altro, tra una persona ed un'altra.
Un'ulteriore interpretazione dell'empatia come reazione emozionale si
pu constatare nell'ambito della psicoanalisi, dove viene, per, intesa nel
senso della identificazione o partecipazione propria dell'inconscio auto-
matico.
Cos Fecniche (1945) parla dellempatia come di unba<momentanea i-
dentificazione con lo stato di un'altra persona. Greenson (1960) la conside-
ra come partecipazione o condivisione degli stati emozionali di un altro.
Clark (1980) la percepisce come sperimentazione degli stati emozionali altrui
(ad es. gioia, preoccupazioni, aspirazioni) come se fossero propri. Sulla stessa
linea si pongono le interpretazioni di Feshbach-Feshbach (1969) e Stontland-
Dunn (1968), i quali parlano dell'empatia come di un adeguamento (ma-
tching of feelings) ai sentimenti di un altro.
Schafer (1959), infine, intende l'empatia, non come la semplice momentanea
riuscita a partecipare alle emozioni di un'altra persona, ma come una vera e
propria abilit di aderire al suo stato affettivo.
Mentre gli Autori fin qui citati tendono a sottolineare nell'empatia l'impor-
tanza della equivalenza emozionale intesa come reazione istintiva e come i-
dentificazione e partecipazione inconscia, altri autori parlano di partecipa-
42

zione riflessiva allo stato emozionale altrui, mettendo in luce piuttosto il


ruolo dei processi secondari.
A tale riguardo Rogers (1957), Ehmann (1971) e Kalisch (1973) affermano
che il consulente, per reali77are l'atteggiamento empatico, deve rappresentar-
si lo stato emozionale dell'altro rimanendone tuttavia separato.
Riassumendo, possiamo dire che l'elemento comune a tutte le in-
terpretazioni suddette il fatto di concepire il comportamento empatico in
funzione dello stato emozionale, comportamento che si concretizza attra-
verso la sperimentazione o l'immaginazione dello stato esperienziale del-
l'altro. Esistono, invece, delle divergenze sui processi che sottostanno
all'empatia. Alcuni parlano, infatti, di processi istintivi (Lipps, 1909),
altri di processi inconsci di identificazione (Greenson, 1960), altri ancora di
reazione emozionale vicaria nell'osservare la comunicazione di un altro, altri,
infine (Rogers, 1957), di partecipazione riflessiva allo stato affettivo dell'al-
tro.

bab) Empatia come comprensione cognitiva

All'interpretazione dell'empatia in funzione dello stato esperienziale, si


contrappone la visione di coloro che la considerano come un
processo nel quale un interlocutore assume o si rappresenta mental-
mente il ruolo o il mondo soggettivo dell'altro.
In questa prospettiva, l'empatia consiste piuttosto in una compren-
sione cognitiva del mondo soggettivo esperienziale dell'altro.
Questa interpretazione dell'empatia, come comprensione cognitiva, si rileva
innanzittutto nel campo della psicologia evolutiva.
Per Piaget (1966) il bambino incapace, inizialmente, di distinguere tra s e il
mondo circostante. Acquista la capacit di discriminare le sue esperienze da
quelle degli altri via via con l'et. Questa esperienza costituisce, per Piaget
(1966), un comportamento empatico che deve essere concepito come co-
gnizione sociale, in quanto consente una comprensione pi differenziata del
mondo sociale stesso.
La visione dell'empatia come comprensione cognitiva si trova, inoltre, negli
studiosi che condividono la teoria dell'interazionismo simbolico circa l'in-
terpretazione della percezione e della comunicazione interpersonale.
Per costoro (Schreiber, 1977) l'empatia consiste essenzialmente nell'abili-
t dell'interlocutore di mettersi nel ruolo dell'altro, cos da vedere il mondo
dal suo punto di vista senza per dover, necessariamente, sperimentare i suoi
stati emozionali.
Ci quanto Mead (1934) ha denominato come "role-taking". Secondo
questo Autore (1934, 299), la comprensione empatica si attua quando uno si
43

rappresenta, in modo immaginativo (role-taking), l'atteggiamento dell'altro


verso determinati aspetti del mondo.
Quanto pi un individuo ha sviluppato questa capacit, tanto pi in
grado di discriminare la comunicazione nell'interagire con l'altro.
La comprensione empatica come "role-taking" appare ancora pi chiara-
mente in Coutu (1951, 180), che la descrive come "un processo in cui una
persona accetta di essere momentaneamente l'altra persona, proiettandosi nel
suo campo percettivo e ponendosi, immaginativamente, nel suo stesso posto;
ci rende possibile il raggiungimento dell'insight sul comportamento dell'al-
tro in relazione ad una data situazione".
Questo modo di intendere l'empatia comune a Borke (1971), che la interpre-
ta come l'adozione del ruolo sociale di un altro.
Riassumendo, circa la visione dell'empatia come comprensione co-
gnitiva, possiamo dire che essa , fondamentalmente, sostenuta da processi
mentali. Pertanto, la forma migliore per comprendere il mondo dell'altro
consiste nell'assumerne il ruolo per quanto riguarda il pensare, il sentire e
l'agire. In questo caso, la sperimentazione e l'immedesimazione nei senti-
menti dell'altro, come se fossero i propri, non si rende necessaria. In tal sen-
so, l'empatia vista, fondamentalmente, in funzione della comprensione co-
gnitiva dell'interlocutore.

bac) Comprensione empatica come processo cognitivo-affettivo

Per molti Autori la discussione relativa al fatto se l'empatia consista nel


vivere lo stato esperienziale di un altro realmente o in modo immagi-
nativo o se consista, invece, nell'assunzione, attraverso processi mentali,
delle prospettive o del ruolo con cui l'interlocutore percepisce la realt, del
tutto priva di senso.
Secondo Deutsch-Madle (1975, 272), infatti, il comportamento empatico
appare piuttosto come il risultato sia di processi mentali che emozionali,
pertanto, attribuirlo soltanto ad un tipo di funzioni psichiche significa limitar-
ne notevolmente la complessit.
Questo modo di vedere l'empatia trova conferma in una ricerca di
Feshbach-Roe (1968) sull'importanza della somiglianza come fattore facili-
tante il comportamento empatico.
Questi Autori (1968) giungono alla conclusione che errato limitare tale
comportamento alla sola comprensione sociale, in quanto esiste una correla-
zione significativa tra lo sperimentare lo stato emozionale dell'altro e la com-
prensione empatica stessa.
Hoffman (1977), nella sua ricerca sul variare del comportamento
empatico a seconda del sesso, rileva che, data una maggior reazione affettiva
44

vicaria, le persone di sesso femminile mostrano un comportamento empatico


pi elevato di quelle di sesso maschile. Da tale ricerca emerge che, sebbene
i processi cognitivi, attraverso i quali percepiamo la visione del mondo
dell'altro, non siano da sottovalutare, lo stato emozionale risultante dalla
reazione affettiva vicaria nell'osservare il comportamento altrui, appare,
comunque, come un fatore fondamentale.
In sintesi, nel terzo modo di interpretare l'empatia, sia le funzioni cogni-
tive che quelle affettive contribuiscono a realizzare il comportamento empa-
tico. Rimane, tuttavia, aperta la questione sul carattere interazionale di que-
ste due categorie di funzioni. Infatti non ancora chiaro se nella compren-
sione empatica precedono le funzioni cognitive o quelle affettive e in che
modo vada ponderato il loro influsso nell'interdipendenza reciproca.

bad) Empatia come processo interazionale

Nella consulenza psicologica, soprattutto in quella orientata sui principi


della Terapia Centrata sul Cliente, si cerca, da tempo, di operazionalizzare
il comportamento empatico. Questo obiettivo pu essere raggiunto se si os-
serva il comportamento empatico in atto da un punto di vista fenomenologi-
co, per poi elaborarne, in forma di semplici unit descrittive, le unit pro-
cessuali che lo rendono attuabile. Questo modo di procedere rispecchia una
visione dell'empatia come processo comunicativo interazionale, visione che
si trova nell'ultima trattazione sistematica di Rogers (1975).
Nella sua reinterpretazione dell'empatia, Rogers (1975) vede quest'ultima
non tanto come "state empathy" - concezione espressa nella pubblicazione del
1957 -, ma piuttosto come un processo comunicativo che consiste nel seguire
e nell'accompagnare le esperienze dello altro mentre questi si autoesplora.
Analoga visione si trova in Truax-Carkhuff (1967), i quali vedono
l'empatia come un processo interazionale in cui fa figura "l'esperiencing .
Secondo questi Autori (1967, 285), nella realizzazione del comportamento
empatico, non prevale tanto la capacit di vedere e sperimentare il mondo
soggettivo esperienziale dell'altro come se fosse il proprio, quanto, invece,
quella di seguire il flusso delle esperienze dell'altro in comunicazione,
verbalizzandole momento per momento.
Cos intesa l'empatia si rapporta al processo di comunicazione e la conside-
razione sul modo in cui colui che attua il comportamento empatico partecipa
o sperimenta lo stato emozionale dell'altro assume un ruolo secondario.
Anche nella Terapia della Gestalt (Perls et al., 1971) si riconosce l'impor-
tanza della comprensione empatica del mondo esperienziale dell'altro. Per
Perls (1980) l'empatia realizzabile soltanto se il terapeuta in grado di se-
guire la "relational awareness", cio se sensibile a cogliere le gestalt che
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momento per momento emergono nella totalit (interazione tra persona-


ambiente) relazionale del cliente, favorendone in quest'ultimo la consapevo-
lezza. In questo caso l'empatia sostenuta da processi percettivi e da inter-
venti comunicativi (ad es. far notare discrepanze tra la comunicazione verbale
e non verbale, confrontare con nuovi modi di agire, invitare a stare in con-
tatto con certe esperienze).
Nell'interpretazione dell'empatia come processo comunicativo Truax-
Carkhuff (1967) tengono a porre l'accento sul suo carattere operazionale,
considerandola in riferimento alle tecniche che permettono di seguire le e-
sperienze dell'altro in comunicazione.
Questo modo di descrivere l'empatia tralascia lo studio sul tipo di
funzioni psichiche che la sostengono, tuttavia offre molti suggerimenti tecnici
per la sua realizzazione. Inoltre, attraverso la descrizione operazionalistica
dell'empatia come variabile misurabile diventa possibile verificare quali effet-
ti essa produca nella comunicazione. Questi vantaggi, comunque, possono
facilmente andare a sfavore della concreta esperienza emozionale dello stato
affettivo dell'altro, condizione, quest'ultima, fondamentale per la realizzazio-
ne del comportamento empatico (Schuster, 1979, 71).
Riassumendo, circa l'interpretazione dell'empatia in riferimento al tipo di
funzioni che la mediano, possiamo concludere che, dal punto di vista diacroni-
co, questa stata interpretata inizialmente come una percezione intuitiva-
diretta in funzione dello stato emozionale corrispondente, realmente o rap-
presentativamente, allo stato affettivo dell'altro. Questo modo di vedere l'em-
patia si ritrova principalmente nel campo della consulenza ad orientamento
analitico.
Successivamente, sotto l'influsso delle teorie cognitive sullo sviluppo
mentale e delle teorie sull'interazionismo simbolico, l'empatia viene
interpretata come comprensione cognitiva e l'accento posto non sullo
stato emozionale sperimentato ma sul processo mentale. Attraverso questo
modo d'intendere l'empatia possibile conoscere le funzioni cognitive
percettivo-funzionali per rappresentarsi il mondo soggettivo
esperienziale dell'altro, riguardo le sue intenzioni, percezioni e modi
di agire; tuttavia tralasciato il chiarimento su come la percezione del mondo
soggettivo esperienziale dell'altro influisca sullo stato emozionale
dell'interlocutore.
Nell'attuale periodo di ricerca si tende ad interpretare l'empatia come il
risultato dell'interazione tra funzioni cognitive ed affettive. In questa prospet-
tiva, si prende atto che l'empatia in funzione sia dello stato emotivo che
della rappresentazione del mondo dell'altro.
Rimane aperta, per, la questione sul carattere interazionale di queste due
categorie di funzioni e sul loro rispettivo peso nel realizzare il comportamen-
to empatico.
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Secondo questa tendenza, che tende a vedere l'empatia come un processo


cognitivo-emozionale, sono da includere anche i tentativi dei ricercatori di
descrivere il comportamento empatico come variabile misurabile allo scopo
di verificarne gli eventuali effetti nel rapporto di consulenza.
Al di l delle differenze esistenti, in tutte le interpretazioni dell'empatia
prese in esame presente il tentativo di risolvere la dicotomia della relazio-
ne soggetto-oggetto (Schuster, 1979, 73).
Le differenze interpretative sono, in ultima analisi, da attribuirsi alle con-
vinzioni circa il modo migliore per "unirsi" all'altro pur restandone separato,
riuscendo al contempo ad essere in contatto e a controllare le sue espe-
rienze. In questo senso, possiamo concordare
con Schuster (1979, 73) che la soluzione della dicotomia soggetto-oggetto
costituisce la base dell'empatia.

bb) Comunicazione empatica

La comunicazione empatica richiede, per la sua realizzazione, che il tera-


peuta bba) sappia predisporsi ad essa; bbb) sappia discriminare in modo
analitico e differenziato i singoli aspetti emozionali presenti nei messaggi
del cliente; bbc) sappia cogliere l'interdipendenza strutturale degli aspetti
emozionali identificati, per poi rifletterli a sua volta.

bba) Predisporsi alla comunicazione empatica

Per l'attuazione del processo percettivo dell'empatia necessario in-


nanzitutto che il terapeuta disponga di alcune condizioni che gli consen-
tono di centrarsi pi facilmente sulla comunicazione del cliente. Tali con-
dizioni fanno riferimento alla capacit di controllare le gestalt aperte e
all'attenzione non strutturata (Villard-Whipple, 1975, 43).
Per quanto concerne il controllo delle gestalt aperte, va osservato che
se il terapeuta essenzialmente preso da problemi personali e vive e-
sperienze disturbanti nei confronti del cliente, sar portato a centrarsi
soprattutto su se stesso e ad interagire distrattamente e con poca partecipa-
zione. Per questo importante che, prima di iniziare il rapporto con il
cliente, il terapeuta chiuda o metta temporaneamente tra parentesi le
proprie gestalt, cos da poter essere totalmente disponibile all'incontro.
Per quanto riguarda l'attenzione non strutturata, essa fa riferimento al-
la capacit del terapeuta di porsi con apertura, libert e disponibilit nei
confronti della comunicazione del cliente. Ci non si verifica quando il
terapeuta si forma un'idea del cliente e alla luce di essa valuta le comuni-
47

cazioni e i dati interazionali. In tal caso la sua attenzione selettiva lo porta


a rilevare come significativi solo alcuni aspetti della comunicazione del
cliente, impedendogli di collocare adeguatamente quest'ultima nell'inte-
ra struttura interazionale. Ne derivano una maggiore direttivit da parte
del terapeuta e difficolt nell'autoesplorazione da parte del cliente.
La differenza tra attenzione selettiva e attenzione non strutturata e-
videnziata con chiarezza in un brano di Hesse (1975, 145s), in cui l'Au-
tore si sofferma sugli atteggiamenti del cercare e del trovare: "Quando
qualcuno cerca - rispose Siddharta - allora accade facilmente che il suo
occhio perda la capacit di veder ogni altra cosa fuori di quella che
cerca e che egli non riesca a trovare nulla, non possa assorbire nulla in
s perch pensa unicamente a ci che cerca, perch ha uno scopo, per-
ch posseduto dal suo scopo. Cercare significa: avere uno scopo. Ma
trovare significa: essere libero, restare aperto, non avere scopo".

bbb) Identificare e discriminare i singoli aspetti emozionali nella co-


municazione

Il controllo delle gestalt aperte e l'attenzione non strutturata costi-


tuiscono le condizioni necessarie per l'attuazione di una percezione em-
patica.
Tuttavia, perch questa si reali77i appieno occorre che il terapeuta
colga il mondo esperienziale del cliente nel suo vero significato, essendo
"dentro" ed al contempo "fuori" dei vissuti che questi sperimenta, cos
da non esserne sommerso.

Partendo dal presupposto che l'esperienza o l'emozione (E) costi-


tuiscono una presa di posizione valutativa: se specificata come propria
(S), se a-specifica (A), cio non specificata come propria, dell'intensit
(I) e della dinamica (D) di una persona (P) rispetto a qualcosa (O),
presa di posizione assunta in base ad alcuni criteri (dati di fatto, aspet-
tative, interessi) (B), possibile inferire gli aspetti da focalizzare nella
tematizzazione delle esperienze del cliente.
Secondo Fiehler (1990) tale tematizzazione dovrebbe tener conto dei
seguenti parametri:
1) Soggetto portatore dell'esperienza (Io sono molto contento) (P); 2)
Tipo di esperienza: specificata (Sono triste) (S), non specificata
(Mi dai sui nervi) (A);
3) Intensit dell'esperienza (Sono molto arrabbiato) (I);
4) Dinamica dell'esperienza (Il mio malessere aumenta di giorno in
giorno) (D);
48

5) Oggetto o punto di riferimento dell'esperienza (La tua presenza


mi rende felice) (O);
6) Criteri in base ai quali valutare l'esperienza (Sono molto contento
del tuo regalo: ne avevo proprio bisogno per il mio lavoro) (B).

Ad essi possono aggiungersene altri quattro, utili per un'ulteriore


specificazione (Fiehler, 1990, 129):
7) Motivo/causa dell'esperienza (Il successo nel lavoro mi aiuta a sop-
portarne la fatica) (M);
8) Localizzazione dell'esperienza nel corpo (Sento pulsare la gioia nel
cuore) (Lc);
9) Manifestazioni somato-fisiologiche dell'esperienza (Mi sento molto
teso e rigido) (Mf);
10) Conseguenze dell'esperienza (La rabbia mi fa perdere la testa) (C).

Particolarmente delicata, nonch complessa nella discriminazione dei


singoli aspetti emozionali, l'identificazione della loro qualit e intensi-
t.
Per questo opportuno soffermarci brevemente su di essa.
L'identificazione della qualit risponde alla domanda "Che tipo di
emozione prova il cliente?". A questo riguardo pu essere utile la classi-
ficazione di Traxel (1968, 256). L'Autore utilizza due dimensioni ortogo-
nali: piacevole/spiacevole, dominanza/sottomissione, che intersecandosi
danno origine a quattro quadranti (cf. tab. 1).
La dimensione piacevole/spiacevole fa riferimento al grado di deside-
rabilit dell'emozione, la dimensione dominanza/sottomissione al grado
di controllo che il cliente ha su di essa.
Cos, se il cliente dicesse: "Mi rincresce disturbarti", la sua emozione,
"rincrescimento", andrebbe a collocarsi nel quadrante I, in quanto essa
spiacevole ed frutto di un'azione che sotto il suo controllo.
Se, invece, dicesse: "Sono contento di aver deciso di festeggiare il mio
compleanno", la sua emozione, "contentezza", andrebbe a collocarsi nel
quadrante 11, in quanto essa desiderabile e scaturisce da una decisione
personale.
Se, ancora, il cliente dicesse: "Mi sento impotente di fronte alla mia ansia",
la sua emozione, "impotenza", andrebbe a collocarsi nel quadrante III, in
quanto oltre ad essere spiacevole sfugge al suo controllo.
Se, infine, il cliente dicesse: "Non riesco a frenare il mio entusiasmo quando
la vedo", la sua emozione, "entusiasmo", andrebbe a collocarsi nel quadrante
IV, in quanto piacevole, ma non autogestita.
La classificazione suggerita da Traxel (1968) pu essere inizialmente di
aiuto al trainee per un primo orientamento nella lettura degli stati emo-
49

zionali del cliente, alla quale dovr seguire l'identificazione della loro in-
tensit. Questa necessita di essere attuata con accuratezza, onde evitare di-
storsioni.

Tab. 1 - Schema delle qualit emozionali secondo Traxel (1968, 256)

Prendiamo, ad esempio, la frase "Mi sento leggermente depresso". Se il


terapeuta rispondesse: 'Ti senti un po' depresso", il suo intervento coglie-
rebbe l'intensit e il contenuto dell'emozione, ma, limitandosi ad una sempli-
ce eco, potrebbe risultare irritante per il cliente.
Se, ancora, il terapeuta dicesse: "Ti senti schiacciato dalle difficolt",
il suo intervento manterrebbe il contenuto di fondo di tipo depressivo,
ma l'intensit esagerata non lo renderebbe corrispondente al vissuto del
cliente.
Se, ancora, il terapeuta dicesse: 'Ti senti un po' incapace di far fron-
te alle difficolt", il suo intervento, pur sullo stesso livello d'intensit
dell'emozione espressa, distorcerebbe il contenuto, lasciando il cliente
con l'esperienza di non essere stato compreso.
Se, poi, il terapeuta dicesse: "Sei molto adirato con te stesso", si a-
50

vrebbe una forte alterazione sia dell'intensit che della qualit- del-
l'emozione manifestata dal cliente.
La verbalizzazione ottimale potrebbe essere: "Ti senti gi di tono". Ta-
le intervento, infatti, non una semplice eco e coglie le sfumature dell'e-
mozione provata dal cliente, aiutandolo a discriminare meglio il suo stato
d'animo ancora indifferenziato.
L'identificazione degli stati emozionali nella loro qualit e intensit ri-
chiede una costante attenzione alla comunicazione verbale e non verbale,
rispettando il principio del qui ed ora secondo il quale sono le esperienze
che il cliente vive nel momento in cui comunica ad essere oggetto della
verbalizzazione.

bbc) Cogliere l'interdipendenza stnutturale dei singoli aspetti emozionali


Affinch il terapeuta possa attuare un'accurata verbalizzazione si ri-
chiede, come ultimo passo, che sappia comprendere l'interdipendenza
strutturale dei diversi aspetti emozionali precedentemente analizzati.
A tale riguardo pu risultare utile lo schema di Fiehler (1990, 46), op-
portunamente modificato. Si tratta di uno schema che pu aiutare il tera-
peuta a ricostruire il significato che determinate esperienze rivestono per
il cliente, facilitandone la verbalizzazione.
In esso l'emozione risulta da una presa di posizione valutativa che il
cliente attua nei confronti di una persona, situazione, fatto, ecc. (X) sulla
base di alcuni parametri (Y) che trovano o non trovano corrispondenza (Z) e
che ha un'intensit (I).
51

La comprensione dello schema di Fiehler resa pi agevole con un esempio.


Supponiamo che il cliente dica:

"Sono molto deluso che non mi abbia telefonato per il mio compleanno"
L'emozione "delusione". Essa, di intensit elevata (I), fa riferimento al-
l'azione di un'altra persona (X), valutata sulla base di un'aspettativa e di
un desiderio (Y), che non trovano corrispondenza (Z).
Nello schema, quindi, X sta a rappresentare l'indice referenziale dell'emo-
zione, la quale sar di segno positivo se il criterio Y trova corrispondenza, di
segno negativo se, al contrario, tale corrispondenza non si riscontra. L'intensi-
t varier a seconda dei casi.

Fin qui abbiamo esaminato le condizioni (controllo delle gestalt, atten-


zione non strutturata) e le competenze (saper discriminare i
singoli aspetti emozionali, saper individuare la loro interdipendenza strut-
turale) che si richiedono al terapeuta per attuare una comunicazione empati-
ca.
Vediamo ora di precisare le modalit verbali tramite le quali essa deve
trovare espressione.
Nel riflettere gli stati emozionali del cliente il terapeuta dispone di tre mo-
dalit. Si hanno, cos, una verbalizzazione per sinonimia, per antinomia,
per optativo.
Nella verbalizzazione per sinonimia il terapeuta usa un termine sinonimo
del contenuto emotivo espresso dal cliente.
Ad esempio, se il cliente dicesse: "Non mi sento molto apprezzato da mia
moglie", il terapeuta potrebbe rispondere: "Sente di non essere abbastanza sti-
mato da lei". E' chiaro che la sinonimia non pu essere meramente semanti-
ca, deve essere soprattutto una sinonimia del significato emotivo della comu-
nicazione. Grazie all'uso della verbalizzazione per sinonimia il cliente pu
procedere nell'autoesplorazione in quanto sente di essere seguito passo pas-
so; inoltre si evita il rischio di interventi forti, interpretativi, ansiogeni.
Nella verbalizzazione per antinomia il terapeuta esprime lo stato emo-
zionale opposto a quello comunicatogli dal cliente. Cos, se il cliente dices-
se: "Sono scontento del lavoro", il terapeuta potrebbe rispondere: "Il suo la-
voro non la soddisfa". In questo modo si allarga la percezione emotiva del
cliente, che viene a prendere contatto non pi soltanto con la sua sconten-
tezza, ma con la mancanza di soddisfazione. La verbalizzazione per antino-
mia pu essere molto indicata per stimolare l'autoesplorazione del cliente, dal
momento che amplia il suo campo percettivo. Inoltre, permette di non rin-
forzare stati emozionali negativi, quali ad esempio la depressione, dal mo-
mento che ad essere espresso lo stato emozionale antinomico. Ha, per,
l'inconveniente che, se non ben formulata, pu essere vissuta dal cliente
52

come una non piena comprensione da parte del terapeuta. Per questo op-
portuno introdurla quando si gi creata una buona piattaforma comunica-
tiva.
Nella verbalizzazione per optativo il terapeuta non comunica lo stato
emozionale sperimentato dal cliente, ma quello desiderato. Cos, se il
cliente dicesse: "Mi sento disorientato e confuso", il terapeuta potrebbe
verbalizzare: "Desidererebbe vedere pi chiaro nella sua situazione". In tal
caso, il cliente viene ad essere informato dello stato d'animo implicito
presente in lui. L'efficacia della verbalizzazione per optativo sta nel fatto
che essa stimola le energie proattive del cliente, in quanto facilita il contatto
con lo stato d'animo desiderato. Tuttavia, al pari della verbalizzazione per
antinomia, ha l'inconveniente di poter essere vissuta dal cliente come una
minimiz7azione delle sue difficolt. Per questo pu essere utile farla
precedere da una verbalizzazione per sinonimia.
Nel corso del colloquio opportuno che il terapeuta ricorra a tutte e tre le
modalit indicate. Ci rende pi dinamica l'interazione ed evita il rischio di
stereotipia.

Prima di concludere l'argomento relativo alla verbalizzazione, riteniamo


utile dare alcuni suggerimenti pratici per la sua attuazione:

Verbalizzare gli stati emozionali rilevanti.


importante che il terapeuta verbalizzi, possibilmente, tutte le espe-
rienze emozionali rilevanti comunicategli dal cliente. In questo modo si evita
il rischio della selettivit, che porta a cogliere alcune esperienze e a trascu-
rarne altre. Nel verbalizzare selettivamente il terapeuta sceglie, secondo il
suo punto di vista soggettivo, le esperienze del cliente che sono degne di es-
sere espresse e in questa scelta corre il pericolo di proiettare il suo mondo
personale, senza entrare in rapporto con le esperienze del cliente. Inoltre,
la selettivit compromette l'atteggiamento emozionale positivo del terapeuta
verso tutto ci che il cliente esprime. Per questo la verbalizzazione do-
vrebbe possibilmente seguire ogni espressione importante del cliente, dan-
do a quest'ultimo la possibilit di andare avanti nella sua autoesplorazione.
Succede, infatti, che un contenuto emozionale non verbalizzato dal tera-
peuta venga proposto di nuovo dal cliente in colloqui successivi o in altri
momenti dello stesso colloquio. Ad esempio, se il cliente dicesse: "Mi assal-
gono gli stessi problemi, un'ossessione continua ... Come difficile andare
avanti cos", trasmetterebbe quattro informazioni: che in uno stato di ten-
sione (ossessione); che la causa del suo tormento o tensione sono gli stessi
problemi; che la tensione continua; che non ce la fa ad andare avanti in
questo modo. Se il terapeuta rispondesse: "Lei tormentato dagli stessi pro-
blemi" realizzerebbe una verbalizzazione inadeguata, in quanto coglierebbe
53

solo due aspetti del messaggio, dimenticando la continuit del tormento e lo


stato di frustrazione ( difficile andare avanti cos) del cliente.
Viceversa, se dicesse: "Lei tormentato continuamente dalle stesse diffi-
colt e sente di non poter continuare cos" coglierebbe tutte le esperienze
emotive fondamentali: lo stato di tensione (lei tormentato); il fatto che sia-
no gli stessi problemi a tormentarlo (stesse difficolt); la continuit del tor-
mento (continuamente); la frustrazione (sente di non poter continuare cos).
In questa verbalizzazione i problemi sono esterni al cliente. Un "si tor-
menta" al posto di " tormentato" sarebbe teoricamente pi corretto, ma que-
sta scelta legata al grado di autoesplorazione di cui il cliente capace.

Verbalizzare in modo conciso.


Il terapeuta dovrebbe esprimersi nel modo pi conciso possibile. Una ver-
balizzazione lunga risulta poco incisiva e dinamica, ostacola il fluire dell'e-
sperienza emozionale che il cliente va facendo, con il rischio che questi non
riesca a comprendere i molti contenuti trasmessi. Ad esempio, la verbalizza-
zione precedente "Lei tormentato continuamente dalle stesse difficolt, sen-
te di non poter continuare cos" pu essere resa pi concisa e dinamica di-
cendo: "Non sopporta pi questo continuo tormento". Sebbene non includa
tutte le informazioni (per es. che sono gli stessi problemi a causare le diffi-
colt del cliente), tale verbalizzazione coglie comunque le principali (la
frustrazione: non sopporta pi; lo stato di tensione: tormento; la continuit
del tormento: tormento continuo), risultando pi vivace e dinamica.

Verbalizzare in modo concreto.


Un'altra caratteristica importante di una buona verbalizzazione la sua
concretezza. Per questo si richiede al terapeuta di prendere in
considerazione le specifiche esperienze del cliente fino a tradurle in modo
"palpabile", incoraggiando cos il cliente stesso ad essere concreto a sua volta
e a discriminare le sue specifiche esperienze emotive. In questo senso sono di
grande aiuto le verbalizzazioni molto concrete e ricche di immagini. Al
contrario, le verbalizzazioni astratte rimangono spesso incomprese e
portano il cliente a parlare in modo generico, fino ad allontanarlo dalla sua
esperienza attraverso un processo di razionalizzazione. Cos, se il cliente
dicesse: "Io sono sfortunato nell'amicizia" e il terapeuta replicasse: "Non
trovi gli amici che desideri", lo aiuterebbe, con tale intervento, ad esporre
pi concretamente il suo problema e a non smarrirsi in discussioni
sull'amicizia in generale.

Verbalizzare i sentimenti attuali.


Oggetto della verbalizzazione sono gli stati emozionali attuali: che cosa
sperimenta esattamente il cliente nel qui ed ora. Il passato e il futuro sono
54

certamente importanti, ma non in quanto tali, bens per il significato emo-


zionale che rivestono nell'esperienza attuale del cliente.
Il compito di verbalizzare gli stati emotivi presenti spesso reso difficile
dal fatto che il cliente portato a fare discorsi sul passato, cercando le
possibili cause delle sue presenti difficolt. Il terapeuta abile avr sempre
cura di verbalizzare al presente, ricercando il significato attuale dell'espe-
rienza passata.
Ad esempio, se il cliente esprimesse una serie di recriminazioni nei con-
fronti dei genitori (mancanza di affetto, sfiducia nella vita, severit, ecc.),
pensando che gli attuali stati d'animo depressivi dipendano da una relazione
sbagliata con loro, il terapeuta potrebbe scegliere di verbalizzare nel modo
seguente: "Sentendoti circondato dalla sfiducia dei genitori pensavi di non
valere molto, anche la vita non aveva molto significato per te; da questo fatto
derivano le tue attuali difficolt".
Cos facendo, per, correrebbe il rischio di offrire una giustificazione al
cliente, che spingerebbe quest'ultimo alla ricerca della causa condizionante,
allontanandolo progressivamente dalla sua attuale esperienza. Al contrario,
se il terapeuta dicesse: "Sei indignato con i tuoi genitori, che senti come re-
sponsabili del tuo sentirti infelice", coglierebbe i sentimenti che attualmente
il cliente prova pensando al suo passato, esplicitandoli in forma incisiva e
chiara.

In questa cominicazione il terapeuta non offre nessuna giustificazione allo


stato emozionale del cliente, ma lo orienta ad autoesplorarsi non tanto ri-
cercando cause esterne alla sua esperienza, ma esaminando sempre pi il suo
mondo attuale.

Verbalizzare con esattezza.


E' importante che la verbalizzazione sia molto accurata, senza esagerazioni
n in senso ottimistico, n in senso pessimistico, perch solo in questo modo
il cliente pu sentire di essere stato compreso dal terapeuta. Quando una
tale precisione non possibile la comunicazione pu essere introdotta o pu
terminare nei seguenti modi: "Se ho capito bene", "E' cos?", ecc. Ad esem-
pio, se il cliente dicesse: "Non sono sicuro di poter riprendere i miei studi"
e il terapeuta replicasse: "Sei abbastanza fiducioso di poter ricominciare", il
suo intervento peccherebbe in senso ottimistico. Viceversa, se dicesse: "Dubi-
ti molto di essere in grado di ricominciare", il suo intervento peccherebbe in
senso pessimistico. In tal caso una comunicazione del tipo 'Ti domandi: potr
rimettermi a studiare? E' cos?", pur non essendo perfetta, fa capire lo sforzo
del terapeuta di comprendere la comunicazione del cliente nel significato che
essa ha per lui.
55

Richiedere precisazioni.
Nel caso in cui il terapeuta non abbia capito bene il cliente oppure questi
passi troppo facilmente da uno stato emozionale all'altro, opportuno in-
tervenire: ci in quanto molto importante che il cliente si senta seguito co-
stantemente con interesse e comprensione dal terapeuta. Ad esempio, di
fronte ad una comunicazione non chiara del cliente, il terapeuta potrebbe di-
re: "Non sono sicuro di aver capito bene quanto lei mi ha detto. Vorrebbe ri-
formularlo meglio, cos che sia pi chiaro a tutti e due?".

Curare la comunicazione non verbale.


Oltre che tramite la verbalizzazione, il terapeuta comunica la sua
comprensione empatica del mondo personale del cliente anche attraverso
espressioni quasi-verbali o non verbali. Cos, dopo una comunicazione del
cliente, se il terapeuta vuol lasciarlo proseguire nella sua autoesplorazione
senza disturbarlo, sufficiente che faccia sentire la sua presenza con dei
semplici "mhm" o "si", facendo cenno con la testa o con un contatto di sguardo
o sporgendosi leggermente in avanti con la parte superiore del corpo. I modi
di presenza sono tanti, l'essenziale usarli per far sentire al cliente la propria
vicinanza nell'esperienza che questi sta vivendo.
Una discrepanza tra la comunicazione verbale e quella non verbale indica
che il terapeuta non autentico nella sua relazione e ci pu generare rifiu-
to nel cliente.
Anche la verbalizzazione, a sua volta, deve tener presenti non solo le di-
chiarazioni verbali del cliente, ma anche le sue comunicazioni non verbali:
espressione del viso, posizione del corpo, cadenza della voce, ecc. Ad esem-
pio, se il cliente dicesse, con le mani e la voce tremanti, "Sono contento di
poter parlare con lei ... penso di potermi capire meglio". Il terapeuta si trove-
rebbe di fronte ad un sentimento ambivalente, di cui solo un aspetto viene
comunicato.
Qualora la situazione concreta lo permettesse, il terapeuta potrebbe ver-
balizzare, con tono pacato e caldo, " felice dell'opportunit di potersi capire
di pi, ma nello stesso tempo teme questa stessa opportunit".
56

II Parte
Verbalizzazione degli stati emozionali

A) Lineamenti teorici

a) Identificare gli stati emozionali nei messaggi del cliente

Allo scopo di facilitare l'acquisizione di maggiori capacit nell'identifica-


zione degli stati emozionali necessario che i trainee si esercitino nel ri-
conoscerli all'interno della comunicazione terapeutica. A questo proposito
possono essere utili alcuni suggerimenti riportati da Hammond et al. (1977,
89s):
- Leggere attentament4e i messaggi del <cliente e <identificaq i
sentiomenti o le emozioni attuali presenti nella sua comunicazione. Per
esempio, se al messaggio del cliente "Mi arrabbiavo quando mio padre
mi puniva per un voto basso a scuola", il terapeuta replicasse "Ti adira il
fatto che tuo padre non perdesse mai l'occasione di punirti quando non
corrispondevi alle sue aspettative", non si avrebbe con tale intervento
un'accurata comprensione dello stato emozionale attuale. Quest'ultimo,
al contrario, sarebbe colto con precisione in un intervento del tipo "Ti
pesa tuttora il fatto che tuo padre ti punisse quando non corrispondevi
alle sue aspettative". Esso, infatti, riflette gli stati emozionali che il
cliente prova nel momento in cui ricorda alcuni episodi passati;
- porsi le seguenti domande: "Che cosa sente o sperimenta la persona
nel comunicarmi questo messaggio?" e "Che cosa sentirei io se mi trovas-
si nella sua stessa situazione?";
- avere presente lo schema sugli aspetti emozionali;
- considerare sia gli stati emozionali espressi in modo esplicito (per es.
"Sono contento") sia quelli espressi in modo indiretto (per es. "Non mi
va di collaborare con il mio collega"). Questi ultimi possono essere identi-
ficati soltanto attraverso la comprensione dell'intera situazione interna
del cliente;
- distinguere tra emozioni di superficie ed emozioni di fondo.

Gli stati emozionali di superficie sono quelli che il cliente verbalizza


esplicitamente o implicitamente nell'interazione con il terapeuta (per e-
sempio "Mi sento aggressivo nei confronti di ..."). Gli stati emozionali
di fondo sono quelli all'origine delle emozioni comunicate dal cliente. Co-
s, se dalla comunicazione del cliente risultasse che il sentirsi aggressivo
verso una determinata persona fosse una reazione al sentirsi maltrattato o
ferito da comportamenti di disconferma, il terapeuta potrebbe conclu-
57

dere che i sentimenti di aggressione (emozioni di superficie) costitui-


scono una reazione difensiva a sentimenti di rifiuto (emozioni di fondo) ori-
ginati dalla disconferma.
La comunicazione empatica risulterebbe poco efficace o addirittura
dannosa (per es. facendo sentire il cliente colpevole per avere senti-
menti di aggressione) se il terapeuta non portasse all'attenzione del clien-
te l'emozione di fondo.
L'identificazione di tali emozioni, tuttavia, costituisce spesso un pro-
blema per i trainee, ai quali si richiede di intuirle dal materiale implici-
to, facendo riferimento all'intero episodio esperienziale del cliente.

La prima esercitazione fa riferimento alla percezione dei sentimenti


presenti nella comunicazione del cliente; la seconda, invece, ha lo scopo
di facilitare la discriminazione tra sentimenti di superficie e sentimenti
di fondo.

B) Esercitazioni

a) Esercitazioni in aula

aa) Percezione degli stati emozionali Obiettivi:

- imparare ad individuare nelle situazioni presentate i diversi sentimen-


ti;
- sviluppare un ampio vocabolario per descrivere accuratamente le
emozioni.

Svolgimento: leggere le situazioni proposte e individuare i possibili


sentimenti presenti nella comunicazione del cliente, utilizz.ando la lista
della classificazione delle emozioni e il vocabolario.

Materiale
- situazioni (all. 1);
- lista della classificazione delle emozioni (cf. Colasanti-Mastroma
rino, 1991, 17).

ab) Verbalizzare gli stati emozionali

Obiettivo: l'identificazione degli stati emozionali nei messaggi del cliente


costituisce il primo passo che il terapeuta deve compiere per realizzare una
58

comunicazione empatica. A tale scopo necessario che egli riesca a


verbalizzare integralmente gli stati emozionali e a formularli in modo
che possano essere compresi dal suo partner in interazione.
Svolgimento: dopo aver letto la comunicazione di un cliente, formu-
lare per iscritto una risposta empatica che colga i sentimenti da lui
espressi. Al termine valutare la risposta data in base alla scala del-
l'empatia.

Materiale
- frasi da verbalizzare (all. 2); - scala dell'empatia (all 3).

b) Esercizi di approfondimento

Formare gruppi di 3/4 persone:

ba) Confrontarsi sulle seguenti letture:


- Franta-Salonia, 1990, 53-77;
- Colasanti-Mastromarino, 1991, 150-176;
- Scilligo, 1991, 150-176 (confrontarsi anche sugli esercizi);
- Gazda tr., 1990, 108-131 e 155-176 (confrontarsi anche sugli eser-
cizi).

bb) Eseguire i seguenti esercizi:


- addestramento alla percezione dei sentimenti (Gazda, 1990,
101107);
- esercitazione sull'iniziazione comportamentale ed esempi riportati
in Franta-Salonia (1990, 83);
- role-playing: una persona assume il ruolo del terapeuta, un'altra
quello del cliente realizzando un colloquio registrato di 20/25 minuti.
Si scambiano poi i ruoli.
Portare la registrazione all'incontro successivo

Note:
(l)
Cos, per esempio, Lazarus (1984, 41, cit. in Kemler, 34) inter-
preta le emozioni come modi esperienziali di tipo cognitivo-affettivo;
Schachter-Singer (1962) come mutamenti fisiologici; Arnold (1960a;
1960b) come 'action tendencies'.
(2)
Bowers et al. (1985, 516) affermano categoricamente: " Ogni sta-
to emozionale contiene una valutazione; non tutte le esperienze sono
segno di un'emozione, ma ogni emozione un'esperienza valutata".
(3)
Ringraziamo per questa parte la dott.ssa Ivana Gardi.
59

Allegato n.1

Percezione degli stati emozionali


(Situazioni)

C.: Ragazza, 20 anni: "Il mio ragazzo continua a ripetermi che sono troppo
aggressiva, che a volte sono anche maleducata; mi dice come dovrei compor-
tarmi e cosa dovrei dire. Sono stufa. Io ci provo ad andargli incontro, ma mi
sembra che lui non faccia niente per capire me".

Sentimenti presenti

C.: Ragazza, 25 anni: "Ci conosciamo da 10 anni ed successa sempre la


stessa cosa: io le parlo dei miei problemi, lei mi da il suo parere e mi aiuta a
capire meglio quello che mi sta succedendo. Ma quando lei a chiedere
aiuto a me... io resto sempre senza parole. Questo deprimente e mi fa sen-
tire incapace ed egoista".

Sentimenti presenti

C.: Uomo, 30 anni: "All'inizio ho fatto del mio meglio per cercare di
capire e aiutare mia moglie sapendo che aveva avuto un'infanzia
cos infelice... Ora per sono davvero stanco.
Avr grossi problemi, ma una persona intelligente: anche lei potrebbe
provare a comportarsi in modo maturo. Mi ha deluso profondamente; ora pro-
vo solo moltissima rabbia verso di lei".

Sentimenti presenti

C.: Ragazzo, 16 anni: "Finalmente ci sono riuscito! Ho parlato con i miei ge-
nitori da adulto. Ho detto loro quali erano le mie ragioni e come mi faccia
sentire il loro atteggiamento verso di me, invece di
continuare a protestare per il gusto di contraddirli. Abbiamo discusso e
siamo arrivati ad un compromesso che soddisfa tutti".

Sentimenti presenti

C.: Uomo, 40 anni: "Il mio lavoro mi piace moltissimo. Il problema che mi
60

piace 'troppo'. Mi ci dedico con tutto me stesso. A volte gli amici mi cerca-
no, mi chiedono di uscire... Mi farebbe piacere vederli, ma mi costa perch
incontrare loro significa immergermi in un ambiente totalmente diverso ri-
spetto al mio lavoro e questo comporta una spesa d'energia che non mi sento
di pagare... Ecco: tutte le mie energie le spendo per il lavoro; ho paura delle
conseguenze che tutto questo potr portarmi a lungo andare"

Sentimenti presenti

C.: Ragazza, 14 anni: "L'insegnamento mi ha sempre affascinato e gli in-


segnanti incapaci mi urtano terribilmente. A scuola ci vado volentieri: sto
bene con i compagni e mi interessano molto alcune materie. Per non stu-
dio, o meglio studio solo quelle materie che sono spiegate da insegnanti
in gamba... quelli che sanno stimolarti, che ti fanno capire l'utilit di quello
che fai e che si ricordano che sei una persona. Vorrei imparare a capire che
lo studio importante per me senza dare tanta importanza a quegli scemi
che mi fanno da 'insegnanti'."

Sentimenti presenti

C.: Ragazza, 20 anni: "La ragazza che lavora con me l'altro giorno mi ha
di nuovo assalito, accusandomi di una cosa che non avevo fatto. Le sue uscite
sono talmente assurde che mi viene da pensare di avere di fronte una squi-
librata. Mi fa una rabbia terribile quello che mi dice e non so come compor-
tarmi".

Sentimenti presenti

C.: Ragazza, 16 anni: "Non riesco a capire perch non posso parlare con mia
madre senza litigare e accusarci l'una con l'altra".

Sentimenti presenti

C.: Ragazzo, 20 anni: "Sto malissimo all'idea di dover presentare la mia rela-
zione al gruppo! Se non riesco neanche a pensare quando mi guardano come
faccio ad affrontarli parlando al microfono?".

Sentimenti presenti
61

C.: Studente straniero, 18 anni: "Mi trovo bene in Italia, ma spesso mi sento
solo. A volte ho l'impressione che gli altri cerchino di evitarmi; forse col-
pa mia, c' qualcosa che non va in me".

Sentimenti presenti
62

Allegato n.2

Verbalizzazione degli stati emozionali


(Frasi da verbalizzare)

C.: Ragazzo, 15 anni: "Sono terribilmente gi di morale... mi vedo brutto


e pieno di brufoli. Ieri ho chiesto a Maria di uscire con me e lei mi ha detto
di no. Ho preso un quattro in matematica... Come vede, tutto mi va storto...
e non so pi che cosa fare".

C.: Donna, 35 anni: "A casa c' sempre un gran disordine; con i bambini
difficile tenere le cose a posto. Io mi sforzo, ma non ci riesco e mio marito
spesso brontola... a volte mi viene voglia di piantare tutto".

C.: Uomo, 40 anni: "A volte mi arrabbio per niente, divento furioso, non
riesco a controllarmi. Questo mi mette in situazioni difficili... Dopo mi scuso,
ma ...".

C.: Ragazzo, 25 anni: "Non riesco a concentrarmi. Quando sto facendo


un lavoro penso sempre a mille cose e cos non combino niente... Non so quan-
do riuscir a laurearmi".

C.: Donna, 38 anni: "E' da un po' di tempo che Carlo, mio marito, stra-
no. Lo sento freddo e distaccato. Io ho cercato di farlo parlare, ma lui sta
zitto. Non era mai successo prima! Dice che lo stress, il lavoro, ma... non
potrebbe esserci un'altra donna di mezzo?".

C.: Ragazzo, 16 anni: "Ieri mi sono arrabbiato giocando a pallone con


dei compagni. Quando chiedo fallo loro dicono che non vero, per
loro per cose meno gravi hanno il diritto di averlo. Insomma loro hanno
sempre ragione".

C.: Donna, 50 anni: "Tutte le sere i miei vicini di casa accendono il te-
levisore tenendo il volume alto. Non oso lamentarmi perch temo le loro
reazioni; ho paura che per dispetto facciano peggio. D'altra parte cos
non si pu continuare".
63

C.: Ragazza, 22 anni: "Non so cosa mi succede... foro a poco tempo fa


studiavo bene, preparavo i miei lavori, davo i miei esami... strano, a-
desso mi risulta difficile perforo leggere un libro".

C.: Uomo, 48 anni: "Sono preoccupato perch non so cosa decidere:


mi hanno offerto un nuovo lavoro di maggiore responsabilit, ma non so
se ce la far. Dove sono adesso mi trovo bene ed il trattamento eco-
nomico buono, ma questa potrebbe essere l'occassione della mia vita".

C.: Donna, 50 anni: "Mia figlia fra un anno andr all'universit lontano
da casa, in un'altra nazione. Quando ci penso mi sembra che non sar
capace di sopportarne la lontananza".
64

Allegato n.3

SCALA DI EMPATIA

1) Il terapeuta ha indottrinato, valutato, raccomandato, ecc.

2) Il terapeuta ha verbalizzato contenuti esteriori espressi dal cliente


(+/- Parafrasi).

3) Il terapeuta ha verbalizzato stati emozionali periferici.

4) Il terapeuta ha verbalizzato una parte degli stati emozionali centrali


espressi.

5) Il terapeuta ha verbalizzato la maggior parte degli stati emozionali


espressi.

6) Il terapeuta ha verbalizzato tutti gli stati emozionali centrali e-


spressi.
65

Terza Unit

Competenze che facilitano il cliente


a comprendere e a comunicare le
proprie esperienze

La comunicazione empatica di tipo riflettente abilita i trainee a facilitare


l'autoesplorazione del cliente affinch questi prenda contatto in modo diffe-
renziato con il proprio vissuto esperienziale attuale.
Le tecniche proposte in questa unit, che definiamo di supporto e di
empatia avanzata, hanno, invece, lo scopo di aiutare il cliente ad
"andare oltre" nel dialogo terapeutico, a realizzare, cio, una comunicazione
pi intensa e una comprensione pi profonda del proprio vissuto.
Pertanto, mentre la tecnica dell'empatia di tipo riflettente prende in consi-
derazione il materiale verbale e non verbale del cliente, manifesto e conscio,
gli interventi di supporto e la tecnica della comunicazione empatica avanzata
svolgono una funzione additiva, facilitano, cio, il flusso dell'interazione,
stimolano e incoraggiano il cliente a prendere contatto con esperienze non
simbolizzate o simbolizzate parzialmente o in modo distorto e, infine, per-
mettono una comprensione pi ampia e differenziata del vissuto esperienzia-
le.

Obiettivi

- Apprendere competenze comunicative per la promozione del dialogo te-


rapeutico;
- imparare ad usare interventi che focalizzino ed esplorino maggiormente
gli aspetti contenutistici della comunicazione del cliente; - acquisire la co-
municazione empatica avanzata o interpretativa.

Motivazione

Gli interventi di supporto e la tecnica dell'empatia accurata costituiscono


un importante ampliamento del repertorio comunicativo e relazionale dei
trainee.
Gli interventi di supporto consentono loro di gestire pi agevolmente le
diverse situazioni interazionali che si possono creare nel rapporto terapeu-
66

tico e di svolgere pi compiutamente il ruolo di facilitatori, cio di par-


tners che comunicano attivamente nella situazione dialogale.

La tecnica dell'empatia avanzata permette di intervenire con maggiore ac-


curatezza e di evitare modalit di approccio inappropriate.
Spesso i trainee hanno una visione limitata, stereotipata, talvolta erronea,
dei disturbi psichici, per cui sono portati a vedere il lavoro terapeutico
essenzialmente come un interpretare le cause dei disturbi avvertiti dal clien-
te.

Addestrarsi alla comunicazione empatica avanzata consente loro di com-


prendere che c' un tempo e un modo per interpretare e che determinati
vissuti possono essere simbolizzati o coscientizzati solo in seguito ad un
lungo lavoro di autoesplorazione di cui il cliente deve sentirsi autore. Inter-
pretazioni avventate irrigidiscono le difese del cliente e ne bloccano l'espres-
sione.

Lavorare sull'empatia avanzata consente, quindi, ai trainee di destruttura-


re la loro teoria implicita della relazione di aiuto e di cominciare a cogliere
in che cosa consista effettivamente il loro compito terapeutico.

Riflessione critica

L'acquisizione delle competenze suddette pu comportare delle difficolt


per i trainee.
Per quanto concerne gli interventi di supporto, indirizzati a facilitare il
flusso della comunicazione, ci pu essere il rischio, nella loro utilizzaz.ione, di
portare la comunicazione ad un livello logico, enfatizzando gli aspetti di
contenuto rispetto a quelli esperienziali. Al contrario, essi dovrebbero resta-
re nell'ambito della comunicazione psicologica e ci richiede molta abilit
da parte dei trainee: per esempio, il saper discriminare quando determinati
contenuti sono un arricchimento alla comprensione del problema e quando
sono, invece, sintomo di un comportamento difensivo o, ancora, sapere
quando il momento di tornare a sottolineare il significato soggettivo di
uno specifico contenuto.
Inoltre, come diremo pi avanti, gli interventi di supporto possono devia-
re il flusso spontaneo della comunicazione del cliente, pertanto, importante
che il trainee gestisca adeguatamente i suoi interventi per non sconfinare
nella direttivit.
Relativamente all'acquisizione della comunicazione empatica additiva, le
difficolt sono legate soprattutto: al dover discriminare i diversi aspetti e-
67

sperienziali, consci e inconsci, presenti nella comunicazione del cliente; al-


l'intuire l'interdipendenza di tali aspetti con altri comportamenti o avveni-
menti emersi, pi o meno esplicitamente, negli incontri precedenti; al verba-
lizzare in modo costruttivo.

Realizzazione

Le competenze che facilitano il cliente nel proseguire l'autoesplorazione


e nel comprendere pi profondamente il proprio vissuto esperienziale saran-
no trattate in due parti, di cui una prevalentemente teorica, l'altra pratica. La
parte teorica fa riferimento sia agli in
terventi che facilitano e sostengono l'autoesplorazione del cliente, sia alla
comunicazione empatica avanzata.
68

I Parte
Interventi di supporto ed empatia avanzata

A) Interventi che facilitano e sostengono


l'autoesplorazione del cliente

Per molti clienti non risulta immediato, soprattutto nelle fasi iniziali del
lavoro, realizzare un'efficace comunicazione nella relazione di aiuto, per cui
spetta al terapeuta intervenire, di tanto in tanto, per aiutare loro a conti-
nuare l'autoesplorazione, approfondendone gli aspetti rilevanti.
Per questo necessario che egli disponga, oltre che delle competenze te-
rapeutiche specifiche, anche di un set di abilit comunicative, di tipo regola-
tivo e di supporto, volte a stimolare la partecipazione attiva del cliente. Pi
specificamente tali abilit hanno lo scopo di facilitare una comunicazione
dialogale che contribuisce a sostenere, estendere e qualificare gli interventi
strettamente terapeutici.
Le abilit del terapeuta in funzione della comunicazione dialogale, pos-
sono essere distinte in base alla loro funzione specifica. Abbiamo cos inter-
venti per:

a) stimolare l'avvio e il proseguimento dell'autoesplorazione;


b) comprendere pi chiaramente quanto il cliente ha espesso;
c) invitare il cliente a lavorare sui temi rilevanti;
d) focalzzare l'esplorazione su aspetti specifici;
e) rilevare aspetti non emersi;
f) riformulare pi differenziatamente la comunicazione del cliente;
g) confrontare il cliente con eventuali discrepanze o contraddizioni;
h) sintetizzare gli aspetti pi salienti emersi.

Tali interventi, sebbene facilitanti, dovrebbero, essere usati con cautela,


onde evitare l'interruzione del flusso spontaneo dell'autoesplorazione. In tal
senso opportuno ometterli ogni qualvolta il loro uso dovesse deviare il
cliente dalla direzione scelta per l'autoesplorazione.

a) Stimolare l'avvio e il proseguimento dell'autoesplorazione

Per il cliente spesso difficile regolare la comunicazione nella relazio-


ne di aiuto. Particolarmente nelle prime sedute terapeutiche si pongono
una serie di problemi, quali: quando iniziare a parlare, quale tema pro-
69

porre nell'incontro, quanto opportuno proseguire l'esplorazione su un


certo argomento, ecc.
Per aiutare il cliente a superare tali difficolt opportuno inviare dei
messaggi dai quali risulti possibile comprendere che: si pu cominciare
a comunicare, si liberi di proporre un argomento, che il terapeuta in-
teressato al proseguimento dell'autoesplorazione.
Gli interventi che il terapeuta pu mettere in atto per facilitare il
cliente a gestire tali difficolt che, soprattutto inizialmente, si possono
presentare, consistono in frasi brevi (Hepworth-Larsen, 1986, 129) e in
frasi enfatiche (Hackney-Cormier, 1979).
Le frasi brevi sono essenzialmente segnali dell'attenzione del tipo:
"Si", "Vedo", "Mm-mmm", " E?", "Ma?", oppure "E poi?". Il loro com-
plemento non verbale comprende cenni della testa, espressioni facciali e
gesti che comunicano recettivit e impegno nel comprendere.
Le frasi enfatiche consistono nel ripetere con tono di voce interrogati-
vo o con enfasi, una parola o una breve frase contenuta nel messaggio
del cliente. Per esempio, se un cliente dicesse: "Ho deciso di lasciare mia
moglie", il terapeuta potrebbe dire: "Deciso?", allo scopo di sollecitare
un'ulteriore elaborazione.

b) Comprendere pi chiaramente quanto il cliente ha espresso

Pu accadere, talvolta, che il cliente si esprima in modo vago, confuso


o incompleto. In questi casi opportuno non sostituire il non compreso
con le proprie fantasie, ma verificare i dubbi, sollecitando ulteriori in-
formazioni da parte del cliente.
Per aiutare quest'ultimo a presentare con maggiore chiarezza i contenuti
della sua comunicazione pu essere utile il ricorso alla chiarificazione
(Bramer, 1973, 85s; Cormier-Cormier, 1985, 92ss).
Si tratta di una domanda che viene utilizzata per lo pi dopo un mes-
saggio del cliente confuso, ambiguo o con un duplice significato.
La chiarificazione appropriata in tutti quei casi in cui non si si-
curi di aver compreso appieno il messaggio del cliente o in cui si ha bi-
sogno di ulteriori delucidazioni.
L'uso della chiarificazione evita il rischio di risposte inadeguate, pre-
mature, dovute ad un'interpretazione errata del messaggio del cliente
ed , generalmente, espressa con frasi del tipo: "Sta dicendo che...?",
"Potrebbe descrivere meglio quanto stava dicendo...?", "Pu chiarire ulte-
riormente il suo pensiero?".

Gli obiettivi nell'uso della chiarificazione sono essenzialmente due:


70

- rendere esplicito il messaggio del cliente approfondendolo nelle sue


parti ambigue o mancanti;
- confermare l'accuratezza della percezione del consulente circa il
messaggio espresso dal cliente.

La risposta di chiarificazione presuppone un processo mentale scom-


ponibile in quattro fasi che rispondono ai seguenti quesiti:
- Cosa ha detto il cliente, come lo ha detto?
- Ci sono parti vaghe o elementi mancanti nel messaggio del cliente?
- Con quali parole utile introdurre la mia richiesta di chiarifica
zione?
- A cosa devo prestare attenzione per verificare l'efficacia della mia richie-
sta?

c) Invitare il cliente a lavorare sui temi rilevanti

Nella comunicazione terapeutica importante che il cliente si senta


libero di esprimere le esperienze che vive al momento attuale come
rilevanti per lui. Soltanto cos egli pu sperimentare il colloquio come
realmente proficuo e raggiungere una maggiore chiarezza rispetto alla
propria situazione. D'altra parte pu succedere che all'inizio del
colloquio il cliente si trovi in difficolt nel comunicare oppure che, nel
corso dell'interazione, necessiti di qualche sollecitazione per proseguire.
Per questo si richiede al terapeuta di guidarlo tramite commenti
incoraggianti di tipo diretto e indiretto, affinch proceda nell'autoe-
splorazione. Tale azione di guida, da parte del terapeuta, mira al con-
seguimento dei seguenti obiettivi:
- stimolare il cliente ad approfondire i suoi sentimenti e ad elabo-
rare quelli precedentemente discussi;
- permettere al cliente di esplorare in varie direzioni e di rispondere
liberamente a quanto sta succedendo;
- incoraggiare il cliente ad essere attivo nel processo di autoesplo-
razione, mantenendo la responsabilit.

Come precedentemente espresso, il terapeuta pu aiutare il cliente


ad iniziare e a procedere verso una certa direzione usando una moda-
lit indiretta o una modalit diretta (Bramer, 1973, 87ss).

ca) Conduzione indiretta

L'obiettivo principale della conduzione indiretta consiste nello sti-


71

molare il cliente ad iniziare il colloquio lasciandogli la responsabilit


di continuare. Questa modalit viene spesso usata all'inizio di un col-
loquio con frasi del tipo: "Di cosa vuoi parlare oggi?"; 'Vuoi iniziare
col dire dove stai?''; "Vuoi dire il motivo per cui sei qui?". La stessa
modalita pu essere utilizzata anche in una fase pi avanzata del col-
loquio, per esempio con frasi del tipo: "Parla di pi su questo' ; "Stavi
dicendo (pausa)?"; "Cosa pensi che significhi?"; "Come ti sei sentito?";
"C' qualcos'altro di cui vuoi parlare?". L'indeterminatezza di questi
spunti permette al cliente di esprimere le proprie idee e la propria di-
rezione nel colloquio. A volte, anche fare una pausa o guardare il
cliente, come in attesa di qualcosa, serve da stimolo indiretto. In questi
casi il cliente coglie l'invito e racconta la sua storia o elabora quello
che ha detto. Questa modalit risulta incoraggiante per molti pazienti
perch sperimentano una maggiore responsabilit nella relazione; al-
tri, invece, la vivono come una minaccia o una seccatura poich spesso
si aspettano che il terapeuta sia il pi attivo e si dia pi da fare per par-
lare, dare consigli o fare domande. Alcune linee guida sono:
- determinare chiaramente lo scopo dell'intervento;
- mantenere la direzione generica e deliberatamente vaga;
- fare una pausa abbastanza lunga da permettere al cliente di co-
gliere lo stimolo.

cb) Conduzione diretta

Questo metodo permette di focaliz'are meglio un argomento e in-


coraggia il cliente ad elaborare, chiarificare o esemplificare quello che
sta dicendo. A volte comprende anche una richiesta esplicita, per e-
sempio: "Parla di pi su tua madre"; "Che ne diresti di esplorare di
pi le tue idee a proposito dell'insegnamento?"; " Cosa intendi dire
con 'spaventato'?''; "Puoi fare un esempio?".
Generalmente il cliente accetta la richiesta diretta, specialmente se
l'atteggiamento del terapeuta esprime interesse. L'effetto principale
pu essere l'aumento della sua consapevolezza e, pi tardi, una mag-
giore comprensione attraverso un'esplorazione pi elaborata dei suoi
sentimenti.
Alcune linee guida sono:
- determinare lo scopo dell'intervento;
- esprimere lo scopo con parole che elicitano una specifica elabo-
razione;
- lasciare al cliente la libert di seguire lo stimolo.
72

d) Focalizzare l'esplorazione su aspetti specifici

Nel corso dell'autoesplorazione possono presentarsi delle situazioni che il


terapeuta ritiene meritino di essere approfondite. In tal caso, senza
condizionare la direzione scelta dal cliente, pu essere opportuno
intervenire invitando quest'ultimo a soffermarsi ulteriormente su alcuni
aspetti specifici. Tale intervento del terapeuta noto come
"focalizzare". Esso pu risultare efficace anche quando il cliente
divaga apparentemente senza meta. Ad esempio, nelle fasi iniziali
frequente che i clienti passino da un argomento all'altro, a volte in
modo circolare, rischio questo che pu essere rinforzato dall'uso
esclusivo di una conduzione indiretta. Quest'ultima, incoraggiando il libero
fluire dei pensieri del cliente pu generare talvolta un girovagaare
sconfinante nella confusione. Un intervento di focalizzazione pu ri-
pristinare un certo ordine.
Alcuni esempi di interventi di focalizzazione sono: "Vuoi elaborare in mo-
do pi specifico questi tuoi sentimenti a proposito di tua madre?"; " Hai
parlato di vari argomenti finora, vuoi scegliere il pi importante per te e dire
di pi su quello?"; "Che parola sceglieresti per descrivere gli ultimi cinque
minuti di conversazione?"; "Abbiamo parlato scambiandoci parole ma non ho
colto dei sentimenti; vuoi dire qual il sentimento che stai sperimentando
adesso?"; "Quali erano i tuoi sentimenti quando abbiamo parlato?''; "Non par-
lare per un momento, chiudi gli occhi e fa contatto con quello che stai sen-
tendo...".
Un altro modo per focalizzare consiste nel prendere una parola o una bre-
ve frase dal discorso del cliente e ripeterla con un commento interrogativo o
con enfasi. Per esempio, dopo che il cliente ha parlato di quanto confusa la
sua relazione con il capo ufficio, il terapeuta pu dire: "Confusa?", l'effetto :
"Parla di pi". Anche utilizzare una sola parola pu essere efficace per far
continuare il cliente, per esempio: "E?", "Poi cosa..?", "Ma?".
L'effetto che ha la focalizzazione sul cliente una riduzione della confu-
sione, della vaghezza e della prolissit. Un altro risultato possibile consiste in
una verbalizzazione pi significativa e in un aumento di consapevolezza. Un
limite di questo tipo di intervento pu essere quello di avere un effetto control-
lante sul cliente, importante quindi esserne consapevoli.
Riassumendo, le linee guida per la focalizzazione sono:
- utilizzare i sentimenti di confusione e quello che sta dicendo il cliente
come guida per decidere quando focalizzare;
- stare attenti ai feedback provenienti dal cliente sulla priorit degli argo-
menti;
- aiutare il cliente a esprimere i sentimenti che possono essere nasco-
sti nella discussione.
73

e) Rilevare aspetti non emersi

Nell'esplorare un argomento accade spesso che il cliente, in quanto emo-


zionalmente coinvolto o confuso, ometta aspetti importanti o li
presenti in forma incompleta. In tal caso si richiede al terapeuta di in-
tervenire con una domanda.
Fare domande significa porre al cliente quesiti che lo stimolino ad
un'ulteriore elaborazione dei contenuti presentati e che gli consentano di ap-
profondire aree o aspetti rilevanti ai fini della comprensione del problema.
Le domande possono essere distinte, dal punto di vista formale, in aperte,
chiuse, indirette, proiettive (Cormier-Cormier, 1985).
Per evitare che esse siano vissute dal cliente come intrusive, con conse-
guente ritiro dall'interazione, opportuno porle con tatto, tenendo conto di
alcuni criteri riguardanti rispettivamente: le domande da evitare, il modo in
cui formularle, la scelta della loro successione.
Per quanto concerne le domande da evitare, ci riferiamo a quelle sugge-
stive, formulate con il perch, doppie e successive.
Relativamente al modo, importante che le domande siano chiare, acces-
sibili, rilevanti.
Per la successione, infine, consigliabile procedere, per la forma, dal ge-
nerale al particolare, facendo prima domande aperte e poi domande chiuse;
per il contenuto, dal piacevole allo spiacevole, ponendo prima quesiti che
implicano risposte di carattere positivo e in seguito quesiti che presumi-
bilmente implicano risposte a carattere negativo (Cormier-Cormier, 1985,
114s).

f) Riformulare pi differenziatamente la comunicazione del cliente

Un'ulteriore modalit per incoraggiare il procedere dell'esplorazione con-


siste nel rendere pi comprensibile al cliente la sua stessa comunicazione, resti-
tuendogliela in maniera pi differenziata e chiara. Tale intervento, noto co-
me parafrasare o riformulare, ha una duplice funzione: chiarificatrice, in
quanto ridefinisce, approfondisce ed esplora il contenuto della comunica-
zione del cliente, facilitando in quest'ultimo la comprensione cognitiva
delle proprie situazioni e problemi; di verifica, in quanto offre al tera-
peuta la garanzia di una recezione accurata del messaggio ricevuto.

La parafrasi pu essere realizzata secondo diverse modalit. Abbiamo, co-


s, una riformulazione sintetica, critica, delucidativa, figurasfondo, per sottoli-
neatura (Franta-Salonia, 1990).
74

g) Confrontare il cliente con eventuali discrepanze o contraddizioni

Nel corso dell'interazione possono esserci momenti in cui il cliente, per


salvaguardare la propria immagine, si comporti, pi o meno con sapevolmen-
te, in modo difensivo, mettendo in atto comunicazioni incongruenti. Quando
il terapeuta nota tali incongruenze e reputa opportuno farle presenti al
cliente, pu ricorrere al confronto.
Confrontare significa dare una risposta verbale in cui il terapeuta eviden-
zia discrepanze, conflitti e doppi messaggi che appaiono dai sentimenti, dai
pensieri e dalle azioni del cliente.
Il confronto ha due obiettivi essenziali:
- aiutare il cliente ad esplorare altri modi di percepire se stesso o una si-
tuazione, per far s che giunga, in ultima analisi, ad un diverso modo di agire e
di comportarsi;
- aiutare il cliente a divenire consapevole delle discrepanze o incongruenze
esistenti nell'ambito dei suoi pensieri, sentimenti ed azioni.

Esistono cinque possibili modalit di confronto: tra un comportamento


verbale e uno non verbale; tra un messaggio verbale e un'azione o compor-
tamento; tra due messaggi verbali; tra due messaggi non verbali; tra un mes-
saggio verbale e il contesto o la situazione (Egan, 1975, 156ss).

h) Sintetizzare gli aspetti pi salienti emersi

L'esplorazione, solitamente, non procede in modo lineare, in quanto il


cliente, nel prendere contatto con i propri vissuti, perde di vista o non coglie
con immediatezza l'interdipendenza di certe esperienze. Per questo si ri-
chiede al terapeuta di fare delle connessioni tra i
diversi aspetti emersi nel corso del colloquio o di pi colloqui, affinch
possano risultare pi chiari per il cliente i legami esistenti tra le sue
comunicazioni.
Tale intervento un'estensione delle risposte di parafrasi e di verbalizza-
zione e rappresenta una riformulazione sintetica sia di elementi cognitivi che
affettivi (Hepworth-Larsen, 1986, 146ss).
In particolare esso viene usato per:
- mettere in evidenza gli aspetti salienti emersi durante l'autoesplorazione,
prima di spostare l'attenzione su altre questioni;
- fare dei collegamenti tra vari aspetti significativi dopo una lunga comu-
nicazione del cliente;
- rifocalizzare i punti principali evidenziatisi nell'incontro per decidere i
compiti sui quali il cliente dovr lavorare prima della seduta successiva;
75

- ricapitolare gli aspetti messi in evidenza durante l'incontro precedente e


passare in rassegna i progressi fatti dal cliente. Ci allo scopo di fornire conti-
nuit e puntualizzazione tra un incontro e i successivi.
Nella parte che segue approfondiamo alcune modalit per mettere
in evidenza gli aspetti salienti del problema e per riassumere gli enunciati
prolissi.

ha) Mettere in evidenza gli aspetti salienti del problema

Durante gli incontri iniziali i problemi vengono esplorati ad un livello


moderato di profondit; per esempio, pu essere molto utile fermarsi di tan-
to in tanto per mettere insieme e sottolineare gli aspetti chiave segnalati.
Tale intervento aiuta il cliente a comprendere meglio come il problema sia
il risultato dell'interazione di vari fattori: pressioni esterne, modalit com-
portamentali evidenti, bisogni e desideri inappagati, pensieri e sentimenti na-
scosti, e gli consente di acquisire una prospettiva pi ampia e precisa di esso.
Utilizzato in questo modo il sintetizzare implica mettere insieme i vari
pezzi di un problema per farne risultare un tutto coerente. Poter guardare al
problema in una prospettiva nuova sicuramente di aiuto al cliente perch,
oltre ad aumentare la consapevolezza, pu addirittura generare
l'entusiasmo e la speranza di poter affrontare un problema che prima
poteva sembrare insormontabile.
La tecnica del sintetizzare gli aspetti salienti di un problema viene gene-
ralmente utilizzata quando il terapeuta ritiene che questi siano stati adegua-
tamente esplorati e il cliente appare soddisfatto per aver espresso le sue pre-
occupazioni.

L'esempio seguente pu risultare esplicativo:


La cliente, una donna di 38 anni casalinga, stata inviata al terapeuta
per una depressione persistente. Uno dei problemi emersi durante l'esplo-
razione riguarda la sua insoddisfazione e il suo scoraggiamento rispetto al
proprio matrimonio. Secondo la sua descrizione il marito una persona
autoritaria, critica e non attaccata a lei; di conseguenza si sente non amata,
non apprezzata e desiderosa di approvazione e affetto. Il terapeuta pu
mettere in evidenza gli aspetti salienti emersi dicendo:
"L'andamento del tuo matrimonio non ti soddisfa, vorresti che le cose
andassero diversamente. Da tuo marito vorresti pi di quanto stai rice-
vendo ora. Lo percepisci critico, severo e hai difficolt ad esprimergli i
tuoi bisogni e sentimenti. In parte temi che non possa capirti, in parte di
non riuscire a tenergli testa. Affrontare tutto ci significa fare i conti
con pensieri e sentimenti con i quali ti blocchi quando vuoi parlare pi
76

apertamente con tuo marito".

hb) Riassumere gli enunciati prolissi


Le comunicazioni dei clienti possono consistere in una parola, in una frase
e, a volte, in un confuso girovagare. Mentre il significato di una comunica-
zione breve pu essere facilmente identificabile, quello di una comunicazione
prolissa sfida il terapeuta a mettere insieme diversi elementi, spesso tanto
disparati e complessi. Sebbene risulti non facile collegare tra di loro gli e-
lementi di una lunga comunicazione, ci estremamente efficace, in quanto
mette in evidenza ed allarga il significato e la portata della comunicazione
stessa, rappresentando una forma di empatia aggiuntiva. Comunicazioni mol-
to lunghe generalmente includono emozioni, pensieri e descrizioni: im-
portante essere attenti al modo in cui questi aspetti si collegano al punto
focale del discorso. Analizziamo, ad esempio, la seguente comunicazione
di una ragazza di 16 anni, con un leggero danno cerebrale e socialmente i-
solata. Si tratta di una figlia unica molto dipendente dalla propria madre, la
quale si comporta in modo apertamente iperprotettivo, ma sottilmente rifiu-
tante:

"Mamma dice di volermi bene, ma ho difficolt a crederlo. Niente di


quello che faccio le piace e mi strilla quando rifiuto di lavarmi i capelli da
sola. Ma io non riesco a farlo bene senza il suo aiuto. 'Quando crescerai?'
dice. E se ne va a giocare a bowling con i suoi amici e mi lascia sola in
questa casa piena di scricchiolii. Lo sa quanto ho paura di rimanere da so-
la in casa. Ma lei dice 'Antonella non ti posso fare sempre da baby-
sitter, ho anche delle cose mie da fare. Perch non ti fai degli amici o
guardi la TV oppure suoni la chitarra? Devi smetterla di commiserarti
tutto il tempo'. Ti sembra una che mi vuole bene? Divento cos furiosa
quando lei urla ed tutto quello che posso fare per impedirmi di uccider-
la".

Nella precedente comunicazione sono racchiusi i seguenti elementi: - desi-


derio di essere amata dalla madre e contemporaneamente
sensazioni di insicurezza e rifiuto;
- si sente inadeguata di fronte ad alcuni compiti come lavarsi i capelli;
- si sente estremamente dipendente dalla madre per alcuni servizi eper la
compagnia;
- si sente spaventata quando la madre la lascia sola;
- si sente ferita e risentita (emerge in modo implicito) quando la madre la
critica o la lascia sola;
- sente molta rabbia quando la madre urla e vorrebbe picchiarla. Diamo
77

ora un esempio di risposta riassuntiva che mette insieme questi elementi:

"Hai sentimenti diversi verso tua madre e ti senti spinta in varie direzio-
ni. Vorresti che ti volesse bene, ma non ti senti amata e ti risenti quando ti
critica o ti lascia sola. Ti senti veramente bloccata in quanto dipendi da
lei cos tanto e a volte ti senti cos arrabbiata che vorresti picchiarla. Ti
piacerebbe avere una relazione migliore con lei".

Andando oltre i sentimenti di superficie, il terapeuta riassume i messaggi e


i bisogni impliciti, la cui esplorazione pu condurre sia ad una maggiore con-
sapevolezza, sia al contatto con sentimenti positivi, piuttosto che alle sole re-
criminazioni.
Capita, a volte, che il messaggio del cliente sia molto vasto e contenga
molti elementi non collegabili tra loro. In questi casi il terapeuta dovrebbe fo-
calizzare un aspetto del messaggio che sia rilevante per l'andamento della sedu-
ta.
Utilizzato in questo modo il riassumere fornisce al colloquio direzione e
focalizzazione ed evita il girovagare senza meta. Con i clienti che hanno pro-
cessi di pensiero allentati o che divagano per evitare di fare contatto con a-
spetti spiacevoli importante ogni tanto riassumere per focalizzare e per da-
re continuit alla comunicazione, altrimenti il colloquio rischia di essere
sconnesso e improduttivo.
Il riassumere presuppone un processo mentale di quattro fasi, che rispon-
dono ai seguenti quesiti:
- Che cosa il cliente mi ha raccontato e su cosa si soffermato oggi?
- Su quali aspetti tornato pi volte?
- Come posso sintetizzare i diversi elementi?
- Il cliente conferma o rifiuta il tema strutturato?

B) Comunicazione empatica avanzata o additiva a) Aspetti teorici

Un obiettivo primario della relazione di aiuto che il cliente giunga a


simbolizzare in maniera differenziata le esperienze consce e inconsce che
fanno riferimento ad un determinato problema posto come oggetto del lavoro
terapeutico.
Attraverso l'empatia di tipo riflettente, volta a rinviare al cliente gli stati
emozionali presenti nella sua comunicazione, sono messe in evidenza le e-
sperienze consce, mentre quelle non consapevoli, che non attirano la sua at-
tenzione, sono lasciate nello sfondo. L'empatia di tipo riflettente, sebbene
imprescindibile all'inizio del lavoro, risulta, pertanto, insufficiente per arri-
vare ad una piena simbolizzazione del vissuto soggettivo. Per questo si ri-
78

chiede una comunicazione terapeutica che, come affermano Hammond et


al. (1977, 138), stimoli il cliente a diventare consapevole di tutte le e-
sperienze rilevanti per il trattamento del suo problema, particolarmente
di quelle negate al conscio o simbolizzate solo parzialmente. Tali espe-
rienze, che riguardano stati emozionali, strutture difensive (di tipo percettivo,
cognitivo e comportamentale), intenzioni, possono giungere alla consapevo-
lezza tramite l'empatia accurata o l'interpretazione profonda ad un momento
successivo.

Circa la definizione dell'empatia accurata non esiste univocit n unifor-


mit di termini che la descrivano.
Spesso la si fa coincidere con l'interpretazione, altre volte la si distingue da essa. Cos Bergin (1966) e
Traux-Carkhuff (1967) la vedono come una comunicazione terapeutica pi profonda rispetto ad una
semplice verbalizzazione. Rogers (1966, 190s) come una tecnica che si pone al limite dello stato di
consapevolezza (awareness) e che porta le esperienze all'attenzione del cliente. Secondo Bramer-Shostrom
(1961, 313) pi corretto parlare di un continuum che, in relazione al grado di profondit del
materiale da verbalizzare, vede rappresentate tecniche interpretative e tecniche di chiarifica, di
riflessione, di confrontazione. L'empatia avanzata verrebbe a collocarsi tra queste ultime. Cormier-Cormier
(1985, 124) non distinguono tra interpretazione ed empatia avanzata, in quanto entrambe consistono
nell'asserzione che il terapeuta fa nei confronti di un'associazione o di una connessione causale tra i diversi
comportamenti, avvenimenti o pensieri del cliente. Per Bramer (1973, 102) il terapeuta, attraverso
l'interpretazione, offre al cliente un nuovo quadro di riferimento, che consente a quest'ultimo di
vedere e sperimentare il
proprio mondo in modo pi integrale e differenziato. Descrivendo l'inter-
pretazione come un processo attivo che ha lo scopo di facilitare nel cliente la
comprensione di ci che gli accade, in modo che questi possa vedere il suo
problema in una nuova prospettiva, l'Autore sembra assimilarla all'empatia
avanzata. Per Egan (1975, 134s) l'empatia avanzata svolge una funzione inte-
grativa nei confronti degli aspetti del vissuto esperienziale con cui il cliente
non in contatto esplicito. Essa si distingue dall'empatia di primo livello, che
rinvia gli stati emozionali della comunicazione manifesta, verbale e non
verbale, in quanto coglie gli stati emozionali e i significati del vissuto espe-
rienziale di cui il cliente possiede solo una relativa consapevolezza. Ham-
mond et al. (1977, 138), infine, preferiscono chiamare l'empatia avanzata o di
secondo livello empatia additiva, poich essa aggiunge aspetti del vissuto espe-
rienziale che il cliente non ha chiari a livello conscio. Presuppone, quindi, un
comportamento di inferenza da parte del consulente e, in quanto tale, leg-
germente e moderatamente interpretativa.

Dalle poche definizioni dell'empatia avanzata qui riportate, si pu con-


cludere che, sebbene non venga intesa in modo univoco e talvolta sia identi-
ficata con l'interpretazione (Cormier-Cormier, 1985,
124), essa considerata unanimemente una funzione fondamentale del
rapporto terapeutico, che consente di "andare da un meno verso un pi" (Egan,
1982, 173) per quanto riguarda l'attenzione e la visione delle esperienze del
cliente ("move from the lee to the more").
79

Il cliente in grado di costruirsi una visione diversa, di dare un reale signi-


ficato al proprio vissuto, solo quando il terapeuta lo aiuta a porre l'attenzione
sul materiale conscio o implicito, cos che dalla totalit possa emergere una
nuova figura (gestalt) rispetto al tema oggetto di autoesplorazione. Questa
nuova visione del proprio vissuto pu avere sul cliente un effetto di chiari-
fica per gli aspetti esperienziali avvertiti come problematici o pu costituire
uno stimolo a mettere in discussione il modo di vedere le proprie esperienze,
consentendo un'ulteriore esplorazione.

L'uso della comunicazione empatica nel rapporto terapeutico, partico-


larmente di quella avanzata, incontra pareri discordi.
Nella terapia ad orientamento comportamentista essa non molto consi-
derata, al contrario costituisce un fattore imprescindibile nella Terapia Cen-
trata sul Cliente. Nella Terapia della Gestalt la comunicazione empatica
di tipo interpretativo ritenuta un errore e un impedimento all'autosuppor-
to, viceversa per alcuni terapeuti di orientamento psicoanalitico (per es. Gre-
enson, 1967; Reik, 1964) ha l'importante funzione di creare un'alleanza di
lavoro.

Prescindendo qui dall'approfondire i motivi per i quali la comunicazione


empatica non viene valutata in modo unanime dagli studiosi, possiamo dire
globalmente che le ragioni sono legate per lo pi ad una diversa interpre-
tazione dell'atteggiamento empatico; ad una diversa visione teorica delle
unit analitiche che costituiscono il comportamento umano (per es. se devo-
no essere considerate solo come comportamenti osservabili e quindi vanno
trattate come tali oppure se devono essere esaminati anche i processi incon-
sci); a diverse accentuazioni circa l'avanzamento nella crescita umana e nel
superamento dei problemi.
I consulenti che accettano il principio secondo il quale il comportamento
individuale dipende da come la persona percepisce e sperimenta il proprio
mondo, riconoscono i vantaggi dell'uso dell'empatia accurata o additiva. In-
fatti, attraverso gli interventi empatici additivi il terapeuta pu aiutare il
cliente a:

- simbolizzare ed integrare ci che fino a quel momento ha sperimenta-


to solo in uno stato preconscio;
- attivare un quadro di riferimento nuovo, attraverso il quale rendersi con-
sapevole dell'interdipendenza delle esperienze, intravvedendo, cos, il loro
possibile significato. In questo senso possiamo dire che gli interventi empa-
tici additivi fanno riferimento ai sistemi cognitivo ed emozionale del clien-
te, sistemi che vengono attivati per una maggiore comprensione del vissuto
esperienziale. La considerazione di entrambi nell'esplorazione evita il rischio
80

di un'intellettualizzazione da un lato e di un "acting out" (Hammond et al.,


1977, 142) dall'altro;
- modificare il suo comportamento difensivo e conoscere modi alternativi
pi funzionali (Cormier-Cormier, 1985, 124).

b) Aspetti operativi

Il lavoro sulla presente unit pu aiutare i trainee: ba) ad acquisire un reper-


torio differenziato di dimensioni contenutistiche in base alle quali discriminare
il materiale implicito del cliente; bb) ad imparare tecniche di intervento per
reali77are il comportamento empatico avanzato; bc) a conoscere i criteri da
seguire per la formulazione degli interventi empatici.

ba) Dimensioni contenutistiche

L'individuazione dei contenuti impliciti che devono essere verbalizzati


rappresenta la maggiore difficolt incontrata inizialmente dai trainee. A tale
scopo possono essere utili i seguenti suggerimenti (Hammond et al., 1977,
143ss):

baa) Identificare gli elementi direzionali-orientativi: mete, ideali, norme,


convinzioni

Nella comunicazione sul comportamento problematico spesso il cliente


verbalizza implicitamente mete o ideali (per es. "Devo essere il primo della clas-
se"), norme (per es. "Non devo mai perdere la calma"), convinzioni (per es.
"Soltanto chi ha un buon rendimento stimato"), che costituiscono elementi
direzionali-orientativi del suo comportamento e che, non essendo realistici,
tendono a generare stati emozionali negativi.
soprattutto nelle comunicazioni che contengono esperienze di insoddi-
sfazione o di aggravio emozionale legate all'ansia della non riuscita che si pu
riscontrare la presenza di tali elementi. Compito del terapeuta portarli al-
l'attenzione del cliente, cos da stimolare quest'ultimo a rifletterci sopra
bene che nel verbalizzare tale materiale il terapeuta faccia emergere la dire-
zionalit del comportamento del cliente e lo riferisca ai fattori che questi
ha implicitamente espresso come responsabili del proprio aggravio emo-
zionale o dei propri comportamenti problematici.
81

bab) Confrontare con le strutture percettive: concetto di S, immagine degli


altri

Il cliente spesso possiede strutture percettive inadeguate (distorte, globa-


li, non differenziate, di tipo preconcettule o stereotipato), che lo portano ad
avere un comportamento difensivo, che gli impedisce di rapportarsi realisti-
camente e in modo adeguato al proprio mondo, causando disturbi anche nella
relazioni interpersonali.
Quando il terapeuta riscontra nella comunicazione del cliente la presenza
di strutture percettive non adeguate, su se stesso o sugli altri, che influen-
zano l'autoesplorazione, importante che aiuti il cliente a percepire che
non la realt ad essere responsabile dei suoi problemi, ma la sua visione
della realt, influenzata dalle strutture percettive non adeguate.

bac) Portare all'attenzione le componenti difensive: finalit dei comporta-


menti e delle emozioni reattive

Nel seguire empaticamente il flusso della comunicazione il terapeuta arri-


va spesso alla conclusione che certi comportamenti o certe emozioni av-
vertiti dal cliente come problematici esistono perch hanno per lui una
funzione specifica (per es. comportamenti di tipo fobico possono avere lo
scopo di permettere di non affrontare situazioni sociali sgradevoli; compor-
tamenti aggressivi possono essere messi in atto per ottenere l'attenzione degli
altri).
Tuttavia, prima di rendere noto al cliente il fine del suo comportamento
o della sua emozione, importante che il terapeuta sia abbastanza sicuro che
il cliente sia pronto ad accettarlo. La verbalizzazione deve essere, comunque,
formulata in modo ipotetico e deve corrispondere al quadro di riferimento del
cliente e non del terapeuta.
Il cliente facilitato nella comprensione della finalit del suo modo di
relazionarsi al mondo se il terapeuta gli rende presenti le conseguenze, sia
per lui che per le persone con le quali si trova ad interagire, dei suoi
comportamenti o delle sue emozioni reattive. In questo modo il cliente pu
comprendere se il suo comportamento di avvicinamento (nel caso persegua
conseguenze positive) o di evitamento (nel caso eviti conseguenze negative).

bad) Individuare le matrici delle situazioni nocive e degli stimoli ansiogeni:


aggravio in riferimento alla biografia del soggetto

Spesso il cliente non conosce esplicitamente i fattori da cui dipende il suo


82

aggravio emozionale. Molti di questi fattori sono legati ad esperienze trau-


matiche o negative verificatesi nel corso della sua vita, ma di cui egli ignora
gli effetti sul suo comportamento attuale (per es. reazioni automatiche verso
persone autoritarie, comportamenti fobici rispetto a situazioni sociali dove si
sentito umiliato di fronte ad altri). Cos, ad esempio, il terapeuta pu aiuta-
re il cliente a comprendere lo stato di soggezione che sperimenta di fronte ad
una persona socialmente importante attraverso la verbalizzazione empatica
avanzata del materiale emerso dall'autoesplorazione, affinch egli possa ve-
nire a conoscere che il suo aggravio emozionale attuale connesso o si as-
socia ad esperienze anteriori presenti nella sua biografia.
Riassumendo, tali dimensioni contenutistiche, proposte per la comunica-
zione empatica avanzata, nel prendere in considerazione il materiale comu-
nicato dal cliente fanno riferimento soprattutto ad una visione fenomeno-
logica esperienziale. Nelle prossime unit saranno presentati interventi in
grado di promuovere un ulteriore approfondimento della comprensione
del cliente e delle sue esperienze, attraverso l'utilizzazione di tecniche
centrate sull'azione (action centered).

bb) Tecniche di intervento

Le tecniche di intervento utilizzabili per la verbalizzazione del materiale


con cui il cliente solo parzialmente in contatto sono quelle della
chiarifica, della riflessione, del confronto, della domanda interpretativa, le
quali svolgono fondamentalmente una moderata funzione interpretativa (Bra-
mer-Shostrom, 1961, 321; Bramer, 1973, 104).

bba) Tecnica della chiarifica

La comunicazione empatica svolge una funzione di chiarifica quando il


terapeuta verbalizza esperienze che stanno per porsi all'attenzione del cliente,
cio si focalizza sul materiale preconscio o implicitamente conscio.

C.: "Non riesco a capire perch non sono compresa n dagli amici, n da
mio marito, n dai miei figli. Eppure non mi sembra di dire scioc-
chezze! Raramente vedo che quello che dico capito e accettato;
in genere fraintendono o neanche ascoltano .
T.: "L'acconsentire a quello che dice per lei la prova di essere compresa;
pertanto, dal momento che spesso questo non si verifica, in genere spe-
rimenta di non essere compresa".
83

bbb) Tecnica della riflessione

Il terapeuta adotta la tecnica della riflessione quando, nell'interagire em-


paticamente, evidenzia le possibili relazioni o i probabili significati che, durante
la comunicazione, il cliente stesso ha assegnato, anche se indirettamente, ai
propri stati emozionali e alle proprie idee e convinzioni.
Bramer e Shostrom (1961, 323), nella tecnica della riflessione, distin-
guono tra associativa e suggestiva.

Riflessione associativa
In essa il terapeuta presenta un'ipotesi che raccoglie o associa i pensieri e i
sentimenti espliciti o impliciti del cliente.
Nel caso in cui il terapeuta cogliesse due idee di contenuto simile e, per
esempio, dicesse: "Quello che lei dice adesso su sua moglie sembra essere
intimamente in relazione con i sentimenti espressi qualche settimana fa
rispetto a sua madre. Lei crede che questo sia esatto?" farebbe di una rifles-
sione associativa per similitudine.
Qualora, invece, il terapeuta associasse due idee diverse e, per esempio,
dicesse: "Da quello che lei dice deduco che i suoi sentimenti verso suo
padre sono quasi opposti a quelli che sperimenta verso sua madre",
formulerebbe una riflessione associativa per contrasto.
Se, infine, il terapeuta associasse idee vicine nel tempo e nello spa-
zio e, per esempio, dicesse: "A quanto pare, lei sperimenta queste
sensazioni di tensione ogni volta che entra nel laboratorio di biolo-
gia", metterebbe in atto una riflessione associativa per contiguit.

Riflessione suggestiva
Attraverso la riflessione suggestiva il terapeuta comunica al cliente
sentimenti e idee ipotizzati dal materiale da questi espresso. Queste
idee o sentimenti non sono esperienze consce al cliente, ma sono
vissute da lui a livello preconscio, in quanto manifestate indirettamen-
te nel materiale comunicato. La riflessione suggestiva costituisce,
quindi, un'inferenza di esperienze non consce. Per esempio, se in se-
guito all'autoesplorazione del cliente il terapeuta potesse ipotizzare
che alcuni stati emozionali aggressivi costituiscono tendenze difensive
derivanti dalle difficolt incontrate nel relazionarsi nel sociale, egli po-
trebbe verbalizzare: "E' il caso di considerare se i suoi sentimenti di o-
stilit non siano legati alle sue difficolt di rapportarsi nel sociale".
La riflessione suggestiva diversa dall'interpretazione generale, in
quanto nel colloquio non appare niente di nuovo, se non quello che
inconsciamente o per un'implicazione remota suggeriscono i commen-
ti del cliente.
84

bbc) Tecnica del confronto

Nella comunicazione empatica avanzata che pu portare alla perce-


zione di idee e sentimenti impliciti, il terapeuta ha la possibilit di
confrontare il cliente utilizzando le sue stesse parole, rapportandosi
per al passato e non al presente, segnalando similitudini, differenze,
discrepanze, delle quali il cliente non consapevole.

Se un cliente ha riportato di aver reagito con aggressione a com-


portamenti dominanti della madre e ha affermato che la stessa cosa si
verifica generalmente anche nei confronti di persone femminili che
presentano atteggiamenti autoritari, il terapeuta potrebbe fare il se-
guente confronto: " possibile che i comportamenti autoritari di per-
sone femminili evochino in lei automaticamente gli stessi sentimenti
di aggressione provocati dall'interagire autoritario di sua madre?".

bbd) Tecnica della domanda interpretativa

Le domande interpretative sono interventi che aiutano il terapeuta


a focalizzare quegli aspetti dell'autoesplorazione che il cliente tende-
rebbe ad evitare di investigare (Bramer, 1973, 104).
Tali domande sono formulate in modo da suggerire al cliente una
possibile pista da considerare.

C.: "Non mi fanno una buona impressione le persone che parlano


troppo di se stesse".
T.: "Che cosa c' di sbagliato in questo?".
C.: "Le persone che parlano troppo di s annoiano facilmente e al-
lontanano gli altri".
T.: " possibile che il suo contenersi nell'autoesporsi sia legato alla
necessit di assicurarsi la vicinanza degli altri, vicinanza che ri-
tiene di non poter raggiungere se parlasse di s? Che ne pensa di
questo?".

bc) Criteri e suggerimenti per la formulazione degli interventi empatici

La comunicazione empatica avanzata ha lo scopo di aiutare il cliente a


prendere contatto con i propri problemi e a superarli. Dal momento
che tale comunicazione evidenzia aspetti comportamentali che sono
spesso relativamente consci o parzialmente inconsci, il terapeuta pu
85

facilmente correre il rischio di essere direttivo, soprattutto quando il


cliente non ancora preparato a confrontarsi con le proprie
esperienze. In questo caso, anzich favorire una maggiore
comprensione dei propri vissuti, il terapeuta pu creare ansia,
portando il cliente o a mettere in discussione la propria identit o a fare
anticipazioni catastrofiche.
Affinch nella relazione di aiuto il terapeuta faccia un uso appropriato
della comunicazione empatica avanzata, cos da facilitare l'integrazione di
quelle esperienze con cui il cliente ha solo un relativo contatto, possono es-
sere utili i seguenti suggerimenti:

- verificare l'autenticit della comunicazione empatica


Dal momento che il terapeuta nella relazione di aiuto non solo ricopre il
ruolo di esperto, ma partecipa anche come persona, con tutto il proprio
vissuto esperienziale attuale, se non in contatto con le proprie esperienze o
se desideroso di mostrare la propria competenza terapeutica, pu facil-
mente introdurre nella verbalizzazione elementi personali (per es. attraverso
proiezioni) o, nel considerare il materiale dell'autoesplorazione del cliente,
pu fare riferimento non tanto al quadro percettivo di quest'ultimo, quanto
invece al proprio. Il terapeuta dovrebbe, quindi, cercare di controllare le
proprie esperienze, tenere presente l'interazione attuale con il cliente ed im-
pegnarsi ad essere un facilitatore, in un clima di collaborazione in cui il
cliente ad essere protagonista (Cormier-Cormier, 1985, 127);

- favorire il contatto tramite formulazioni probabilistiche


La comunicazione empatica avanzata pu produrre effetti maggiori se il te-
rapeuta formula i propri interventi come tentativi, verbalizzando in forma ipo-
tetica o probabilistica (per es. " possibile che", "Mi chiedo se", "Mi sembra
che", ecc.). Cos, il consulente non solo non costringe il cliente a prendere
contatto con le proprie esperienze, ma anzi lo stimola a considerare il materia-
le emerso dall'autoesplorazione, lasciando a lui la libert e quindi la respon-
sabilit di rifiutarlo, di modificarlo, di integrarlo. In questo modo il terapeuta
raggiunge un obiettivo fondamentale della relazione di aiuto: facilitare il
cliente ad essere autore e responsabile del proprio lavoro (Hammond et al.,
1977, 151; Egan, 1973, 149s);

- focalizzare gli elementi che il cliente pu cambiare


Il cliente si scoraggia facilmente quando prende contatto con aspetti della
sua vita che convinto di non poter cambiare o quando percepisce che non rie-
sce a controllare certi comportamenti.
Per evitare che il cliente provi questi stati emozionali negativi (per es.
senso di colpa, tristezza), che ne bloccherebbero l'autoesplorazione, il terapeu-
86

ta dovrebbe cercare di verbalizzare gli elementi proattivi (per es. possibilit


di azione, capacit personali, mete alla sua portata), piuttosto che confron-
tarlo con situazioni e comportamenti che egli percepisce come incontrolla-
bili o rispetto ai quali si sente irresponsabile.
L'esempio che segue, nel quale data sia una lettura negativa che posi-
tiva della stessa situazione problematica, pu essere utile per comprendere
gli aspetti costruttivi del mettere in risalto, nella verbalizzazione, i fattori pro-
attivi (Cormier-Cormier, 1977, 127):

verbalizzazione al negativo:
"Enrico, mi sembra che tu dica che per te troppo difficile dividere tuo
padre con la sua nuova moglie, dal momento che negli ultimi dieci anni eri
abituato ad averlo tutto per te. Mi chiedo se tu non pretendi di voler essere
il primo nel cuore di tuo padre.";

verbalizzazione al positivo:
"Enrico, mi sembra che tu dica che per te troppo difficile dividere tuo
padre con la sua nuova moglie, dal momento che negli ultimi dieci anni
eri abituato ad averlo tutto per te. Riconoscere di sentirti escluso pu
forse aiutarti a trovare nuove possibilit per sentirti incluso di nuovo".

Confrontando queste due verbalizzazioni si pu comprendere come quella


negativa confonde il cliente, accusandolo, mentre quella positiva mette in ri-
lievo gli elementi proattivi che possono aiutarlo a superare la situazione
problematica.
Quando il cliente si sente incoraggiato, perch gli vengono prospettate
delle possibilit, pi facile che sviluppi un maggiore grado di autostima e
di fiduacia in se stesso e che si senta pi capace di affrontare quegli a-
spetti della sua vita sui quali crede di non avere alcun controllo;

- rispettare il quadro di riferimento del cliente


La comunicazione empatica pu avere gradi diversi di profondit, a secon-
da che il terapeuta riformuli il materiale conscio o inconscio emerso
dall'autoesplorazione del cliente.
Perch il lavoro progredisca importante che il terapeuta aiuti il
cliente a superare il proprio quadro di riferimento fittizio e ad assumere,
quindi, una visione pi realistica.
necessario che il nuovo quadro di riferimento proposto dal terapeuta
nella comunicazione empatica sia solo leggermente discrepante da quello
attuale del cliente (Cormier-Cormier, 1985, 125), poich, altrimenti, ri-
schia di non essere recepito o addirittura rifiutato;
87

- documentare la comunicazione empatica


Per la comprensione e l'accettazione della comunicazione empatica a-
vanzata importante che il terapeuta comunichi a quale parte del mate-
riale del cliente essa fa riferimento e verbalizzi solo quando sufficien-
temente sicuro che la nuova prospettiva da lui presentata alla portata
delle esperienze del cliente.
Per quanto riguarda la documentazione, necessario che il terapeuta
formuli la propria comuncazione facendo riferimento a dialoghi prece-
denti, in modo che il cliente la possa considerare come una logica con-
clusione della sua autoesplorazione (Hammond et al., 1977,126).
Per quanto concerne la verifica della nuova prospettiva che il cliente si
formato nel rivedere la sua situazione o il suo comportamento problematico,
il terapeuta deve esaminare se sono presenti idee implicite o esplicite al
riguardo, se il cliente si muove in una prospettiva ipotetica unica o se
ancora difensivo (parla genericamente, usa stereotipi, etichette, ecc.);

- sincronizzazione
importante, per il procedere del lavoro terapeutico e dell'autoesplo-
razione del cliente, che il terapeuta scelga quando effettuare, sia nella se-
quenza degli incontri che nella singola seduta, una comunicazione empa-
tica, valutandone l'opportunit.
Tale scelta dovrebbe cadere nel momento in cui il terapeuta sperimenta
che si instaurato un buon clima, nel quale il cliente dimostra
di avere fiducia e, quindi, maggiore disponibilit ad impegnarsi nel
lavoro. A tale scopo necessario che nei primi incontri il terapeuta cer-
chi di stabilire una positiva relazione interpersonale e faciliti l'autoesplo-
razione del cliente, usando prevalentemente la comunicazione empatica
di primo livello. Il cliente pu, cos, sentirsi motivato ad andare avanti
nell'autoesplorazione e di conseguenza pu prendere contatto con ele-
menti non consci circa il suo relazionarsi al mondo.
Nella singola seduta, consigliato l'uso della verbalizzazione empatica
avanzata nella parte centrale dell'incontro, in modo da avere il tempo
per un'eventuale chiarifica o approfondimento. Quando il terapeuta per-
cepisce che il cliente non ancora pronto per il confronto con le proprie
esperienze non consce oppure poco disponibile al lavoro, opportuno
che rimandi la verbalizzazione empatica avanzata ad un momento succes-
sivo.
88

Il Parte

Esercitazioni per la realizzazione


del supporto e dell'empatia avanzata

a) Esercitazioni in aula

Obiettivi:
- facilitare i trainee a svolgere un colloquio terapeutico della durata di
40/45 minuti;
- abilitarli a valutare gli atteggiamenti relazionali terapeutici (accetta-
zione, congruenza);
- renderli capaci di discriminare il proprio comportamento empatico e
di trattare le eventuali difficolt incontrate nell'attuazione di tale com-
portamento.

Svolgimento: si invitano due dei trainee a realizzare una seduta


terapeutica in cui sostengono uno il ruolo del cliente, l'altro del
terapeuta. Il colloquio viene possibilmente videoregistrato, per poter poi
valutare gli atteggiamenti relazionali terapeutici e il comportamento
empatico.
In seguito, si invitano alcuni trainee ad esercitarsi a formulare inter-
venti empatici di tipo avanzato. Per la realizzazione di questo esercizio
possono essere usati gli stessi protocolli registrati precedentemente. Il
trainer, a suo criterio, sceglie poi alcune comunicazioni del cliente che
si prestano per una comunicazione empatica di tipo avanzato, che verranno
discusse e valutate nel gruppo.

Materiale
- scala di empatia (cf. allegato 3, II unit)
- scala per valutare il rapporto terapeutico globale (allegato 1)

b) Esercizi di approfondimento

Si richiede ai partecipanti di svolgere alcuni colloqui terapeutici in cui,


oltre ad esercitarsi nel relazionarsi positivamente al cliente, si impegna-
no a realizzare un qualificato comportamento empatico. La scelta del
partner del colloquio opportuno che cada su persone che abbiano una
buona funzionalit psichica.
Nell'incontro successivo si proceder alla supervisione di tali protocolli.
89

Allegato n.1

Scala per valutare il comportamento relazionale del terapeuta


(Minsel, 1974, 96)
S s no No
1. Il terapeuta era gentile e molto affabile nei miei
confronti

2. Nel nostro rapporto c' stato troppo distacco

3. U terapeuta mi trattava con rispetto

4. Il terapeuta comprendeva quello che io pensavo e


sentivo

5. Io sentivo che il terapeuta davanti a me assumeva


un ruolo

6. Il terapeuta era passivo e non si impegnava suffi-


cientemente

7. Sentivo che il terapeuta non mi rispettava e non ap-


provava il mio comportamento

8. Sono rimasto soddisfatto dal come il terapeuta rea-


giva ai miei problemi

9. Indipendentemente da ci che io dicevo il terapeuta


a livello emotivo reagiva in modo costante

10. A causa del suo atteggiamento riguardo ai problemi


da me esposti era impedito nel comprendermi

11. Il terapeuta era sicuro nei suoi sentimenti

12. I sentimenti del terapeuta non mutavano a seconda


dei miei problemi

13. II terapeuta reagiva cos professionalmente che io


non sono riuscito a comprenderlo
90

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