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Largomento della funzione nella

Repubblica di Platone

Marco Zingano (USP, Brasile)

Alla fine del libro I della Repubblica, al termine della discussione tra
Trasimaco e Socrate, Platone formula per due volte un argomento che sar importante
nel prosieguo della questione nel corso dei libri successivi. Si tratta del ben conosciuto
argomento della funzione. La sua prima formulazione si trova alle linee 352e3-4: tu
non attribuiresti come opera propria del cavallo e di qualunque altra cosa ci che si fa
unicamente con esso o che si fa con esso nel modo migliore?. Nelle linee successive,
pi precisamente a 353a9-11, Platone fornisce una seconda formulazione: penso che
tu intenderai meglio ora ci su cui ti interrogavo precedentemente, volendo sapere se
lopera propria di ogni cosa o ci che essa sola pu realizzare, oppure ci che essa
realizza nel modo migliore tra tutte le altre <che lo possono realizzare>.
Questo argomento godr di una fortuna molto particolare nel corso
della storia della filosofia. Per esempio, torner ad essere utilizzato da parte di
Aristotele in un momento cruciale della sua argomentazione nellEtica Nicomachea.
Nel presente studio, tuttavia, desidero circoscrivere il mio esame al modo in cui esso
introdotto e, in modo particolare, all utilizzo di esso nella Repubblica di Platone.

-I-

In questo punto della Repubblica, quando largomento della funzione


viene introdotto verso la fine del libro I, Socrate gi ha mostrato che gli uomini giusti si
rivelano pi saggi, migliori e maggiormente capaci di agire rispetto agli ingiusti. Ma
ancora, essendo la giustizia una virt che si riferisce essenzialmente alle relazioni fra gli
uomini, Socrate mostra che gli uomini totalmente ingiusti non potrebbero intraprendere
nulla insieme, dal momento che bisticciano continuamente fra di loro. Se gli uomini
ingiusti raggiungono qualche obbiettivo in comune, ci dovuto al fatto che in
piccolissima parte, vige una certa giustizia fra loro, e questo rende possibile la
realizzazione di qualcosa in comune. Essi sono perci malvagi a met, dal momento

1
che le persone interamente malvagie e totalmente ingiuste sono sicuramente
completamente incapaci di agire <in collaborazione> (352c7-d1). a questo punto che
Socrate riprende un argomento che era stato menzionato precedentemente, ma che era
rimasto insoluto, ossia, il problema di sapere se gli uomini giusti trascorrono una vita
migliore rispetto agli ingiusti e se sono, di conseguenza, pi felici degli ingiusti. Perci
detto, in forma molto succinta, facendo riferimento a quanto gi menzionato (352d5:
ex hn eirkamen), che a Socrate sembra del tutto evidente che i giusti siano persone
pi felici degli ingiusti. Ciononostante, Socrate si propone di indagare meglio il punto
in questione ed precisamente in nome di questa nuova e pi approfondita ricerca che
Socrate si richiama allargomento della funzione.
La prima immagine cui ricorre, al fine di introdurre largomento della
funzione, quella del cavallo. Il cavallo fa qualcosa che o solo lui o lui fa nel modo
migliore rispetto a tutti gli altri. In seguito, Platone fa s che Socrate menzioni i sensi
per rendere in modo ancora pi chiaro la sua idea: occhi e orecchie sono costituiti in
modo tale che con gli uni siamo in grado solo di vedere e con gli altri solo di ascoltare.
Questo ragionamento pu indurre a allidea che la funzione di x sia ci che solo x
realizza; lesempio cui ricorre nel passo successivo, tuttavia, corregge questa
impressione, dal momento che si tratta del caso di potare una vite, e questo pu essere
fatto con una spada o con un coltello, ma la pratica della potatura realizzata bene
attraverso uno strumento preciso, ci che in italiano chiamiamo cesoia. Si pu dire,
perci, che la funzione di x sia ci che solo x realizza , sia ci che x realizza nel modo
migliore, sebbene altri oggetti possano soddisfare ugualmente questo compito (ma non
in un modo appropriato).
Linteresse di Socrate nel ricorrere allargomento della funzione , per
lo meno inizialmente, il seguente: se x possiede una sua funzione propria, allora x in
grado di realizzare bene questa funzione e, se la realizza bene, la realizza virtuosamente.
Il passo cruciale per giungere a questa conclusione alle linee 353c6-7: la quale la
loro virt <scl. degli occhi, grazie alla quale vedono bene>. Non ancora questo ci che
domando, bens se gli occhi realizzano bene le loro funzioni grazie alla virt loro
propria, mentre le realizzano male a causa del vizio. Se qualcosa realizza bene la
propria funzione, esso si comporta virtuosamente; se la realizza male, si comporta in
modo vizioso. Da ci deriva che, se x ha una funzione gli si pu attribuire una virt, ed
essa prova che x realizza bene la propria funzione, oppure un vizio, nel caso in cui la
funzione di x sia realizzata male. Dopo di ci, Socrate stabilisce che la funzione

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dellanima vivere. Se lanima ha una funzione (vivere), allora esiste una virt
dellanima, grazie alla quale lanima realizzer bene la propria funzione. Ora,
precedentemente Socrate aveva ottenuto il consenso di Trasimaco secondo il quale la
giustizia la virt dellanima, mentre lingiustizia il suo vizio. Perci vivr bene chi
agisce giustamente e vivr male chi agisce ingiustamente. Socrate fa appello, perci, ad
una identit semantica: dal momento che essere felici concettualmente identico a
vivere bene, sar felice chi agisce giustamente e sar miserabile chi agisce
ingiustamente. Quod erat demonstrandum.
Questa questione verr per ripresa da Glaucone ed Adimanto a partire
dal libro II ed esiger da parte di Socrate un sforzo concettuale molto pi grande per
mostrare che, indipendentemente dalle circostanze, luomo giusto pi felice
dellingiusto. Largomento, nella sua formulazione pi estesa, avr termine solo con la
definizione delle virt nella parte finale del libro IV. Questo sviluppo al momento non
mi interessa; desidero concentrare la mia attenzione nella parte che riveste largomento
della funzione allinterno di tutto questo processo, se posso esprimermi in questo modo.
E, per questo, importante mettere in risalto, fin dal principio, che Glaucone ed
Adimanto non contestano largomento della funzione, che considerato un risultato
indiscutibile dellanalisi di Socrate. Tanto meno mettono in discussione lidentit
semantica stabilita fra vivere bene ed essere felice. Questa identit o sinonimia
concettuale sembra essere una base comune del pensiero greco. Ci che essi criticano,
tuttavia, il passaggio tra vivere secondo virt (con giustizia) e vivere bene, dal
momento che in un senso piuttosto rilevante per la vita delle persone vivere bene
comporta connotazioni come avere successo materiale, ottenere vantaggi sugli altri, e
ottenere riconoscimenti pubblici e non sembra a prima vista evidente che luomo giusto
riesca a soddisfare pienamente queste esigenze 1 . Infatti, si pu immaginare un uomo
integerrimo in relazione alla giustizia, le cui azioni, tuttavia, rimangano del tutto
inosservate; o un uomo pienamente giusto che, proprio per questo, non ottiene alcuna
ricompensa materiale o perde ogni vantaggio rispetto agli altri. Il punto successivo della
discussione, perci, ruota attorno al problema di sapere in che senso vivere con giustizia
pu essere semanticamente identico a vivere bene; se questo punto verr garantito ne
seguir ci che Socrate pretende. Per fortuna, possiamo lasciare da parte questa

1
opportuno segnalare che largomento di Socrate dovr mostrare simultaneamente che vivere
virtuosamente identico a vivere bene e che la virt, nel caso della vita di un uomo, identificata o unita alla
nozione di giustizia, dal momento che potrebbe accadere che vivere virtuosamente sia identico a vivere bene,
ma che la virt propria della vita sia diversa dalla giustizia.

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discussione, dal momento che essa non incide direttamente sulla tesi che desidero
esaminare; prenderla in considerazione ci obbligherebbe a ripercorrere con particolare
attenzione i libri II, III e IV della Repubblica, e non posso farlo nellambito di questo
breve studio.
opportuno mettere in risalto un elemento importante nellargomento
della funzione. Questo argomento condivide con il principio della divisione dellanima
una formulazione molto astratta. Infatti, il principio che governa la divisione dellanima
(sia nel caso che si tratti del principio di non contraddizione, sia nel caso in cui si tratti
di un principio affine, che potrebbe essere denominato principio di opposizione),
quando formulato per tre volte nella parte finale del libro IV, riceve sempre una
formulazione piuttosto astratta 2 . Una rapida occhiata nelle formulazioni di questo
principio evidenzia con molta chiarezza il loro carattere astratto. La prima formulazione
si trova alle linee IV 436b8-9: evidente che lo stesso non consentir di
simultaneamente fare o patire i contrari secondo lo stesso e in relazione allo stesso. Si
ritrova lo stesso tono nella seconda formulazione, poco pi avanti, alle linee 436e8-a2:
pertanto, nessun esempio di questo tipo potrebbe confonderci e tanto meno convincerci
che lo stesso possa nel contempo subire, o essere, o fare delle cose opposte secondo lo
stesso e in relazione allo stesso. La terza formulazione non muta il tono altamente
astratto: 439b5-6 diciamo che lo stesso non potrebbe fare simultaneamente i contrari
con lo stesso di s rispetto allo stesso. La traduzione soffre nel tentativo di riprodurre
in un linguaggio conveniente landamento altamente astratto delle tre formulazioni.
Anche nella formulazione dellargomento della funzione troviamo una
enunciazione deliberatamente astratta. Di fatto, per ricordare entrambe le formulazioni,
abbiamo come testo: tu non attribuiresti come funzione propria del cavallo e di
qualunque altra cosa ci che solo si realizza con esso o che si realizza con esso nel
migliore dei modi? (352e3-4) e penso che tu capirai meglio ora ci che domandavo
prima, volendo sapere se non era la funzione propria di ogni cosa o ci che essa sola

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Per il fatto di non rispettare questa formulazione volutamente astratta, Anna Lia de Almeida Prado, nella
sua recente traduzione in lingua portoghese, rese falsa la prima formulazione: evidente que o mesmo
sujeito no poder, ao mesmo tempo, fazer e sofrer coisas contrrias, pelo menos no mesmo sentido e em
relao mesma coisa (A Repblica, Martins Fontes 2006, p. 159). Ovviamente lo stesso soggetto
Glaucone pu fare e provare cose contrarie, sebbene non possa farlo grazie alla stessa parte dellanima: da
ci deriva come conseguenza la necessit della tripartizione, ma non ancora la triplicazione dei soggetti. La
formulazione astratta del principio raramente mantenuta nelle traduzioni; per esempio, G. Leroux traduce il
passo come segue: il est clair que le mme principe ne consentira pas accomplir des choses contraires ou
les subir en mme temps, en fonction de la mme partie de lme et en relation avec la mme chose (La
Rpublique, GF Flammarion 2002; ho distinto in corsivo i termini aggiunti dal traduttore).

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pu realizzare o ci che essa realizza nel modo migliore tra tutte le altre <che possono
realizzarlo> (353a9-11). La prima formulazione menziona ancora un caso particolare,
il caso del cavallo, ma immediatamente assume un carattere generale grazie alluso
dellespressione llou hotouon; nel caso della seconda formulazione, si tratta
chiaramente della funzione di ogni cosa, hekstou rgon, che lespressione greca
equivalente al nostro la funzione di x (cos come t autokaston corrisponde al nostro
lx in s). Questo punto mi pare importante per largomento: se esso vale, deve valere
per tutti quei casi in cui si pu attribuire ad un ente una funzione propria. Per esempio,
non limitato a quei casi in cui la funzione potrebbe essere detta in un certo senso
funzione cosciente di x, come accade con gli uomini e, in una forma pi ristretta, con gli
animali. Tutto ci sta ad indicare che ci troviamo allinterno di una prospettiva
ampliamente teleologica, in cui gli enti hanno una funzione propria e questo accade
indipendentemente dal fatto che essi si rappresentino o meno le funzioni che compiono
in un sistema teleologicamente ordinato. Per ogni ente, la virt compiere optime la
funzione (o le funzioni) che lo caratterizza (o che lo caratterizzano).

- II -

Largomento della funzione ricorrer frequentemente nei libri II-IV


della Repubblica, in relazione alle attribuzioni delle classi nella citt, cos come nella
applicazione di questa divisione alle parti dellanima nellindividuo. Il passo che d
inizio a questa operazione si trova proprio allinizio della costruzione della citt nel
libro II, a partire dalla linea 369e. Pi precisamente, alle linee 370a-b, Socrate,
ascoltando le parole di Glaucone, riconosce che ognuno possiede una sua natura
propria, la quale distinta dalla natura degli altri, dovendosi ognuno specializzare nella
sua propria professione o funzione, llos ep llou rgou (370b2-3), luno svolgendo un
certo tipo di lavoro, laltro un lavoro di un altro tipo. Il termine ergon appare in questo
contesto, ma non sembra rivestire il significato preciso della conclusione del libro I,
bens appare con contorni meno definiti, nel senso di lavoro o officio. Tuttavia,
esattamente nel prosieguo di questa concessione, a prima vista del tutto anodina, che
Socrate introduce la versione, per cos dire, politica dellargomento della funzione.
Infatti egli domanda quanto segue, alle linee II 370b4-5: perci, agirebbe meglio chi,
essendo uno solo, realizzasse varie funzioni o chi, dal momento che uno solo,
realizzasse un solo officio?

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Il principio formulato in questi termini sar menzionato varie volte e
rivestir limportante ruolo di separare le tre classi distintamente le une dalle altre e, in
funzione di ci, di utilizzare la tripartizione sociale alla psiche dellindividuo, dando
vita anche in quel caso una tripartizione originale. Per fornire un esempio, Socrate dice
quanto segue, nel momento in cui vuole mostrare che necessario, al di l della classe
dei produttori, essere dotati di una classe specializzata nella difesa della citt, dal
momento che i produttori non sono sufficientemente capaci a soddisfare questa esigenza
(sebbene fosse una pratica ricorrente nelle citt antiche ricorrere proprio ai produttori
per soddisfare le necessit di difesa): non <sono sufficienti>, se vale ancora quello che
tu e noi abbiamo concordato correttamente, allorch davamo forma alla Citt; se ben ti
ricordi avevamo convenuto che impossibile che una persona eserciti bene molte
professioni (II 374a4-6). Al principio dato un tipo di aura fondatrice, dal momento
che sempre posto come essendo allorigine della citt. Nel libro V, investigando
nuovamente il problema della funzione rivestita dalla donna nella citt, Socrate si
riferisce a Glaucone e a se stesso nei termini seguenti: Socrate e Glaucone, non
necessario che discutiate con gli altri, dal momento che voi, allinizio della fondazione
della citt che state colonizzando, avete convenuto che ciascuno dovesse fare ci che gli
pi congeniale secondo la sua propria natura (V 453b2-5). opportuno sottolineare
lespressione en arch ts katoikseos, allinizio della fondazione. Largomento ha
una posizione principiale, allorigine e, come vedremo, esso stesso che garantir la
giustizia stessa della citt. A ciascuno assegnata, perci, una natura specifica.
Ovviamente lintenzione di Platone non quella di limitare lazione di qualcuno
strettamente a produrre scarpe, o solo a piantare salata o cose simili; largomento fa
riferimento a classi o tipi di attivit. Platone si propone di ridurre tutte le attivit umane
a tre grandi categorie al termine della costruzione della citt: la classe dei produttori,
quella dei guardiani e quella dei filosofi o governanti. presente una genesi di natura
congetturale di una classe dallaltra: dapprima vengono i produttori, quindi i guardiani
e, tra questi, ci sono gli autentici guardiani o filosofi, rispetto ai quali i precedenti
guardiani sono dei semplici ausiliari. Lasciamo, tuttavia, questo problema a lato e
accettiamo la tripartizione, per cos dire, sociologica delle attivit che Platone sta
proponendo. Il principio si applica a ciascuno di questi tipi generali di attivit;
eventualmente, esso pu anche essere applicato internamente, facendo una distinzione

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dei compiti interna a ciascuno di questi gruppi, ma questo non necessario e non
neppure richiesto espressamente da Platone 3 .
Ciononostante, quello che mi interessa segnalare per il momento, il
fatto che Platone fa appello in modo ricorrente a questo principio. In un passo sul quale
ritorner nel corso della mia analisi, Platone fa dire a Socrate quanto segue: se ben ti
rammenti, avevamo affermato e frequentemente ribadito che ogni singolo dovrebbe
assolvere ad un solo compito nella citt, quello per il quale la sua natura lo ha reso
naturalmente pi adatto (IV 433a4-6; corsivo mio). Questo vero; Platone fa in modo
che Socrate ricorra con frequenza a questo principio. La nozione di epitdeuma, ufficio
o occupazione, certo, forse sarebbe pi corretto dire ci che adeguato, proprio o adatto
a qualcosa, gi era apparsa precedentemente, alle linee II 374e5, ancora una volta
allinterno di una proposizione per noi pleonastica; Platone non sembra esitare di fronte
a questa ripetizione allo scopo di sottolineare ci che possiamo dora in poi chiamare
propriamente principio di specializzazione: a ciascuno il proprio compito, o, nella
colorita espressione brasiliana, cada macaco em seu galho, ogni scimmia sul suo ramo.
James Adam scrisse che, a partire da II 369e, Platone sta
semplicemente traendo le conseguenze politiche dellargomento della funzione,
introdotto in I 352e. 4 Questo vero. Il principio di specializzazione, che rivestir un
ruolo tanto importante nel corso dello sviluppo dellargomento di II fino a IV,
concepito come derivante dallargomento della funzione. Tuttavia, tra i due c una
differenza importante. In fin dei conti, largomento della funzione sostiene che la
funzione di x ci che unicamente x realizza o che x realizza nel migliore dei modi, se
altri enti realizzassero la stessa cosa. Ora, largomento della specializzazione sostiene
che esiste una unica cosa che x fa, e questo ci che la sua natura dal punto di vista
pratico. La difficolt pu essere esposta ancora pi chiaramente: da ogni x ha una

3
Ma, su questo punto, Platone non si astiene dal fare alcune osservazioni. Nel commentare il problema di
imitare gli altri, Platone fa osservare a Socrate che questo comporterebbe una profonda diversit, dal
momento che vige tra gli uomini una grande variet a questo rispetto. La sua frase estremamente elegante:
phaneta moi eis smikrtera katakekermatsthai he to anthrpou phsis (III 395b3-4), e questo nel contesto
indica la presenza di una enorme variet fra gli uomini, senza tralasciare il giudizio che la natura umana
coniata in una moneta di poco valore, ossia, un giudizio pesante intorno alla natura umana. In relazione
allargomento della funzione propria, chiaro che ognuno debba occuparsi di ci che gli proprio (come
detto poco prima alle linee III 394e3-4 ed ripetuto nuovamente alle linee 397e4-8), ma dato il poco valore
di cui gode la natura umana, sarebbe meglio che il calzolaio si limitasse a fare sempre scarpe e non aspirasse
a fare il mercante, ma questo, alla fin fine, non poi tanto grave (cf. IV 434a-c). Ci che rimane
imprescindibile, tuttavia, che venga mantenuta la distinzione delle classi, dal momento che nessun uomo
riuscirebbe a realizzare nella forma migliore pi di una funzione appartenente a classi diverse.
4
James Adam, The Republic of Plato, Cambridge 1902, vol. I, p. 58.

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funzione che solo esso realizza o realizza nel modo migliore non deriva che x deve
realizzare una cosa sola. In termini sintattici: lavverbio solo, soltanto , nel caso del
principio della funzione, relazionato al soggetto; nel caso del principio della
specializzazione relazionato alloggetto. E il passaggio della relazione dal soggetto
alloggetto non garantito da nessuna legge propria della logica. Infatti, perfettamente
possibile attribuire a x differenti funzioni che solamente esso fa o che esso fa nel
migliore dei modi, senza per forza concludere che x realizza solamente una cosa. Per
quale ragione Platone avrebbe fatto dipendere la specializzazione di x in una unica
attivit da un principio che afferma appena che solamente x realizza tal cosa o la
realizza nel migliore dei modi, ma non dice che x realizza unicamente tal cosa?
Si potrebbe trovare una risposta possibile nellultimo passo cui ho fatto
riferimento, IV 433a. Infatti, Platone cerca di definire la nozione di giustizia come il
fare ci che proprio, evitando ad ogni costo polypragmonen, fare molte cose, nel
senso chiaramente peggiorativo di mettersi negli affari degli altri. Per servirmi delle
tre grandi classi, n il produttore deve mettersi a combattere o a comandare, n il
guardiano deve mettersi a produrre o a comandare, e tanto meno il filosofo deve
desistere dal comandare e dedicarsi alla coltivazione delle rose e al giardinaggio in
generale. In opposizione con polypragmosne, che apparir subito dopo, a 444b1-4,
presentata come limmagine tradizionale dellingiustizia, la giustizia concepita come
t t hauto prttein, fare ci che dovuto, ci che proprio. Ora, faceva parte della
strategia platonica dellargomentazione presentare la divisione iniziale nella citt, in un
macrocosmo, per ritrovarla solo in seguito nellanima di ogni individuo, in una
prospettiva microcosmica. Derivare la specializzazione proprio dallidea della funzione
sembra essere un artificio molto utile a questa strategia, dal momento che garantisce
anticipatamente una divisione in base alla quale Platone potr stabilire la sua
tripartizione dellanima.
Tuttavia, ci sono due difetti in tale strategia, e questi difetti sono gravi.
Il primo che, come ho gi enfatizzato, dal fatto che solo x fa qualcosa non segue che x
fa esclusivamente questa cosa. Il secondo difetto che, in tale strategia, non esiste una
ragione precisa per limitarsi a tre e solo tre classi. A che obbiettasse, sulla base
dellesperienza greca antica, che la difesa della citt potrebbe essere affidata ai
produttori stessi, giustamente a titolo di opliti, non costerebbe nulla osservare che
certamente essi possono soddisfare questo compito, ma certamente non a titolo di
produttori, bens precisamente a titolo di guardiani. La nozione stessa di cittadino pu

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mantenere una diversit di funzioni che spetta alla ragione distinguere e al buon
legislatore imporre come costume. In questo modo, Platone autorizzato a far sorgere
dallinterno, a partire dalla nozione stessa di cittadino, le differenti classi che desidera
distinguere. Ciononostante, autorizzato a limitarsi a tre e solo tre classi sulla base del
principio di specializzazione? In fin dei conti, perch non distinguere una quarta classe,
propriamente quella dedita al sistema giudiziario? Essa soddisfa i requisiti di
specializzazione altrettanto bene quanto le altre tre classi. Non esiste una chiara ragione
per limitarsi a queste tre classi e rifiutarsi di porre una quarta classe. In verit, come lo
stesso Platone dice a IV 443a, non si deve considerare che la tripartizione dellanima sia
fondata nella tripartizione sociale della citt, ma, inversamente, lintero progetto di
fondazione della citt non se non una sorta di immagine della giustizia, edoln ti ts
dikaiosnes (443c4-5). La tripartizione della citt nelle sue classi fin dallinizio stata
comandata dalla prospettiva di una tripartizione dellanima, in modo tale che la giustizia
potesse porsi come lago della bilancia delle altre tre virt, ciascuna legata ad una parte
dellanima e a ciascuna corrispondendo una epitdeuma chiaramente distinto.
Tuttavia, se questa prima giustificazione votata allinsuccesso,
qualcuno potrebbe ancora proporre, se il principio di specializzazione non deriva
dallargomento della funzione, di considerare i due principi come prossimi, e tuttavia,
indipendenti. Platone avrebbe formulato largomento della funzione alla fine del libro I
per fornire una risposta sommaria, ed eventualmente troppo sommaria, alla questione di
sapere se luomo giusto felice, e avrebbe formulato il principio di specializzazione,
nel libro II, per dar inizio allesame che condurrebbe, una volta giunto al termine, alla
tripartizione dellanima e alla prospettiva della giustizia come una propriet psichica
degli agenti. In questo modo, non si attribuisce a Platone una incoerenza argomentativa
e si mantengono entrambe le strategie di cui si servito nella Repubblica. Ritengo,
tuttavia, che si deve resistere a questa soluzione. La prima ragione che largomento
presentato a partire dal libro II, a partire dallinsistenza di Glaucone e Adimanto intorno
alla funzione della giustizia e intorno alla possibilit delluomo giusto di essere infelice
e delluomo ingiusto di essere sommamente felice, uno sdoppiamento, ora in termini
di dialogo cordiale (contrariamente a quanto accaduto nel libro I nel dibattito tra
Tracimano e Socrate) intorno allo stesso argomento che, in un modo succinto, ha
portato alla prova con cui Socrate ha vanificato la tesi di Tracimano. Si tratta dello
stesso argomento, presentato ora sotto nuove spoglie, ma che deve dipendere dagli
stessi principi e questo spinge a credere che il principio di specializzazione, che dirige

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la costituzione della citt, decorra dalla natura della funzione che si attribuisce
alluomo. E questo non un puro capriccio di Platone. Se il principio della
specializzazione governa largomentazione dei libri II IV, allo scopo di fornire un
fondamento solido allargomento finale del libro I, il quale , a sua volta, fondato
sullargomento della funzione, e se largomento della specializzazione indipendente
dallargomento della funzione, allora esso necessita di una base metafisica pi solida
rispetto allargomento della funzione ma accade esattamente il contrario: largomento
della specializzazione veritiero solo nel caso in cui si potesse leggere largomento
della funzione in un certo modo, mentre largomento della funzione veritiero
indipendentemente dallargomento della specializzazione.
Di fatto, Platone insister molto chiaramente sulla solidariet fra i due
principi e, ci che pi importante e pi fondamentale, sulla dipendenza del principio
di specializzazione in relazione al principio della funzione. Il principio di appare per la
prima volta in occasione della fondazione dalla citt, come abbiamo visto, e pi
precisamente alle linee II 370b4-5, apparentemente in forma indipendente dal principio
della funzione. Dico apparentemente dal momento che alle linee 370c4-5 esso gi
formulato kat phsin, fondato nella natura e tale sua origine nella natura sar
accentuato. Alla linea 374b10 detto che la specializzazione ci cui ognuno
naturalmente portato; alle linee 374e4 e 374e7 loccupazione del guardiano descritta
come una funzione fondata nella natura. Di fatto, il termine del libro II destinato a
descrivere il naturale guardiano; ma poi, ai libri V e VII, troveremo la celebre
descrizione del naturale filosofo. Immediatamente prima di passare allanalisi
dellanima individuale di ciascun individuo, Socrate fa riferimento alle tre grandi classi
come a tre grandi generi (435b5: tritt gne phseon). Ci che garantisce questo
fondamento naturale al principio di specializzazione precisamente il fatto di provenire
dalla funzione che ciascuno soddisfa, essendo la funzione propria ad ogni ente.
Una seconda ragione per porre resistenza alla proposta menzionata
che, come abbiamo visto, largomento della funzione si inscrive in una prospettiva
tipicamente teleologica, e per giunta la pi ampia possibile. La funzione di x ci che
unicamente x realizza o che x realizza nel migliore dei modi, e questo ovviamente deve
comparire nella definizione di x, dal momento che, in un senso rilevante della natura di
x, la funzione di x ci che proprio di x e la definizione deve enunciare ci che
proprio di x e distingue x dagli altri enti. Nel pensiero greco, per lo meno in ci che si
stabilisce in una chiave francamente teleologica, stabilire una funzione per x ricavare

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per lo meno parte della definizione di x, e non poche volte la definizione stessa di x,
visto che la definizione di x enuncia ci che x propriamente realizza. Ora, il principio di
specializzazione si radica in uno stesso dominio, dal momento che, come abbiamo visto,
secondo lui ciascuno dovrebbe impegnarsi in una unica professione relativa alla citt,
quella per la quale la sua natura naturalmente pi atta (IV 433a4-6; corsivo mio). La
specializzazione di x qualcosa che proviene precisamente dalla natura di x, che gli
permette di godere di una attitudine, una epitdeuma particolare. Specializzarsi , in
questo senso, per x, seguire la sua propria natura, ossia realizzare la funzione specifica
di x.
Lambiente teleologico in cui si trova Platone tale che, in un senso
per lui accettabile, determinare la funzione di x trovare la natura de x e si deve sperare
che x manifesti nelle sue attivit questa stessa funzione. Perch in tale ambiente si
possano distinguere gli oggetti gli uni dagli altri, necessario poter determinare la
funzione di x, ossia ci che solo x realizza o che x realizza nel modo migliore. Si ottiene
in questo modo una diversit in cui gli oggetti non si confondono. Dal momento che il
principio di specializzazione dipende dal principio della funzione, il fatto di avere una
unica funzione deve derivare dal fatto stesso di avere una sola funzione. Tuttavia, dal
fatto che la natura di x consiste nella funzione che x soddisfa non deriva che x abbia
solo una funzione; infatti, x potrebbe rivestire varie funzioni, ed eventualmente x
potrebbe distinguersi da y per il fatto che realizza le funzioni (a, b, c) ed y realizza le
funzioni (b, c, e); o ancora, x potrebbe avere le funzioni (a, b) e distinguersi da y
nellordine di realizzazione di queste, una volta che y fosse definito dalle funzioni
nellordine (b, a). Ma qui sorge un problema: come si attribuisce ad un oggetto una
pluralit di funzioni, sebbene questo sia compatibile con la possibilit di distinguerlo da
altri oggetti, questa pluralit pu mettere in pericolo lunit propria delloggetto, che ora
avrebbe un insieme di funzioni da realizzare. La semplicit non una condizione
dellunit, ma senza dubbio il modo pi facile per assicurare questa stessa unit.
Penso che sia questo contesto pi ampio della teleologia, nel quale si
incrociano problemi di identit e di unit degli oggetti, che spinse Platone a ricavare il
principio della specializzazione dallargomento della funzione. In un senso che a lui
parso normale o naturale, se x ha una funzione, allora x ha una e una unica funzione e se
esso ha una e una unica funzione, allora deve mostrare questo nella sua
specializzazione. La teleologia della funzione di x genera una unica funzione per x in
qualit del privilegio che la semplicit possiede per garantire la unit di x. In termini

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metafisici, lunit di x si presenta confusa, in questo ambiente fortemente teleologico,
con lunicit della funzione di x e questo permette a Platone di passare dal principio
della funzione nel libro I al principio della specializzazione nei libri II IV come se
stesse duplicando lo stesso argomento.

Per concludere, molto sommariamente, mi si permetta di ricordare che


anche Aristotele si servito dellargomento della funzione, il rgon anthrpou, che
figura in modo particolare nellEtica Nicomachea I 6. Lassunzione di questo
argomento e le conseguenze che Aristotele ne trae sono, tuttavia, ben diverse da quelle
di Platone. Ciononostante, c un punto in comune tra i due. La funzione di x ci che
proprio di x, la sua naturalezza, e si spera che x possegga una unit garantita dalla
unicit della sua funzione. A questo proposito, concludo ricordando una osservazione in
relazione al coltello di Delfi. Delfi fu un eminente centro religioso ed era famoso per i
suoi coltelli che eseguivano per lo meno due funzioni. Non si conosce precisamente
quali fossero queste due funzioni: probabilmente erano quelle di scuoiare e di tagliare la
carne; si sa, per lo meno, che realizzavano due funzioni. Si pensa che fosse un mezzo
conveniente di economizzare spese per i visitanti, i quali potevano cos acquistare un
unico coltello invece che due, sebbene un unico coltello non concretizzasse altrettanto
bene le operazioni che avrebbero realizzato due coltelli distinti, ciascuno adeguato a
compiere una sola funzione. In relazione ai coltelli di Delfi, Aristotele scrisse quanto
segue nella sua Politica I 2: la natura non fa come i forgiatori fanno il coltello di Delfi,
meschinamente, ma realizza una cosa sola per un unico uso, dal momento che in questo
modo ogni strumento funzioner nel modo migliore, se sar utile non per varie funzioni,
ma per una soltanto (1253a19-23). Non la logica che spinge Aristotele a questa
conclusione, ma il radicamento egualmente profondo della sua metafisica in una
prospettiva teleologica, e questo fa in modo che ogni cosa sia definita dalla sua funzione
(o dalle sue funzioni), che la sua natura, necessariamente unica, senza dubbio, la cui
unit, tuttavia, sembra essere assicurata maggiormente dalla semplicit o unicit della
sua funzione.

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