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Simone Angippi
Non me la sento di abusare del concetto di belcanto
nello scrivere di tecnica vocale perch credo sia stato gi
strapazzato a sufficienza. Non nascondo, daltra parte,
che molte delle idee che svilupper in questo scritto sono
direttamente ispirate e riconducibili a quella che
possiamo considerare la tecnica di canto tradizionale
italiana cos come esposta da importanti trattatisti quali
Tosi, Mancini e Lamperti e incarnata da artisti come
Pertile, Schipa, Callas e pochi altri. Lo scopo quello di
a cura di:
trovare un nuovo modo per ribadire quelle cose
Associazione Musicale vecchie che tanto sembrano annoiare gli studenti di oggi
sempre pi attratti dalle promesse miracolistiche della
Alfredo Strada
foniatria applicata allarte e da un certo modo
Via Leonardo da Vinci, 5 allamericana di trattare il canto che, dal mio punto di
24040 Misano Gera dAdda (BG) vista, stanno solo facendo danni inestimabili.
IALIA
17/11/2012 0
BENCANTO CORSO BASE
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Lezione 8. ..........................................................................................................................................................................22
La messa di voce e il controllo della dinamica ..............................................................................................................22
Esercizio 10. Messa di voce ....................................................................................................................................22
Lezione 9. ..........................................................................................................................................................................23
Le diverse vocali ............................................................................................................................................................23
Lezione 10. ........................................................................................................................................................................24
Riassumendo.................................................................................................................................................................24
Appendice .........................................................................................................................................................................25
La "E" aperta - La "E" chiusa..........................................................................................................................................25
La "O" aperta - La "O" chiusa ........................................................................................................................................28
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I NTRODUZIONE
In musica, come in molte se non tutte le arti, lesigenza del comunicare passa anche e
soprattutto attraverso la necessit di stupire e tenere viva lattenzione del pubblico.
Fortunatamente il cantante dispone della voce che uno strumento assai espressivo di
per se eppure questo non deve indurci a pensare o a credere che da solo, questo splendido
strumento senza cervello, sia sufficiente a farci passare per grandi artisti. Ci che rende
veramente accattivante una voce o unesecuzione non infatti il timbro, la potenza, la
velocit nelle agilit, ne tantomeno lestensione o un acuto tenuto per molte battute.
Sebbene anche le cosiddette gigionerie abbiano la capacit di muovere un qualche affetto,
perlopi un banale stupore, ritengo che le emozioni pi commoventi e raffinate possano
essere solo evocate dal cantante che sappia veramente fraseggiare.
Normalmente questa capacit viene attribuita ad una sorta di istinto che chiamano
musicalit ma io ritengo che tale musicalit debba essere intesa come tuttaltra cosa: una
buona dose di sanit mentale (assenza di narcisismo, rara nei cantanti), creativit,
disponibilit ed apertura mentale unita alla conoscenza profonda di come funzionano le
cose della musica e del canto. Se esiste un istinto, o dono, o talento innato che dir si voglia,
solo la passione, lamore per larte e il desiderio di approfondirne sempre di pi la
comprensione e lespressione. Tutto ci che, diverso da questo talento, produca una
qualche forma di successo soltanto una fortunata serie di coincidenze o la capacit di
usare doti e risorse che non centrano con larte, la musica o il canto.
Per la stessa ragione, il vero spessore artistico di un cantante dovrebbe essere misurato
anche e soprattutto con degli strumenti di tipo estetico musicale. Non utile, di converso,
rimanere incantati di fronte alla superficie piuttosto ingannevole dellapparire timbrico o
dei numeri da circo di cui sopra che sono invece il pane quotidiano degli stolti e degli
ignoranti.
Chi vuole avvicinarsi a questo specifico approccio al canto, deve quindi preliminarmente
porsi una serie di semplici domande per valutare in coscienza la propria rispondenza a
questo punto di vista che, pur essendo solo uno dei tanti possibili, ha in se delle potenzialit
uniche nel suo genere. Molte volte sono io stesso a scoraggiare coloro che vogliono
avvicinarsi a questa disciplina da questa prospettiva perch diventa da subito evidente a me
e a loro quanto la loro sensibilit sia assai diversa da quella richiesta e necessaria.
Per gioco propongo allora il seguente piccolo questionario che serve a fare il punto della
situazione: una pratica preliminare che a volte risulta essere particolarmente illuminante.
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Q UESTIONARIO : SO CANTARE ?
SULLA DIZIONE
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SULLA MUSICALITA
SULLATTEGGIAMENTO
Si canta con la voglia di fare musica o solo per esibire il proprio timbro?
Si canta con fiducia, concentrazione e rilassatezza, oppure con ansia,
preoccupazione e tensioni?
Si canta recitando, senza aver il problema di dove o come piazzare i suoni?
Si usa la recitazione per aiutare il canto (il che significa fare delle caricature
anche dove non previsto) oppure il canto e la recitazione sono egualmente
padroneggiati?
Molto probabilmente ci sono tantissime altre domande da porsi ma credo che queste
siano sufficienti per delineare il campo e il metodo di lavoro che auspicabile utilizzare
nello studio della tecnica del canto, almeno secondo il mio punto di vista.
Riflettiamo, ad esempio, su come una nota lunga tenuta, a voce fissa e senza alcuna
dinamica, sia insopportabilmente noiosa, e come lo siano anche intere frasi prive di
accenti, di direzione e di senso! Cerchiamo di capire come quello che spesso manca al
cantate mediocre siano proprio le idee musicali e la capacit tecnica di metterle in
pratica.
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Il cantante ha allora il dovere di saper fare il suo mestiere per non finire con lessere
una banderuola compiacente di professori certificati da cartacce o, peggio, acclamati
per effetto di una qualche propaganda discografica o commerciale. Il cantante ha tutto
il diritto di proporre la sua linea interpretativa quando sia in grado di sostenerne le
ragioni con argomenti sensati e possieda gli strumenti per manifestarla. Resta inteso
che ogni reale apporto creativo di figure professionali ed artistiche degne di tale nome
sempre auspicabile, benvenuto e deve sempre essere accolto con entusiasmo e
spirito di collaborazione, non con arroganza ed egocentrismo: veri nemici dellarte.
Simone Angippi
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D UE PAROLE SUL METODO
Il metodo che propongo ai miei allievi si sviluppa su tre livelli poich ci sono talmente tante
cose da dire e da sperimentare che farne un unico calderone non aiuta ad interiorizzarle
con ordine e a sentirle progressivamente parte di noi.
Inoltre indispensabile fissare delle mete ben visibili e raggiungibili senza troppa difficolt,
per constatare che non si sta perdendo (o facendo perdere tempo) e per monitorare i
propri progressi con una certa cadenza.
Grazie al corso di base impariamo a cantare coerentemente alla luce di unestetica di tipo
belcantistico tradizionale che prevede una linea di canto fondamentalmente morbida,
facile, legata e vibrante. Per conseguire questo obiettivo impariamo a inspirare
profondamente e a espirare a mezzo di impulsi mettendo cos a fuoco come il recitar
cantando dipenda dalla concreta capacit di emettere suoni che siano veramente il
naturale sviluppo della voce parlata: quella che usiamo tutti i giorni per comunicare.
Con il corso avanzato entriamo nel regno del fraseggio fatto di chiaroscuri, dinamiche,
accenti, messe di voce, filati e mezze voci. A questo livello gi sappiamo cantare (labbiamo
imparato al corso di base) ma impariamo la differenza tra cantare note e cantare frasi, tra
cantare istintivamente e cantare con coscienza, controllo e creativit.
Con lultimo corso non resta che imparare un ulteriore metodo di studio pratico,
emancipato da qualsiasi figura professionale, spesso costosa (pianisti accompagnatori e
simili), grazie al quale affrontare da soli la preparazione di un ruolo intero. A questo punto
diventiamo completamente autonomi, maestri di noi stessi e perfettamente in grado di
decidere cosa e come cantare. Saremo noi a dire al pianista o al direttore di turno qual
linterpretazione che sentiamo pi nostra e saremo in grado di esibirla in un modo tale che
non susciteremo obiezioni.
Alla fine del percorso ci troveremo a far parte di una grande famiglia di artisti, tutti orientati
ad uno stesso buon gusto (finalmente), con i quali collaborare creativamente per dare vita a
produzioni veramente degne di essere viste e vissute.
Questo, insieme agli altri due manuali, il punto di riferimento teorico per il programma
accademico che promuovo nelle sedi e nei tempi che mi sono offerti e consentiti.
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L EZIONE 1.
LA VOCE PARLATA ARTISTICA
La prima cosa da mettere a fuoco con chiarezza del mio sistema che non deve esistere ne
deve essere pensata o messa in pratica la presunta dicotomia tra voce parlata e voce
cantata: considero la prima addirittura come la zona grave della seconda e, nella testa dello
studente, non devono mai essere concepite due modalit distinte: il parlare, il cantare.
Perch allora, pur sapendo parlare, il canto difficile per tutti? La ragione sta nel fatto che
la voce, quando canta, deve rispondere ad esigenze ulteriori rispetto al parlare di tutti i
giorni a partire dal fatto evidente che le richiesta unestensione ben oltre la sua normale
operativit. Studiamo quindi la tecnica per sviluppare quelle potenzialit che, pur essendo
allo stato embrionale nella gola di tutti gli esseri umani, nessuno escluso, hanno bisogno di
riemergere alla coscienza dopo essere state relegate nellombra da millenni di sole
chiacchiere.
Vediamo nel dettaglio quali sono le principali differenze tra il parlare quotidiano e il
cantare.
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Da quanto scritto facile dedurre che da una parte non c alcuna coscienza o controllo,
disciplina e conseguente tecnica, mentre dallaltra, si.
Quelli che seguono sono i passi che trasmutano il parlare di tutti i giorni in un
parlare/cantare artistico.
E S E R C I Z I O 1. S E M P L I C E M E N T E PARLARE
Scegliere una semplice frase e parlarla. La difficolt consiste nel fatto che, pur essendo il
parlare qualcosa di ormai completamente automatico, parlare a comando scatena tutta
una serie di meccanismi psicologici di difesa dellimmagine di se (resistenza, controllo, auto
valutazione) che rendono questatto normale del tutto innaturale e caricaturale.
Si deve badare a dare una leggera enfasi dove cade laccento tonico delle singole parole,
allungando un pochino la vocale della sillaba in grassetto. Questo dovrebbe essere
sufficiente per dare un certo slancio alla parola cosi da creare i presupposti per lesercizio
successivo.
E S E R C I Z I O 2. P A R L A R E CON RITMO
Riprendere la frase precedente e cantarla con varie scansioni ritmiche staccando bene le
sillabe e raggiungendo una buona velocit di metronomo.
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E S E R C I Z I O 3. P A R L A R E UNA VOCALE CON RITMO
Come lesercizio precedente ma sostituire la frase con la sola vocale A in modo da avere
un primo vocalizzo vero e proprio, basato ancora sulla voce parlata, che inizi a darci lidea e
la percezione di quello che chiameremo impulso e del punto ideale di attacco del suono
(spiegato successivamente). Si deve porre attenzione ad aprire comodamente la bocca
prima di emettere il suono e tenerla cos aperta, perlopi senza articolare la mandibola o
muovere la bocca, nelleseguire lo staccato, per tutto il vocalizzo.
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L EZIONE 2.
I MPULSO , PUNTO D ATTACCO , E RISONANZE
Questa scomposizione in tre elementi di per se negativa dal momento che aspiriamo ad una
sintesi, una unit, solo funzionale alla pratica dello studio passo per passo. In realt il
punto darrivo dellintero studio sar aver imparato a respirare e a costruire il suono nella
mente lasciando cos che tutto il resto (il corpo, lapparato della fonazione) si adatti alla
nostra creazione.
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IMPULSO
Per impulso si intende linsieme di percezioni soggettive che emergono e si possono
osservare nellatto di dire una vocale come visto nellesercizio 3: parlare una vocale con
ritmo. Il ruolo del facilitatore (alias maestro di canto) quello di far ripetere il suddetto
esercizio finch lallievo sar in grado di eseguire limpulso correttamente ed
autonomamente avendone fissate le sensazioni in maniera inequivocabile. Tali sensazioni
coinvolgono sia gli organi della respirazione (diaframma, muscoli addominali, eccetera) che
quelli della fonazione (laringe, corde vocali, eccetera) e non devono essere sezionati ed
esaminati singolarmente ma devono essere gestiti sinteticamente come un tuttuno:
limpulso. Limmagine sensoriale cos costruita si presenta come un dato granitico,
semplice e naturale, e non necessita di ulteriori complicazioni teoriche o pratiche.
PUNTO DATTACCO
Il punto dattacco ideale sulle corde vocali, niente di pi ovvio! Possiamo
orientativamente individuare la zona dove pensare lattacco, ovvero, lorigine del suono
toccandoci la fossetta corrispondente all'incisura articolare del manubrio dello sterno. in
questo punto che dobbiamo inizialmente immaginare di parlare artisticamente e cantare,
come se l avessimo la bocca.
Nel pratico possiamo sperimentare tutto questo ancora con lesercizio numero 3,
appoggiando ad esempio il dito indice e osservando lattivazione del laringe durante un
impulso. Si dovrebbe notare che la fossetta di cui sopra si gonfia (o si muove) leggermente.
Questo piccolo indicatore fisico molto importate per avere un punto stabile di riferimento
quando, specialmente allinizio dello studio, non si ha proprio la pi pallida idea di cosa e
come fare.
Pur considerando i tentativi di localizzazione fisica una pratica nella maggior parte dei casi
fuorviante, lidea che il canto nasca dalle e sulle corde vocali cosi lapalissiana che non
credo se ne possa averne una percezione aberrata. Laberrazione nasce proprio quando si
cerca di evitare la gola non capendo che quello comunemente chiamato gola nelle
classi di canto solo un fascio spesso indistricabile di tensioni unite allincapacit di
respirare.
RISONANZE
La colonna daria che viene esalata, sale e, grazie allimpulso, incontra il punto dattacco
dove, trasformata in vibrazione (o suono), continua a salire fino a raggiungere lorofaringe e
il rinofaringe. A questo livello non si devono aggiungere tensioni di sorta al normale flusso
di aria vibrante (che qui vogliamo prenda una forma vocalica naturale, vicinissima nelle
intenzioni a quella della vocale parlata), siano esse a carico della lingua (spesso contratta,
ingrossata e retroflessa), dei muscoli del collo (irrigiditi) oppure come effetti di espedienti
pseudo tecnici come sbadigli, conati di vomito, nasalizzazioni e simili.
La forma della vocale, cos come naturalmente parlata, predispone in modo ottimale gli
organi della fonazione. Il facilitatore ha praticamente il compito di evidenziare ed aiutare ad
eliminare tensioni ed aberrazioni della pronuncia.
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In uno studio pi avanzato della tecnica si constater come si possa arrivare ad aiutare
latto del parlare artisticamente diventando consapevoli (cio osservando prima per averne
il controllo poi) dellarea del palato duro (quella zona di palato delimitata dallarcata
dentale superiore) che , a tutti gli effetti, il posto dove indirizzare mentalmente il nostro
impulso daria vibrante. Per avere un idea di tutto questo, si pensi a quando vogliamo pulire
ad esempio gli occhiali e esaliamo dellaria calda per farli appannare dicendo una sorta di
hhhhaaaaaaa.
Allinizio per sufficiente cantare come si parla, ovvero, dare alle vocali cantate la stessa
forma di quelle parlate.
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L EZIONE 3.
P REMESSA AI PRIMI SUONI
La scelta della vocale per iniziare a vocalizzare ricade generalmente sulla A. Se la A
risulta essere troppo posteriore e prende un colore neutro () o anche suona troppo
arrotondata, come una (aperta) o peggio una (chiusa), si pu ricorrere
parallelamente alla (aperta) per far sentire e mantenere sensazioni di risonanze rino-
oro-faringee.
Per ragioni opposte, se la voce risulta troppo nasale o stridula e la A non fosse da sola
sufficiente per equilibrare le suddette sensazioni di risonanza libera, si potr ricorrere
parallelamente alla vocale U. Il giudizio rispetto a queste scelte spetta al facilitatore che
deve tarare il risultato acustico coerentemente al timbro parlato dellallievo che,
comunque, devessere anchesso libero da aberrazioni.
I primi suoni da emettere servono per costruire una base di sensazioni per fissare i gi citati
punto dattacco, impulso e zona di risonanza percepita. Dei tre cardini i primi due sono
fondamentali per iniziare mentre il terzo entrer in gioco quando ci porremo il problema di
cantare laddove la voce di fatto lontana dalla voce parlata (perch si tratta di note sempre
pi acute).
Per quanto riguarda il punto dattacco, gli esercizi della prima lezione dovrebbero essere di
per s sufficienti per chiarirne e fissarne le sensazioni. Limpulso, invece, legato al
meccanismo della respirazione e non facile metterlo a fuoco. Limpulso ideale deve essere
un cocktail ben proporzionato di: profondit, nettezza, morbidezza e vibranza (nel senso
che deve essere vibrante). Possono insorgere quindi diversi ostacoli.
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IMPULSO TROPPO O POCO NETTO
Se limpulso non suona abbastanza netto dobbiamo verificare il punto dattacco che non
deve idealmente spostarsi dalle corde vocali. Se risulta invece troppo secco, significa che il
punto dattacco forzato attraverso tensioni del collo e della lingua. In questultimo caso si
pu pensare transitoriamente di utilizzare la H davanti alla vocale per alleggerire le
tensioni.
VISUALIZZARE LIMPULSO
Per tentare di raffigurare il concetto di impulso, utilizzeremo un grafico che ha per ascissa il
tempo (T) e per ordinata la frequenza del suono emesso (origine 440 hz). Ogni suono
vibrato ha una certa ampiezza nella oscillazione di frequenza (rappresentata da X e -X) che
ci fa percepire tale vibrato o come troppo stretto (quasi nota fissa) o troppo largo (la
cosiddetta voce che balla). Allo stesso modo, la quantit di picchi nel tempo (velocit
dellimpulso) ci fa percepire il vibrato come troppo veloce (voce caprina) o troppo lento.
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L EZIONE 4.
IL DRAMMA DELLE DUE VOCI
Prima di buttarci nel canto pratico, dobbiamo ancora chiarire un paio di dati teorici. Senza
dubbio una delle prime cose che il principiante sperimenta della propria voce che pu
emettere suoni in almeno due maniere univoche ed inequivocabili. Questi due modi li
chiameremo modo femminile e modo maschile (per non continuare a chiamarli
falsetto il primo e petto il secondo). Il fatto curioso che tutte le voci (maschili e
femminili, acute e gravi) condividono la stessa identica zona dove ci si pone il problema di
quale modo usare per continuare a salire (o scendere) di grado.
Con lestetica ottocentesca e laffermarsi del tenore a piena voce maschile (e il famoso
DO di petto) ci troviamo pure di fronte al fatto che non c nemmeno scelta per il tenore il
quale deve necessariamente sviluppare una tecnica che gli consenta di cantare in modo
maschile anche laddove la natura lo porterebbe a cantare in modo femminile, il cosiddetto
falsetto, che comunque ancora largamente in auge in pi di una situazione musicale, di
studio e di repertorio.
Il mezzosoprano (ma anche il soprano che cerca note corpose sulla prima ottava) ha invece,
negli stadi pi avanzati dello studio, il difficile problema del passare senza troppi traumi da
una modalit allaltra.
Specialmente alle giovani allieve, alle quali iniziamo a spiegare il punto dattacco e la
faccenda dellimpulso, suggerisco di porre particolare attenzione poich nel farle
rintracciare la loro vera voce parlata finiscono, in un buon numero di casi, per parlare in
modalit maschile per poi stupirsi di fronte al fatto di non poter cantare e salire di grado.
Per i maschi il problema non esiste giacch la loro voce parlata maschile per natura.
Il consiglio per le allieve allora quello di garantirsi una voce parlata femminile da studio,
diciamo, (anche quando non fosse per loro del tutto naturale) provando a parlare il LA3 per
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poi scendere in questa modalit di qualche tono. Altro consiglio parlare piano. Si tenga
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presente che il modo maschile nella voce femminile (cos come quello femminile in quella
maschile) pu essere utile e non va cancellato, anzi, pi avanti nello studio verr recuperato
ed usato creativamente.
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L EZIONE 5.
C ANTIAMO !
A questo punto dovremmo avere a disposizione i dati teorici minimi ed indispensabili per
cantare, parlando o recitando (come si suole dire), le prime note.
Rintracciata quindi la nostra vera voce parlata ed individuate le note dove si colloca il
nostro parlato, iniziamo a lavorare con i vari tipi di impulso in modo da aggiustare il
meccanismo della respirazione non dimenticando che il punto dattacco ideale sulle corde
vocali e si percepisce nettamente parlando la vocale.
E S E R C I Z I O 4. I M P U L S O STACCATO
La nota indicata sul rigo, il FA, la rappresentazione arbitraria convenzionale di una nota
comoda, parlata senza sforzo (ognuno usi la propria). Si tratta di dire (cantare) una A
tenendola per quattro tempi, a voce fissa, come se si stesse facendo un esame foniatrico,
per poi ripeterla con impulsi daria staccati senza cambiare nulla nellattitudine fonatoria.
Mettiamo cos a fuoco il punto dattacco e limpulso staccato.
E S E R C I Z I O 5. I M P U L S O SEMILEGATO
Lesercizio sei riassume il quattro e il cinque e serve per farci percepire analogie e
differenze tra quelli che chiamiamo i due impulsi di base sui quali costruiremo tutti gli altri.
Come potete leggere, alternare per qualche battuta i due impulsi il sistema che
utilizziamo per capirne le caratteristiche.
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L EZIONE 6.
G LI ALTRI IMPULSI NELLA PRATICA
Interiorizzati e padroneggiati i due impulsi di base (staccato e semilegato), cominciamo a
praticare come a partire da queste due cellule si possa sistemare tutta la voce. Cercher di
rappresentare nuovamente i legami che collegano i diversi tipi di impulso partendo da
quelli appena studiati.
Dallimpulso staccato possiamo passare alla coloratura staccata, alla invettiva, alla nota
(spesso un acuto) presa di taglio.
E S E R C I Z I O 7. S T A C C A T O E COLORATURA
I pattern ai quali ci affidiamo per i nostri vocalizzi sono sempre pi o meno ricorrenti. Ci si
affida a ripetizioni che toccano ora un intervallo di terza per moto congiunto ora uno di
quinta. Specialmente allinizio dello studio sono sconsigliabili intervalli pi ampi e, anche il
ripetere il pattern alzando di semitono in semitono la tonalit, deve essere monitorato da
un facilitatore perch le cose da correggere, salendo, possono essere molte.
Si metta a fuoco che lelemento ritmico importante ed lunica cosa sulla quale lallievo
dovrebbe focalizzare la propria attenzione attiva onde evitare qualsiasi interferenza o
aggiunta alle semplici cose che gli si chiede di fare.
E S E R C I Z I O 8. S E M I L E G A T O E COLORATURA
Del tutto simile allesercizio precedente. La differenza tra i due tipi di coloratura stilistica.
In generale si dovrebbe preferire quella semilegata o, meglio, legata del tutto, poich
quella che consente il migliore controllo dinamico e di fraseggio. Questultima garantisce
inoltre una maggiore velocit evitando la sgradevole sensazione di martellamento che,
purtroppo, oggi va cosi di moda ma che non trova alcuna giustificazione se non il gusto e la
predilezione per lorrido e il banale. Lo staccato altrettanto un potente elemento
espressivo purch non sia veramente la sola carta che ci possiamo giocare nel cantare una
coloratura o un recitativo che, in tal modo, suona come un ridicolo canto sillabato o
abbaiato.
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E S E R C I Z I O 9. S E M I L E G A T O E TRILLO
Non condividiamo lidea che il trillo nasca dalla ripetizione veloce di due note staccate
(come suppone Battaglia nel Vaccaj) ma riteniamo che esso nasca dal semilegato proprio
perch, come gi accennato, questa la sola modalit grazie alla quale possiamo
mantenere il controllo della dinamica e del colore. Questo tipo di trillo rintracciabile in
artisti come Maria Callas che riteniamo essere, tra coloro che sono facilmente reperibili
allascolto, lartista tecnicamente pi completa in questo ed altri sensi.
Ricordiamo che il trillo pu essere pensato anche come un vibrato largo e come dal trillo
si possa passare alla coloratura semilegata. Tra trillo e coloratura semilegata possiamo
anche evidenziare che il primo pu essere avvertito come prodotto da una sorta di
morbidezza dinamica localizzata esattamente nel punto di attacco (sulle corde) mentre la
seconda coinvolge pi marcatamente la zona addominale e diaframmatica.
Notare anche che non continueremo a scrivere questo tipo di coloratura con punto e
legatura ma la considereremo comunque, semilegata o anche legata del tutto. La differenza
tra semilegato e legato che il semilegato prodotto da un impulso un poco pi marcato
su ogni nota. Tale semilegato allinizio dello studio pi facile ma deve poi cedere il posto al
legato vero e proprio; ritorner in una fase pi avanzata come ulteriore elemento
espressivo e di fraseggio.
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L EZIONE 7.
L IMPULSO NEL CANTO LEGATO E VIBRATO
Sebbene possa sembrare paradossale, il canto legato vibrato (primo serio obiettivo
didattico) che normalmente prodotto da istinto e non affatto codificato, nasce
anchesso dallimpulso. Come abbiamo gi accennato, da immaginarsi come una serie di
impulsi morbidi che si collocano sopra una sorta di nota lunga tenuta, un basso continuo.
Per arrivare al risultato acustico corretto, partiamo come sempre dagli impulsi
precedentemente studiati. Possiamo partire sia dallimpulso semilegato che dal trillo. Come
gi accennato, il trillo garantisce morbidezza laddove abbiamo definito debba essere il
punto dattacco (sulle corde) mentre la coloratura produce morbidezza nella zona
addominale e diaframmatica. Ne consegue che il canto legato vibrato non pu che essere
percepito come un modo molto morbido di cantare ed questo alla base della sua reale
potenza espressiva e del senso di naturalezza e facilit che esprime.
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L EZIONE 8.
LA MESSA DI VOCE E IL CONTROLLO DELLA DINAMICA
Spiegata la teoria che serve per produrre il canto legato vibrato, non resta, prima di
praticarlo, che aggiustare ulteriormente la nostra respirazione attraverso la pratica della
messa di voce. Come sappiamo la messa di voce si produce grazie allandamento dinamico:
piano-crescendo-forte-decrescendo-piano.
Per noi che, in questo momento siamo alle prime armi, iniziare cantando piano significa
parlare piano, sussurrare. Il crescendo nasce dalla volont di farsi sentire, di parlare pi
forte, volont che viene incanalata entro i binari della vocale e dellimpulso che alla base
del canto legato vibrato.
Cos per crescere possiamo (dobbiamo) pensare di emettere impulsi pi vividi e vitali, che
trovano origine in una zona profonda del nostro essere (rileggere a tal proposito lezione 3
premessa ai primi suoni) e che sono lasciati uscire senza che vi si opponga alcuna
resistenza o tensione: solo una questione di pratica.
Purtroppo, a questo livello, lo studio del canto non pu essere intrapreso con successo
senza una guida dal momento che le parole, anche quando fossero scelte con accuratezza,
non bastano a descrivere il fenomeno nella sua completezza. Ci si deve quindi affidare al
buon esempio e alla ripetizione per imitazione.
E S E R C I Z I O 10. M E S S A DI VOCE
Lunico pattern che suggerisco questo, si potr comunque variare sul tema piacimento
provando vari intervalli. La cosa pi importante che lelemento di collegamento per
ottenere leffetto di legato tra note di diversi gradi proprio limpulso (che si manifesta
come vibrato) che non deve perdere il suo andamento, la sua fase, il suo moto ondulatorio.
Addirittura possiamo suggerire lidea che tale ritmo ondulatorio debba essere un poco
accelerato proprio prima del cambio di nota.
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L EZIONE 9.
LE DIVERSE VOCALI
A questo punto del nostro corso abbiamo in tasca tutte le premesse per cantare sapendo
ben respirare (gestione degli impulsi e delle dinamiche). Sebbene non si finisca mai di
imparare a respirare meglio, riteniamo non ci sia altro da dire (o da fare) per imparare la
respirazione artistica pratica.
Non resta quindi che imparare a mettere vocali e note sopra questo flusso morbido di aria
che si manifesta come diversi impulsi.
Per queste ragioni (qui solo accennate) possiamo pensare di dividere arbitrariamente le
vocali in vocali chiare (a, , , i) e vocali scure ( - non usata in italiano, , , u).
I U
Ritengo sia preferibile iniziare lo studio del canto a partire dalle vocali chiare (specialmente
A ed ) perch pi delle altre ci aiutano a percepire quelle risonanze rino-faringee che ci
guideranno per tutto lo studio.
Il colore scuro viene dopo ma non affatto costruito sopra il colore chiaro, ha invece una
sua propria dimensione. Possiamo dire che, in italiano, le dimensioni sonore sono proprio
sette: una per ogni vocale. Lidentit unica di ogni vocale devessere sempre rispettata e
garantita proprio dalla corretta respirazione (impulso) e dal giusto punto dattacco (sulle
corde).
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L EZIONE 10.
R IASSUMENDO
Abbiamo qui concluso il nostro corso di base che prevede la padronanza della respirazione
artistica (impulso) la quale consente, al parlare di tutti i giorni, di diventare arte (o canto).
Abbiamo messo a fuoco che il punto di attacco non pu essere lontano da quella tanto
demonizzata gola e che quello normalmente chiamato canto di gola non altro se non
leffetto di una pessima respirazione, non basata su impulsi, rigida, ferma, spinta o
compressa.
Abbiamo inoltre capito che non esiste la maschera come luogo di risonanza ma si deve
parlare di rino-faringe (palato duro) ed eventualmente di risonanza pensata o percepita pi
che di luogo anatomico misurabile attraverso una qualche sorta di strumenti medici.
Abbiamo accennato al fatto che allinizio sembrano esistere due voci inconciliabili in ogni
gola e probabilmente, qui lo dico, tutta la mitologia inerente a fantomatici passaggi e alla
loro gestione ha origine da questa dicotomia di fondo. Abbiamo per gi intuito come il
problema non sussista affatto dal momento che ci atteniamo al nostro paradigma fatto di
impulsi, punto dattacco e sensazioni di risonanza.
Abbiamo anche determinato che questo corso ha come obiettivo didattico e artistico il
canto legato-vibrato (o vibrante) che il fondamento del belcanto e abbiamo intravisto gi
il colore delle vocali italiane e il concetto di chiaroscuro.
Credo abbiamo fatto molta pi strada di quanta altri hanno fatto in una vita (a giudicare da
quello che si sente in giro tra i professionisti) perch abbiamo riscritto in termini pi
moderni e adeguati ai tempi un modo pratico, veloce ed efficace per replicare quello che gli
antichi hanno saputo fare meglio di noi. Sebbene il percorso sia solo allinizio, gi scopriamo
di riuscire a fare pi musica di molti di quelli che oggi calcano le scene e sono sostenuti, nel
nonsenso della loro mancanza di talento e conoscenza, soltanto da varie manovre di
propaganda nella beata ignoranza della maggior parte di chi ascolta e compra.
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A PPENDICE
L A "E" APERTA - L A "E" CHIUSA
LA "E" SI PRONUNCIA APERTA NEI SEGUENTI CASI:
Eccezioni: chirico, quando la "E" fa parte di un suffisso con "E" chiusa (atniese, zitta)
EDINE - ERRIMO - EVOLO - ERNO - ELA - ENO (Suffissi di sostantivi e aggettivi): salsdine,
pingudine, integrrimo, celebrrimo, benvolo, malvolo, matrno, etrno, parentla,
clientla, cilno, slovno
Quando seguita da una vocale: coli, fudo, ida, si, li, assembla, mara
Quando seguita da consonante e da due vocali: assdio, critrio, tnue, srio, spcie,
rgio
In molte parole isolate: vngo, tngo, pota, poma, aprto, offrta, asptto, bne,
smpre, mglio, pggio, brve, tmpo, esmpio, celste, crto, dbbo, dvo, cco, grco,
co, prgo, spro, primavra, ministro, battistro, rggia, accadmia, lva
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LA "E" SI PRONUNCIA CHIUSA NEI SEGUENTI CASI:
EVO - EVI - EVA - EVANO (Desinenza del passato remoto): volvo, volvi, volva, volvano
EI - ESTI - ESTE - EMMO - ERONO - E' (Desinenze del passato remoto): credi, credsti,
credste, credmmo, crdrono, cred
ERE (Desinenza dell'infinito dei verbi): tenre, avre, cadre, volre, bre, giacre
Eccezioni: rggia
Eccezioni: ahim, cio, Mos, No, caff e alcune parole di origine straniera
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In molte parole isolate: allgro, capllo, crco, dntro, dimntico, frmo, frddo, schrmo,
smbro, svglio, vrde, bstia, schrmo, gli, lla, ssa, ssi, bistcca, lcco, bcco,
vendmmia, antnna, balna, mno, sno, mntre, sra, nro, stlla, Rggio, vnne
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L A "O" APERTA - L A "O" CHIUSA
LA "O" SI PRONUNCIA APERTA NEI SEGUENTI CASI:
UO (Dittongo): buno, cure, fuco, furi, sui, tui, vui, pui, anche quando la "U" sia
caduta (cre, figlilo, gico)
Eccezioni: quando la "O" fa parte di un suffisso con "O" chiusa (affettuso, langure,
liqure)
OIDE - OSI - OLDO - OLFO (Suffisso di aggettivi e sostantivi, di termini medici e terminazione
in genere): tiride, cellulide, Arldo, Leopldo, Adlfo, artrsi, sclersi
Nei monosillabe e nelle parole che terminano con consonante: d, st, ci, s, h, n,
nrd, stp, facttum
Quando seguita da consonante scritta scempia (non doppia) seguita a sua volta da due
vocali e quando la parola sdruciola: custdia, negzio, mgio, meldico, termmetro,
pedaggico, tubercoltico
In molte parole isolate: ctto, mtto, nstro, vstro, csa, accrgersi, mdo, cgliere,
cpro, dnna, giia, do, grsso, gdo, pi, pco, piottsto, psso, scpro, scrgere,
trppo, spsa, rsa, dse, dimra, spsta, csta, ssta, rco, drso, mrso, lio, nrma,
chisco, mrto, grtta, rgo, bsco ( accettata anche la pronuncia con "O" chiusa)
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LA "O" SI PRONUNCIA CHIUSA NEI SEGUENTI CASI:
Eccezioni: precce
OGNOLO - ONZOLO ( accettata anche la pronuncia con "O" aperta) Suffisso di aggettivi e
sostantivi: amargnolo, verdgnolo, medicnzolo, lattnzolo, girnzolo
In molte parole isolate: sno, abbandno, dpo, allra, ancra, psto, rispsta, propsta,
aragsta, rma, msca, lro, ni, vi, dlce, girno, intrno, mglie, nme, enrme, fga,
orgglio
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