(Ma quel che maggiormente colpisce lo storico constatare come
sia comunque diffusa fra gli studiosi del mandato nel diritto positivo, l'opinione che il nodo sia proprio storico-rico-struttivo, e che l'attuale disciplina rappresenti 'una figura contrattuale che va considerata una sovrastruttura di dubbia utilit, residuo di un malinteso impianto sistematico romanistico'). (Tutto ci sembra rendere necessario un riesame generale dell'istituto che, nel tentativo di rimeditare sulla storia e sulla disciplina del mandatum, ci offra anche elementi idonei a coglierne la proiezione oltre l'esperienza giuridica romana e dunque a valutare il ruolo della riflessione romanistica nella configurazione dogmatica del contrato.) (A tacer di ci permane comunque un indice esterno, provvisorio ma utile, rappresentato dalla limitatezza degli studi d'insieme sul contrato, specie se confrontata con la sussistenza di una certa variet di ricerche circoscritte a singoli profili dell'instituto, ovvero che marginalmente lo considerano, nell'ambito di indagini su profili riconstruttivi pi ampi, come in materia di ius gentium o di fides bona. Una marginalit, aggiungo, che nasce anche da una singolare lacuna nelle fonti che, enumerando i contratti consensuali in relazione al "ius gentium", di norma omettono proprio il mandato.). (Il dibattito su punti specifici della disciplina del mandato sembra ruotare, essenzialmente, attorno alle risultanze di due indagini monografiche, che offrono ali studiosi la possibilit di disporre di un quadro generale di riferimento, nell'ambito del quale rapportarsi ai diversi problemi che la disciplina del'istituto pone, assumendo nell'impostazione, nelle scelte metodologiche, nello stesso stile espositivo, caratteristiche di notevole diversit che finiscono per riflettersi nella configurazione di molti dei risultati scientifici raggiunti). (L'una, di Vincenzo Arangio-Ruiz, del 1949, derivante da uno dei suoi celebri corsi romani, e l'altra di Alan Watson, del 1961. Le due indagini, come vedremo, costituiscono attualmente i due scenari pi ampi, specialmente sul piano dogmatico, a cui si riconducono, in un modo o nell'altro, le sucessive riflessioni della dottrina su singoli aspetti del contratto; con l'effetto - per certi versi naturale, poich scaturente dalla specificit degli obiettivi perseguiti dagli studiosi - di dare per assodati, nel loro insieme, i risultati raggiunti da Arangio- Ruiz ovvero da Watson, ma spesso senza che venga proposta una riflessione adeguata sull'eventualit che il quadro sistematico offerto delle due importanti ricerche possa risultarne, anche in virt delle successive indagini su aspetti pi circostanziati, talvolta - e in taluni casi sensibilmente modificato). (In breve sintesi, le linee di questa indagine saranno pertanto rivolte a cogliere preliminarmente caratteri e articolazioni storiche del mandare arcaico (cap. 1), per poi valutare le possibilit di raccordo storico e funzionale fra quelle pi antiche esperienze e la progressiva definizione delle linee contrattuali del rapporto (cap 2). Alla luce del disegno storico che ne deriver e, al contempo, per verificarne la fondatezza, verrano esaminati infine i profili essenziali della disciplina del contratto di mandato quale essa risulta delineata dall'elaborazione dei giuristi classici (cap 3).)
(como rivela una intuitiva etimologia, deriva de manum dare,
espressione che, se pure talvolta assume il significato traslato di aiutare qualcuno - quel 'dare una mano' che permane, con una tale accezione, nel linguaggio comune - ne possiede uno etimologicamente pi diretto, che fa riferimento all'atto di porgere una mano perch venga stretta ed in tale atto materiale si solennizzi un impegno reciproco, un accordo, ovvero si formalizzi un atto di 'affidamento' dell'uno, attraverso la manus, all'altro. Questo significato trova un'intuitiva coincidenza con la caratterizzazione rituale che il gesto assume nelle lingue indoeuropee, come nelle espressioni mund, munt o nell'irlandese montar, muinter, tutte legate all'esercizio di un potere giuridicamente fondato, in ci trovando un probabile elemento di unificazione nel ceppo etimologico originario di "man-dho" da "manum-dho", construito in evidente analogia a vendo che deriva de venum-do. Per altro, se l'iniziativa di manum dare pu ache essere unilaterale, perch l'atto sia efficace la stretta deve manifestare una reciprocit di intenti e deve dunque, con l'incontro delle due mani, suggellare l'incontro delle due volont, sia pure mantendo la diversit giuridica e di 'potere' fra i soggeti, nel medesino senso in cui, con una stretta di mano, si perfeziona l'accoglimento dello straniero, a cui l'hospitium viene 'conferito').
(Si comprende dunque come il "manum dare" possa raggiungere il proprio
scopo soltanto nella misura in cui l'atto venga recepito dal destinatario che, nell'accettare la 'stretta' di mano, ne accolga e ne faccia proprio anche il significato ed il valore che il 'manum dans' a quell'atto aveva intenso attribuire, accompagnando il gesto con una dichiarazione o facendo riferimento implicito ad una preesistente intensa fra le parti. a questo profilo gestuale che occorre prestare attenzione per cogliere, con la stretta delle destre, il momento in cui il rapporto si istituzionalizza, in cui il consenso si formalizza e da cui possono derivare le conseguenze legate all'inadempimento dell'impegno assunto, siano esse 'azionate' processualmente o, nell'et pi antica, riflesse nella disistima sociale che avrebbe colpito la parte venuta meno all'obbligo assunto formalmente) (Tutto ci non impedisce comunque di ritenere che ci si trovi di fronte ad una connotazione gi abbastanza avanzata dell'espressione, che probabilmente assumeva, nella sua risalente accezione, un pi marcato profilo di unilateralit, espressione di un comando. Il mandare esprimerebbe cos una 'Urbedeutung', un significato antico ed originario di 'atto di comando, di espressione di potere, di volunt autoritativa finalizzata a conferire un incarico, configurandosi, in sintesi, come manifestazione di una volunt di imperio. Ma una volont siffatta, per essere attuata, aveva in ogni caso bisogno di un soggetto che recepisse ed eseguisse il mandatum, volontariamente o meno; connotazione, quest'ultima, che permanece anche quando la bilateralit si stempera, come avviene ancora in et imperiale per i mandata del principe, espressione diretta e autoritativa della volont imperiale rivolta ad un soggetto che, pur assoggettato a tale volont, necessario che la recepisca e la esegua) (Sappiamo bene, altres, quanto sia consolidata nelle fonti l'accezione 'autoritaria', ma 'formalizzata' di manus, in connessione con le pi antiche forme processuali; basta riflettere a come nel rituale della 'manus iniectio sia attribuita alla manus' una fortissima valenza, plasticamente connessa all'esercizio del potere executivo (...)valenza che acquista una tale rilevanza giuridica da assumere addirittura un'efficacia definitoria dell'instituto processuale, che si estende all'addictio, effettuata sanciendae fidei gratia). (Ma considerazioni simili valgono pure per la meno cruenta procedura di cognizione. Sappiamo infatti come il rito vindicatorio venga anche denominato, nelle fonti, in iure manum conserere o ex iure manum (o manu) consertum vocare e come una tale definizione, certamente di alta antichit, pur assumendo un valore unilaterale, espressione di un potere individuale sulla cosa, vada comunque posta in relazione ad un 'procedimento formalmente instaurato'. Cos nel diritto sostanziale attorno ad una stretta della mano che ruota l'impegno solenne degli heredes sui di creare il consortium... nam manum adserere dicit consortes). (Dunque l'atto di stringere la mano assume il valore di vincolare permanentemente una persona, manifestazione plastica di un potere che si innerva nel gesto e si completa con una dichiarazione che ne precisa il significato. Ci consente alla manifestazione gestuale di potere - probabilmente in origine indifferenziata - di assumere una specificit teleologica chiara e 'pubblica', dunque anche certa e 'testimoniabile'. La necessit rituale di determinare con verba idonei l'obbiettivo economico- sociale che ci si proponeva - necessit che avrebbe segnato evolutivamente il passaggio da una situazione di potere indifferenziato ad una specificazione di esso proprio in funzione della peculiarit dello scopo di volta in volta perseguito - fa cos comprendere come la attivit gestuali originariamente corrispondenti ad un prendere o ad un afferrare, si siano ben presto completate con una formulazione verbale che, nei casi di dichiarazioni maggiormente ricorrenti e uniformi nel loro valore teleolofico, venivano formalizzate in formule fisse e sacramentali).
( questo il caso del simbolismo, insito nel mancipare, del manu-
capere, nelle sue molteplici applicazioni, per ciascuna delle quali doveva sussistere una particolare dichiarazione formalizzata, funzionale alla specificit dell'atto che si intendeva compiere e omogenea alla realizzazione degli effetti giuridici di esso, ma sempre segnata dall'intervento della manus, strumento simbolico e mezzo irrinunciabile per l'espressione plastica di un 'potere'. Ed questo, probabilmente, anche il caso della legis actio per manu iniectionem, in cui l'atto di afferrare qualcuno o la possibilit inversa, nella manus iniectio pura, di manum sibi depellere et pro se lege agere. Ed questo, probabilmente, anche il caso della legis actio per manu iniectionem, in cui l'atto di afferrare qualcuno o la possibilit inversa, nella manus iniectio pura, di manum sibi depellere et pro se lege agere, integra la dialettica processuale che corre lungo il filo della gestualit produttiva di effetti giuridici). (La latitudine del manum dare appare dunque amplissima nelle sue accezioni, accomunate per da alcune costanti, a mio parere rappresentate da una bilateralit 'sbilanciata', se non proprio da unilateralit, e dal vincolo del gesto solenne di stringere la mano, concretamente in et pi antica, in senso figurato in et avanzata, come, appunto, nel caso dei mandati imperiali o come gi nell'espressione derivata 'mandatela' (custodelaque mea) del rituale della mancipatio familiae, anche se possiamo rintracciare in questa formula, come pone in rilievo lo stesso Arangio-Ruiz, 'espressioni che per la loro struttura arcaica risalgono probabilmente alle origini'. Una tale 'bilateralit' non ritengo, per, assuma il valore di vera e propria 'pariteticit', specialmente nell'et pi risalente e dominata dalla fides, ma acquister soltanto in una fase molto avanzata un tale significato, lo stesso significato a cui far riferimento Isidoro di Siviglia a proposito del contratto di mandato: mandatum dictum quod olim in comisso negotio alter alteri manum dabat). (La rapida ricognizione dei meccanismi lessicali e dialogici che danno corpo e movimento alla trama delle commedie plautine, facendoci cogliere nel loro vivace articolarsi relazioni caratterizzate da un mandare, ha mostrato come tali relazione appaiando fondate su un saldo vincolo socio-giuridico che, frequentemente, viene referito alla fides). .(I problemi che la fides pone, nella sua configurazione storica e nei suoi riflessi negoziali, variamente affrontati dagli studiosi, sono molteplici e multiformi. Sul piano semantico la dottrina ne ha spesso evidenziato il dualismo fra un significato rinvenibile nel 'potere' da parte di chi la fides esercita, ponendo sotto la sua 'protezione' colui che decide di se dare in fidem, e quello di fondamento di un impegno, di una promessa, da parte di chi support il proprio agire proprio col precetto etico e giuridico della fides; assumendo questa pi tarda accezione si poi scivolati verso un presunto significato di legame di vincolo.) p. 60-61: Si persino, in una prospettiva a mio avviso non condivisibile, tentato pi volte un percorso unificatore dei vari significati dell'espressione, col risultato di forzarne il dato concettuale, nel tentativo di individuare comunque un comune denominatore che ne potesse segnare i caratteri giuridici in modo esaustivo ed omnicomprensivo, senza tenere nella dovuta considerazione la constatazione che 'la fides non schematicamente definibile in modo univoco e rigoroso'. In realt, assodato che 'fides' una delle espressioni latine, rilevanti per il giurista, che maggiormente presente una pluralit di significati, sarebbe probabilmente opportuno un approccio storicamente orientato che ne cogliesse il senso in un dato momento, anche correndo il rischio di doversi accontentare di un concetto che, seppure inappagante sul piano giuridico, possa risultare quantomeno ben delineato sul piano del significato. Sappiamo bene come il pi antico sistema giuridico romano sia fortemente permeato dal concetto di fides e ci, per altro, certamente comprensibile, per lo stretto intreccio che il diritto arcaico presenta, fra vincoli sociali e loro regolamentazione giuridica. p. 63-64: La fides avvolge cos tutto il sistema della relazionalit arcaica, ne costituisce veramente l'elemento caratterizzante e, in certa misura, paradigmatico, assumendo speciale rilevanza ance nel diritto pubblico e, particolarmente, internazionale, in cui la connotazione unilaterale della resa e della deditio in fidem, formalizzata nel 'kapitulationsakt' di fronte al nemico, determinava le conseguenze giuridiche della perdita della cittadinanza dei vinti. Questi divengono dediticii, ovvero nullius certae civitatis, senza che l'eventuale 'repectio in fidem' da parte del vincitore possa avere l'effetto di alterare l'unilateralit dell'atto solenne, rappresentando soprattutto una sorta di suggello formale e solenne dell'armorum traditio che differenzia nettamente la situazione da quella conseguente ad un accordo bilaterale sfociante in un foedus, vero e proprio trattato. p. 64: In realt la deditio in fidem la sintesi concettuale di un sistema che affonda le sue radici nella prassi bellica arcaica: Roma unilateralmente 'concede', ai vinti che ad essa si affidano, innanzitutto la vita, e quindi la libert o un particolare status, senza nessuna partecipazione a tale determinazione da parte del popolo sottomesso che, spogliandosi della propria sovranit, si consegnava alla fides di Roma nella sua totale consistenza di uomini, donne e beni. p. 65: In effetti, quello che soprattutto interessa, anche nella nostra pi limitata area di indagine, cogliere le caratteristiche della fides intesa come espressione caratterizzante l'atto di 'affidare', di 'in fidem dare', proprio per segnarne i confini concettuali e la rilevanza giuridica nelle relazioni pi antiche, laddove tali relazioni siano rivolte ad assegnare a taluno in incarico da cui scaturiscano conseguenze importanti sul piano della doverosit sociale, al punto di fondare p. 66: Si delinea cos un contesto di doverosit che legittima la condanna degli amici infedeli 'lingua factiosi, inertes opera, sublesta fide', e l'esaltazione di chi appare invece custode delle virt dell'amicitia e della fides, come dice Carmide a Callicle nel Trinummus di Plauto: cui fides fidelitasque amicum erga aequiperet tuam p. 67: Un altro profilo che va posto in considerazione riguarda l'analogia fra il mandare, intenso come um manum dare, su cui ci siamo soffermati in precedenza, e la fides, anche in rapporto alla particolare rilevanza attribuita alla gestualit ed all'uso della mano, in funzione o di esplicazione di un potere (visibilmente presente e funzionale, a non volerne ripercorrere i significati magici e religiosi, ad esempio, nella manus iniectio o nella conventio in manum) ovvero di solene affermazione di un vincolo fra due soggetti che pongono a suggello del legame che li unir la dextrarum iunctio, la stretta solenne delle mani destre. p. 67-68: Nel gesto, peculiare dell'iconografia romana, fortemente connotato, sul piano della ritualit e della simbologia ad esso legata e riservato esclusivamente ad eventi solenni, permane comunque una connotazione asimmetrica fra chi offre unilateralmente la manus da stringere e chi l'accoglie. Ci non toglie che l'idea della bilateralit del vincolo talvolta affiori in quest'epoca, sia pure in una forma ancora embrionale, poich, almeno rispetto al mandato e nei limiti in cui la ricostruzione che propongo possa ritenersi condivisible, la componente del 'comando' assume sicuramente prevalenza, e ci appare in certa misura plasticamente evidenziato proprio nel gesto unilaterale di 'tendere' la mano. D'altro canto le stesse evidenze etimologiche mostrano come fides derivi dalla radice *bheidh, che ha il significato di 'legare', costringere, corrispondente al tedesco brinden o zwingen. p. 68: Quel che appare evidente che per in origine questo gesto assumeva una tendenziale asimmetria, che accompagnava un coferre se in fidem et clientelam, ovvero in amicitiam et fidem. p. 68-69: Non mi sembra altres possibile dedurre dall'assonanza semantica fra fides e foedus una qualche conseguenza in ordine ad un comune valore negoziale delle due espressioni, che possa estendere le sue connotazioni in avanti, sino al rapporto fra fides e mandare. Che l'idea del vincolo sia comune mi pare abbastanza evidente, ma questo non ci consente di dedurne, credo, una commistione funzionale fra il legame e la sua fonte, nel senso che nell'idea di fides la caratterizzazione unilaterale predomina, potendosi parlare, al massimo, di vincolo a rispettare il foedus, vincolo che pu fondarsi sulla fides ma che 'non ' tout court la fides, dalla quale il foedus si distingue.
p. 80: In alcuni casi, invero, appare pi sensibilmente connotato, nella fides,
proprio il significato di impegno, nell'accezione di obbligazione, in termini tecnicamente rilevanti. Siamo cos di fronte alla pi sintetica espressione della doverosit rispetto agli obblighi comportamentali previsti e disciplinati nella societ romana pi antica come imprescindibili, per cui fidelis enim officium est servare aliquid. Per altro, anche nei casi in cui appare l'aggettivazione 'bona', sarebbe probabilmente eccessivo dedurne un, seppure embrionale, valore negoziale, traducibile immediatamente nel senso tecnico di 'buona fede'. p. 86: Cicerone parla di un' et risalente in cui i maiores ritenevano infamante il comportamento di colui il quale, avendo ricevuto un incarico, si comportasse nell`espletarlo semplicemente con trascuratezza, anche in assenza di un comportamento fraudolento o comunque volto a trarre vantaggio personale dall'incarico ricevuto. Continua l'oratore ricordando come proprio per queste ragioni, il comportamento del mandatario inadempiente venisse sancito con notevole rigore, equiparato quello usato nei confronti dell' autore di un furto (il riferimento qui evidentemente all' ignominia che accedeva alla condanna a seguito dell' esperimento dell' actio mandati) .Questo quadro composito - che certo risente dell'irruenza oratoria di Cicerone ma che al contempo, pur risultando ridondante nella configurazione della situazione, offre una ricognizione chiara del pi antico sentire romano - trova la sua giustificazione teorica nella violazione, non soltanto malitiosa, ma anche negligente ed invocata persino in minimis privatisque, negli affari di poco conto, di due res sanctissimae: l'amicitia e la fides. p. 86-87:E questa neglegentia considerata, ab antiquo, gravissima, proprio perch ad essere violati non sono soltanto gli affari fra privati, ma lo stesso omnium commune praesidium, (defesa comum) per cui chi tradisce la fides, su cui il mandato riposava, disturbat vitae societatem. di relazioni personali si annoda sulla salda trama etico-giuridica rappresentata dalla fides romana, supremum rerum humanarum vinculum e fundamentum iustitiae, si innesta dunque un 'mandare' che romano, tipicamente e squisitamente 'romano', nel suo forte substacto di doverosit, nel richiamo ai valori 'forti' della societ romana delle origini, e sar su questa base che potranno innestarsi quegli aggiustamenti storici che, anche in virt delle relazioni internazionali, plasmeranno lentamente il contratto di mandato, facendolo evolvere dai 'casi pi antichi di gestione' alla sua pi compiuta configurazione - connotata da una 'bona' fides spesso 'fortemente eticizzata' ma nel senso che ho ritenuto di attribuire a questo tipo di 'eticit' - quale essa emerger nelle rifilessioni dei giuristi. p. 95-98: Sintetizzando, sia pure con un certo grado di approssimazione, il quadro concettuale che sembra emergere dall' impostazione storico- riconstruttiva generalmente accolta in dottrina, il mandato troverebbe la sua origine, come gli altri contratti consensuali - rappresentandone anzi un tipico instituto - nel quadro storico e normativo di quel 'sistema' di diritto individuato, nel suo complesso, con l' espressione 'ius gentium', che avrebbe delineato la figura contrattuale a partire dal terzo secolo, al seguito di una prassi avviatasi nei rapporti fra cives e peregrini e sucessivamente stabilizzatasi a Roma, e ne avrebbe altres apprestato la tutela attraverso l' opera del praetor peregrinus. p. 98-99: Presupposto della diffusa opinione che colloca il contratto nell'alveo del ius gentium , pertanto, che le ipotesi di rapporti fondati su un mandare, su cui ci siamo soffermati nel capitolo precedente, nulla avrebbero a che vedere con relazioni di tipo giuridico - quali appunto quei vincoli, e quelli soltanto, rientranti nella disciplina del contratto di mandatum - ma, 'governati de altre forze che quella del diritto', sarebbero stati destinati a rimanere confinati nel limbo di una non ben definita doverosit sociale, alla cui significativit, in termini giuridici, non ha per altro affatto giovato, dal mio punto di vista, il icorso a concetti spesso indefiniti e talvolta ambigui, come quello di 'prediritto' o di regole 'metagiuridiche'. L'antico mandare sarebbe stato dunque disciplinato da un'evanescente ed - almeno in una tale prospettiva - ancor meno comprensibile fides, intensa genericamente come 'l'involucro protettivo dei pi antichi negozi del commercio in Roma, prima che questi raggiungessero la soglia della giuridicit', la qual cosa sarebbe appunto avvenuta con la nascita di figure negoziali disciplinate dal ius gentium. p. 99-100: Dunque proprio la diffusione e lo sviluppo a Roma dei negozi operanti nell'ambito del ius gentium avrebbe segnato la linea di confine fra una fase primigenia, in cui l'atto di avvalersi dell'opera altrui per la realizzazione di propri interessi avrebbe avuto mera rilevanza sociale, ma assolutamente non giuridica, e una fase di sucessiva, pi o meno rapida, di giuridicizzazione, attraverso l'accoglimento nei rapporti fra cives, oltrech in quelli fra questi e i peregrini,dei contratti introdotti e disciplinati dal ius gentium, fra i quali, appunto, il mandatum. p. 100: Conseguenza obbligata di una siffatta ricostruzione, sarebbe dunque che soltanto con la ricezione di princpi e rapporti del traffico e del commercio internazionale, quelle relazioni avrebbero trovato in Roma, attraverso l' opera del pretore, disciplina e tutela giuridica. Se pertanto seguissimo, senza riserve, questo quadro concettuale di riferimento, abbandonando le considerazioni che ci hanno indotto ad ipotizzare per l'et pi antica la preesistenza di un insieme di rapporti giuridicamente fondati e rientranti in un contesto di doverosit, definido, nel suo insieme, dall'espressione 'mandare', e accantonassimo anche l'idea di un puro e semplice travaso do arcaici modelli di rapporti nelle nuove etichette contrattuali, se, dunque, ci ponessimo in una tale ottica, dovremmo attenderci una disciplina del contratto disancorata da principi e regole (sia pure, secondo una prospettiva siffatta, meramente 'sociali') di quell'antico 'mandare' e, se non completamente perfezionata, quantomeno ben delineata nei suoi profili concettuali-guida, se non altro in termini analoghi a quanto verificatosi per altri rapporti, frutto di questo nuovo 'diritto delle genti'. p. 100-101: Eppure, come vedremo ci non sembra accadere per il mandato, per il quale una tale compiutezza di linee viene talvolta soltanto intravista, ma in termini tanto sfuggenti da mostrare, quantomeno, una singolare differenza con l'affermazione e la pi o meno compiuta disciplina di altri rapporti obbligatori ritenuti iuris gentium, come la compravendita, la locazione, la societ, il deposito, il comodato, il mutuo, il pegno, la stipulatio, la permuta... p. 102: In termini ancora pi espliciti, delle due l'una: o il mandato un contratto nuovo, che nasce interamente nell'ta dello sviluppo mercantili in Roma, trovando corrispondenza in altri negozi stranieri, cos conciliandosi con essi nell'ambito dello ius gentium, ovvero si sviluppa fuori dall'esperienza giuridica romana e viene importato a Roma proprio in virt del sistema attrativo del ius gentium. In ogni caso, si accolga l'una o l'altra ipotesi, il contrato dovrebbe apparire improntato a principi e regole nuove rispetto al ius civile, principi e regole che troverebbero cos nel sistema del ius gentium e nell'opera del praetor peregrinus la loro origine o, quantomeno, il loro accoglimento. p. 102-103: Muovendo in una direzione opposta - che appunto quella che ci sembra di dover percorrere - potremmo cercare di capire se il contratto, in quanto tale, preesista nel sistema civilistico, ovvero, tentanto di approssimarci maggiormente ai dati scaturenti dalle fonti, se esso, nei termini in cui viene delineato dai giuristi classici, risenta, in misura pi o meno ampia, di un risalente rapporto giuridico. Tale potrebbe essere proprio l'antico e solenne mandare che, tentano di adeguarsi gradualmente alle nuove esigenze del commercio pur senza riuscire mai ad adattarsi del tutto ad esse - fondamentalmente per il suo carattere gratuito e la sua decisa connotazione 'unilaterale', espressione di una valenza pi spiccatamente 'imperativa', rispetto a pi funzionali contratti innominati, come l'aestimatum - modula evolutivamente alcuna sue caratteristiche primigenie. p.103: Prima fra tutte proprio quella dell'unilateralit che, a mio avviso, caratterizza peculiarmente il mandare arcaico, configurato, almeno tendenzialmente, come atto di comando che gradualmente e solo parzialmente si modifica, adattandosi alle mutate esigenze dello scambio ed al nuovo atteggiarsi dei rapporti sociali, piegandosi cos verso una progressiva ma determinata evoluzione consensualistica, pur temperata dal resistente substrato giuridico e sociale della fides. Ci pur conservando gelosamente altre peculiarit, tanto radicate nel sentire sociale e giuridico romano da formare un insieme inscindibile con il rapporto disciplinato. Caratteristiche, queste ultime, che resteranno cos ostinatamente avvolte alla disciplina che al contratto verr attribuita dall'elaborazione della giurisprudenza classica, da determinare poi talune difficolt dogmatiche nella ricezione del rapporto da parte del diritto moderno. p. 103-104: Dunque la circostanza che possa essersi verificata una tale evoluzione non impedisce di ritenere che il mandare sia cosa diversa dal mandatum, e non soltanto per la diversa collocazione storica, ma anche per regolamentazione, per presupposti, per ambiti operativi, pur essendo entrambi gli strumenti - ed proprio questa comune prospettiva teleologica ad accostarne la disciplina ed a spiegare taluni elementi strutturali comuni - finalizzati a consentire che taluni soggetti svolgano attivit in favore di altri. Il mutare dei rapporti economici, frutto di una sensibilit produttivo- imprenditoriale sempre pi diretta al superamento dell'economia statica delle origini e, prima ancora, il mutare della societ romana nell'insieme dei suoi rapporti sociali, avrebbero cos segnato il passaggio graduale alla nuova figura contrattuale e il segno tangibile di una tale gradualit sarebbe stato visibile sin dalle prime e difficili - necessariamente difficili - concettualizzazioni del contratto. p. 105-107: Si pensi a quanto abbiano potuto incidere, nella costruzione dei giuristi, aspetti strutturali del rapporto, riflessi nel fondamentale requisito della gratuit, nell'elevato livello di responsabilit del mandatario e della grave sanzione correlata dell'ignominia, sino alle regole che presiedono all'obbligo del mandatario di mantenersi rigidamente all'interno dei limiti e del contenuto dell'incarico ricevuto. Si pensi, ancora, alla possibilit, pur nel vigore della regola per cui mandatatum morte solvitur, di proiettare anche oltre la vita del mandante l'incarico, nel caso del c.d. mandatum 'post mortem mandatoris', a fonte della nullit di un mandatum 'post mortem mandatarii'; al divieto rigoroso del mandato 'contra bonos mores', ovvero alla persistente 'coloritura' unilaterale del mandare, probabile simulacro di un antico 'comando' rivolto dal mandante al mandatario e ammantato della forza cogente della fides, per cui il mandante si 'affider' alla lealt del mandatario e per affetto della quale, come vedremo, la dottrina si spinger a parlare sempre pi, per il mandatum, di 'bilateralit imperfetta'. p. 107: Vederemo pi avanti, esaminando la disciplina giuridica del contratto, come queste connessioni emergano con evidenza dalle nostre fonti. Un profilo che va per subito preso in esame, assumendo un importante rilievo preliminare nella collocazione cronologica del mandatum, riguarda il rapporto fra l'actio mandati e il secondo capo della Lex Aquilia(obs: fundamenta responsabilidade extracontratual). p. 107-108: Il caso previsto da questo caput della legge Aquilia quello dell'adstipulator, figura che viene altrove definita dallo stesso Gaio come quella di un mandatario dello stipulator che funge da mero strumento di cui questi si avvale per aiutarlo ad esigere il credito. Laddove l'adstipulator avesse, nell'adempimento del suo incarico, fatto un'acceptilatio in danno del creditore principale (in fraudemm stipulatoris), per tale ragione, osserva il giurista, poteva essere esperita nei suosi confronti, e lege Aquilia, la 'legis actio per manus inectionem', la qual cosa, rileva per Gaio, non era in fondo necessaria, in quanto era 'gi' perfettamente idonea allo scopo l'actio mandati. Ci al punto di restringere al massimo l'operativit concreta della previsione aquiliana e destinarla irrimediabilmente alla non applicazione pratica, presentando essa l'unico vantaggio, rispetto all'actio mandati, della procedibilit in duplum. p. 108 Dunque, se la notizia di Gaio attendibile, ne discenderebbe che al tempo della promulgazione della Lex Aquilia (286 a.C.) era gi conosciuta l'actio mandati. Nella sua semplice evidenza la fonte potrebbe offrirci un'importante occasione di reflessione, e sembrerebbe altres deporre in favore di una risalenza del mandatum ad un periodo pi antico di quanto tradizionalmente ritenuto; se non fosse che la dottrina ha costantemente ritenuto frutto di un errore del giurista il riferimento al mandato, proprio in quanto contrastante con l'idea consolidata che vuole il nostro contratto inesistente all'inizio del terzo secolo.
p. 108-109: Le osservazioni critiche recentemente avanzate su questa
impostazione tradizionale dal Corbino mi sembra per inducano a dubitare delle riserve che hanno costantemente riguardato Gai. In questa prospettiva un'altra considerazione pu forse offrire un ulteriore elemento di conferma in favore di questa linea dottrinale. Infatti, come stato rilevato dallo stesso studioso, l'adstipulator 'non ha alcuna autonomia', dovendosi limitare ad esigere esattamente lo stesso credito che poteva richiedere lo stipulator e pertanto 'la sua adibizione nella fattispecie pu avvenire perci solo nei limiti del credito, cio ammessa 'per meno e non per pi', como ressalva Gaius (3,113). p. 109-110: Dunque la figura dell'adstipulator viene configurata dal giurista negli stessi termini, rigorosamente restrittivi che, a proposito della determinatezza dell'oggetto del mandato, i giuristi riservano alla figura del mandatario, marcando costantemente lo stretto rapporto esistente fra la volont del mandante e i margini di autonomia del mandatario, margini ristrettissimi o pressocch nulli, la cui pi importante e frequente 'accezione' , come vedremo nella pi opportuna sedes materiae, proprio quella in cui il mandatario, incaricato di acquistare per una summa certa travalichi i limiti del mandato acquistando 'per meno'. Appare dunque abbastanza sorprendente che Gaio, nel commettere quello che la dottrina - con un certo esprit chicanier - suole definire 'un errore', dia al contempo alla fattispecie una configurazione tanto informata e puntuale e coerentemente 'in linea' con la disciplina della posizione del mandatario, quale emerge univocamente dalle testimonianze dei giuristi classici.
p. 110: La circostanza ci induce dunque a dar credito all'affermazione del
giurista ed ritenere che l'adstipulator agisca esattamente come un mandatario dello stipulator e possa da questi essere convenuto con l'actio mandati. Tutto ci depone a favore di una molto probabile preesistenza del mandato alla lex Aquilia e rafforza i nostri dubbi circa la riferibilit del contratto ad un periodo non inferiore al III secolo, spingendoci ulteriormente in questa direzione.
p. 111-114: Il percorso che dovremo seguire sar cos scandito da passaggi
obbligati: in primo luogo tenteremo di valutare caratteri e collocazione storica delle obligationes ritenuto frutto dello ius gentium; quindi dovremo verificare se in questo contesto si possa collocare anche il mandato, nella sua struttura concetuale pi recente, per appurare infine se la connotazioni del contratto depongano a favore di una effettiva 'novit' di esso, riconducibile all'et dello sviluppo dei traffici commerciali, ovvero se esso si possa configurare, in qualche misura, come espressione di quelle modalit, proprie dei rapporti di incarico, gradualmente definitesi nell'alveo di quell'antico 'mandare' di cui abbiamo cercato di seguire le tracce che forse, evolutosi nella sua disciplina, avrebbe adattato talune sue pi arcaiche caratterizzazioni. Ci senza che un tale aggiustamento abbia effettivamente inciso sui caratteri essenziali e risalenti del rapporto, costantemente dominati dalla fides. p. 114-115: Nella prospettiva in cui ci poniamo tenderemo cos ad accertare se la struttura del mandatum sia soltanto frutto di tali precedenti esperienze, ovvero se l'incidenza della complessiva evoluzione del contratto non abbia finito, viceversa, per destrutturare, sul piano dogmatico, la logica giuridica e relazionale del pi antico mandare. Per questa via quel 'mandare' destinato ad operare su un terreno certamente difficile per gli innesti consensualistici che in et avanzata si sarebbe trovato a subire, avrebbe cos finito per rimodellarsi forzatamente in una figura nuova e (quantomeno in talune applicazioni) ibrida, tanto anomala nella sua configurazione da risultare quasi 'imbrazzante' gi per i giuristi classici, i quali, come vedremo, sembra evitino accuratamente di ricomprendere il mandatum negli elenchi dei contratti consensuali riconducibili al ius gentium. p. 115: Se quest'ultima prospettiva risultasse plausibile, saremmo comunque di fronte un processo evolutivo (o involutivo, se ci poniamo nell'ottica dei pi risalenti principi ispiratori del mandare) che si sviluppa tutto 'al'interno' del sistema giuridico romano e che movimenta e caratterizza il meccanismo relazionale fra mandante e mandatario verso la disciplina compiuta del contrato che l'elaborazione dei giuristi adrianei e post-adrianei consegner alla Compilazione giustinianea e da questa, attraverso le elaborazioni medievali, alle moderne codificazioni. Con l'espressione ius gentium si intende, in contrapposizione al ius civile, esclusivo, proprium, civium romanorum, un ius comune a tutte le gentes, nel senso, appunto, di popoli, ivi compreso quello romano. Appare dunque gi discutibile che di ius gentium, nel senso di un sistema autonomo di diritto che involga variamente i rapporti fra cives e peregrini, si possa agevolmente parlare per l'epoca a cui facciamo riferimento e nella quale la dottrina colloca appunto le origini del mandato. Una tale fluidit di riferimenti generali allo ius gentium pone gi una non indifferente ipoteca negativa sulla attribuibilit a tale sistema giuridico di un significato storico e tecnico diverso da quello che abbiamo creduto di intravedere, e che fatalmente si riflette sulla possibilit di cogliere nell'ambito di un tale 'sistema' l'origine del nostro contratto. noto, infatti, come l'orientamento ancor oggi prevalente situi proprio dal III-II secolo a.C, in concomitanza con lo sviluppo esponenziale dei traffici commerciali fra romani e peregrini e con la connessa esigenza di avvalersi dell'operato altrui per il compimento dei propri affari, l'origine del mandato, in termini che si ipotizzano omogenei agli altri contratti consensuali. La riprova di ci sarebbe da individuare nella circostanza che, non essendo il contratto tutelato iure civili, ma con un'actio bonae fidei - attestata, nella sua specifica connotazione di actio mandati, sicuramente a partire dal 123 a.C., ma probabilmente collocabile anche poco prima di quella data, intorno al 130, dopo la pubblicazione della lex Aebutia - una tale tutela si sarebbe giustificata solamente in quanto idonea a disciplinare la relazioni fra soggeti che, appartenenti a sistemi giuridici diversi, avrebbero colto nel generale e superiore concetto di bona fides il collante e la garanzia delle loro reciproche obbligazioni. p. 137: Ci in quanto la regolamentazione dei rapporti fra parti avrebbe potuto trovare un idoneo supporto soltanto nella fides bona, intesa come l'insieme delle regole di lealt e correttezza che, ponendosi fuori dal ius civile, avrebbero accomunato cives e peregrini; essa dunque si presume sia stata in certo qual modo la sintesi di regole, sia pure 'metagiuridiche', ma in qualche misura 'universali' e tali da risultare omologhe, quantomeno, al comune sentire dei romani e dei soggeti 'non romani' con cui essi entravano in relazioni d'affari. Dunque la ricezione della fides bona nell'intentio della formula dell'actio mandati avrebbe in qualche modo offerto disciplina ad una situazione gi consolidata nella prassi negoziale romana. La conferma di ci sarebbe rappresentata proprio dall'assenza di requisiti di forma per la conclusione del contratto che, svincolato da essi, avrebbe potuto spiegare la sua disciplina per la regolamentazione delle pi diverse esigenze emergenti da relazioni sociali economicamente caratterizzate a cui il mandatum si sarebbe plasticamente adattato, preparandosi cos ad assumere quella connotazione 'transtipica' che lo avrebbe contrassegnato sino ad oggi.