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ESISTENZIALISMO
L'esistenzialismo una corrente di pensiero che si espressa nella filosofia,
nella letteratura, nelle arti e nasce tra il XVIII e il XIX secolo.
L'esistenzialismo rifletteva sulla problematicit del senso della vita, in
particolare in relazione al nichilismo, sui limiti e le possibilit della libert
individuale, incentrando queste riflessioni intorno alle domande: "che cos'
l'essere?" e "che cosa vuol dire esistere?".
Le domande sull'essere e sull'esistere, pur essendo distanti dalla realt del
singolo nella sua quotidianit, lo riguardano nella sua interiorit, nel suo
sentirsi un "ego" rispetto al mondo. Queste domande sono quindi avvertite e
poste come fondamentali nel momento in cui l'io in crisi rispetto al vivere e
all'"essere nel mondo", e si chiede la ragione del proprio esistere come sua
parte e del suo rapporto con esso. L'individuo, percependosi come ente
particolare, ovvero unico fra tutti gli enti, si interroga sul senso della parola
essere, ma fallisce la risposta. da questo problema, che assilla, impegna e
talvolta tormenta la coscienza dei pensatori esistenzialisti, che occorre partire
per capire l'esistenzialismo.
BARTH
Barth riprende la filosofia di Kierkegaard, si a tal proposito parlato di una
"rinascita" di Kierkegaard, a sottolineare che dopo mezzo secolo di oblo, il
filosofo danese torna finalmente sulla scena filosofica. Vicino a Kierkegaard
Barth lo anche nella sua intensa riflessione sull'umano, la sua peccaminosit
e la sua finitudine. E' proprio per tale riflessione che l'opera barthiana stata
considerata una delle pi significative sorgenti dell'esistenzialismo europeo ed
stata accostata al pensiero di Heiddeger. Tale interpretazione giustificata
purch si tengano ben presenti le differenze degli esistenzialisti tedeschi e
francesi. E' ben vero, infatti, che alcune tra le pi stimolanti pagine barthiane
sono quelle dedicate all'esistenza umana e ai suoi limiti: ma anche vero che
al centro di quelle stesse pagine sta non tanto l'essere umano quanto l'essere
divino - o meglio il loro drammatico rapporto. Dio , in effetti, la "figura" che
attraverso la meditazione barthiana torna ad assumere - con tratti di potente
originalit - un rilievo assolutamente centrale e predominante nella teologia
primo-novecentesca. Dio , per Barth, lo "sconosciuto", il " totalmente Altro ".
Dio alterit assoluta e incolmabile differenza nei confronti di tutto ci che
umano, e non pu pertanto essere conosciuto n come potenza naturale n
come forza che sta al di sopra della natura: ogni pretesa di questo tipo un "
equivoco " religioso, se non una superstizione, e si adatta a compromessi
mondani. Bisogna rinunciare alla religione, la cui funzione consolatoria ha
solo aiutato l'uomo a mettere fra parentesi la sua drammatica situazione,
segnata dal 'no' che Dio rivolge a lui e al mondo. Ci implica che l'unica
possibilit riscoprire la fede, mantenendosi aperti alla speranza dialettica che
proprio l'estremo della negazione si converta nel 's' divino.
FENOMENOLOGIA
La fenomenologia una disciplina fondata da Edmund Husserl (1859 - 1938),
un membro della scuola di Brentano.Un elemento importante che Husserl
prese da Brentano quello dell'intenzionalit, l'idea che la coscienza sia
sempre intenzionale, cio che sia diretta ad un oggetto, che abbia un
contenuto. Brentano defin l'intenzionalit come la caratteristica principale dei
fenomeni psichici (o mentali), tramite cui essi possono essere distinti dai
fenomeni fisici. Ogni fenomeno mentale, ogni atto psicologico ha un
contenuto, diretto a qualche cosa (l' oggetto intenzionale). Ogni credere,
desiderare etc. ha un oggetto: il creduto, il desiderato.
HUSSERL
Per Husserl l'ideale della vera filosofia consiste nel realizzare l'idea
della conoscenza assoluta, basandosi su un fondamento certo, e la
fenomenologia il metodo che permette di raggiungere questo
obiettivo
Per costituirsi come scienza rigorosa, la filosofia non deve assumere nulla
come ovvio e indiscutibile, ma deve raggiungere criticamente un fondamento
dotato di evidenza assoluta. A questo scopo, essa non pu partire dall'
atteggiamento naturale , che assume il mondo come un insieme di fatti ovvi: le
stesse scienze empiriche si fondano su questo presupposto e identificano la
conoscenza con l'accertamento dei fatti ritenuti oggettivi e indiscutibili. La
scienza, secondo Husserl, analizza il mondo in maniera ingenua, accettandolo
acriticamente come esistente e limitandosi ad accumulare sapere su sapere. Ma
l'esperienza delle cose variabile e cangevole e, dunque, non pu garantire l'
oggettivit e la validit della conoscenza, cosicch le scienze della natura non
possono propriamente risolvere i problemi di una teoria della conoscenza.
Bisogna invece liberarsi da ogni presupposto, sia dalle credenze comuni, sia
da quelle proprie di tali scienze, cos come dai contenuti dottrinali di tutte le
filosofie precedenti. A questo provvede quella che Husserl definisce, con un
termine mutuato dallo scetticismo antico, EPOCHE' , che letteralmente vuol
dire 'sospensione del giudizio' . L' epoch consiste nel mettere tra parentesi
l'atteggiamento naturale e tutto quel ch'esso comporta: ad esempio,
l'assunzione dell'esistenza del mondo o la distinzione di soggetto e oggetto
quali dati ovvi. Essa per non ha un compito meramente distruttivo nei
confronti delle credenze o dei pregiudizi diffusi e, in questo senso, non
coincide con il dubbio scettico. La sua finalit invece costruttiva ed
correlata all'assunzione di un atteggiamento fenomenologico che raggiunge la
consapevolezza che la conoscenza di questi dati, che appaiono ovvi all'
atteggiamento naturale, possibile solamente in riferimento alla soggettivit.
Sospendendo l'affermazione della realt del mondo, il mondo stesso diviene
un insieme di fenomeni che si danno alla coscienza e ai quali la coscienza si
rapporta come ad oggetti che essa intenziona nei propri atti. Si tratta di
apprendere a guardare le cose nel loro costituirsi come fenomeni in relazione
agli atti di rappresentazione, di percezione, di ricordo e cos via, cio in
relazione alle esperienze vissute, in cui esse si danno. Si capisce allora il
significato del programma di Husserl di tornare alle 'cose stesse' : messa tra
parentesi l'esistenza del mondo come un dato ovvio, verso il quale si prova
interesse, l'atteggiamento fenomenologico diviene l'atteggiamento meramente
teoretico di uno spettatore disinteressato. Lo sguardo di questo spettatore per
diretto non gi verso le cose empiriche nella loro accidentalit, bens verso le
essenze . L'atteggiamento fenomenologico assume come criterio di validit l'
evidenza , con la quale i contenuti intenzionali dalla coscienza si danno nella
loro essenza in specifici atti intenzionali. Questo vuol dire che l'analisi
fenomenologica mette tra parentesi l'oggetto naturale nella sua singolarit e
opera quella che Husserl definisce riduzione eidetica,che porta appunto alle
essenze quali si danno nell'intuizione della coscienza.
si pu dirigere uno sguardo riflessivo sugli atti stessi della coscienza e del
pensiero: in questo modo, essi diventano oggetti di quella che Husserl
definisce percezione immanente , la quale fornita di evidenza assoluta. Si
pu infatti sospendere il giudizio sull'esistenza del mondo, ma evidente che
esso appare alla coscienza: non posso sospendere il giudizio sul fatto che io
sto pensando. Questo vuol dire che, mentre il mondo naturale e le cose che gli
appartengono possono essere o non essere, la percezione immanente
garantisce necessariamente l'esistenza del suo oggetto, cio del vissuto
intenzionale della coscienza. La coscienza dunque il risultato ultimo e
indubitabile della riduzione, non ulteriormente riducibile ad altro: Husserl la
chiama residuo fenomenologico.
Il mondo e la realt hanno senso solo se riferiti alla coscienza, la quale ha
appunto la propriet di conferire senso ad essi. Ogni vissuto intenzionale
costituito da un aspetto soggettivo, chiamato NOESI (che letteralmente vuol
dire 'l'operazione del pensare'), cio dall'atto intenzionale che conferisce senso
(il percepire, il ricordare, il desiderare, ecc.) e da un aspetto oggettivo,
chiamato NOEMA (che letteralmente vuol dire 'ci che pensato'), cio il
percepito, il ricordato, il desiderato, ecc. Nel noema dato il mondo
intenzionato dalla coscienza nelle sue differenziazioni regionali, cio nei
diversi modi di essere in cui le cose si danno alla coscienza.
Quello che Husserl definisce il mondo-della-vita, cio la vita che ha
esperienza del mondo prima di qualsiasi formazione di categorie e giudizi. In
questo senso, essa prescientifica e precategoriale.Il mondo della vita
piuttosto definito da Husserl come ' un regno di evidenze originarie ' , esperite
nella loro immediatezza e comuni a tutti gli uomini in quanto soggetti
conoscenti.
HEIDDEGER
Lo scopo principale della filosofia di heidegger quello di costruire un
ontologia (studio dellessere) che parte da una comprensione vaga dellessere
e arrivi a una determinazione completa del senso dellessere, cio heidegger si
pone una domanda intorno allessere, e ogni qual volta ci poniamo una
domanda si possono distinguere tre cose:
1) ci che si domanda ( lessere stesso)
2) ci a cui si domanda ( lesserci)
3) ci che si trova domandando ( il senso dellessere)
Ci a cui si domanda, cio linterrogato, luomo che per heidegger ha un
primato ontologico sugli altri enti. Questo esistente, cio luomo, lo
chiamiamo con il termine di esserci (dasein). Facendo una sintesi possiamo
dire che nellaffrontare il problema dellessere abbiamo un cercato (che
lessere), un ricercato (che il senso dellessere), e linterrogato (che luomo
o lesserci): possiamo dire che lesserci essenziale nellaffrontare questo
problema, e che il modo dessere dellesserci lesistenza. Una volta che
abbiamo detto che il modo dessere dellesserci lesistenza, definiamo cos
lesistenza:
1) la prima caratteristica dellesistenza la possibilit di comprendere lessere
2) che lesistenza fondamentalmente possibilit dessere, diceva heidegger
che lesistenza non una realt fissa e determinata ma un insieme di
possibilit tra le quali luomo deve scegliere. Questo significa che mentre le
cose sono ci che sono (cio delle semplici presenze), luomo invece ci che
in quanto possibilit, ed ci che lui sceglie o progetta di essere.
JASPERS
Jaspers, a differenza di heidegger, piu legato allesistenzialismo di
kierkegaard, in quanto anche per jaspers il singolo uomo lunico tema della
filosofia e lunico compito che ha luomo quello di chiarire razionalmente la
sua esistenza. Per jaspers, come poi era per heidegger, lesistenza sempre
esistenza nel mondo; lesistenza la ricerca dellessere e anche per lui lessere
esistente esserci. Lessere nel mondo, di cui parlava heidegger, un essere
nel mondo oggettivo; invece jaspers vuole porre lio in una realt esistenziale:
secondo questa realt esistenziale, lio non mai oggetto a s stesso ma la
sua stessa intuizione nel mondo (cio la mia intuizione del mondo non un
possibile oggetto tra gli altri, ma la mia stessa situazione nel mondo).
Riprendendo sempre kierkegaard, jaspers arriva ad una filosofia della libert,
nel senso che luomo ci che sceglie di essere: la scelta costitutiva del suo
essere, jaspers arriva addirittura ad affermare che luomo in quanto sceglie:
la scelta fa si che luomo sia libero. Ma lio che sceglie lio situato nel
mondo, cio un io determinato storicamente, quindi particolare, questo vuol
dire che la scelta, radicandosi in una situazione gia determinata (il mondo),
non pu scegliere se non quello che gi stato scelto (si viene ostacolati
dalloggettivit del mondo, dalle condizioni del mondo. Ad esempio non
posso scegliere di rifarmi da capo, o di non essere).
Trascendenza, scacco e fede
La continua ricerca dellessere, essendo connaturata alluomo, ma essendo
luomo determinato e quindi non potendo scegliere lessere, non sar mai
raggiunto, sar cio un essere trascendente. Possiamo fare esperienza di questo
essere trascendente solo in un modo, attraverso le cifre, cio attraverso i
simboli (i simboli sono i segnali dellesistenza di qualcosa, come ad esempio
cristo nella religione cristiana era segnale che esisteva dio). La trascendenza si
rivela soprattutto in quelle che jaspers chiama le situazioni limite, cio in
quelle situazioni incomprensibili nelle quali luomo si trova come di fronte ad
un muro, contro il quale urta senza nessuna speranza. Trovarsi in una
situazione limite significa non poter non (ad esempio: non poter non morire,
non poter non peccare). La situazione limite la situazione pi chiara del fatto
che luomo sia costitutivamente impossibilitato (esempi di situazioni limite
sono: lessere destinato alla morte, il non poter vivere senza la lotta e il
dolore). Lo scacco entra in gioco quando luomo tenta di superare le situazioni
limite, non riuscendoci. Jaspers trova la soluzione, alle situazioni limite, solo
nella rassegnazione e nel silenzio, cio dinanzi a certe situazioni non si pu
che rassegnarsi. Negli ultimi scritti jaspers ha parlato di una via daccesso
allessere trascendente, questa via daccesso la fede.
SARTRE
I punti di riferimento di Sartre furono la filosofia fenomenologico-esistenziale
di Husserl e di Heidegger.
L'essere della coscienza, che Sartre definisce il per-s , caratterizzato
dall'intenzionalit: la coscienza sempre coscienza di qualcosa che non
coscienza. Il correlato l' in-s , cio l'essere delle cose e dei fenomeni nel
loro aspetto massiccio e opaco, alieno a ogni rapporto e caratterizzato dalla
sua semplice presenza. Diversamente da quel che dicono le filosofie
idealistiche, l'essere dei fenomeni irriducibile alla coscienza, ma anche la
coscienza, in quanto capacit di trascendere le cose e le situazioni,
irriducibile all' in-s. La coscienza, quindi, non si identifica mai con l'in-s,
esistenza, sempre fuori di s, azione e movimento permanentemente proteso
in avanti, senza poter mai coincidere con la propria essenza. In questo senso,
la coscienza sempre incompiutezza e mancanza alla ricerca del proprio
completamento: il NULLA la condizione necessaria del per-s, che fa
sempre l'esperienza del nulla in ogni atto dell'esistere e dell'agire. Ogni
risposta che il soggetto fornisce alle proprie domande anche sempre
negazione. Il nulla dunque intrinsecamente legato all'essere, pur non essendo
da esso generato: generato da quell'essere in cui si fa questione del nulla del
suo essere, cio dall'essere della coscienza, che si eterna a non essere l'in-s, e
la cui condizione indispensabile la libert; essere libero vuol dire decidere
direttamente dei propri atti ed esserne totalmente responsabili. L'atto
originario in cui la libert si cala la scelta. Essa non tipica solo degli atti
riflessivi, ma di tutti gli atti, dal momento che non determinata solo dalla
ragione, ma anche da pulsioni e intenzioni che esulano dalla riflessione; la
ragione stessa, d'altronde, non altro che una scelta possibile. La libert della
scelta crea per l'angoscia di fronte al possibile, che indeterminato, dal
momento che non , cosicch la coscienza presagisce che il non essere non
fuori, ma propriamente in essa. L'esistente si scopre cos condannato ad
esistere sempre al di l della propria essenza, cio 'condannato alla libert'
come continuo trascendimento di quel che esso di volta in volta : ' non siamo
liberi di cessare di essere liberi '. E da qui nasce la tendenza a fuggire da se
stessi, evadendo dalla propria libert e responsabilit e reificandosi, cio
riducendosi ad una cosa tra le altre:si costruisce un'immagine fasulla di s e
della propria condizione, e si recita una parte. Questa parte consiste nel
mentire a se stessi, ma non si tratta di una menzogna deliberata, dato che il me
che viene ingannato fa parte dello stesso io che inganna: si genera cos una
scissione che crea infelicit. La coscienza incontra l'essere non solo nella
realt massiccia e opaca delle cose, ma anche nell' altro , nell'altra coscienza, e
mediante essa le si presenta la speranza di poter evadere dal proprio stato di
mancanza. Ma anche l'essenza dell'altro negazione: esso ' l'io che non me
' . Anche il rapporto con l'altro , dunque, segnato da una netta negativit.
. La totalit cui l'uomo tende la conciliazione di in-s e per-s: perci '
l'uomo l'essere che progetta di essere Dio ' , ma Dio altro dall'uomo e
pertanto risulta inattingibile. L'uomo dunque un 'Dio mancato' e una
'passione inutile' e tutte le sue azioni e le sue scelte risultano assurde e
negativamente equivalenti. In L'essere e il nulla Sartre spiega che l'esistenza
umana, che ha come dimensione costitutiva la coscienza, non un dato n
riducibile ad un dato; essa anzi continuo superamento e trascendimento del
dato, dell'essere in-s, in vista di fini e risultati che si collocano sempre oltre,
che rinviano al non ancora esistente. In quanto tale, essa dunque sempre
annullamento di quel che soltanto nella sua massiccia presenza: tramite essa,
il nulla viene al mondo. Proprio per questo, il nulla condizione della libert
come possibilit e scelta continua di trascendere il mondo.
Le sensazioni suscitate dalle cose sono anzitutto ribrezzo e disgusto,
giustificati dal fatto che ci che ci circonda ci tocca, nostro malgrado, e ci
opprime. Gli oggetti che quotidianamente osserviamo intorno a noi
costituiscono un "troppo", posseggono una tale pienezza e "gonfiezza" da
risultare soffocanti e ributtanti.Secondo Sartre quindi, la sensazione provata
nei confronti dell'esistenza la NAUSEA.