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Benedetta Gallo

La Curva del Sentiero

Il Popolo Migrante veniva da molto lontano, e aveva viaggiato talmente a


lungo che durante il tragitto cera stato tutto il tempo, per le cose, di accadere. Chi era partito bambino aveva imparato a camminare sbucciandosi
le ginocchia sulla polvere della strada. Chi era partito gi vecchio aveva
imparato la pazienza e conosciuto il proprio traguardo. Qualcuno aveva
deciso di fermarsi lungo il sentiero, e allora i canti delle donne erano stati
dolci e amari insieme, come il karkad. Qualcuno si era innamorato e si era
sposato, e allora le orecchie dei muli e dei cammelli avevano tintinnato di
campanelli dargento. Bambini erano nati vivi e con gli occhi bene aperti,
cos il loro piccolo collo non aveva avuto bisogno di alcun amuleto. Bambini erano nati morti, sgusciati fuori prima del tempo, cos ci si era dovuti
fermare per un po, perch abbandonare uno spirito ancora piccino porta
sfortuna.
Quando la carovana si era messa in marcia, chiss quanti secoli prima, il
corteo era talmente sterminato che se il primo uomo avesse dovuto riferire
un messaggio allultimo non gli sarebbe bastata una vita intera, trascorsa
seduto ad aspettare a lato del sentiero. Non che qualcuno ci avesse mai
provato: la maggior parte delle persone nasceva, viveva e moriva occupando lo stesso posto nella la, lorizzonte ridotto alla schiena ingobbita di
chi arrancava pochi passi pi avanti. Neppure gli uccelli, e tra questi quelli
che osavano spingersi pi in alto nel cielo, potevano avere una vaga idea

Allinizio non successe nulla. Poi, lentamente, il sole sorse dietro alle montagne e il primo dei suoi raggi venne catturato dallenorme specchio che
Maec aveva costruito usando la sabbia del Deserto dei Mille Anni.
Proprio al centro della Citt cera la grande piazza del mercato, e fu l che il
sole decise di tornare. Un fascio di luce illumin le facce pallide degli abitanti, che si immobilizzarono, come per un incantesimo. Sbigottiti, per la
prima volta dopo secoli sollevarono la testa a godersi quel calore dimenticato. Anche se nessuno di loro aveva mai provato nulla di simile, ebbero la
sensazione che non fosse la prima volta. Ai pi vecchi tornarono alla mente
le storie che i loro nonni raccontavano attorno al fuoco: storie bellissime,
di viaggi pericolosi e carovane interminabili.
Per qualche minuto nessuno si ricord di Maec, lunico vero responsabile
del miracolo. La prima a riscuotersi fu Aryenn, che tent di individuarlo
tra la folla. Poco per volta anche tutti gli altri ripresero a cercarlo: era il loro
salvatore, sarebbe diventato il loro re.
Maec, per, era scomparso, e non venne ritrovato mai pi.
Le cronache cittadine di quellanno memorabile riportano un fatto assai
bizzarro: accanto a un pozzo, in una piazza dimenticata della Citt, spunt
un vecchissimo ulivo, in un luogo dove - ed erano in molti pronti a giurarlo - no allistante precedente non cerano alberi.

no volontari per aiutare Maec. Avevano appena iniziato a scalare quando il


vecchio cadde a terra, distrutto: la fatica e le emozioni degli ultimi giorni
lavevano messo a dura prova. A malincuore Maec preg i suoi piccoli
aiutanti di proseguire senza di lui.I bambini ci misero molte ore ad arrivare
in cima al ghiacciaio, proprio dove sorgeva il santuario della regina Arrahe.
Visti dalla valle sembravano formiche che trasportavano sulla schiena una
briciola enorme.
Nel frattempo, in Citt, tra gli adulti era scoppiato un putiferio: tutti si
erano ormai accorti dellargento scomparso e non trovando pi nemmeno i
bambini, temevano che il vecchio mendicante li avesse rapiti per vendetta.
Una folla infuriata si rivers per le strade. Il nome di Maec risuonava da un
capo allaltro della Citt. Tal e Aryenn, svegliati da quel frastuono, corsero a cercare il vecchio, sperando di trovarlo prima che nisse nelle mani
sbagliate.

Se gli esseri umani erano troppo occupati per accorgersi di quanto accadeva sul ghiacciaio, lo stesso non valeva per gli animali: non cera gatto di
strada, pettirosso o scarafaggio, non cera luccio, lucertola o lucciola che
non avesse lo sguardo puntato verso lalto, sui bambini e sulla loro grande
impresa. Persino gli alberi smisero di far frusciare le foglie, in modo da
concedere al momento il silenzio solenne che meritava.

dellestensione della colonna in marcia. Questi animali, essendo come


noto le pi antiche e le pi sagge tra tutte le creature, si guardavano bene
dallavvicinarsi al convoglio, scambiandolo per quello che in eetti era: un
lunghissimo serpente aamato.
Secondo le cronache e le leggende pi antiche, che dalla testa della carovana si diondevano verso la coda come un costante sussurro, aprivano il
corteo le le ordinate degli Assetati, i soldati della regina. Terribili guerrieri
del deserto, si diceva che potessero vivere per settimane senza mangiare o
dormire, e che bevessero lo spirito dei loro nemici.
Subito dopo venivano i carri che componevano il seguito di Arrahe, la
Venerabile Nutrice, la grande madre del Popolo Migrante. Costantemente
gravida, la regina era sacerdotessa della Luna crescente, sovrana severa ma
giusta con occhi e orecchie bene aperti in ogni angolo del regno. Per sfamare, istruire e intrattenere i suoi mille gli era necessaria una sterminata
moltitudine di balie, dispensieri, precettori e saltimbanchi. La sola corte
della sovrana formava una colonna tanto estesa che mentre chi era davanti
cominciava a patire il freddo invernale, chi era indietro ancora combatteva
i morsi della canicola estiva. Cos lultimo nato della regina veniva avvolto in coperte di lana e in pelli di orso, quando ancora il glio maggiore
mangiava angurie e chi essiccati al sole. Seguivano gli alti funzionari,
quindi i sacerdoti e gli astronomi. Questi ultimi erano conosciuti da tutti

con il soprannome di Gru, perch a furia di camminare con lo sguardo


rivolto verso il cielo, avevano nito per assomigliare a quegli uccelli dal
collo ritorto. Il popolo veniva per ultimo. I pi ricchi - speziali, pastori,
venditori di sete - davanti; i pi poveri - piccoli mercanti, intagliatori,
fabbri e panettieri - dietro.

La carovana aveva attraversato il mondo intero, arontato ogni genere


di avversit. Era partita, si dice, dal Deserto dei Mille Anni: una distesa
bianca e rovente di cui nessuna mappa riportava con esattezza linizio o la
ne. I granelli erano talmente sottili che il viandante che camminando ne
sollevava una nube aveva limpressione di procedere attraverso una coltre di
farina. Non esistevano stagioni, nel Deserto: il sole implacabile, allalba era
gi allo zenit e al tramonto si tuava dietro allorizzonte, lasciando il posto
a una notte ghiacciata.
Dopo anni di cammino, nalmente qua e l in mezzo alla sabbia avevano
iniziato a scorgersi alcune forme di vita: cactus, lucertole gialle, piccoli
coleotteri dal corpo screziato. Vedere i primi alberi era sembrata una benedizione ai viandanti, ma il sollievo era stato subito sostituito da un nuovo

quella gente indurita dal freddo e dal sospetto non era rimasto altro che
il proprio denaro, e ad esso si aggrappava come un naufrago alla zattera.
Tal, Maec e Aryenn bussarono alle porte di centinaia di case, ma non ci fu
nulla da fare: ogni volta che raccontavano a qualcuno il loro progetto, in
tutta risposta ottenevano una risata di scherno e un invito ad andarsene. A
ne giornata il loro bottino si riduceva a un vecchio paiolo ammaccato e
una manciata di monetine.
Maec and subito a letto, sconsolato. In fondo, pens prima di scivolare
nel sonno, forse quel popolo aveva ci che meritava: gente tanto meschina
non poteva che abitare in un posto gelido e buio. A dierenza del vecchio,
Tal e Aryenn rimasero svegli a lungo. Per un istante avevano creduto di
poter realizzare lunico desiderio della loro vita, e adesso la delusione di
vederlo svanire nel nulla era quasi insopportabile. Quando si addormentarono, sniti dalla fatica e dal dolore, lalba era vicina.
Poco dopo un forte rumore di ferraglia proveniente dal cortile svegli
Maec. Il vecchio si sporse dalla nestra, e ci che vide lo lasci di stucco:
i bambini di tutta la Citt si stavano radunando davanti alla casa, e ognuno di loro teneva in mano qualcosa di scintillante. Sulla soglia si era gi
formata una catasta di oggetti dargento, di ogni forma e dimensione: cera
chi aveva portato vecchi candelabri, chi medaglie, chi piccoli cucchiai da
dessert; alcuni avevano staccato gli speroni dagli stivali dei loro padri, altri
scassinato i portagioie delle loro madri; i pi poveri, o forse i pi fantasiosi,
si orirono persino di andare a staccare i denti nti dei nonni.
I bambini erano certi che Maec potesse davvero riportare il sole nella valle.
Dal momento che gli avevano creduto quando raccontava di animali con le
gobbe e foreste incantate, non avrebbe avuto senso - pensarono - dubitare
di lui proprio adesso. Per questo motivo, senza dire nulla agli adulti, avevano accontentato la sua richiesta e gli avevano portato largento.
Maec non ebbe un attimo di esitazione: il fatto che si trattasse di oggetti
rubati non lo turbava, perch in fondo era certo che ne sarebbe valsa la
pena. Usc di casa senza far rumore per non svegliare Tal e Aryenn, poi si
fece aiutare dai bambini a radunare largento su un carro.
Rimasero chiusi dentro al forno no a notte inoltrata. Quando nalmente
ne uscirono, trasportando sulla schiena un oggetto enorme e pesantissimo,
le strade erano deserte. Adesso non restava che portare quello strano arnese
avvolto in lenzuoli colorati no al ghiacciaio. Cinquanta bambini si oriro-

vecchio? Una polvere magica venuta da chiss quale paese lontano?


La risata di Maec riemp la stanza di un rumore allegro, che somigliava al
crepitio dei rametti nel fuoco. Quella non era polvere magica, disse, ma
semplice sabbia. Che venisse da lontano era vero, ma non da pi lontano
del posto da cui venivano tutti. Si trattava, infatti, della sabbia del Deserto
dei Mille Anni, il luogo da cui era partita la carovana e da cui, quindi, ogni
abitante della Citt discendeva.
Tal e Aryenn ascoltarono con meraviglia il racconto delle innite peripezie
che i padri dei loro padri dovettero arontare prima di stabilirsi in quella
valle chiusa tra le montagne. Ad un certo punto del racconto, la voce di
Maec si fece triste. Una grossa lacrima gli rotol gi per la guancia grinzosa, mentre spiegava ai suoi amici che il Popolo Migrante era cambiato, che
nessuno si ricordava pi da dove era venuto, e per questo si aveva tanta
paura dei forestieri. Ma forse un modo per cambiare le cose esisteva, e la
speranza stava tutta dentro quel sacco. Bisognava, in poche parole, restituire il sole alla Citt.

Maec e Tal faticarono tutta la notte, senza sosta, mentre Aryenn li aiutava
stando bene attenta che il fuoco non si spegnesse. Allalba la temperatura
dentro il forno era altissima, laria irrespirabile. Ce lavevano quasi fatta,
anche se ora veniva la parte pi dicile: trovare largento.
Non ne serviva molto; sarebbe stato suciente che ogni abitante della
Citt si privasse di un orecchino, o di una moneta di poco valore. Ma a

terrore: si trovavano alle propaggini della Foresta Mormorante. La resina


degli alberi era incantata, e faceva in modo che chiunque si inoltrasse tra
quei sentieri dimenticasse anche gli aetti pi cari. Molti impazzivano, si
accasciavano in lacrime in mezzo alle foglie e pretendevano di essere lasciati
indietro.
Dopo la distesa di sabbia e la distesa di alberi, venne la distesa dacqua.
Nessuno, tra gli uomini del Popolo Migrante, aveva mai visto loceano.
Non avevano idea di come si fabbricassero imbarcazioni, cos per farlo si
dovettero adare alle popolazioni costiere, pagando cifre spropositate per
la costruzione di una otta. Molti dei marinai che abitavano quei luoghi,
tuttavia, erano corrotti e senza scrupoli cos alla prima tempesta met delle
navi si inabissarono con tutto lequipaggio. I sopravvissuti trascorsero anni
in mezzo alloceano, senza mai avvistare nemmeno unisola disabitata.
Quando nalmente raggiunsero la spiaggia, molti di loro avevano dimenticato come si camminasse sulla terra ferma.
Il Popolo Migrante era stanco, le provviste iniziavano a scarseggiare. La
regina Arrahe aveva perso molti gli durante la traversata e un oracolo le
aveva annunciato che la sua ora stava per giungere. Invit i sudditi a sopportare ancora qualche mese di viaggio, promettendo loro che la meta era
vicina. Cos la marcia riprese, questa volta verso le montagne.
Qui iI cammino divenne pi faticoso, e il popolo pi inquieto. Le condizioni di salute della regina peggioravano di giorno in giorno. I suoi mille
bambini piangevano, mentre i funzionari sfogliavano vecchi codici alla
ricerca di una linea di successione e gli astrologi scrutavano il cielo, meditabondi. Erano stati loro, le Gru, a sostenere con assoluta certezza che il
Popolo Migrante avrebbe trovato la pace durante il regno di Arrahe. Ora
che il tempo stava per scadere, avevano il sospetto di aver interpretato male
le verit delle stelle.
Quando apparve la valle, proprio dietro una curva del sentiero, la gioia fu
tale che un canto si innalz dal convoglio spontaneamente, come un sospiro di sollievo. La regina conferm le speranze di tutti: quello era il posto
giusto. Il viaggio del Popolo Migrante era terminato.
La primavera era appena cominciata quando si diede inizio ai lavori per
costruire le fondamenta della citt. Sembrava che persino gli alberi, le rocce
e gli animali gioissero per la nuova condizione di quella gente da secoli senza pace, abituata a essere guardata con sospetto e scacciata da ogni angolo

del pianeta. Giorno dopo giorno dalla curva del sentiero facevano capolino
nuovi viaggiatori, man mano che la carovana si andava esaurendo. Ogni
uomo, donna e bambino era ben accetto, perch il lavoro da fare era tanto.
Non ci si poteva riposare nemmeno di notte, ma nessuno sembrava avvertire la fatica; persino la salute della regina dava vaghi segni di miglioramento. A met estate le case sorgevano gi su entrambe le sponde del ume; a
inizio autunno occupavano tutta la valle.
Poi venne la pioggia. Lacqua scese dal cielo incessantemente per sette settimane, di notte e di giorno. Poich continuavano ad arrivare nuovi viaggiatori, i lavori dei cantieri non si arrestarono.
Quando le nuvole si diradarono, il sole era scomparso.
Fu solo allora che gli abitanti della Citt si resero conto del proprio terribile errore: la fretta e lentusiasmo, in primavera, li avevano resi ciechi
al punto che nessuno si era chiesto che cosa sarebbe accaduto una volta
arrivato linverno. La punizione per quella mancanza di accortezza si manifestava soltanto adesso: le pareti delle montagne proiettavano unombra
gelida e densa a perdita docchio, e facevano in modo che a nessuna ora del
giorno, per ben sei mesi allanno, i raggi del sole riuscissero a raggiungere le
case costruite in fondo alla valle.
Allinizio gli abitanti non si lasciarono scoraggiare, tentarono invece di
arontare la situazione con forza danimo: erano un popolo tenace, abituato agli imprevisti e alle dicolt come chiunque viva per strada. Ma ben
presto le cose iniziarono a peggiorare. La regina mor. I funerali durarono
settimane, e ci vollero dieci uomini per trasportare il sarcofago su per il
sentiero, in mezzo alla neve. Il corpo venne lasciato sul ghiacciaio, proprio
in cima alla montagna: in questo modo lanima della regina avrebbe dovuto intraprendere un viaggio pi breve per raggiungere le stelle.
Trascorsero anni, il potere pass di mano in mano, ma nessuna sovrana
eguagli mai Arrahe per saggezza o splendore. Poco per volta, i viaggiatori
che spuntavano da dietro alla curva del sentiero divennero sempre meno
numerosi, nch un giorno cessarono del tutto.
La Citt smise di crescere in ampiezza, perch non cera pi terra buona
su cui costruire, e inizi a svilupparsi in altezza. Per questo motivo anche i
sei mesi di luce allanno si fecero bui, i vicoli grigi e umidi in estate come
in pieno inverno. Gli abitanti divennero sempre pi pallidi e pi ostili.
Misero al mondo dei gli, che ebbero dei gli a loro volta. Il viaggio della

dei sospiri malinconici di Tal, era che i due non potevano avere bambini.
Avevano provato a lungo, si erano adati a dottori e ciarlatani di vario genere, ma senza successo. I pareri degli esperti erano unanimi: Aryenn non
sarebbe mai rimasta incinta se avesse continuato a vivere in Citt. Soriva
infatti di una strana malattia, che solo i raggi del sole potevano curare. Poich trasferirsi era fuori discussione - non avrebbero saputo dove andare, e il
lavoro di fornaio di Tal era tutto ci che consentiva loro di sopravvivere - la
coppia si era rassegnata a trascorrere da sola il resto della vita.
Quando Tal, trattenendo le lacrime, raccont la loro storia a Maec, questi
sprofond in uno dei suoi lunghi e assorti silenzi. Non profer parola per
una settimana, ma in compenso mangi e bevve a quattro palmenti, come
determinato a guarire nel minor tempo possibile. E in eetti miglior a
vista docchio. Dopo qualche tempo, per quanto magro e ricurvo come un
ramo secco, era gi abbastanza in forze da alzarsi dal letto.
Una sera aspett che Tal tornasse a casa, poi annunci a lui e a sua moglie
di avere una soluzione al loro problema: sapeva come far ritornare il sole in
citt. Lunica cosa di cui aveva bisogno era del fuoco, e un po di ducia.
Tal e Aryenn tacquero perplessi, temendo che quelle parole fossero dettate
dalla malattia del vecchio. Tuttavia in nome del rispetto che nutrivano nei
suoi confronti, e anche, perch no, di una scintilla di speranza, lo stettero
a sentire. Maec disse di avere intenzione di svelare il suo segreto, ma solo a
loro, e solo a certe condizioni. La prima, era che avrebbero dovuto andare
subito al forno dove Tal cuoceva il pane, approttando di quelle poche ore
di tranquillit prima che giungesse lalba. La faccenda si faceva sempre pi
strana, ma gli sposini acconsentirono e cos tutti e tre si misero in marcia.
Il forno era deserto e vi aleggiava ancora un buon profumo di pane appena cotto. Quando entrarono, per prima cosa Maec si assicur che la
porta fosse ben chiusa, poi si tolse il sacco dalle spalle e nalmente lo apr.
Aryenn e Tal si guardarono, preoccupati: ora erano certi che il vecchio
avesse qualche rotella fuori posto. Quello che stava mostrando loro con
tanto orgoglio, infatti, non era diverso da tutti gli altri sacchi pieni di farina che si trovavano sul pavimento del forno. Maec, accorgendosi del loro
scetticismo, li invit a inlare una mano dentro al sacco. La consistenza
di quella polvere chiara era identica a quella della farina, anche se questa
era calda e quasi brillante. Appena la tocc, Aryenn ebbe la sensazione di
stare meglio. Che fosse quella la medicina per il suo male di cui parlava il

cerano alberi. Da quel giorno nessuno tent pi di scoprire cosa contenesse il fardello che Maec portava sulle spalle, anche se tutti continuarono
a chiederselo.
Il vecchio vag per tutta la notte tra i vicoli della Citt, ma non riusc a
trovare un posto dove riposare. Allalba, ormai allo stremo delle forze, si
accasci su un gradino di pietra accanto a un pozzo. L rimase per mesi,
sopravvivendo grazie alla misera elemosina di chi, ogni mattina, andava a
riempire i secchi di acqua. Divenne una sorta di attrazione per i bambini, gli unici che non si lasciavano spaventare dal suo aspetto malconcio e
dalla sua ruvida voce. A loro, Maec narrava storie incredibili, ambientate
in luoghi remoti e pieni di sole. Parlava di animali intelligentissimi, capaci
di camminare per giorni grazie alle scorte dacqua che portavano in grosse
gobbe sulla schiena. Descriveva piante spinose, e alberi altissimi, dai cui
tronchi stillava resina incantata. Raccontava di distese dacqua innite, e di
deserti dalle notti fosforescenti. Cera solo una cosa di cui Maec si riutava
di parlare, ed era il contenuto del suo sacco. Quando i bambini insistevano
troppo, il vecchio rispondeva che un giorno forse avrebbero saputo la verit, e poi si chiudeva in un silenzio pensieroso che spesso durava dei giorni.
Maec era abituato a vivere allaperto, ma un conto era costruirsi un giaciglio nel bosco, un altro dormire sulla pietra gelida della piazza. Lumidit
gli era entrata nelle ossa, provocandogli dolori terribili ad ogni pi piccolo
movimento. Aveva smesso quasi del tutto di mangiare, perch persino
raggiungere lemporio era diventato troppo faticoso. A guardarlo, si aveva
limpressione che rimpicciolisse di ora in ora e molti pensavano che, invece
di morire come tutti gli uomini, un giorno o laltro sarebbe semplicemente
sparito.
Una mattina una coppia di sposini che passava dalla piazza vide Maec per
la prima volta, e ne ebbe piet. Aryenn, cos si chiamava la donna, lo aiut
ad alzarsi mentre Tal, suo marito, si caricava in spalla il sacco, insieme agli
altri miseri averi del vecchio. Lo portarono a casa loro, dove si presero cura
di lui come di un padre. Pi volte, ad Aryenn che ricamava su una sedia
accanto al suo letto, Maec disse di non possedere nulla da darle in cambio
di tante premure. Aryenn sorridendo gli assicurava che la sua presenza non
recava disturbo, anzi: quella casa ultimamente era stata silenziosa e una
voce in pi risultava gradita.
Il motivo di tutto quel silenzio, e della tristezza nello sguardo di Aryenn, e

carovana divenne un ricordo, poi una favola, quindi una leggenda. Poi
anche quella and perduta, si disperse in silenzio, come una nuvola di ato
tra i fumi dei camini. Nessuno aveva pi tempo di ricordarsi da dove veniva, cos ci si dimentic di aver viaggiato.

La neve era caduta per centinaia di inverni, nascondendo ogni traccia della
strada che un tempo aveva percorso il convoglio del Popolo Migrante. In
un mondo senza sole, ben presto si perde labitudine di osservare il cielo.
Gli abitanti della Citt preferivano non guardare in alto, convinti che non
giungessero mai buone notizie da quella direzione.

Fu forse per questo che nessuno si accorse delluomo che, una sera come
tutte le altre, fece capolino dalla curva del sentiero. Quel vecchietto minuscolo, reso ancora pi gobbo dallenorme sacco che portava sulle spalle, si
chiamava Maec, e tantissimi anni prima aveva fatto parte della carovana.
Essendo il pi povero tra i poveri, viaggiava proprio in fondo al convoglio,
insieme a un altro gruppo di persone umili come lui. Quando erano arrivati alloceano, tutte le navi erano gi salpate. Non cera stata altra scelta:
avevano consegnato i loro ultimi pezzi dargento a una ciurma di contrabbandieri ed erano saliti a bordo della loro barca.
Ben presto i marinai si erano accorti dellerrore: la vista dellargento doveva
averli resi folli, perch nessuno si era reso conto che il peso di tutte quelle
persone sarebbe stato eccessivo. Al primo temporale, la nave aveva cominciato a imbarcare acqua. Non cera tempo per pensare, si trattava di scegliere tra la vita e la morte: i contrabbandieri avevano tirato fuori i fucili,
e costretto i viandanti a gettarsi in mare. Maec aveva trovato un pezzo di
legno a cui aggrapparsi, ma il peso del grosso fardello che si portava dietro
rischiava di trascinarlo a fondo.
Dopo un tempo che parve innito, quando ormai aveva perso di vista tutti
gli altri naufraghi e si trovava da solo in mezzo alle onde, era stato soccorso
da un peschereccio e traghettato dallaltra parte delloceano. Ad aspettarlo
non cera nessuno: la carovana era gi ripartita e lui doveva proseguire il
cammino da solo, tentando di raggiungerla. Erano trascorsi ventanni, forse
di pi, e nalmente ce laveva fatta.
Camminando lentamente, Maec percorse il sentiero scosceso che conduceva allingresso della Citt. Viste dallalto, le case sembravano un gregge di
pecore spaventate: qualcuna si arrampicava sulla roccia, altre si accavallavano disordinatamente, soocandosi luna con laltra. In mezzo a loro correva
uno strapiombo, e molti metri pi in basso cera il ume che forniva agli
abitanti acqua ed energia. Una serie di ponti collegavano le case di destra a
quelle di sinistra.
Man mano che si avvicinava al centro abitato, Maec not le solide pareti
degli edici, e le paragon alla stoa della tenda in cui aveva trascorso tutte
le notti della sua vita. Un pensiero lo fece rabbrividire: per difendersi da
quali terribili minacce erano necessari muri tanto spessi?
Non aveva denaro, perch anche le scorte di emergenza erano esaurite da
molto tempo. Lunica soluzione era adarsi al buon cuore degli abitanti

della Citt, sperando che qualcuno di loro avesse un letto da orirgli. Per
il Popolo Migrante, che nel corso del suo lungo viaggio era stato scacciato e respinto da tutte le altre genti, lospitalit ai viandanti era un valore
fondamentale. Per questo lo stupore di Maec fu grande quando si accorse
dellodio nello sguardo dei passanti. Buss a molte porte, ma ogni sforzo fu vano: alcuni non andarono nemmeno ad aprire, altri sostennero di
non avere spazio suciente per accoglierlo. Il proprietario di una locanda,
quando Maec ammise di essere troppo povero per pagare una stanza, lo
scrut con sospetto, lo sguardo avido che indugiava sul sacco appoggiato
per terra.

A parte Maec, nessuno sapeva cosa contenesse quel sacco.


Inutile dire che esso aveva suscitato linteresse di molti. Ai tempi della carovana, circolava persino una vecchia storia a riguardo: un certo Hiril, ossessionato dalla curiosit, aspett che Maec si addormentasse per introdursi
nella sua tenda e aprire il sacco. Hiril non riusc a raccontare a nessuno ci
che vide. La mattina seguente, infatti, era scomparso. Sua moglie lo cerc
per ore, nch gli altri del gruppo non la convinsero a rimettersi in viaggio.
Il maggiore dei gli di Hiril raccont in seguito di aver notato un frassino
che sorgeva in un punto dove, ci avrebbe giurato, la sera precedente non

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