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Tiziano Vargiolu
Dipartimento di Matematica Pura ed Applicata
via Belzoni, 7 - 35131 Padova
email: vargiolu@galileo.math.unipd.it
8 ottobre 2003
Indice
Introduzione
iii
1
1
6
9
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13
13
17
20
23
25
26
28
30
A Complementi
A.1 Insieme di Cantor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A.2 Integrazione di funzioni complesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
31
31
32
34
34
35
36
37
38
38
39
40
41
42
42
43
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B.13
B.14
B.15
B.16
B.17
Prova
Prova
Prova
Prova
Prova
scritta
scritta
scritta
scritta
scritta
del
del
del
del
del
21 dicembre 2000
20 febbraio 2001 .
7 luglio 2001 . . .
9 settembre 2001
19 settembre 2001
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ii
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Introduzione
Questo lavoro riprende un corso di esercitazioni di Istituzioni di Analisi Superiore in cui mi
era stato chiesto di fare una breve introduzione alla teoria della misura. Ho quindi cercato
di procedere in modo che uno studente del terzo anno del corso di laurea in Matematica
arrivasse in poco tempo (una decina di ore) a poter utilizzare i classici teoremi di limite
dellintegrazione di Lebesgue (Beppo Levi, Fatou e convergenza dominata), partendo dalla
` stato dedicato anche abbastanza spazio alla
definizione di spazio misurabile e di misura. E
costruzione della misura di Lebesgue n-dimensionale, che e stato lesempio che storicamente
ha fatto nascere la teoria della misura come la conosciamo oggi. La referenza principale per
questo lavoro `e stata il libro di Folland [2], a cui si rimanda per approfondimenti. Alla fine
sono stati poi inseriti i temi di esame relativi alla teoria della misura dati allUniversit`
a di
Padova negli appelli dallAnno Accademico 1998-99.
Vista lorigine di questo lavoro, esso pu`o essere utilizzato per una breve ma rigorosa
introduzione alla teoria della misura nei corsi di Analisi II (per quanto riguarda lintegrale
di Lebesgue) e di Istituzioni di Analisi Superiore. A questo scopo si consiglia di svolgere le
sezioni 1.1, 1.2 (senza la dimostrazione del teorema di Caratheodory), 1.3 (eventualmente
omettendo la dimostrazione della proposizione 1.25), 1.4 (limitandosi al caso in cui A `e
finito), 2.1 (concentrandosi eventualmente solo sulle funzioni reali), 2.2, 2.3 (concentrandosi
eventualmente solo sulle funzioni reali), 2.6, 2.7. Dato che la teoria `e stata trattata in
modo abbastanza generale, il materiale pu`o essere utilizzato anche nellambito di un corso
di Calcolo delle Probabilit`a.
iii
Capitolo 1
Definizione di misura
c) Si ha
n
[
Ai = A1 (A2 \ A1 ) . . .
i=1
An \
n1
[
!
Ai
i=1
e dunque
n
[
!
Ai
= (A1 ) + (A2 \ A1 ) + . . . + An \
i=1
n1
[
!
Ai
i=1
Allora A `e unalgebra; se poi per un generico intervallo I di estremi a < b (quindi della
forma (a, b), [a, b), (a, b] o [a, b]) definiamo (I) = b a, allora possiamo estendere ad A
in questo modo:
n
n
[
X
( Ii ) =
(Ii )
i=1
i=1
n=1 An
Osserviamo che una -algebra `e anche unalgebra, quindi una -algebra `e chiusa anche
per complemento, per unione finita e per intersezione finita. Inoltre essa `e chiusa anche per
intersezione numerabile (esercizio).
[
An = A1 (A2 \ A1 ) . . .
n=1
An \
n1
[
!
Ai
...
i=1
e dunque
!
An
= (A1 ) + (A2 \ A1 ) + . . . + An \
n=1
n1
[
i=1
!
Ai
+ ...
c) Poniamo A0 = . Allora:
!
k
[
X
X
An =
(An \ An1 ) = lim
(An \ An1 ) = lim (Ak )
n=1
n=1
n=1
d) Poniamo
Bi = An \Ai T
per i > n. Allora Bn+1 Bn+2 , (An ) = (Bi )+(Ai )
S
per i > n, e
B
=
A
\
n
i=n+1 i
i=1 Ai . Allora per (c) si ha
!
!
\
\
(An ) =
Ai + lim (Bi ) =
Ai + lim ((An ) (Ai ))
i=1
i=1
La `e nota come misura che conta i punti. Essa `e finita se X `e finito, e -finita se X `e
numerabile.
Esempio 1.13 Prendiamo un insieme infinito X e definiamo M = P(X), e
+ se A `e infinito
(A) =
A X
0
se A `e finito
Allora `e una misura finitamente additiva, ma non `e una
P misura. Per vedere questo, basta
verificare su un insieme numerabile A che (A) = 1 6= xA ({x}) = 0.
4
Teorema 1.14 Sia F P(X) generica. Allora esiste una -algebra M che e la pi`
u piccola
-algebra contenente F. M si chiama allora -algebra generata da F e si indica con
(F).
Dimostrazione. Definiamo
M=
M0
M0 -alg.,F M0
con F N N , poniamo
per E F M,
(E F ) = (E). Questa misura `e ben
definita, poiche se E1 F1 = E2 F2 , con Fj Nj N , allora E1 E2 N2 , quindi
(E1 ) (E2 ) + (N2 ) = (E2 ), e allo stesso modo (E2 ) (E1 ). Si verifica facilmente
e che
che estende ; i dettagli
che
e una misura completa su M,
`e la sola misura su M
sono lasciati per esercizio.
2
1.2
Misure esterne
iii) (
n=1 An )
n=1 (An )
Questi oggetti si chiamano misure esterne a causa del modo usuale in cui vengono
costruiti, che vediamo nella prossima proposizione.
Proposizione 1.20 Siano E P(X) e : E [0, +] tali che E, X E e () = 0.
Per ogni A X poniamo
(
)
X
[
(A) = inf
(En ) | En E, A
En
n=1
Allora
n=1
n
n
n
taleSche An j=1P
Ej e (An ) + 2 j=1
(Ej ). Allora
n=1 An
j,n=1 Ej e
S
P
n
e
(
n=1 (A ). Siccome `
j,n=1 (Ej ), e quindi ( n=1 An ) +
n=1 An ) +
arbitrario, abbiamo la tesi.
2
Se `e una misura esterna su X, un insieme A X e chiamato -misurabile o
misurabile secondo Caratheodory se
(E) = (E A) + (E Ac ) E X
Teorema 1.21 (Caratheodory) Se `e una misura esterna su X, e chiamiamo M =
{A X | A `e -misurabile}, allora M `e una -algebra, e la restrizione di a M `e
una misura completa.
6
n
X
(E Aj ) + (E B c )
j=1
X
j=1
(E Aj ) + (E B c )
(E Aj ) + (E B c ) =
j=1
= (E B) + (E B ) (E)
quindi tutte le disuguaglianze nellultimo
sono uguaglianze. Ne segue che B M,
P calcolo
(A ), quindi
e numerabilmente additiva
e prendendo E = B si ha che (B) =
j
j=1
su M. Infine, se (A) = 0 per ogni E A si ha
(E) (E A) + (E Ac ) = (E Ac ) (E)
2
n=1 An
S
A, allora (
n=1 An ) =
X
[
(E) = inf
(An ) | An A, E
An
(1.1)
n=1
n=1
(E) +
((Bn A) + (Bn Ac )) (E A) + (E Ac )
n=1
Teorema 1.24 Sia A unalgebra, una premisura su A e M = (A). Allora esiste una
misura
su M tale che
|A = . Se `e -finita, allora
e lunica estensione di ad una
misura su M.
Dimostrazione. Il teorema `e una conseguenza del teorema di Caratheodory e della
proposizione 1.23: infatti, induce una misura esterna sulla -algebra degli insiemi
-misurabili, che contiene A, e quindi contiene M. Inoltre |A = .
Dimostriamo ora che lestensione `e unica. Supponiamo
che sia unaltra misura
S
tale
P che |A =P. Prendiamo E M tale che E i=1 Ai , con Ai A; allora S(E)
(A
)
=
(A
),
e
da
questo
segue
che
(E)
(E).
Se
chiamiamo
A
=
A
i
i
i=1 i ,
i=1
i=1
allora abbiamo che
!
!
n
n
[
[
Ai = lim
Ai =
(A)
(A) = lim
n
i=1
i=1
Se
(E) < +, allora possiamo scegliere gli Ai in modo che
(A) <
(E)+, cioe
(A\E) <
; allora:
(E)
(A) = (A) = (E) + (A \ E) (E) +
(A \ E) (E) +
Siccome
(E) = (E). Quindi, se `e -finita, abbiamo che
S `e arbitrario, segue che
X =
A
,
con
(A
)
<
+,
e
possiamo supporre che gli An siano disgiunti. Allora
n
n=1 n
per ogni E M:
X
X
(E) =
(E An ) =
(E An ) = (E)
n=1
n=1
e quindi =
.
1.3
In questa sezione costruiremo misure su (R, B(R)). Queste misure si chiamano misure di
Borel su R. Da qui in poi considereremo intervalli aperti a sinistra e chiusi a destra su R,
cioe della forma (a, b], oppure (a, +), oppure , con a R {}, b R; chiamiamo
questi intervalli h-intervalli (h sta per half-open). Chiamiamo A lalgebra generata da tali
intervalli, che `e possibile esplicitare in questo modo:
(n
)
[
A=
Ii | Ii h-intervallo
i=1
Inoltre abbiamo che i limiti F (+) = limx+ F (x) e F () = limx F (x) esistono
(e possono essere finiti o infiniti). Vogliamo ora definire una misura a partire da F in
modo che
((a, b]) = F (b) F (a)
Per fare questo, baster`a dimostrare che la definisce una premisura. Questo, in virt`
u di
quanto dimostrato nella sezione precedente, baster`a a costruire la misura. Notiamo che,
se poniamo F (x) = x, allora otteniamo che ((a, b]) = b a. Questa misura sar`a quindi
lestensione della misura di Riemann che stavamo cercando alla fine della sezione 1.
Proposizione 1.25 Se F `e crescente e c.a d., e poniamo
!
n
n
[
X
(ai , bi ] =
(F (bi ) F (ai ))
i=1
i=1
[
i
Ii
[
(Ii Jj ) = Jj
ij
i=1
i=1
i=1
P
Otteniamo quindi che (I)
i=1 (Ii ). Per provare la disuguaglianza inversa, supponiamo allinizio che < a < b < +, e fissiamo un > 0. Siccome F e continua a destra,
esiste un > 0 tale che F (a+)F (a) < , e se chiamiamo Ii = (ai , bi ], allora esistono i tali
che F (bi +i )F (bi ) < 2i . Gli intervalli aperti (ai , bi +i ) coprono linsieme [a+, b], che `e
compatto, quindi esiste un ricoprimento finito. Scartando ogni (ai , bi + i ) contenuto in uno
pi`
u grande, ed eventualmente riordinando gli indici i, possiamo supporre che gli intervalli
(a1 , b1 + 1 ), . . . , (aN , bN + N ) coprono [a + , b], a1 < . . . < aN e bi + i (ai+1 , bi+1 + i+1 )
per i = 1, . . . , N 1. Allora:
(I) F (b) F (a + ) + F (bN + N ) F (a1 ) +
= F (bN + N ) F (aN ) +
F (bN + N ) F (aN ) +
n
X
((ai , bi + i ]) +
i=1
N
1
X
i=1
N
1
X
(F (ai+1 ) F (ai )) +
(F (bi + i ) F (ai )) +
i=1
(Ii ) + 2
i=1
Dato che `e arbitrario, nel caso < a < bP< + abbiamo finito. Se a = , ripetiamo
10
se x > 0
((0, x])
0
se x = 0
F (x) =
Nel seguito indicheremo la misura di Lebesgue con m. Diamo ora un altro risultato
(che non dimostreremo) sulla misura di Lebesgue.
Teorema 1.28 Se E B(R), e r, s R, poniamo E +s = {x+s | x E} e rE = {rx | x
E}; allora E + s, rE B(R) e m(E + s) = m(E), m(rE) = |r|m(E).
12
Capitolo 2
Integrazione
Rb
Nella teoria dellintegrazione di Riemann su R, a f (x) dx e definito come limite delle
somme di Riemann, che sono gli integrali di funzioni costanti
sui sottointervalli di [a, b].
R
Nella teoria dellintegrazione di Lebesgue, vedremo che X f (x) d(x) sar`a costruito come
limite di integrali di funzioni costanti su insiemi misurabili di X. Siccome abbiamo visto che
gli insiemi misurabili secondo Lebesgue possono avere una forma pi`
u complessa degli insiemi
misurabili secondo Riemann, possiamo estendere lintegrale ad una classe pi`
u generale di
funzioni. Inoltre costruiremo lintegrale concentrando la nostra attenzione su funzioni a
valori reali; notiamo per`o che la teoria pu`o essere formulata comprendendo anche funzioni
a valori complessi o in Rn .
2.1
Funzioni misurabili
13
14
La -algebra prodotto `e quindi uguale alla -algebra generata dalle proiezioni sulle coordinate. Se gli spazi (X , M ) sono tutti uguali a un (X, M), la -algebra prodotto si pu`
o
A
anche indicare con M . Se poi A = {1, . . . , n}, allora la -algebra prodotto si pu`
o anche
indicare con M1 . . . Mn o con Mn .
Proposizione 2.8 Se A `e finito o numerabile,
{A E | E M }
allora A M `e generata da
15
sono misurabili. Se poi f (x) = limn fn (x) esiste per ogni x X, allora `e misurabile.
S 1
1
Dimostrazione.
Abbiamo g11 ((a, ]) =
n=1 fn ((a, ]), e g2 ([, a)) =
T 1
Siccome lunione e lintersezione sopra sono numerabili, allora
n=1 fn ([, a)).
g1 e g2 sono misurabili. Allo stesso modo abbiamo che g3 e g4 sono misurabili perche
g3 = inf n supjn fj e g4 = supn inf jn fj . Infine, se f esiste, allora si ha che f = g3 = g4 , e
quindi f e misurabile.
2
sono misurabili, allora anche max(f, g) e min(f, g) lo
Corollario 2.13 Se f, g : X R
sono.
A questo punto possiamo presentare una utile decomposizione di funzioni: se f : X
R, definiamo parte positiva e parte negativa di f le funzioni
f (x) = min(f (x), 0)
16
Fn = f 1 ((2n , ])
Definiamo poi
n (x) =
2n 1
2X
k=0
-quasi ovunque.
2.2
i=1
Rn
Notiamo
che lintegrale di Lebesgue coincide con quello di Riemann sulle funzioni semplici
Pn
i=1 ai 1Ei , con Ei unioni finite di rettangoli.
Proposizione 2.19 Se e sono funzioni semplici in L+ , allora:
R
R
a) se c 0, allora X c d = c X d
R
R
R
b) X ( + ) d = X d + X d
R
R
c) se , allora X d X d (monotonia)
R
d) la funzione A A d `e una misura su M
Dimostrazione. a) basta applicare la definizione di integrale
P
P
b) prendiamo
le rappresentazioni
standard = ni=1 ai 1Ei e = m
j=1 aj 1Fj . SicSn
Sm
come Ei = j=1 Ei Fj e Fj = i=1 Ei Fj , e le unioni sono disgiunte, ladditivit`a finita
di implica
Z
Z X
m X
n
m X
n
X
( + ) d =
(ai + bj )1Ei Fj d =
(ai + bj )(Ei Fj ) =
X
X j=1 i=1
m X
n
X
j=1 i=1
ai (Ei Fj ) +
j=1 i=1
n
X
ai (Ei ) +
i=1
m X
n
X
bj (Ei Fj ) =
j=1 i=1
m
X
Z
bj (Fj ) =
Z
d +
j=1
d
X
m X
n
X
ai (Ei Fj )
j=1 i=1
m X
n
X
Z
bj (Ei Fj ) =
d
X
j=1 i=1
n
X
i=1
ai (A Ei ) =
X
n
X
j=1 i=1
ai (Aj Ei ) =
Z
X
j=1
Aj
L+
I punti (a) e (b) della proposizione ci dicono che lintegrale `e una funzione lineare da
in R. Estendiamo ora lintegrale a tutte le funzioni in L+ .
18
R
Per la proposizione 2.19(c), le due definizioni di X f d coincidono quando f `e
semplice. Inoltre, la proposizione 2.19 resta valida nei punti (a) e (c) (che si dimostrano
usando la definizione di integrale) anche se le e non sono semplici, ma in L+ . Vediamo
ora i teoremi fondamentali della teoria dellintegrazione secondo Lebesgue.
Teorema 2.21 (di Beppo Levi, o della convergenza monotona) Se (fn )n `e una
successione
di funzioni in RL+ tale che fn fn+1 per ogni n, e f = limn fn (= supn fn ),
R
allora X f d = limn X fn d.
R
Dimostrazione. La successione
reale
(
e monotona, quindi
X fn d)n `
R
R
R ha limiteR (anche
uguale a +). Inoltre, X fn d X f d per ogni n, quindi limn X fn d X f d.
Per la disuguaglianza inversa, fissiamo (0, 1), prendiamo una funzione semplice
tale che 0 f , e poniamo En = {x | fn (x) (x)}. Allora (En )n
`Re una successione
crescente Rdi insiemi misurabili la cui unione `e X, e abbiamo
R
2.19 e la continuit`
a dal
X fn d
En fn d En d.R Per la proposizione
R
R
R
basso delle misure, abbiamo che limn En d = X d, quindi X fn d X d.
Siccome questo `e vero per ogni < 1, allora `e vero anche per
poi
R
R = 1. Prendendo
2
lestremo superiore sulle semplici minori di f , si ottiene che X fn d X f d.
Possiamo ora dimostrare ladditivit`a dellintegrale.
+
RTeorema 2.22
P R Se (fn )n `e una successione finita o infinita in L e f =
n X fn d.
X f d =
n fn ,
allora
PN R
P
Per induzione si ha che X ( N
n=1 fn ) d =
n=1 X fn d, e quindi facendo tendere
N e applicando ancora Beppo Levi, si ottiene la tesi.
2
R
Vediamo ora un risultato, che dar`a anche una leggera generalizzazione del teorema di
Beppo Levi.
R
Proposizione
2.23 Se f L+ , allora X f d = 0 se e solo se f = 0 q.o. Inoltre, se
R
e trascurabile.
X f d < +, allora linsieme E = {x | f (x) = +} `
19
P
Dimostrazione.
Se f `e semplice, questo `e ovvio: se f = ni=1 ai 1Ei , con ai 0, allora
R
si ha che X f d = 0 se e solo se per ogni i si ha che ai = 0 oppure che (Ei ) = 0. In
generale,
= 0 q.o.,
R se f = 0 q.o. Re `e una funzione semplice tale che 0 f , allora S
quindi X f d = supn X d = 0. Viceversa, abbiamo che {x | f (x) > 0} =
n=1 En ,
dove En = {x | f (x) > 1/n}, quindi se fosse falso che f = R0 q.o., dovremmo avere che
(En ) > 0 per qualche n. Ma siccome f > 1En /n, allora X f d > (En )/n > 0, e
abbiamo
una
R
R contraddizione. Per la seconda parte,
R basta notare che f > +1E , quindi
X f d > X 1E d = (E). Ma siccome X f d < +, allora bisogna avere per
forza che (E) = 0.
2
+
+
Corollario
R 2.24 Se (fn )n `e una successione in L , f L e fn % f q.o., allora
limn X fn d.
R
X
f d =
Dimostrazione.
che inf nk fn Rfj per ogni j k, quindi
R
R Per ogni k abbiamo
R
X inf nk fn d X fj d; da qui X inf nk fn d inf jk X fj d. Se ora si fa tendere
k e si applica il teorema della convergenza monotona, si ha:
Z
Z
Z
Z
lim inf fn d =
lim inf fn d = lim
inf fn d lim inf
fn d
X n
X k nk
k X nk
2.3
20
che pu`
o quindi essere anche uguale a + o a . Se per`
o lintegrale di f `e un numero
finito, allora diciamo che f e integrabile.
Notiamo
che f + , f |f | f + + f ; da questo si deduce che f `e integrabile se e
R
solo se X |f | d < +.
Proposizione 2.28 Linsieme delle funzioni reali integrabili `e uno spazio vettoriale
reale,
R
eR lintegrale `e un funzionale reale su di esso. Infine, se f `e integrabile, allora | X f d|
X |f | d.
Dimostrazione. La prima parte della tesi segue
R dal fatto Rche si ha |af +bg| |a||f |+|b||g|.
Per la seconda parte, si pu`o dimostrare che a X f d = X af d usando la proposizione
(2.19)(a). Inoltre, se f e g sono integrabili, e chiamiamo h = f + g, allora h+ h =
f + f + g + g , quindi h+ + f + g = h + f + + g + . Per il teorema (2.22), si ha
Z
Z
Z
Z
Z
Z
+
+
h d +
f d +
g d =
h d +
f d +
g + d
X
f d = f d
f
d
f
d
+
f
d
=
|f | d
X
R
R
R
E = {x | h+ (x) > 0} `e non trascurabile, allora E f d E g d = E h+ d > 0, poiche
h = 0 su E, e abbiamo una contraddizione. Questo prova che (i) (iii).
2
Questa proposizione mostra che lintegrale non cambia se cambiamo la funzione su
insiemi di misura nulla. Questo significa che possiamo integrare delle funzioni f definite
solo su insiemi E il cui complementare `e trascurabile, semplicemente definendo f = 0 (o
qualsiasi altra cosa) su E c . Possiamo quindi trattare, per quanto riguarda lintegrazione, le
che siano finite q.o. semplicemente come funzioni reali.
funzioni a valori in R
Definizione 2.30 Definiamo L1 = L1 (X, M, ) linsieme delle classi di equivalenza delle
funzioni integrabili su X rispetto a , dove f g se e solo se f = g -q.o.
Come lo spazio delle funzioni integrabili, questo spazio `e uno
R spazio vettoriale reale,
ed `e anche uno spazio normato rispetto alla norma kf gkL1 = X |f g| d. Pur essendo
L1 uno spazio definito come classe di equivalenza di funzioni, useremo lo stesso la notazione
f L1 per indicare che f `e una funzione integrabile definita q.o. Questo leggero abuso di
notazione e universalmente accettato e non causa quasi mai ambiguit`a.
Presentiamo ora lultimo dei tre pi`
u importanti teoremi di convergenza
dellintegrazione secondo Lebesgue.
Teorema 2.31 (della convergenza dominata di Lebesgue) Se (fn )n LR1 tale che
1
1
Rfn f q.o. ed esiste g L tale che |fn | g per ogni n, allora f L e limn X fn d =
X f d.
Dimostrazione. Per le proposizioni 2.15 e 2.16, f `e misurabile (eventualmente dopo una
ridefinizione su un insieme di misura nulla); inoltre |f | g q.o., quindi f L1 . Inoltre q.o.
abbiamo che g + fn 0 e g fn 0, quindi per il lemma di Fatou:
Z
Z
Z
Z
Z
g d +
f d lim inf
(g + fn ) d =
g d + lim inf
fn d
n
n X
X
X
X
X
Z
Z
Z
Z
Z
g d
f d lim inf
(g fn ) d =
g d lim sup
fn d
X
R
X
fn d
R
X
f d lim supn
R
X
fn d, e segue la tesi.
Una applicazione di questo teorema `e il seguente risultato, che e una estensione del
teorema 2.22.
P R
1 tale che
Teorema
2.32
Se
(f
)
`
e
una
successione
in
L
n | d < +, allora
n
n
n=1 RX |f
R
P
P
P
1
n=1 X fn d = X ( n=1 fn ) d.
n=1 fn converge q.o. a una funzione in L , e
R P
P R
|f
|)
d
=
Dimostrazione.
Per
il
teorema
2.22,
(
n
n=1
X
P n=1 X |fn | d < +, quindi
P
1
proposizione 2.23, n=1 |fn (x)| `e finita per q.o. x, e
n=1 |fn | L . In particolare, per laP
PN
PN
quindi per ognuno di questi x la serie
n=1 |fn |
n=1 fn |
n=1 fn (x) converge. Inoltre, |
per
applicare il teorema della convergenza dominata e ottenere
R N , quindi
R possiamo
Pogni
P
f
d
=
(
f
)
2
n=1 X n
n=1 n d.
X
22
X
X
|gk | d kfn1 kL1 +
2k = kfn1 kL1 + 1 < +
k=1
k=2
gk = lim fnk
k
k=1
Siccome (fn )n `e di Cauchy, si ha che fn f in L1 ; infatti n tale che kfm fm0 kL1 <
per ogni m, m0 n. Allora basta porre m0 = 2k , e fare tendere k , e si ha che n
tale che kfm f kL1 < per ogni m n, e quindi abbiamo la tesi.
2
2.4
Convergenza in misura
Se (fn )n `e una successione di funzioni misurabili, abbiamo visto che ci sono diversi tipi
di convergenze; in particolare abbiamo gi`a incontrato la convergenza quasi ovunque e la
convergenza in L1 . Possiamo inoltre notare che se fn f q.o. e |fn | g, allora il teorema
della convergenza dominata implica fn f in L1 ; infatti (fn f )n `e una successione
dominata da 2g e che converge q.o. a zero. Ora introduciamo un altro tipo di convergenza,
che permetter`a di passare dalla convergenza in L1 alla convergenza quasi ovunque.
Definizione 2.34 Diciamo che una successione (fn )n di funzioni misurabili su (X, M, )
`e di Cauchy in misura se per ogni > 0
{x : |fm (x) fn (x)| } 0
per m, n
e diciamo che (fn )n converge in misura a f (scritto anche fn f ) se per ogni > 0
{x : |fn (x) f (x)| } 0
per n
quindi (En, )
R
X
En,
Esempio 2.36 Sullo spazio (R, B(R), m) consideriamo la successione fn = n1[0,1/n] . Allora
fn 0 in misura, ma siccome kfn kL1 = 1, non converge a 0 in L1 .
Teorema 2.37 Supponiamo che (fn )n sia di Cauchy in misura. Allora esiste una f misurabile tale che fn f in misura, e una sottosuccessione (fnj )j che converge a f q.c.
Inoltre, se anche fn g in misura, allora g = f q.c.
Dimostrazione. Possiamo scegliere una sottosuccessione (gj )j = (fnj )j tale
S che se Ej =
{x : |gj (x) gj+1 (x)| 2j } allora (Ej ) 2j . Se poniamo Fk =
k=j Ej , allora
P j
1k
(Fk ) j=k 2 = 2
e se x
/ Fk , per i j k abbiamo
|gj (x) gi (x)|
i1
X
l=j
i1
X
2l 21j
l=j
Fkc .
2.5
Integrale di Lebesgue
Un caso molto particolare della teoria vista sopra `e il caso (X, M, ) = (R, B(R), m), dove
m `e la misura di Lebesgue. Infatti questo `e il caso che storicamente e stato il primo ad
essere sviluppato nella teoria dellintegrazione, con lo scopo iniziale di estendere la teoria
dellintegrazione di Riemann. Dallintegrazione con la misura di Lebesgue poi `e nata la
teoria dellintegrazione astratta come generalizzazione. Per questa ragione, si usa anche
una notazione particolare.
R
Definizione 2.40 Lintegrale R f dm R si indica semplicemente come integrale di
Lebesgue di f . Allo stesso modo, se R |f | dm < +, allora f si dice integrabile
secondo Lebesgue.
Confrontiamo ora lintegrale di Riemann e lintegrale rispetto alla misura di Lebesgue.
A questo scopo, ricordiamo la costruzione dellintegrale di Riemann.
Sia [a, b] un intervallo, con a, b numeri reali. Chiamiamo partizione di [a, b] una
successione finita P = (ti )i=0,...,n tale che a = t0 < . . . < tn = b, e chiamiamo ampiezza
della partizione P il numero |P | = supi |ti ti1 |. Diciamo inoltre che P = (ti )i=0,...,n `e un
raffinamento di Q = (sj )j=0,...,k se {sj | j = 0, . . . , k} {ti | i = 0, . . . , n}. Sia f una
funzione reale limitata arbitraria, e per ogni partizione P poniamo
SP (f ) =
n
X
Mi (ti ti1 ),
sP (f ) =
i=0
n
X
`i (ti ti1 )
i=0
dove Mi = supx(ti1 ,ti ] f (x), `i = inf x(ti1 ,ti ] f (x). Definiamo poi:
I (f ) = sup sP (f )
I + (f ) = inf SP (f ),
P
i=0
(e quindi tali che le gPk crescono e le GPk decrescono con k) e tali che SPk (f ) e sPk (f )
Rb
convergono a a f (x) dx. Poniamo G = limk GPk e g = limk gPk . Allora g f G,
R
R
Rb
e per il teorema della convergenza dominata [a,b] g dm = [a,b] G dm = a f (x) dx. Allora
R
e G = g = f q.o. Siccome G e misurabile
[a,b] (G g) dm = 0, quindi G = g q.o., cio
(poiche limite di funzioni misurabili), e m e completa, allora anche f `e misurabile; inoltre
R
R
Rb
si ha che [a,b] f dm = [a,b] G dm = a f (x) dx.
2
Da questo teorema si ricava che lintegrale di Lebesgue estende lintegrale di Riemann
proprio. Infatti tutte le funzioni integrabili secondo Riemann in un intervallo sono anche
integrabili secondo Lebesgue, e i due integrali coincidono. Questo in particolare permette
di usare tutte le tecniche di calcolo degli integrali di Riemann (teorema fondamentale del
calcolo, integrazione per sostituzione e per parti) per calcolare gli integrali di Lebesgue.
Inoltre questo risultato vale anche per una generica dimensione n. Per questo motivo per
indicare
lintegrale rispetto alla misura
le notazioni
Rb
R di Lebesgue si usano comunemente
n
a f (x) dx (su un intervallo [a, b]) o E f (x) dx (su un boreliano E R ). Tuttavia, se
tentiamo di generalizzare le ipotesi di questo teorema per trattare lintegrale di Riemann
improprio, potremmo trovare che lintegrale improprio
di f `e definito, ma f non
P di Riemann
n
e integrabile secondo Lebesgue (esempio: f = n=1 (1) 1(n,n+1) /n). Per questo motivo,
ci vuole sempre una certa cautela quando si trattano degli integrali di Lebesgue di funzioni
non limitate o su intervalli non limitati.
2.6
Misure prodotto
(2.1)
i=1
26
i=1
27
R
X
(2.2)
R
R
Tonelli: se f L+ (X Y, M N , ), allora le funzioni Y f (x, ) d e X f (, y) d
sono rispettivamente in L+ (X, M, ) e in L+ (Y, N , ) e vale la (2.2).
Corollario 2.47 Il teorema di Fubini-Tonelli vale anche nel caso (X, M, )
(Rm , B(Rm ), mm ) e (Y, N , ) = (Rn , B(Rn ), mn ).
Dal corollario si ricava anche che `e possibile calcolare lintegrale di una funzione
su Rn iterando gli integrali su ogni componente. Inoltre il teorema 2.41 e il corollario
2.47 permettono di usare tutte le tecniche di calcolo degli integrali di Riemann (teorema
fondamentale del calcolo, integrazione per sostituzione e per parti, cambiamenti di variabili,
ecc.) per calcolare gli integrali di Lebesgue.
2.7
Abbiamo visto che il calcolo degli integrali di Lebesgue in dimensione 1 pu`o essere ridotto
al calcolo degli integrali di Riemann. Una conclusione analoga vale anche in dimensione n.
Per vederlo, si proceder`a per passi successivi. Come nel caso della misura di Lebesgue in
dimensione 1, anche nel caso della misura di Lebesgue mn si usa una notazione particolare.
R
come integrale di
Definizione 2.48 Lintegrale Rn f dmn si indica semplicemente
R
Lebesgue n-dimensionale di f . Allo stesso modo, se Rn |f | dmn < +, allora f si
dice integrabile secondo Lebesgue.
Un primo risultato `e il seguente.
R
R
R
Teorema 2.49 Se f dx `e definito (anche uguale a ), allora Rn f (x) dx = Rn f (x +
y) dx per ogni y Rn .
Vediamo ora qual `e il comportamento dellintegrale di Lebesgue sotto trasformazioni
lineari. Chiamiamo GL(n, R) il gruppo delle trasformazioni lineari invertibili su Rn .
Teorema 2.50 Supponiamo che T GL(n, R). Allora:
a) se E Ln , allora T (E) Ln e mn (T (E)) = | det T | mn (E).
b) se f `e misurabile secondo Lebesgue, allora anche f T lo e; inoltre, se
definito, allora
Z
Z
f T (x) dx
f (x) dx = | det T |
Rn
Rn
28
Rn
f dx `e
S n1
R
Corollario 2.54 Se f `e misurabile secondo Lebesgue su Rn , Rn f dx e definito, ed f `e
della forma f (x) = g(|x|), allora
Z
Z
f (x) dx = (S n1 )
g(r)rn1 dr
Rn
29
2.8
Alcune volte pu`o capitare di avere a che fare con funzioni della forma
Z
f (x, y) d(x)
F (y) =
(2.3)
dove (X, M, ) `e uno spazio misurabile e y `e un parametro che pu`o variare in vari tipi di
spazi. In questa sezione vedremo alcune propriet`a di queste funzioni.
Supponiamo che f : X E C, dove E `e un aperto di uno spazio vettoriale reale
Y che sia anche normato, e che la funzione F : E C sia definita da (2.3). Pu`o allora
essere interessante vedere se le propriet`a di continuit`a e di differenziabilit`a di f si possono
estendere anche a F .
Teorema 2.56 Supponiamo che per ogni y fissato la funzione f (, y) L1 (X, M, ; C).
Allora:
a) supponiamo che per y E esista un intorno U di y e una g L1 (X, M, ; C) tale
che per ogni y U , |f (x, y)| g(x) per quasi ogni x X; allora se limyy f (x, y) =
f (x, y) per quasi ogni x X, anche limyy F (y) = F (
y)
b) supponiamo che per un vettore u Y esista u f (x, y) per ogni y E e per q.o. x; se
per un y E esistono un intorno U di y e una g L1 (X, M, ; C) tale che per ogni
y U , |u f (x, y)| g(x) per quasi ogni x X, allora
Z
u F (y) =
u f (x, y) d(x)
X
f (x, y + hn u) f (x, y)
hn
e segue la tesi.
30
Appendice A
Complementi
In questo capitolo vogliamo riprendere alcuni argomenti che per mancanza di tempo non
sono stati trattati nei primi due capitoli.
A.1
Insieme di Cantor
In questa sezione vogliamo fare un esempio di insiemi non boreliani sulla retta reale, ma
misurabili secondo Lebesgue. Per questo, abbiamo bisogno di introdurre il seguente insieme.
Esempio A.1 (insieme di Cantor) Definiamo C0 = [0, 1], e Cn+1 = Cn \
S3n1 1 3k+1 3k+2
T
( 3n , 3n ); definiamo insieme di Cantor linsieme C =
i=0
n=1 Cn . Linsieme
C pu`o essere definito anche
in
questo
modo:
per
un
generico
x
[0,
1]
consideriamo
la sua
P
n
espansione decimale x = n=1 an /3 in base 3, con an = 0, 1 o 2, e facciamo la convenzione
che i numeri della forma p3k abbiano la rappresentazione an = 2 per n > k; allora C `e
linsieme degli x [0, 1] che non hanno la cifra 1 nella loro rappresentazione decimale. C
ha le seguenti propriet`a notevoli:
a) C `e compatto
b) se x, y C e x < y, allora esiste z
/ C tale che x < z < y (C `e totalmente
sconnesso)
c) C non ha punti isolati
d) m(C) = 0
e) C `e in corrispondenza biunivoca con lintervallo [0, 1]; in particolare C ha la cardinalit`
a
del continuo
Proveremo solo le ultime due propriet`a. Per provare (d), basta notare che m(Cn ) = (2/3)n ,
e quindi
P m(C) n= limn m(Cn ) = 0. Per provare (e), notiamo che se x C, allora
x=
corrisponde a sostituire
n=1 an /3 , con an = 0 o 2; definiamo allora bn = an /2 (cheP
n
un 2 con un 1 nella rappresentazione decimale) e definiamo f (x) =
n=1 an /2 . Allora f (x)
`e lespansione in base 2 di un numero. Siccome ogni elemento di [0, 1] pu`o essere ottenuto
in questo modo, f `e bigettiva da C a [0, 1].
31
A.2
Allinizio del capitolo 2 abbiamo notato che la teoria dellintegrazione di Lebesgue poteva
essere costruita anche nel caso di funzioni a valori complessi. Qui enunciamo i teoremi
corrispondenti a questo caso; le dimostrazioni non verranno svolte, essendo per la maggior
parte generalizzazioni di quelle del capitolo 2; per maggiori dettagli, il lettore interessato
pu`o vedere [2].
Per tutta la sezione faremo la convenzione che una funzione f : X C sia misurabile
quando `e (M, B(C))-misurabile.
Dalla proposizione 2.10 si ricavano i due seguenti corollari:
Corollario A.2 Una funzione complessa f `e misurabile se e solo se <f e =f lo sono.
Corollario A.3 Se f, g : X C sono misurabili, allora anche f + g e f g lo sono.
Dalla proposizione 2.12 (il limite di funzioni misurabili e una funzione misurabile)
segue questo risultato:
Corollario A.4 Se (fn )n `e una successione di funzioni complesse misurabili e f (x) =
limn fn (x) esiste per ogni x, allora f e misurabile.
Analogamente alla decomposizione f = f + f delle funzioni reali, anche nel caso
delle funzioni complesse ce una utile decomposizione, chiamata decomposizione polare.
Se z `e un numero complesso, indichiamo con |z| la sua norma in C e definiamo la funzione
segno in questo modo:
z/|z| se z 6= 0
sgn z =
0
se z = 0
32
Allora possiamo scrivere f = (sgn f )|f | per una generica funzione complessa f . Siccome l
funzione segno e il modulo sono boreliane, abbiamo che f `e misurabile se e solo se sgn f e
|f | lo sono.
Come nel caso reale, chiamiamo funzione semplice una combinazione lineare finita
a coefficienti
Pn complessi di funzioni caratteristiche di insiemi misurabili, che sar`a della forma
(x) = i=1 ai 1Ei (x), con ai C; se ai 6= aj per i 6= j, allora diciamo che `e scritta in
rappresentazione standard. Anche nel caso di funzioni a valori complessi, una funzione
misurabile pu`o essere opportunamente approssimata con funzioni semplici in questo modo:
Teorema A.5 Se (X, M) `e uno spazio misurabile, e f : X C e misurabile, allora esiste
una successione di funzioni semplici (n )n tali che 0 |1 | . . . |n | . . . |f |,
n f puntualmente, e n f uniformemente su ogni insieme su cui f `e limitata.
Se f `e una funzione complessa misurabile, diciamo che f `e integrabile se la funzione
reale |f | lo e. Siccome |f | |<f | + |=f | 2|f |, otteniamo che f `e integrabile se e solo se
<f e =f lo sono; definiamo poi lintegrale di f in questo modo:
Z
Z
Z
f d =
<f d + i
=f d
X
Da questo segue facilmente che lo spazio delle funzioni integrabili complesse `e Runo spazio
vettoriale
e lintegrale `e un funzionale lineare su di esso; inoltre abbiamo che | X f d|
R
|f
|
d
per
ogni f integrabile. Anche in questo
caso possiamo mettere su questo spazio la
X
R
relazione di equivalenza f g se e solo se X |f g| d = 0. Lo spazio ottenuto in questo
modo viene indicato con L1 (X, M, ; C) (rispetto al caso reale, si specifica anche lo spazio
di arrivo). Valgono le seguenti generalizzazioni di risultati del capitolo 2:
Proposizione A.6 Se f e g sono integrabili, allora sono equivalenti:
R
R
i) E f d = E g d per ogni E M
R
ii) X |f g| d = 0
iii) f = g q.o.
Teorema A.7 (della convergenza dominata di Lebesgue) Se (fn )n L1 tale che
fn fR q.o. ed Resiste g L1 tale che |fn | g per ogni n, allora f L1 e
limn X fn d = X f d.
P R
1 tale che
Teorema
A.8
Se
(f
)
`
e
una
successione
in
L
n
n
n | d < +, allora
n=1 RX |f
R
P
P
P
1
n=1 X fn d = X ( n=1 fn ) d.
n=1 fn converge q.o. a una funzione in L , e
33
Appendice B
f d
E
R
R
Dimostrare che `e una misura su (X, M) e che X g d = X f g d per ogni g
L+ (X, M) (suggerimento: prima supporre g semplice)
2. Dimostrare
R x che f (x) = x `e integrabile secondo Lebesgue su (0, 1) per (0, 1) e
calcolare 0 f (t) dt (suggerimento: usare il punto 1 o il teorema di Beppo Levi)
Soluzione
1. () = 0, e se A =
n=1 An ,
con An M, allora:
(A) =
f d =
A
1A f d =
X
Z X
1An f d =
X n=1
Z
X
1An f d =
n=1 X
(An )
n=1
Z X
n
X i=1
Z X
n
ai 1Ei d =
n
X
ai (Ei ) =
i=1
n
X
i=1
Z
ai
1Ei f d =
X
Z
ai 1Ei f d =
X i=1
gf d
X
n X
n X
34
R
2. (E) = E f (x) dx `e una misura su (0, 1), quindi per la continuit`a dalR basso si ha
x
limn ((1/n, x)) = ((0, x)) per ogni x 1. Ma ((1/n, x)) = 1/n t dt `e
lintegrale di una funzione integrabile secondo Riemann (perche continua e limitata);
allora:
Z x
x1 (1/n)1 n x1
1 1 x
t
=
=
t dt
((1/n, x)) =
1
1
0
1/n
R1
1
da questo si ricava in particolare che 0 f (x) dx = ((0, 1)) = 1
< +, e quindi f
`e integrabile secondo Lebesgue.
Si poteva anche usare il teorema di Beppo Levi in questo modo: costruiamo la
successione fn = f 1(1/n,1) . Allora fn % f e quindi
Z x
Z x
Z x
f (t) dt = lim
fn (t) dt = lim
t dt
n 0
n 1/n
B.2
Rx
0
f (t) dt).
Soluzione
1. vedi dispense
2. f, g L+ , quindi si puo integrare per serie:
Z
Z
Z
Z
X
X
X
g dx =
2n
f (x rn ) dx =
2n
f (x) dx =
2n
R
n=1
1
Z
=
n=1
x1/2 dx = lim
k 1/k
n=1
x1/2 dx =
(dove abbiamo anche usato Beppo Levi), quindi g L1 . Questo implica che g `e quasi
certamente finita. (2 punti)
35
3. prendiamo un intervallo (a, b) (0, 1); allora esiste un rm razionale in (a, b), e si ha che
per ogni x (rm , b) si ha f (x rm ) = (x rm )1/2 , e quindi g(x) 2m (x rm )1/2 ,
e limx&rm g(x) +; questo implica che g non `e limitata in (a, b) (e che g quindi
non pu`o essere continua in (a, b)). (3 punti)
4. g 2 < q.o. per il punto (1) (0,5 punti); ma:
Z
Z
Z
X
X
2
2n
2
2n
g dx =
2
f (x rn ) dx =
2
R
n=1
1
3
x1 dx =
1
lim
3 k
x1 dx =
n=1
1
x1 dx =
1/k
1
lim [log x]11/k = +
3 k
quindi g
/ L2 . (1,5 punti)
B.3
Soluzione
1. h `e composizione delle proiezioni su X e Y , delle f e g e della funzione prodotto da
R2 a R. Tutte queste funzioni sono misurabili, quindi h `e misurabile (nota: h era
definita come h : X Y R) . (3 punti)
2. Vedi dispense (2 punti)
R
3. Dire che h L1 `e equivalente a dire che |h| < . Siccome |h| L+ , per Tonelli si
ha:
Z
Z Z
|h| d =
|f (x)||g(y)| d(y) d(x) =
XY
X
Y
Z
Z
=
|f (x)|
|g(y)| d(y) d(x) =
X
Y
Z
=
|f (x)|kgkL1 d(x) = kf kL1 kgkL1 < +
X
36
B.4
Sia dato uno spazio misurabile (X, M). Se e sono misure definite su (X, M), diciamo
che `e assolutamente continua rispetto a (e lo indichiamo con << ) se (A) = 0
implica (A) = 0. Diciamo che e sono equivalenti (e lo indichiamo con ) se
<< e << .
1. Se `e unaltra misura su (X, M), provare che << e << implica << e
che e implica
R
2. Provare che se `e una misura definita da (A) = A f d, con f L+ (X, M), allora
<< .
3. Provare che se nel punto (2) f > 0 -quasi ovunque, allora .
P
S
4. Provare che se f =
n=1 an 1En , con an > 0 ed (En )n disgiunti e tali che
n=1 En =
X, allora
Z
1
d
(A) =
A f
Soluzione
1. Se << e << , allora la seconda relazione implica che se (A) = 0, allora
(A) = 0; allora per la prima relazione si ha che (A) = 0, e quindi abbiamo che
(A) = 0 implica (A) = 0, cioe che << . Se poi e , allora abbiamo
che << e << , quindi << per quanto appena dimostrato, e che << e
<< , quindi << ; mettendo assieme le due relazioni si ha la tesi. (2 punti)
R
2. Se (A) = 0, allora (A) = X f 1A d; ma f 1A = 0 -quasi ovunque, quindi (A) = 0.
(2 punti)
R
3. Se (A) = 0, allora X f 1A d = 0; siccome f 1A L+ , questo implica che f 1A = 0
-quasi ovunque; siccome f > 0, questo significa che 1A = 0 -quasi ovunque, e
abbiamo la tesi. (2 punti)
4. Siccome f vale an > 0 su En , allora 1/f vale 1/an su En . Allora:
Z X
Z
X
X
1
1
1
1
d =
1En d =
1En A d =
(En A) =
a
a
A n=1 an
A f
n=1 X n
n=1 n
Z
Z
X
X
1
1
=
f d =
an d =
an En A
an En A
=
n=1
X
n=1
n=1
1
an (En A) =
an
n=1
37
(En A) = (A)
(2 punti)
B.5
Soluzione
1. Vedi dispense (4 punti).
2. fn f uniformemente, quindi fn f -quasi ovunque, quindi f `e misurabile.
Inoltre per ogni n, |f | |f fn | + |fn |, e per ogni Resiste n tale che |f Rfn | < su
X. Allora |f | |f fnR| + |fn | < + |fn |, e quindi X |f | d <R (X) +R X |fn | d.
1
Siccome
fn L1 , allora
X |f | d < +, quindi f L . Infine | X
R
R
R f d X fRn d| =
| X (f fn ) d| X |f fn | d (X). Da questo si ricava che X fn d X f d
(4 punti).
B.6
lim
n a
n
dx
1 + n2 x2
R +
dy
1+y 2
= .
Soluzione
1. Vedi dispense (2 punti)
2. Se a > 0, abbiamo:
fn (x) =
1
1
n
2 L1 (a, +)
2
2
2
1+n x
nx
x
e quindi possiamo applicare Lebesgue; siccome fn 0 q.o. su [a, +), il limite vale
0 (2 punti).
Se a = 0, siccome le fn sono pari si ha:
Z
Z
Z +
1 +
n
1 + 1
n
dx =
dx =
dy =
2
2
2
2
2
1+n x
2 1 + n x
2 1 + y
2
0
e quindi il limite vale /2 (2 punti).
38
Se a < 0, si ha:
Z +
Z a
Z a
Z +
n
n
n
n
dx
=
dx
dx
=
dx
2 x2
2 x2
2 x2
1
+
n
1
+
n
1
+
n
1
+
n2 x2
a
Il secondo addendo tende a 0 per un ragionamento analogo al caso a > 0, quindi il
limite vale . (2 punti)
Gli integrali si potevano anche calcolare esplicitamente nel seguente modo:
Z +
Z +
n
n
dx =
lim 1[a,k] (x)
dx =
2 x2
k
1
+
n
1
+
n2 x2
a
a
Z +
Z nk
n
1
dx
=
lim
dy =
= lim
1[a,k] (x)
k na 1 + y 2
k a
1 + n2 x2
B.7
Supponiamo che fn e f siano funzioni misurabili da uno spazio (X, M, ) a valori complessi
e : C C.
1. Se `e continua e fn f quasi ovunque, allora anche fn f quasi ovunque.
2. Enunciare la definizione di convergenza in misura e quali sono le implicazioni tra le
convergenze in misura, in L1 , quasi ovunque e uniforme.
3. Se `e uniformemente continua e fn f uniformemente (risp. in misura), allora
fn f uniformemente (risp. in misura).
4. (facoltativo) Esibire controesempi nel caso che non sia continua o uniformemente
continua.
Soluzione
1. fn f q.o. significa che esiste E M tale che (E c ) = 0 e fn (x) f (x) per ogni
x E. Siccome `e continua, `e continua per successioni, e quindi (fn (x)) (f (x))
(2 punti)
2. Vedi dispense (2 punti).
39
3. uniformemente continua significa che tale che |y1 y2 | < implica |(y1 )
(y2 )| < ; allora se fn f uniformemente significa che n tale che per ogni x X,
|fn (x) f (x)| < n > n , e quindi |(fn (x)) (f (x))| < (1 punto). Se invece
fn f , questo implica che {x : |fn (x) f (x)| > } 0; siccome |fn (x) f (x)| <
implica |(fn (x)) (f (x))| < , abbiamo che |(fn (x)) (f (x))| > implica
|fn (x) f (x)| > , quindi {x : |(fn (x)) (f (x))| > } {x : |fn (x) f (x)| > },
e quindi {x : |(fn (x)) (f (x))| > } {x : |fn (x) f (x)| > } 0 (3 punti)
4. Prendiamo fn 1/n, f 0 e = 1{0} ; allora non `e continua e fn 0 e
f = 1, e non si ha convergenza quasi ovunque. Prendiamo poi fn (x) = x + 1/n,
f (x) = x e (x) = x2 . Allora fn f = 2x/n + 1/n2 , e quindi non si ha ne
convergenza uniforme ne in misura (1 punto a controesempio per un totale di 3)
B.8
Ra
x
Soluzione
1. Vedi dispense (2 punti).
2. Per potere applicare Fubini bisogna dimostrare che 1A f (t)/t L1 (R2 , B(R2 ), m2 ),
dove abbiamo posto A = {(x, t)|0 < x t < a}. Siccome A e f sono misurabili,
|1A f (t)/t| L+ (R2 , B(R2 ), m2 ), e per il teorema di Tonelli abbiamo
Z
Z aZ t
Z a
Z
Z a
f (t)
|f (t)|
|f (t)| t
dt =
dx dt =
dx dt =
|f (t)| dt < +
t
t
t
A
0
0
0
0
0
quindi 1A f (t)/t L1 (R2 , B(R2 ), m2 ). Questo implica che
Z
Z a
Z aZ a
f (t)
f (t)
|g(x)| dx
t dt =
t dt < +
A
0
0
x
cioe g `e integrabile su (0, a) (luguaglianza segue dal teorema di Tonelli) (3 punti).
Siccome 1A f (t)/t L1 (R2 , B(R2 ), m2 ), si pu`o applicare il teorema di Fubini e si ha
Z
aZ a
g(x) dx
0
f (t)
dt =
t
(3 punti)
40
Z
0
aZ t
0
f (t)
dx dt =
t
f (t) dt
0
B.9
Consideriamo gli spazi misurabili (X, M) = (Y, N ) = (R, B(R)), dotati rispettivamente
delle misure = misura di Lebesgue e = misura che conta i punti (definita come (A) =
cardinalit`a di A).
1. Enunciare i teoremi di Fubini e di Tonelli.
2. RPosto
D = {(x, y) X Y | x = y}, calcolare i due integrali
R
1D d d.
RR
1D d d e
3. Come si concilia il risultato del punto (2) con i teoremi di Fubini e Tonelli?
R
4. (facoltativo e difficile) Calcolare lintegrale 1D d( ).
Soluzione
1. Vedi dispense (2 punti).
2.
Z
Z
1D (x, y) d(x) d(y) =
[0,1]
[0,1]
[0,1]
({y}) d(y) =
[0,1]
[0,1]
0 d(y) = 0
(2 punti)
[0,1]
[0,1]
[0,1]
Z
({x}) d(y) =
[0,1]
1 d(y) = 1
(2 punti)
[0,1]
3. Y non `e -finito, quindi le ipotesi dei due teoremi non sono verificate, e quindi non
dobbiamo attenderci che la tesi sia vera (2 punti).
4. La misura prodotto `e la restrizione a M N della misura esterna
(
)
X
[
( ) (A) = inf
(En ) | En M N , A
En
n=1
n=1
Se D n=1 En , questo significa che esistono x < y tali che [x, y]2 D En , e quindi
[x, y] [x, y] En . Ma si ha che ([x, y]2 ) = ([x, y])([x, y]) = (y x) (+) =
+, quindi abbiamo
( ) (D) = inf{+} = +
41
B.10
Soluzione
1. Vedi dispense (2 punti).
2. 1En f in L1 implica che 1En f in misura, quindi esiste una sottosuccessione
(1Enk )k tale che 1Enk f quasi ovunque. Questo significa che per quasi ogni x X,
f (x) = limn 1Enk (x); ma 1Enk (x) `e uguale a 0 o a 1, quindi f (x) `e quasi ovunque
uguale a 0 o a 1. Se definiamo E = {x X | f (x) = 1}, allora f = 1E quasi ovunque
(4 punti).
3. f `e limite quasi ovunque di funzioni misurabili, quindi `e misurabile. Siccome {1}
B(R), questo significa che E = f 1 ({1}) M (2 punti).
B.11
Soluzione
1. Vedi dispense (2 punti).
2. ) sappiamo che , limn {k : |fn (k) f (k)| > } = 0. Ma la successione ({k :
|fn (k) f (k)| > })n `e a valori interi, quindi se ha limite nullo deve necessariamente
accadere che n tale che per ogni n > n , {k : |fn (k) f (k)| > } = 0; questo
significa che |fn (k) f (k)| < -quasi ovunque; siccome `e la misura che conta i
punti, |fn (k) f (k)| < per ogni k N (4 punti).
3. ) sappiamo che n tale che n > n implica |fn (k) f (k)| < per ogni k N ;
allora {k : |fn (k) f (k)| > } = () = 0 per ogni n > n ; questo implica che
fn f (2 punti)
42
B.12
3.
Z
X
Z
fn (x) dx 6=
n=1 0
fn (x) dx
n=1
Soluzione
1. Vedi dispense (2 punti).
R
2. Per ogni n, lintegrale di Lebesgue 0 |aenax benbx | dx `e un numero positivo finito
o `e uguale a +. In entrambi i casi, `e uguale allintegrale di Riemann di |fn |, quindi
possiamo fare il cambio di variabile y = nx, ottenendo:
Z
Z
X
X
1 ny
|fn (x)| dx =
|ae
beny | dy
n
0
0
n=1
n=1
Lintegrale 0 |aey bey | dy si puo raccogliere, sia che sia un numero finito che sia
infinito. Si ottiene quindi:
Z
X
Z
X
1
y
y
|fn (x)| dx =
|ae be | dy
n
0
0
n=1
n=1
1
nax benbx dx = 1 1 = 0 per ogni n N ; allora
quindi
n
n
P Rfn L e 0 Pae
n=1 0 fn (x) dx =
n=1 0 = 0 (2 punti).
P
P
Calcoliamo ora
e la differenza
n=1 fn (x). Per ogni x (0, ), la serie
n=1 fn (x) `
di due serie assolutamente convergenti perche positive. Allora:
fn (x) =
n=1
X
n=1
nax
ae
nbx
be
n=1
=a
X
n=1
b
a
:= f (x)
ax
1e
1 ebx
43
ax n
(e
) b
X
n=1
(ebx )n =
Abbiamo che limx f (x) = a b < 0, quindi per ogni > 0 esiste M tale che
f (x) < a b + per x > M . Allora
Z
Z
f (x) dx >
(b a )1(M,+) (x) dx = (b a )m((M, +)) =
0
= (b a ) = +
quindi se lintegrale di f esiste, sicuramente non `e uguale a 0, e si ha la tesi (3 punti).
In realt`a, lintegrale di f nonResiste, poiche f in 0 `e positiva ed ha un andamento asintotico
B.13
Sia (X, M, ) uno spazio misurato, E un aperto di uno spazio vettoriale normato e f :
X E R.
1. Enunciare condizioni sufficienti su f affinche la funzione
Z
f (x, y) d(y)
F (y) =
X
y
y
y
X y
Z
lim
y 0
R
0
x y
xn 1
dx = n!
y
xn ex dx = n!).
Soluzione
1. Vedi dispense (2 punti).
2. Abbiamo:
y
n
x
0
x
1
y
y
Z
dx =
1[0,y] (x)x
0
x
1
y
y
dx
Ponendo f (x, y) = 1[0,y] (x)xn (1 x/y)y , possiamo tentare di applicare il teorema del
punto 1. Abbiamo che:
x y
n
lim 1[0,y] (x)x 1
= xn ex
y
y
44
Inoltre abbiamo che per ogni y 1, la funzione x 1[0,y] (x)xn (1 x/y)y `e dominata
da xn ex L1 (0, ). Infatti per ogni y 1 si ha che (1 x/y)y ex e equivalente a
1 x/y ex/y . Ma la funzione x ex/y e convessa per ogni y R, e x 1 x/y
e la sua tangente in zero, quindi abbiamo che 1 x/y ex/y per ogni x, y R,
quindi in particolare (1 x/y)y ex per x [0, y]. Allora |1[0,y] (x)xn (1 x/y)y |
xn (1 x/y)y xn ex . Possiamo quindi applicare il teorema, e otteniamo:
Z y
Z
Z
x y
x y
dx =
lim 1[0,y] (x)xn 1
dx =
xn ex dx = n!
lim
xn 1
y
y 0
y
y
0
0
dove abbiamo usato il suggerimento del testo (6 punti).
B.14
Soluzione
1. Vedi dispense (2 punti).
2. Bisogna verificare che (f ) 0, con luguaglianza se e solo se f = 0 q.o., e la disug|f |
|f |
+
uaglianza triangolare. Si ha che (f ) = 0 1+|f
| = 0 -q.o. (dato che 1+|f | L )
x
f = 0 -q.o. (dato che 1 + |f | > 0) (1 punto). Inoltre, la funzione x 1+x
`e
crescente, quindi abbiamo:
|x + y|
|x| + |y|
|x|
|y|
|x|
|y|
=
+
+
1 + |x + y|
1 + |x| + |y|
1 + |x| + |y| 1 + |x| + |y|
1 + |x| 1 + |y|
per ogni x, y R. Abbiamo quindi per ogni f, g, h funzioni misurabili:
|f g|
|f h + h g|
|f h|
|h g|
=
+
1 + |f g|
1 + |f h + h g|
1 + |f h| 1 + |h g|
Integrando entrambi i membri, si ottiene (f g) (f h) + (h g) (2 punti).
45
1 d +
d < + (X)
{|fn |>}
{|fn |}
{|fn |>}
x
1+x
`e crescente, si ha
Z
|fn |
|fn |
d +
d
1 + |fn |
{|fn |} 1 + |fn |
d =
{x : |fn (x)| > }
1+
1+
B.15
se 0 < y < |x 12 |
(x 12 )3
f (x, y) =
0
altrove
Dire (giustificando la risposta) se le quantit`a
Z 1Z 1
Z 1Z 1
f (x, y) dx dy,
f (x, y) dy dx,
0
Z
f (x, y) dm2 (x, y)
[0,1]2
Soluzione
1. Vedi dispense (2 punti).
2. Se f L1 ([0, 1]2 , B([0, 1]2 ), m2 ), allora i tre integrali sono uguali. Siccome f `e simmetrica rispetto alla retta x = 1/2 (cio`e f (1/2 + x) = f (1/2 x)) ed `e positiva per
x > 1/2 e negativa per x < 1/2, per verificare se f L1 ([0, 1]2 , B([0, 1]2 ), m2 ) basta
verificare che f L1 ([0, 1/2) [0, 1], B([0, 1/2) [0, 1]), m2 ). Per il teorema di Tonelli,
46
lintegrale sullinsieme [0, 1/2) [0, 1] `e uguale allintegrale calcolato prima rispetto
ad una variabile, poi rispetto allaltra:
Z
Z 1Z 1
f (x, y) dm2 (x, y) =
f (x, y) dx dy =
[0,1/2)[0,1]
=
0
1/2
Z
=
0
"
#y
1/2
1
1
dy =
1 3 dx dy =
2(x 12 )2
0
0 (x 2 )
0
!
1
2
dy =
2(y 12 )2
1/2 Z
pertanto f
/ L1 ([0, 1/2) [0, 1], B([0,
/
R 1/2) [0, 1]), m2 ), e di conseguenza f
1
2
L ([0, 1] , B([0, 1]2 ), m2 ), e lintegrale [0,1]2 f (x, y) dm2 (x, y) non `e definito (3 punti).
R R
` facile vedere che 1 1 f (x, y) dx dy = 0: infatti
E
0
1Z 1
1/2
f (x, y) dx dy =
0
1
dx +
(x 12 )3
1y
!
1
dx dy =
(x 12 )3
1/2
g(y) dy = 0
0
1
1
1
0 (x 1 )3 dx + 1y (x 1 )3
2
2
R1R1
Infine, 0 0 f (x, y) dy dx non `e
dove g(y) =
punti).
Z
Ry
1Z 1
1/2 Z x
f (x, y) dy dx =
0
1
dy dx +
(x 12 )3
1/2
Z
0
x1/2
1
dy dx
(x 12 )3
Avevamo per`o gi`a visto che il primo addendo risultava uguale a , e per simmetria
il secondo addendo risulta uguale a + (1 punto).
B.16
Soluzione
1. Vedi dispense (4 punti).
47
B.17
1Z 1
1Z 1
f (x, y) dx dy,
0
Z
f (x, y) dy dx,
Soluzione
1. Vedi dispense (2 punti).
2. Siccome f L+ ([0, 1]2 , B([0, 1]2 ), m2 ), per il teorema di Tonelli sicuramente i tre
integrali sono uguali, sia che abbiano valore finito, sia che abbiano valore infinito (2
punti).
48
3. Per il punto 2, `e sufficiente eseguire lintegrale calcolato prima rispetto ad una variabile, poi rispetto allaltra e vedere per quali a converge (1 punto). Se a 6= 1 si
ha:
1
Z 1Z 1
Z 1Z 1
Z 1
(1 xy)1a
a
f (x, y) dx dy =
(1 xy) dx dy =
dy =
y(1 a) 0
0
0
0
0
0
Z 1
1 (1 y)1a
dy
=
y(1 a)
0
Per y 0, la funzione integranda `e indeterminata.
asintotico con De lHopital:
Calcoliamone landamento
1 (1 y)1a
(1 a)(1 y)a
= lim
= lim (1 y)a
y0
y0
y0
y(1 a)
(1 a)
lim
quindi lintegrale converge in 0 per a < 1 (ricordiamo che a > 0 per ipotesi). Con
questa ipotesi addizionale, in 1 la funzione integranda non ha singolarit`a, e quindi per
a (0, 1) lintegrale esiste finito (2 punti). Esaminiamo ora il caso a = 1:
Z
1Z 1
1Z 1
f (x, y) dx dy =
0
0
1
=
0
1
dx dy =
1 xy
Z
0
1
log(1 xy)
1
dy =
0
log(1 y)
dy
y
La funzione integranda converge a 1 per y 0, e tende a infinito per y 1; tuttavia, landamento asintotico per y 1 `e logaritmico, pertanto lintegrale converge
(1 punto). Possiamo quindi dire che lintegrale converge per a (0, 1].
49
Bibliografia
[1] H. Brezis, Analisi funzionale: teoria e applicazioni, Liguori, 1986
[2] G. Folland, Real analysis: modern techniques and their applications, John Wiley & Sons,
1984
50