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Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

Nemmeno la vittoria nella prima guerra punica (241 a.C.) e le conquiste navali di Sardegna e
Corsica (238 a.C.-237 a.C.) resero Roma una potenza tranquilla: poich i pirati illirici
spadroneggiavano da un capo all'altro del Mar Adriatico, Roma si sent in dovere di intervenire
militarmente contro di essi.
D'altro canto, Roma si era ormai assicurata l'egemonia e quindi la responsabilit della sicurezza di
tutti i mari circostanti all'Italia e non poteva ignorare o trascurare le provocazioni che le venivano
inferte quotidianamente dagli illiri. Inoltre il Senato aveva interesse a proteggere le colonie romane
di Rimini (fondata nel 268 a.C.) e di Brindisi (244 a.C.), al fine di non scontentare la popolazione
locale, che in tal caso avrebbe potuto effettuare una ribellione contro i romani.
Nel 230 a.C. il Senato invi un'ambasceria di protesta alla regina degli Illiri, Teuta: l'assassinio
(probabilmente ordinato dalla sovrana) di uno dei diplomatici fu visto dai senatori come una
dichiarazione di guerra.
La guerra[modifica | modifica wikitesto]
Estremamente irritato (e conscio di avere l'appoggio popolare), il Senato reag in modo
estremamente energico inviando contro gli illiri entrambi i consoli in carica nel 229 a.C., ovvero
Lucio Postumio Albino e Gneo Fulvio Centumalo: al primo fu affidata la flotta, al secondo l'esercito
terrestre.
Lo spiegamento di forze fu imponente: i due comandanti militari ebbero a disposizione duecento
navi, ventimila fanti e duemila cavalieri.
Nella prima fase del conflitto avvenne il cambio di campo dell'avventuriero greco Demetrio di Faro:
costui, inizialmente al servizio di Teuta, pass dalla parte dei romani e con essi conquist Corcira
(odierna Corf); a conflitto ultimato, fu premiato dai romani che lo nominarono governatore delle
isole della Dalmazia.
Nella seconda parte invece i consoli ridussero in loro potere Epidanno, oggi Durazzo, Issa ed
Apollonia, spingendosi velocemente fino a Scodra, oggi Scutari, portando il terrore nel territorio
della regina: quest'ultima, allarmata dalla rapidit dei soldati laziali, fu indotta a chiedere la pace. Al
termine della guerra numerose erano ora i regni o le popolazioni "clienti" dei Romani: Apollonia,
Corcyra, Epidamnus, Issa, Oricus, Dimale e il re "cliente" Demetrio di Faro.[1]
Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]
Le reazioni immediate[modifica | modifica wikitesto]
Il trattamento riservato agli illiri fu abbastanza severo. Teuta fu costretta a:
lasciar libere le citt greche e dalmate liberate dai romani
pagare un tributo annuo a Roma
impegnarsi ad assicurare che nessuna nave da guerra illirica e non pi di due mercantili si
spingessero oltre Lisso, oggi Lezhe (tra Scutari e Durazzo).
Negli anni immediatamente precedenti la Repubblica Romana era impegnata prima nel contenere
l'avanzata delle trib galliche in Etruria (battaglia di Talamone, 224 a.C.) e, in seguito, a conquistare
l'intera Italia settentrionale, creando la provincia della Gallia Cisalpina. Contemporaneamente
crescevano le tensioni tra Roma ed Annibale, che dal 221 a.C. aveva assunto il pieno comando della
Spagna cartaginese e stava occupando militarmente tutta l'area a sud del fiume Ebro.

Casus belli[modifica | modifica wikitesto]


Demetrio di Faro (reggente dello stato illirico, tributario di Roma) decise di allearsi con il re
macedone Antigono Dosone, aiutandolo nella guerra contro Cleomene III, re di Sparta.[1] Riteneva
in questo modo di essersi assicurato il potente appoggio della Macedonia;[1] al tempo stesso
pensava che Roma fosse troppo impegnata con la conquista della Gallia Cisalpina e con il crescente
confronto con Cartagine ed Annibale per occuparsi anche di altri fronti.[2]
Demetrio inizi proditoriamente ad avventurarsi con atti di pirateria nel mare Adriatico,
saccheggiando e distruggendo le citt illiriche soggette ai Romani, e violando la clausola del
trattato, navigando con 50 lembi oltre Lissa (l'attuale citt di Alessio in Albania, violando cos gli
accordi stipulati al termine della Prima guerra illirica) e devastando molte delle isole Cicladi,[1] e
conquistando la citt di Pylos (l'odierna Navarino), catturando oltre 50 navi. Mand poi una
consistente guarnigione a Dimale (nei pressi della moderna Durazzo), fornita di tutti i mezzi
necessari;[3] elimin tutti i suoi oppositori politici dalle citt conquistate, affidando il governo ad
amici suoi;[3] e mise 6.000 armati a presidiare l'isola di Faro.[4]
La guerra[modifica | modifica wikitesto]
I Romani, al contrario, constatando la florida condizione del regno di Macedonia, decisero di non
lasciare impunite queste violazioni al trattato precedente e reagirono tempestivamente, punendo
Demetrio per la sua ingratitudine e temerariet.[5] Si racconta che quando gli ambasciatori romani
avuta la sensazione che Annibale stesse cercando a tutti i costi la guerra,[6] informarono il Senato
romano che, di fronte alla minaccia di una nuova guerra, prese le misure necessarie per consolidare
le proprie conquiste ad oriente, in Illiria.[7] Nel 219 a.C. il Senato romano, infatti, assegn il
comando della flotta romana al console Lucio Emilio Paolo,[8] che in brevissimo tempo occup le
principali roccaforti nemiche, a partire da quella di Dimale (vicino alla citt di Apollonia,
nell'attuale Albania), conquistata in soli sette giorni,[9] che butt nello sconforto il nemico, tanto da
dichiarare la resa.[10] Cadde, infine, la stessa Pharos[11] (che il console rase al suolo[12])
Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]
La sconfitta subita contro i Romani, costrinse Demetrio a trovare rifugio presso Filippo V.[13] Alla
corte del re macedone Demetrio trascorse il resto della propria vita, diventandone uno dei
consiglieri pi ascoltati. Il console romano, Lucio Emilio Paolo, sottomise il resto dell'Illiria,
riorganizzandola nuovamente, per poi fare ritorno in patria verso la fine dell'estate, dove gli fu
concesso, insieme al console Marco Livio Salinatore, il meritato trionfo.[12] I Romani inviarono
una ambasciata presso la corte macedone, per chiederne la consegna, ma senza risultati [14].

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