Sei sulla pagina 1di 44

KO-I-NOOR

Nessuno poteva immaginare quanto valesse per me quel meraviglioso diamante. Conoscevo tutto
di Lui ogni sfaccettatura, sapevo tutto sui suoi riflessi alla luce del sole, agli infrarossi e agli
UVA, ultimamente mi ero procurato e studiato a memoria anche la mappa olografica della sua
rifrazione ai raggi X . Ero molto vicino. Dentro il rudere della torre di Londra nella sala del
tesoro reale. Un tempo avrei dovuto essere un genio del furto per trovarmi in quel posto, ma
oggi era sufficiente un po di coraggio, un muta da sub e unidrocottero da quattro soldi. A
nessuno importava pi dei gioielli e della storia, ormai restavano solo pochi anni di vita su questo
pianeta sommerso dalle acque. I viaggi nello spazio,
gli sforzi per costruire colonie orbitanti, le
metropoli sottomarine erano serviti solamente a
prolungare lagonia dellumanit che ormai viveva
da tempo immersa perennemente in sogni
virtuali senza fine, alimentata da macchine che
estraevano dal mare il nutrimento necessario
sperando che non finisse mai. A tutti sarebbe
sembrata pura follia il mio tentativo di
recuperare il KO-I-NOOR. Era ancora li
incastonato nella corona imperiale di Elisabetta
II. La Montagna di luce (il significato del suo
nome) Forse la pietra era gi conosciuta dagli
inizi del XVI secolo. Non si sa quando fu
tagliata a forma di rosa e dopo il taglio essa
pesava 186 karati. Dopo varie peripezie poco conosciute, il diamante fin nelle mani di un
ufficiale britannico e quindi inevitabilmente, come succedeva in quellepoca, in mano alla regina
Vittoria. Nel 1851 si decise di ritagliarla con un taglio diverso e pi moderno, affidandola al
tagliatore Vorsanger della nota casa Coster di Amsterdam. Il nuovo taglio ridusse la pietra a
108,93 karati ma gli don uno splendore straordinario, tanto da essere incassata con altre sulla
corona con la quale nel 1952 fu incoronata Elisabetta II. Era ancora li, ancora annebbiata dal
peso del sangue versato per Lui. Su ogni suo lato vedevo
unimmagine diversa: antichi marajaa, guerrieri, avventurieri,
principi e dame. Ottimo materiale per il mio lavoro. Ma non
mi importava pi! Era giunto il momento di agire. Con un
piccolo laser sciolgo la delicata montatura sulla corona e
finalmente ecco che gli 108,93 carati del KO-I-NOOR
scivolano, misteriosamente freddi, nella mia mano ed ecco il
mio ritratto compare dentro una delle sue infinite
sfaccettature. Io non posso che mischiare la profonda
emozione al dolore nel sapere che sar lultimo. Mi ricordai
anche di una leggenda che diceva che il possessore del KOI-NOOR avrebbe dominato il mondo, e sentii un enorme peso
sulle spalle.

LORO
Io lavoravo per Loro i pochi eletti che progettavano i sogni, davo spazio a tutte le mie
fantasie a tutti i miei studi, per rendere piacevole linerte vita senza scopo dei miei simili.
Tutto questo mi dava il privilegio di poter usare ci che restava della tecnologia: Nessuno
ormai studiava pi fisica o matematica, gli eletti ne avevano abbastanza. Comunque
esistevano ancora i laboratori che venivano utilizzati quasi esclusivamente per sperimentare
nuovi simm-stimm sempre pi sofisticati per accontentare la grande massa di sognatori.
Raramente qualcuno usciva dalle biobolle per cercare qualche contatto reale. Solo i disperati,
rifiuti sociali condannati alla realt, vivevano rendendosi conto di ci che accadeva. Io
rischiavo di finire tra loro perch mi ero preso il lusso segreto di vivere quasi sempre nei
pochi spazi ancora non sommersi. Usando le conoscenze dei fantasmi (umani virtuali
realmente esistiti che popolano le dream-factory) ero riuscito a procurarmi tutto ci che mi
serviva per costruire un piccolo ma avanzatissimo laboratorio che tenevo gelosamente
schermato per paura di essere scoperto e che era il mio rifugio.

RIFUGIO
Eccomi li sulla nera spiaggia di lava tempestata di cristalli di quarzo e ghiaccio. Prima di
arrampicarmi sulla parete granitica che protegge il mio rifugio voglio passare qualche attimo a
contemplare la luce timida del sole che in rari momenti come questo, riesce a vincere il turbine
perenne delle plumbee nubi regine del cielo. Voglio confrontare il suo riflesso nel KO-I-NOOR
con quello degli altri cristalli e con quello che da anni porto dentro la mia memoria alimentata
dagli studi e dalle immagini di altri tempi.
E proprio cosi ma e ancora pi
affascinante e tutto ci mi scuote in un
brivido gelido. Ma suvvia Il pi fatto
salgo rapido seguendo gli appigli che ormai
conosco a memoria, ed eccomi sul bordo di
un profondo crepaccio, e salto senza paura
il campo antigravit generato dal mio
laboratorio non si incepper proprio ora
dolcemente
galleggio fino al grande arco naturale che
lingresso alla mia grotta. Finalmente a sicuro, al
mio passaggio le alghe fluorescenti lentamente
silluminano di un riposante violetto e dopo un
centinaio di passi eccomi alla piccola capsula che
contiene il laboratorio.

Vorrei procedere subito allesame gamma


del KO-I-NOOR che mi permetter
finalmente di verificare le mie pazze
ipotesi, ma preferisco rimandare a domani
sono troppo stanco. Ora verro nei tuoi
sogni Perla di Lago chiss se mi crederai
chiss se verrai con me!

FUJIHAMA
Tu non potevi immaginare come io ti avessi trovata. Ormai non interessava pi a nessuno il
posto dove vivevi, tutti viaggiavano (credevano di viaggiare) alla velocit della luce , tra i fasci
di impulsi laser su frequenze non visibili che rimbalzavano tra la fitta rete di satelliti in orbita
a una cinquantina di chilometri dalla superficie. La rete comprendeva anche ci che rimaneva
delle migliaia di colonie in orbita intorno ai pianeti del vecchio sistema solare ma in realt
tutto era statico allinfuori della natura che nel suo continuo tumulto tentava in tutti i modi di
evolvere nuove forme di vita che il pi delle volte, dopo brevi cicli di mutazioni, scomparivano
miseramente. Io ti avevo scoperta dallesterno: in una delle mie frequenti uscite mi ero recato
a Fujiamha, una delle comunit umane pi interessanti, non era sul fondo delloceano! Ma nel
Era una piccola citt di bolle
lago formatosi con lestinzione del pi grande dei vulcani.
trasparenti che si era insediata in
quel
luogo
prima
della
colonizzazione delloceano, quando
ancora si riponeva molta fiducia
nelle colonie orbitanti e nella
conquista dello spazio. Il lago era
di un intenso azzurro lattiginoso
dovuto alla grande quantit di
solfuri di rame disciolti nelle sue
tiepide acque. Gli antichi monaci
che abitavano le pendici del
vulcano prima dellinizio della fine
salirono lentamente, seguendo il
surriscaldarsi del pianeta, e il progressivo innalzamento delle acque, finirono con il trovarsi sul
bordo dellimmenso cratere che andava sempre pi trasformandosi in lago. Quando le antiche
calotte polari furono completamente sciolte, capirono che il livello delloceano non sarebbe pi
salito. Loro non volevano andarsene nello spazio usando gli stessi mezzi che avevano portato
alla rovina e la Madre li risparmi regalando loro un tiepido lago in cui costruire ricostruire il
loro tempio. Non impiegavano tecnologia se non assolutamente pulita: traevano lenergia dalle
zone pi profonde e quindi ancora parzialmente attive del vulcano, avevano creato colonie di
microalghe commestibili in colture idroponiche che alimentavano con concimi derivanti dalle
ceneri fossili accumulatesi attorno al cratere. Erano gli ultimi depositari di remote discipline
che una volta chiamavano scienze. Credevano ancora nelluomo padrone del suo destino ed
erano tra i pochi ad aver piacere nel conoscersi personalmente. Negli ultimi anni, con il
massiccio rientro dalle colonie orbitanti, avevano accettato in citt anche gente comune che
come gli altri, vivevano in nuclei praticamente dediti al sogno perenne e alle sole comunicazioni
virtuali. Io avevo notato, vicino allenorme struttura semisommersa del tempio, una grande
biobolla con una forma particolare, decisamente diversa dalle sfere a cui si era abituati,
sembrava uno di quegli oggetti antichissimi che servivano alle ricche signore a farsi aria nelle
calde giornate daltri tempi, ecco sembrava un ventaglio. Uno dei monaci mi spieg che quella
biobolla aveva la forma di una conchiglia. Io non chiesi ulteriori informazioni anche se
assolutamente non avevo idea di cosa potesse essere una conchiglia.

SIM-STIMM
Tornato al mio rifugio mi collegai subito a uno stim-simm, uno di quelli antiquati, (i miei
preferiti). I nuovi modelli erano sempre piu sofisticati e non cera alcun bisogno di contatto
fisico: era sufficiente sedersi o sdraiarsi e fissare con lo sguardo il simbolo, limmagine o
loggetto scelto come ipnovarco. Automaticamente il microtasduttore dello stim-sim leggeva
limpronta della retina, riconosceva il sognatore e gli inviava unistantaneo messaggio
ipnotico. Immediatamente il sognatore passava dalla veglia alla fase REM tipica del sogno.
Non cera lo stato intermedio del sonno profondo e quindi rimaneva perfettamente cosciente.
Semplicemente pensando decideva dove andare, chi incontrare, tutto era possibile nei sogni
virtuali, purch in accordo con i sogni altrui. In caso contrario, il sognatore riceveva un
messaggio subliminale che immediatamente gli faceva cambiare idea e subito dopo veniva
accontentato perch la richiesta indotta era sicuramente la pi simile alla sua tra quelle
immediatamente disponibili. Attraverso gli occhi avveniva lo scambio dalla rete al sognatore
che trasmetteva semplicemente pensando. Le biobolle erano dotate di particolari sensori in
grado di rilevare le onde prodotte dalla corteccia cerebrale, il sim-stimm era progettato per
leggere solo quelle che contenevano particolari messaggi tipici della fase REM del sogno e ci
permetteva al sognatore di mantenere un completo livello di privacy. Io odiavo questi sistemi
anche se ne ammettevo in fondo lutilit. Non potevo sopportare il fatto di essere ipnotizzato
da una macchina che per non rispondermi mai di NO, era costretta a farmi cambiare
leggermente idea. Preferivo un contatto pi diretto: Entrai nel vano del laboratorio riservato
allo stim-sim e subito il mio vecchio oloschermo multidimensionale si attivo, appoggai le mani
sulla consolle dei comandi (che si era illuminata in mia presenza) e sentii il dolce calore ce si
mischiava con quello delle mie mani. In questo tipo di stim-simm il contatto eda meno
mediatico, avveniva attraverso le terminazioni nervose delle mani in entrambe le direzioni.
Contemporaneamente
sullo
schemo
olografico
venivano
visualizzate
le
immagini
provenienti dalla rete e dal
cervello di chi era connesso. In
questo modo oltre a ricevere i
messaggi
direttamente
nella
mente e dare i comandi pensando,
era possibile una visione separata
e quindi si poteva studiare tutto il
processo in modo conscio. Loro
dicevano che presto anche noi
addetti ai lavori avremmo usato
macchine ipnotiche ma io ero
sicuro del contrario. Attualmente
producevo pi che altro scenari
fantastici
policromi
che
si
adattavano automaticamente alle
richieste dei sognatori.

E per questo tipo di attivit non era necessario il collegamento ipnotico anzi era troppo lento
e a volte forviante. Quindi per ora non eravamo ancora stati invitati a non usare i nostri
vecchi stim-simm olografici a comando manuale e di ci ero molto contento. Immediatamente
apparvero gli ologrammi del KO-I-NOOR, la mappa della nebulosa delle Pleiadi e tutti gli
appunti sulle mie ricerche che avevo abbandonato prima di partire per Fujiama, Io mi
concentrai per un istante e impartii lordine di liberare lo schermo sapendo che i miei appunti
sarebbero stati accantonati, poi semplicemente pensai la parola conchiglia .

CONCHIGLIA
Subito sulloloschermo apparve scritta la
definizione guscio di mollusco acquatico
che comunque non dava una spiegazione
sufficiente, chiesi di vedere alcune immagini
e dopo qualche istante mi trovai circondato
da numerosi ologrammi che rappresentavano
tutte le specie di molluschi con conchiglia
catalogati durante la storia dellumanit.
Erano migliaia e se concentravo lo sguardo
su uno di loro, il sistema mi inviava i dati
relativi allologramma. Purtroppo al termine
della catalogazione cera sempre la parola
Estinto. Probabilmente questi semplici
organismi non erano riusciti a adattarsi al rapido mutare delle condizioni climatiche oppure
non erano in grado di filtrare dallacqua lenorme quantit di metalli pesanti in essa disciolti.
Ogni volta che la mia attenzione si rivolgeva a qualunque fenomeno biologico mi ritrovavo
sempre con gli stessi malinconici pensieri: Su questo pianeta si erano evolute
contemporaneamente centinaia di milioni di forme di vita nel corso di cinque miliardi danni, e
in poco pi di diecimila anni la mia specie aveva distrutto o costretto alla morte tutte le altre.
Per secoli lumanit aveva dominato la natura ma a un certo punto, accecata dalla spropositata
sete di energia, confusa dai disaccordi e dalle guerre combattute con armi che non lasciavano
spazio al domani, aveva perso il controllo ed era stata costretta ad abbandonare il pianeta.
Ora eravamo tornati ma ormai era tardi. Prima o poi sarebbe finita anche per noi. Sapevo che
prima dellinizio della fine, il pianeta ospitava pi di dieci miliardi di esseri umani che si
nutrivano coltivando un terzo della superficie e un decimo del mare. Non usavano cibi sintetici
ma altre specie di viventi. Oggi eravamo rimasti in qualche milione di unit, e ogni anno il
numero scendeva. Era sempre pi raro il fenomeno della procreazione naturale. Ogni individuo
aveva il diritto allautoclonazione che, unita alla possibilit offerta dai sim-stimm di salvare la
copia della personalit e dei ricordi, rendeva la vita pressoch eterna. Eppure era sempre
maggiore il numero degli individui che decideva di uscire dal ciclo vitale. Alcune coppie
biosintetizzavano un individuo nuovo da unaccurata selezione dei propri geni, e ogni nascita
era ormai vissuta come un evento eccezionale. La notizia rimbalzava tra i sognatori vestita dai
pi variopinti scenari di festa. Ma ecco che mentre mi abbandonavo ai soliti pensieri, il simmstimm mi aveva mandato un gruppo di ologrammi di conchiglie dalle forme molto simili a quelle
della inusuale biobolla che avevo visto a Fusjihama. Mentalmente impartisco lordine al simstimm di aggiungere quelle immagini ai miei appunti e di continuare la ricerca su tutta la rete
dei sognatori utilizzando quelle forme come criterio di selezione. Bivalve ecco il nome del
gruppo di strani esseri viventi che in fondo avevano precorso il destino della vita milioni di anni
fa. Studiando il comportamento di questi animaletti notavo molte analogie con quello attuale
degli esseri umani: Vivevano sul fondo del mare abbandonati al moto delle correnti, alcuni si
ancoravano a qualche sporgenza rocciosa, filtravano dalle acque ci che necessitava al loro
sostentamento e fondamentalmente non conoscevano niente allesterno del loro guscio.
Labitante di quella biobolla doveva essere una persona molto particolare che in qualche modo
sera resa conto dellassurdit della vita.

NAUSICA PERLADILAGO
Espressi il desiderio di sapere chi era e dopo qualche istante sapevo, il sim-stimm mi aveva
comunicato che si trattava di una donna alla sua seconda autoclonazione proveniente da una
delle colonie orbitanti nellatmosfera di Venere (attualmente abbandonata). Era tornata sulla
Terra ed era stata accolta dai monaci di Fujihama. Era una delle migliori progettiste di
biobolle e per qualche tempo aveva lavorato alla realizzazione della citt subacquea di
Fujihama. Come compenso aveva richiesto la costruzione della sua particolare biobolla
ancorata alle rocce alla base del tempio. Si era fatta installare uno dei pi sofisticati simstimm e da allora non era mai pi uscita dalla conchiglia (almeno cos risultava) ogni tanto
lavorava per Loro producendo personaggi immaginari da inserire nei sogni o da utilizzare per
la realizzazione di fantasmi di umani di cui non si conosceva limmagine. Non si era mai
curata di sapere come venissero utilizzati ne di che personalit venisse assegnata alle sue
creazioni. Come eravamo diversi pensai! Io che ogni volta che creavo uno scenario, entravo in
tutti i sogni che lo usavano, che non disegnavo quasi mai i miei personaggi ma che ne studiavo
attentamente la personalit, la forgiavo possibile anche in una delle epoche del passato,
creavo per loro lintero albero genealogico in modo che i sognatori pi curiosi dovessero
indagare molto prima di scoprire che avevano a che fare con un sint.

A quel punto formulai uninterrogazione incrociata: Qualcuno dei miei fantasmi o dei miei
sint si era mai scelto un personaggio di Nausica Perladilago (questo era il suo nome) per girare
tra i sogni degli umani? La risposta fu affermativa e mi lasci abbastanza perplesso: Il mio
ultimo fantasma, il famoso tagliatore di diamanti Vorsanger della nota casa Coster di
Amsterdam, si era scelto come immagine un simpatico pesciolino bidimensionale creato da
Nausica.

VENERE
Ecco che loloschermo si riempe di nuove immagini devono essere il risultato della richiesta di
miti e leggende. Il sim-stimm legge il mio dubbio e manda subito una conferma. Tra tutte una
in particolare mi colpisce, deve essere la riproduzione di un antico dipinto ce raffigurata una
fanciulla coperta soltanto dai suoi lunghi capelli dorati, che approda a una nera spiaggia su una
conchiglia in mezzo a spumeggianti onde, nel cielo azzurro tra candide nubi e petali di fiori,
ammiccano sorridenti bimbi alati in un dolce abbraccio, che soffiano per sospingerla a terra,
sulla destra una donna avvolta in un velo, le porge uno scintillante manto purpureo. Voglio
sapere tutto di quellimmagine! Mettila anche tra i miei appunti!

E bellissima, sicuramente proviene da tempi remoti. Prime risposte: limmagine rappresenta la


nascita di Venere e fu dipinta da Botticelli nella seconda meta del 1400. Voglio parlare con il
fantasma di Botticelli! Niente ecco un secco no del mio vecchio sim-stimm. Non esiste un
fantasma del pittore anche se su di lui ci sono parecchie informazioni. Manda tutte le
informazioni tra i miei appunti e fammi vedere qualche altro suo dipinto. Poi cerca Venere
escludendo tutto ci che riguarda il pianeta. Venere il nome Latino di Afrodite dea
dellamore e della fertilit figlia di poseidon dio del mare. A parte questa breve definizione
scoprii che era pura fantasia e ci nonostante su di lei esisteva ancora unenorme quantit
di scritti, tanti poeti del passato avevano dedicato a lei odi, inni e sonetti. Solo in questepoca
di pace dei sensi e rassegnazione ipocrita, nessuno pi pensava allamore e quindi la sua dea era
dimenticata e abbandonata, nessuno pi la invocava, neanche in sogno.

VORSANGER.
Ora chiamer Vorsanger voglio vedere il pesciolino di Nausica. Dopo aver ricostruito la tua
personalit con laiuto dei simulatori a non contraddizione, dopo essermi battuto con la
maggioranza degli eletti che reputavano il mio personaggio insignificante e privo di interesse
per la quasi totalit dei sognatori, ti avevo lasciato libero di sceglierti laspetto con cui
presentarti e tu avevi scelto un vero disegno, tu che negli ultimi tempi non hai comunicato con
nessuno e te ne sei stato in giro tra i sogni, i desideri e le visioni dellintera umanit. Io avevo
chiesto un dettagliato resoconto delle tue esperienze, niente che neanche lontanamente
riguardasse le pietre preziose, nessun interesse per la realt niente! Ero stupito, e cresceva
dentro di me unenorme curiosit. Voi fantasmi spesso vi dimostravate ostili nei confronti di
chi vi aveva ripescato dalloblio o dalla gloria della storia per riportarvi a unesistenza virtuale,
ma non mi era mai capitata la totale indifferenza per la realt. Eppure in qualche modo tu
prima di me avevi trovato la Perla del lago di Fusjihama. Cera una serie di coincidenze che mi
preoccupava e contemporaneamente mi affascinava. Io ho sempre adorato giocare con il caso,
mi sembra di cogliere lessenza del tutto! Quando il caos diventa caso, il caso coincidenza, si
sincronizzano spazio, tempo, energia e materia e spontaneamente, si scrive una nota sul
pentagramma dellarmonia cosmica. Ma ecco che il pesciolino si fa vivo. - Salve nobile
Vorsanger! - Salve a te presuntuoso semidio mortale di questo mondo morto! Che vuoi da me?
Perch mi hai rimesso in mezzo a questa storia senza senso? - Oh finalmente un po di
normalit, mi divertivano gli insulti dei fantasmi, erano comunque sempre vestiti di antiche
espressioni, se la ricostruzione non contraddittoria era ben riuscita, si otteneva una dialettica
comprensibile e storicamente corretta. Mi faceva impressione quello scherzoso personaggio
che parlava anche se era un pesce e portava in se un infinito bagaglio di conoscenze perdute. Ma come ti sei conciato! Perch un pesce giocattolo? - Senti giovanotto! Non ho la bench
minima idea del perch della tua scelta (se ce n uno). Comunque cosa pu mai fare un
tagliatore di pietre preziose in un mondo dove nemmeno nei sogni della pi vanitosa delle
donne c la bench minima traccia di un gioiello? Perch proprio io dovevo avere il privilegio
di essere riesumato a questa assurda vita? Ho scelto questo stupido costume solo per il suo
colorato aspetto assolutamente non realistico che mi permette di girare liberamente tra i
pensieri di ci che resta dellumanit. Poi da quanto ho capito ormai la vita si svolge sottacqua!
E quindi ovvia la scelta di un essere marino. E cosa mi dici di Nausica Perladilago, la donna
che ha creato il tuo costume? Sono andato da lei qualche tempo fa, lei se presentata in
volo di libellula, tra una miriade di fiori degna del giardino del gran Mogool, mi ha salutato
senza chiedere chi fossi, mi ha sorriso e se n volata via. Non so niente di lei ma mi molto
simpatica. Sai sono rimasto sbalordito anche dal suo nome! Perladilago. Che significa dimmi!
Non lo sai? credevo che voi semidei mortali sapeste tutto! Le perle sono (meglio erano) delle
piccole sfere bianche o grigie o rosa che si trovavano allinterno delle ostriche, dei mari del
sud, le ostriche erano dei molluschi che vivevano dentro un guscio e che quando per errore
lasciavano entrare tra le loro valve qualche piccolo detrito siliceo e quindi non eliminabile
tramite la secrezione di un acido, lo inglobavano in una capsula di filamenti calcarei. Ai miei
tempi erano molto preziose e venivano montate su pregiati gioielli i oro o argento o unite in
collane che le donne usavano come ornamento. Non tutte le ostriche contenevano una perla
anzi era una cosa molto rara. Comunque la cosa strana e che le ostriche perlifere vivevano solo

nel mare! non in un lago! E qui nessuno si interessa ai gioielli. Grazie amico di altri tempi,
stato molto interessante parlare con te! Ti consiglio di rispolverare le tue arti di tagliatore di
diamanti perch presto, se lo vorrai, dovrai aiutarmi. A proposito ti ricordi il KO-I-NOOR?
Il pesciolino fece un sussulto, poi si rivolse a me in modo frenetico: - Tu sai della sua
esistenza? non posso crederci; allora non vero che i diamanti non interessano pi a nessuno!
Spero che tu sia contento di essere tornato nobile Vorsanger della casa dei Coster di
Amsterdam presto verr il momento pi glorioso della tua nuova vita. Gira tra i sogni ma non
ti perdere, cerca di amare questa umanit disperata e non portarmi rancore. Ora ti lascio e ci
vediamo presto. Non volevo sconvolgere troppo il sint-ego di Vorsanger, e poi Loro
sicuramente si sarebbero incuriositi se fossi sceso in particolari troppo dettagliati.

MESSAGGIO a PERLADILAGO
Ero impaziente di provare a entrare in contatto con Nausica, adesso dovevo provare, non
sapevo perch non ero abituato a contattare persone che non conoscevo e senza un valido
motivo, per lo pi mi presentavo dentro un loro sogno e facevo in modo che di me rimanesse
solo un confuso e piacevole ricordo. Non amavo comunicare la mia disperazione avevo sempre
paura di ferire i delicati animi dei sognatori. Ma con Perladilago era diverso, lo sentivo, e
quindi mi sforzai di essere il pi trasparente possibile. Non volevo che mi considerasse uno
dei soliti cercatori di facili emozioni Scrissi con carattere di antica stampa alcune righe che
contenevano la sintesi del mio folle progetto.

Complessi frammenti d'identit,


criptati insieme al modello del genoma
in un microcampo magnetico attorno
ad una particella subatomica.
Il tecnosperma umano finalmente
pronto a viaggiare allo stato quantico
senza pi le barriere di spazio e tempo
alla ricerca di nuovi mondi dove
ricominciare l'avventura evolutiva.

Nessuno ormai apprezzava le comunicazioni scritte, io non sapevo neanche se lei


comprendesse la mia lingua. Avrei potuto chiedere informazioni al sim-stimm che sicuramente
sarebbe riuscito a fornirmele, ma non lo volevo fare! Mai con nessuno avrei parlato cos
liberamente e questo mi dava unirrazionale, inspiegabile fiducia. Dovevo correre il rischio.
Cominciai a costruire un messaggio remoto dallaspetto di antico libro che aveva come
copertina lologramma di una conchiglia bivalve modellata sullimmagine della biobolla di
Nausica. Racchiusi il mio scritto in un modello 3d del KO-I-NOOR su sfondo blu scuro e lo misi
come pagina, come retro copertina usai la meravigliosa immagine della nascita di Venere di
Botticelli. Non aggiunsi altro anche se migliaia di domande confuse mi giravano tra i neuroni
della corteccia e lipotalamo ero impaziente e ci mi lasciava sbalordito. Impartii lordine
manualmente al mio vecchio sim-stimm quasi per paura che potesse sbagliare nellinterpretare
il mio desiderio: Scegli il pi lungo momento libero tra i sogni di Nausica Perladilago e disponi
questo antico libro su un tappeto di seta dai colori del mare al tramonto.

GAMMA-TSET
Eccolo di nuovo tra le mie mani, sentivo che la sua temperatura cominciava ad assomigliare a
quella del mio corpo, Da quando ero entrato in possesso della montagna di luce non riuscivo a
non guardarla: stava sospesa su un piccolo campo antigravit generato da un anello di antineutroni che ruotavano attorno alla sua punta alimentati da una pila a microfusione. Per "Lui"
era la prima volta che poteva mostrare veramente tutto il suo splendore e io mi divertivo ad
accarezzarlo con ogni tipo di luce, catturavo tutti i suoi meravigliosi riflessi e li combinavo tra
loro tramite specchi e lenti olografiche che si deformavano seguendo algoritmi geometrici
tendenti al caos. Era uno spettacolo mistico: Le forme perfette generate dai tetraedri di
carbonio, si moltiplicavano, si sovrapponevano leggermente sfasate scomponendo i colori della
luce che riflettevano e continuavano a espandersi seguendo curve elico-sinusoidali fino a
disporsi sulla volta della biobolla secondo un mutevole schema che sembrava la mappa di una
galassia a doppia spirale. Solo in quel momento mi resi conto che quella forma corrispondeva a
quella di una delle tante conchiglie monovalva che avevo osservato negli ologrammi inviati dal
sim-stimm mentre cercavo la biobolla di Nausica. Unaltra inaspettata convergenza. Percepivo
una sensazione di armonia come se le corde dunarpa vibrassero per simpatia senza quasi
essere sfiorate. Non era ancora il Gamma-Test ma gi questi psichedelici esperimenti con le
luci visibili avevano chiarito lattendibilit delle mie equazioni del vuoto legante. Riguardai la
registrazione sulloloschermo accelerandola di dieci volte, le aggiunsi una sequenza di note
arpeggiate che seguiva su dieci ottave lo svolgersi delle degli algoritmi quantico-frattali poi
sovrapposi la doppia elicoide galattica finale a due delle pi belle conchiglie che avevo salvate
tra i miei appunti, da li percorsi a ritroso la sequenza degli ologrammi sovrapponendola a una
melodia sinuosa e quasi impercettibile. Ok, era un ottimo schermo per le mie ricerche. Diedi i
comandi al sim-stimm perch cercasse uno spazio nella rete dei sogni a questa piccola "chicca"
e decisi di abbandonarmi a un sonno quasi profondo forse in sogno avrei trovato qualche altra
strada per giungere al suo cuore. Per impostare il gamma test dovevo controllare ancora
molte delle sequenze di punti sulla parte pi esterna della doppia spirale perch sar da
qualcuno di quei piccoli spazi tra un punto e laltro che dovr far partire la mia ragnatela di
raggi gamma a bassissima intensit, chieder perdono ai monaci di Fujihama, ma ancora una
volta far brillare una microscopica stella senza atmosfera sulla crosta di questo sfortunato
pianeta. Non cera altro modo per arrivare al suo cuore senza romperlo (almeno per ora), non
conoscevo altri momenti cosmici in cui si producono raggi gamma, a parte i nuclei delle stelle
durante i processi di fusione a temperature elevatissime. Voglio che Vorsanger veda e si
interessi allesperimento altrimenti potrebbe essere tutto inutile. Ei pesciolino hai visto cosa
ho fatto con il KO-I-NOOR? Formulo questa domanda e chiedo di indirizzarla al fantasma
Si stato un bello spettacolo! Mi risponde una voce fuoricampo - Ovviamente ti sarai
inventato tutto a partire da qualche immagine e dai racconti trovati chiss dove! - Si forse
cos ma adesso se vuoi continuare a parlarne, se ti interessa, devi interrompere tutte le altre
comunicazioni ed entrare in contatto con gli strati pi profondi della mia coscienza. Va bene
a patto che non sia solo tu a fare domande No certamente ti dir tutto ci che vuoi e sappi
che dispongo dellintero scibile umano. - Dalloloschermo ecco fuoriuscire il pesciolino
sorridente e buffo, fa un giro per la biobolla-laboratorio, poi mi chiede secco: - Dove siamo?
In riferimento alla geografia terrestre che tu conosci, ci troviamo in uno dei punti pi alti
della catena delle Alpi e ora se permetti disconnetter i contatti con lesterno. Avevo da
tempo preparato una sequenza lunghissima di simulazioni che, opportunamente collegate alla

rete del sogno avrebbero dato a tutti limpressione che io fossi nella mia biobolla a sognare e
far sognare come al solito. Comunque su un lato delloloschermo io avrei tenuto docchio ci
che accadeva al mio analogo sint per evitare di far brutte figure e soprattutto di insospettire
Loro. Voglio sapere come siamo finiti in questa situazione pazzesca! Bella domanda! da
dove inizio? Dalla fine del 1900 Va bene! faro una rapida sintesi senza luso del sim-stimm:
Verso lultimo quarto di secolo lumanit pensava di poter conquistare, scoprire, e usare tutto
ci che la circondava. La potenza dellatomo sperimentata per la prima volta come arma
vincente, il fatto di aver raggiunto la Luna dava limpressione di un nuovo rinascimento con
tutto il cosmo da scoprire e da prendere. Ma negli anni che seguirono, le cose non andarono
cos, lo sfrenato potere di alcuni, affamo pi del novanta percento dellumanit. I continui
freni allo sviluppo non basato sui profitti, protrassero oltre il dovuto lestrazione e lutilizzo di
combustibili fossili e questo trasform latmosfera del pianeta in una gigantesca serra che nel
giro di poco tempo fece alzare le temperature portando al completo scioglimento delle calotte
polari. Come se non bastasse, furono anche combattuti un paio di conflitti termonucleari che
distrussero e contaminarono quel poco che restava. A quel punto lumanit fu costretta ad
abbandonare il pianeta per andare a vivere in migliaia di piccole colonie sparse per i sistema
solare. Fu in alcune di esse che si svilupparono le tecnologie che attualmente permettono
questo schifo di sopravvivenza. Non sono uno scienziato per mi piacerebbe capire almeno in
parte come funziona tutto questo. Partiamo dalle fonti di energia: Come forse sai la
struttura della materia e nota al uomo da parecchio tempo. Come ti ho gi accennato, i
processi di estrazione dellenergia nucleare sono stati ampiamente sperimentati anche in
passato con risultati catastrofici. Poi quando ormai era tardi abbiamo imparato a domare il
drago dellatomo, prima di liberarlo: le pile a microfusione funzionano con quantit di materia
minima e possono essere innescate solo in presenza di unaltra pila gi attiva La prima serie fu
attivata durante il lo spegnimento dellultimo grande reattore termonucleare su una colonia di
Marte, e da quel giorno il problema dellenergia praticamente risolto, Il momento gamma
della microfusione avviene in luoghi il pi schermati possibile in totale assenza di esseri
viventi, una volta innescate, le pile sono in grado di produrre pi o meno energia a seconda del
numero di atomi di idrogeno che vengono forniti. Lenergia prodotta da un atomo su tre
alimenta un campo elettromagnetico sferico che isola la fusione ad alta temperatura in spazzi
delle dimensioni di un occhio. Allesterno la temperatura di pochissimi gradi. Da uno dei poli
del campo esce un fascio di fotoni simile alla sovrapposizione di milioni di laser mentre
sullaltro si crea una doppia circolazione di gas: lidrogeno viene attratto allinterno, e
allesterno viene restituito elio purissimo a temperatura atmosferica. - Scusa Vorsangher!
Fatti un giro intorno nella biobolla principale, troverai la cosa abbastanza interessante. Ti
lascio le chiavi per usare un accesso al sim-stimm ecco! Ora guarda la! Sul fondo
dell'oloschermo c' una piccola farfalla blu, se la fissi un attimo ti dir chi prova! - Si, dice
di essere la messaggera di Nausica e che tu la devi accarezzare, io non posso (anche perche
non ho le mani) un messaggio privato - Hai capito? Vedo che te la cavi bene con il sim-stimm!
- Che sforzo! Fa tutto da solo. - Bene amico ora se vuoi continuare a parlare con me hai a
disposizione il mio alterego sint! Accarezzer la farfalla e per un po star nella rete ci
vediamo pi tardi. Il sim-stimm mi avvert che il messaggio conteneva un contatto REM a
basso livello e mi chiese di confermare loperazione.

COLIBRY
Mi sapeva di cosa fatta da chi si sa muovere tra i sogni: probabilmente nel mio messaggio
c'era qualcosa che ne rivelava l'origine "manuale" e quindi la risposta d'intesa era un oggetto
"da accarezzare" - Geniale! e molto simpatico - Accarezzai dolcemente la farfalla che si
mosse in modo sinuoso e mi disse: sei pronto a entrare nella conchiglia? Hai tanto tempo e
poche cose da fare? Non ci sar un'altra volta! - Si ho tutto il tempo che vuoi! - Cosi
credevo. Mi avvolse un nero vellutato, e piccolissimi , in un punto non ben definito, una
manciata di colori primi. Mi avvicinai e i colori si modellarono pian piano in un grappolo di fiori
che continuavano a sbocciare come in una danza rituale. In alto, un minuscolo uccello con un
becco sproporzionato, succhiava nettare da un fiore. Lo fissai intensamente Niente lui
continuava a svolazzare sul suo fiore. All'improvviso, nelle mani, percepii un leggero tremito,
Desideravo accarezzare il minuscolo pennuto che subito parve esserne compiaciuto. Sfiorai
delicatamente il suo capo piccino, lui, senza smettere vi svolazzare, cominci a fischiettare
una dolce melodia, dopo le prime note, udii in sottofondo, un grandioso coro di uccelli tra il
fruscio del vento che attraversa le fronde di un grande albero. Erano i dolci suoni della
defunta natura, registrati e ricreati milioni di volte nel profondo dei sogni di tutti. Mi
rendevano malinconico. L'uccellino vol sull'altra mano, smise di cantare e mi disse: - Io sono
Colibry! La mia specie "vera" si estinse prima dell'inizio della fine, Mamma Perla dice che sono
troppo piccolo per il mondo dei sogni e che forse mi terr sempre con lei. Tu vieni dal mondo
dei sogni? - Si mio piccolo amico! Io vivo nel mondo dei sognatori e come Nausica, li aiuto a
sognare. Sai che mi piace molto il tuo canto! Davvero?! Sono contento. Io canto sempre in
modo diverso, non ripeto mai la stessa melodia
e mi sento pieno di energia quando qualcuno mi
ascolta. Nausica dice che la mia musica nutre
la sua anima, io non riesco a comprendere a
fondo ma non mi preoccupo e continuo a
cantare lei mi sorride, mi accarezza e non
vuole altro da me. Trasformo in note le
sfumature dei colori dei fiori, modulo la voce
con il ritmo del loro eterno sbocciare. Ogni
tanto la farfalla mi porta qualcuno e io posso
parlare. Ma tu non mi hai ancora chiesto
niente strano tu mi vuoi ancora ascoltare?
Si dai fammi sentire ancora qualcosa?
Subito Colibry intono una vorticosa armonia,
tra le sue note io percepivo vagamente
qualcosa di noto, poi, nei passaggi pi dolci dal
profondo, udivo delle voci di bimbi unirsi alle
stesse note
leggermente dissonanti,
provenienti da un antico marchingegno
meccanico. Il canto doveva contenere qualche
messaggio ipnotico subliminale. Ma no! Era solo
un lontano ricordo. Mio padre aveva lavorato per anni (non esistevano ancora i simulatori a non
contraddizione) alla ricostruzione di un famoso musicista del passato! Cosi io avevo gi sentito
alcune di quelle frasi. Pensai che in qualche modo dovesse esserci una relazione. Dovevo

ricordarmi il nome di quel musicista! Sicuramente faceva parte della chiave che la mia perla
mi stava chiedendo. Mi venne in mente Paganini non ripete Doveva essere lui! Dissi a
Colibry: - Mi sembra di conoscere qualcosa della tua musica! Assomiglia a quella di un antico
violinista, sai qualcosa di Paganini? Colibry fece un ampio volo attorno al grappolo di fiori, poi
si pos delicatamente sulla mia mano e mi disse: - Complimenti hai gi trovato la soluzione, ora,
quando mi accarezzerai la nuca, Perladilago ti porter allinterno della conchiglia. Per se vuoi
puoi rimanere ancora un po con me ......... ti canter qualcosa che non hai mai sentito. Va
bene! Colibry inton una melodia tenebrosa con note lunghe e gravi alternate a rapide frasi
terzinate che arrivavano fino al limite acuto delludibile, erano sempre diverse e lasciavano
una sensazione di inconcluso, sembrava sempre che fosse un preludio, e io avevo i brividi a ogni
passaggio, poi larmonia si spost su tonalit maggiori, pi allegre e ad ampio respiro, io mi
rilassai giusto in tempo per ascoltare linterminabile serie di velocissime scale con cui si
chiudeva il brano. Applaudii spontaneamente come avevo visto fare nelle ricostruzioni degli
antichi spettacoli. Colibry vol pi in alto che poteva poi si pos sulla mia mano e disse: Grazie! Mai nessuno mi aveva applaudito non pensavo che ci fosse ancora qualcuno che
conoscesse le vecchie buone maniere! Questo lunico brano completamente mio e forse per
questo lunico che ricordo alla perfezione e che posso ripetere quando voglio. Ma ora vai!
Perladilago ti aspetta!

IN VOLO
Accarezzai con la punta delle dita, la piccola nuca delluccellino canoro, ero scosso non riuscivo
a comprendere il perch di tanta agitazione, in fondo era solo un contatto REM come al solito
niente di pericoloso, avvertivo unatmosfera scherzosa in superficie e solenne nel profondo
delle mie emozioni, sapevo che lei sapeva molto di pi di ci che io potessi immaginare prima di
sentire Colibry fischiettare i virtuosismi di Paganini. Di nuovo intuii i passaggi delle equazioni
del vuoto legante: il caos in caso, il caso in coincidenza, e la coincidenza in particella darmonia.
Colibry aveva intonato unaltra aria dai toni sommessi e questa volta era accompagnato da una
vera orchestra di suoni e rumori di unirreale e lontanissima natura, poi un lieve ronzare di ali
di insetto in leggera, voluta dissonanza, e dallalto ecco la svolazzante Nausica con le sue ali da
libellula come Vorsangher laveva descritta. Ben venuto cercatore di perle! Mi prese per
mano e subito mi sentii leggero come laria rarefatta Vieni con me! Ora voleremo anche noi
sui fiori! Lascia che ti conduca tra i delicati profumi dei nettari perduti! - Lambiente che
prima mi sembrava a misura duomo, improvvisamente divenne immenso o meglio, io avevo preso
le dimensioni di Nausica, di Colibry.

Tutto era intenso e meraviglioso, ogni fiore appariva infinitamente ricco di sfumature. Le
foglie erano imperlate di minuscole gocce di rugiada che riflettevano la tenue luce esaltando il
colore dei fiori, ronzavamo velocemente tra uno stelo e laltro e a ogni giro sentivo qualche
nuovo profumo, vedevo qualche particolare che andava ad arricchire il mosaico della mia
memoria. Poi quando avrei voluto che non finisse mai, una brevissima pausa davanti a un rosso
bocciolo di rosa, al suo rapido sbocciare, Nausica guid il nostro volo verso il suo centro.
Attorno a noi i rossi petali si aprivano come lesplosione di una supernova lasciandosi dietro
scie di polline disposte a spirale come piccole stelle a formare il nucleo di una nuova galassia.

SOLO
Per un momento tutto divent scuro, lattimo seguente percepii il bianco come somma di tutti i
colori immaginabili. Lintensa emozione cromatica quasi era riuscita a distrarmi dal senso di
abbandono al venir meno del contatto della forte e calda mano di Nausica sulla mia spalla. La
luce accecante si affievoliva trasformandosi in piacevole penombra dai colori del crepuscolo
boreale, In un lieve moto planato scendevo obliquo verso il basso dove potevo scorgere un
sinuoso rigagnolo dalle verdi sponde grandinate qua e la di piccoli fiori. In unampia ansa tra le
curve si specchiava un trasparente laghetto dove giaceva placidamente cullata dalla corrente,
unopulenta ninfea. Al mio avvicinarsi vidi che i petali si disponevano a formare unaccogliente
giaciglio e la mia planata fin sulla ninfea. Mi ritrovai comodamente seduto con le gambe
allungate, sui morbidi cuscini formati dalle gonfie curve dei suoi petali. Inspirai
profondamente laria ricca di balsami dolci di nettare, solo il fruscio dellacqua scandiva da
lontano, lo scorrere del tempo, trasformandosi a momenti, in armonioso canto di sirene.
Se fossi una rosa cospargerei il tuo corpo
di petali, e su di te mi distenderei.
Se fossi una strada ti indicherei il sentiero della vita.
Se fossi il ghiaccio ti bagnerei le labbra
Se fossi la primavera colorerei
di rosa i tuoi momenti grigi.
Se fossi un gabbiano ti porterei sulle mie ali
planando oltre le nubi.
Se fossi... L'amore...
Mi meritavo di perdermi in uninterminabile momento di estatica pace. Non so dire quanto dur
ma fu il pi lungo della mia vita, la solitudine attendeva paziente dietro langolo del prossimo
futuro. Dandomi il tempo di liberarmi dal peso di ataviche paure. Lestasi si perse al cessare
del dondolio. Il mio dolce giaciglio galleggiante era approdato a una sponda, un petalo del fiore
era disteso a passerella tra il prato e il sassoso ciglio del ruscello.
Ti lascerei perdere poich tu non mi appartieni.
Il senso di solitudine mi avvolse in un lungo brivido di paura che mi lasci tremante e
impietrito poi, gradatamente, la curiosit di esplorare quella valle dellEden lo mut in
libert: ero solo si! Ero libero e sicuramente non appartenevo a nessuno. Scesi sul prato,
istintivamente mi incamminai controcorrente. Solo in quel momento notai la mia immagine
riflessa nello specchio dacqua: ero io da fanciullo avvolto in un drappo di seta turchese
annodato alla vita con unantica treccia di fili e di piccole perle. Ai piedi avevo un paio di
sandali di pelle di animale, sembravo provenire da tempi assai remoti. Continuai a seguire il
ruscello per molto tempo. Il sentiero si faceva pi ripido e cominciai a sentire la fatica. Era
rarissima questa sensazione in un contatto REM profondo! Normalmente fame, sete e fatica
venivano rimosse dai sogni. Perladilago mi conosceva troppo bene e non lo aveva fatto. In
lontananza notai uno dei miei scenari policromi perfettamente integrato con la parte montuosa

del paesaggio. Abbandonai il sentiero per dirigermi verso quella sicura parte di me stesso.
Sentivo che quello era il gioco che Nausica voleva e stranamente, provavo grande piacere
nellassecondarla. Giunto alla base della aspra parete rocciosa che si intersecava con il mio
scenario, notai uno spinoso cespuglio adorno di boccioli, era un rosaio, non ne avevo mai visto
uno! Eppure i fiori erano sempre nei miei sogni, nei miei pensieri, nelle poesie che amavo
leggere, cera qualcosa che mi sfuggiva. Mi avvicinai per osservare da vicino quellarmonico
intrico di fiori foglie spine e legno, volevo toccare quei boccioli, pungermi con quelle irte spine,
stranamente non mi accontentavo della percezione visiva, inspiravo profondamente per
godermi la delicata fragranza. Il contatto con i petali ancora chiusi umidi di rugiada mi dava un
piacere irrazionale che mi stampava un sorriso in faccia e cancellava ogni preoccupazione,
eppure stavo combattendo un feroce conflitto interiore: io che non mi ero mai abbandonato al
sognare, che avevo sempre preferito creare piuttosto che fruire di questo nuovo giocattolo
dellumanit, io provavo unimmensa inspiegabile gioia.
Accarezzando uno dei boccioli lo trovai leggermente pi caldo
degli altri e mi ci soffermai sorridendo stupito, quasi come ad
accondiscendere la mia curiosit, ecco che con movimenti quasi
impercettibili, il bocciolo si schiuse in una timida rosa e, dal suo
interno fece capolino un triste viso di donna. Non era pi a
sbarazzina libellula che mi aveva guidato in volo, eppure era
sempre lei Perladilago che forse aveva mutato atteggiamento
nei miei confronti. Io mi sentivo ancora troppo allegro e
frastornato per affrontare un discorso, improvvisamente
tornarono tra le mie sinapsi, i soliti pensieri, loceano di
domande irrisolte ribolliva a pochi centimetri di distanza dalle
mie labbra gelate in un ebete sorriso.

LA FINE DEL SOGNO


Mi aspettavo che tu volessi uscire subito dal sogno, che non avessi tempo da perdere in inutili
fantasie! Invece no! Un altro sognatore. Io so quasi tutto di te, tutto quello che pu
trasparire dal tuo lavoro, dalla storia della tua vita dai racconti dei tuoi fantasmi e dalle
maledizioni dei tuoi troppi nemici. Ti aspettavo da molto tempo e non volevo cercarti ne
lasciare che tu mi trovassi troppo in fretta. - Cosa ci facevi a Fujihama si dentro il tempio
delle scienze! Non potevi essere uno di Loro, chiedevi cose che non centravano niente con il
mondo del sogno. Quasi sempre ti riferivi al passato e parlavi di morti, poi ho cominciato a
trovarti in piccole tracce didentit, dentro le pseudo-personalit dei tuoi fantasmi, nei tuoi
scenari dai colori impossibili e da li sono risalita come la linfa nei vasi ascendenti di uno
spinoso ramo di rosa e ho raggiunto il tuo immaginario pi fantastico. E quando ormai
lesperimento era terminato, trovo un collegamento tanto profondo quanto inaspettato con il
lavoro pi gratificante di un periodo difficile: Il Violinista pi creativo e maledetto della sua
epoca, ricostruito senza luso della logica non contraddittoria sintetica, era cosi romantico! Io
non potevo permettere che giacesse incompiuto in un labirinto neurovegetativo. Quando gi
viveva beato cantando tra i fiori, scopro che era stato creato da colui che tu sostieni sia tuo
padre. Ma vissuto molti secoli fa! E il suo teorema sul vuoto legante? Caos, caso, coincidenza
e armonia si sincronizzano ben due volte contemporaneamente nel momento in cui ricevo il tuo
messaggio. Grazie per i doni nell antico libro sul tappeto di seta, hai rischiato la chiave del
tuo folle progetto, poi ti sei fidato ad accettare un contatto REM profondo con una
sconosciuta perlopi di Venere. Tu mi hai invocato come una dea con unimmagine meravigliosa
quanto , malinconica di un mondo di miti e leggende. - Mi trovavo ora all'interno di uno dei miei
ultimi scenari

neogotici, il ruscello, le montagne, era tutto sparito. Rimaneva solo il rosaio adagiato a
formare un drappo al centro della doppia scalinata che scendeva dal piano superiore
dell'ambiente. La rosa centrale si era richiusa in bocciolo e il dolce viso di Nausica era
scomparso. Ero nuovamente solo e per un attimo mi guardai: il fanciullo del sogno era tornato
il me stesso di sempre, le percezioni erano quelle di una normale olopresenza in ambiente
remoto. Notai con la coda dell'occhio il mio vecchio oloschermo, ero nuovamente nel mio
rifugio e per un attimo provai a riprendere il controllo del mio ego. Poi decisi che era meglio
concentrarmi nell'olopresenza dentro lo spazio creato da Nausica. Si era illuminato di
piacevoli colori tra il rosso e l'azzurro e dalla scalinata scendeva una fiabesca fanciulla in
abito da ballo dell'epoca dell'ultima regina incoronata con il ko-i-noor. Dopo un cenno di saluto
riuscii finalmente a parlare - Tu sai tutto di me! Mi hai accolto nel tuo sogno, tra i fiori e i

canti di Colibry, hai voluto solo il suo nome poi mi hai descritto i sincronismi tra la rosa e le
Pleiadi, dove lesplosione di una supernova, former una galassia gemella della nostra fra un
paio di miliardi danni, poi mi parli del teorema di mio padre, che io conosco solo come gruppo
di equazioni Non ti illudere! Stai sognando! Io ho sentito parlare del teorema dai maestri
delle scienze ma nessuno mi ha mai accennato allesistenza di un sistema di equazioni cosi lo
usavo semplicemente come metafora filosofica Non le ha lasciate sotto forma matematica,
le ho dovute trascrivere da un antico spartito musicale, usando una riconversione non
contraddittoria del processo con cui lui le aveva cifrate. Lo far avere a Nicol! Forse,
cantate da lui, potrebbero assumere qualche significato diverso dalla disperazione, anche i
due brani che danno le equazioni con maggior numero di variabili dallandamento casualecaotico.

BIOVENUS
In realt io non so niente di te! Conosco ci che si pu sapere e quello che non era ben
nascosto. Ho scoperto parecchi punti critici nel continuum temporale della tua storia. Non
conosco per esempio, il tuo numero di autoclonazioni. Io sono nata nel laboratorio pi avanzato
di biotecnica Venusiana, durante unaudace esperimento condotto da una ventina di anonimi
ricercatori che si erano arrogati il diritto di ristrutturare il genoma dato dalla combinazione
pseudosessuale, in percentuali vicine a 60%. Come tutti sanno, ognuno pu modificare il suo
genoma in parte non superiore a 5% per unautoclonazione, in una riproduzione combinata,
permesso correggere tutti i geni che potrebbero portare qualche piccolo disturbo e quindi si
pu arrivare a un 10-15%, arrivare al 60 e da considerarsi abberrante, ma lo scopo per loro
era molto pi importante e si sarebbe potuto rivelare vitale per lintera colonia. Cos dopo
anni di selezioni, di calcoli, di combinazioni pseudosessuali parziali, ecco che era finalmente
pronto il modello del mio DNA. Erano riusciti a creare un essere che poteva nascere gi
adulto, dotato di tutte le conoscenze necessarie allo svolgimento di una vita normale e in pi
avevano trascritto tutti i risultati positivi ottenuti dallintera umanit in campo biologico. Al
termine del breve periodo di incubazione nacqui gi grande, e in poco tempo divenni la biologa
pi abile del laboratorio. Fu li che creammo le prime biobolle in grado di adattarsi a qualunque
ambiente esterno nel giro di qualche ora. Lo studio delle membrane semipermeabili sintetiche,
unito ai sistemi di controllo dotati di intelligenza artificiale, permise di costruire le prime
abitazioni sulla superficie di Venere. Le bolle sopportavano le elevate temperature
mantenendo nel loro interno un clima accettabile, il complesso sistema di membrane
stratificate e separate da vari fluidi permetteva di filtrare dallatmosfera venusiana,
lanidride carbonica, lacqua e soluzioni azotate, utili alle colture idroponiche che producevano
cibo e ossigeno. Il passo successivo fu la realizzazione di biobolle fotosintetiche in grado di
produrre direttamente gli zuccheri e addirittura gli aminoacidi, le vitamine e man mano, tutti i
composti di cui luomo aveva bisogno. Fu allora che cominciai a pensare al ritorno alla Madre.
Allinizio a tutti sembrava follia, ma quando mostrai una semplice simulazione dellandamento di
una delle nostre biobolle in ambiente terrestre tutti rimasero esterrefatti: avevamo creato
un sistema che a fatica si adattava allatmosfera Venusiana, ma era perfetto per gli inquinati e
turbolenti oceani terrestri. Calcolammo che una biobolla che avrebbe resistito 20-30 anni in
ambiente venusiano, sulla terra ne poteva durare 300-350. Cos una volta superati i soliti
contrasti interni con chi voleva mantenere segreta la scoperta, rendemmo pubblico il nostro
brevetto e, tutti quelli che erano stufi di abitare nelle colonie ebbero modo di ricominciare a
sognare unaltra vita. Ma un terribile incidente dovuto a cause ancora ignote, distrusse quasi
completamente il centro di bioingegneria venusiano, dei miei colleghi-genitori si salv solo
Emira la pi anziana, quella che io forse inconsciamente consideravo mia madre. Non avevo
avuto uninfanzia. ero nata per il mio lavoro e fino a quel momento tutto era filato liscio, senza
errori, solo successi e nessun sentimento. Appresi la notizia proprio da lei, durante il volo di
ritorno da unaltra colonia orbitante attorno a Venere. Mi passarono la comunicazione
sulloloschermo della cabina, il suo volto era uno scroscio di lacrime, la sua voce un lamento
disperato, nei suoi occhi spenti dal dolore cerano due buchi neri che mi attirarono
misteriosamente a lei. Non fui in grado di resistere, abbracciai lologramma di Emira distinto,
senza pensare allassurdit del mio gesto. Scoppiai in un pianto isterico stringendo tra le mani
un pugno daria ionizzata. Il mio primo sentimento fu il dolore, ma subito dopo mi resi conto di
quanto bene volessi ad Emira, era un legame profondo, osai finalmente dire amore. Durante le

restanti ore di viaggio cercai di radunare tute le forze, frugai le zone pi recondite del mio
ego per trovare tutto il coraggio che mi serviva per continuare a vivere. Caddi in un sonno di
incubi e mi svegliai mentre la nave stava per agganciarsi a ci che restava di BioVenus. Volevo
scendere ma il personale di bordo me lo imped dicendomi che la nostra sosta era una rapida
missione di salvataggio. Io ignorai gli ordini e mi intrufolai nel gruppo dei soccorritori che non
osarono opporsi. Il condotto ad anti gravit fu attivato e qualche istante dopo si apr il
portello di uno dei corridoi di sicurezza del laboratorio. Mi misi a correre, ero a casa,
sicuramente conoscevo meglio di tutti quel luogo, andai dritta nel reparto di ingegneria dei
polimeri a bassa gravit, che avevo riconosciuto dalla trasmissione olografica. Trovai Emira, e
questa volta la abbracciai davvero, senza curarmi delle ferite che sanguinavano qua e la sul suo
corpo, lei riusc a sorridermi, e in quel momento torn la luce nei suoi occhi. La portarono sulla
nave dove fu immersa in vari bagni rigeneranti allRNA corrispondente. Non aveva riportato
lesioni interne e quindi in qualche giorno sarebbe guarita perfettamente. Il comandante del
vascello passeggeri annuncio che saremmo ci saremmo diretti a SpacePark una gigantesca
biobolla ante-literam orbitante intorno alla Madre, una colonia di vecchia generazione che
conteneva un orto botanico. Cero gi stata, ma lidea di tornarci da esule, mi affascinava.
Chiss come sarebbe stata la nostra vita fuori da BioVenus! Non era facile immaginarmelo.

SPACE PARCK
Emira si era rimessa, e finalmente vedevo di nuovo la bellissima donna dai lunghi capelli dai
toni del rame antico, eravamo ospiti della comunit di ricercatori di SpacePark e fino a quel
momento nessuno si era preoccupato del nostro futuro, eravamo delle celebrit e tutti
facevano a gara per invitarci a partecipare alle allegre serate nei piccoli paradisi artificiali
della colonia. Era il fiore allocchiello delle comunit extraterrestri, a SpacePark si riusciva
anche a non soffrire di claustrofobia e per questo veniva usata come luogo di cura per gli
spaziali in preda agli effetti della depressione dovuta alla permanenza per tempi eccessivi, in
spazi troppo ristretti. In passato la tecnologia del sogno non era ancora in uso e, anche se i
sim-stimm potevano simulare le sensazioni in modo abbastanza fedele, gli umani erano
comunque in grado di distinguerle e quindi spesso si rivelavano insufficienti per gli individui pi
sensibili che lentamente si abbandonavano a uno stato di inerzia autodistruttiva. SpacePark
era lunico rimedio: con i suoi ampi spazzi verdi tempestati di migliaia di specie di variopinti
fiori, con i suoi giardini abitati soltanto da uccellini canori e insetti buoni . Io avevo fatto la
conoscenza di un altro stato d'animo nuovo: la noia. Ne avevo un'idea preconcetta ma prima
d'ora non potevo dire di averla mai provata. Qui non avevo niente a cui pensare e oramai mi
sembrava di conoscere a memoria tutta la ciclica struttura di quella specie di rudimentale e
affascinante biobolla spaziale nella quale mi trovavo. Pensare alle membrane fotosintetiche
era fuori luogo (in una comunit consacrata al mantenimento delle biodiversit) e tutti i
favolosi progressi che su BioVenus sembravano la chiave per il nuovo sviluppo umano, qui erano
ancora oggetto di discussioni etiche. Una sera, dopo un'interessante cena a base di alimenti
rigorosamente naturali e freschi che, a noi spaziali abituati ai gusti di sintesi, faceva il
prolungato effetto di un cocktail multicolore, cercai di comunicare ad Emira il mio disagio nel
non sentirmi affascinata da nessuno dei progetti illustrati durante le varie occasioni dai
biotecnici locali. Nessuno qui sembrava preoccuparsi dell'invivibilit crescente della "Madre"!
Emira, che era rimasta pazientemente ad ascoltarmi, colse l'occasione per espormi un'idea
che le era balenata durante la visita alle strutture pi esterne: Sostituendo l'attuale
rivestimento di polimeri e silicati semitrasparenti, con una stratificazione di membrane
fotosintetiche, si sarebbe potuto svincolare la colonia dal rigido regime delle catene
alimentari a numero chiuso. Mi disse che ne aveva gi discusso con Grascovsky, responsabile
delle tecnologie dello sviluppo strutturale che era apparso entusiasta. Io non capivo a fondo
l'impiego delle stratificazioni di membrane fotosintetiche su una colonia gi in equilibrio, ma
se per il consiglio delle scienze evolutive era fattibile, ero disposta a collaborare. Chiesi a
Emira se tramite Grascovsky, fosse possibile convocare un incontro con l'obbiettivo di
formare un gruppo di studi adatto alla stesura del progetto. Emira sorrise e mi disse che era
bellissimo veder rinascere il mio entusiasmo ma che sicuramente qui le cose sarebbero andate
pi a rilento. In fondo la cosa non mi dispiaceva affatto. Per un'altra ventina di giorni
(standard terrestri) vagai per i parchi della ricca colonia felice, soffermandomi spesso ad
osservare la meraviglia dell'intreccio delle vite della grande variet di specie animali e
vegetali che sembravano ormai provenire da un remoto mondo di fiabe per fanciulli. Emira non
mi accompagnava quasi mai nelle lunghe passeggiate, preferiva restare nella nostra dimora
collegata al stim-simm per cominciare a studiare le prime fasi del suo progetto. Alla sera
spesso ci incrociavamo, io di rientro dalle mie escursioni e lei agghindata all'ultima moda
locale, pronta a tuffarsi dentro la leggera aria festosa che caratterizza le notti di SpacePark.
A lei sembravano essere mancati questi divertimenti su BioVenus, e ora non voleva perdersene

neanche un momento. Io d'altro canto adoravo distendermi stanca sudata e sporca di terra,
sopra una vera pelliccia di orso polare prima di immergermi per qualche ora nel tiepido bagno
termale, copia fedele di una famosa sorgente sulfurea terrestre. Poi mi preparavo un pasto a
base di cibi proteici sintetici con contorno di frutta fresca e ortaggi raccolti dalle piante
durante il giorno. Lei aveva preferito continuare l'interminabile serie di inviti a cena, io ogni
tanto la seguivo allo stim-simm per partecipare in olopresenza ai momenti pi significativi
delle sue serate mondane. Una notte lei e Grascovsky mi invitarono a un aperitivo da una
lussuosa terrazza adorna di variopinti fiori fluorescenti che galleggiavano in lento movimento
sull'invisibile corso d'acqua intorno al corrimano della balaustra neo gotica. Io ero ancora
immersa nel bagno, che nel frattempo aveva dolcemente trasformato l'acqua termale in
soluzione di essenze di muschi e felci, e ricevetti la comunicazione attraverso il vapore, dando
un'occhiata al piccolo oloschermo sistemato di fronte alla vasca. Una volta collegata allo stimsimm, li raggiunsi in olopresenza e durante la cordiale conversazione venimmo messe a
conoscenza delle decisioni del consiglio, che intendeva promuovere un seminario introduttivo
sulla tecnologia delle membrane fotosintetiche e loro possibile utilizzo su SpaceParck.
Avrebbe poi fatto seguito un concorso aperto a chiunque fosse in grado di presentare un
progetto la cui validit, secondo la tradizione locale, sarebbe poi stata vagliata dal consiglio e
dall'intera popolazione della colonia. Era incredibile la loro noncuranza nei confronti dello
scorrere del tempo. La fretta era considerata cattiva consigliera e le scelte dovevano essere
fatte con saggezza: ogni minima variazione all'ecosistema, poteva alla lunga rivelarsi dannosa e
per questo non bastavano ne le simulazioni pseudocasuali ne i pareri concordi del consiglio, era
sempre e comunque richiesta anche l'approvazione della maggioranza. Mi ricordai di un
incontro casuale con un ragazzino molto simpatico dall'altisonante nome: Herbert Lorenz
(dove Lorenz era il cognome) avevo chiesto il suo aiuto per avere indicazioni su come
raggiungere uno dei parchi coltura pi "selvaggio" dove migliaia di specie animali e vegetali
vivevano e si riproducevano senza l'intervento umano.

HERBERT LORENZ
Il progetto di quell'ecosistema risaliva ai primordi della colonia. circa trecento anni terrestri
prima, e non era mai stato necessario nessun adattamento o adeguamento numerico per
nessuna delle variet viventi previste. Le variazioni nei rapporti numerici erano comunque
legati pi alla pseudocasualit complessiva del clima della colonia che agli eventi imprevedibili
interni. Herbert non solo mi indic il percorso migliore per raggiungere "la Foresta perduta"
ma mi spieg anche come muovermi al suo interno per evitare di interferire con quel
complesso groviglio di vita. Aveva capito subito che non ero proprio del posto e subito si era
offerto di accompagnarmi. Accettai di buon grado e durante il percorso chiesi scherzando se
a SpaceParck la gentilezza fosse un obbligo. Lui mi rispose che un po' era cos ma che in quel
momento non sarebbe stato un problema perch la zona della "Foresta" era una di quelle che
avrebbe comunque dovuto ispezionare tra qualche giorno. Mi disse che studiava ingegneria
delle strutture in pseudogravit e che lavorava al reparto segnalazioni del sistema di
manutenzione della colonia. Anzi mi disse che se avevo bisogno di una guida completamente
gratuita per quella e per le prossime giornate, lui comunque si sarebbe recato da quelle parti.
Mi chiese con molta discrezione quale era il motivo della mia visita in quell'inospitale area di
SpaceParck e io risposi che l'unico scopo a parte la curiosit era quello di ologrammare alcune
particolari specie di volatili e di registrarne l'intreccio casuale dei loro canti. Sorrise
interessato alla seconda parte della mia risposta e io percepii dietro quegli sguardi, un'acuta

intelligenza e una grande voglia di comunicare. Mi spieg in poco tempo la complessa struttura
metallica che era stata progettata per gonfiarsi tutta intorno al campo pseudogravitazionale
generato dai convertitori QED che attingevano energia da un'unica grande pila a microfusione
innescata prima dell'inizio della costruzione della colonia. Con il passare degli anni gli
ecosistemi base delle zone del centro (alghe fotosintetiche unicellulari in soluzione organica)
avevano prodotto ossigeno in abbondanza per riempire il resto della struttura . Una volta
raggiunta la pressione adatta alla vita umana, si cominciarono ad installare le prime terrazze
ancorate alla struttura a raggiera che reggeva la cupola sferica. Ogni terrazza era dotata di
contenitore per l'acqua e poteva ospitare qualunque ecosistema purch in grado di mantenete
l'equilibrio dell'aria, dell'acqua e della rete alimentare che ospitava. L'energia veniva fornita
dalla pila centrale contenuta in una capsula metallica sferica con un diametro di 15 Km, che
costituiva il nucleo solido della colonia, la superficie esterna del nucleo era divisa in anelli
paralleli che ospitavano in alternanza dispari, i convertitori QED e i polidiodi fotoemittenti
che producevano un'enorme quantit di luce e il calore necessario alla vita. L'intera capsula
era avvolta dallo strato d'acqua di circa 200 m di spessore, che ospitava gli ecosistemi base e
che oggi veniva chiamato "Oceano di luce". Tutta la struttura verticale, di materiale
trasparente, era cava ed ancorata al nucleo in corrispondenza degli anelli di polidiodi. In
questo modo, all'interno dei pilastri , si erano creati dei corridoi a gravita prossima allo zero
molto utili per gli spostamenti di cose e/o persone. Ai poli erano stati collocati due grossi tubi
dal diametro di 2 Km che costituivano le vie di comunicazioni principali. Erano pressurizzati e
comunicanti con lo spazio esterno tramite un grosso portello che faceva da dogana per i
visitatori. Io rimasi stupita dalla precisione e semplicit con cui descriveva il suo piccolo
grande mondo. Mentre parlava avevo registrato la conversazione e, tramite una semplice
conversione a non contraddizione, avevo fatto produrre al mio stim-simm portatile, una
semplice mappa olografica. Quando la mostrai a Herbert lui rimase sorpreso e mi chiese
informazioni sulla fonte di tale immagine. Mi disse che lo schema di base della colonia era un
brevetto interplanetario e che negli oloopuscoli per i turisti non veniva mai descritto. Io
sorrisi e gli rivelai che si trattava di una conversione non contradditoria simultanea del suo
discorso. Lui rise a lungo, poi disse che comunque non c'era niente di veramente segreto ma
che comunque avrebbe preferito che io non rivelassi la fonte di tali informazioni. Nei giorni
seguenti lo rividi, e gli diedi una copia di tutti gli ologrammi e delle registrazioni dei canti che
ero riuscita a isolare. Lui me ne fu molto grato e mi disse che se mi interessava avrebbe
continuato il suo discorso sulla colonia. Disse che gli serviva in preparazione a un esame che
doveva sostenere tra poco, e che gli piacevano molto le olografie derivanti dal mio sistema di
conversione a non contraddizione. Mi rivel anche che su SpaceParck le intelligenze artificiali
venivano utilizzate per lo pi per elaborazioni di tipo strettamente scientifico o puramente
gestionale e che i moderni sistemi a non contraddizione, usati per lo sviluppo delle simulazioni
REM, venivano sistematicamente importati da altre colonie. Continu il suo racconto dicendomi
che SpacePark era stata collocata alla stessa distanza dal sole della Madre e che ruotava
intorno ad esso su un'orbita speculare a quella del pianeta d'origine. Ci era ovviamente
possibile grazie al campo pseudo-gravitazionale prodotto dalla pila e dai convertitori QED.
Questo faceva si che lo scorrere del tempo fosse molto simile a quello terrestre e dava
all'umanit che abitava la colonia l'impressione di essere semplicemente un nuovo piccolo
continente. Nel passato i contatti con la Madre erano molto frequenti e ricchi di scambi di
cultura, di materie prime e di manufatti, Noi eravamo de facto la riserva naturale esterna. Per

ogni specie che sulla Madre era a rischio di sopravvivenza si progettava una ecosistema
compatibile su SpaceParck e, se il nostro consiglio delle scienze evolutive approvava il
progetto, assegnava uno spazio e predisponeva i collegamenti e i terrestri provvedevano alla
costruzione della terrazza. Venivano ammessi pi facilmente quei progetti che contenevano
un grande numero di specie possibilmente non gi presenti su qualche altra terrazza. Le forme
di vita pericolose per l'umanit erano assolutamente vietate. Comunque in nome del salvataggio
delle bio-diversit si era studiato un sistema di bio-archiviazione: che consisteva in una
completa mappatura del genoma, nel congelamento di un certo numero di cellule clonabili in
qualunque momento, e nella descrizione pi dettagliata possibile dell'ecosistema terrestre che
ne permetteva la sopravvivenza. Addirittura si bio-archiviarono specie estinte sulla terra da
milioni di anni, raccogliendo le informazioni dai reperti fossili. Il bio-arvhivio era contenuto in
uno dei comparti della capsula centrale insieme a tutti i sistemi di controllo delle risorse e alle
intelligenze artificiali che li gestivano. Verso la fine del ventunesimo secolo (terrestre), la
nostra sfera conteneva tutte le specie viventi "prodotte" dalla Madre: Le mangrovie si erano
attorciliate attorno ai pilastri e affondavano le loro radici aeree nell'Oceano di luce. Tra le
terrazze si era sviluppata una fitta rete di tubi e ascensori alternate a gigantesche liane che
spesso venivano usate da uomini e animali per spostarsi da una terrazza all'altra. All'inizio si
cerc di tenere separati i vari ecosistemi ma a un certo punto si cap che ormai avevamo
creato un solo grande ecosistema che produceva aria e alimenti in abbondanza. Sulla Madre i
continenti venivano inesorabilmente sommersi dalloceano. Ogni anno la popolazione terrestre
diminuiva del dieci per cento a causa delle continue guerre, della mancanza di cibo e
dellemigrazione verso le colonie. Noi inizialmente accettavamo solo chi aveva un progetto atto
a salvare qualche forma di vita, ma con il crescere della crisi terrestre, dovemmo adattarci ad
accogliere ogni tipo di disperato. La nostra foresta cresceva e noi avevamo bisogno di mano
dopera per la raccolta dei prodotti alimentari e per il monitoraggio dellecosistema. I sistemi
automatici di controllo non riuscivano a star dietro al intricato sviluppo della foresta. Si
continuava a progettarne e installarne di nuovi. La produzione di alimenti pregiati e di ossigeno
ci collocava al centro della fitta rete di commerci che si era creata tra le colonie del sistema
solare. Finalmente, quando lesodo dalla Madre fu terminato, potemmo cominciare a pianificare
il nostro sviluppo con maggiore precisione. Fu allora che ci accorgemmo che ormai la foresta
cominciava ad essere troppo popolata di umani e che in quelle condizioni lequilibrio tra le
specie era comunque in pericolo. I calcoli sulla produzione di aria respirabile, davano comunque
sempre un dato confortante: ne producevamo circa 50 volte il nostro fabbisogno. Era merce di
scambio molto preziosa e, nonostante limpopolarit del progetto, verso il 2250 il consiglio
approv la costruzione di una rete di valvole che l'avrebbe convogliata sulla superficie esterna

della colonia. Mettere in mostra tanto ben di Dio era un invito a nozze per le bande di
predatori che ormai da anni popolavano gli spazi del sistema solare. A ci venne posto rimedio
creando attorno alla colonia, una sofisticata rete di satelliti armati che avevano il compito di
allontanare o distruggere qualunque astronave non autorizzata. La procedura di
identificazione a distanza permetteva di dare agli equipaggi in arrivo, una lunga serie di
avvertimenti. Se venivano ignorati o si riscontravano tentativi di attacco, i satelliti prima
creavano un campo antigravitazionale per respingere gli intrusi, poi se la veemenza dellattacco
era superiore alla resistenza del campo, si ricorreva ai cannoni laser. Subimmo qualche
incursione ma nella maggior parte dei casi la nostra rete difensiva si rivelo efficace. Verso la
fine del secolo, attorno a SpaceParck si era creata una vera e propria atmosfera. Gli strati pi
alti, a causa della radiazione solare cominciarono ad ozonizzarsi donando allambiente di
superficie uno splendido cielo azzurro. Nel frattempo, allinterno della colonia, la societ si
era adattata allambiente, chi abitava al centro della sfera viveva come su qualunque altra
colonia, in spazzi ristretti e super tecnologici, ma chi preferiva una vita pi naturale poteva
abitare la foresta che diventava sempre pi selvaggia. Sul fondo delloceano di luce andava
depositandosi uno strato di fertile limo e, quando cominci a preoccupare per via della
continua diminuzione della luce disponibile alla foresta, si decise che avrebbe avuto inizio la
colonizzazione della superficie esterna. Fu bandito il primo grande concorso che permetteva a
tutti gli abitanti di SaceParck di presentare un progetto al consiglio che lavrebbe valutato
tenendo conto anche del parere della popolazione. Fu approvato il pi semplice: Lidea era
quella di trasportare il limo in superficie, di mischiarlo con sabbie inorganiche provenienti

dalla luna e di aggiungere acqua alloceano di luce. Fu unopera ciclopica che occup la
popolazione di SpaceParck per circa 50 anni. Alla fine la colonia disponeva di una immensa
superficie coltivabile e abitabile. Nei due secoli successivi si sviluppo lecosistema esterno: La
filosofia fu quella di creare per luomo un vero e proprio paradiso terrestre. Lo strato di
terriccio di circa 20 metri fu solcato da corsi dacqua, vennero creati dei dislivelli di qualche
chilometro, in corrispondenza dei poli per permettere la circolazione dellacqua. Enormi massi
lunari furono importati per creare le montagne. La superficie era stata impermeabilizzata e
rinforzata da una seconda sfera di polimeri e la rete di valvole era stata chiusa. Laria in
eccesso prodotta dalla foresta, venne convogliata in superficie tramite condotti posti
allinterno dei campi antigravit ai poli. Sulla superficie si erano formate varie zone climatiche
e, dopo la creazione del mare equatoriale (largo e profondo fossato scavato intorno
allequatore della colonia), cominciarono a verificarsi i primi fenomeni di precipitazioni non
controllate dalla mano delluomo. Man mano che la superficie diventava pi ospitale, la
popolazione si trasfer dalla foresta alle Valli dellEden. Le abitazioni venivano costruite in
legno pregiato, materiale sovrabbondante su SpaceParck, e dotate di tutti i pi sofisticati
comfort tecnologici. Su quasi tutta la superficie era stato coltivato un comodo prato
disseminato qua e la di alberi da frutto e di piante ornamentali. Ovviamente oltre alluomo,
furono trasferite in superficie, tutte quelle specie che ne avrebbero tratto giovamento. Ben
presto si raggiunse un equilibrio molto simile a quello descritto negli antichi testi sacri di
alcune religioni terrestri. I satelliti in orbita intorno alla colonia, oltre a mantenere le loro
funzioni difensive verso lesterno, furono dotati di strumenti ottici rivolti verso la superficie,
erano necessari per il monitoraggio delle perturbazioni e si rivelarono molto utili anche nel
rilevamento di fenomeni socialmente pericolosi. Cos sulla superficie si svilupp una pacifica
comunit dedita alla sperimentazione agricola e alla trasformazione dei prodotti della terra.
Si formarono due grossi agglomerati in corrispondenza dei poli, dove vennero costruiti i
principali spazioporti . La popolazione aument di numero: chi sperimentava l'autoclonazione
assistita era visto con una certa diffidenza ma non osteggiato, normalmente le coppie avevano
figli e vivevano in grossi clan famigliari in continua espansione. Presto si arriv al numero
massimo e fu allora che il consiglio cominci a varare leggi (spesso impopolari) per il
mantenimento delle proporzioni tra l'uomo e le altre specie. Dopo circa mezzo secolo si arriv
all'attuale equilibrio. Man mano che dalla madre sparivano forme di vita, su SpaceParck la
foresta si arricchiva. Oggi sono pochissimi gli umani che ancora preferiscono vivere stabili
all'interno della pericolosa e delicata spontaneit dell'ecosistema della Foresta, la
maggioranza della popolazione abita la superficie e lavora nel centro. Con i suoi dieci milioni di
individui, SpaceParck ormai la pi grossa metropoli umana. Inoltre con i suoi centocinquanta
milioni di specie "attive" e oltre duecento milioni di specie bio-archiviate rappresenta l'unica
speranza per la sopravvivenza della biodiversit. - Io conoscevo benissimo queste cifre, ma
sentirmele raccontare con tanto entusiasmo da un simpatico giovane mi riempiva stranamente
di gioia. Dopo qualche giorno quasi sentivo la necessita di incontrarlo e mi divertiva moltissimo
il metterlo a conoscenza dei risultati della mia inutile quanto bizzarra ricerca sui canti degli
uccelli. Lui era l'unico che sembrava interessarsi a queste follie caotiche. In un primo
momento diventammo molto amici ma poi, lui non mi cerc pi forse perch troppo impegnato
nei suoi studi, e io feci altrettanto con l'indifferenza di chi non sa dare importanza a ci che
non assolutamente concreto. Era giunto il momento di ritrovarci. Io volevo parlare con lui del
progetto di utilizzo delle membrane fotosintetiche su SpacePark sentivo, che alla faccia di
tutti quei luminari che circondavano Emira, l'unica persona che mi avrebbe potuto aiutare era

lui. Una mente giovane e brillante che sicuramente provava molta simpatia per me, e che amava
la perfezione del suo piccolo grande mondo artificiale conoscendone pregi e difetti. Chiesi al
mio simm-stimm di inviargli una comunicazione nella quale inserii un piccolo contatto REM dove
sistemai uno dei tanti uccelli che avevo ologrammato, faceva da messaggero invitandolo a
contattarmi al pi presto. Non ebbi risposta e ci mi lasci un indescrivibile senso di nausea
mista ad incredulit che alla fine della giornata si trasformo in un inaspettato dolore
interiore. Non ci potevo credere: perch non mi rispondeva? E soprattutto perch la cosa
provocava in me un cos profondo turbamento? Durante la notte fui svegliata da una piacevole
melodia, sicuramente era una registrazione antica di strumenti musicali suonati a mano,
proveniva dal sistema audio del mio simm-stimm, incuriosita mi alzai e mi collegai tramite il
contatto manuale, la musica che prima percepivo in lontananza, ora mi avvolgeva, riuscivo a
distinguere un gran numero di differenti strumenti e, in un passaggio lento, ecco che
un'armoniosa voce femminile intona un dolce canto in un'antica e sconosciuta lingua,
accompagnata dal maestoso suono di un organo sulla destra e dal frizzante contrappunto di
un'arpa sulla sinistra. - Che meraviglia! - Non avevo mai ascoltato niente di simile! La musica
svan e sul buio dell'oloschermo apparve un semplice messaggio in forma scritta:
Ormai ero rassegnato
Pensavo di non vederti pi
Sono perdutamente innamorato
E non posso nascondermi pi
Neanche lo spazio che ci separa
Riesce ad allontanarti dal mio cuore
Se vuoi parlami! lontano dolce amore
Un pessimo poeta
dagli anelli di Saturno

Lessi e rilessi il messaggio, come per gioco, sorridevo e sentivo crescere una strana forma di
agitazione. Poi feci appello alla forza della ragione e, sudata, con un leggero tremito nelle mani
impartii al simm-stim l'ordine di richiesta di contatto in olopresenza con il mittente di quel
messaggio. Nelle frazioni si istante che intercorsero, fui travolta da un turbine di dubbi: come
facevo ad essere sicura che fosse Herbert? (il messaggio non era firmato) cosa ci faceva tra
i pericolosi anelli di Saturno? Stava forse prendendosi gioco di me? Ma ecco che il simmstimm era pronto per il contatto e mi chiedeva conferma per un collegamento in olopresenza
con la base per le ricerche sulle strutture a gravit controllata, in orbita attorno a Saturno.
Stavo per confermare ma prima volli una mia immagine, era forse la prima volta che mi
preoccupavo del mio aspetto e mi vidi orribile, con lo sguardo assonnato, i capelli opachi ed
arruffati e addosso una tuta da lavoro sporca e stropicciata No! Chiesi di vedere l'archivio
delle mie immagini piacevoli e scelsi rapidamente una in cui ero in perfetta tenuta da
ricercatrice BioVenusiana poi diedi la conferma con l'ordine di presentarmi in quelle vesti.
Qualche istante dopo mi trovai seduta accanto a Herbert in una minuscola cabina orizzontale
tappezzata di sconosciuti congegni. - Ciao Herbert! Come stai ? - Bene! Sono stanco morto.

Qui il tempo non da nessun segnale del suo scorrere e sinceramente non mi aspettavo una tua
visita in olopresenza. Ma di un po' adesso vai in giro vestita cosi nella foresta di SpacePark? No e che ero impresentabile e ho scelto questo "costume" per venire da te. Ti piace? la
vecchia moda BioVenusiana - Si bizzarra e sembra funzionale! Ma a cosa devo la tua visita?
Non mi dire che sei stata affascinata dalla lirica dei miei versi?! - Scoppiai a ridere e provai
l'irrefrenabile impulso di abbracciarlo. Mi trattenni per non fare brutte figure, era solo
un'olopresenza. In fondo il vero motivo non aveva molta importanza per me ma volli comunque
parlagliene. - Volevo proporti di collaborare a un progetto molto interessante: la
sperimentazione delle membrane fotosintetiche su SpaceParck. - Ne ho sentito parlare!
Sembra che il consiglio creda molto in questa nuova tecnologia ma come vedi ora sono
impegnato in un altro campo. Poi sinceramente a me sembra molto improbabile che l'utilizzo
delle vostre biobolle possa giovare in qualche modo alla nostra colonia. - Peccato! Quindi non ti
interessa! Ma dimmi quando hai intenzione di tornare su SpaceParck? - Perch? Cosa altro
vuoi da me? - Gli lessi negli occhi un profondo turbamento, l'espressione della sua voce
assunse un andamento tremante e leggermente pi stridulo - Non erano uno scherzo quei
ridicoli versi che ho inviato in risposta alla tua richiesta di contatto: penso proprio di essere
innamorato di te, ti sogno spesso, rivivo le meravigliose passeggiate ai bordi della foresta
perduta, sono scappato subito dopo la mia laurea, non riuscivo a sopportare la tua sintetica
indifferenza penso che sia meglio per tutti e due il non vederci pi. - Perch? Che male c' ad
essere innamorati? Forse anch'io provo gli stessi sentimenti: per la prima volta mi sono
preoccupata del mio aspetto (prima di venire da te) perdo il controllo delle mie emozioni ogni
volta che ti penso, ho reazioni inspiegabili e decisamente esagerate ad ogni tuo tentativo di
allontanarmi da te. E' questo l'amore? Non lo posso sapere, io non ho avuto n un'infanzia n
un'adolescenza, sono "nata" gi adulta pronta per svolgere al meglio il mio lavoro. Ma ora mi
sento terribilmente incompleta e penso di aver trovato chi mi pu aiutare. Ti prego torna da
me non avere paura. Forse non sono la persona ideale ma possiamo comunque fare un
esperimento. - Gi, ecco che esce l'animo della biologa! Un esperimento in cui noi facciamo da
cavie, in cui rischiamo di soffrire anni in cambio di una manciata di illusioni. Sai adesso sto
reprimendo con tutte le mie forze l'impulso di assecondarti voglio decidere senza vederti,
devo ritrovare la mia lucidit - Allora ci penserai? Non un NO definitivo? - OK per ora devo
chiederti di lasciarmi ho bisogno di tempo di quel tempo senza fine e senza inizio tipico delle
atmosfere artificiali in campi ad alta gravit. Grazie di essere venuta in olopresenza cos
potr alimentare i miei sogni di nuove immagini. Grazie per avermi finalmente comunicato le
tue emozioni ora non dovr pi lottare contro la tua indifferenza. - Io ti sto aspettando e ho
tutta la pazienza che vuoi, ma non lasciarmi senza tue notizie a questo punto non lo potrei pi
sopportare!. - Tornai alla mia stanza tra il disordine degli oggetti e delle idee si era
materializzato per la seconda volta il pi incontrollabile dei sentimenti, ma adesso non era
avvolto da circostanze imprevedibili e soprattutto era rivolto a un uomo per il quale sentivo di
provare una crescente attrazione. Sognavo ad occhi aperti di stringermi a lui come avevo visto
in alcune riproduzioni virtuali. La mattina seguente tornai laggi nella "foresta perduta" ma
non a raccogliere canti di volatile! Volevo ripercorrere i sentieri della nostra amicizia e
cercare il punto preciso, la molla che aveva fatto scattare quest'incomprensibile passione. Mi
sentivo stranamente piena di gioia, di idee di voglia di vivere e di cambiare l'insieme dei mondi.
Mi sembrava di poter spostare montagne eppure non riuscivo a concretizzare nessun pensiero.
Ero piacevolmente confusa e decisi di provare a collaborare al progetto di Emira. Tornai a
casa e le raccontai tutto. Lei sembrava essere entusiasta della mia storia, continuava a

sorridere compiaciuta e non faceva domande. Alla fine mi chiese con tono enfatico quasi
profetico: Torner? - Nel mio cuore si apr una voragine: il solo lontano pensiero che fosse gi
tutto finito, che lui avrebbe preferito abbandonare questa sconvolgente partita, mi provocava
fitte lancinanti di dolore simili a ci che pensavo essere la morte. - Si ne sono sicura! - e
dicendolo facevo nascere da dentro una di quelle certezze che poggiano le loro basi sul vuoto
che normalmente ero abituata a rifuggire per principio, ma che ora mi sembrava l'unica
possibilit di sopravvivenza. Da quel giorno ci tenemmo in contatto, raramente usavamo
l'olopresenza, entrambi avevamo notato che il vedersi in modo virtuale aumentava il senso di
lontananza. Preferivamo le comunicazioni scritte o i messaggi vocali. Lui mi parlava dei suoi
progressi di studio, mi descriveva strutture di possibili nuove colonie e io parlavo solo del
fantasmagorico progetto di Emira. Spiegavo i benefici che SpaceParck avrebbe tratto dalla
creazione di un'altra cupola esterna formata da membrane fotosintetiche non facevo neanche
un minimo accenno all'idea che ultimamente stavo portando avanti in gran segreto. Dopo
qualche tempo Herbert mi venne a trovare in olopresenza per annunciarmi il suo imminente
ritorno su SpaceParck. Di li a una settimana (il tempo del viaggio) avremmo finalmente potuto
abbracciarci e solo quando ebbe chiuso il contatto mi resi conto che la data coincideva pi o
meno con l'inizio delle selezioni del grande concorso bandito dal consiglio delle scienze. Io
dovevo affrettarmi a concludere la relazione che avevo intenzione di presentare da sola: Si
trattava in pratica di ricostruire qui un ambiente simile a BioVenus. Volevo che venisse
collocato in una biobolla semi sommersa all'interno della "foresta perduta" all'altezza delle
radici delle mangrovie. Non aveva niente a che vedere con i complicati programmi di
integrazione con l'ecosistema di SpaceParck del piano di Emira, era semplicemente un
progetto di laboratorio completamente autosufficiente in grado di progettare e realizzare
biobolle adatte a funzionare nelle profondit degli oceani della Madre morente. Su
SpaceParck c'era l'oceano di luce e sarebbe stato abbastanza facile realizzare delle
strutture che permettessero la simulazione di alcuni degli inquinati ambienti marini terrestri.
Tutta la tecnologia per la progettazione e lo sviluppo delle biobolle era nota a me e ad Emira e
quindi si trattava solamente di selezionare e formare un team di biologi e bioingenieri che si
dedicassero a tempo pieno a questi studi. Lo scopo forse esulava dal tema del concorso: non si
trattava di una modifica strutturale alla colonia ma dell'installazione di una nuova tecnologia
atta al ripopolamento umano della Madre. Sapevo che la mia idea avrebbe destato scalpore e
quindi avevo preferito non parlarne con nessuno. Aspettavo impaziente l'arrivo di Herbert e
nel giorno fissato decisi di vestirmi in tenuta biovenusiana come nel primo incontro in
olopresenza tra gli anelli di Saturno. Andai allo spazioporto ad accoglierlo. Lo invitai a
stabilirsi per qualche tempo a casa mia (seguendo un consiglio di Emira) lui accetto e io ne fui
felice. La prima notte insieme la passammo teneramente abbracciati in un sonno profondo
ricco di meravigliosi sogni. Avevo immaginato non so quali follie erotiche, mi ero
"documentata" collegandomi ai pi sofisticati simm-stimm dedicati ai sogni erotici mi
sembrava di conoscere praticamente tutto sull'argomento ed ero ansiosa di sperimentare con
lui la mia prima volta reale. Invece niente solo dolci carezze e sogni. Eppure ero
immensamente felice alla mattina nello svegliarmi accanto a lui, nel sentire la sua voce che mi
proponeva una passeggiata nella "foresta perduta". Arrivati in quel luogo ormai magico per noi,
non riuscii a non svelare il mio segreto. - Bellissimo! - disse lui con un ampio sorriso - Vuoi
ricostruire il tuo mondo dentro il mio! Questa veramente la prima idea sensata che sento
sull'argomento delle membrane fotosintetiche. OK voglio partecipare! - No dissi - non voglio
trascinarti nel vortice della gigantesca polemica che si scatener attorno alla mia relazione! -

Ma che ci importa della polemica! Il consiglio decide sempre in modo saggio e sicuramente
approver il tuo progetto. Chi meglio di te pu dire cosa fare della propria ricerca? - Emira
risposi io - Il suo progetto risponde fedelmente alla richiesta del bando mentre il mio pu
sembrare un'inutile tentativo di ricostruzione del piccolo mondo perduto da cui provengo. Senti! Da ci che mi hai spiegato del progetto della tua amica io ho capito che sicuramente
SpaceParck potrebbe trarre enormi vantaggi soprattutto a livello socioeconomico ma i costi e
i rischi mi sembrano un'incognita abbastanza pesante. Il tuo invece mi sembra sicuramente
molto meno costoso e soprattutto decisamente pi ambizioso. Se me lo permetterai
progetter la struttura portante della Nuova BioVenus, utilizzando gli ultimi ritrovati
dell'ingegneria dei polimeri a nervatura metallica e contemporaneamente presenteremo un
modello di integrazione tra le nostre strutture e le vostre membrane fotosintetiche filtranti.
- Era incredibile! Lui aveva una forza travolgente, nel giro di pochi minuti era riuscito a
convincermi della validit di quella che io in fondo ritenevo un'idea bizzarra da proporre quasi
per gioco. E non solo. aveva gi in mente un progetto concreto di come renderla realizzabile ed
appetibile per il consiglio. Mi sentivo protetta, capita ed appoggiata in tutto e per tutto, non
ero abituata a tanto benessere e in qualche modo volevo ricambiare. Mi lanciai in una proposta
decisamente audace: - Senti bello mio! sai cosa facciamo? Abbiamo solo cinque giorni per
trasformare la mia relazione nel tuo progetto - Come mio!?- Si tuo! Voglio che sia Herbert
Lorenz neo laureato in ingegneria delle strutture, a presentare questo straccio di idea al
consiglio! - Si ma- Niente ma! Ora se accetti ci chiudiamo in casa e sviluppiamo le nostre
idee e il nostro amore. Quel pomeriggio lo passammo tra il simm-stim e la vasca termale, e la
mia prima esperienza reale di sesso non fu molto diversa dai sogni virtuali, ci che cambiava
profondamente erano le emozioni del prima e del dopo, lo scambio di sguardi d'intesa le
morbide carezze sui capelli, sdraiati con le mani appoggiate alla console ancora umide dopo il
bagno, discutevamo allegramente delle nostre idee che sembravano nascere in profonda
sintonia, e come se fossero gi reali, si materializzavano nel buio dell'oloschermo, poi il tempo
passo senza distinzione. Era un fluire perfettamente armonico di istanti in cui tutte le nostre
aspirazioni sembravano realizzarsi senza il bench minimo sforzo, a stento l'intelligenza
artificiale a cui era collegato il simm-stimm riusciva a stare dietro alla nostra continua
eruzione di pensieri che come in un gioco, si trasformavano in idee e progetti ordinati e
facilmente leggibili. Quando il lavoro fu pronto ci accorgemmo che eravamo addirittura in
anticipo di un giorno. Allora volli far conoscere la mia amica a Herbert. Uscimmo finalmente
dal nostro nido e la trovammo circondata dal suo solito stuolo di collaboratori, serafica,
tranquilla e sorridente si present spontaneamente come la mia amica-mamma e si
complimento con me per aver abbandonato il lavoro dedicandomi a lui. A quel punto non potei
trattenermi dall'annunciare un po' a tutti la mia collaborazione al progetto di Herbert. Lo
stupore si dipinse sullo sguardo dei presenti: un ragazzino laureato in un campo non biologico
che improvvisamente voleva partecipare al concorso pi importante dopo lo sviluppo della
colonia di superficie, bah.. forse era solo il gioco di due neo innamorati. Tutti si dimostrarono
bonari e accondiscendenti ad eccezione di Emira che probabilmente aveva captato qualcosa dal
mio progressivo disinteressamento per il suo lavoro negli ultimi tempi. Volle sapere di cosa si
trattava e io con uno sguardo feci cenno a Herbert di provare ad illustrare il suo lavoro. Lui
subito a suo agio, come se conoscesse tutti da lunga data, cominci a descrivere la nostra idea.
Sembrava divertito nell'osservare le reazioni di quell'lite di compunti ricercatori che
nonostante un'iniziale disappunto, non potevano poi resistere al fascino della sua convinzione.
Quando uscimmo dalla stanza sotto braccio mi sentii il centro dell'attenzione e, con la coda

dell'occhio, osservai il nascere della scontata polemica senza pi preoccuparmi. Ora anche io
ero propensa a credere che il consiglio avrebbe approvato il nostro lavoro. Emira mi ferm un
attimo per complimentarsi e soprattutto per ricordarmi che se volevamo veramente
partecipare al concorso, avremmo dovuto sbrigare una serie di formalit che avrebbero
richiesto qualche ora di noiosissimo impegno. Non avemmo il tempo di rilassarci veramente,
nel giro di qualche ora ci trovammo completamente assorbiti dalla frenesia della gara che
stava per cominciare. Io mi sentivo come un crogiolo di emozioni ribollenti: non ero mai stata
coinvolta in una cosa che riguardasse un cos grande numero di persone e contemporaneamente
non avevo mai vissuto rapporto cos profondo con un solo individuo. Tutto mi sembrava troppo
grande eppure mi piaceva, mi riempiva di meraviglia. Quando il concorso ebbe inizio, Herbert
Lorenz era gi diventato una celebrit su SpaceParck, il fatto poi che fossimo amanti faceva
molto parlare i curiosi e sinceramente cominciava a darmi fastidio. Lui era entusiasta, passava
da un'intervista all'altra ripetendo sempre le stesse cose con i toni e i modi sempre adeguati
alle domande e alla personalit degli intervistatori . Sembrava nato per la notoriet. Alla sera
della vigilia dovemmo partecipare al grande banchetto, dove erano presenti tutte le autorit
del consiglio e rappresentanti dei grossi circuiti dei media. Io mi limitai ad assaggiare tutte le
delizie naturali che venivano man mano servite senza prendere parte alle conversazioni pseudo
colte che aleggiavano tra i commensali. Prima che tutto fosse finito, dissi a Herbert che ero
molto stanca e che preferivo andarmene a riposare. Lui, anche se un po' contrariato, sembr
volersi congedare per venire con me. Prevenendo il suo imbarazzo, gli dissi che se voleva,
poteva restare, che conoscevo la strada per rincasare e che l'avrei aspettato nella nostra
stanza dove dovevo finire di sbrigare gli ultimi dettagli burocratici. Fu molto compiaciuto della
mia decisione, mi diede un grande bacio che mi fece arrossire, e mi salut con uno dei suoi
accattivanti sorrisi. Una volta arrivata nella mia dimora, respirai profondamente, a lungo. Mi
mancava gi quello stato beato di placida solitudine a cui ero abituata dal nostro arrivo su
SpaceParck. Mi misi alla console e dopo una mezzora il simm-stimm mi comunico che il nostro
progetto era stato correttamente inserito nella lista di partecipazione del concorso. Mi
distesi nella vasca termale e tra il sonno, la veglia e i vapori sulfurei, cercai di far scorrere
davanti a me le immagini di quell'incredibile giornata. Ero entusiasta, eppure sentivo che
questo sconvolgente sentimento contrastava da qualche parte, gi nel profondo della mia
coscienza, con qualcosa di estremamente importante. Ero troppo stanca e i dubbi si sciolsero
in una tiepida estatica felicit. Herbert entr in silenzio, mi accorsi della sua presenza solo al
lieve contatto delle sue labbra sulla fronte. Come la principessa di un'antica fiaba, lo
abbracciai lo baciai, non volevo sentire parole ma solo il calore dei nostri corpi che sembravano
fondersi in un unico essere. Lui intu, non disse niente, mi sollev dalla vasca, mi adagi sul
letto e si distese accanto al mio corpo leggermente intirizzito dallo sbalzo di temperatura, mi
asciug delicatamente con un panno di lino idroponico poi tir su di noi la pelle di orso polare
che faceva da coperta. Ci addormentammo dolcemente sprofondando in un meraviglioso mondo
di sogni che sentivo di condividere con lui attraverso il battito perfettamente sincronizzato
dei nostri cuori. Ci svegliarono i purpurei colori dell'alba di superficie che entravano dalla
finestra intagliata di legno pregiato. Il Sole, tra le rade nubi, avrebbe inondato di calda luce la
ridente campagna che ci circondava. Mi sentivo ancora dentro un sogno ma ben presto il
fervore della prima giornata di concorso sarebbe riuscito a coinvolgermi. Tutto sembrava
muoversi intorno a noi, le normali attivit della colonia sembravano passate in secondo piano
rispetto all'importanza di quella che sembrava essere pi una competizione sportiva che un
concorso scientifico. Mia sembrava che ci fossero addirittura gli alibratori per le scommesse

clandestine. Chiesi a Herbert che prontamente conferm. Io allora chiesi cosa si doveva fare
per scommettere su di noi. Lui mi disse che non era il caso, che era un divertimento illegale
tollerato solo entro certi limiti. Io gli dissi che non mi importava, che per la prima volta nella
mia vita ero pronta a scommettere ogni mio credito uno a venti sul nostro progetto. Lui
sembr molto contento nel vedere questa mia determinazione e, senza pi obbiettare, mi
accompagn presso un piccolo ristorante che ospitava al suo interno un vociante capannello di
strani personaggi chini sulle console di antiquati simm-stimm. Vedendoci subito mi fecero
spazio, evidentemente ci avevano riconosciuti, io controllai il sistema di autorizzazione senza
farmi notare, poi feci la mia puntata sotto falso nome e me ne andai soddisfatta. Lui che aveva
seguito le mie mosse sorrise e mi chiese da dove derivava quella mia straordinaria abilit
nell'eludere il seppur rudimentale sistema di sicurezza. Io spiegai che su BioVenus spesso
eravamo abituati ad aggirare i sistemi che spesso proteggevano le scoperte scientifiche
crittografate a scopo di lucro, dalle economie di mercato di altre colonie meno altruiste della
nostra. Cos la regola era che i segreti erano solo per i fessi e che ci non andava affatto
contro la mia etica di ricercatrice. Dissi a Herbert che non mi volevo interessare
all'andamento del concorso e che avrei atteso l'esito in un posto il pi isolato possibile da
clamore della competizione. Lui mi disse che se volevo potevo trasferirmi in una remota
abitazione che apparteneva a suo padre, un piccolo delizioso cottage sulle rive del mare
equatoriale. Era dotato solo di un antiquatissimo simm-stimm che non si occupava del
funzionamento dei sistemi domestici ma che fungeva solo da semplice strumento di
telecomunicazione e che quindi poteva tranquillamente essere escluso. Accettai di buon grado
e alla sera mi ero gi trasferita. Lui mi disse che gli sarebbe piaciuto trascorrere le notti con
me e che altrimenti sicuramente non sarebbe riuscito ad addormentarsi. Alla fine della
settimana nella quale io mi ero abbandonata all'ascolto dei canti degli uccelli marini e
all'osservazione del loro maestoso volare, aspettando il rientro del mio amore, Herbert mi
annunci raggiante che avevamo vinto: ance se il consiglio aveva ci aveva dato un favore
leggermente pi basso rispetto al lavoro di Emira, la totalit la quasi totalit della colonia
aveva espresso pareri in nostro favore. Nuovamente sentivo che il mio interesse per tutto ci
che riguardava la vita sociale andava scemando. In fondo non vedevo l'ora di rinchiudermi
dentro il nostro nuovo laboratorio e speravo vivamente che Emira prendesse la direzione dei
lavori. Misi al corrente Herbert delle mie aspirazioni e lui per la prima volta mi sembr assai
perplesso nel sentire le mie parole. In fondo non mi volevo interessare alla sua parte del
progetto cio alla realizzazione della struttura e neanche alla selezione del gruppo di lavoro e
ad altri particolari tipo il nome che a lui sembravano importanti. Io gli spiegai che il mio unico
vero interesse a parte lui, era la Madre, quel vecchio e ormai quasi morto pianeta che aveva
ospitato per miliardi di anni lo sviluppo e l'inviluppo della pi incredibile forma di aggregazione
della materia che era la vita. Lui mi disse che anche se non era daccordo avrebbe fatto come
volevo io. Contatto Emira e la convinse ad accettare l'incarico. Poi si assunse a pieno ritmo la
direzione dei lavori di realizzazione e di collegamento della neonata colonia dentro la colonia a
cui fu dato il nome di EmbryoVenus. Durante tutto il periodo della costruzione io mi tenni in
disparte nel mio nuovo meraviglioso eremo marino. Era bellissimo per me fare la parte della
casalinga, cucinavo deliziose cenette che consumavamo quasi sempre sulla terrazza vista mare
a lume di candela, mi occupavo della scelta degli abiti del mio Herbert e segretamente,
tramite il vecchio stimm-simm mi ero messa in comunicazione con i monaci di Fushiama. Una
mattina, dopo una delle nostri folli notti d'amore mi disse di aver sognato di avere da me un
figlio naturale e aggiunse che era il pi bello dei suoi sogni.

EMBRYOVENUS
Ormai mancavano pochi giorni al completamento di EmbryoVenus, Herbert era
indaffaratissimo, da qualche tempo mi recavo con lui per ammirare la meraviglia delle sue
strutture che crescevano a vista d'occhio. Anche Emira era quasi sempre al cantiere e
disponeva in modo che tutto fosse come sulla nostra vecchia colonia. Un giorno volle
presentarmi i membri scelti per formare il team di ricerca e io notai che aveva curato persino
la somiglianza con il defunto personale del nostro laboratorio. Era incredibile, mi sembrava di
fare un tuffo nel passato eppure sentivo che oramai era tutto diverso. Quando tornammo nel
cottage dissi a Herbert che io non potevo avere figli. Che su BioBenus venivamo tutti generati
sterili e che quindi non avrei potuto dargli ci che sognava. Avremmo comunque potuto avere
un figlio dalla riproduzione combinata dei nostri genomi. Lui si incup ma subito dopo mi sorrise
e disse che in fondo era solo un sogno e che probabilmente l'essere padre gli avrebbe reso la
vita troppo difficile. Ma da quel giorno niente fu pi lo stesso: Io cominciai a dedicarmi allo
sviluppo delle nuove membrane fotosintetiche e della loro interazione in ambiente terrestre. I
monaci di Fujhiama mi fornirono tutti i dati necessari. Erano increduli ma comunque speranzosi
di rivedere un giorno il ripopolarsi della Madre. Li sulla terra, a parte qualche banda di
disperati che viveva di espedienti e di rifiuti sulle poche aree non sommerse, non erano
rimasti che loro. Unica comunit autosufficiente che manteneva il contatto con le colonie.
Herbert si godeva un meritato riposo che utilizzava dedicandosi a lunghe passeggiate sulla
riva del mare equatoriale. Ogni tanto, quando tornavo a casa mi preparava succulente

cenette a base di pesce fresco da lui pescato sperimentando qualche antico congegno
marinaresco. Era bellissimo! Abbronzato e sempre pi biondo con quei suoi profondi occhi
verde mare. Io gli raccontavo dei nostri progressi ma a lui sembrava interessare solo il giorno
in cui avremmo potuto sperimentare la prima biobolla sulla Madre. In fondo nelle nostre
simulazioni nell'oceano di luce, accuratamente trasformato in comparti stagni ad alto tasso di
inquinamento, vedeva solo un possibile pericolo per l'equilibrio della sua amata colonia. La
notoriet e il prestigio acquisite con la vincita del concorso sembravano non interessagli pi.
Io sentivo il suo progressivo allontanarsi da me. Sembrava che non fosse cambiato niente,
eppure notavo il decrescere delle volte in cui il nostro fare all'amore ci portasse in quelle
dimensioni privilegiate dei primi tempi. Emira mi aveva assicurato che era assolutamente
normale e che comunque non era detto che l'amore durasse in eterno. Io comunque non volevo
neanche provare a pensare a una vita senza di lui. Ma ecco che il grande giorno arriv: la prima
biobolla autosufficiente in grado di filtrare tutte le sostanze necessarie al procedimento
fotosintetico dal mare inquinato della terra era pronta. Dotata di una piccola pila a
microfusione era in grado di funzionare anche in totale assenza di luce solare. Aveva a bordo
uno spazio adatto a contenere una famiglia, e un sofisticato simm-stimm a stimolazione REM.
Era bellissima e presto sarebbe stata installata sulla Madre. In quel piccolo ambiente da
sogno, ogni desiderio umano generava una sequenza di ordini per il sistema, che controllava
tutti i passaggi biochimici ed energetici per soddisfare le richieste. Si poteva far produrre
alle membrane fotosintetiche, ogni genere di alimento o bevanda, incluse le sostanze atte solo
a portare piacere. Ovviamente ogni abuso veniva preventivamente segnalato e volendo si
poteva inserire nella programmazione, un algoritmo automatico per correggere il desiderio
esagerato dell'essere umano. Questo per ora era solamente in fase di studio. Herbert
cominci ad interessarsi ai risultati di quell'interminabile serie di esperimenti, volle da me
tutta la documentazione sul funzionamento della biobolla terrestre. Io fui lieta di fornirgliela
e lui si chiuse per giorni davanti al simm-stimm per analizzarla e studiarla nei dettagli. Alla
fine usci con una delle sue fulminanti ed irresistibili proposte: - Penso che i primi ad usufruire
di tale meraviglia dovremmo essere noi due. Ho dato un'occhiata al sistema di riproduzione
combinata dei genomi e sinceramente da quanto ho capito pu praticamente essere usato come
uno shecker e quindi si pu, se si vuole, dar origine a un figlio pseudo naturale. E il bello che
si pu scegliere il momento che si desidera. Complimenti! Avete creato una genesi
assolutamente meravigliosa. - Io ero divertita da tanto stupore per una cosa che su BioVenus
era una pressi usuale. La gente di SpaceParck normalmente era troppo romantica per
interessarsi alla neo ingegneria genetica umana (assoluta necessit su quasi tutte le colonie)
ormai avevo capito che non si trattava di una posizione semplicemente snob. Non mi sarei mai
aspettata che Herbert fosse disposto ad abbandonare SpaceParck, specialmente ora che
aveva tutte le carte in regola per mettere a frutto il suo smisurato talento. Ne parlammo per
qualche settimana durante i preparativi e le ultime verifiche. Capii ben presto che
probabilmente era meglio assecondare il suo desiderio, proprio come le nostre membrane. Per
quel che riguardava l'ubicazione io insistevo sul lago di Fushijama ma alla fine, per ovvi motivi
di scarsa rappresentativit del test, fu scelto un settore dell'oceano pacifico a est del
vulcano. Il consiglio mise a disposizione una delle pi rappresentative astronavi della flotta di
SpaceParck; era una di quelle immense navicelle a microfusione interna nata per il trasporto
merci e adattata in seguito ad uso passeggeri. Erano decenni che le merci venivano scambiate
tra le colonie su vascelli completamente automatici. Si era cosi risolto il problema delle scorte
di ossigeno e cibo necessarie al sostentamento di personale umano. In oltre le flotte

disponevano di navi progettate appositamente per il trasporto di ogni particolare. Era per
esempio inutile far viaggiare minerali in ambiente pressurizzato, e a temperatura biologica.
L'umanit ormai si era abituata ai viaggi nel sistema solare, anche a quelli che duravano
parecchi mesi. Si era deciso di far viaggiare la nostra biobolla gi attiva e "accompagnata" da
una parte del team di EmbryoVenus che, in questo modo, avrebbe avuto l'occasione di
sperimentare il comportamento delle strutture e delle membrane, in condizioni particolari di
accelerazione e gravit. Tutto fu studiato in modo da rendere il pi razionale possibile il
trasporto per preparare la strada al prevedibile sviluppo che avrebbe avuto la produzione su
larga scala delle nostre biobolle. La nostra futura casa terrestre venne sistemata sul ponte
esterno dell'astronave. Appena abbandonata l'atmosfera di SpaceParck, lanciati a una grande
velocit dai motori inerziali della nave, avremmo percorso l'arco di ellisse che ci separava
dalla Madre in soli due giorni. Giunti nei pressi del campo gravitazionale terrestre, la sfera
sarebbe stata sganciata dalla nave, attivato il campo di forze attorno alla biobolla per
proteggerci dall'impatto con l'atmosfera del pianeta, saremmo ammarati dolcemente nel
punto prestabilito per il nostro collocamento. Tutto semplicissimo e veloce, io ed Herbert
decidemmo di viaggiare direttamente all'interno della biobolla in modo da vivere le varie fasi
del trasporto come i futuri ripopolatori della Madre. Ci sentivamo come i pionieri di una nuova
era e questo ci riempiva di entusiasmo. Per il giorno della partenza, evitammo il clamore e il
consiglio si limit a mandare allo spazioporto una delegazione per le formalit e i saluti. Emira
ci avrebbe raggiunti con la spedizione successiva ma per ora lei sarebbe rimasta a dirigere i
lavori di EmbryoVenus e quindi dovevamo lasciarci. Non ci furono lacrime, solo sorrisi e auguri.

Il trasporto fu un po' il nostro breve "viaggio di nozze". Entrambi sistemati dentro la biobolla
dovevamo anzitutto sperimentarne tutti i comfort, dal simm-stimm a stimolazione REM alle
abbondanti disponibilit alimentari, frutto di tutto il periodo di prova nei vari ambienti su
SpaceParck. Fu un'esperienza indimenticabile: Due giorni e tre notti trascorsi nei pi sfrenati
e leggiadri piaceri che un uomo e una donna possano inventarsi, come contorno lo spettacolo
spaziale della terra in avvicinamento. Poi il grande brivido al momento dell'impatto con
l'atmosfera, sganciarsi dall'astronave fu un po' come rinascere, alla folle velocit di 150 mila
chilometri all'ora ecco che, come piccole stelle dalla breve durata, si cominciano a vedere le
particelle dei gas rarefatti dello strato pi alto dell'atmosfera che si infrangono contro il
campo di forze che protegge la nostra dimora, man mano che scendiamo di quota i bagliori
aumentano fino ad avvolgerci per qualche istante, in un irreale palla di candida luce. Al
diminuire della velocit il fenomeno svanisce e noi abbiamo finalmente il tempo di concentrarci
sull'oloschermo del simm-stimm dove il viso del capitano della nave, sorridendo ci invita a fare
rapporto sul andamento della delicata fase di sgancio e di entrata nell'atmosfera terrestre. Tutto bene, anzi a meraviglia! - Disse Herbert con voce entusiasta - Io stavo preparando una
sintesi dei dati rilevati dai sensori interni ed esterni alla bolla e chiesi al simm-stimm di
mettermi in contatto con Emira. Comunicare con lei mi riport la calma di sempre,
l'eccitazione di quella che era la prima avventura reale della mia vita, lasciava spazio alla
soddisfazione per i brillanti risultati raggiunti dal lavoro del team. Mi congratulai con tutti e
cominciai a prepararmi per l'ultimo e definitivo brivido che ancora ci aspettava. Era una
grande emozione: Attraverso il tumultuoso strato di plumbee nubi che ci avvolgeva da qualche
ora, si cominciavano ad intravedere spiragli di mare che come un triste manto copriva le
sagome di quelli che erano stati i cinque continenti della Madre.

LA MADRE
Solo qualche cima innevata faceva capolino dall'immensit degli oceani. Scendevamo
rapidamente e man mano che la superficie si avvicinava, la velocit veniva ridotta da una spinta
inerziale contraria prodotta dal sistema di campi di forze generato dalla nostra pila a
microfusione. Ci stavamo muovendo su una traiettoria da ovest a est lungo un parallelo a met
tra l'equatore e il polo nord. Passammo sopra gli immensi rilievi Himalayani dove riuscimmo, a
distinguere ancora qualche traccia di vegetazione ai piedi delle cime ghiacciate, poi ecco la
macchia azzurra circondata d'oro ocra del lago nel cratere di Fujihama, eravamo molto vicini
al punto in cui saremmo ammarati, la velocit continuava a diminuire e ora si cominciavano a
distinguere le gigantesche e spumeggianti onde della superficie dell'oceano. Le membrane
della biobolla si erano opacizzate dall'umidit, il campo di forza protettivo si era disattivato.
Era l'inizio del vero collaudo! Stavamo per adagiarci sulla superficie dell'oceano. Nonostante
le onde e il vento, all'interno si avvertivano solamente qualche lieve scossa, si era attivato
automaticamente il campo di gravit che avrebbe guidato la nostra immersione nel tetro
abisso di quel mare morto. Herbert al simm-stimm stava controllando l'andamento della
struttura della bolla che in quelle ultime ore aveva reagito positivamente ad ogni tipo di
sollecitazione. Sembrava soddisfatto anche se decisamente ammutolito. Io cinsi un braccio
attorno al suo collo e gli dissi: - Ben venuto nella nuova era di riconquista della Terra Madre. Lui sussult poi sorrise e mi disse che sarebbe stato tranquillo solo quando la nostra casa si
fosse ancorata allo sperone di roccia scelto su SpaceParck per il nostro definitivo
collocamento. Sull'oloschermo si vedevamo i volti entusiasti di Emira e Grascovsky che
brindavano allegramente al nostro successo. Chiesero un contatto in olopresenza e noi ne
fummo molto lieti. Dopo qualche istante ecco che i nostri amici sembravano proprio tra di noi.
La biobolla si stava posizionando sul costone roccioso e noi potevamo seguire tutte le fasi nel
dettaglio dall'oloschemo. L'intelligenza artificiale che di cui era stata dotata la biobolla , era
dell'ultima generazione e sembrava funzionare a meraviglia. Tutte le manovre si erano svolte
senza il bench minimo intervento di correzione. Il nostro salotto dur una manciata di minuti
e in un momento in cui Grascovsky ed Herbert erano impegnati in una dissertazione
squisitamente tecnica sulla tenuta delle strutture nel tempo, Emira mi comunic in gran
segreto di aver convinto Grascovsky a farsi autoclonare e a trasferirsi con lei sulla Madre. Io
curiosa, le chiesi subito se tra loro ci fosse altro oltre il lavoro e capii dai suoi languidi sguardi
che SpacePark aveva dato un compagno anche a lei. L'olopresenza era finita e i nostri discorsi
ripresero in forma privata attraverso il simm-stimm. I primi tempi di permanenza sulla Madre
trascorsero dolcemente nella nostra intimit. Mantenevamo intensi scambi di comunicazioni
soprattutto con SpaceParck e anche con i monaci di Fusijhama. Questi ultimi si rivolgevano a
noi sempre con grande reverenza, sembrava impossibile che nessuno fosse preoccupato per la
portata storica del nostro esperimento. Un giorno ci comunicarono che il loro consiglio aveva
deciso di invitarci al tempio perch gli anziani pensavano fosse utile uno scambio di idee. A noi
sembr ridicolo, non potevano semplicemente richiedere la nostra olopresenza? Herbert
all'inizio ne fu abbastanza contrariato, non sopportava che qualcuno osasse violare la nostra
idilliaca privacy. Io invece ero molto curiosa di vedere fisicamente il mitico lago nel cratere,
unico baluardo che manteneva una continuit materiale con il nostro passato. Ci avevano detto
che sarebbero venuti a prenderci con un idrocottero quando lo avremmo ritenuto opportuno.
Herbert mi disse da subito che lui non avrebbe assolutamente abbandonato la biobolla e che
se io ritenevo utile questo ridicolo approccio avrei dovuto andarci sola. Io acconsentii senza

dare molta importanza alla cosa. Comunicai ai monaci la mia assoluta disponibilit e aggiunsi
che il mio compagno non avrebbe potuto muoversi per parecchio tempo perch impegnato in
una serie di aggiustamenti della struttura che richiedevano la sua competenza. Shakuro
Zihyen, guida spirituale dei monaci di Fusijhama mi rispose in modo un po' meno formale del
solito congratulandosi per la rapidit delle nostre decisioni e aggiunse che al calar del sole
sarebbe stato esattamente sopra di noi. Io un po' impaurita risposi che non sapevo come avrei
dovuto vestirmi per affrontare l'ambiente esterno (non era vero ma mi sarebbe piaciuto
presentarmi ai monaci in veste a loro usuale). Shakuro mi rassicur dicendomi che a Fusijhama
avrei potuto scegliere tra una vasta gamma di indumenti, e comunque che tra loro non era
abitudine dare importanza all'aspetto esteriore. Quando l'idrocottero si avvicino fu rilevato
dai sensori della biobolla e il simm-stimm segnalo la sua presenza come avvertimento di
pericolo. Subito spiegai all'IA che si trattava di umani amici e impartii gli ordini per inviare un
messaggio di accoglienza. I contatti furono brevissimi: Shakuro spieg al nostro sistema ci
che avrebbe dovuto fare per rendere pi agevole possibile il mio passaggio all'idrocottero.
Sull'oloschermo apparvero le istruzioni per l'uso della tuta protettiva che era stata
predisposta per me. Mi veniva da ridere a vedere tanta sintetica e preoccupata seriet per
una manovra che era poco pi difficile dell'infilarsi un vestito. Non feci altro che indossare la
tuta e recarmi nei pressi di uno dei portelli superiori della biobolla. Il portello si apri a un
comparto stagno, si richiuse e subito dopo si apri il portello pi esterno, pensai che avremmo
dovuto perfezionare l'accesso alle biobolle, qualche istante dopo sentii che stavo salendo
verso la superficie. La temperatura e la pressione erano state mantenute costanti dalla tuta
ma in qualche modo riuscivo a percepire un forte senso di salita e di frenetica attesa per i
momenti a seguire. Emersi sdraiata con lo sguardo alle nubi livide dei raggi di sole al tramonto.
Era un'immagine da sogno eppure si trattava della realt da cui tutti erano fuggiti. Subito vidi
tra gli spruzzi e le onde, la minacciosa sagoma dell'idrocottero che rapidamente invi in mia
direzione un crepitante campo gravitazionale percepibile come un alone giallastro che mi
avvolse e mi sollev come una piuma di scricciolo, verso quell'inquietante macchina volante.
Giunta a bordo Shakuro mi saluto con un ampio e compiaciuto sorriso. Era in tenuta da volo,
con un'antica uniforme da guerra che mi ricordava le olovisioni dell'inizio della fine. A quel
punto mi ricordai di essere completamente nuda, impacchettata in una sottile membrana
assolutamente trasparente. Mi venne da ridere nel notare come Shakuro fosse imbarazzato
da tale situazione. Mi disse che se volevo potevo indossare un'uniforme simile alla sua che si
era portato apposta. Io aprii i sigilli della tuta e dissi che ero daccordo, lui mi indic un
piccolo antico baule nel retro dell'abitacolo. Tornai da lui agghindata da soldato ante-disastro
gli sorrisi e mi presentai con una vigorosa stretta di mano, come avevo visto fare in antichi
documenti. Lui, finalmente a suo agio, mi spieg che dovevamo fare in fretta a tornare al
tempio se non volevamo incorrere nel divertimento fuori programma, dell'impeto di una
tempesta oceanica. Mi disse che comunque non c'era da preoccuparsi, che era molto raro il
caso in cui un idrocottero come il suo fosse stato distrutto da una tempesta e che comunque
eravamo quasi arrivati. Con gli ultimi bagliori del tramonto, potemmo intravedere in
controluce, la sagoma imponente di quello che fu il pi grande vulcano terrestre. Shakuro
port pi in alto il velivolo e giunti a perpendicolo sopra il cratere, avvistammo finalmente le
luci del tempio. Atterrammo in verticale sulla cima della guglia principale della struttura. Mi
disse che aveva scelto quel punto per permettermi di ammirare la meravigliosa fluorescenza
del lago. Io ero attonita, non riuscivo a formulare ne frasi ne pensieri, la forza di quelle
immagini andava oltre ogni mia abituale immaginazione. Ero finalmente al cospetto della Madre

e non nel placido profondo abbraccio delle sue acque ma sull'ultimo lembo di superficie, una
volta, regno della mia ingrata specie. Mi inginocchiai come per chiedere perdono e notai al
tatto, che la struttura che mi ospitava, era di pietra! Non di materiale sintetico creato
dall'uomo! Ma di roccia antica probabilmente formatasi dentro il cratere di quel gigantesco
vulcano. Ero pervasa da un mistico rinascere e non riuscivo a smettere di accarezzare il
pavimento. Shakuro fu sorpreso dalla mia reazione e mi chiese se mi sentivo male. Io a fatica
riuscii a rispondere che avrei gradito rimanere un po' in quel luogo sacro a contemplare i resti
di quell'irripetibile meraviglioso crogiolo di vita. Alle mie parole lui se ne and; torn dopo un
momento con un ricco tappeto, lo srotolo e mi disse di accomodarmi, era uno di quei tessuti di
fibre naturali che mille volte avevo visto riprodotti ma che mai avevo avuto l'onore di
apprezzare in originale. Accettai l'offerta con un sorriso e gli proposi di sedersi accanto a me
e di raccontarmi qualcosa della sua inconsueta comunit. Mentre lo ascoltavo notavo lo stupore
del suo sguardo e non riuscivo a capire da cosa fosse generato, mi feci coraggio, lo interruppi
e glie lo domandai, lui mi chiese perdono e disse che non riusciva a distogliere gli occhi dai miei
capelli. - Non ne avevo mai visti di cosi lunghi e lucenti - Perch non provi ad accarezzarli!
Forse mi aiuterai a riprendermi dallo shock - Lui incredulo accetto e mi sfior delicatamente il
capo con mano tremante, come se stesse infrangendo un atavico tab. Io non potei non notate
la totale assenza di capigliatura del mio interlocutore e, ripensandoci mi ricordai che tra di
loro nessuno usava portare i capelli. Mi fu poi spiegato che da qualche secolo si era deciso che
i monaci di Fujihama nascessero privi di capigliatura e che il loro genoma era stato modificato
in tal senso. Ero curiosa di sapere il perch ma non lo chiesi, per timore di mettere a disagio
Shakuro che gi durante le ultime ore si era trovato pi volte imbarazzato dai miei strani
atteggiamenti. Lui poi mi spieg che era un segno di riconoscimento per gli antichi padri Zen
dai quali loro discendevano e che il renderlo genetico, facilitava le loro abitudini. Era tutto
cosi incredibilmente affascinante.
Shakuro mi aveva comunicato che
l'intero consiglio dei monaci, ci stava
aspettando per cena e io fui
finalmente lieta di dirgli che ero
pronta. In effetti le carezze, le
parole, e il suo aspetto diventato ora
pi amichevole mi distolsero dal
profondo turbamento sopraggiunto al
mio metter piede sulla Terra. Ora
potevo affrontare le interminabili
sequenze di domande che sicuramente
mi aspettavano. Non fu come io
pensavo: i monaci si limitarono a
qualche domanda superficiale e pi
che altro si prodigarono in spiegazioni
sui cibi che venivano serviti e sul
legame con le antiche tradizioni del
monastero. Capii subito che la fretta
anche in questo posto era stata
bandita e che probabilmente,

come gi mi era successo su SpaceParck, sarebbe stato impossibile risolvere le discussioni in


tempi brevi. Shakuro era tornato l'impassibile figura che avevo conosciuto in olopresenza ma
ormai sapevo che dietro quelle sobrie vesti e sguardi misurati, si celavano cuori pieni di voglia
di cambiare, animi assopiti in attesa della rinascita. Probabilmente io ero considerata una
specie di simbolo di questo inevitabile agognato divenire. Dopo cena chiesi di essere
accompagnata per una breve visito notturna agli spazzi interni del tempio. Shakuro con un
semplice sguardo scelse tra i giovani la mia guida. Era un ragazzo esile che sembrava perdersi
dentro l'ampio kimono cremisi. Rispose con un pacato sorriso che comunque si riflesse su
tutto il volto illuminandone i profondi occhi neri. Qui tutti sembravano particolarmente
entusiasti della mia presenza. Dopo il primo approccio con Shakuro, avevo raccolto
accuratamente i capelli sotto il berretto dell'uniforme che avevo deciso di tenere fino
all'indomani. Mi disse che la regola gli impediva di comunicarmi il suo nome e si present
semplicemente come "il ventisettesimo figlio del sole che nasce" io ascoltavo senza fare
domande le ricche spiegazioni riguardo ai vari ambienti che attraversavamo, finch,
sopraffatta dalla stanchezza chiesi di essere accompagnata al mio alloggio. Era una piccola
stanza di pietra ocra con un'ampia finestra ora parzialmente schermata. In un angolo era
sistemato un pregevole simm-stimm a controllo manuale che sicuramente mi avrebbe permesso
di comunicare. Feci lo sforzo di collegarmi e mandai a Herbert un breve messaggio remoto in
cui mi scusavo per il lungo intervallo di tempo trascorso senza mie notizie. Poi notai il
meraviglioso giaciglio trapuntato di seta antica, mi ci sdraiai vestita e mi addormentai
all'istante. Nei giorni seguenti, Shakuro mi fece visitare tutta larea del tempio delle scienze,
le pendici del cratere finemente coltivate, le culture idroponiche e le ricche riserve biologiche
che sinceramente potevano far invidia persino allavanzatissimo bioarchivio di SpaceParck. Poi
cominci lesposizione dei progetti sulluso delle biobolle nel lago di Fujihama. Non cera niente
di particolarmente eccitante nelle sperimentazioni proposte dai monaci ma la cosa che mi
lasci decisamente perplessa furono le domande relative al posizionamento semisommerso
delle sfere abitabili in modo da permettere la visione del mondo esterno. Io tentai di spiegare
che le nostre biobolle erano dotate di un sofisticato sistema di intelligenza artificiale e di
sensori che permettevano unampia visione dellesterno anche tramite lo simm-stimm a
stimolazione REM.

Potrebbero piacerti anche