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LA CRISTALLOGRAFIA
Introduzione
Negli ultimi 20 anni i contributi pi rilevanti al settore della biologia strutturale
sono derivati da una parte dal sequenziamento del genoma umano e dallaltra
dalla risoluzione della struttura tridimensionale di migliaia di macromolecole
proteiche. Questultimo rappresenta il contributo derivante dal notevole
sviluppo che ha interessato le tecniche per lottenimento dei cristalli proteici, le
sorgenti ed i rivelatori di raggi X, i quali forniscono informazioni anche sui
cristalli proteici delle dimensioni di qualche micron.
In figura 1 rappresentato il numero di strutture tridimensionali di proteine
disponibili in funzione del tempo. Fino agli anni 80 era nota solamente la
struttura tridimensionale di una decina di proteine, che sono diventate un
centinaio alla fine degli anni 80-inizi 90. Dagli anni 90 il numero di strutture
tridimensionali disponibili ha cominciato a crescere in maniera esponenziale ed
oggi nel Protein Data Bank, la banca dati che contiene queste strutture, sono
presenti circa 50,000 proteine.
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Esistono teorie molto articolate che spiegano la maggior parte dei fenomeni che
regolano il comportamento delle proteine in soluzione, ma la teoria di DebyeHuckel, valida per le sostanze inorganiche ed anche per le piccole molecole organiche,
ad essere quella pi semplice ed in grado di fornire delle indicazioni su come
procedere per cristallizzare una proteina. Aumentando la concentrazione di un
elettrolita nella soluzione acquosa in cui si vuole far cristallizzare la proteina, si forma
intorno ad ogni specie carica (sia ionica che proteica) unatmosfera di ioni di carica
opposta. Leffetto di tale atmosfera ionica diverso a seconda della concentrazione
dellelettrolita, ovvero della forza ionica della soluzione, che data dallespressione:
= cjzj2
dove cj la concentrazione dello ione j-mo nella soluzione e zj la sua carica.
Quando la concentrazione dellelettrolita bassa, leffetto dellatmosfera ionica
quello di aumentare la solubilit della proteina, in quanto le interazioni con le
molecole di acqua divengono pi favorevoli (effetto di salting in). Quando la forza
ionica supera un certo valore massimo si ha la competizione fra elettrolita e proteina
per le molecole di acqua; dunque la proteina avr meno solvente a disposizione e la
sua solubilit tender a diminuire (effetto di salting out); in questo caso pu
avvenire la cristallizzazione.
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Esistono diverse varianti del metodo del pending drop, ma in tutte lo scambio
di acqua comunque molto lento ed avviene in fase vapore. A volte vengono
inserite nella goccia dei microcristalli ottenuti con altre procedure che possono
funzionare da centri di nucleazione per la formazione di un cristallo pi
grande.
Tuttavia, ad oggi, le dimensioni del cristallo sono parzialmente limitanti, in
quanto lutilizzo di sorgenti di raggi X sempre pi intense e di rivelatori sempre
pi sensibili permette di lavorare anche con cristalli dellordine di alcuni
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con
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degli enzimi allo stato cristallino identica a quella degli enzimi in soluzione,
una volta corretta per la velocit di diffusione del substrato allinterno del
cristallo. La presenza di un numero relativamente basso di interazioni
intermolecolari fa si che i cristalli proteici siano estremamente fragili, infatti
lenegia che stabilizza il reticolo di un cristallo proteico dellordine di alcune
kcal/mol.
La diffrazione di raggi X da parte di un cristallo
Le varie tecniche di cristallizzazione permettono di ottenere cristalli da
sottoporre a studi di diffrazione di raggi X per acquisire informazioni sulla
struttura tridimensionale della proteina in esame. La comprensione della
struttura 3D di una proteina consente di decifrare i meccanismi della sua
funzione biologica, che strettamente connessa alla disposizione nello spazio
dei gruppi di atomi. La diffrazione ai raggi X su singolo cristallo rende
possibile determinare la struttura di una proteina; essa richiede lutilizzo di
cristalli di adeguate dimensioni (>50-100 m) ad elevato potere diffrangente.
Attualmente, un enorme numero di strutture proteiche, determinate grazie
allanalisi di diffrazione ai raggi X, sono presenti nel Protein Data Bank
(PDB).
In figura 9 sono rappresentate le onde elettromagnetiche in funzione della loro
lunghezze donda, dalle radio e micro onde, fino allultravioletto ed i raggi X,
passando da infrarosso e visibile.
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Dalla misura della spaziatura del reticolo reciproco del pattern prodotto dalla
diffrazione di un cristallo con una radiazione a lunghezza nota, possibile
ricavare le dimensione del reticolo nello spazio reale.
Linformazione strutturale sul contenuto della cella unitaria contenuta nelle
intensit delle singole riflessioni a cui hanno contribuito tutti gli atomi presenti
nella macromolecola. Infatti sono gli elettroni, che si trovano allinterno della
macromolecola, a dare luogo al fenomeno della diffrazione e leffetto sar tanto
pi evidente per atomi pesanti, ovvero contenenti un elevato numero di
elettroni. Le molecole proteiche sono costituite principalmente da atomi di
azoto, carbonio, ossigeno oltre che da idrogeni, ovvero da atomi
essenzialmente leggeri.
Lintensit dellonda diffratta correlata allintensit dellonda incidente ed al
fattore di scattering atomico tramite la seguente relazione
I= I0 K F 3 Vcri/Vcu
dove F il fattore di scattering e Vcri e Vcu rappresentano rispettivamente il
volume del cristallo ed il volume della cella unitaria. Dalla suddetta relazione
si evince che lintensit del pattern di diffrazione, nel caso di un cristallo
proteico, non pu essere particolarmente intensa a causa di una serie di fattori
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a)
la sostituzione isomorfa
molecular replacement
la dispersione anomala a varie lunghezze donda
Figura 18. Dipendenza della qualit delloggetto ricostruito dal numero di riflessioni
analizzate.
Esiste dunque una correlazione diretta tra la qualit del modello ed il numero
di riflessioni analizzate.
I cristallografi stabiliscono che una struttura risolta ad esempio a 3, 2 , o a
2.5 di risoluzione. Nel primo caso lerrore medio associato alle coordinate
atomiche di 0.4 , mentre per risoluzioni di valore superiore a 2 , lerrore si
riduce a 0.1 . In dettaglio, quando una struttura risolta a 2 gli atomi che si
trovano ad una distanza di 2 possono essere riconosciuti nella mappa di
densit elettronica.
Il modello viene infatti ricostruito valutando la densit elettronica
(elettroni/volume) in ogni punto della cella elementare, partendo dalla
conoscenza delle ampiezzze e delle fasi delle onde diffratte. I valori di densit
saranno molto alti in corrispondenza degli atomi presenti nella macromolecola,
e molto bassi in corrispondenza del solvente che la circonda. Tali valori
vengono raffigurati attraverso isosuperfici che collegano punti che hanno la
medesima densit elettronica. Scegliendo opportuni valori di soglia possibile
evidenziare le posizioni atomiche (Fig. 19).
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