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Tarcisio Bertone, intervista sul dialogo tra Chiesa e Stato dopo

la visita a Cuba
Intervista al cardinale Tarcisio Bertone dopo il suo viaggio a Cuba e lincontro col presidente
Castro. Lascio nelle mani della conferenza episcopale le istanze da portare avanti nel dialogo
bilaterale e nell'impegno comune per lo sviluppo e per il bene del popolo di Cuba, un popolo che
Dio ama e che la Chiesa ama.

Brani dellintervista rilasciata dal cardinale Tarcisio Bertone a LOsservatore Romano e alla
Radio Vaticana e apparsa su LOsservatore Romano il 1 marzo 2008
I suoi discorsi sono stati molto dettagliati nel descrivere la crescita pastorale della Chiesa cubana.
Che cosa ha constatato che sia avvenuto a Cuba e nella sua Chiesa nei dieci anni seguiti alla visita
di Giovanni Paolo II?
Sono convinto che la Chiesa si esprima attraverso tutte le realt che sono comuni a una societ viva.
Si esprime attraverso le celebrazioni liturgiche vere e proprie, si esprime attraverso gruppi di
formazione, si esprime attraverso l'azione socio-assistenziale, si esprime anche attraverso
l'organizzazione di attivit, iniziative, convegni, pellegrinaggi.
L'arcivescovo di Santiago di Cuba mi riferiva che ogni anno circa mezzo milione di persone vanno
in pellegrinaggio al santuario della Madonna della Caridad del Cobre. Ho visto la crescita di questi
segni di una Chiesa viva. Poi ci sono i mezzi di comunicazione sociale; c' un bollettino "Vida
cristiana" distribuito in circa sessantamila copie. una piccola cosa, ma ci sono altre riviste, corsi di
formazione, centri di spiritualit, che nel fine settimana sono pieni di gruppi.
Vedo i segni positivi di una Chiesa "normale" come in tanti altri Paesi, certo con talune limitazioni
per ora. Sono segni che documentano uno sviluppo positivo di Chiesa. Le risorse sono pochissime,
lo Stato aiuta il restauro di antiche chiese, di antichi centri, con grande difficolt, perch le risorse
economiche e organizzative della Chiesa sono quelle di una Chiesa povera, in un Paese che
povero. Provvidenzialmente la Chiesa riceve aiuti dall'esterno, da altre Chiese che sono
gemellate con le diocesi e i piccoli centri a Cuba.
C' anche il problema dell'ingresso a Cuba di nuovi religiosi e religiose, e di sacerdoti in aiuto alla
Chiesa. Ma anche questa fase della concessione dei permessi va evolvendosi; l'ho sperimentato io

stesso come arcivescovo di Genova quando ho favorito l'andata a Cuba di due sacerdoti liguri e di
tre suore brignoline di Roma.
Ho potuto constatare anche un certo aumento di vocazioni sacerdotali e vocazioni religiose. Ho
visto novizie, aspiranti di congregazioni religiose femminili, nuovi sacerdoti, due di essi sono nuovi
salesiani cubani. Questi sono segni belli.
Ora che Cuba lontana, il suo bilancio della visita pastorale risponde agli auspici della vigilia?
Direi che ha superato le attese, considerando la situazione come viene presentata dai media o da
come vista dall'esterno anche in certi ambiti ecclesiali. Avevo per questo non dico un certo timore,
ma mi proponevo certe mete, pur con fiducia nella grazia di Dio che opera incessantemente, ma
anche con qualche incertezza sui risultati. Ripeto: i risultati sono stati molto superiori alle attese in
ci che ho visto della vitalit della Chiesa cubana in tutte le sue componenti e nelle sue iniziative.
Fra l'altro ho incontrato una religiosa salesiana che nel mese di ottobre compier cento anni, dei
quali settantotto passati a Cuba. Per questo Paese si pu dire che ha dato la vita, e questo dono non
pu essere inefficace, perch il Signore sa trarre frutti dai semi piantati anche quando noi
dormiamo! Se Dio trae figli di Dio anche dalle pietre, tanto pi dai sacrifici di coloro che si sono
consacrati per il bene di questo popolo.
Ho detto sia al presidente, sia alle autorit cubane che lascio nelle mani della conferenza episcopale
le istanze da portare avanti nel dialogo bilaterale e nell'impegno comune per lo sviluppo e per il
bene del popolo di Cuba, un popolo che Dio ama e che la Chiesa ama.
L'Osservatore Romano 1 marzo 2008
FONTE: LOsservatore Romano

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