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VITA PASTORALE La cena di Gesu acura di Giuseppe Bonfanti In Quaresima ci sono stati momen- ti di grande impegno e novita che hanno coinvolto noi credenti. Il ca- lendario, intenso e per tutte le eta, ha ben ritmato i passi della nostra comunit parrocchiale verso la Set- timana Santa e la Festa Pasquale. Ed @ stato proprio in questo tem- o cosi significativo per noi cristiani che, grazie ai catechisti del gruppo adolescentie delle terze medie, si& potuto proporre ai ragazzi un'espe- rienza speciale: un ritiro nel quale si potesse rivivere ultima cena di Gesi Cristo. Come moderni anacreénti di ban- chetti da animare e di cene sen- za telegiornali, i catechisti hanno progettato nei minimi particolari evento; poi, fissata la data per il 21 marzo, Maurizio invia il primo whatsapp: «Ritrovo in oratorio ore 16.00 per andare in Citta Alta, in Seminario, per una cosa molto par- ticolare che non avete mai fatto. Si cena la e non dovete portare nulla, ci pensiamo nai. Il ritorno é previsto per le 20:30». Leffetto sorpresa ha meso in mato la catena di emoticon, faccine sorridenti, pollici alzati; la parteci- pazione social @ stata alta pid del solito e con sorpresa, quel sabato, il cortile d'ingresso delle medie del Seminario si é riempito di vivacita. Degli ottanta presenti qualcuno si @ reso disponibile a predisporre la cenain un salone al piano superiore (sembra quasi di sentire il vangelo di Luca 22,7-13: «Andate a pre parare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare» dice Gest) a Pietro e Giovanni, mentre i ragazzi mitigavano l'attesa con due tiri al pallone o con la sfera a spicchi. Ritiro e cena, detti cosi, sembrano annidare un germe di antinomia, qualcosa che compromette il carat- tere soprannaturale del Messaggio, Mail ritiro non@ come lepifragma di una chiocciola che si rinchiude, non & un semplice ritrarsi cosi come la cena non é la pretesa di un téte- ste col proprio io che ha luogo in un banchetto conviviale. Qui c® molto di pit del riposo di neuroni affaticatio, per dirla col naturalista Marcel Roland, di «un bagno dove anima nostra riprende coscienza della sua forza. Lallegria giocata sui campetti del cortile si é poi spostata nel racco- glimento attorno all’altare della cappella della comunita delle me- die. Qui @ Gesii che non ci abban- dona alla nostra solitudine e non ci riconduce nelle braccia transeunte di playstation, smartphone o al- tri passeggeri e piacevoli obli. Lui, nai, chiede il nostro costruttivo impegno perché é durante il «con- vito mistico» che si trova «!inizio di una redenzione», ossia di un cam- biamento «radicale», di una «gioia pit grande». Per i ragazzi @ il momento di avver- tire nel silenzio la Parola, Chinano la testa sui brani di Luca e Giovanni: di Gest stanno cercando la storia, un punto di contatto fra la tradizione conviviale ebraica e la sua Ultima Cena nella sequenza del «mangia- re», del «bere» e del agioires. «Per noi che ci stiamo preparando alla Pasqua - scrive R. Panikkar - per poter ricevere il messaggio totale e pieno di gioia del Cristo, del co- ‘smo, dell'umanita resuscitata, cid che occorre @ la riconsacrazione religiosa dell‘allegria, della gioia che @ stata profanata e sconsacrata da una corta mentalita e cultura [...]». La vera Pasqua sara questo. La Pasqua é festa. Ma é anche un in- terrogarsi sul presente: «come pro- cede la mia preparazione?», «desi- dero incontrarmi con il Signore?», «so trovare uno spazio di servizio agli altri?», «nel momento della tentazione provo almeno a chiede- re aiuto di Dio?». E sulliimitazione di Cristo che don Marco ha invitato a riflettere, alternando la dimen- sione storica dellUltima Cena di Gesii e la cena ebraica con il pre- sente, Come il gesto sconvolgente che racconta il vangelo: il Maestro lava i piedi dei suoi discepoli!. Don Marco ha lavato i piedi a tutti noi In fondo, di Gesii Cristo, come ebbe a scrivere Joseph Ratzinger, «non ci interrogheremmo affatto del suo jeri se non ci fosse questo oggin. Non si tratta quindi di archeologia, di un evento del tutto umano da dare in pasto ad accademici, politci © radiofonici relativisti. Gesd, an- cora oggi, inserisce il suo «novum radicale allinterno del'antica cena sacrificale ebraican. Per meglio comprendere la Pasqua di Gesi, dopo una spiegazione ac- curata di termini ebraici, si@ passati reel salone con i grandi tavoli unit e disposti a quadrilatero ottenendo una tavolata ornata e imbandita di simboli della pasqua ebraica e Un libretto a ciascun commensale per seguire questo rito dalle parole poco masticabill. Ci sono: un tap- peto centrale con i candelabri ac~ esi e cuscini, tovaglie, vassoi con tre pani azzimi (matzzah), uova, sedano (karpas), mele grattugiate (haroset), acqua salata, erbe amare (maror), pezzi d'agnello e vino. Ecco riprodotta liconografia dell'Ultima Cena. Tutti hanno capito ormai che il ter- mine Pasqua deriva dalla parola ebraica pesah che significa «passa- re oltre, oltrepassare» e che quella cena ricorda 'esodo che conduce dalla schiaviti alla liberta. Per noi cristiani anche il termine via ha a che fare con la parola esodo. Infat- ti @ Gesii che chiama se stesso la via perché egii@ il vero Mosé e pit di Mos@ non solo ci guida verso la da Dio, ma egli stesso @ questa stessa via. Quindi, questo Cristo liberatore, durante una cena ci fa capire che siamo dentro una storia che procede nella direzione della Bibbia: da Mosé a Cristo e con Cristo verso il Regno di Dio, cio’ in un dinamismo verso il Futuro, Tutto avviene in modo ordinato. In 14 moment, adulti e ragazzi par- tecipano come un‘unica famiglia. Si inizia con la preghiera di bene« zione e lode al Signore nostro Dio mente si riempie la prima coppa di vino (solo qualche goccia per i ra- gaz’). Si chiama (consa- crare), Poi, don Marco, che presiede la cena, si-lava le mani (1 ) Dopo di lui compiranno gli stessi gesti i catechisti con dinanzi i sim- boli della cena su vassoi. Si continua con il (sedano} da intingere nell'acqua salata, che indica 'ama- rezza della schiavitl, e recitando una benedizione si distribuisce. A Luca, che mi sta accanto, piace i sedano e quasi se lo divora tutto Cé simpatia e cordialita in questa cena di preghiera. Con lo si divide la seconda azzima, una meta viene posta sotto la tovaglia e Valtra meta si mette fra le due ri- maste. ll pane azzimo é il pane non lievitato per ricordare che, dovendo fuggire, non cera tempo di farlo ievitare. Per noi cristiani diventa simbolo dell’Eucaristia, del corpo di Cristo. Con la transustanziazione Dio incarnato (Gesii Cristo) si ren- de presente sotto le apparenze del pane e del vino. Difficile? Immagino disi per gli apostoli e gli evangelisti abituati alle «allegorie» della cena ebraica, sentire le parole di Gest quando preannunciava_'Eucare- stia s«la mia carne @ vero cibo» (Gv 6,55). Avranno pensato che fos- se un po’ skiéros (duro). Oggi, perd, quando ci accostiamo alla Comu- nione durante la mesa, grazie alla luce della fede, intuiamo il significa- to: sappiamo di unirci intimament al Cristo, reale nutrimento della no- stra anima. Passiamo, poi, all uovo ealla zampa d'agnello tolti dal vas- 010 che viene sollevato. E il la narrazione. Anche i ragazzi intervengono e chiedono: «perché mai @ diversa questa sera da tutte le altre?», Lagnello ricorda il sacri- ficio per salvare la vita degli Ebrei la notte in cui angelo della morte asso sullEgitto. Per noi cristiani ricorda il sacrificio di Cristo, agnello pasquale immolato sulla cyoce per la redenzione dei peccati. Al mo- mento del tutticisilavale mani pronunciando una benedizio- ne, Segue ossia la benedizione dell'azzima superiore. I llerba amara viene intinta nellharoset e distribuita. Ricorda Vamarezza e le difficolta della vita condotta dagli Ebrei in Egitto fino a giorno della loro liberazione. si ricorda Hille il ve awolgeva e mangiava tutto insie- me. La @ invece la cena normale e si inizia come an- tipasto con un uovo. Luovo ricorda lofferta che aveva luogo ad ogni fe- sta, simbolo dell'eternita della vita, senza inizio e senza fine. Terminato il pasto si prende la meta del’'azzi- ma nascosta e tutti mangiano un pezzo dell'ultima azzima. Si trat del , che significa nascosto. Seguono i la benedizione con la coppa di vino; I'hallel, la lode recitata dopo aver aperto la porta per Elia; e infine la Vac cettazione con la preghiera finale all'Essere purissimo che abita i cieli e risolleva il popolo. stata una giornata fantasti a ricca di sorprese e allegria. Un appuntamento da ripetere No prossimo!» scrive Chiara N. al gruppo su whatsapp. Sorpresa e allegria risuonano come un prelu dio pasquale e giungono alle nostre orecchie e al nostro cuore con la pazienza e la potenza di un grido: II Signore @ risorto! E veramente ri- sorto! Alleluia.

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