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BULLETIINO DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO

Yl'ITORIO SCIAWJA

Terza Serie Vol. XXXV- XXXVI

Volume XCVI -XCVII della collezione

(Eatmtto)

ROBERTO FIORI

MATERFAMILIAS

M I L A N O - D O T T. A. G I U F F R E D I T O R E

ROBERTO FIORI

'MATERFAMILIAS'

l. I tentativi di definizione del concetto di mateifamilias in diritto romano sono stati rari. La maggioranza degli studiosi ha per lo pi evitato o affrontato solo marginalmente il problema, spesso ritenendolo privo di sostanza giuridica 1 La bibliografia specifica sul tema si riduce essenzialmente a tre
lavori: il primo, del 1930, di Wolfgang Kunkd 2; il secondo, del 1940, di
Antonio Carcaterra 3; il terzo, del 1983, di Witold W o!odkiewicz 4 Eppure,
la questione avrebbe meritato un'attenzione maggiore; non solo per la definizione in se stessa dell'espressione, ma anche e soprattutto perch il problema involge considerazioni - e conduce a soluzioni - che interessano l'intera
struttura della famiglia romana, particolarmente di quella arcaica.
Le difficolt di precisazione derivano principalmente dalla discordanza
delle fonti, sia letterarie che giuridiche. Esse ci forniscono almeno quattro
significati di mateifamilias: a) donna in manu; b) donna sui iuris; c) donna
che vive non inhoneste, secondo i boni mores; d) uxor.
La dottrina ha spiegato queste divergenze nel senso di una evoluzione
temporale del concetto. Per W olfgang Kunkel, il passaggio dall'accezione sub
a) a quella sub b) sarebbe avvenuto in et classica, mentre i significati sub c)
e d) avrebbero attraversato l'intera storia di Roma, trovandosi tanto nelle
commedie di Terenzio quanto negli editti di Adriano 5
Secondo Antonio Carcaterra, il concetto sub b) di mateifamilias come
donna sui iuris sarebbe postdassico e bizantino: i testi di et classica che ne
parlano in questo senso sarebbero tutti interpolati 6 Mateifamilias avrebbe
1
Cfr. la bibliografia in W. WOLODKIEWICZ, Attorno al significato della nozione di 'mat" familias; in Studi C. Sanfilippo, III, Milano, 1983, 735, nr. 7; qui basti citare per tutti la prima edizione
di M. KASER, Das romische Privatrecht, P, Miinchen, 1955, 57: Mateifamilias ist kein Rechtsbegriff
sondern nur ein Ehrentitel der uxor in manu des lebenden pateifami/ias wenn Kinder in der Familie
sind>> (nella seconda ed., Miinchen 1971, 59, il giudizio pi sfumato: indicherebbe prima la donna
in manu, poi la sui iuris, e all'accribuco sarebbe legata una particolare Ehrbarkeit); P. BONFANTE,
Corso di diritto romano, I. Diritto di famiglia, Roma, 1925, 9: mateifamilias titolo meramenre
onorifico che in epoca storica non ha valore giuridico>>; cfr. anche p. 5 L Di titolo onorifico parla
anche S. PEROZZI, Istituzioni di diritto romano, I', Milano, 1947, 327.
2 Mater fami/ias, in RE, XIV.2, Stuttgarc, 1930, 2183 s.
3 Mat"' fami/ias, in AG, CXXIII, 1940, 113 ss.
4 Nozione, cit., 735 ss.; cfr. anche, dello stesso, Mat" fami/ias, in Czas. prawn.-hist., XVI,
1964, 103 ss ..
5 KUNKEL, Mat(T familias, cit., 2183 s.
6 CARCATERRA, Mater familias, cit., passim, specialmente 115, 133 ss., 139.

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infatti conservato fino al N sec. d.C. il senso sub a) di uxor in manu. Che
la conventio in manum sia sopravvissuta per tutta l'et classica sarebbe dimostrato dal fatto che in alcuni passi di Gaio - e addirittura di Servio grammatico, che scriveva negli ultimi anni del N o nei primi del V sec. d.C. -,
mentre per la conforreatio e l' usus si usano tempi al passato, per la coemptio
si usa il tempo presente 7 A supportare la teoria concorrerebbero anche alcuni passi del Digesto: non, a dir la verit, nella loro redazione giustinianea,
ma nella ricostruzione - pur autorevole - proposta dal Cuiacio 8 e, pi di
recente, dall'Albertario 9 Sulla base di questi indizi, il Carcaterra riteneva-di
dover correggere una decina di passi del Digesto nei luoghi in cui parlano
della materfomilias per restituirli alla (presunta) lezione originaria. Allo stesso
modo, sarebbe postdassico il senso sub c): non che in epoca classica la figura
della materfomilias non fosse legata ai boni mores, ma l' esaltazione di questo rapporto sarebbe da attribuire all'influenza del cristianesimo 10
Da ultimo, Witold W olodkiewicz ha riaffermato la classicit della definizione sub b), individuando il momento di passaggio dalla primitiva concezione alla posteriore nella seconda met del I o nella prima met, del II
sec. d.C., in concomitanza con la scomparsa della conventio in manum.
Quando non esister pi questa, non si avvertir neanche pi <<il bisogno di
dare una denominazione diversa alla moglie, a seconda che fosse o meno
7
CARCATERRA, Mat~r fami/ias, cit., 116 ss. Prima infatti Gai l, 110 scrive: o/im itaqltf! v~tnibus
tribus modis in manum conveniebat; usu farreo co=ptione; poi, a proposito dell' usus, parla di desuetudine (l, Ili: sed hoc totum ius partim kgibus sublatum est, partim ipsa desuetudine obliteratum m), e
riguardo alla confarr~atio di limitazione all'ambito religioso (l, 112: quod ius aiam nostris t=poribus
in usu ~st: nam jlamini!S, si maior~s, id m Dia/es Martiales Quirinales, item uges sacrorum, nisi ~
farreatis nati sunt, non leguntur). Ma, quando accenna alla coemptio, il giurista scrive (1, 113): co=ption~s vero in manum conveniunt per mancipation=. A dir la verit, ma ci non notato dal Caccaterra, Gaio usa il presente anche per la confarr~atio (1, 112): farr~o in manum conveniunt ... Allo
stesso modo, in Servio, a proposito della confarr~atio, leggiamo (In Verg. G~org. I, 31): farr~ nuptia~
f~bant cum per pontifc= maximum ~t Dialem Flamin= qui frug~s et molam salsam coniung~batur,
untk farreo app~llabantur; e invece, per la co=ptio (In V~. Georg. I, 31): co=ptione vero conv~
niunt per mancipation=; (In V~. Aen. Il, 581) mater fami/ias il/a dicitur, quae in manum convenit
per co=ption=.
8 J. CUJAS, Ad Ulpiani tit. XXIX notae, in Opera omnia, I, Neapoli, 1758, 316 C. I passi sono
Pap. 4 resp. D. 23, 2, 15: uxor= quondam privigni coniungi matrimonio vitrici non oportet nec [in
matrimonium] <in manum> convenir~ novercam ~ius qui privigna~ maritus foit; Ulp. 30 ad ~d. D. 25,
2, 17 pr.: si concubina ri!S amoverit, hoc iure utimur ut forti teneatur: cons~quenter dic=us ubicumqltf!
ci!Ssat matrimonium, ut puta in ea qua~ tutori suo nupsit ve! contra mandata <in manum> convenit v~/
sicubi alibi cessat matrimonium, msare r~rum amotarum action=, quia comp~tit forti; Pap. Il resp. D.
45, l, 121, 1: stipulationis uri/iter interponendae gratia mulier ab eo, in cuius [matrimonium] <manum> conveni~bat, stipulata foerat ducenta, si concubinae t=pore matrimonii consl!tudin= rep~tiss~t,
nihi/ causa~ esse mpondi, cur ~ stipulatu, quae ex bonis moribus concepta foerat, mu/ier inpleta condicione pecuniam adsequi non possit. Cfr. CARCATERRA, Mat~r fami/ias, cit., 120.
9 E. ALBERTARIO, La connessione tk/la Mt~ con gli oneri tkl matrimonio, in RIL, L VIII, 1925, 7
s. (este.): Pau!. 7 ad Sab. D. IO, 2, 46: si maritus sub .condicione a patr~ heres institutus sit [interim
uxoris tk Mte actionem pentkre. piane si post mort= soceri divortium factum sit, quamvis pentknu
condicione institutionis] dicendum m praeceptioni Mtis locum I!SS~, quia mortuo patre quaedam f/ios
s~quuntur antequam jant heretks, ut [matrimonium] <UXOr in manu>, ut liberi, ut tutela. [igitur et
Mt= pra~cipere tkb~t qui onus matrimonii post mort= patris sustinuit:] et ita Scaevolae quoqu~ nostro
visum m. Cfr. CARCATERRA, Mater familias, cit., 120 s.
10 CARCATERRA, Mater familias, cit., 115 e 156 ss.; ma cfr. infta, nt. 114.

'MATERFAMILIAS'

457

sottoposta alla manus mariti>>. Nello stesso periodo, coerentemente, la qualificazione della materfomilias come donna honesta sarebbe stata estesa a tutte
le mogli - anzi, a tutte le donne - honestae, e non solo a quelle in manu; e
sarebbe nato un terzo significato del termine, del tutto diverso dai precedenti, ossia quello di donna sui iuris 11
lnnanzitutto, Cicerone traccia in termini assai chiari la linea di demarcazione fra la mater fomilias e la semplice uxor, la prima la donna in manu,
la seconda la moglie non in manu:
Top. 14: Si ita Fabiae, pecunia legata est a viro, si ei viro materfomilias esset si ea in manum viri non convenerat, nihil debetur. genus enim
est uxor; eius duae formae, una matrumfomilias (eae sunt quae in manum
convenerunt) altera earum, quae tantummodo uxores habentur. qua in
parte cum fuerit Fabia, legatum ei non videtur.
Nello stesso senso si pronuncia Quintiliano:
Inst. orat. 5, 10, 62: Cicero genus et speciem, quam eandem formam
vocat, a finitione deducit, et iis quae ad aliquid sunt stt-bicit: ut, si is cui
argentum omne legatum est petat signatum quoque, utatur genere: at si
quis, cum legatum sit ei quae uiro mater fomilias esset, neget deberi ei
quae in manum non convenerit, specie, quoniam duae formae sint matrimonzorum.
Gellio aggiunge che materfomilias tanto la donna in manu mariti quanto quella soggetta alla manus del pater di questo:
Noct. Att. 18, 6, 8-9: Enimvero illud impendio probabilius est 12 , quod
idonei vocum antiquarum enarratores tradiderunt, matronam dictam esse
proprie, quae in matrimonium cum viro convenisset, quoad in eo matrimonio maneret, etiamsi liberi nondum nati forent, dictamque ita esse a
matris nomine, non adepto iam, sed cum spe et omine mox adipiscendi,
unde ipsum quoque 'matrimonium' dicitur, matrem autem fomilias appellatam esse eam solam, quae in mariti manu mancipioque aut in eius, in
cuius maritus, manu mancipioque esset: quoniam non in matrimonium
. tantum, sed in fomiliam quoque mariti et in sui heredis locum venisset.
In ci seguito dal Servius auctus:
In Verg. Aen. 11, 476: Alii hoc putant rectius 13, matronam dici quae
Nozione, ci t., 755 s., ma passim.
Gellio ha appena riportato l'opinione di Elio Melisso, per la quale, cfr. infta, nr. 21.
!3 Anche qui srara appena richiamara la definizione di Melisso: cfr. infta, nr. 21.
Il WOLODKIEWICZ,

12

BIDR Vol. XCVI-XCVII, 1993-1994

ERRATA-CORRIGE

A p. 457, nell'artioolo di Roberto Fiori, Mateifamilias, prima del primo capoverso (che inizia oon lnnanzitutto, Cicerone), stata omessa - per un errore
nel ffie di stampa - la parte qui appresso riportata:
Il problema fondamentale, come si vede, quello del rapporto fra le accezioni sub a) e b) e di questo, innanzitutto, ci occuperemo. Sin da ora, comunque, non potr farsi a meno di notare come la discussione fra gli studiosi si sia imperniata esclusivamente sul momento storico in cui avvenuto
il passaggio dall'una all'altra significazione: per Kunkel e Wolodkiewicz in
et classica; per Carcaterra in epoca postclassica. Al di l di questo, le posizioni degli autori sono sostanzialmente identiche: per tutti, il mutamento si
sarebbe prodotto perch, venendo meno il matrimonio cum manu, il vocabolo 'mater familias' non poteva conservare la stessa accezione giuridica 114;
sarebbe cos nato un terzo significato, del tutto diverso daiJrecedenti ub,
che avrebbe avvicinato la figura della materfomilias a ~uella d pateifamilias,
finora opposte, essendo l'uno sui iuris, l'altra in manu 1'. Tuttavia, in nessuno di questi autori ci si domanda come sia potuta nascere una utilizzazione
dell'espressione materfomilias>> completamente differente, e anzi opposta a
quella tradizionale. L'appellativo inf.i.tti, dall'indicare una posizione di assoggettamento al pater, passa a individuare una condizione di autonomia (cfr. la
traduzione di materjamilias dei Basilici: ai>'reou<rla 114 e del Corpus Glossariorum Latinorum: aMtv't'll 11 ) che alla figura del pater in quanto sui iuris
speculare. Da quale logica pu essere stato indirizzato il mutamento semantico? Un processo di enantiosemia potrebbe essere ipotizzato solo individuando ragioni precise. Esaminiamo innanzitutto le fonti.
2. I testi che raffigurano la materfomilias come la donna passata nella famiglia del marito attraverso conventio in manum sono essenzialmente letterari. Ed naturale che sia cos, considerando che la realt rappresentata propria di un'epoca sicuramente anteriore a quella della giurisprudenza classica
a meno che non si intenda. con il Carcaterra. considerare interpolati tutti i
passi del Digesto che trattano dell'argomento. Alcuni sono particolarmente
tardi e confusi; altri pi risalenti e affidabili.
11

' CARCATERRA,

Matn' fomilias, cit., 139.

llb WOWDKIEWICZ, Nozione di 'mlltn fomilias: cit., 756.


11 ' Cos CARCATERRA, Matn" fomilias, cit., 164.

w Cfr. Bas. 2, 2, 43 (=D. 50, 16, 46, l); Bas. 33, l, 21 (=D. l, 7, 25}; Bas. 45, l, 27 (=D. 38,
17, l, l); Bas. 28, 8, 34 (=D. 24, 3, 34}; Bas. 28, 8, 30, 2 (=D. 24, 3, 30, l); Bas. 60, 21, 172
(=D. 47, 10, 18, 2).
11 ' Hnm. Montepmuilllfll, p. 304, !in. 53 (GoETZ, III): patnfomilias uadotto allo stesso modo
alla riga precedente.

N.B. A seguito del salto nella mumerazione delle note, tutti i rinvii interni alle
note dal nr. 21 in poi debbono essere diminuiti di cinque unit (ad es., la nt.
21 a cui attualmente si rinvia oorrisponde alla nt. 16 nella numerazione oonseguente al detto salto).

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ROBERTO FIORI

in matrimonium cum viro convenerit et in eo matrimonio manserit, etiam


si liberi nondum .fuerint: dictam matris nomine, spe atque omine, unde et
matrimonium dictum. matrem vero fomilias eam esse, quae in mariti manu mancipioque, aut in cuius maritus manu mancipioque esset, quoniam
in fomiliam quoque mariti et sui heredis locum venisset.

Nella linea di Gellio sembra porsi anche Nonio Marcello, in un passo per
la verit un po' confuso:
Comp. doctr., s.v. Matronae et matris fomilias (LINDSAY, p. 710):
Matrem vero fomilias, quae in fomilia mancipioque sit patria, etsi- in mariti matrimonio esset.

Secondo Isidoro di Siviglia 14 a distinguere la mateifamilias dalle altre donne sarebbe una certa sollemnitas del cerimoniale nuziale:
Etym. 9, 5, 8: Matremfomilias inde vocari, quia per quandafn iuris
sollemnitatem in fomiliam transit mariti. tabulae enim matrimoniales
instrumenta emptionis suae sunt.

E cos anche per Boezio, che individua questa sollemnitas nel procedimento della coemptio:
In Cic. top. 2 (MIGNE, LXIV, 1071 A-B): Uxoris species sunt duae,
una matrumfomilias, altera usu; sed communi generis nomine uxores vocantur. .fit vero id saepe, ut species iisdem nominibus nuncupentur, quibus
et genera; mater vero fomilias esse non poterat, nisi quae convenisset in
manum; haec autem certa erat species nuptiarum. tribus enim modis uxor
habebatur, usu, forreatione, coemptione, sed conforreatio solis ponti.ficibus
conveniebat. quae autem in manum per coemptionem convenerant, eae
matresfomilias vocabantur. quae vero usu ve/ forreatione, minime. coemptio vero certis solemnitatibus peragebatur, et sese in coemendo invicem
interrogabant, vir ita, an mulier sibi materfomilias esse vellet. il/a respondebat velle. item mulier interrogabat an vir sibi paterfomilias esse vellet.
il/e respondebat ve/le. itaque mulier, viri conveniebat in manum, et vocabantur hae nuptiae per coemptionem, et erat mulier materfomilias viro,
loco .filiae. quam solemnitatem in suis institutis Ulpianus exponit.

Come anche in due luoghi del commento all'Eneide di Servio (auctus e


vulgatus):
14
Cfr. anche Isid. etym. 9, 7, 13: matrona est quae iam nupsit, et dieta matrona, quasi mater nati,
ve! quia iam mater fieri potest, unde et matrimonium dictum. distinguitur autem inter matronam et
matrem, et matrem et matremfomilias. nam matronae, quia iam in matrimonium convenerunt: matres,
quia genuerunt: matresfomilias, quia per quandam iuris sollemnitatem in fomiliam mariti transierunt.

'MATERFAMILIAS'

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Serv. auer. in Verg. Aen. 11, 476: Matresfomilias vero illas quae in
matrimonium per coemptionem convenerunt: nam per quandam iuris solemnitatem in familiam migrant mariti.
Serv. in Verg. Aen. 11, 581: Materfomilias vero il/a dicitur, quae in
matrimonium convenit per coemptionem: nam per quandam iuris sollemnitatem in familiam migrat mariti.
Infine, alle fonti che individuano la materfomilias nella donna in manu,
potremmo aggiungere con una cena tranquillit l'epitome festina di Paolo
Diacono, che riporta una testimonianza di Verrio Fiacco, dunque di un autore dell'et augustea, epoca nella quale era ancora praticata la conventio:
Paul.-Fest. verb. sign. s.v. materfomiliae (LINDSAY, p. 112): Materfomiliae non ante dicebatur, quam vir eius paterfomiliae dictus esset; nec
possunt hoc nomine plures in una familia praeter unam appellari. sed nec
vidua hoc nomine, nec quae sine .filiis est, vocari potest.

La dottrina ha concordemente dedotto da questi passi che in et arcaica


sarebbe stata detta materfomilias la donna in manu. Non si andati al di l
di questa generica affermazione, eppure un esame attento consente di cogliere delle sfumature significative.
Le testimonianze sopra riportate possono essere ricondotte essenzialmente
a due filoni.
A) Da una parte abbiamo Cicerone (seguito da Quintiliano) e Gellio, per
i quali era materfomilias ogni donna che entrasse nella famiglia del marito a
mezzo di conventio in manum. Se il primo si limita a questa affermazione,
Gellio tiene a precisare che non aveva importanza se la moglie fosse nella
manus del marito sui iuris o nel potere del pater di questi. Al contrario - e
baster per ora evidenziare il contrasto, rinviando la discussione alle pagine
seguenti 15 - , secondo Verrio Fiacco materfomilias non ogni donna in manu, ma solo colei che sia moglie del paterfomilias, ossia di un uomo sui iuris.
Di conseguenza, solo una donna nella famiglia potrebbe essere detta materfomilias.
B) Dall'altra parte, i testi pi tardi ci forniscono due 16 definizioni di materfomilias:
a) materfomilias la moglie in manu mancipioque mariti, aut in cuius maritus manu mancipioque esset (Serv. auer. in Verg. Aen. 11, 476; Nonio Marcello);
15

Cfr. infra, 6.
Le definizioni sono in realt tre, perch sia Serv. auer. in Verg. Aen. Il, 476 che Non. Mare.
comp. doctr., s.v. matronae et matrisfomilias (LINDSAY, p. 710) e Isid. etym. 9, 5, 8 riportano la spiegazione di Elio Melisso (in Geli. 18, 6, 4) della differenza fra matrona e materfomilias: matrona est
quae seme/ peperit, quae saepius mater fomilias. Ma essi stessi, come d'altronde aveva fatto Gellio, non
reputano credibile l'interpretazione.
16

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ROBERTO FIORI

b) mateifamilias la donna entrata nella manus per coemptionem, ossia


attraverso un procedimento che comporta una certa solemnitas (Serv. auct. in
Verg. Aen. 11, 476 e Serv. in Verg. Aen. 11, 581; Boezio; Isid. etym. 9, 5, 8
parla di una sollemnitas che sembrerebbe concretarsi in un' emptio, ma cfr.
anche 9, 7, 13).
L'interpretazione sub B, a) prende le mosse dal passo di Geli. 18, 6, 8-9
gi riportato. Ci agevolmente sostenibile per Servio, che ricalca quasi
esattamente la sua fonte 17 ; qualche dubbio potrebbe sorgere rispetto a Nonio Marcello, il cui brano , almeno ad una prima lettura, poco chiaro. Dopo un esordio che riporta la definizione di matrona di Gellio senza sostanziali modifiche 18 , egli infatti prosegue: matrem vero fomilias, quae in fomilia
mancipioque sit patria, etsi in mariti matrimonio esset, mateifamilias la
donna nel potere del pater, anche se sposata al marito>>. Il periodo non
brilla per limpidezza, ma il senso spiegato dal confronto con il parallelo
passo di Gellio: matrem autem fomilias appellatam esse eam solam, quae in
mariti manu mancipioque aut in eius, in cuius maritus, manu mancipioque
esset: quoniam non in matrimonium tantum, sed in fomiliam quoque mariti et
in sui heredis locum venisset. Evidentemente Nonio voleva dire: mateifamilias la donna che sia in manu di un (non: "del") pateifamilias 19: del suo proprio marito, se sui iuris; del pater di questi, se alieni iuriS>>. In sostanza, anche se esposta in maniera meno chiara, la definizione di Gellio, dal quale
evidentemente Nonio attingeva 20
E veniamo aB, b). Di Isidoro fonte Servio 21 : lo dimostra il fatto che lo
17
Su Gellio come fonte per Servio cfr. Serv. in Verg. Aen. 5, 738; in particolare, sui passi in
questione, cfr. G. THILO-H. HAGEN, Servii grammatici qui feruntur in Vergilii carmina commentarii,
II, Leipzig, 1884, 536, nt. l ad Il, 476.
18 Al riguardo, pu essere d'aiuto un raffronto fra i passi: Non. Mare.: ... matrona quae peperit
seme/, matnfamilias quae saepius ... ; Geli. ... matrona est q~fae seme/ peperit, quae saepius mater fomilias
... ; Non. Mare.: ... matronam ... quae in matrimonio sit mariti, etiam ante susceptos liberos, dictam ... ;
Geli.: ... matronam dictam esse proprie, quae in matrimonio cum viro convenisse! ... etiamsi liberi nondum nati forent ... ; Non. Mare.: ... meliore tamen matris foturae spe et omine nuncupatam ... ; Geli.: ...
dictamque ita esse a matris nomine, non adepto iam, sed cum spe et omine adipiscendi ...
19 E infatti, nell'apparato critico dell'edizione di L. QUICHERAT, Nonii Marce/li De compendiosa
doctrina, Parisiis, 1872, 512 s., si legge che nell'edizione cinquecentesca dello Junius il patria dell'edizione Lindsay (in Quicherat patris) reso con patrisfomiliae. Cfr. anche, nell'apparato di W.M.
LINOSAY, Nonii Marce/li De conpendiosa doctrina, Lipsiae, 1903, 710, la lettura del Miiller: aut mariti aut eius patris.
2Chc questi e non altri sia la fonte di Nonio mostrato d'altra parte dal fatto che l'intera sezione che va da morbum a vitio (LINOSAY, p. 708) fino a matronae et matrisfomiliae (LINDSAY, p. 709
s.) tratta dalle Noctes Atticae: Geli. 4, 2 (= morbum a vitio); 8, 7 (= mnninisse et in mnnoriam
redire); IO, 24 (= die quarta et die quarto); Il, Il (= mentiri et mendacium dicere); 16, 14 (= festinare
et prosperare); 18, 6 (= matronae et matrisfomiliae) (cfr. W. M. LINDSAY, Nonius Marcellus' Dictionary
of Republican Latin, Oxford; 1901, 20; cfr. anche 9 e 104, n t. /J: e ci in perfetta armonia con il
metodo di composizione di Nonio, il quale disponeva le parole non in sequenza alfabetica, ma
nell'ordine con cui le trovava nelle proprie fonti (LINDSAY, op. ult. cit., 89 ss.).
21 Su Servio come fonte per Isidoro cfr. G. THILO-H. HAGEN, Servii commentar, cit., l, Leipzig, 1881, XXXVIII ss. (cfr. anche Il, cit., 536, nt. l ad Il, 476) e H. PHILIPP, Isidoros (Nr. 27), in
RE, !X.2, Stuttgart, !914, 2076 s. estremamente difficile che Isidoro avesse come fonte le lnstitutiones di Ulpiano, richiamate da Boezio; egli infatti ricava le notizie di diritto romano essenzial-

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'MATERFAMILIAS'

scrittore di Siviglia conosce non solo la distinzione fra matrona e materfomilias di Melisso conservata in Geli. 18, 6, 4 22 e quella dello stesso Gellio, entrambe riportate da Servio 23 ma anche l'accenno alla coemptio e alla relativa
solemnitas che Gellio non compie e che invece collega Servio e Boezio:
Servio:

lsidoro:

Boezio:

11, 476:

9, 7, 13: quia per

3, 14: certis sollemni-

quandam iuris sollemnitatem in fomiliam mariti transerunt


9, 5, 8: quia per
quandam iuris sollemnitatem in fomiliam transit mariti
9, 5, 8: emptionis suae

tatibus peragebatur

nam per
quandam iuris solemnitatem in fomiliam
migrant mariti
11, 581: nam per
quandam iuris sollemnitatem in fomiliam migrat mariti
11, 476: quae in matrimonium per coemptionem convenerunt.
11, 581: quae in matrimonium
convenit
per coemptionem.

quae autem in manum


per coemptionem convenerant

L'origine della definizione di materfomilias come donna che ha effettuato


la conventio in manum per coemptio, attestata da questa seconda serie di testimonianze, andrebbe ricercata, secondo alcuni, in Ulpiano 24 Boezio, infatti, al termine della sua esposizione - nella quale, lo ricordiamo, egli sostiene
che materfomilias la donna entrata nella manus attraverso coemptio, cio per
quandam solemnitatem - , conclude: quam solemnitatem in suis institutis Ulpianus exponit. Ma, a ben vedere, questa paternit assai discutibile. Inducono al sospetto soprattutto le definizioni, orientate in senso totalmente diverso, che Ulpiano d della materfomilias come donna sui iuris 25 Probabilmente Boezio, che scriveva tra il 520 e il 522 26 , aveva a disposizione tre fonti:
mente dalle Divinae institutiones di Lattanzio e dai Commentar# ad Vergilium di Servio (F .P. BREMER, De Domitii Ulpiani institutionibus, Bonnae, 1863, 21).
22 lsid. etym. 9, 5, 8: alias sicut matrona est mater primi pueri, id est quasi mater nati, ita materfomilias est quae plures enixa sunt. Per la definizione di Melisso, cfr. supra, nt. 21.
23 Il rapporto fra i tre testi agevolmente mostrato da un raffronto anche sommario: Geli.: ...
quae in matrimonio cum viro convenisset ... ; Serv. auct. 11, 476: ... quae in matrimonium cum viro
convenerit ... ; Isid.: ... quia iam in matrimonium convenerunt ... ; Geli.: ... dictamque esse a matris
nomine, non atkpto iam sed cum spe et omine mox adipiscendi ... ; Serv. auct. 11, 476: ... dictam matris
nomine, spe atque omine ... ; lsid.: ... dieta ... quasi mater nati, ve[ quia iam mater fieri potest ... ; Geli.:
... unde ipsum quoque matrimonium dicitur; Serv. auct. 11, 476: ... unde et matrimonium dictum;
Isid.: ... unde et matrimonium dictum.
24 Cos KUNKEL, Mater familias, cit., 2183.
25 Cfr. infra, 3.
26 Cfr. H. CHADWICK, Boezio. La consolazione della musica, della logica, della teologia e della filosofia (trad. it.), Bologna, 1986 (1981), 162.

462

ROBERTO FIORI

dalla prima (forse Gai l, Il 0: da un altro passo di Boezio sappiamo


che questi conosceva le lnstitutiones gaiane 27) traeva la notizia che tribus ...

modis uxor habebatur, usu, forreatione, coemptione 28 ;


- dalla seconda, un passo delle !nstitutiones di Ulpiano 29 , era informato
circa il procedimento della coemptio, che evidentemente comportava una interrogazione reciproca degli sposi: il vir chiedeva alla mulier se volesse divenire la sua mateifamilias; e lei, accettando, gli domandava se egli avesse voluto essere il suo pateifamilias;
- infine, era al corrente della tradizione (nota gi a Servio 30) secondo la
quale sarebbe stata detta mateifamilias la donna entrata nella manus attraverso coemptio, ossia per quandam iuris solemnitatem.
Era naturale e logico, a questo punto, concludere: quae autem in manum

per coemptionem convenerant, eae matresfomilias vocabantur. quae vero usu vel
forreatione, minime. Ma, va sottolineato, verisimilmente Ulpiano riferiva solo
del procedimento per coemptionem, non facendo menzione alcuna del fatto
che solo colei che si fosse sposata a mezzo di coemptio sarebbe stata detta
mateifamilias: Boezio non gli attribuisce altro che la descrizione della 5olemnitas, e che in Ulpiano mancasse l'accenno alla mateifamilias mi sembra possa ipotizzarsi sulla base del fatto che probabilmente lo stesso giurista attribuiva la medesima solemnitas - che per Boezio causa dell'attribuzione dell' appellativo - anche alla conforreatio 31 , forma di conventio che invece per Boezio
non d luogo alla denominazione di mateifamilias. Probabilmente Boezio,
leggendo in Cicerone che era mateifamilias la donna in manu, trovando in
Gaio e Ulpiano la descrizione dei modi di conventio, rilevando che in questi
27
Boeth. in Cic. top. 3 (MIGNE, LXN, 1095 A). Sulla conoscenza di Boezio dei giuristi romani
cfr. H.E. OIRKSEN, Auszuge aus dm Schriften der romischen Rechtsgelehrten, ubertragen in die Werke
des Boi!thius (1851), in Hinterlassene Schriften, I, Leipzig, 1871, 163 ss.; CHADWICK, Boezio, cit., 161.
28 Sul rapporto fra questo passo di Boezio e il corrispondente gaiano, cfr. H.L.W. NELSON,
Oberlieferung. Aufoau und Stil von Gai !mtitutiones, Leiden, 1981, 145 s.
29 Cfr. FIRA, II', p. 307; BREMER, De Domitii Ulpiani imtitutionibus, cit., 86 (in generale, sul
rapporto fra Boezio e Ulpiano, cfr. p. 14).
30 Per la comunanza di fonti fra Boezio e Servio rispetto ai testi in esame si pronunciano anche
M. DAVIDH.L.W. NELSON, Gai imtitutionum commentarii N. Kommentar (!. Lief.), Leiden, 1954,
137. Sul passo di Servio e sulla sua incomprensione della conventio in manum (in particolare rispetto
al rapporto con il matrimonio), cfr. E. VOLTERRA, Nuove ricerche sulla 'conventio in manum' (!966),
ora in Scritti giuridici, III, Napoli, 1991, 51, nt. 97, secondo il quale Servio avrebbe tratto le sue
informazioni da uno scritto giuridico. Personalmente, riterrei di dover rintracciare I' autore di Servio
in Gellio, ma quand'anche si volesse accogliere l'ipotesi del Volterra, non bisognerebbe pensare a
Ulpiano: in nessuno dei luoghi serviani si trovano indizi in questo senso (BREMER, De Ulpiani imtitutionibus, cit., 18 s.). N con ci contrasta il fatto che nel Codex Dresdemis D. 136, in Serv. in
Vet;g. Aen. 4, 214, dopo le parole m autem de iure, quasi per coemptionem, riportate anche dagli altri
mmss., si legge: coemptio vero certis solennitatibus apud prncos peragebatur in contrahendo matrimonio,
et sese coemendo invicem vir et uxor interrogabant: vir ita, an mulier sibi mater fomi/ias me velfet: illa
respondebat, velk. item mulier interrogabat, utrum vir sibi pater fomilias me ve!kt: i/k respondebat,
velk. itaque mulier in viri manum conveniebat et vocabantur hae nuptiae per coemptionem et erat mulier mater fomilias viro loco ftliae; verisimilmente, infatti, questa parte fu aggiunta posteriormente,
sulla scorta di Boezio (BREMER, op. ult. cit., 19).
3! Ti t. Ulp. 9: forreo convenit in manum certis verbis et testibus X praesentibus et solkmni sacrificio
facto, in quo pan quoque forreus adhibetur.

'MATERFAMILIAS'

463

si dava uno spazio assai maggiore al cerimoniale della coemptio rispetto a


quello degli altri procedimenti - il che attestato per Gaio 32 e ipotizzabile
per Ulpiano 33 - e forse influenzato dalla lettura di quei testi che, in et tarda, offrivano frequentemente una equivalenza fra coemptio e conventio in manum 34, aveva ritenuto di poter concludere che era materfamilias soltanto la
donna entrata nella manus attraverso coemptio 35
In definitiva, la tradizione sub B, a) (materfamilias = uxor quae in manum
convenit) fu ridotta- perch apparentemente coincidente con l'altra- aB, b)
(materfamilias= uxor quae in manum convenit coemptione). E, in effetti, Serv.
in Verg. Aen. 11, 581 compie una contrapposizione fra mater e materfamilias
simile a quella di Cicerone fra uxor e materfamilias e di Gellio fra matrona e
materfamilias, ricorrendo, riguardo alle prime, il semplice matrimonium; ma
poi non parla, come gli autori precedenti, di conventio in manum, bens solo
della coemptio e di una solemnitas ad essa collegata 36 ; probabilmente, l'autore
non aveva pi molto chiaro il senso giuridico della distinzione, il che fa anche comprendere perch Serv. auct. in Verg. Aen. 11, 476 sia non una interpretazione, ma una parafrasi fedelissima di Geli. 18, 6, 8-9. Inoltre, , significativo il fatto che, al termine della parabola, Isidoro addirittura rovesci il
discorso di Servio e metta in primo piano la sollemnitas e iiit secondo la emptio - ci che per uno scrittore classico sarebbe quantomeno incongruo -; e
che non parli tecnicamente di conventio in manum, ma solo di transitio ad
fomiliam mariti.
Ora per, se le ipotesi sub B, a) e B, b) possono essere ricondotte ad unit, esse finiscono per coincidere anche con la definizione sub A) di Cicerone-Gellio.
Per concludere, nonostante l'apparente variet delle soluzioni offerte dalle
fonti, alla base di tutte la raffigurazione della materfamilias come donna in
manu: non solo attraverso coemptio, ma anche per conforreatio e usus.
Da questo tronco principale si diramano due interpretazioni:
a) per la prima, di Cicerone-Gellio, sarebbe stata materfamilias ogni donna in manu; perci potevano esservi pi matresfomilias nello stesso gruppo
familiare;
b) per la seconda, di Verrio Fiacco, sarebbe stata materfamilias solo la moglie del paterfamilias, cosicch solo una fra tutte le uxores avrebbe potuto ricevere l'appellativo.
32 Gai l, 111 (usus); l, 112 (conforreatio); l, 113-118a (coemptio); in l, 119-123 il cerimoniale
della mancipatio.
33 Cos DIRKSEN, Auszuge, ci t., 175.
34 Cfr. J. GAUDEMET, Observatiom sur 14 Manus, in AHDO-RIDA, Il, 1953, 329 s.
35 Non molto diversa da quella qui proposta la spegazione di DIRKSEN, Auszuge, cit., 174 s.
3 6 Riporto il brano nella sua interezza: Serv. in Verg. Aen. 11, 581: inter matrem et matrem fomilias hoc interest, quod mater est praeter illam significationem quae est ad aliquid, quae tantum convenit
in matrimonium; materfamilias vero il/a dicitur quae in matrimonium convenit per coemptionem: nam
per quandam iuris sollemnitatem in fomiliam migrat mariti.

464

ROBERTO FIORI

3. Passiamo ora a considerare brevemente i testi nei quali la mateifamilias


rappresentata come donna sui iuris 37
In essi, l'elemento saliente l'opposizione fra la mateifamilias (da sola o
con il pater) da una parte, come soggetto che non nella potestas di alcuno,
e lafiliafamilias (con o senza ilfilius) dall'altra come soggetto in aliena potestate. In questo senso, particolarmente significativo Ulp. l inst. D. l, 6, 4:
Nam civium Romanorum quidam sunt patres familiarum, a/ii filii familiarum, quaedam matres familiarum, quaedam filiae familiarum. patres
familiarum sunt, qui sunt suae potestatis sive puberes sive impuberes: simili modo matres familiarum; filii familiarum et filiae quae sunt in aliena
potestate.
Ma troviamo conferme anche in altri frammenti, nei quali la qualit di
donna sui iuris della mateifamilias si deduce con tutta evidenza dalla possibilit, per i figli, di essere istituiti eredi ex senatusconsulto Orphitiano 38 , dalla
capacit di testare 39 e di stare in giudizio 40 , o, pi semplicemente, dall'o p37
Oltre che nelle fonti del Digesto in seguito esaminate, il termine ricorre in questo senso anche
in alcuni passi del Codice: C. l, 48, l (a. 316) (passo collegato tuttavia anche all'accezione di maurfami/ias come donna honesta: cfr. J. CUJAS, Recitationes solemnes, in Opera omnia, ci t., VIII, 527B528A); C. 6, 38, l, l (a. 213); C. 6, 61. 5 pr. (a. 473).
3S Ulp. 12 ad Sab. D. 38, 17, l pr.: sive ingenua sive libertina mater est, admitti possunt /iberi ad

hereditatem eius ex senatus consulto Orphitiano. l. Si ea sit mater, tU cuius statu dubitatur, utrum mater
fami/ias sit an fi/ia familias, ut puta quoniam pater eius ab hostibus taptus sit: si certum esse coeperit
matrem familias esse, /iberi admittentur. unlk tractari potest, an medio tempo", dum status pen.Ut,
succurri eis per praetorem .Ubeat, ne, si medio tempore .Ucesserint, nihi/ ad h=lkm transmittant: et
magis m, ut subveniatur, ut in mu/tis casibus placuit.
39 Ulp. 5 opin. D. l, 7, 25 pr.: post mortem filiae suae, quae ut mater fami/ias quasi iure emancipata vixerat et testamento scriptis heredibus .Ucessit, adversus factum suum, quasi non iure eam nec P"sentibus testibus emancipasset, pater movere controversiam prohibetur. Scaev. 16 dig. D. 32, 34 pr.:
nomen .Ubitoris in haec verba legavit: Titio hoc amplius dari volo decem aureos, quos mihi here.US Gaii
Seii debent, adversus quos ei actionem mandari volo eique eorundem pignora tradi: quaero, utrum here.Us tantum .Ucem dare .Ubeant an in omne .Ubitum, hoc est in usuras .Ubeant mandare. respondit vitkri
universam eius nominis ob/igationem legatam. item quaero, cum ignorante matre fami/ias actom in
provincia adiectis sorti usuris .Ucem stipulati sint, an ex causa fi.Uicommissi supra scripti etiam incrementum huius .Ubiti ad Titium pertineat. respondit pertinere. Iulian. 15 dig. D. 35, 2, 86: Titia testamentum suo Titium ftatrem suum ex parte tertia here.Um instituit fitkique eius commisit, ut hereditatem
menta quarta parte Secundae rt Proculae restituat: ealkm ftatri quaedam praedia praelegavit: quaero an
Titus ea quae praelegata sunt etiam pro ea parte hereditatis, quam rogatus est, restituere an integra retinere .Ubeat. mpondi Titium legata integra retinere debere, sed in partem quartam imputari oportere
duoduimam partem praediorum. sed si non essrt adiectum, ut pars quarta deduceretur, totum trientem
praediorum legi Falcidiae imputari oportere, quoniam contra sententiam matris familiae /ex Falcidia
induceretur.
40 La stessa donna pu esercitare l'actio iniuriarum se sui iuris: Ulp. 16 ad ed. D. 47, 10, l, 3:
item aut per semet ipsum alicui jt iniuria aut per alias personas. per semet, cum directo ipsi cui patri
fami/ias ve/ matri familias jt iniuria: per alias, cum per consequentias jt, cum jt /iberis meis ve! servis
meis ve/ uxori nuruive: spectat enim ad nos iniuria, quae in his jt, qui ve/ potestati nostrae ve/ affictui
subiecti sint. Sull' esperibilit dell' actio .U dote: Mric. 8 quaest. D. 24, 3, 34: Titia divortium a Seio
ficit: hanc Titius in sua potestate esse dicit rt dotem sibi reddi postulat: ipsa se matrem fami/ias dicit et
.U dote agere vu/t: quaesitum est, quae partes iudicis sint. respondi patri, nisi probet fi/iam non solum in
sua potestate esse, sed etiam consentire sibi, lknegandam actionem, sicuti lknega"tur, etiamsi constarrt
eam in potestate esse. Ulp. 33 ad ed. D. 48, 20, 5, l: quod si tkportata sit fi/ia familias, Marcel/us ait,

'MATERFAMILIAS'

465

posizione in cui viene posta con la condizione (di alieni iuris) della filiafamilias41.
In sostanza, il contrasto che le fonti sottolineano fra soggetti sottoposti
all'altrui potestas e soggetti svincolati dal potere paterno. La mater colei che
simmetricamente rispetto al pater non deve sottostare ad alcuna potestas; la
filia invece vincolata dalla patria potestas 42 .
Queste le fonti per il diritto arcaico e classico. Come si detto 43 , l'interpretazione generalmente accolta di esse costringe a pensare ad un mutamento semantico dell'espressione mateifamilias>> per il quale, dall'indicare una
donna in posizione di soggezione, l'appellativo sarebbe passato a significare
uno status di particolare autonomia.
Probabilmente, per, risponderebbe a criteri di maggiore economicit logica il ritenere che esistesse una qualche relazione tra le due figure. Allo scopo di valutare questa possibilit non sar inopponuno un ampliamento della
prospettiva di indagine. Prenderemo in esame due argomenti: il primo, propriamente giuridico; il secondo, di carattere lessicale.
4. La conventio in manum tagliava tutti i legami fra la donna e il gruppo
di provenienza.
quae sententia et vera est, non utique deportatione dissolvi matrimonium; nam cum libera mulier remaneat, nihi/ prohibet et virum mariti a./fictionem et mulierem uxoris animum retinere. si igitur eo animo
mulier foerit, ut discedere a marito ve/it, ait Marcellus tunc, patrem de dote acturum. sed si mater fomilias sit et interim constante matrimonio foerit deportata, dotem penes maritum remanere: postea vero dissoluto matrimonio posse eam agere, quasi humanitatis intuitu hodie nata actione. Cfr. Tit. Ulp. 6, 6:
divortio facto, si quidem sui iuris sit mulier, ipsa habet rei uxoriae actionem, id est dotis repetitionem.
quod si in potestate patris sit, pater adiuncta filiae persona habet actionem rei uxoriae: nec interest, adventicia sit dos an proftcticia.
41 Ulp. 25 ad ed. D. li, 7, 20. 1-2: ... si maritus lucratur dotem, convenietur foneraria, pater
atttem non. sed in hunc casum puto, si dos, quia permodica foit, in fonus non su.lficit, in superfluum in
patrem debere actionem dari. cum mater fomilias decedit nec est eius so/vendo hereditas, fonerari eam ex
dote tantum oportet: et ita Celsum scribit. Iulian. 16 dig. D. 24, 3, 30 pr.: nupta non impeditur, quo
minus cum priore marito de dote experiatur. l. Quotiens culpa viri accidit, ne dos a socero aut a quolibet
a/io, qui mulieris nomine promiserat, exigeretur: si aut in matrimonio filia decesserit aut mater fomilias
focta eum qui dotem repromiserat heredem instituerit, satis constat nihil amplius virum praestare debere
qttam ut eos obligatione liberet. Afr. 4 quaest. D. 37, 6, 4: jlium emancipatum dotem, quam filiae suae
nomine dedit, conftrre non debere, quia non, sicut in matris fomilias bonis esse dos intellegatur, ita et in
patris, a quo sit proftcta.
42 In altri passi troviamo l'espressione mateifmilias usata per indicare la donna sui iuris anche
senza una cos esplicita contrapposizione con la fi!iafomilias, ma, almeno per il primo di essi, la
distinzione intuibile con facilit: cfr. H.G. HEUMANN-E. SECKEL, Handlexikon zu den Quellen des
romischen Rechts', Jena, 1907, 335, che come terzo significato d foemina suae potestatis, im Gegent.
von filiafam.. Cos Scaev. 22 dig. D. 32, 41, 7: ... quaesitum est, cum puella non ex causa legati pecunia in dotem ab heredibus patris acceperat, sed mortuo secundo marito mater fomilias focta dotem reciperaverat; lav. l ex post. Labeon. D. 35, l, 40, 2: quidam Titio centum legaverat, deinde infra ita iusserat: "quas pecunias cuique legavi, eas heres meus, si mater mea moritur, dato: mortuo patre fomilias
Titius vixerat et viva matre fomilias decesserat. mortua matre heredibus Titii legatum deberi Ofi/ius
respondit, quoniam non sub condicione esset legatum, sed ante legatum pure, deinde dies so/vendi adiecta.
videamw, inquit Labeo, ne id folsum sit, quia nihil intersit, utrum ita scribatur: "quas pecunias cuique
legavi, eas heres meus, si mater mea moritur, dato" an ita: "nisi mater mea moritur, ne dato: utrubique
enirn sub condicione ve! datum ve/ adeptum esse legatum. Labeonis responsum probo.
43 Cfr. sttpra, l.

466

ROBERTO FIORI

Infatti, poich la norma delle XII tavole sulle successioni ab intestato disponeva che la donna potesse ereditare dal padre come i maschi (tab. 5, 4: si
intestato moritur cui suus heres nec escit adgnatus proxim'us fomiliam habeto),

finch la donna fosse rimasta legata alla propria famiglia d'origine, parte del
patrimonio familiare le sarebbe spettato; d'altro canto, l'ingresso nella famiglia del marito comportava per l' uxor nuove aspettative patrimoniali, perch
fra gli heredes sui, dice Gaio, erano ricomprese anche la uxor in manu e la
nurus quae in manu .filii est 44 Ora, per evitare che parte del patrimonio della famiglia di origine (ereditato come .filia o adgnata) entrasse nel patrimonio della nuova, era necessario che la donna uscisse completamente dalla sua
famiglia originaria. Il passaggio da un gruppo familiare all'altro si compiva
perci attraverso un trasferimento completo: la donna esce dalla potestas del
pater della famiglia d'origine ed entra nel potere del marito, se sui iuris, o in
quello del suocero.
Ma l'estensione del nuovo potere sulla donna era identica a quella del
precedente? Se non sorgono dubbi per una risposta positiva nel caso di
unione della donna ad un soggetto alieni iuris (perch ella passa da una patria potestas ad un'altra), qualche sospetto potrebbe sorgere riguardo alla conventio nella manus di un soggetto sui iuris. E ci in due sensi:
a) il negozio di trasferimento era atto a trasmettere un potere identico?
b) la manus, la potestas e, potremmo aggiungere, il mancipium, sono diversi aspetti di un identico potere, che muta nell'oggetto ma non nella sostanza
e nell'estensione, oppure sono forme di potere distinte che, semplicemente,
fanno capo allo stesso soggetto?
Sulla base del raffronto del modo di conventio attraverso usus con la norma delle XII Tavole sull'usucapione dei beni mobili 45 , si ritenuto che la
conventio in manum attuasse un vero e proprio trasferimento di propriet del
bene donna: in questo modo, come il dominium del nuovo proprietario
era identico a quello del suo dante causa, cos la moglie si sarebbe trovata
sottoposta a un potere familiare che appariva nei contenuti e nell'estensione
assolutamente identico a quello al quale era stata sottoposta prima del matrimonio 46 Prova di ci sarebbe un supposto parallelismo tra i modi di acquisto della propriet e quelli di acquisizione della manus 47 Ma un esame
degli altri modi di conventio vale a smentire questa ipotesi.
44
Gai 3. 3: uxor quoque quae in manu viri est ei sua heres est, quia filiae loco est. item nurus quae
in filii manu est, nam et haec neptis loco est. ud ita demum erit sua heres, si filius, cuius in mamt foerit,
cum pater moritur, in potestate eius non sit. idemque dicemus et de ea quae in nepotis manu matrimonii
causa sit, quia proneptis loco est.
45 T ab. 6, 3: usus auctoritas fondi biennium est, ceterarum rerum omnium annuus est usus. Critica
alla concezione tradizionale in l. PIRO, 'Usu' in manum convenire, Napoli, 1994, specialmente 7 ss.
(contra, E. CANTARELI.A, in Labeo, LXI, 1995, 434 ss.).
46 E. CANTARELI.A, La vita delle donne, in AA.W. Storia di Roma, IV, Torino, 1989, 561. Altra
bibliografia in PIRO, 'Usu' in manum convenire, cit., 69 ss.
47 CANTARELI.A, La vita delle donne, cit., 561.

'MATERFAMILIAS'

467

Anzitutto, non si vede a quale parallelismo fosse ispirata la conforreatio, la


forma presumibilmente pi antica.
A proposito della coemptio stato sostenuto che la mancipatio fittizia, la
forma utilizzata per il passaggio della donna alla famiglia del marito 48 sarebbe indizio di una originaria compravendita della moglie. La visione tuttavia criticabile sotto diversi profili:
a) in generale, potremmo notare con il Volterra come, a differenza dei
diritti orientali, nel matrimonio romano manchi ogni elemento che possa
far pensare ad una compera della donna 49 ;
b) in secondo luogo, come gi sottolineato dal Bonfante 50 , l'espressione di
Gai l, 113, emit is mulierem - sulla quale si fonda larga parte della dottrina
che vede nella coemptio un atto di acquisto della moglie da parte del marito
- la ricostruzione proposta dallo Studemund 51 del testo del manoscritto
veronese emiteummulierem 52 ; ma d'altra parte non meno probabile 53 l'alternativa proposta dallo Huschke 54, che legge emit eum (mulier et is) mulierem, indirizzandosi verso l'ipotesi di una compera reciproca. Addirittura,
quest'ultima possibilit riceve maggiori supporti testuali dell'altra, asolutamente isolata nelle fonti: di compera reciproca parlano infatti i pur tardi
Nonio Marcello - che tuttavia si rifa a Varrone-, Servio, Boezio e Isidoro 55 ;
c) a ben vedere, lo stesso termine coemptio ci allontana dall'idea di un acquisto della donna: il prefisso co- esprime infatti una sfumatura di parit
che, se non arriva a far pensare ad una pari posizione fra i coniugi, vale
48

Gai l, 113: coemptione vero in manum conveniunt per mancipationem. id est per quandam imaginariam venditionem: nam adhibitis non minus quam quinque testibus civibus Romanis puberibus, item
libripende, emit vir mulierem, cuius in manum convenit.
49 E. VOLTERRA, Istituzioni di diritto privato romano, Roma, 1985, 644; cfr. F. SERRAO, Diritto
privato economia e societ nella storia di Roma, 1.1, Napoli, 1984, 186. Sul passo, assai lacunoso, di
Gai l, 123, in cui si parla di servilis condicio conseguente ad una coemptio, cfr. M. KASER, Ruhende
und verdriingende Hausgewalt im iilteren romischen Recht, in ZSS, LIX, 1939, 33 s.
50 BONFANTE, Corso, I, cit., 47 s. Cfr. anche G. LOBRANO, 'Uxor quodammodo domina: Riflessioni su Pau/. D. 25. 2. l, Sassari, 1989, 70.
51 P. KRUEGER-W. STUDEMUND, Gai !nstitutiones, Berolini, 1877,22. Cfr. anche E. SECKEL-B.
KUEBLER, Gai institutionum commentarii quattuol, Lipsiae, 1921, 30: emit vir mulierem; PER.C.
BIZOUKIDES, Gaius, l, Thessalonicae, 1937, 78: emit [vir] <nummo> mulierem; M. DAVID, Gai
institutiones (ed. minor), Leiden, 1948, 18: emit vir (?) mulierem: ma cfr. l'ed. maior, M. DAVIDH.L.W. NELSON, Gai institutionum commentarii IV. Text. (1. Lief.), Leiden, 1954, 34, e Kommentar
(l. Lief.), cit., 134 ss., nella quale si accoglie la lettura di PH.E. HUSCHKE, lurisprudentiae anteiustinianae quae supersunt 5, Lipsiae, 1886, 200 su cui infra, nt. 59; sulla questione cfr. anche V. ARANGIO-RUIZ, in TR, XXIII, 1955, 357 s., che difende la lezione vir, e ancora NELSON, Uberlieftrung,
Aujbau und Stil von Gai lnstitutiones, cit., 147.
52 Conservata da E. DUBOIS, lnstitutes de Gaius 6 , Paris, 1881, 68.
53 Cos BONFANTE, Corso, I, cit., 47 s.
54 HUSCHKE, lurisprudentiae anteiustinianae quae supersunf, cit., 200; cfr. anche F. KNIEP, Gai
institutionum commentarius primus, Jena, 1911, 45, 176.
55 Non. Mare. comp. doctr. s.v. nubentes (LINDSAY, p. 852); Serv. auct. in Verg. Aen. 4, 103; 4,
214; in Verg. Georg. 1, 31; Boeth. in Cic. top. 2 (MIGNE, LXIV, 1071 B); Isid. etym. 5, 26, 26. Per
tutte queste fonti, cfr. KNIEP, Gai institutionum commentarius primus, cit., 176; BONFANTE, Corso, l,
cit., 48, nt.4-6; DAVID-NELSON, Gai institutionum commentarii IV. Kommentar (1. Lief.), cit., 134
ss.; LOBRANO, Uxor, cit., 70.

468

ROBERTO FIORI

quantomeno a sconsigliare l'ipotesi di una assimilazione della donna a una


res e dunque una perfetta sinonimia fra emptio e coemptio 56;
d) quando poi si consideri il lato strettamente giuridico della questione, si
osserver come la mancipatio non sarebbe stata da sola strumento atto a
rompere i legami tra la sposa e il gruppo familiare di provenienza: in origine, la mancipatio del.filius e della .filiafomilias non faceva venir meno la patria potestas 57 , e solo con le XII Tavole si stabil che la vendita del figlio per
.tre volte e della figlia per una volta bastasse a far cessare il potere del pater
su di loro 58 ;
e) per finire, con la teoria in parola mal si concilia l'istituto della das, i
beni dati alla famiglia del marito ad sustinenda onera matrimonii 59 : come
spiegare il trasferimento di beni che la famiglia della sposa compie a vantaggio di quella dello sposo, se questi avesse davvero acquistato la moglie? Eppure l'istituto doveva essere assai risalente, come risulta da una precisa (e
credibile) indicazione di Dionigi circa un antico mos che prescriveva l' obbligo per i clienti di provvedere alla dote della figlia del patrono, qualora
questi non avesse potuto farlo autonomamente 60
'
In realt, l'elemento patrimoniale nel matrimonio arcaico rilevantissimo,
ma non nel senso che la donna sia un bene oggetto di trasferimento al pari
di una qualsiasi res. Con la conventio in manum si compie effettivamente un
passaggio di beni, ma solo nel senso che ogni propriet della donna passa
nel patrimonio del marito; inoltre, altra conseguenza importante, la donna
in manu non pu ricevere una quota ereditaria che dalla nuova famiglia.
56 Cfr. G. DUMJOZIL, Matrimoni in,JQeuropei (trad. it.), Milano, 1984 (1979), 64: nelle lingue a
preverbi, e soprattutto in latino e greco, sono que!iti a esprimere l'aspetto essenziale dell'azione, avendo la radice verbale solo una funzione di specificazione; perci, come co-optare significa annettersi
un membro (di un collegio) per elezione, cos co-emere vuoi dire annettersi una sposa per acquisto
(reale o simulato, a questo riguardo non rileva; cfr. anche KNIEP, Gai institutionum commentarius
primus, cit., 176: coemere ist "zusammen nehmen". Vgl. z.B. Cassius bei Cic. adfom. 15, 19: Sulla
omnia ... bona coemit>o). In entrambi i casi, CO- esprime ... una sfumatura di parit: proprio come
il sacerdote cooptato prende nel collegio un posto uguale a quello dei suoi cooptatori, cos la sposa
acquisita per coemptio diventa la met femminile della casa, la mateifamilillS>. Ci non significa,
naturalmente, che ci fosse parit fra i coniugi, ma piuttosto che, se il procedimento era commerciale,
la sposa non era purtuttavia oggetto di commercio come potrebbe essere un terreno, un animale,
un oggetto o uno schiavo (DUMJOZIL, le. ult. cit.).
57 Cfr. per tutti SERRAO, Diritto privato, I.!, cit., 204 ss. e 224 ss.
58 Gai l, 132: praeterea emancipatione desinunt liberi in potestate parentum esse. sed flius quidem
tribus mancipationibus, ceteri vero liberi sive masculini sexus sive feminini una mancipatione exeunt de
parentum potestate: /ex enim XII tabularum tantum in persona flii de tribus mancipationibus wquitur
bis verbis: si pater ter jlium venum duit a patre jlius liber esto (cfr. tab. 4, 2b). Cfr. anche Gai l, 134
sul procedimento dell'a,JQptio: in flio ... : si in ~ptionem datur, tres mancipationes et duae intercedentes manumissiones proinde junt ... in ceteris vero libero rum personis seu masculini seu feminini sexus una
scilicet mancipatio sufficit ... Per questa interpretazione della norma delle XII Tavole, cfr., oltre a
SERRAO, Diritto privato, 1.1, ci t. 204 ss., 224 ss. (il quale ipotizza, per il diverso regime della vendita
del flius da una parre e di jlia e nepotes dall'altro, un'interpretazione restrittiva della giurisprudenza
pontificale), anche A. M. RABELLO, Effitti personali della 'patria potestas ', I. Dalle origini al perio,JQ
degli Antonini, Milano, 1979, 93 ss. (bibliografia a pp. 94, n r. 44, e 97, nt. 55).
59 Cfr. Pau!. 6 ad P/aut. D. 23, 3, 56, 1: ibi dos esse.debet, ubi onera matrimonii szmt.
60 Dion. Hai. 2, IO, 2.

'MATERFAMILIAS'

469

Posto che non si pu parlare del passaggio della donna da un gruppo familiare all'altro come di un trasferimento di propriet, si dovr abbandonare
anche l'idea - che unicamente su questo principio si fonda - secondo la quale il potere esercitato dal marito debba essere in ogni caso identico a quello
del pater della famiglia d'origine. Possiamo perci riconsiderare senza pregiudiziali di alcun genere i rapporti fra manus e potestas.
Richiamare tutte le posizioni della dottrina in materia sarebbe impresa
impossibile e forse inutile. Baster ricordare che, per la maggioranza degli
studiosi, i poteri del pater sui figli, sui servi, sulla moglie, sui beni e le personae in mancipio, non sarebbero altro che diverse esplicazioni di un originario, unico, indifferenziato potere che essi nominano, di volta in volta, potestas, manus o mancipium 61 Non sappiamo - e probabilmente non sapremo
mai - se in una fase preistorica vi sia stata davvero questa originaria unit.
Quel che va sottolineato, per, che abbiamo testimonianze per le quali i
poteri del pater erano differenziati gi in et molto arcaica.
Per quanto riguarda il rapporto fra manus e potestas, la distinzione risulta
anzitutto da un passo di Dionigi in cui si dice che le leggi di Romolo sui
poteri del pater erano ancora pi severe e rigorose di quelfe sulla manus del
61 Cfr. per rutti V. ARANGIO-RUIZ, Istituzioni di diritto romano'', Napoli, 1985, 433; G.G.
ARCHI, Il concetto della propriet nei diritti del mondo antico, in RIDA, III' S., VI, 1959, 236;
BONFANTE, Corso, l, cit., 77; A. BURDESE, Manuale di diritto privato romano 3, Torino, 1987, 258;
U. COLI, &gnum, in SDHI, XVII, 1951, 127 ss. (che nell'inrerpretazione del GAUDEMET, Observations sur la Manus, cir., 330, m. 43, conrrario alla tesi, ma che in realt critica solamenre
l'utilizzazione dei termini manus e mancipium, proponendo come denominazione originaria potestas:
cfr. p. 127 e specialmenre p. 130: il solo nome applicabile al parere unitario del pater 'potestas);
F. DE VISSCHER, 'Mancipium' et 'm mancipi' (1936), in Nouvelles tudes de droit romain public et
privi, Milano, 1949, 193 ss.; La notion de puissanu dans l'organisation de l'ancien droit romain (1945),
in Nouvelles hudes, cir., 263 ss.; P. DE FRANCISCI, Storia del diritto romano, I', Milano, 1939, 148;
Primordia civitatis, Roma, 1959, 152; F. GALLO, Osservazioni sulla signoria del pater fomilias in q>oca
arcaica, in Studi P. de Francisci, II, Milano, 1956, 195 ss.; 'Potestas' e 'dominium' nell'esperienza giuridica romana, in Labeo, XVI, 1970, 17 ss.; Idee vecchie e nuove sui poteri del 'pater fomilias; in
M.W., Poteri negotia actiones nella esperienza romana arcaica, Napoli, 1984, 29 ss. (il potere unitario sarebbe sraro detto in origine ius: cfr. p. 41); G. GROSSO, Corso di diritto romano. Le cose, Torino, 1941, 220; I problemi dei diritti reali nell'impostazione romana, Torino, 1944, 3; Lezioni di storia
del diritto romano', Torino, 1960, 17; Problemi generali del diritto attraverso il diritto romano 2, Torino, 1967, 143; Schemi giuridici e societ nella storia del diritto privato romano, Torino, 1970, 119 ss.;
Schemi giuridici e societ dall'epoca arcaica di Roma alla giurisprudenza classica: lo sviluppo e la elaborazione dei diritti limitati sulle cose, in ANRW.. , I.2, Berlin-New York, 1972, 137; A. GUARINO, Ius
Quiritium, in lura, l, 1950, 269; L 'ordinamento giuridico romano 3, Napoli, 1959, 77; 79; Storia del
diritto romano 10 , Napoli, 1994, 135; Diritto privato romano 9, Napoli, 1992, 543 ss.; M. KASER, Der
Inhalt der patria potestas, in .zss.,, LVIII, 1938, 62; A. MANIGK, Manus, in RE, XIV.2, Sruttgart,
1930, 1377 ss.; L. MITTEIS, Romisches Privatrecht, Leipzig, 1908, 75; PEROZZI, Istituzioni, Jl, cir.,
309; RABELLO, E/fitti personali, l, cir., 63 ss.; M. VOIGT, Ueber den Bestand und die historische Entwickelung der Servituten und Servitutenklagen wiihrend der romischen &publik, Leipzig, 1873, 20; Die
XII Taftln, II, Leipzig, 1883, 83 ss.; 345 ss.; Romische Rechtsgeschichte, l, Leipzig, 1892, 30; 348 ss.
Per una critica di questa impostazione, cfr. O. KARLOWA, Romische &chtsgeschichte, II, Leipzig,
1901, 151 ss.; VOLTERRA, Nuove ricerche sulla 'conventio in manum; cir., 3 ss., con ampie citazioni
di fonri (cfr. specialmenre, p. 26 ss.); L. CAPOGROSSI COLOGNESI, La struttura della propriet e la
formazione dei iura praediorum nell'et rq>ubblicana, I, Milano, 1969, 261 ss.; Ancora sui poteri del
'pater fomilis', in BIDR, LXXIII, 1970, 357 ss.; Idee vecchie e nuove sui poteri del pater fomilias',
in M.W., Poteri negotia actiones, cit., 53 ss.; M. TALAMANCA, Istituzioni di diritto romano, Milano,
1990, 391 s.

ROBERTO FIORI

470

marito 62 lnolue, dal fatto che il marito poteva decidere ddla morte ddla
moglie entro limiti assai pi ristretti di quelli concessi al pateifamilias nell'esercizio del suo ius vitae ac necis. Il potere di quest'ultimo infatti, era definito soltanto in modo negativo dal divieto di uccidere i figli minori di tre anni 63 . Quello del primo, invece, positivamente individuato in ipotesi di uccisione legittima che le fonti concordemente limitano a colpe di particolare
gravit, come l'adulterio, il bere vino e, forse, l'aborto 64 ; n sembra che tali
ipotesi siano espressione di una potest punitiva attribuita al marito in
quanto autorit - al pari del pateifamilias -, quanto piuttosto che fossero
forme di giustizia privata ammesse proprio in mancanza di un simile potere65.
La distinzione &a mancipium e potestas emerge sia nei rapporti esterni che
in quelli interni alla fomilia.
Nel primo senso, baster osservare come la mancipatio dd filius non estingua immediatamente la patria potestas, che viene meno solo con la terza vendita (nelle XII Tavole 66 : prima di esse forse sopravviveva indefinitamente 6i').
Se cos , assai difficilmente potrebbe ammettersi che il medesimo 'potere,
solo diversamente nominato, potesse duplicarsi e coesistere in capo a due
soggetti diversi e con interessi confliggenti 68 . Pi agevole il ritenere che
potestas del pater e mancipium del compratore siano figure distinte e che,
coerentemente, i poteri fossero differenziati anche quando convergenti nella
stessa persona.
All'interno della fomilia, detto mancipium il po~ere del pater in ambito
patrimoniale. Ora, se esso fosse semplicemente la veste indossata dalla potestas nelle questioni che attengono alla sfera economica della famiglia, ogniqualvolta si vertesse in tale materia il potere del pater dovrebbe essere nominato mancipium, e non altrimenti. Sarebbe detto cio mancipium non sol62

Dion. Hai. 2, 26, l.

63 Dion. Hai. 2, 15, 2. Probabilmente in et arcaica i Romani attribuivano un significato parti-

colare al compimento del terzo anno d'et. Prima di questa data, il bambino era ritenuto incapace di
qualsiasi atto imputabile; poi, raggiunta la capacit di ragionamento, poteva essere esercitato il ius
vita~ ac necis: cfr. S. PEROZZI, Tollere liberum (1915), ora in Scritti giuridici, III, Milano, 1948, 125;
V. BUSEK, That Little Devii. A Contribution to the lnterpretation of the Law of Romulus 1.4, in
RISG, XCV, 1968, 197 ss.; L. CAPOGROSSI COLOGNESI, Propriet e signoria in Roma antica, F,
Roma, 1994, 232.
64 Val. Max. 2, l, 5; 6, 3, 9; Dion. Hai. 2, 25, 6-7; Isid. etym. 20, 3, 2; Hieron. ry. 22, 8, 2;
Geli. IO, 23, l; Cic. rep. 4, 6 (= Non. Mare. comp. doctr. s.v. temulenta [LINDSAY, p. 8]); "Polyb. 6,
2.
65 Non possibile affrontare il problema in questa sede; sono costretto pertanto a rinviare a R.
FIORI, Homo sacer. Dinamica politico-costituzionale di una sanzione giuridico-religiosa, Napoli, 1996,
232 ss.; cfr. anche p. 519. La distinzione comunque notata anche dalla PIRO, 'Usu' in manum
convenire, cit., 76 ss.; 86 ss. (concorde CANTARELL, in Labeo, LXI, 1995, 436).
66 T ab. 4, 2b: si pater ter fi/ium venum duit, a patre fi/ius /iber esto. Per figlie femmine e nipoti
bastava una sola mancipatio (Gai l, 134).
67 Cfr. SERRAO, Diritto privato, 1.1, cit., 205 ss.
68 Su una parziale efficacia della patria potestas anche durame l'in mancipio esse del figlio, cfr. Gai
l, 135 e infra, nr. 77.

'MATERFAMILIAS'

471

tanto il potere del pater sui figli di altri a lui trasferiti con mancipatio (figli
venduti, adottandi o emancipandi e noxae deditt} e sui nexi 69 , ma anche il
potere (orientato in senso economico) del pater sui filii - che ceno costituivano anche all'interno del proprio gruppo familare una rilevante forza-lavoro
- e, ancor pi, sui servi: anche questi dovrebbero appanenere, a rigore, alla
categoria delle personae in mancipio 70 Invece, tanto gli uni quanto gli altri
erano sottoposti, che si trattasse o meno di rapponi patrimoniali, ad una
situazione potestativa denominata potestas (patria o dominica) 71
In realt, il mancipium e la manus sembrano essere poteri distinti dalla
patria potestas e avere ambiti pi ristretti di questa 72 Quando si trovano di
fatto a coincidere nella stessa persona, gli effetti di entrambi sono assorbiti
dal maggiore raggio d'azione della potestas. Quando invece, a seguito di ap69
Su queste categorie e sulla loro condizione di personae in mancipio, cfr. ampiamente SERRAO,
Diritto privato, 1.1, cit., 224 ss. (figli venduti dal pater), 228 ss. (noxae deditt), 239 s. (next); Individuo, fomiglia e societ nell'epoca decemvirale, in AA.W., Societ e diritto nell'epoca decemvirale, Napo-

li, 1988, 88 ss.


70 lpotizza una coincidenza tra il servus e la persona in mancipio, ad esempio, L. AMIRANTE, Una
storia giuridica di Roma, Napoli, 1985, 102 ss.; Famiglia, libert, citt nell'epoca decemvirale, in
AA.W., Societ e diritto nell'epoca decemvirale, cit., 67 ss., specialmente 76, su cui cfr. le osservazioni
di F. SERRAO, ibid., 142 s.
71 In diritto romano pu guardarsi al servus come ad una res, quando lo si consideri nell'ambito
dei rapporti di appartenenza (cfr. Gai 2, 14a: i servi sono compresi nel novero delle res mancipt), e
allora il potere del dominus si configura come dominium ex iure Quiritium; oppure come persona,
quando lo si consideri nell'ambito della fomilia (in Gai l, 9 e l, 48 ss. se ne parla all'interno della
categoria personae), e allora il potere del dominus detto porestas. E anche se a volte il servo chiamato mancipium (cfr. Thesaurus !ing. Lat, VIII, 255 s., s.v. mancipium), ad evitare ogni possibile
confusione fra le personae in potestate e quelle in mancipio, possono tenersi presenti tre argomenti: a)
a differenza di quanto sappiamo circa gli acquisti dello schiavo, non certo se quelli della persona in
mancipio andassero al titolare del mancipium oppure al parer o allo stesso asservito ove sui iuris (cfr.
SERRAO, Diritto privato, 1.1, cit., 256 s.); b) la persona in mancipio un cittadino libero, per cui: a)
mentre la manumissio dello schiavo comporta per questi l'assunzione dello status di libertino, quella
della persona in mancipio la riporta al primitivo status di ingenuus; b) non si commette iniuria offendendo il proprio schiavo, mentre il delitto ricorre per le offese alle persone soggette al proprio mancipium (Gai 1, 141: cfr. SERRAO, op. ult. cit., 285).
72 Sui confini della manus, cfc. supra. Su quelli del mancipium, cfr. SERRAO, Diritto privato, 1.1,
cit., 256: il solo fatto che una fonte autorirativa come le XII tavole stabilisca la persistenza della
patria potestas, e sia pure in uno stato di sospensione, sul filius in mancipio, dimostra come il mancipium fosse considerato un potere di intensit minore e di campo pi limitato non soltanto della
dominica potestas (infatti le persone in mancipio non sono servi, ma loco servorum, anche a stare al
tardo Gai l, 137a) bens anche della patria potestas. Si aggiunga che: a) il figlio del filius in mancipio concepito prima della terza mancipatio, anche se nato dopo di questa, era nella potestas dell'avo, e
non nel potere del titolare del mancipium; b) come abbiamo detto (cfr. supra, nt. 76), dubbio se
gli acquisti della persona in mancipio andassero al titolare del mancipium o al pater (cfr. SERRAO, op.
ult. cit., 256 s., per ulteriori ragguagli). D'altro canto, che il trasferimento del mancipium non comportasse il nascere in capo al mancipio accipiens dell'intera gamma di poteri collegati alla patria potestas, risulta dall'avversione con la quale, nelle fonti, si riportano episodi di brutalit inflitte alle personae in mancipio, che non sarebbero state considerate illegittime quando giustificate da un ius vitae ac
necis. Cfr. per tutti l'episodio scatenante la prima secessione plebea, riportato in Liv. 2, 23, 3 ss.
(che, quand'anche fosse ritenuto non storico e creato dall'annalistica - ma le fonti di Livio per la
parte che qui interessa non sembrano individuabili, anche se si potrebbe pensare a V alerio Anziate:
cfr. R.M. OG.ILVIE, A Commentary on Livy, Books 1-5, Oxford, 1965, 295 -, testimonierebbe comunque, almeno per l'epoca in cui sarebbe stato inventato, la convinzione giuridica che le personae
in mancipio non fossero sottoposte allo ius vitae ac necis).

472

ROBERTO FIORI

posito negozio, vengono trasferiti ad un altro soggetto, oppure per condizioni particolari si svincolano da ogni rapporto con la potestas, assumono rilevanza autonoma e si disvelano nella loro specificit.
La tripartizione gaiana delle personae alieni iuris distinte in persone in potestate, in manu, o in mancipio 73 non dunque meramente terminologica,
ma ha un preciso significato giuridico.
5. E passiamo al secondo argomento. L'espressione mateifamilias non pu
essere considerata se non in relazione a quella parallela di pateifamilias. Allo
stesso modo, la funzione sociale e giuridica di quella non potr che interpretarsi alla luce del ruolo, nella societ e nel diritto, di questo. Pur non
designando una realt omologa - perch la posizione del padre del tutto
particolare e non ammette concorrenti - , mater termine parallelo rispetto a
pater.
L'uno e l'altro indicano una nozione (di paternit e maternit) sociale,
non fisica: nelle lingue indoeuropee quest'ultima valenza assunta non da
*pater e *miiter, l'' 1 da *atta e *anna 74 Si badi: fra *pater e *miiter b.on c'
simmetria, perch l'idea di paternit sempre preminente 75, ma entrambi
individuano un ruolo sociale, che pu o meno corrispondere a un effettivo
rapporto di sangue.
Detto questo, apparir evidente come anche in latino n pater n mater
debbano necessariamente indicare i genitori fisici. E infatti il paterfomilias 73 Gai l, 49: earum personarum, quae a/imo iure subiectae sunt, aliae in potestau, aliae in manu,
aliae in mancipio sunt. Cfr. anche Gai l, 142; 2, 86; 2, 96; 3, 163; Tit. Ulp. 19, 18; 24, 23-24;
Pau!. 2 man. Vat. Fragm. 51; Pau!. 71 ad ed. Var. Fragm. 298 e 300. In un altro passo di Gaio (3,
l 04) si oppone il servus alla persona in mancipio e la filia alla donna in manu, ossia soggerri sorroposri ad una poustas, a soggerri sottoposti a mancipium e manur. sed servus quitkm et qui in mancipio
est et filia fomilias a quae in manu m ... (per una distinzione fra la filia in potestate e la donna in
manu, cfr. anche Gai l, 148; 3, 114). Questa differenziazione utile perch consente di tracciare
una opposizione fra il servus e la filia da una parre, e coloro che sono seroi loco (la persona in mancipio: cfr. l, 123; l, 138; 3, 114) efiliae loco (la uxor in manu: cfr. l, 59; l, 111; l, 114; l, 115b; l,
118; l, 136; 3, 3) dall'altra. Poich sappiamo che l'espressione seroi loco non pu significare perferra
coincidenza di status giuridico fra servus e persona in mancipio (cfr. supra, nr. 76), lo stesso dovremo
ritenere per il rapporto fra filia e quae filiae loco est (cfr. in una direzione simile anche l'intervento di
A. CORBINO, in AA.VV., Poteri negotia actiones, cir., 82): da una parre avremo perci dei soggetti
sottoposti ad una potestas (servus e filia); dall'altra soggetti sorroposri a poteri diversi dalla potestas
(mancipium e manus) la cui posizione non coincidente con quella di schiavo e figlia, e che per
questo sono indicati con le espressioni seroi loco e filiae loco. Cfr. PIRO, 'Usu' in manum convenire,
cir., 71 ss.
74 E. BENVENISTE, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropu (trad. ir.), Torino, 1976 (1969),
161 ss.
7 5 La preminenza dell'idea di paternit su quella di maternit resa evidente dall'analisi degli
aggettivi rrarri da pater e maur. Dal primo deriva patrius; dal secondo, non come ci si aspetterebbe
*miitrius, ma maurnus (<*miiterinus). Quest'ultimo, come mostra il suffisso -ino-, sottolinea un rapporto di maternit materiale: sul modello di maternus srato creato paternus. In definitiva, mentre
patrius indica una paternit sociale e classificatoria, maternus e paternus indicano una maternit e una
paternit personali; ma la mancanza di *miitrius sintomatica della impossibilit di una nozione
sociale di maternit paragonabile a quella di paternit (cfr. BENVENISTE, Vocabolario, cir., 167, 206
ss.).

'MATERFAMILIAS'

473

formula arcaica, come indica il genitivo in -as 76 - svolge nell'ordine familiare


una funzione omologa a quella esercitata da Iuppiter (< voc. *dyeu peter,
<<Cielo padre 77) nel cosmo. L'uno e l'altro hanno una particolare maiestas 7B,
che deriva loro dall'essere i sovrani dei rispettivi ambiti. Ma - al di l delle
elucubrazioni di Elio Melisso, giustamente criticato gi dagli autori antichi 79
-, anche la nozione di mateifami/ias distinta da quella di maternit fisica,
ed esprime invece una preminenza di ordine sociale. Infatti, di fronte ad una
maiestas del pater, si pone una maiestas matris, che deriva alla donna dall'essere la compagna di quest'ultimo BO; e nei pur tardi lessici del Corpus Glossariorum Latinorum, accanto a pateifami/ias tradotto con oiKo&c:m6'rr1, materfomi/ias reso con oiKo<5tc:motva BI. In et repubblicana, il modello dell'unione coniugale romana costituito dal f/amen Dia/is e dalla f/aminica, che
riproducono in terra la coppia celeste di Giove e Giunone B2 - la quale, non
a caso, detta mateifami/ias 83 - : senza l'uno non pu esistere l'altra, e viceversa B4 Tuttavia ci non comporta una posizione paritaria: la donna nel
potere del marito, nella sua manus, e - all'interno della coppia - il vir ha
una maiestas particolareB 5 Il pericolo di un rovesciamento dei ruoli va scongiurato in ogni modo, e dunque il mondo possibile in cui la mater a reggere le sorti del gruppo ritualizzato per essere circoscritto e controllato 86:
76
Charis. inst. gramm. I, p. 107 (KEIL, I); M. LEUMANN- J.B. HOFJ'v)ANN -A. SZANTYR, Lateinische Grammatik. l. Laut- und Formenlehre, Miinchen, 1963, 269 s.
77 Cfr. per tutti A. WALDE-J.B. HOFMANN, Lateinisches etymowgisches Worterbuch, P, Heidelberg, 1938, 732; A. ERNOUT-A. MEILLET, Dictionnaire tymologique tk la langue latine\ Paris,
1979, 329; BENVENISTE, Vocabolario, cit., 162.
78 luppiter il tkus Maius ... a magnitudine scilicet ac maiestate dictus (Macr. Sat. l, 12, 17), che
diverr, con l'influenza etrusca, addirittura Optimus e Maximus. Nei Fasti di Ovidio, Maiestas, divinizzata, assitkt intk Iovi, Iovis est fidissima custos l et praestat sine vi sceptra tenendo Iovi (5, 45-46).
Ma anche il pater ha una sua maiestas ndl'ordine familiare: cfr. Ovid. fast. 5, 49; lust. IO, l, 6; IO,
2, 5; Liv. 4, 45, 8; 8, 7, 15; 23, 8, 3; [Quint.] tkcl min. 376; 377; Val. Max. 5, l m. 2; 7, 7, 5;
Veli. l, IO, 3. Per la definizione dd concetto di maiestas come principio gerarchico regolatore
dell'universo nd pensiero romano, sono costretto a rinviare al mio Homo sacer, cit., 107 ss.
?9 Sulla definizione di Melisso cfr. supra, nt. 21; per le critiche, cfr. Geli. 18, 6, 5-5[; Serv. auct.
in Vng. Aen. Il, 476 e Non. Mare. comp. doctr. s.v. matronae et matrisfamilias (LINDSAY, p. 710),
sui quali v. supra, 2. Sottolineano invece il ruolo di madre della materfomilias Paui.-Fest. verb.
sign. s.v. materfamiliae (LINDSAY, p. 112) e lsid. etym. 9, 5, 8.
BO Ovid. fast. 5, 49; lust. 13, l, 5; Curt. Ruf. 3, Il, 24.
BI Gwssae graeco-latinae, p. 380, !in. 23-24 (GOETZ, II); Hermm. Einsidlensia, p. 275, !in. 35
(GOETZ, III); Hermm. Montepessulana, p. 304, !in. 51; 54 (GOETZ, III); Hermen. Stephani, p. 374,

!in. 71-72 (GOETZ, III).


82 Cfr. gi J.G. FRAZER, The Golden Bough. A Study in Magie and Religion (abr. ed.), London,
rist. 1959 (1922), 151, il quale riteneva probabile una celebrazione annuale dd sacro matrimonio tra
Iuppiter e !uno impersonati, in et repubblicana, dal flamen Dialis e dalla flaminica.
83 Plaut. Amph. 832.
84 Cfr. Gdl. l O, 15, 22: uxorem si amisit, jlamonio tkcedit.
B5 Sulla maiestas viri, cfr. Att. Ter. fr.8 (RIBBECK, l, 219, !in. 684); Liv. 34, 2, l; Ov. Pont. 2, 8,
29 s.; Sen. Phaedr. 915; Val. Max. 2, l, 6.
86 Il culto di Bona tka (su cui immediatamente infta, nd testo) istituito pro salute populi Romani: Cic. har. resp. 12; cfr. 37; ad Att. J, 12, 3; l, 13, 3; Schol. Bobiensia in Cl. et Cur., frg. 24 (HILDEBRANDT, p. 26); Sen. ep. ad Luc. 16, 97, 2.

474

ROBERTO FIORI

cos nel culto di Bona dea si ribalta ritualmente l'ordine regolare dell'universo 87 attraverso una cerimonia che si svolge nella casa del magistrato in
carica 88 ed diretta dalla materfamilias della domus 89 In questa occasione le
donne officiano con il vino - bevanda normalmente loro interdetta 90 , che
per qui chiamato latte, mentre il vaso per il vino detto mellarium 91 ,
entrambi alimenti culturalmente legati ad una fase precosmica 92 - e gli uomini sono esclusi dal culto 93
Per concludere: l'espressione materfamilias non postula necessariamente
un rapporto di maternit fisica, ma di maternit (in atto o anche solo in
potenza) sociale. Inoltre, lo stretto legame che unisce l'appellativo al parallelo pateifamilias potrebbe far sospettare - ma una ipotesi da verificare - che
anche il ruolo sociale e giuridico dei due personaggi sia speculare. Che, cio,
come il pater ha nell'ordine familiare una posizione di preminenza rispetto
agli altri uomini, cos alla materfamilias sia riconosciuto un particolare primato nei confronti delle altre donne.
6. T ornando alle fonti sulla materfamilias come donna in manu abbiamo
qualche elemento di valutazione in pi.
87
Cfr. J. SCHEID, Indispensabili Straniere. I ruoli religiosi delle donne a Roma, in M.W., Storia
delk donne in Occidente. I. L 'antichit, Roma-Bari, 1990, 442 s.: tutte le fonti presentano questo
culto come un "mondo a rovescio", in cui le donne assumono ruoli maschili. I comportamenti
rituali propri della festa che si svolgono in segreto, di notte, in una casa privata in cui non si trovino uomini e sotto travestimenti studiati sono il contrario dei rituali sacrificali celebrati dagli uomini, che officiavano in pubblico, durante la giornata civica, negli spazi pubblici, davanti a tutti e
senza veli>>. Possiamo ricordare che il mito eziologico della festa coinvolge Fauna, moglie, sorella o
figlia di Faunus (Serv. auer. in Verg. Aen. 8, 314; Macr. Sat. l, 12, 27; Arnob. adv. gent. l, 36; 5,
18; Lact. div. inst. l, 22, Il), dio precosmico: anche il culto di Bona dea un complesso rituale
legato al Disordine, la cui giustificazione deve ricercarsi nella volont di tenere meglio sotto controllo le pericolose forze del caos.
88 Plut. Caes. 9; Cic. 19; Cic. har. resp. 37.
89 Che si trattasse della materfomilias credo sia deducibile dal fatto che la cerimonia doveva essere
officiata dalla moglie o dalla madre del console (Plut. Cic. 19: tv 't'1j oiK(q: 'tOU umi'tou ~~~ yuvaucO
fli.ITJ'tp <XU'toii), a seconda - riterrei - della condizione di alieni o sui iuris del magistrato. Cfr.
anche Plut. Caes. 9.
90 Cfr. supra, nt. 69.
9 1 Macr. Sat. l, 12, 25.
92 Racconta Plin. nat. hist. 14, 88 che durante il regno di Romolo - il quale secondo una tradizione maggioritaria incarnava una fase di disordine della storia di Roma, o quantomeno di ordine
non ancora compiuto - le libagioni erano realizzate con il latte; solo durante il regno di Numa il
vino fu introdotto nei sacrifici (Plut. Num. 14; Ovid. fast. 3, 276 ss.), e proprio Numa viet alle
donne di bere vino (Plut. Num. 25). Da questo momento la bevanda ricavata dalle viti potate sar,
insieme alla mola salsa ottenuta dal farro tostato, un elemento primario del sacrificio (G. PICCALUGA, Numa e il vino, in Studi mat. stor. relig., XXXIII, 1962, 99 ss.). Il miele, proprio di
un'economia di raccolta preagricola, dunque di una societ non ancora ordinata, nella cultura latina
ritenuto avere il potere di bloccare il corso normale dell'esistenza sistemando in una dimensione
atemporale e dunque <<virtualmente ... fuori della storia, quanto con esso sia messo in contatto; nei
rituali in cui utilizzato, si tende ... ad interrompere il divenire e ad uscire dalla normalit
dell'esistenza (G. PICCALUGA, Terminus. I segni di confine nella religione romana, Roma, 1974, 316
s.; cfr. anche 153 ss.; 313 ss.).
93 Cic. har. mp. 37; SchoL Bobiensia. in CL et Cur., p. 20 (HILDEBRANDT); Prop. 4, 9, 26; Plut.
Caes. 9; Cic. 28.

'MATERFAMILIAS'

475

Ricorderemo che erano state individuate due tradizioni fondamentali:


una, riportata da Gellio, secondo la quale ogni donna in manu sarebbe stata
chiamata materfomilias; l'altra, discendente da Verrio Fiacco, che restringe
l'appellativo alla sola moglie del pater. La prima versione presuppone un'identit di condizioni giuridiche e sociali per tutte le donne della famiglia; la
seconda postula una gerarchia analoga a quella esistente fra i maschi.
Ora, se- manus e potestas sono poteri distinti, dovremo pensare che:
a) nel caso in cui la donna fosse sposata ad un soggetto sui iuris, ella era
sottoposta solamente alla manus del marito;
b) nell'ipotesi in cui il marito fosse in potestate, la manus (non scompariva, ma) veniva assorbita dalla (pi estesa) potestas del pater e la moglie era
posta sullo stesso piano dei filii.
Evidentemente, la donna che si fosse trovata nella condizione sub a) sarebbe stata soggetta ad un potere meno ampio di quello esercitato dal pater
sulle mogli dei filii; per esempio, come ogni altro soggetto non in potestate, e
come il suo stesso marito (di qui il parallelismo fra le espressioni paterfomilias e materfomilias), ella non era sottoposta ad alcun ius vitae ac necis 94
Perci, sulla base dei dati raccolti sinora, che mi sembra confortino la definizione di Verrio Fiacco, potremmo ritenere con un certo grado di probabilit che ella fosse detta materfomilias. E allora, in armonia con il rilevato
valore semantico dell'appellativo, concluderemo che veniva chiamata materfamilias la moglie in marzu del pater, n era possibile che ci fosse pi di una
materfomilias in una famiglia, perch laddove un nuovo pater l anche un
nuovo nucleo familiare 95 Scarteremo, al contrario, la notizia di Gellio, che
in sostanza seguito dal Kunkel, dal Carcaterra e dal Wolodkiewicz: di fronte
ad un unico paterfomilias, avremmo infatti pi matresfamilias, con la conseguenza paradossale che il marito (alieni iuris) sarebbe stato chiamato filius, e
la sua propria moglie (anch'essa alieni iuris) materfomilias 96
D'altronde, un riscontro di questa posizione della materfomilias come sposa del pater fornito da un altro passo di Gellio che riporta l'antichissima
formula dell' adrogatio, istituto nel quale un paterfomilias entrava nella potestas di un altro pater, qui, evidentemente, la materfomilias cui si fa riferimento non pu essere che la moglie di un soggetto sui iuris:
Gell. noct. Att. 5, 19, 9: ... eius rogationis verba haec sunt: "velitis,
iubeatis, uti L. Valerius L. Titio tam iure legeque filius siet, quam si ex eo
94 Cfr.

supra, 4.
95 Cfr. anche J. CU)AS, Commentarius ad titulos quosdam Digestorum, in Opera omnia, I, ci t.,
1063 B, in relazione a Pau!. 2 ad Sab. D. 28, 2, Il: nurus, quae in manu est ftliif. licet in eadem
sit familia, non dicitur materf. quoniam, ut Sex. Pompejus scribit, mater( non ante dicitur, quam
vir ejus paterf. dictus sit, nec possunt hoc nomine plures in una familia praeter unam appellari; cfr.
H. SCHROFF, Matrona, in RE, XIV.2, Stuttgan, 1930, 2301.
96 Rileva il paradosso anche R. DANIELI, Manus e conventio in manum, in Studi urbinati, XIX,
1950-1951, 173.

ROBERTO FIORI

476

patre matreque familias eius natus esset, utique ei vitae necisque in eum
potestas siet, uti patri endo filio est. haec ita, uti dixi, ita vos, Quirites,
rogo".

Da un frammento di Svetonio, che cos traccia la distinzione tra matrona


e mateifamilias:

Svet. .fragm., p. 280, lin. 3 (REIFFERSCHEID): matrona filios ampliat;


mater familias quae patri familiae nupsit.
E da una serie di testi che (non definiscono direttamente, ma) presuppongono una definizione di materfomilias come moglie del pater; fra tutti, particolarmente importante bench ricostruito mi sembra un frammento di Q.
Mucio Scevola conservato da Gellio 97:

Q. Muc. iur. civ., frg. 2, 5a (BREMER, I, 74): Penus est ... quod esculentum aut posculentum est, quod ipsius patris familias <aut mattis familias> aut liberum patris familias <aut familiae> eius, quae circum eum
aut liberos eius est et opus non facit, causa paratum est.
In definitiva: sia considerazioni di sistema, sia i dati dell'analisi linguistica,
sia le testimonianze delle fonti ci inducono a ritenere che la moglie di un
soggetto sui iuris svolga un ruolo ben definito nell'ordine familiare. A lei
spetta una maiestas che la' avvicina al pater, ma che ha dei limiti precisi, delineati dalla incontestabile preminenza del vir. La donna che avesse accettato
questa condizione sarebbe stata onorata come materfomilias; perfettamente
integrata nell'ordine romano, avrebbe incarnato quell'ideale di mulier la cui
proiezione celeste Giunone Regina. Al contrario, l'ordine o, per meglio
dire, il disordine nel quale la supremazia femminile e la materfomilias si
sostituisce al pater, rappresentato da Bona dea; questa vanta una maiestas
non complementare, ma alternativa a quella di Giove 98 : gli elementi p re- e
ami-cosmici della sua dimensione sono liberati ritualmente nelle festivit,
perch possano essere scongiurati il resto dell'anno.
Le conclusioni cui siamo giunti in merito alla posizione della materfomilias all'interno della famiglia potrebbero apparire non del tutto nuove; il si97
Geli. 4, l, 17; cfr. anche Colum. re rust. 12, praef, IO; Plin. nat. hist. 19, 19, 57; Sen. contr.
7, 5, promz.; Serv. in Vn;g-. Georg. !, 43.
98 Infatti riferisce Macr. Sat. !, 12, 21 che Cornelio Labeone (Corn. Lab.fast., frg. 5 [MASfANDREA, p. 231]) la identificava con la dea Maia, cio con la terra (che nei libri pontificum era chiamata, fra gli altri nomi, Bona), cos come luppiter era detto tkus Maius (Macr. Sat. !, 12, 17); cfr.
anche Lyd. mens. 4, 53. Fonte di Cornelio Labeone sarebbe, per G. ROHDE, Die Kultsatzungen der
riimischen pontifices, Berlin, 1936, 44 e 170, forse V arrone; ma secondo P. MASTANDREA, Un neoplatonico latino, Cornelio Labeone, Leiden, 1979. 46; 51, sarebbero gli stessi libri pontificum, e in
panicolare le liste di indigitamenta.

'MATERFAMILIAS'

477

gnificato di mateifamilias come moglie di un soggetto sui iuris stato infatti,


seppur raramente, gi sostenuto in precedenza. Tuttavia, anche dagli studiosi
che hanno inteso l'espressione in questo senso, l'appellativo stato ritenuto
semplicemente indice di un particolare prestigio sociale, senza alcun sostanziale riflesso giuridico che valesse a differenziare la moglie che lo portava
dalle altre donne della famiglia 99 Al contrario, non sembra illegittimo il ritenere che anche in et arcaica la mateifamilias godesse di uno statuto giuridico del tutto peculiare.
lnnanzitutto, come abbiamo visto, a differenza delle altre donne della famiglia ella non era sottoposta ad alcun ius vitae ac necis - potendo essere
uccisa solo in circostanze determinate e per colpe di particolare gravit - n
allo ius vendendi del pater 100 Per l'et arcaica, di particolare importanza
un lungo passo di Dionigi 101 che ci illustra quale si pensava fosse la condizione della donna in manu. Secondo una legge attribuita dalla tradizione a
Romolo 102 , colei che fosse entratafo"eo nella manus del marito avrebbe partecipato dei beni e dei culti di lui: troncando ogni legame con la sua famiglia d'origine 103, avrebbe dovuto vivere secondo i mores 104 del nuovo gruppo
99 Cfr. in questo senso BONFANTE, Corso, l, cit., 233: l'appellativo di mater fomilias era riservato
<<in origine pare alle uxores del paterfomilias (ma cfr. supra, nt. l, quanto sostenuto dallo stesso a.
sul valore puramente sociale del termine); A. BERGER, Encyclopedic Dictionary of Roman Law, Philadelphia, 1953, 578; I<ASER, Das romische Privatrt!cht, 11, cit., 57; H.J. WOLFF, Trinoctium, in <<TR,
XVI, 1939, 165 e nt. l; Y. THOMAS, La divisione dei sessi in diritto romano, in AA.W., Storia de/li!
donne in occidente, l, cit., 142 s.; N. Bo!LS-JANSSEN, La vie rt!ligieuse des matrones dans la Rome
archai"que, Rome, 1993, 227 s. Un'eccezione va fatta per G. PUGLIESE-F. SITZIA-L. VACCA, Istituzioni di diritto romano 3 , Torino, 1991, 101, il quale, assai lucidamente, distingue la manus dalla
patria potestas e nota seppur soltanto con un breve accenno che la moglie del pater fomilias occupava di necessit all'interno della famiglia una posizione particolare e soleva infatti essere indicata come
materfomilias. Le mogli dei discendenti, sotto questo aspetto, erano pi simili ai filii fomilias; cfr.
anche i<ARLOWA, Romische Rechtsgeschichu, cit., Il, 158: die vollige Gleichstellung der materfomilias
mit den Tochtern ist meines Erachtens ... zu verwerfen, die erste kommt als IC6pta - sic! - und
oix:olt<l"ltotva in das Haus des Mannes, sie soli das dominium darin haben
10
Cfr. supra, 4.
101 Dion. Hai. 2, 25, 2-5: iJv & tot6cr&: v6jlo yuvaix:a ')UiJEt"i\v t"i\V x:atO. "}Ujlou i.Epo
cruvEA.6ofuav vopt x:otvoovv lt6.vtoov clvm XPlliJ~toov tE lC!ll iEpilv. x:~uv Ot to iEpo x:at
VOjl(jJOU oi 1tW..(llOl "}UjlOU POOjl<litclj 1tpocre-yop(t 7tEplAajlj3(tvOVtE $<XppaxE!ou m ti KOlVOOV(a
toii $<Xpp6. o KnAOiijJEV iliJEi tav. aiit11 )Up iJv pxata x:at jltXPt1tOA.A.oii cruv1)91l 0.1tamv atoi
il tpocpfl ~pEl O~ 1tOAA1)V K!ll KaAl)V il 'POOjJ!l(OOV "'lfi t"i\V tav. K!ll W<l"ltEp <iliJEt Oi> "EA.I..llVE tV
t<:p(etvov Kap1tv pxm6tatov 1tOAajl~vovte m tfuv eumfuv Kpt6ai x:atapX6iJE6a oA.(l atO.
KaAOUVtE. OUtOl POljl!lOl tljll6JTat6V tE 1C!lp1tV K!ll UPX!llt!ltOV ElV!ll VOjl(ovtE t(l ta 010.
tO~tOlV lt~ jJ~pOU eucrta K!ltclpXOVt!ll. jltvEl )Up Etl K!ll O jJEt!l1t1ttOlKEV Ei 1tOAUtEAEO"ttpa ltapx(l t E6o. t 01'\ lCOlVOlVO ti iEpOlt~tll tE K!ll 1tp6m] tp~ "YEVtcr6(ll
"'(IJV!lK!l avlp<Xm K!ll m tij OAlJ O"UVEA6EV WXlJ t"i\V jl~V 1ttKA110"lV ti KOlVOOV(a tOU cjlapp
ElXEV. Ei ~VOEO"jJOV o'avayt<a[ov OKEltlltO E$EPEV ltaA.~tO\l, K!ll t lt(llpicrov to "}UJlOU
to~tou oOtv f)v. oino v6jlo t~ tE yuvaiKa ilv~yt<aO"E t(l ')UjJEt~. o la 01'\ iJll&:iJ!av txo~cra
ttp!lV WtOO"tpocjlflv, 1tp Ev!l tV tOii "YE')UjlllKtO iv tp1tOV, K!ll to UVOpa 00 clV!lyt<!l(O\l tE
Kat vacjlmpttou KtfliJato ti yuvatK t<:patEiv. croocjlpovofua jl~V ov Kat 1t~vta tc!J 'YE')U!lllK6tt
1tEt6ojltvll yuvl) KUp(a toii oix:ou tv alitv tp67tov v. iiv1tEp vflp, x:at tEA.Eut1)cravto vlp
KA11POV6jlo ")'(VEto tiilv XPlliJ~toov. OO 6u)Ut11P 1t!ltp6. Ei Il~ 0.7tat tE Kat iJllOtv ota6tjJEVO
1to6~vOt1t6.vtoov ocra KUp(a tfuv 1toA.Et$6tvtoov. Ei Ot "YEVEW txot toi 7tatcrlv icr6jlotpo "'flVOjltVll.
102 Sul valore di queste attribuzioni cfr. infra, nt. 11 O.
103 Interpreterei cos il non aver altro rifugio (1tocrtpocpfl) di Dion. Hai. 2, 25, 4.
104 Cos traduco tfuv tp67toov (Dion. Hai. 2, 25, 4).

478

ROBERTO FIORI

familiare ed essere sottoposta al potere dello sposo. Se poi fosse vissuta secondo crro<~>pooiiVTJ e avesse ubbidito in tutto al marito, sarebbe stata domina
della casa (1CUp{a -cou oiKou) allo stesso modo del consorte; dopo la morte di
questi, avrebbe diviso il patrimonio in concorso con i figli; addirittura, se
fossero mancati discendenti, divenendo unica erede.
Di questa visione dell'unione coniugale era certo espressione somma la
coppia unita con confo"eatio: attraverso questa si riproduceva in ogni famiglia lo schema del jlamen e della jlaminica e, per loro tramite, di Giove e
Giunone. Ma la particolare disciplina giuridica descritta da Dionigi sembra
derivare alla uxor in manu pi che dal prestigio religioso e sociale della confo"eatio, dall'essere ella sposa di un soggetto sui iuris: la moglie poteva essere KUpia -cou oiK:ou solo se il marito fosse stato a sua volta ri:lpto. E infatti
una legge di Numa rende legittimo il sospetto che al filius che avesse contratto nozze confarreate fosse concessa una sorta di emancipazione ante fitteram 105 : se cos fosse, se cio lo status della donna fosse determinato dall'essere il marito sui iuris, potremmo estendere il regime in discorso a tutte le
donne in manu spose di soggetti non in potestate, anche quando la cdnventio
fosse avvenuta coemptione o usu.
7. A questo punto si chiarisce anche lo slittamento di significato dell' appellativo. Esso non passato a individuare realt fra loro opposte, come
ritengono il Carcaterra e il W olodkiewicz, ma figure tutto sommato abbastanza vicine. La posizione di relativa autonomia e di prestigio rivestita dalla
materfamilias in et arcaica sar infatti propria in seguito, quando si diffonder il matrimonio non seguito da conventio, anche della donna sui iuris.
Causa del mutamento il venir meno della manus, e il trapasso indolore e
quasi inavvertito. Materfamilias colei che non sottoposta ad alcuna potestas, perci: in et arcaica l'appellativo spetta, fra le uxores, alla sola sposa del
pater, successivamente potr riferirsi - in analogia con quanto avveniva con
il pater - alla donna sui iuris. Naturalmente anche in et arcaica la donna
non sposata cui fosse morto il pater veniva a non essere sottoposta pi ad
105
Cfr. Dion. Hai. 2, 27, 4; Plut. Num. 17: il figlio che avesse contratto nozze confarreate sarebbe stato liberato dallo ius vendendi del pater. Accettando la lettura proposta, ci troveremmo dinanzi a un matrimonio tra un pater e una (futura) mateifami/ias. La norma potrebbe essere spiegata
come una probabile volont di assicurare al soggetto che contraesse nozze confarreate una condizione
tale da consentirgli di incarnare il pater archetipico, cui veniva affiancata, come immancabile compagna, la mater. non dimentichiamo che questo era il modo pi nobile di conventio, panicolarmente
legato alle figure del flamen Dia/is e della flaminica e dunque a quelle di Giove e Giunone (cfr. supra, 5). Che la tradizione attribuisca la legge a Numa e che quindi, a stretto rigore, essa sia posteriore rispetto a quella romulea non di per s significativo: quando si parla di leges regiae opportuno guardare ad esse come a norme antichissime, forse appanenenti ai mores o comunque nate nell'alveo di questi, senza dare eccessivo peso all'attribuzione a questo o a quel monarca. Quest'ultima
deriver plausibilmente da fattori extragiuridici, cio dall'immagine dei singoli re cos come percepita
dalla cultura repubblicana: Romolo il fondatore, Numa il pio ordinatore, ecc. Il problema meriterebbe una trattazione pi ampia ma, in questa sede, non possibile andare al di l di una veloce osservazione. Cfr., comunque, il mio Homo sacer, cit., 179 ss.

'MATERFAMILIAS'

479

alcuna potestas; ma a prescindere dalla sua condizione giuridica e sociale, certo non possibile pensare che ella fosse chiamata materfamilias, quantomeno
per il fatto che in tutte le fonti letterarie l'attributo proprio della donna
sposata.
Il passaggio dall'una all'altra utilizzazione si coglie anzitutto in un frammento dei Tituli ex corpore Ulpiani nel quale si allude tanto ad un rapporto
necessario fra pater e materfamilias, quanto alla condizione di entrambi come

suz tuns:
Ti t. Ulp. 4, l: Sui iuris sunt fomiliarum suarum principes, id est pater
fomiliae itemque mater fomiliae.
Ma il significato originario di materfamilias si trova anche in un passo di
Giavoleno - che riporta un responso di Labeone - nel quale il termine
usato indiscutibilmente ad indicare la moglie del pater 106 , e in una definizione di Ulpiano della fomilia proprio iure che traccia in maniera schematica e
limpida la struttura del gruppo familiare: a capo di esso il pater affincato
dalla materfamilias; seguono i filii e le filiae, i nepotes e le neptes, e cos via 107
Dalla lettura di questi passi nasce legittimo il sospetto che, per un certo
periodo di tempo, sia sussistita una qualche polisemia del termine, che poteva indicare sia la moglie in manu del pater, sia la donna sui iuris (che fosse o
meno sposata). Questa probabile coesistenza di significati sarebbe allora l'argomento pi convincente circa l'impossibilit di una enantiosemia.
8. Passiamo alla terza utilizzazione del termine. Troviamo in Ulpiano la
definizione pi netta di materfamilias in questo senso 108 :
Ulp. 59 ad ed. D. 50, 16, 46, l: "Matrem fomilias" accipere debemus
eam, quae non inhoneste vixit: matrem enim fomilias a ceteris feminis mores discernunt atque separant. proinde nihil intererit, nupta sit an vidua,
ingenua sit an libertina: nam neque nuptiae neque nata/es fociunt matrem
fomilias, sed boni mores.
Le novit del brano sono evidenti: Ulpiano ha finora affermato che criterio discretivo fra la materfamilias e le altre donne l'essere la prima sui iuris;
ora ci dice che a distinguerla sono soltanto i mores 109 Poich l'uso di mater106

lav. l ex post. Labeon. D. 35, l, 40, 2, riportato supra, m. 47.


Ulp. 46 ad ed. D. 50, 16, 195, 2: iure proprio familiam dicimus plures pmonas, quae sunt sub
unius potestate aut natura aut iure subiectae, ut puta patrem familias, matrem familias, filium familias,
filiam familias quique deinceps vicem eorum sequuntur, ut puta nepotes et neptes et deinceps.
108 Cfr. anche Ulp. 71 ad ed. D. 43, 30, 3, 6: cum audis matrem fami/ias, accipe notae auctoritatis
feminam:

109 Anche questo passo stato ritenuto interpolato dal CARCATERRA, Mater familias, cit., !50
ss.: sarebbe Tertull. virg. ve!. !6, Il, 8 a parlare per la prima volta di mateifmilias come virgo e del
107

16

ROBERTO FIORI

480

Jamilias ad indicare la donna che vive secondo i boni mores documentato


nelle fonti letterarie e giuridiche dal II sec. a.C. a tutta l'et classica, ossia
dalle commedie di Plauto 110 ai passi dei giuristi raccolti nel Digesto, si potrebbe essere portati a ritenere, con il Kunkel, il Carcaterra e il W olodkiewicz 111 , che esso testimoni un valore etico o sociale dell'appellativo, senza
apprezzabili risvolti giuridici. Tuttavia - e non mi sembra che ci sinora sia
stato sufficientemente sottolineato - quando leggiamo dell'honestas come attributo della materfamilias che la distingue dalle altre donne non dobbiamo
essere tratti in inganno dal valore dell'italiano <<onest: il termine latino ricomprende anche questo significato, ma in senso proprio esso indica l'avere
honos e il comportarsi in maniera conforme a quest' honos 112 Il termine deve
essere collegato a quella famiglia di vocaboli - maiestas, dignitas, fama, existimatio - che sono stati studiati soprattutto in relazione al vocabolario politico
romano 113 ma che meriterebbero un approfondimento maggiore anche sotto
il profilo giuridico e, per l'et pi arcaica, giuridico-religioso. L' honos di un
soggetto definisce, in senso assoluto, ci che la sua maiestas definisce in senso relativo, ossia la sua posizione nella societ, nell'ordinamento, nel' cosmo
giuridico-religioso 11 \ ed sulla base di questa accezione tradizionale che potr determinarsi in seguito la distinzione fra honestiores e humiliores 115 Abbiamo visto 116 come alla materfamilias spettasse una particolare maiestas rispetto alle altre donne; aggiungeremo ora che a questa maiestas corrisponde
pater come investis: mater fomilias vocatur licet virgo et pater licet investis. a nobis nec naturalia observantur quasi alius sit deus naturae quam noster. Secondo l'a., Tertulliano sa bene di innovare sul
punto, perch awerte di non seguire in tal modo le leggi naturali, la logica (ibid., 157 s.); ma evidente che T errulliano parla di innaturalir perch definisce in maniera apparentemente paradossale
mater una vergine, che evidentemente madre non , e pater un celibe.
110
Plaut. Cist. 78-81; Mi!. 789-93; Most. 190, in cui l'opposizione con la matrona e Merc.
405; Stich. 98, in cui si usa materfomilias in un contesto in cui si parla del dovere di pudicitia delle
donne. emblematico Ter. Adelph. 746 s.: pro divom jdem! l meretrix et mater fomilias una in domo;
ma cfr. le altre fonti richiamate infra, nt. 164.
111
KUNKEL, Mater fomilias, cit., 2184, che parla di significato morale; CARCATERRA, Mater fomilias, cit., !40 ss., e WOtODKIEWICZ, Nozione, cit., 756, parlano di valore sociale.
112
Per la formazione del termine da honos cfc. Prisc. inst. gramm. 4, 20 (KEIL, Il, 128); LEUMANN-HOFMANN-SZANTYR, Lateinische Grammatik, l, cit., 243; ERNOUT-MEILLET, Dictionnaire
tymologique 4 , cit., 298; WALDE-HOFMANN, Lateinisches etymologisches Worterbuch, P, cit., 656.
113
Cfr. in particolare J. HELLEGOUARC'H, Le vocabulaire latin des relations et des partis politiques
sous la rpublique, Paris, 1963, 362 ss.; A. WEISCHE, Studien zur politischen Sprache der romischen Republik, Mtinster, 1966, 74 ss. Del rapporto fra maiestas e donna romana si occupata specificamente G. FOCARDI, Il termine 'maiestas' e la matrona, in Stud. ira!. filo!. class., Lll, 1980, 144 ss., che
tuttavia non intravede il valore (anche) giuridico dell'attribuzione (cfr., in particolare sull'espressione
materfomilias, p. 153, nt. l, in cui si sostiene che in et arcaica il concetto di mater fomilias non era
affatto un concetto legale, ma solo un titolo di onore per la uxor in manu che aveva generato dei figli al pater fomilias>).
114
Sul rapporto fra honos e maiestas (divinizzati), cfr. Ovid. fast. 5, 23 e 25, per la cui analisi
rinvio al mio Homo sacer, cir., 107 ss, !44, nt. 213.
ll5 Sul rapporto fra la divisione honestiores-humiliores e il diritto matrimoniale augusteo cfr. G.
CARDASCIA, La distinction entre 'honestiores' et 'humiliores' et le droit matrimonial, in Studi E. Albertario, Il, Milano, 1953, 653 ss.
116

Supra, 5.

'MATERFAMILIAS'

481

un honos che la qualifica e la distingue nella societ e nell'ordinamento, ma


che richiede anche, da parte della donna, un comportamento conforme alla
sua condizione ll7. Ella dovr cio essere honesta e, poich virt somma della
donna romana la pudicitia, la sua honestas sar commisurata al rispetto dei
boni mores: in altri termini, l'honestas per la donna quel che per l'uomo
la gravitas, ossia il vivere in conformit della propria maiestas 118 E tuttavia anche se la mateifamilias incarna l'ideale della mulier romana, cos come il
pater del vir - poich la necessit di vivere secondo pudicitia non esclusiva
della mateifamilias, ma propria di tutte le matronae, questa caratterizzazione, da un lato, rende meno netti i confini che la separano dalle altre uxores che, pur ad un diverso livello di honos, vivono secondo i boni mores - , dall' altro ne disegna di diversi che distinguono la donna honesta dalle inhonestae119. Della scala gerarchica determinata dagli honores, che si esprime anche
nelle vesti che a ciascuna consentito indossare 120 , la materfamilias e la meretrix costituiscono gli estremi, ma al suo interno si rileva una notevole, anche se nelle fonti spesso oscillante, gradazione di posizioni: il nomen che riflette la maggiore dignitas uxor 121 , ma - si leggeva nei Libri memorialium
di Masurio Sabino - nelle unioni non matrimoniali concubina nomen pi
117 Per il rapporto fra nascita e stile di vita conforme ad essa, emblematico Quint. imt. or. 5,
l O, 24: genus, nam similes parentibus et maioribus filii plerumque creduntur, et nonnumquam ad honeste turpiterque vivendum inde causae jluunt.
118 Sul concettO di gravitas e sul suo rapporto con quello di maiestas rinvio al mio Homo sacer,
cit., 143, nt. 213.
119 In questO senso va a mio avviso letto il precetto, tradizionalmente attribuitO a Numa, che
vietava alla paelex di tOccare l'ara di Giunone: Paui.-Fest. verb. sign. s. v. pelices (L1NDSAY, p. 248):
pelex aram lunonis ne tangito; si tanget, lunoni crinibus demissis agnum feminam caedito. Cfr. Geli. 4,
3, 3. Ma che questo divieto avesse un valore non solo religioso, bens anche giuridico-sociale, perch
definiva nel gruppo le donne cui era dovuto un particolare honos, mi sembra dimostrato dall' episodio (storico o meno non importa, perch attesta comunque una mentalit) di Virginia, patrizia sposata ad un plebeo, che, pur vivendo secondo pudicitia, fu esclusa dalle matronae patrizie dall'altare
della Pudicitia per aver sposato un uomo non appartenente all'ordine dei patres: Virginia protesta di
non doversi vergognate degli honom del marito, ma non viene ammessa al sacrificio e per poter compiere il culto deve dedicare un nuovo altare alla Pudicitia Plebeia; in origine anche questO secondo
culto definisce l' honos delle matronae che vi sacrificano: solo pi tardi vi si recheranno non solo
matronae, ma omnis ordinis feminae (Liv. l O, 23, 3-1 O). Ancora: racconta Macrobio che fino alla
seconda guerra punica ai figli di libertini non era permesso di indossare la toga praetexta, anche se
nati da iustae nuptiae; poi fu loro consentito, ma solo quando fossero ex iusta matrefomilias nati
(Macrob. Sa t. l, 6, 12-14; l'appellativo mira verisimilmente a distinguere le libertae sposate dalle
concubine: cfr. Liv. 39, 53, 3, in cui la iusta materfomilias contrapposta alla paelex; sul rapporto fra
liberta e attributo di materfomilias cfr. infta, 9).
12 Cfr. Ulp. 44 ad ed. D. 34, 2, 23, 2, dove si distinguono le vesti che si possono indossare a
seconda della posizione occupata nella famiglia (per la materfomilias sono stolae pallia tunicae capitia
zonae mitrae ... plagulae paenulae); Ulp. 57 ad ed. D. 47, l O, 15, 15, sulla differenza tra la veste
della materfomilias e della meretrix; Ulp. 22 ad Sab. D. 32, 49 pr., sulla prerogativa dei lecticarii; ma
anche Varr. /ing. Lat. 7, 44; vit. pop. Rom., frg. 48 (RIPOSATI, p. 294). Sulla questione cfr. anche C.
CAsTELLO, In tema di matrimonio e concubinato nel mondo romano, Milano, 1940, 171 ss.
121 Ael. Spart. Ael. 5, 11: uxor nomen est dignitatis; Ulp. 22 ad Sab. D. 32, 49, 4: parvi autem
refm uxori an concubinae quis leget, quae eius causa parata sunt: sane enim nisi dignitate nihil interest.
Cfr. J. CUJAS; Novellarum comtitutionum imp. ]ustiniani expositio, in Opera omnia, Il, Neapoli,
1758, 1069 E: uxor, materfamilias, domina, nomina sunt dignitatis: concubina quasi nomen est voluptatis.

482

ROBERTO FIORI

honestum di amica 122 - termini che in antico venivano entrambi resi con
paelex (vocabolo questo, per la verit, dal significato poco chiaro) 123, e cui
forse corrispondono hospita 124 e focaria 125 quando l'uomo soldato - fino ad
arrivare al gradino che sembra il pi basso, quello di contuberna/is 126; poich
da ciascuna di queste posizioni, di questi honores, discendono differenti conseguenze giuridiche, comprendiamo come sia difficile distinguere ci che
sociale da ci che giuridico, e dovremo concludere che gi in et repubblicana l' honestas della materfomilias aveva un valore giuridico.
Ma questa giuridicit si disvel pienamente, e assunse un valore nuovo,
con la legislazione augustea; innanzitutto con la lex lulia de adulteriis coercendis del 18 a.C. 127 Scopo di questa legge era di considerare in maniera
unitaria tutte le ipotesi di relazioni extramatrimoniali al fine di poter attribuire agli effetti dell' adulterium, tradizionalmente circoscritti all'interno della
domus, una rilevanza tale da interessare l'intera comunit, cos come avveniva per lo stuprum 128 A questo fine, le donne furono distinte in due categorie: donne rispetto alle quali una unione non matrimoniale costituiva stuprum/adulterium, e donne rispetto alle quali ci non avveniva. Criterio di
distinzione era la posizione socio-giuridica della donna e il suo comporta122
Pau!. 10 ad leg. lui. et Pap. D. 50, 16, 144: libro memorialium Massurius scribit ''pellicem"
apud antiquos eam habitam, quae, cum uxor non esset, cum aliquo tamen vivebat: quae nunc vero nomine amicam, pau/o honestiore concubinam appellari.
123 Il senso di paelex era discusso: in Pau!. lO ad leg. Jul. et Pap. D. 50, 16, 144, dopo la definizione di Sabino, si riporta l'opinione di Grani o Fiacco: Granius Flaccus in libro de iure Papiriano
scribit pellicem nunc volgo vocari, quae cum eo, cui uxor sit, corpus misceat: quosdam eam, quae uxoris
loco sine nuptiis in domo sit, quam 1tcxi.ald'lv Graeci vocant. Altre definizioni in Paul.-Fest. verb. sign.
s. v. pelices (LlNDSAY, p. 248): pelices nunc quidem appellantur alienis succumbentes non solum feminae,
sed etiam mares. antiqui proprie eam pelicem nominabant, quae uxorem habenti nubebat; Geli. 4, 3, 3:
'paelicem' autem appellatam probrosamque habitam, quae iuncta consuetaque esset cum eo, in cuius manu mancipioque alia matrimonii causa foret ... Su questi passi e sulla probabile cronologia delle definizioni cfr. P. MEYER, Der romische Konkubinat nach den Rechtsquellen und den Inschriften, Leipzig,
1895, 9 ss.; CASTELLO, In tema di matrimonio e concubinato, cit., 9 ss.
124 Sulla corrispondenza tra hospita e concubina cfr. CIL X, 5018 e il commento di MEYER,
Konkubinat, cit., 72 e 74; ma per il BONFANTE, Corso, I, cit., 233, si tratterebbe di una designazione
pi bassa.
12 5 Cfr. MEYER, Konkubinat, ci t., 99: le focariae Stehen ... ungefahr in der Mitte zwischen concubina und meretrix.
126 CASTELLO, In tema di matrimonio e concubinato, cit., 32 ss.
12
7 G. ROTONDI, Leges publicae populi Romani, Milano, 1912, 445 ss. Sulla legge, cfr., fra gli
ultimi, C. VENTURJNI, 'Accusatio adulterii' e politica costantiniana (per un riesame di CTh 9, 7, 2), in
SDHh, LIV, 1988, 66 ss., con amplissima bibliografia (p. 67, nt. l); Divorzio informa/e e 'crimen
adulterii' (per una riconsiderazione di D. 48.5.44[43}), in Iura, XLI, 1990, 25 ss.; R. LAMBERTINI,
Dum utrumque occidat ('!ex Iulia' e uccisione 'in continenti' degli adulteri 'iure patris'}, Bologna, 1992,
7 ss. (bibliografia a p. 7, nt. l); Ancora sui legittimati a uccidere 'iure patris ex lege Iulia de adulteriis'
(a proposito di un recente saggio}, in SDHh, LVIII, 1992, 363 ss.; C. LORENZI, Pap. Col!. 4, 8, 1:
la figlia adultera e il 'ius occidendi iure patris; in SDHh, LVII, 1991, 158 ss.
128
Cfr. al riguardo G. R!ZZELLI, 'Stuprum' e 'adulterium' nella cultura augustea e la '!ex lulia de
adulteriis' (Pap. l. 'adult: D. 48, 5, 6, l e Mod. 9 'diff.' D. 50, 16, 101 pr.}, in BIDR, XC, 1987,
355 ss., con una critica della tesi tradizionale circa la fungibilit dei termini adulterium e stuprum
nella legislazione augustea (cfr. per tutti U. BRASIELLO, La repressione penale in diritto romano, Napoli, 1937, 227; H. ANKUM, La captiva adultera, in RIDA, III""' S., XXXII, 1985, 157; La sponsa
adultera, in Estudios D'Ors, Pamplona, 1987, 163, e altra bibliografia in RIZZELLI, op. ult. cit.).

'MATERFAMILIAS'

483

mento, ossia, per dire tutto ci in una parola, la sua honestas: le donne con
le quali era possibile avere lllna relazione solo attraverso matrimonium furono
dette, in considerazione deHa loro honestas, matresfomilias; alle altre - concubine, meretrici, ecc. - questo appellativo fu negato. Per realizzare una simile
distinzione, i termini stuprum e adulterium furono utilizzati promiscue 129 ,
non distinguendosi, come sarebbe stato opportuno, fra adulterio della nupta
e stupro della vidua; ma conseguentemente non si oper pi alcuna differenziazione neanche fra nupta e vidua 130, ed entrambe furono dette materfomilias. Questo uso esplicitamente attestato da Papiniano:
Pap. 2 de adult. D. 48, 5, 11(10) pr.: Mater autem fomilias significatur non tantum nupta sed etiam vidua.
E indirettamente da Marciano e Paolo, che mostrano come rispetto alla
materfomilias potesse parlarsi tanto di stuprum quanto di adulterium:
Marcian. 2 de adult. D. 48, 5, 9(8): Qui domum suam, ut stuprum
adulteriumve cum aliena matre fomilias ve/ cum masculo fieret, sciens
praebuerit ve/ quaestum ex adulterio uxoris suae fecerit: cuiuscumque sit
condicionis, quasi adulter punitur.
Paul. 3 de adult. D. 48, 2, 3, 3: Sed et si aliud crimen obiciat, veluti
quod domum suam praebuit, ut stuprum mater fomilias pateretur, quod
adulterum deprehensum dimiserit, quod pretium pro comperto stupro acceperit, et si quid simile, id ipsum libellis comprehendendum est 131
probabilmente a questa estensione del termine anche alla vidua che dobbiamo la precisazione di V errio Fiacco nec vidua hoc nomine ... vocari potest:
lo scrittore dell'et augustea, subito dopo aver riportato la nozione arcaica,
precisa ai suoi contemporanei la differenza fra il regime originario e quello
esistente nella loro epoca 132
129
Cfr. Pap. l de adult. D. 48, 5, 6, l: !ex stuprum et adulterium promiscuo et Ka~axpT]crnKdn:
pov appellat. sed proprie adulterium in nupta committitur, propter partum ex altero conceptum composito
nomine; stuprum vero in virginem viduamve committitur, quod Graeci <!leopav appellant; Mod. 9 diff
D. 50, 16, 101 pr.: inter 'stuprum' et 'adulterium' hoc interesse quidam putant, quod adulterium in
nuptam, stuprum in viduam committitur. sed !ex Iu/ia de adulteriis hoc verbo indifferenter utitur.
13 Vidua, inteso non solo nel senso di vedova, ma in generale di <<non sposata, in opposizione a nupta: cfr. Iav. 2 post. Labeon. D. 50, 16, 242: viduam non solum eam, quae a/iquando nupta
foisset, sed eam quoque mulierem, quae virum non habuisset, appellari ait Labeo (cfr. anche Liv. l, 46,
7 e Sen. Herc. for. 245), su cui TH. MAYER-MALY, s.v. Vidua, in RE, VIIIA.2, Stuttgart, 1958,
2098.
13 1 Cfr. anche Tryph. l disp. D. 50, 16, 225; Gai 3, 220; I. 4, 4, l.
132 Paul.-Fest. verb. sign., s.v. materfomi/iae (LINDSAY, p. 112): la parte meno affidabile del brano
di Verrio Fiacco mi sembra invece nec quae sine filiis est, che risente evidentemente delle numerose
discussioni (riportate soprattutto da Geli. 18, 6, 4-9 e Serv. auct. in Verg. Aen. Il, 476) sui rapporti
fra mater, matrona e materfomilias; come si visto (supra, 5), l'espressione materfomilias non postula necessariamente una maternit fisica, per cui mi appare pi convincente la definizione di Svet.

484

ROBERTO FIORI

Il collegamento tra l'attribuzione dell'appellativo e la posizione giuridica


della materfamilias con riferimento al suo honos, fu per utilizzato anche nell' opera di riordinamento della materia matrimoniale perseguito da Augusto
attraverso la /ex lu/ia de maritandis ordinibus del 18 a.C. e la /ex Papia Poppaea nuptia/is del 9 a.C. 133 Anche i divieti matrimoniali imposti ai senatori
e ai ceteri ingenui devono essere infatti spiegati come una conseguenza del
diverso honos e della diversa dignitas di ciascuno, perch criterio fondamentale delle unioni l' honestas 134, ossia la corrispondenza del matrimonio alla
dignitas 135 Sulla base di queste disposizioni, gli ingenui non potevano sposare coloro che esercitavano l'ars /udicra o la prostituzione o erano state condannate in un iudicium pub/icum 136; e ai senatori, oltre che l'unione con
queste stesse persone e con i loro discendenti, era interdetto anche il matrimonio con le li berte 137 Che il discrimine tra le diverse posizioni fosse l'honos, dimostrato innanzitutto dal fatto che, almeno fino all'inizio del II sec.
a.C. (ma pi probabilmente anche dopo: secondo l'Humbert, fino alle leggi
di Augusto 138), l'unione tra ingenuus e /iberta comportava l'irrogazione nei
fragm., p. 280, !in. 3 (REIFFERSCHEID): matrona filios ampliat; mater fomilias quae patri fomiliae
nupsit.
13 3 RoTONDI, Leges publicae, cit., 443 ss.; 457 ss.
134 Mod. sing. rit. nupt. D. 23, 2, 42 pr.: semper in coniunctionibus non solum quid liceat considerandum est, sed et quid honestum est.
135 Marcel!. l ad leg. Iul et Pap. D. 23, 2, 49: observandum est, ut infirioris gradus homines ducant uxores eas, quas hi qui altioris dignitatis sunt ducere legibus propter dignitatem prohibentur: at contra antecedentis gradus homines non possunt eas ducere, quas his qui infirioris dignitatis sunt ducere non
licet.
136 Tit. Ulp. 13, 2: ceteri autem ingenui prohibentur ducere lenam et a lenone lenave manumissam
et in adulterio deprehemam et iudicio publico damnatam et quae artem ludicram ficerit: adicit Mauricianus et a senatu damnatam; l'equiparazione tra lenocinio e meretricio fornita da Ulp. l ad leg.
IuL et Pap. D. 23, 2, 43, 6: lenocinium focere non est minus quam corpore quaestum exercere. A questi
va aggiunto anche il divieto di matrimonio con la obscuro loco nata, ossia con colei che nata in !oca
inhonesta (secondo quanto dimostrato dal CASTELLO, In tema di matrimonio e concubinato, cit., 135
ss., le cui osservazioni non mi sembrano superate dalle critiche di S. SOLAZZI, Il concubinato con l"obcuro loco nata' [1947-48], ora in Scritti di diritto romano, V, Napoli, 1972, 68, che ritiene l'espressione interpolata), con la quale possibile solo il concubinato (Marcian. 12 inst. D. 25, 7, 3 pr.). Su
questi passi e sulla cronologia dei divieti, cfr. R. ASTOLFI, La !ex lulia et Papia 3 , Padova, 1995, 97
ss.
137 Pau!. l ad leg. Iul. et Pap. D. 23, 2, 44 pr.: lege Iulia ita cavetur: "qui senator est quive fillus
neposve ex filio proneposve ex filio nato cuius eorum est erit, ne quis eorum sponsam uxoremve sciens dolo
malo habeto libertinam aut eam, quae ipsa cuiusve pater materve artem ludicram focit ficerit, sponsa
nuptave sciens dolo malo esto neve quis eorum dolo malo sciens sponsam uxoremve eam habeto "; Tic. Ulp.
13, l: lege lulia prohibentur uxores ducere senatores quidem liberique eorum libertinas et quae ipsae quarumve pater materve artem ludicram ficerit, item corpore quaestum focientem; Ulp. l ad leg. lui. et Pap.
D. 23, 2, 43, lO: senatus censuit non conveniens esse ulli senatori uxorem ducere aut retinere damnatam
publico iudicio; cfr. M od. lib. sing. de ritu nupt. D. 23, 2, 42, l; Ulp. 30 ad ed. D. 24, l, 3, l. Le
disposizioni erano proprio delle persone di rango senacoriale: Cels. 30 dig. D. 23, 2, 23: lege Papia
cavetur omnibus ingenuis praeter senatores eorumque liberos libertinam uxorem habere licere; cfr. Pau!.
35 ad ed D. 23, 2, 16 pr.; C. 5, 4, 28 pr. (a. 531 ve! 532); cfr. anche Pau!. l ad leg. lui. et Pap. D.
23, 2, 44, 8: eas quas ingenui ceteri prohibentur ducere, senatores non ducent. Sulla cronologia di questi
divieti, cfr. ASTOLFI, Lex Iulia et Papia 3 , cit., 93 ss.
138 M. HUMBERT, Hispa/a Faecenia et l'endogamie des affranchis sous la Rpublique, in Index,
X:V, 1987, 135 ss.; per CASTELLO, In tema di matrimonio e concubinato, cit., 70, l'episodio del 186
a.C. (cfr. infra, nt. 144) costitu un precedente che con il tempo dovette essere imitato.

'MATERFAMILIAS'

485

confronti del primo della ignominia 139, ossia di una sanzione che interveniva
sulla dignitas del soggetto 140 ; in secondo luogo dal fatto che dalla legislazione augustea in poi fu ammessa l'unione matrimoniale fra persona di rango
senatoriale e libertini nei casi in cui il senatore avesse perduto la propria dignitas (la libertina con cui egli ha una relazione poteva divenire da quel momento uxor 141 ) o che lafilia senatoris avesse esercitato la prostituzione o l'ars
ludicra o fosse stata iudicio publico damnata, perch in tal caso ella avrebbe
perduto il suo honos potendo pertanto sposare inpune un libertino 142
Fra persone di diversa dignitas, quando non fosse intervenuta l' indulgentia
principis 143, l'unico rapporto consentito era pertanto il concubinato, nel quale non si condivide l' honor matrimonii e dunque non si pone problema di
dignitas 144 Eppure, come abbiamo visto, anche se la concubina non pu
competere con la dignitas della uxor, il suo nomen comunque pi honestum
di quello di altre donne unite ad un uomo da un legame non matrimoniale;
non solo, ma all'interno della categoria concubinae una posizione particolare
spetta alla liberta che viva in concubinato con il proprio patronus: questa era
persino accusabile di adulterio - seppur a titolo diverso dalla uxor. Mn iure
mariti, ma iure extranei 145 - , e le si attribuiva il nomen di matrona 146 (mai
139
Cfr. l'episodio di Hispala Fecenia (Liv. 39, 19, 3-5), liberta cui - per il suo comportamento
in occasione dell'affare dei Baccanali - era stato consentito di sposare l' ingenuus di cui era concubina;
in quella occasione fu necessario un senatoconsulto neu quid ei, qui eam duxisset, ob id ftaudi ignominiave met; per l'interpretazione di ftaus e ignominia, cfr. HUMBERT, Hispala Faecenia, cit., 132
ss., 143. nr. 7 ed 8.
140 Mi limito a richiamare A.H.J. GREENIDGE, lnfomia. lts Piace in Roman Public and Private
Law, Oxford, 1894, !54 ss.
14 1 Ulp. 3 ad leg. lul. et Pap. D. 23, 2, 27: si quis in senatorio ordine agens libertinam habuerit
uxorem, quamvis interim uxor non sit, attamen in ea condicione est, ut, si amiserit dignitatem, uxor esse
incipiat.
142 Pau!. 2 ad leg. Iul. et Pap. D. 23, 2, 47: senatoris filia, quae corpore quaestum ve! artem ludicram focerit aut iudicio publico damnata foerit, inpune libertino nubit: nec enim honos d servatur, quae
se in tantum foedus deduxit. Per S. SOLAZZI, Glossemi nelle fonti giuridiche romane (1939), ora in
Scritti, cit., IV, Napoli, !963, 182, la frase nec enim ... deduxit sarebbe interpolata, fra l'altro perch
si usa la forma honos al posto della pi recente honor, ma mi sembra che invece il passo si inserisca
bene nell'insieme delle risultanze delle fonti.
143 Ulp. 6 ad leg. Iul. et Pap. D. 23, 2, 31.
144 A differenza di quanto accade nel matrimonio: Vat. Fragm. 104: Paulus respondit dignitatem
mulierum ex honore matrimonii et augeri et minui so/ere; cfr. anche Ulp. 6 fideicomm. D. l, 9, 8:
feminae nuptae clarissimis personis clarissimarum pmonarum appellatione continentur. clarissimarum
feminarum nomine senatorum filiae, nisi quae viros clarissimos sortitae sunt, non habentur: feminis enim
dignitatem clarissimam mariti tribuunt, parentes vero, donec plebeii nuptiis foerint copulatae: tamdiu
igitur clarissima femina erit, quamdiu senatori nupta est vel clarissimo aut separata ab eo alii inferioris
dignitatis non nupsit. Alla luce di quanto rilevato per il periodo successivo ad Augusto, comprendiamo anche meglio il citato episodio della Pudicitia Plebeia (supra, nt. 124): evidentemente, nel III
sec. a.C., dai patrizi era ancora cos awertita la differenza di dignitas con i plebei, da non ammettere
che una patrizia sposata ad un plebeo mantenesse lo stesso honos. Sull' honor matrimonii cfr. soprattutto E. ALBERTARIO, 'Honor matrimonii' e 'affictio maritalis: in RIL, LXII, 1929, 3 ss. (estr.), e,
specialmente, p. 6, ove tuttavia l'a. valuta gli impedimenti fra soggetti di rango diverso come vincoli
di natura sociale o morale, dei quali il regime giuridico sarebbe solo un riflesso; ma secondo il modesto awiso di chi scrive simili distinzioni nella materia in esame non possono essere rigide.
14 5 Ulp. 2 de adult. D. 48, 5, 14 (13) pr.: si uxor non foerit in adulterio, concubina tamen foit,
iure quidem mariti accusare eam non poterit, quae uxor non foit, iure tamen extranei accusationem

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ROBERTO FIORI

quello di hospita o amica, come risulta dalle iscrizioni 147). Anche in questo
caso il criterio evidentemente l' honestas, e poich nella legislazione augustea
la donna honesta detta mateifamilias a prescindere dalla sua condizione di
nupta, si potr arrivare all'apparente paradosso 148 dell'attribuzione alla liberta
concubina del patrono - ma solo a lei
dell' honestas di una mateifamilias:
Marcell. 26 dig. D. 23, 2, 41, 1: Et si qua in concubinatu alterius
quam patroni tradidisset, matris fomilias honestatem non habuisse dico.
In sostanza, si afferma che anche la liberta concubina del proprio patrono
deve essere ricompresa nel novero di quelle donne nei confronti delle quali
si commette stuprumladulterium al di fuori di una unione, ma poich questa
unione non matrimoniale, alla concubina non spetter il titolo di mateifamilias 149 , bens solo l' honestas della materfomilias, ossia la necessit di rispettare le leggi augustee e di essere assoggettata alla accusatio adulterii; quando
si esca da questo tipo di unione para-matrimoniale, e la liberta sia concubina
di un altro uomo, la legislazione nei suoi confronti non si applica. Cq.e questa sia la lettura da seguire, mi sembra dimostrato da un altro passo, che
discuteremo pi avanti, del quale ora basta riportare la seguente affermazione:
Ulp. 2 ad leg. Iul et Pap. D. 25, 7, l pr.: ... quippe cum honestius sit
patrono libertam concubinam quam matrem fomilias habere.
Come si vede, si sostiene che honestius per il patrono di tenere presso di
s la liberta non come materfomilias, ma come concubina. Alla liberta, quando sia concubina del patrono, non spetta dunque il titolo di mateifamilias ed ovvio, altrimenti avendo rapporti con lei al di fuori del matrimonio si
incorrerebbe in crimen 150 - che potrebbe acquistare solo in seguito a matriinstituere non prohibetur, si moda ea sit, quae in concubinatum se dando matronae nomen non amisit,
ut puta quae patroni concubina foit. Il testo spiegato assai chiaramente in BONFANTE, Corso, l, cit.,

233, e in MEYER, Konkubinat, cit., 78, 84.


146 Ulp. 2 de adult. D. 48, 5, 14 (13) pr., riportato supra, nt. 150. Cfr. anche Val. 5 fideicomm.
D. 38, l, 46: liberta si in concubinatu patroni esset, perinde ac si nupta eidem esset ... Individua un
ruolo di particolare honos (ma nd mero senso di Ehre) per la liberta concubina dd patrono anche il
MEYER, Konkubinat, cit., 28, le cui argomentazioni non sono inficiate dalle critiche di B. KOBLER,
in ZSS, XVII, 1896, 361, il quale non ha, in tutta evidenza, compreso il testo dell'a.: quest'ultimo
sosterrebbe l'esistenza di eine ehrenvollere Verbindung n d concubinato tra patrono e liberta sulla
sola base di Ulp. 2 ad leg. lui et Pap. D. 25, 7, l pr., dove l'honos indubbiamente dd patronus, e
non porrebbe invocare eine andere Stelle ... fur seine Ansicht; ma il Meyer interpreta correttamente il passo ulpianeo e richiama, per l' honos della liberta, Marcell. 26 dig. D. 23, 2, 41, l. Su entrambi questi passi, cfr. infra. Cfr. anche J. GAUDEMET, Union fibre et mariage dans la Rome impriale, in
dura, XL, 1989, 9.
147 MEYER, Konkubinat, cit., 82.
148 Cfr. Macrob. Sat. l, 6, 12-14 e Liv. 39, 53, 3, richiamati supra, nt. 124.
14 9 Cfr. infra, 9.
l 50 Cfr. Marcian. 12 inst. D. 25, 7, 3 pr.-1 (dove si dencano le donne che non possibile sposare, fra cui la aliena liberta); Mod. l reg. D. 48, 5, 35 (34) pr.

'MATERFAMILIAS'

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monium, ma ella semplicemente assoggettata, pur con uno statuto particolare, alle leggi augustee.
In conclusione, con la legislazione augustea il termine materfomilias passa
ad indicare - dalla definizione antica di donna non soggetta a potestas cui
dovuto un particolare honos (che corrisponde a rispetto sociale, ma anche a
condizione giuridica) in considerazione della sua maiestas all'interno del gruppo familiare - la donna che, in considerazione della dignitas che per nascita
e per comportamento le attribuita all'interno del gruppo sociale, viene considerata particolarmente dotata di honos, cio honesta. A ben vedere, il mutamento relativo e coerente sia con i principi tradizionali romani 151 , sia con
la volont di Augusto di attrarre nella sfera del pubblico rapporti prima lasciati alla sfera del privato: come l' adulterium non pi un reato circoscritto
nell'ambito della domus ma interessa l'intera comunit, cos l' honestas delle
donne assume rilevanza non solo all'interno della fomilia, ma nell'ordinamento generale. Anche questa terza accezione di materfomilias, pertanto, ha
valore giuridico e non, come invece stato sostenuto 152 , morale o sociale;
anzi, esso ha verisimilmente influenzato anche il significato di materfomilias
come donna sui iuris: quest'ultimo, pur traendo origine dalla stessa matrice
originaria, si muove certo su un piano diverso, maggiormente privatistico,
eppure si potrebbe ipotizzare che lo stesso significato di donna sui iuris sia
stato esteso anche alle donne non sposate proprio in conseguenza del distacco, determinato dalla legislazione augustea, dell'espressione materfomilias dalla figura della nupta.
9. Abbiamo analizzato sinora le fonti che forniscono una definizione della
nozione di materfomilias ma, naturalmente, il termine ricorre nella letteratura latina in un numero molto maggiore di passi.
Prescindendo da alcuni testi che si occupano del termine solo da un punto di vista linguistico 153 o che non consentono alcuna interpretazione per
ragioni di contesto 154 o perch giunti in maniera eccessivamente
frammentaria 155 , possiamo distribuire le fonti in cinque gruppi 156 : a) riferi151
Sulla volont di AugustO di porsi in una linea di continuit con i mores maiorum, cfr. Res
gest. 8, 5: Legibus novi[s] m[e auctore ~atis m[ulta e]xempla maiorum exolescentia iam ex nostro [sarcu~o
red[uxi et ipse] multarum rer[um exe]mpla imitanda pos[teris tradidt]; cfr. anche Cass. Dio 56, 2, 1-9,
3; D. NORR, The Matrimonial Legislation ofAugustus: An Early lmtance of Social Engineering, in lr.
Jurist>>, XVI, 1981, 350 ss.; E. BALTRUSCH, Regimen morum. Die Reglementierung des Privatlebens der
Senatoren und Ritter in der romischen Republik und fruhen Kaiserzeit, Miinchen, 1988, 180 ss.
152 Cfr. supra, nt. 116.
153 Serv. in Verg. Aen. 11, 801 lfamilias genitivo,fomi/iae dativo).
154 Plin. nat. hist. 37, 10, 29 (una mateifamilias spende 150.000 sesterzi per una truffa di cristallo); Porph. in Hor. carm. saec. 33-34, 12 (rinvio al Mercator di Plauto).
155 Varr. scaen. or. frg. 71 (FUNAIOLI, p. 216): matres fomiliae.
156 Sono stati presi in considerazione essenzialmente gli aurori che vanno dalle origini fino al II
sec. d.C. compreso; per l'et successiva, infatti, da un !aro indicativa la documentazione dei testi
giuridici, dall'altro, per i letterari si hanno indizi per ritenere che il cristianesimo abbia influenzato il

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ROBERTO FIORI

mento a fi-gure determinate, il cui stato sembra fosse quello di moglie in


manu del paterfomilias o di donna sui iuris 157 ; b) moglie del paterfomi/ias 158 ;
c) utilizzazione in contesti in cui si evidenzia l'honestas e la pudicitia della
materfomilias, soprattutto in opposizione alla meretrix o alla paelex, oppure
accanto ai praetextati, alle virgines o agli ingenui oggetto di (anche solo potenziale) stuprum 159; d) uso finalizzato ad indicare una parte della societ
romana distinta da viri, liberi, seniores 160; e) riferimento ad una uxor della
quale non si riesce ad individuare lo status 161 I casi sub a) e b) si accordano
con i significati sopra rilevati di materfomilias come moglie in manu del paterfomilias o come donna sui iuris; ma le attestazioni numericamente pi ricorrenti sono quelle sub c) e d), che spesso si intrecciano e in fondo consentono di spiegare anche i casi sub e): in esse materfomilias utilizzato al plurale per indicare una categoria di donne che si distinguono nella societ per
il loro ruolo di madri, di mogli e di padrone di casa 162, e che nella cultura
romana sono associate a dei valori di natura religiosa, etica e giuridica, che
significato tradizionale dell'espressione secondo schemi culturali che in questa sede non interessa indagare (cfr. per tutti Terr. virg. ve!. 16, Il, 8 e supra, nt.ll4, nonch infra, nt. 211).
157 Il termine utilizzato per la moglie di Demarato, padre di T arquinio Prisco (Cic. rep. 2, 34),
e per Clodia (Cic. Cael. 32 e 57). Rispetto a quest'ultima, usato nel primo passo con ironia (si
allude alla sanctitas matronae), nel secondo evidenziando l' honestas che dovrebbe caratterizzare la materfomilias in opposizione alla meretrice: quella di Clodia una domus nella quale una materfomilias
vive meretricio more. Se mi sembra non possano esserci dubbi sul fatto che la moglie di Demarato
fosse (per il diritto romano) moglie in manu del paterfom_i/ias (e nello stesso senso va interpretato
l'appellativo rivolto a Giunone in Plaur. Amph. 831-32), pi difficile determinare con esattezza
quale fosse lo status giuridico di Clodia nel 56 a.C., anno della pro Caelio. Credo tuttavia che sussistano elementi per sostenere che ella fosse una donna sui iuris: il padre le era morro nel 76 a.C. (cfr.
Varr. r. rust. 3, 16, 2); non sappiamo se ella fosse o meno in manu del marito, Q. Cecilia Merello
Celere, console nel 79, che era morro nel 59 (F. MONZER, Clodius [Nr.66], in RE, N, Sruttgarr,
1900, 105; cfr. Io., Caecilius [Nr.86], id., III.!, Sturrgarr, 1897, 1208 ss.), del cui padre adottivo
(Q. Cecilia Merello Celere, tribunus plebis 90: cfr. F. MNZER, Caecilius [Nr.85], in RE, III.!,
cit., 1208) non abbiamo notizie per quell'anno (anche se probabilmente era morro: nel Brutus Cicerone lo ricorda come un oratore della sua giovinezza: Cic. Brut. 305). Comunque, pur non volendo
ritenere con E. COSTA (Cicerone giureconsulto', Bologna 1927, 53 ss.) che nel I sec. a.C. la conventio
in manum fosse istituto ormai eccezionale, cerro che la libert parrimoniale e di costumi di Clodia
fanno pensare che difficilmente ella potesse essere in potestate.
158 Q. Muc. iur. civ., frg. 2, 5a (BREMER, I, 74); Svet. fragm., p. 280, !in. 3 (REIFFERSCHEID);
Colum. r. rust. 12, proem., !O; Plin. nat. hist. 19, 57; Sen. contr. 7, 5 pr.; Serv. in Verg. Georg. !,
43; Geli. 5, 19, 9.
l59 Nel primo senso: Plaur. Merc. 405; Stich. 98; Cic. Cael. 32; [Cic.] in Sal!. 15; Nep. vit.,
proem., !, 6; Liv. 8, 22, 3; Val. Max. 5, 2, l; 6, l, 8; 8, l (abs.), !2; Frontin. strat. 4, l, 10; Sen.
contr. 7, 5 pr.; Sen. ep. ad Luc. 16, 97, 5. Nel secondo: Ter. Adelph. 747; Cic. Cael. 57; Phil. 2,
105; Liv. 39, 53, 3; Sen. contr. 9, 2, l. Nel terzo: [Caes.] beli. Alex. 58, 4; Cic. Verr. 2, l, 62; 2, 4,
116; 2, 5, 137; Cat. 4, 12; Phil. 2, 105; 3, 31; ad fom. 5, !Oa, l; [Cic.] rhet. ad Her. 4, 12; Sali.
Cat. 51, 9; Virr. arch. !, 7, l; Gai 3, 220 (iniuria); Sver. Aug. 69, l; CIL VI, 32323, !in. 123 (Acta
ludorum saecularium Augustt).
160 Ruril. schem. !ex. 2, 6; [Caes.] bel!. Alex. 58, 4; Caes. bel!. civ. 2, 4, 3; Cic. Verr. 2, 2, !36;
Varr. /. Lat. 7, 44: r. rust. 2, 10, 8; vit. pop. Rom., frg. 48 (RIPOSATI, p. 294); Liv. 34, 2, l; 34, 7,
3; Vitr. arch. 3, 3, 3; Geli. l, 23, IO.
161 [Caes.] bel!. Hisp. 19, 3; Laber. Comp., frg. l (RlBBECK, II, 284, !in. 30); Apul. met. 9, 7.
l62 Cfr. in particolare Perro n. sat. 67, Il: diligentia matris fomilia~ Enn. Androm., frg. 2 (RlBBECK, I, 27, !in. 97): liberum quaesundum causa fomiliae matrem tuae.

'MATERFAMILIAS'

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trovano la loro massima espressione nella pudicitia. Questo uso, che doveva
essere il pi diffuso nel linguaggio comune, si conservato nel tempo accanto al mutare delle utilizzazioni tecniche del termine ed di certo alla base
delle definizioni di Cicerone e Gellio - e di quanti li seguono 163 - della mateifamilias come donna in manu, erede delle tradizioni pi antiche, contrapposta alle altre uxores; anzi, poich difficile credere che Cicerone non sapesse quel che scriveva quando definiva la mateifamilias, non da escludere
che nella tarda repubblica ci sia effettivamente stata una utilizzazione del
termine in senso onorifico per tutte quelle donne che accettavano di sottoporsi, seguendo i mores, alla manus del marito. Ma che esso non abbia assunto mai un valore definitorio sotto il profilo giuridico mi sembra dimostrato
da attribuzioni dell'appellativo svincolate da ogni riferimento alla realt romana - e dunque da quell'istituto del ius proprium Romanorum che la patria potestas 164 - , ad indicare mogli, madri, padrone di casa di altre popolazioni come i Greci 165, i Germani 166 i Galli 167
In questo senso credo debba essere letto il quarto significato 168 di, materfomilias come uxor, non rilevato dal Carcaterra e dal W olodkiewicz, ma dal
solo Kunkel, e tuttavia gi in Dirksen e Heumann-Seckel 169 Tuttavia, poich a prova di un tale significato soprattutto dal Kunkel ed in HeumannSeckel sono stati richiamati alcuni passi giuridici, sar bene esaminarli con attenzione, perch si potrebbe ritenere che essi rivelino un valore tecnico-giuridico; se cos fosse, infatti, dovremmo concludere che materfomilias in senso
proprio non significasse - al di l dell'utilizzazione come femina honesta donna non in potestate>>, ma potesse riferirsi ad ogni donna sposata, anche
in potestate, contraddicendo non solo la testimonianza di V errio Fiacco - che
in questa sede abbiamo assunto come la pi affidabile per il diritto arcaico ma anche quelle di tutte le altre fonti letterarie che distinguono la materfomilias, in quanto donna in manu, dalle altre mogli tantummodo uxores.
Innanzitutto, due frammenti di giuristi classici, Marcello e Ulpiano. Di
entrambi ci siamo gi occupati nel paragrafo precedente, ma se del primo
(Marcell. 26 dig. D. 23, 2, 41, l) mi sembra sia risultata evidente la dipendenza dal significato di donna honesta, il secondo richiede un ulteriore approfondimento:
163

Cfr. supra, 2.
Gai l, 55.
16 5 Cic. Verr. 2, 2, 136; 2, 5, 137 (ma in entrambi il senso vicino a quello di donna honesta);

164

Val. Max. 8, l(amb.), 2; Vitr. arch. 6, 7, 2; 6, 7, 4.


166 Caes. bel!. Gal!. l, 50, 4.
167 Caes. be!L Ga!L 7, 26, 3; 7, 47, 5; 7, 48, 3.
16 8 Secondo la distinzione proposta supra, l.
169 KUNKEL, Mater fomilias, ci t., 2183 s.; H. E. DIRKSEN, Manuak Latinitatis fontium iuris civilis
Romanorum, Berolini, 1837, 571, e HEUMANNSECKEL, Handlexikon 9 , cit., 335, dove, non tenendosi conto delle fonti letterarie, non si individua il significato di donna in manu, ma quelli di: a) uxor,
b) matrona, intesa per come donna honesta; c) foemina suae potestatis.

490

ROBERTO FIORI

Ulp. 2 ad leg. lui et Pap. D. 2~, 7, l pr.: Quae in concubinatu est,


ab invito patrono poterit discedere et alteri se aut in matrimonium aut in
concubinatum dare? ego quidem probo in concubina adimendum ei conubium, si patronum invitum deserat, quippe cum honestius sit patrono libertam concubinam quam matrem fomilias habere.
Ulpiano inizia con il presentare un problema: la liberta che sia concubina
del proprio patrono, pu allontanarsi da lui e divenire moglie o concubina
di un terzo? (quae in concubinatu est, ab invito patrono poterit discedere et
alteri se aut in matrimonium aut in concubinatum dare?). Poi espone la propria opinione: alla liberta deve essere tolto lo ius conubii qualora abbia abbandonato il patrono senza il di lui consenso (ego quidem probo in concubina
adimendum ei conubium, si patronum invitum deserat), dal momento che
(quippe cum) honestius per il patrono libertam concubinam quam matrem
fomilias habere. Il senso del frammento difficile da rintracciare, presentando soprattutto due problemi: nella prima parte del passo, si fa discendere la
perdita dello ius conubii non solo dal divorzio, ma anche dalla fine dl concubinato imputabile alla liberta invito patrono; nella seconda, il periodo quippe ... ha bere non lega con il resto del passo: se la li berta andata via, che
senso ha ricordare che honestius per il patrono tenerla presso di s come
concubina piuttosto che come mateifamilias?
Non a caso il passo stato sospettato di interpolazione da quasi tutti gli
autori che se ne sono occupati in maniera approfondita. Le proposte di restituzione del testo sono essenzialmente cinque: a) il Volterra e il Solazzi
ritengono di dover espungere, dalla prima parte del brano, aut in matrimonium aut, e poi l'intera seconda parte, da ego ad habere 170 ; b) per l'ArangioRuiz - seguito dal Solazzi (dopo un ripensamento) e dall'Astolfi -,la seconda parte sarebbe invece genuina, ma dalla prima occorrerebbe espungere aut
... aut in concubinatum 171 ; c) cos anche il Wesel, secondo il quale, tuttavia,
dovrebbe eliminarsi anche la seconda parte 172; d) secondo il Beseler, seguito
dal Levy, la prima parte sarebbe genuina, ma tutta la seconda sarebbe interpolata 173 ; e) secondo il Ktibler, il Bonfante e il Perozzi sarebbe interpolato
unicamente, nella seconda parte, il periodo quippe ... habere 174
L'interpretazione sub a) non mi sembra da accogliere: rispetto alla prima
170
E. VOLTERRA, Sul divorzio della liberta (1936), ora in Scritti, cir., I, Napoli, 1991, 517; S.
SO!AZZ!, Studi sul divorzio (1925), ora in Scritti, cit., III, Napoli, 1960, 24, nr. 12.
171 V. ARANGIO-RU!Z, in Aegyprus, V, 1924, 107, nr. l; S. SO!AZZI, La legge augustea sul
divorzio della liberta e il diritto civile (1948), ora in Scritti, V, cir., 89, nr. 16, che per elimina anche in concubina dalla seconda parte del brano; ASTOLF!, La !ex lulia et Papia 3 , cir., 175 e nr. 6.
172 U. WESEL, Rhetorische Statuslehre und Gesetzesauslegung der riimischen juristen, Koln-BerlinBonn-Miinchen, 1967, 97.
17 3 G. BESELER, Beitriige zur Kritik der riimischen Rechtsquellen, IV, Tubingen, 1920, 213; E.
LEVY, Der Hergang der romischen Ehescheidung, Weimar, 1925, 5, nt. l.
174 KOBLER, in ZSS, XVII, 1896, 362; BONFANTE, Corso, I, cit., 233, nr. 4; PEROZZI, Istituzioni, F, cir., 282, nr. l.

'MATERFAMILIAS'

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parte del brano, essa si fonda principalmente sull'affermazione che il verbo


discedere pu applicarsi al concubinato e non al matrimonio della li berta 175 ,
ma abbiamo esempi di uso del verbo anche ad inqicare indiscutibilmente il
divorzio della uxor 176 ; rispetto alla seconda parte, essa segue la proposta sub
d), che non appare convincente limitatamente al periodo ego ... deserat, in
quanto il testo si accorda perfettamente con quel che sappiamo circa il divorzio della liberta realizzato invito patrono 177
L'ipotesi sub b), secondo la quale il riferimento nella seconda parte al divieto di ius conubii ((non pu riferirsi se non al matrimonio, mentre sarebbe
del tutto fuori di posto nell'applicazione a un secondo concubinato 178 , appare maggiormente convincente, perch si potrebbe ricostruire il senso del
passo in questo modo: la donna perde lo ius conubii in quanto ha lasciato il
patrono contro la sua volont per sposare un altro, non tenendo conto del
fatto che honestius per un patrono di avere la propria liberta come concubina piuttosto che come materfamilias, cio sposandola. Questa lettura per
rende inutile la soppressione della seconda parte parte del brano, cosicch
preferiremo non seguire la proposta sub c).
Altrettanto affidabile sembra essere l'interpretazione sub e). Ammettendo
che la prima parte del brano e il periodo ego ... deserat della seconda siano
genuini, l'ultima proposizione (quippe ... habere) non ha alcun senso; non
sar pertanto azzardato ritenere che essa non appartenga alla stesura originaria di Ulpiano. Ma non credo che al riguardo debba necessariamente pensarsi ad un inserimento delle ((Rechtsanschauungen der justinianischen Zeit>> 179 :
anzi, come aveva notato il Castello, una simile paternit contrasterebbe troppo con ((lo spirito che informa tutta l'opera di Giustiniano il quale, da imperatore cristiano, lotta contro le unioni extramatrimoniali, cercando, nei
limiti del possibile, di trasformarle in matrimonio 180 Piuttosto, il ritenere
honestius, cio pi consono al di lui honos, che il patrono tenga presso di s
la liberta non come materfamilias, ma come concubina, mi sembra si accordi
con le tradizioni romane della repubblica e con la loro rilettura del principato: ricorderemo infatti che fno al II sec. a.C. l' ingenuus che avesse sposato
una liberta sarebbe stato soggetto alla ignominia, cio ad una diminuzione
della sua dignitas; e che, anche se con Augusto i ceteri ingenui saranno ammessi al matrimonio con le liberte, ci sar ancora proibito ai senatori, vedendosi in un simile atto una diminuzione di dignitas 181 Non dovr pertan175 SOLAZZI. Studi sul divorzio, cit., 24, nt. 12.
!76 Cfr., con specifico riferimento al matrimonio fra patrono e li berta, M od. l reg. D. 34, 2, l O;
Marcian. 10 imt. D. 34, 3, 35; C. 5, 5, l (a. 285).
177 Cfr. per tutti ASTOLFI, La !ex lulia et Papia 3, cit., 173 ss.
178 ARANGIO-RUIZ, in Aegyptus, V, 1924, 107, nt. l.
!79 Cos .KOBLER, in ZSS, XVII, 1896, 362.
l80 CASTELLO, In tema di matrimonio e concubinato, cit., 78.
l8l Su tutto ci cfr. supra, 8.

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to sembrare strano che un autore classico scriva che maggiormente adeguato all' honos di un ingenuo di non sposare la li berta, ma di tenerla come concubina: ed allora concluderemo che probabilmente la frase quippe ... ha bere
stata tratta dall'opera di qualche giurista classico - forse lo stesso Ulpiano - e
inserita posteriormente nel testo come glossema.
In conclusione, anche se il passo di Ulpiano non genuino, tanto
nell'ipotesi sub a) che in quella sub e) la frase che contiene il riferimento
alla materfomilias sembra essere classica. Ma allora la sostanza del nostro
problema non cambia, perch l'opposizione tra concubina e materfomilias
sembra indirizzare senz'altro verso una antitesi fra donna non sposata e
<<donna sposata 182, e dunque per un uso tecnico-giuridico di materfomilias
come uxor. Personalmente riterrei che la spiegazione vada ricercata ancora
una volta nel significato proprio di honestas e nell'accezione di materfamilias
ad essa collegata. Il concubinato una relazione extramatrimoniale realizzabile solo con donne inhonestae, cio con donne che non rientrano nel novero delle matresfamilias; rispetto alle prime non si commette stuprum anche se
non c' matrimonio, come invece avverrebbe con le seconde. La condizione
della liberta che sia concubina del patronus , lo abbiamo visto, peculiare,
perch ella soggetta all'accusatio adulterii; ma l'attribuzione dell' honestas
matrisfamilias, ossia di uno statuto paragonabile a quello delle donne nei confronti delle quali si commette stuprum/adulterium, non compona l' attribuzione del titolo di materfomilias: la liberta potrebbe assumerlo solo quando il
matrimonio con il patrono aumentasse il suo honos, in considerazione del
fatto che la dignitas mulierum pu accrescersi o diminuire a seconda del tipo
di matrimonio 183 Il rapporto materfomilias-uxor nel passo , pertanto, non
diretto ma, per cos dire, mediato: la liberta non diviene materfomilias cio
uxor, ma diviene materfomilias in quanto uxor, ossia in virt del fatto che il
matrimonio con un ingenuus ha determinato per lei un mutamento di dignitas facendola finalmente rientrare nella categoria di donne nei confronti delle
quali si commette stuprumladulterium, dette appunto matresfamilias. Per converso, si considera il matrimonio con una liberta non adeguato all' honos del
patronus (sempre che egli non sia di rango senatorio, altrimenti un simile
matrimonio gli sarebbe addirittura vietato 184), per cui gli si consiglia con
essa il concubinato, maggiormente consono alla di lui dignitas di ingenuus;
ma poich la politica demografica augustea tende a favorire le unioni con le
li berte, si consente al patrono di essere tutelato dall'adulterio della li berta a
somiglianza di un marito, potendo egli esperire - a differenza di quanto avviene in tutte le altre unioni extramatrimoniali - I'accusatio adulterii.
182

Cfr. anche MEYER, Konkubinat, cir., 28, che traduce Ehefrau>>; BESELER, Beitriige, IV, cir.,
2 I 3, per il quale sinonimico di uxor.
18
3 Vat. Fragm. 104: Paulus respondit dignitatem mulierum ex honore matrimonii et augeri et minui sofere.
184

Cfr. supra, nt. 142.

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Chiarito, spero, il valore di materfomilias nei passi di Marcello e Ulpiano


richiamati dal Kunkel ed in Heumann-Seckel a sostegno del significato del
termine come uxor, passiamo a considerare due passi del Codice, che fanno
riferimento ad una medesima costituzione di Valeriano e Galliena (a. 258):
C. 5, 3, 5: Ea, quae tibi ut sponsae daturum se repromisit is, qui te
ficto caelibatu, cum aliam matrem fomilias domi reliquisset, sollicitavit ad
nuptias, petere cum effectu non potest, cum tu sponsa uxore domi posita
non foisti.
C. 9, 9, 18, 1: Verumtamen ei, qui te ficto caelibatu, cum aliam matrem fomilias in provincia reliquisset, sollicitavit ad nuptias, crimen etiam
stupri, a quo tu remota es, quod uxorem te esse credebas, ab accusatore
legitimo sollemniter infiretur.
Entrambi mostrano abbastanza chiaramente di dipendere dalla ormai diffusa utilizzazione di materfomilias come donna honesta, in quella accezione
cio - determinata dalla legislazione augustea 185 - che prescinde dall'essere la
donna sposata o meno. E ci mi sembra dimostrato non solo dalla collocazione compilatoria di uno di essi, nel titolo ad legem Iuliam de adulteriis et
de stupro, ma anche perch l'aggettivo alia lascia comprendere come anche la
donna non ancora sposata sollicitata ad nuptias fosse detta materfomilias, lettura peraltro confermata anche da C, 5, 12, 31, 3, dove il termine utilizzato per indicare la nuptura. Non mi sembra necessario, pertanto, soffermarmi
oltre su di essi.
Assai delicato invece il problema posto dall'ultimo passo richiamato dal
Kunkel ed in Heumann-Seckel. Esso, infatti, non rappresenta la materfomilias n come moglie in manu del pater, n come donna sui iuris, n come
donna honesta ma, sembrerebbe, come moglie di un soggetto alieni iuris:
Proc. 8 epist. D. l, 7, 44: Si is, qui nepotem ex filio habet, in nepotis
loco aliquem adoptavit, non puto mortuo avo iura consanguinitatis inter
nepotes fotura esse. sed si sic adoptavit, ut etiam iure legis nepos suus esset,
quasi ex Lucio puta filio suo et ex matre fomilias eius natus esset, contra
puto.
Secondo il Carcaterra, si tratterebbe di una adoptio in nepotis loco, nella
185 Su questa costituzione e sul suo rapporto con la !ex lulia t:k adulteriis, cfr. E. VOLTERRA, Per
la storia t:kl reato di bigamia in diritto romano, in Studi U. Ratti, Milano, 1934, 423 ss. Cfr. anche
C. 9, 9, 28 (29: quae adulterium commisit, utrum damina cauponae an ministra foerit, requiri t:kbebit,
et ita obsequio fomulata servi/i, ut plerumque ipsa intemperantiae vina praebuerit: ut, si domina tabernae foerit, non sit a vinculis iuris excepta, si vero potantibus ministerium praebuit, pro vilitate eius quae
in reatum t:kducitur accusatione exclusa liberi qui accusantur abscedant, cum ab his feminis pudicitiae
ratio requiratur, quae iuris nexibus detinentur et matris fomiliae nomen obtinent, hae autem immunes
ab iudicianiz severitate pra~tentur, quas vilitas vitae dignas legum observatione non r:redidit (a. 326).

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quale l'espressione mateifamilias sarebbe stata usata da Proculo per indicare


che la donna in manu mariti: <<infatti mater fomilias la donna in manu
anche se ha sposato un filius fom. 186 Per il Wolodkiewicz, invece, Proculo
intenderebbe sottolineare <<la differenza esistente tra l'adozione e l' arrogazione ai fini del sorgere dello ius consanguinitatis fra due nipoti, uno dei quali
era stato adottato; la prima parte del brano indicherebbe dunque una adoptio in senso stretto, la seconda una adrogatio 187
In realt, se vero che nelle fonti, accanto all'espressione adrogatio in nepotis loco 188 , si utilizza quella di adoptio in nepotis loco non solo quando
l'adottando alieni iuris 189, ma anche in casi in cui non si specifica lo status
originario dell'adottato 190 e in ipotesi in cui chiaro che questi sui iuris
perch previamente emancipatus 191 , pur vero che, come ha notato il Volterra 192 , nulla nel frammento induce a ritenere che il nepos fosse sui iuris; e
infatti la maggioranza della dottrina 193 ha ritenuto entrambe le ipotesi richiamate da Proculo esempi di adoptio (in senso lato).
Comunque si intenda risolvere la questione di diritto sostanziale 19\ oc186

CARCATERRA, Mater fomilias, ci t., 129, nt. l.

187 WOLODKIEWICZ, Nozione, cit., 740 s., 752 s.


188 Pap. 12 quaest. D. 28, 2, 23 pr.; Ulp. 26 ad Sab.

D. l, 7, 22, 2; Ulp. 6 ad Sab. D. 28, 6, 2

pr.

l. l, Il, 6 si dice che filius alienus.


ad ed. D. l, 7, 6; Pau! 2 ad Sab. D. l, 7, IO; Pau!. 4 ad Sab. D. l, 7, 11; Pau!. 2
sent. D. l, 7, 37 pr. (= Pau!. sent. 2, 24a, l); Pap. 12 quaest. D. 28, 2, 23, l; Pomp. 20 ad Q Muc.
D. l, 7, 43; Scaev. 5 quaest. D. 37, 8, 6; Tit. Ulp. 8, 7; l. l, 11, 7, oltre ai passi citati infta, nel
corso di questo .
l9l Ulp. 39 ad ed D. 37, 4, l, 7; Ulp. 44 ad ed D. 38, 6, l, 7.
192 E. VOLTERRA, L 'acquisto della patria potestas alla morte del pateifamilias (1976), ora in Scritti,
III, cit., 404.
!93 Cfr. E. VOLTERRA, La nozione dell'adoptio e dell'arrogatio secontkJ i giuristi romani del II e del
III secolo dC. (1966), in Scritti, cit., II, Napoli, 1991, 601 s.; L'acquisto della patria potestas, cit.,
401 ss. (cfr. anche 430 s.); Nuove ricerche, cit., 88; RABELLO, Effitti personali, l, cit., 154; M. KURYLOWICZ, Die adoptio im klassischen romischen Recht, Warschau, 1981, 29; C. Russo RUGGIERI, La
datio in adoptionem, l, Milano, 1990, 223, nt. 241; 312, nt. 155; 313, nt. 156.
194 comunque difficile comprendere per quale motivo Proculo riporti la formula dell'adrogati
e non richiami l'adoptio in senso stretto, problema che, a mia scienza, non stato affrontato in dottrina (nemmeno dal WOLODK!EWICZ, Nozione, cit., 740 s., il quale si limita ad affermare che nella
prima parte del passo si parla di adoptio e nella seconda di adrogatio, come gi C.G. BERGMAN,
Beitriige zum riimischen Adoptionsrecht, Lund-Leipzig, 1912, 103). Nella compilazione giustinianea, il
frammento di Proculo preceduto da uno di Pomponio che chiarisce come l'adoptio (in senso lato)
possa riguardare non solo i figli, ma anche i nipoti; questo secondo tipo poi si distingue ulteriormente a seconda che si consideri il nepos quasi ex filio natus oppure quasi ex incerto (Pomp. 20 ad Q
Muc. D. l, 7, 40: adoptiones non solum filiorum, sed et quasi nepotum fiunt, ut aliquis nepos noster esse
videatur perinde quasi ex filio ve! incerto natus sit: per S. SOLAZZI, 'Pater is est quem nuptiae demonstrant' [1956], ora in Scritti, V, cit., 655, ve/ incerto sarebbe interpolato, ma non muterebbe la sostanza giuridica della distinzione); lo stesso Proculo sembra seguire questa distinzione, che dovrebbe
valere sia per l' adoptio (in senso stretto) sia per l' adrogatio, cosicch dovremmo aspettarci da parte
sua un richiamo all'una e all'altra, e non alla sola adrogatio. Possiamo al riguardo formulare qualche
ipotesi che tuttavia, per l'evidente mancanza di fonti, non pu essere presentata altro che come congettura. Il legame di consanguinitas era probabilmente diversamente qualificato dalla giurisprudenza
del I sec. rispetto a quella del Il-III sec. d.C.; ci sembra potersi dedurre da un passo in cui Ulpiano, dopo aver presentato l'opinione di Cassio Longino, secondo il quale sarebbero detti consanguinei
!89 In

l90 Pau!. 35

'MATERFAMILIAS'

495

corre, per, rilevare come questa stessa dottrina 195 non abbia poi negato la
corrispondenza formale - evidenziata in modo particolare dal Baudoin nel
1558 196 e accolta nell'edizione del Digestum vetus stampata a Lione nello
stesso anno al punto di modificare il testo della littera Fiorentina 197 - tra la
formula riportata da Proculo (ut etiam iure legis nepos suus esset, quasi ex Lucio puta filio suo et ex matre fomilias eius natus esset) e quella dell' adrogatio
tradita da Geli. 5, 19, 9: uti L. Valerius L. Titio tam iure legeque filius siet,
quam si ex eo patre matreque fomilias eius natus esset; il giurista francese, addirittura, aveva proposto una ricostruzione della formula originaria - accolta,
pur se dubitativamente, anche dal Mommsen 198 - che, collegata al passo di
Gellio, fornisce il seguente risultato:
Velitis, iubeatis, uti L. Valerius L. Titio tam iure legeque nepos siet,
quam si ex Lucio patre matreque fomilias eius natus esset, utique Titio
coloro i quali sanguine inter se conexi sunt (Ulp. 12 ad Sab. D. 38, 16, l, 10-11: consanguineos autem
Cassius definit eos, qui sanguine inter se conexi sunt), sostiene che tuttavia non solo i figli n:urali fra
loro, ma anche gli adottivi - che pure non sono legati da ius sanguinis (Paul. 35 ad ed. D. l, 7, 23:
adoptio enim non ius sanguinis, sed ius adgnationis adfert) - hanno iura consanguinitatis con gli altri
figli (non solum autem natura/es, verum etiam adoptivi quoque iura consanguinitatis habebunt cum his
qui sunt in familia ve! in utero ve! post mortem patris nati; cfr. anche Ulp. Coli. 16, 6, l; Paul. Coli.
16, 3, 15). Evidentemente, da una concezione di una consanguinitas legata al sanguis, sulla base della
quale era possibile solo ai fratelli naturali di succedere dopo i sui heredes, si era passati a concepire
una consanguinitas puramente giuridica che comprendeva anche gli adottati e gli adrogati; ci, probabilmente, al fine di consentire variazioni pi ampie delle situazioni ereditarie: e forse non un
caso che proprio per il II e soprattutto per il III sec. sia attestato un uso amplissimo dell' adoptio e
dell'adrogatio a questo scopo (cfr. VOLTERRA, La nozione dell'adoptio e dell'arrogatio, cit., 602 ss.;
L 'acquisto della patria potestas, ci t., 399 ss., 404 ss.; cfr. anche Russo RUGGIERI, La dario in adoptionem, I, cit., 222 ss. e L. VACCA, In tema di 'bonorum possessio' contra 'tabulas', in BIDR>>, LXXX,
1977, 166 ss.), il che potrebbe essere a un tempo causa ed effetto dell'ampliamento. Di questo cammino, Proculo potrebbe costituire il termine medio (e che si tratti di una sua opinione potrebbe dedursi dalle espressioni si ... non puto, sed si ... contra puto), qualora leggessimo il suo passo non nel
senso di una contrapposizione tra l' adoptio (in senso lato) in nepotis loco di un soggetto considerato
quasi ex filio natus e quella di un soggetto quasi ex in?erto natus (come stato per lo pi letto alla
luce del frammento precedente: VOLTERRA, La nozione dell'adoptio e dell'arrogatio, cit., 601;
L 'acquisto della patria potestas, cit., 403; KURYLOWICZ, Die adoptio, cit., 29), ma piuttosto nel senso
di una antitesi tra adoptio (in senso stretto) in nepotis loco e adrogatio in nepotis loco; che il passaggio
dalla prima alla seconda accezione di consanguinitas possa essersi fondato sul tramite dell'adrogatio,
potrebbe sostenersi sulla base del fatto che in questa l'adottato non cade semplicemente della potestas
del pater come avviene nell' adoptio in senso stretto, ma viene considerato iure legeque come iustus
fi!ius del pater e della materfamilias, ossia come nato dalle loro iustae nuptiae.
195 VOLTERRA, La nozione de!!'adoptio e del!'arrogatio, cit., 601; KURYLOWICZ, Die adoptio, 41;
47, m. 3; 57; RABELLO, E/fotti personali, l, cit., !54, nt. 9. Cfr. anche F. DESSERTEAUX, tude sur
!es ejficts de !'adrogation, Dijon-Paris, 1892, 23, nt. 4; BERGMAN, Beitriige, cit., 103; G. BROGGINI,
lus lexque esto, in Festgabe M. Gutzwiller, Basel, 1959, 36, nt. 46; nonch CARCATERRA, Mater fomilias, 129, m. l e WOLODKIEWICZ, Nozione, cit., 740.
196 F. BAUDOUIN, Commentarius de iurisprudentia Muciana, in ].G. HEINECCIUS (ed.), lurisprudentia Romana et Attica, l, Lugduni Batavorum, 1738, 495; Notae ad lib. l et Il Digestorum seu Pan-

dectarum, ibid., 809.


197 Digestum vetus, Lugduni, 1558, 49: sed si sic adoptavit, ut tam iure legeque nepos suus esset.
quam si ex Lucio (puta} jlio suo, et ex matrefami. eius natus esset (in nota il riferimento a Gellio).
198 TH. MOMMSEN, Digesta lustiniani Augusti (ed. maior), I, Berolini, 1870, 24, m. l (ma cfr.
anche l'ed. minor, Berolini, 1954 16 , p. 39, m. 3).

496

ROBERTO FIORl

vitae necisque in eum potestas siet, uti avo endo nepote est. haec ita, uti
dixi, ita vos, Quirites, rogo.
Come si vede, il meccanismo tecnico utilizzato quello della sostituzione
dei soggetti dell'atto: rispetto alla formula dell' adrogatio in .filii loco riportata
da Gellio, in quella dell' adrogatio in nepotis loco si sostituiva nepos a .filius; il
nome del.filius dell'arrogante (nella formula di Proculo, Lucius) al pronome
di ex eo; il nome dell'arrogante (nella formula di Gellio, L. Titius) a ei come
soggetto logico del ius vitae ac necis; e infine avus a pater e di nuovo nepos a

.filius.
A questo punto per appare chiaro come la formulazione usata da Proculo non sia che una eredit dell'antichissima formula dell' adrogatio, nella quale - come avevamo detto a suo tempo 199 - la moglie dell'arrogante era detta
materfomilias per essere la donna in manu di un soggetto sui iuris; e pertanto non credo che il frammento del giurista possa essere utilizzato come argomento (peraltro unico) per sostenere una utilizzazione tecnica del termine
materfomilias anche per le donne in potestate, come di regola doveva essere la
moglie del.filius.
D'altra parte, significativo che nella formula dell'adrogatio cos trasformata sia stato (non creato, ma) mantenuto l'appellativo materfomilias per
indicare la semplice uxor, evidentemente, all'epoca della modificazione della
formula dell' adrogatio - per la quale il terminus ante quem Proculo ma che
non mi sentirei di attribuire a Q. Mucio Scevola con la stessa fiducia del
Baudoin 200 - il termine materfomilias aveva assunto un significato generico
di uxor talmente forte nel linguaggio comune da non lasciar vedere alcuna
contraddizione nella sua utilizzazione per un soggetto in potestate. D'altra
parte, che una utilizzazione atecnica del temine appaia, pur se di rado, anche
nelle fonti giuridiche, mostrato da un passo di Paolo che sembra prescindere da ogni qualificazione giuridica, ponendo l'accento sulla condizione
(sociale) della materfomilias come madre e sposa legittima:
199

Supra, 6.
Questi asseriva che Q. Mucio Scevola, pontefice massimo negli anni 89-82 a.C. (cfr. T.R.S.
BROUGHTON, The Magistrates ofthe Roman Repub/ic, Il, New York, 1952, 37 ss.), avrebbe non solo
concepito - come sappiamo da Geli. 5, 19, 6-7 (=Q. Muc. decr. pont., frg. 2 [BREMER, I, 58]) - il
ius iurandum che doveva essere prestato dall'arrogante per assicurarsi che scopo del negozio non fosse l'appropriazione dei beni dell'arrogato, ma anche disquisito sottilmente de reliquo arrogationis
iure, e secondo l'a. la stessa formula dell'adrogatio riportata da Gellio a Q. Mucio concepta esse
potuit (lurisprudentia Muciana, cit., 495). Allo stesso modo, secondo l'a., potrebbe essere di Q.
Mucio la formula dell'adrogatio in nepotis /oco riportata da Proculo: il passo del giurista romano si
fonderebbe infatti sulla distinzione tra adoptio del filius e adoptio del nepos e, all'interno di questa,
tra adozione nella quale il nepos quasi ex filio natus e adozione in cui il nepos quasi ex incerto
natus, che disegnata dal passo, sopra riportato, dei libri ad Q Mucium di Pomponio (BAUDOUIN,
Jurisprudentia Muciana, cit., 495; Notae, cit., 809). Ma verisimilmente la formula dell'adrogatio era
assai pi antica, e se credibile che Q. Mucio si sia occupato della adoptio in nepotis loco, ci non
basta per sostenere che l'abbia creata.
200

'MATERFAMILIAS'

497

Paul. 17 ad Plaut. D. 5, 4, 3: traditum est et quattuor puellas a matre


familias natas esse: alioquin tradidere non leves auctores quinquies quaternos enixam Peloponemi, multas Aegypti uno utero septenos.
10. Per riassumere, ricostruirei lo sviluppo semantico dell'espressione in
questo senso:
A) Dalle origini fino (al pi tardi) alle XII T avole: mateifamilias la donna non soggetta ad alcuna potestas. Pertanto, poich in et arcaica assai probabilmente non era possibile l'emancipazione dei figli - che si fonda sul
principio delle XII Tavole (tab. 4. 2b) per il quale si pater ter filium venum
duit, filius a patre liber esto - era possibile per una donna di non essere in
potestate di alcuno soltanto:
a) se nubile, quando il pater fosse morto;
b) se sposata, quando fosse divenuta uxor in manu di un soggetto sui iurzs.
Come rilevato, le fonti inducono a ritenere che l'appellativo fosse utilizzato ad indicare la moglie del pateifamilias, distinta dalle altre uxores che erano
tutte in potestate. Non solo le indicazioni dei testi che definiscono il vocabolo, ma anche l'uso diffuso nel senso di uxor rilevato nelle altre fonti, mostrano come l'appellativo fosse tradizionalmente legato alla figura della nupta, e
dunque da ritenere che esso non fosse applicato alla donna sub a).
B) Da non oltre XII T avole alla legislazione augustea: le XII T avole, da
una parte, consentirono l' emancipatio; dall'altra, recepirono il mos dell' usurpatio trinoctii, che rendeva possibile il matrimonio cui non seguisse conventio
in manum. Con certezza da questo momento, fu possibile che una donna
sposata fosse sui iuris. Le combinazioni possibili fra gli status della donna
romana divennero dunque:
a) se sposata:
a.) in manu: a.a.) nella manus del proprio marito sui iuris; 1313) sotto la
potestas del pater di suo marito alieni iuris;
13) non in manu: a.a.) sui iuris; 1313) nella potestas del suo proprio pater;
b) se nubile:
a.) sui iuris;
13) nella potestas del suo proprio pater.
Riguardo alla donna sposata ma non in manu [a, 13, a.a.)], in analogia con
il regime di particolare autonomia riconosciuto alla moglie del pateifamilias
- sposata e in manu [a, a., a.a.)] -, cominci ad usarsi l'espressione mateifamilias; non ancora (probabilmente) riguardo alla donna nubile sui iuris [b,
a.)]. Con le leggi di Augusto, in un intento di moralizzazione e di riaffermazione dei mores maiorum, fu irrigidita la contrapposizione tradizionale fra la
donna honesta, che per antonomasia la mateifamilias, e quelle donne nei
confronti delle quali non si commette adulterium o stuprum. In questo sforzo di polarizzazione, il valore semantico del termine fu accresciuto sino a

498

ROBERTO FIORI

ricomprendere, oltre alla nupta, anche la vidua e la virgo. A questo punto il


titolo di materfomilias, che gi indicava la donna sui iuris sposata, pass ad
indicare la donna sui iuris tout court. D'altra parte, sopravvivendo la conventio in manum, dovette restare in vigore anche l'antica definizione, senza
che in ci si ravvisasse contraddizione alcuna: in entrambi i casi si attribuiva
il termine ad una donna non in potestate 201 Ma a causa della frequente utilizzazione del termine in senso collettivo, ad indicare una parte della societ
romana - gi prima dellariforma augustea, negli ultimi secoli della repubblica - l'appellativo dovette ampliare l'originario ambito semantico passando ad
indicare, nel linguaggio comune, la donna honesta nelle sue funzioni di madre e moglie. Di qui l'utilizzazione atecnica di materfomilias come uxor.
C) Dalla legislazione augustea al periodo postclassico: difficile stabilire
con precisione quando venne meno la manus. L' usus, probabilmente, fu il
primo a scomparire; della conforreatio abbiamo notizia ancora all'epoca di Tiberio; la coemptio dur forse pi a lungo 202 Certo che ad un dato momento i modi di conventio non esistettero pi che nella memoria, e d'ora in
poi saranno dette matresfomilias solo le donne sui iuris e le donne honestae,
anche se non sposate. Parallelamente, il cristianesimo esalter i boni mores che non sono pi quelli della tradizione romana, bens i comportamenti del
buon cristiano che aspira alla ricompensa celeste - e con essi la figura della
materfomilias come donna honesta 203 : ma si tratta ormai di una honestas di
valore diverso, essenzialmente morale.

201

Il vedere una contrapposizione fra l'accezione di materfomilias come donna in manu e quella
come donna sui iuris - la prima sottoposta a potere, la seconda libera da esso - costringe il CARCATERRA, Mater jmilias, ci t., passim, e il WOLODKIEWICZ, Nozione, cit., 752 ss. ad affermare la necessit di un passaggio dal primo al secondo significato e l'impossibilit di una coesistenza; ma quest'ultima ampiamente dimostrata dalle fonti: all'epoca delle XII Tavole esisteva certamente la possibilit giuridica di una donna sui iuris, e probabilmente Cic. Cael. 32 e 57 utilizzava il termine in
questo senso (supra, nt. !62). In ipotesi si porrebbero pertanto anche accettare le ricostruzioni proposte dal Cuiacio e dall'Albertario (supra, nt.8 e 9) poste dal CARCATERRA (op. cit., 120 ss.) a fondamento della sua datazione dell'introduzione del significato sui iurir senza dover ipotizzare che
tale valore sia stato assunto in epoca postclassica.
202 Cfr., per una rapida sintesi, WOLODKIEWICZ, Nozione, cit., 754 s.
20 3 Cfr. Terr. virg. ve!. 16, Il, 8; Aug. civ. Dei, 7, 21 e le altre fonti citate da CARCATERRA,
Mater jmilias, 156, nt. 2.

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