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numero 7 anno VI 19 febbraio 2014


edizione stampabile

Luca Beltrami Gadola


I NOSTRI PRIMI CINQUE ANNI
Serena Righini Paolo Dallasta
CHI PIANIFICA LA CITT METROPOLITANA?
Laura Cima
LA CASA DELLE DONNE E LE SPALLATE ALLA POLITICA
Alberto Negri
LA MISSION DI MATTEO RENZI E LO CHARME DELL'ISTANTE
Marco Ponti
IL MISTERO DOLOROSO DELLE MULTE:
VIA DA SAN FRANCISCO DIREZIONE EL CAIRO
Valentino Ballabio
AREA METROPOLITANA A RISCHIO EMIPARESI
Walter Marossi
PD REGIONALE E LA VITTORIA MUTILATA
Giuseppe Ucciero
RENZI TRA AMORALIT E POLITICA
Dede Mussato
L'ARREDO URBANO E L'ATTENTO PASSANTE
Dario Ballotta
IN COMUNE SULLA SEA QUALCUNO CI CAPISCE?

VIDEO
FRANCO ISEPPI PRESIDENTE DEL TOURING CLUB

SUGGERIMENTO MUSICALE
Johnny Cash in Hurt

RUBRICHE DI ATTUALIT
CINEMA - Anonimi milanesi
MUSICA - a cura di Paolo Viola
ARTE - a cura di Virginia Colombo
LIBRI - a cura di Marilena Poletti Pasero
SIPARIO - E. Aldrovandi - D. G. Muscianisi
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I NOSTRI PRIMI CINQUE ANNI


Luca Beltrami Gadola
Nei primi giorni di questo mese si
concluso il quinto anno di attivit di
ArcipelagoMilano: un lustro. Dare
un giudizio su se stessi, che per un
giornale come ArcipelagoMilano
vuol dire sostanzialmente dare un
giudizio sugli scritti di chi ha collaborato, difficile perch tanti sono stati gli interventi e spesso molto diversi tra di loro ma tutti interessanti e
utili a dar corpo al giornale e alla
sua linea. Ma il vero giudizio invece
resta ancora sospeso ed , pi che
un giudizio, la risposta a una domanda: siamo andati nella direzione
che ci eravamo proposti? E ancora:
la direzione presa cinque anni orsono valida ancora oggi? S, no, forse.
S, siamo andati nella direzione che
ci eravamo proposti: volevamo dar
vita a un luogo di dibattito e informazione che consentisse a chi ci
leggeva di formarsi unopinione ragionata e non di pancia sui problemi
che riguardano la nostra vita quotidiana, il nostro avvenire e quello dei
nostri figli con particolare riguardo
allambito cittadino. Volevamo che ci
fosse chi si sentisse consapevolmente milanese senza chiudersi nel
recinto dellegoismo urbano, preparati allarrivo della citt metropolita-

na non come semplice architettura


istituzionale ma come fatto di cooperazione politica e sociale. Questo
era il nostro obbiettivo.
Non essendo internet nativi digitali
abbiamo messo insieme questa curiosa cosa che ArcipelagoMilano,
non un blog, non un vero giornale
online di quelli che si aggiornano in
continuit ma una sorta di versione
digitale di un settimanale cartaceo.
Involontariamente siamo finiti con
lessere generazionalmente trasversali: un piede nel passato e uno nel
futuro ma certamente un luogo di
libert di espressione e di dibattito
dellarea di sinistra senza alcuna
chiusura a idee diverse dalle nostre
purch entro i confini delle libert
democratiche. Probabilmente abbiamo avuto fortuna e il numero
crescente dei nostri lettori ce lo dice.
Rispetto allamministrazione comunale, il nostro interlocutore politico,
siamo stati allopposizione della
Giunta Moratti che ci ha visto nascere e non lo siamo pi nei confronti della Giunta Pisapia, se per
opposizione si intende la non condivisione ideologica tout court. Se invece si parla di non condivisione nel
fare cosa, perch e quando, allora il

discorso si fa pi sottile. Non ci siamo schiacciati su di una Giunta


amica ma abbiamo conservato intatto tutto il nostro spirito critico, qualche volta molto critico ma mai prevenuto, fedeli al principio che il miglior collaboratore quello che ti
dice esattamente ci che pensa.
Il nostro ruolo, informare per facilitare il decidere, non venuto meno e
mai lo verr. Anzi lo assumeremo
con tutta lenergia possibile perch il
cambiamento dei tempi si fatto
vorticoso, accompagnato da un avvicendamento generazionale insolito e inaspettato nel nostro Paese e
nella nostra citt e essere sul pezzo senza ritardi e senza sbavature
ancora pi difficile: vogliamo esserci e per esserci ci siamo rinnovati
anche nella veste grafica per comunicare di pi. Un grande sforzo per il
quale chiediamo ai nostri lettori di
darci una mano. Abbiamo deciso
ora di avviare una raccolta di fondi
che ci consenta di proseguire su
questa strada che ci lascia liberi di
ospitare chi vogliamo nelle nostre
colonne: firme e opinioni. Il sostegno economico dei nostri lettori, oltre al loro numero, saranno la conferma di un consenso che speriamo
sempre pi largo.

CHI PIANIFICA LA CITT METROPOLITANA?


Serena Righini Paolo Dallasta
La recente approvazione alla Camera del disegno di legge 1542 in materia di Citt Metropolitane, Province, Unioni e Fusioni dei Comuni il
quarto tentativo in tre anni volto a
riformare il sistema degli enti locali.
Il dibattito attorno alla proposta di
legge purtroppo stato monopolizzato dal tema della spending review, che ha messo in secondo piano la necessit, non pi eludibile, di
attuare
una
seria
revisione
dellintera architettura istituzionale
italiana. Si enfatizzato il tema mediatico del risparmio di risorse pubbliche e di poltrone politiche, sorvolando invece sulla redistribuzione
delle funzioni che si potrebbe realizzare con il nuovo assetto istituzionale.
Ma c soprattutto un aspetto davvero criticabile in questa proposta di
legge: per chi si occupa di pianificazione territoriale il disegno di Delrio
appare, per ora, come una grande
occasione mancata. Infatti, proprio
nel campo della pianificazione territoriale e urbanistica che i problemi
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generati da sovrapposizioni e conflitti di competenza tra diversi livelli


amministrativi sono pi evidenti.
Uno dei principali problemi del sistema urbanistico la debolezza
della pianificazione darea vasta che
sarebbe la sola in grado di elaborare politiche di coordinamento alla
scala territoriale adeguata delle
scelte locali. Tuttavia, proprio
lobiettivo di superare la frammentazione e la settorialit delle competenze urbanistiche tra i diversi livelli
amministrativi rischia di annullare la
possibilit di realizzare un nuovo
dispositivo di pianificazione di area
vasta.
Con la riforma del titolo V della Costituzione le principali competenze
urbanistiche sono in capo ai Sindaci
secondo il principio di sussidiariet,
il quale, nella prassi, si trasformato in un eccesso di municipalismo
egoistico dagli esiti deludenti. Molto
spesso il livello amministrativo funzionalmente pi vicino ai cittadini
quello comunale, che non sempre
stato in grado di garantire una ge-

stione efficiente dei temi spaziali.


Da qui la necessit di un ente intermedio, che sia in grado di governare tematiche quali trasporti, ambiente, pianificazione territoriale,
recependo cos un altro principio
fondamentale come quello delladeguatezza. Purtroppo la nuova legge
non affronta in modo convincente
tale questione.
Le citt metropolitane saranno istituzioni che manterranno tutte le
competenze delle Province alle quali subentreranno e cui andranno ad
aggiungersi funzioni in ordine
allelaborazione di un piano strategico, alla pianificazione territoriale
generale, alla promozione dello sviluppo economico e dei processi di
digitalizzazione. Le restanti Province, che dal giugno 2014 si trasformeranno in enti di secondo livello,
diventeranno strutture leggere, fino
alla loro definitiva abolizione che
dovr avvenire con legge costituzionale.
Infine la disciplina sulle unioni e fusione dei comuni non si discosta
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molto da quella introdotta dal precedente governo Monti e prevede


due tipologie di intercomunalit che
hanno lobiettivo di normare la gestione associata di funzioni ma non
di orientare la cooperazione verso
una natura maggiormente strategica. Lintercomunalit, con questo
approccio, rischia di rimanere un
fenomeno diffuso a macchia di leopardo sul territorio italiano, delimitato da confini spesso opportunistici.
Il nuovo assetto istituzionale attribuirebbe quindi tutte le competenze di
area vasta a enti di secondo livello.
Ma con quale legittimit e autorevolezza? La funzione di coordinamento territoriale, fino ad oggi esercitata
da un ente amministrativo superiore
secondo un approccio sovra comunale, passer a un ente non elettivo,
nel quale le scelte saranno oggetto
di una contrattazione tra i Sindaci.
Tale differenza non secondaria
poich appare evidente che se la
pianificazione dovesse diventare
una dinamica esclusivamente negoziale, il rischio che a prevalere siano
i comuni (e gli interessi) pi forti sar molto elevato, innescando meccanismi che potrebbero facilmente
generare territori a doppia velocit,
in
completa
antitesi
rispetto
allobiettivo di coesione territoriale
introdotto dallUnione Europea nel
trattato di Lisbona del 2007 e articolato dal Rapporto Europa 2020, che
riconoscono un ruolo determinante
a un territorio integrato, equilibrato e
solidale.
Alla luce di questi documenti europei ancora pi evidente come
loccasione di riforma istituzionale
potrebbe rappresentare unimportante opportunit, per il nostro Paese, di inaugurare una nuova stagione di politiche dedicate al contenimento del consumo di suolo, alla
rigenerazione urbana, alla valorizzazione ambientale, allinfrastrutturazione e alledilizia sociale. Eppu-

re sarebbe bastato osservare con


pi attenzione lesperienza di altri
paesi europei, come la Francia, dove, dopo oltre quarantanni di politiche che hanno favorito la cooperazione intercomunale, proprio in questi mesi sta approvando una legge
sullistituzione di governi metropolitani (Loi de modernisation de
laction publique territoriale et
daffirmation des mtropoles).
Lesperienza intercomunale francese ha individuato forme associative
diverse, di natura metropolitana o di
medi e piccoli comuni, che rappresentano gli ambiti di governo pertinenti, particolarmente efficienti nel
governo dei processi spaziali e sociali (per esempio nei progetti e nella messa in comune di una parte
cospicua delle entrate fiscali). stato cos possibile correggere una gerarchia urbana fortemente squilibrata, garantendo efficienza territoriale
alle politiche statali. Nel 2014 si dovrebbero votare per la prima volta a
suffragio universale i rappresentanti
delle associazioni volontarie intercomunali, le Communauts, realizzando finalmente il sogno di Jacques Delors per introdurre partecipazione, e quindi democrazia, nei
processi decisionali, secondo il
principio per cui una corretta sussidiariet garantisce gli interessi della
collettivit che altrimenti rischiano di
essere trascurati dagli eccessi di
localismo.
In Italia, purtroppo, si punta invece
alla rinuncia di quote di rappresentanza democratica in nome di un
presunto risparmio economico che
non solo rischia di non risolvere i
problemi degli enti locali ma reiterer il sistema di relazioni centro/periferia che alla base della
frammentazione, anche territoriale,
di gran parte del nostro Paese. Per
superare le attuali Province, delle
quali non si negano i confini spesso
asfittici e incoerenti, sarebbe stato

forse pi lungimirante incentivare la


cooperazione tra i comuni e permettere geometrie variabili pertinenti,
che ben si adattano a territori effettivi metropolitani e periferici.
Sul modello francese, si potrebbero
delineare quattro tipologie di associazioni intercomunali:
1. Unioni Metropolitane, per le maggiori aree metropolitane italiane;
2. Unioni Urbane, per le aree urbane di medie dimensioni;
3. Unioni Territoriali, per ambiti di
comuni medio - piccoli e piccoli distanti dalle realt precedenti;
4. Unioni Montane, per gli ambiti pi
periferici.
Unaltra materia che potrebbe trovare nuove evoluzioni in questo quadro quella fiscale, immaginando di
trasformare una parte delle entrate
fiscali locali in una tassa intercomunale, cos da poter attuare una seria
perequazione territoriale. Con una
scelta di questo tipo, si potrebbe
creare un nuovo sistema di governance capace di sostituire progressivamente le province, delegando,
in un modello ben pi convincente
di quello della pura sussidiariet
municipale, alcune funzioni fondamentali, come quella della pianificazione territoriale di coordinamento.
La cooperazione intercomunale
permetterebbe, inoltre, di stabilire
reti orizzontali tra territori che consentirebbero un migliore equilibrio
fra i poteri dei Comuni, che restano
la cellula fondamentale del nostro
ordinamento e primo luogo in cui si
esercita la rappresentanza democratica, e lente competente sulla
pianificazione di area vasta, coniugando efficacemente i principi strettamente legati di sussidiariet e adeguatezza.
*larticolo riporta i contenuti di una pi
ampia riflessione sulla cooperazione intercomunale gi pubblicata su Eddyburg.

LA CASA DELLE DONNE E LE SPALLATE ALLA POLITICA


Laura Cima
Sono passati tre anni da quel 13
febbraio in cui in tutta Italia (e per il
mondo) manifestammo per rivendicare dignit: per le donne, nelle relazioni con gli uomini e, finalmente,
dignit e qualit nella politica. Con
noi tanti uomini, indignati anchessi
per un modello insopportabile di politica rappresentato da Berlusconi e
dal suo governo, che umiliava il nostro paese facendolo apparire ridicolo e poco rispettato dagli altri.

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

Quella nuova partecipazione fu la


spallata decisiva che provoc linizio
del declino: fino allora una sorta di
complicit maschile aveva fatto tacere partiti del centro e della sinistra, Presidente della Repubblica,
istituzioni ed Enti che ne tolleravano
la degenerazione senza denunciarla
apertamente come abbiamo fatto
quel giorno.
Pochi mesi dopo i referendum per
lacqua pubblica e contro il nucleare, vinti grazie alla partecipazione

determinante delle donne nella mobilitazione e nel voto (vedi dati Istat).
In questo contesto emersero candidati sindaci che, differenziandosi
dalla casta complice, vincevano
primarie ed elezioni. Tutti maschi,
indicati da partiti con segretari maschi. Ma si sentirono in dovere di
nominare in giunta il 50% di donne
perch i comitati che li sostenevano
erano composti e guidati in gran
parte da donne che li fecero vincere

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e avanzarono ovunque la richiesta
di presenza paritaria. Insieme a poche altre (luoghi per far politica, bilanci di genere e quindi risorse per
le donne) che qualche sindaco come Pisapia mise nel suo programma. Nacquero cos le giunte arancioni.
Naturalmente non si trattava solo di
ottenere conquiste per le donne, ma
di conferire loro maggior potere nella speranza che, nellinteresse di
tutti, iniziasse una politica nuova. Le
giunte arancioni nate in quel contesto iniziarono dunque i loro mandati
in un mare di aspettative. Cosa si
ottenuto? Di rappresentanza paritaria non si poteva certo parlare perch nei consigli furono elette pochissime donne e i sindaci arancioni
furono tutti maschi, almeno nelle
grandi citt. Alessandria, comune in
dissesto, elesse in controtendenza
una donna sindaco. Come sempre
succede quando si annuncia il cambiamento le donne si buttarono con
passione, entrarono anche nei consigli di amministrazione di enti di
secondo livello, crearono tavoli di
partecipazione sperando di spazzare via il malaffare, di lavorare finalmente con metodi nuovi e obiettivi
condivisi.
Oggi tempo di bilanci: le donne
pretendono di capire se qualcosa
cambiato e, visto che coscienza
comune dice che si ottenuto ben
poco, chiedono di utilizzare il resto
del mandato per farlo. Non si arrendono. Per questo iniziato un confronto serrato a Torino con Milano e
Genova, con lintenzione di allargare a tante altre citt. Mercoled
scorso il primo incontro pubblico a
Milano, in quella Casa delle Donne

che forse lunica conquista ottenuta, grazie alla partecipazione di tante e allimpegno di unassessora seria. Nei primi incontri sono emersi
nodi politici generali e situazioni
specifiche delle tre citt che vanno
affrontate subito. Mancano statistiche disaggregate per genere che
permettano di capire come cambia
la vita delle donne nelle citt in tempi di crisi.
I bilanci di genere, dove sono stati
fatti, non sono di facile lettura e sono consultivi, quindi non spostano
risorse: sarebbe importante cominciare a sperimentare, nelle citt che
da tempo lo utilizzano, il bilancio
preventivo di genere. A Torino, dove
si valutato se proporlo, il bilancio
preventivo generale dellanno in
corso stato votato a novembre.
Tempi inaccettabili. Tra assessore,
elette e donne di associazioni e movimento che desideravano mantenere una relazione politica, le distanze sono rimaste, salvo rare eccezioni, considerevoli. La partecipazione si al massimo risolta in un
ascolto che non ha modificato
lagenda politica, non ha spostato
risorse e non ha neppure mantenuto
le promesse elettorali dando vita ai
punti programmatici concordati.
Le elette in un consiglio sempre pi
svuotato di poteri e le cooptate in
giunta lamentano a volte una solitudine determinata dallagire secondo
uno schema dato, con scarsissima
possibilit di incidere. Non di rado
sono sottoposte a pressioni per dimettersi da parte di capigruppo di
maggioranza e, a Torino, dello stesso loro gruppo. Nella mia citt deleghe importanti come lurbanistica
sono state sostituite con le pari op-

portunit, senza ragione e dibattito


politico, in un rimpasto durante le
ferie. Lincapacit dei sindaci di
sganciarsi da lobby e poteri forti, di
rapportarsi direttamente con le donne che ne hanno favorito lelezione,
ha fatto calare in molti casi il loro
consenso.
Per il movimento stato pi facile
perseguire il 50/50 che entrare nel
merito della governance.
I report dei due dibattiti tenuti a Torino e Milano sono su Politica Femminile, rete-blog articolata anche a
livello regionale, cui invitiamo tutte
quelle che vogliono partecipare al
dibattito anche da altre citt. nostro desiderio allargare questa verifica ovunque si sia tentato di dare
senso alle istituzioni con una forte
partecipazione delle donne. Come
dare forma a questo confronto visto
che nessun metodo neutro?
Cerchiamo un linguaggio che contrasti con la prescrittivit della politica ufficiale: chiediamo di partecipare inviando brevi testi che riepiloghino esperienze e facciano proposte, ma anche preparando performance dal vivo, brevi video ed eventuali progetti applicati che si potrebbe portare alla discussione del
consiglio comunale. Sarebbe bello
preparare, in ogni citt, un momento
di condivisone pubblica che, a partire dal pensiero delle donne, sia
loccasione per avanzare proposte
che recuperino il tempo perso e
rappresentino una vera svolta. Contiamo sul fatto che i Sindaci vorranno partecipare riconoscendo le
donne come interlocutrici politiche,
cos come hanno promesso di fare
nelle campagne elettorali. Buon lavoro a tutte noi.

LA MISSION DI MATTEO RENZI E LO CHARME DELLISTANTE


Alberto Negri
Tutti sorpresi dalla decisione, forse
troppo veloce, di Matteo Renzi di
andare a Palazzo Chigi. Ma se facciamo un passo indietro possiamo
vedere che questa scelta era gi
presente, a livello comunicativo, nella narrazione insita nel suo slogan:
Adesso. Non domani, non nei
prossimi anni, non nel 2015 o nel
2018.
Ancora in tempi non sospetti il sindaco di Firenze aveva detto: Qualsiasi progetto politico deve incorporare il massimo di realt possibile
(ovvero il racconto della concretezza del fare) e ricollocarla in un sogno. La narrazione deve anticipare
un orizzonte nelloggi, tracciare un
futuro possibile e suscitare una speranza. Per suscitare lenergia ne-

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cessaria perch quel progetto sia


palpabile qui e ora, deve farlo sentire ADESSO. proprio quello che
Renzi sta facendo, scegliendo Palazzo Chigi adesso.
Gi nel suo discorso di ringraziamento post- vittoria delle primarie
nel dicembre del 2103 aveva parlato
della fiducia, dellaffidarsi, come di
un atto di coraggio, di follia: ma gli
eroi sono un po' coraggiosi e un po'
folli. Infine sempre in questo discorso, citando Mandela, ribadisce
che giocare in piccolo non serve al
mondo a noi il compito di realizzare i sogni, di dare fiducia agli Italiani, di restituire credibilit alla politica, .... perch da domani ci divertiamo insieme. Tutto il racconto di
Renzi, dalla sua discesa in campo

alla Leopolda, ha come format


lazione condivisa sul presente,
sullimmediato. Il suo programma
narrativo era ed quello di cambiare lItalia, di cambiare il modo di fare
politica insieme, per con una mentalit non collettivistica non slow,
bens smart (non solo come scelta
dellauto) and fast.
Ora tanti si lamentano dellaccelerata improvvisa, si lamentano della velocit del sindaco. Molti dicono
che bisognava aspettare il tempo
delle elezioni. Ma non proprio
questo racconto dellattesa perenne,
dellaspettare senza mai vedere un
fare, del rinvio eterno, che aveva
fatto perdere la fiducia degli Italiani
nella politica. Allora lelettorato italiano deve decidere fra una politica

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slow e una politica fast. Il rischio di
non saper decidere quello di tenersi
una politica stop, che vuol dire zero riforme, zero crescita, zero cambiamento reale.
La speranza che Renzi innesca nel
popolo italiano appare pi forte e
pi incisiva proprio perch collocata in un futuro molto prossimo e
non in un lontano, indistinto e progressivo futuro. Egli sa, pu e deve
cavalcare la storia di oggi. Ogni rinvio lascia una ferita nel suo tempo
che il qui e ora. Renzi sta vivendo pienamente la sua occasione, il
suo caso che gli va incontro. Il filosofo Vladimir Jankelevitch definiva
questa frenesia della chance che ci
viene incontro non come una coincidenza fortuita ma come unoccorrenza. A questo proposito parlava di
charme dellistante. Ecco questo
potrebbe essere lo slogan perfetto
per Renzi.
Siamo dunque arrivati alla grande
occasione, a quel famoso appuntamento con la storia cui Renzi non
pu mancare. un appuntamento
arrivato in modo veloce, come dicevo pocanzi, forse troppo veloce soprattutto per molti vecchi militanti
del suo partito, ma non per gli Italiani, per le imprese e per i lavoratori,
che hanno fretta, che hanno bisogno di essere immersi al pi presto
in un racconto nuovo: un racconto
fattitivo e non pi solo simbolico o
virtuale.
Del resto la velocit un tratto distintivo di questa epoca postmoder-

na. Non a caso Renzi appartiene a


quella generazione televisiva, cresciuta con i cartoni animati giapponesi e con i quiz di Mike Bongiorno.
Generazione approdata poi alla velocit della rete, dellessere in pi
luoghi nello stesso tempo, dello
starnuto immediato (tweet), del mi
piace/ non mi piace con un click.
Egli si assume in prima persona il
rischio di andare subito al Governo,
invece di aspettare elezioni che potevano consacrarlo, evitando larghe
e strette intese, perch il rischio appartiene, come ha detto nel suo discorso alla Direzione del Pd,
allessere imprenditori, ma anche
allessere donna e uomo che ogni
mattina portano i figli a scuola e si
recano al lavoro. Come loro non
possono perdere tempo cos il nostro narratore sindaco non pu perdere tempo e deve rischiare il tutto
per tutto, anche a costo di prendere
la via meno battuta. Bisogna attraversare quel bosco impervio che si
chiama palude romana. In questo
bosco - palude il nostro protagonista
incontrer lupi di ogni specie. Gli
Alfano di turno saranno pronti a ricatti e richieste di ogni tipo, sar
chiamato a soddisfare interessi di
micro - partitini, tutti numericamente
indispensabili e di notabili del suo
partito. Fin dallinizio del suo viaggio
tutti vorranno un posto, un sottoposto, un giroposto, un infraposto.
A Roma il Grande Racconto della
Velocit, nato e cresciuto a Firenze,
correr il rischio di arenarsi in qual-

che ingorgo sul grande raccordo


anulare che va da Montecitorio a
Palazzo Madama, da Palazzo Chigi
al Quirinale. Ma queste trappole non
possono fermare la corse delleroe,
che ha ricevuto il mandato popolare
delle primarie e limprimatur del suo
partito che allunanimit, non si sa
se per convinzione o per convenienza, gli ha affidato le sorti magnifiche del governo del Paese
Infine importante osservare la posizione liminale di Renzi. Nella sua
narrazione si colloca, infatti, sul crinale fra la politica e lantipolitica. Si
presentato come il rottamatore
dellapparato del suo partito, ma
oggi anche segretario di questo
partito. uomo delle istituzioni, ma
anche colui cui piace rompere le
regole. dentro il Palazzo del Potere, ma nel frattempo si racconta
come cittadino fuori dalle segrete e
oscure stanze del potere. Tutti lo
considerano ambizioso, ma lui dice
di essere solo il portavoce di
unItalia ambiziosa di uscire dallo
stallo politico di questi anni.
Questa collocazione sul confine
una sfida non priva di rischi, ma anche non priva di opportunit. Il rischio di bruciarsi forte, perch coltivare quella zona dimmaginario tra
il sogno e la realt un impegno
difficile. Lopportunit quella di riuscire a ricucire quel patto fiduciario
fra politica e cittadini italiani che oggi si sfilacciato quasi del tutto.

IL MISTERO DOLOROSO DELLE MULTE: VIA DA SAN FRANCISCO DIREZIONE IL CAIRO


Marco Ponti
Queste riflessioni sulle multe, spiace essere autoreferenziali, sono
state fatte identiche anche Letizia
Moratti regnante. Ma nulla cambiato, da qui il mistero doloroso. A
cosa servono le multe alle automobili? A cambiare i comportamenti
degli automobilisti, non certo a fare
cassa per il Comune. Se le multe
fossero davvero efficaci, e quindi gli
automobilisti fossero disciplinati, i
ricavi si avvicinerebbero allo zero.
Unovviet ben nota agli spietati
vigili americani.
Per sapere se lazione disciplinatrice efficace, c per una condizione minima e irrinunciabile: sapere pressappoco il numero delle infrazioni prima della cura, e vedere
poi come evolvono, tipologia per
tipologia (soste vietate, passaggi
col rosso, limiti di velocit ecc.). Difficile? Facilissimo! Non occorre
contarle tutte (non si fa mai nelle
rilevazioni statistiche). Basta fare

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

un solido campionamento, e periodicamente rinnovarlo (foto aeree e


a terra, telecamere piazzate per
periodi limitati ecc.). Costa poco,
con gli strumenti tecnici attuali. Poi
occorre ovviamente rendere pubblici sia i risultati sia le azioni conseguenti, per un ovvio controllo democratico e mediatico dellazione.
Tra laltro solo questo avrebbe gi
effetti dissuasivi-educativi (con un
minimo di virtuosa minaccia implicita: guardate saremo pi severi
). Ma queste rilevazioni non si
fanno MAI. Perch? Ci torneremo.
Dichiarare solo il numero di multe
fatte, come accade ora, privo di
senso se non si sa a quante infrazioni si riferiscano: due milioni di
multe allanno per sosta vietata?
Ridicolo, se ci sono, come ci sono,
100.000 macchine in sosta vietata e
altrettante in doppia fila al giorno
(ma sono probabilmente molte di
pi). Poi c unovvia verifica intuiti-

va: i comportamenti dei milanesi


non cambiano affatto, sembrano
anzi peggiorare, fuori dalla sacra e
privilegiata area C. Di nuovo, spiace ricorrere a casi personali, ma
non ci sono alternative. Ci sono aree con divieti di sosta vistosi con
auto in sosta perenni, anche a ferragosto. considerato normale sostare sulle rotatorie, creando gravi
situazioni di pericolo, a causa della
riduzione della visibilit. Non ho
MAI visto dare una multa a un motociclista, per demenziale che sia il
suo comportamento (ne muoiono
pi di 13 volte tanti rispetto agli automobilisti). Se passo col giallo, con
vivi rimorsi, due auto dietro di me
passano col rosso.
Ora, in seguito a cosa cambiano i
comportamenti? In relazione al costo statistico della sanzione, cio
quanto costa la multa diviso la probabilit di prenderla. Le nostre multe sono salate, nella media interna-

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zionale. Allora, come mi stato
spiegato da un vigile che mi ha multato, il perch non cambiano i comportamenti dovuto al fatto che le
probabilit di prenderle, fuori dal
centro, sono bassissime, per mancanza cronica di vigili addetti a
questa funzione.
E qui emerge il fitto mistero: se il
valore medio di una multa si aggira
sui 40, basterebbe che ogni vigile
aggiuntivo facesse 10 multe al giorno (due ore di lavoro? ... forse meno) per 200 giorni, per far incassare
al comune 80.000 euro lanno, fino
alla mitica scomparsa delle infrazioni stesse, probabilmente non
imminente. Per non parlare poi dei
possibili rilevatori automatici delle

auto in sosta vietata, le telecamere


ai semafori ecc. .
Per inciso, rendere le sanzioni certe
come avviene nella patria dellauto,
gli Stati Uniti, avrebbe effetti persino pi drastici sul traffico che la
ventilata estensione dellArea C, e
in pi: non costerebbe quasi nulla
(anzi, il comune ci guadagnerebbe
molto, come abbiamo visto), estenderebbe comportamenti civili anche
alle periferie, sarebbe un segnale
che le norme non valgono solo per i
fessi, ridurrebbe gli incidenti.
Che cosa concludere? Vediamo gli
attori principali della partita: i vigili,
comprensibilmente, non amano dare le multe, li renderebbe molto impopolari, n sembra opportuno trasformarli in cacciatori di taglie

rendendoli partecipi ai ricavi in termini percentuali. I commercianti,


grandi protagonisti con i loro clienti,
delle soste in doppia fila, certo non
sarebbero contenti. Limmagine di
un comune repressivo non paga,
fu celebre il manifesto di un partito
di centro destra che sotto elezioni
chiedeva meno multe.
Fare norme severe ottiene molti
consensi, ma non farle rispettare
almeno altrettanti, una prassi molto italiana. In sintesi: non sembra
esserci, come non cera nellamministrazione precedente, la volont
politica di dare le multe misurando i
risultati. Fa parte del nostro graduale avvicinarsi al Cairo e allontanarsi
da San Francisco .

AREA METROPOLITANA A RISCHIO EMIPARESI


Valentino Ballabio
Le intenzioni riformatrici del disegno
di legge Delrio, passato in prima lettura alla Camera il 23 dicembre nel
cesto di Babbo Natale, meriterebbero qualche attenzione in pi che non
le reiterate implorazioni sulla abolizione delle province e la curiosit
intermittente circa le ormai mitiche
citt metropolitane. Cambiare le
leve dei pubblici poteri e ridisegnare
l'articolazione dello Stato non
semplice operazione di ingegneria
istituzionale (o pi recentemente
governance formale) come spesso
si ironizzato da parte dei politici
puri, il cui discorso tende a enfatizzare gli obbiettivi (occupazione,
semplificazione, sostenibilit, ecc.)
ignorando tuttavia la funzionalit
degli strumenti, salvo poi imputare
alla burocrazia soffocante i mancati risultati. E il sistema mediatico
non da meno nel coprire superficialit e sottovalutazione sul merito,
ritenuto da addetti ai lavori non
degno dinteresse per il grande
pubblico.
Invece il D.D.L. sopracitato, ora in
discussione al Senato e che - visto
l'autore - si presume abbia continuit con il neo governo Renzi, merita
un'attenta valutazione per l'impatto
che comporter sulle realt territoriali interessate, a cominciare da
quella milanese e lombarda. Purtroppo l'iniziativa del 14 gennaio al
circolo De Amicis, avviata da Franco D'Alfonso e incoraggiata autorevolmente da Piero Bassetti, non ha
sinora avuto seguito. Se lo avesse
non potrebbe esimersi dall'affrontare almeno tre interrogativi ineludibili:
la nuova Citt metropolitana, qualora intenda proporsi come cosa seria
e non banale operazione di facciata,

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

dov'? Cosa fa? Chi abroga e sostituisce? Proviamo qui a ragionare


sul primo punto, tenuto conto che lo
stesso Bassetti, nell'incontro citato,
ha giustamente osservato che le
relazioni metropolitane si estendono
anche oltre i confini della regione,
ad esempio Novara e Piacenza.
Orbene il testo del D.D.L. in esame
recita Il territorio della citt metropolitana () coincide con quello
della provincia omonima pur precisando che resta ferma liniziativa
dei comuni (...) per la modifica delle
circoscrizioni provinciali limitrofe e
per ladesione alla citt metropolitana (Art. 2 comma 3). Tuttavia le
citt metropolitane sono enti territoriali di area vasta ... (Art. 1 comma
2). Viene da chiedersi allora quanto
sia vasta la nostra area metropolitana, non risultando certo restringibile
nei confini dell'attuale provincia di
Milano, deprivata nell'ultimo decennio dei territori del Lodigiano e della
Brianza monzese. Dunque tale contraddizione va risolta, possibilmente
prima dell'approvazione definitiva
della legge, non potendosi affidare
unicamente al fai da te dei singoli
Comuni la definizione di una volubile e incerta carta geografica politica
a prescindere da quella fisica, oggettiva e fissa nei tempi storici.
Il comunalismo di stampo bassomedioevale che sta alla base della
filosofia politico-amministrativa di
Delrio (e dei sindaci renziani ora al
potere!) rischia allora di generare
mostri. Infatti, nel nostro caso, alle
opportune intenzioni dimportanti
comuni del nord-ovest come Busto
Arsizio, Saronno e Caronno di abbandonare la provincia di Varese
per aderire alla metropoli fanno ri-

scontro la passivit del sindaco di


Monza nonch l'indifferenza di quello di Sesto (per citare i pi importanti, per inciso entrambi PD). Ci troveremmo allora un'entit metropolitana (le virgolette questa volta sono
del tutto appropriate) del tutto asimmetrica.
Se infatti l'omonima Citt sar una
persona giuridica, l'Area invece un
corpo fisico vivente, con pancia testa e membra quasi umane. Le
gambe per il vero stanno ben rimpannucciate nel parco agricolo sud,
e fin qui quasi tutto regolare, ma gli
arti superiori rivelano invece un'atroce sofferenza per via di un braccio purtroppo mutilato. La mano sinistra si protenderebbe infatti fino a
Malpensa, e da l potenzialmente
verso il mondo intero; la destra invece ridotta a moncherino, amputata all'altezza di Cologno Nord, capolinea definitivo della MM 2.
E la testa? In assenza di elezione
diretta e stante il commissariamento di fatto da parte del Sindaco del
capoluogo dovrebbe collocarsi al
vertice e possibilmente risultare
pensante. Ma purtroppo pensare in
termini non milanocentrici e percepire un'identit metropolitana non
paiono appartenere alla cultura di
governo della classe politica milanese passata e presente, in primis
di Sindaco e Assessore competente. E in assenza di un sentire comune, di una consapevole appartenenza a una paritaria cittadinanza
metropolitana non c' legge che
possa sopperire. Cos come non si
avverte il ruolo dei partiti, che un
tempo esercitavano nel bene e nel
male ma sempre con discussioni ed
elaborazioni di merito una strategia

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dinsieme attraverso le influenti Federazioni provinciali, e oggi invece

ripiegano sugli amministratori, a loro


volta spesso isolati e privi di sedi di

confronto e indirizzo politico generale.

PD REGIONALE E LA VITTORIA MUTILATA


Walter Marossi
Lo scrutinio per l'elezione del segretario del Pd lombardo conferma l'indifferenza con cui l'elettorato di centro sinistra lombardo, la potenziale
platea di queste primarie aperte, ha
accolto la disfida. I votanti sono stati
24.000 che corrispondono al 65%
degli iscritti al PD, come dire che pi
che primarie aperte stato un congresso tradizionale con voto diretto.
I candidati, nelle liste di supporto ai
due aspiranti segretari erano circa
600 quindi ogni candidato poteva
contare sul supporto di circa 40 elettori.
Alfieri vince con il 57% dei voti ma
era appoggiato (per la verit con
scarso attivismo) dal 95% dei parlamentari, segretari, capi e sottocapi; si potrebbe quindi definirla una
vittoria mutilata. A Mantova vince
per 35 voti di differenza; a Cremona
per 33; a Brescia dove con pi di
6.000 tesserati hanno votato in
3.000, una trentina per seggio meno
del 10% delle primarie nazionali,
Alfieri vince 55 a 45 ma perde in citt. Cos come perde in tutti i collegi
di citt a Milano e nella citt di Monza.
La sfidante De Marchi accreditata di
pochi punti percentuali e solo parzialmente sostenuta da Civati porta
invece negli organismi un numero
significativo di sostenitori. Il suo
successo, di l dalle indubbie qualit personali della candidata, evidenzia un voto di protesta e che gli
equilibri interni del Pd lombardo e
milanese sono ancora tutti da stabilire.
Le ragioni della scarsa partecipazione, comune a tutte le regioni italiane, sono abbastanza ovvie: le
primarie aperte servono a indicare il
candidato alle elezioni vere ovvero
un leader interno che sar candidato alle elezioni, non servono a eleggere un generico coordinatore di
campagne di comunicazione e mediatore di correnti, qual oggi il segretario regionale o provinciale. Ergo al voto partecipa quello che una
volta si chiamava il quadro attivo dei
militanti ma come chiosa il responsabile dell'organizzazione (un entu-

siasta) "il regionale un livello intermedio che viene vissuto pochissimo dai militanti".
Non si pu dunque imputare a nessuno la scarsa partecipazione,
semplicemente in un partito d'opinione, qual il Pd, i militanti sono in
via di estinzione cos come gli iscritti. La partecipazione impegnandosi
al massimo avrebbe potuto essere
di qualche migliaio di elettori in pi,
lontani i tempi di Martina che ottenne 200.000 voti semplicemente perch si votava con il nazionale.
Il successo inferiore alle aspettative
di Alfieri, vissuto suo malgrado come uomo della continuit, non dovuto al personaggio: n lui n la sua
competitor si candidavano alla presidenza della regione fin da oggi
attribuita all'ennesimo papa straniero ed entrambi risultano sconosciuti
ai pi, quanto piuttosto alla logica
renziana della rottamazione e del
cambiamento che colpisce chiunque
abbia unanzianit politica superiore
al semestre e all'insoddisfazione
della militanza Pd verso una
leadership interna ritenuta "moscia"
e subordinata agli alleati di turno.
Parafrasando il vecchio Pietro "c'
sempre un nuovo pi nuovo che ti
vuol rinnovare". Chi sperava dopo
l'esperienza delle ultime elezioni
con Ambrosoli, vissuta come un'occasione mancata per masochismo,
uno scatto di orgoglio, un rilancio,
un contropiede dovr attendere altre
occasioni.
Si potrebbe chiudere qui il commento, non ci fosse stata la dichiarazione del neo eletto: "Abbiamo svoltato, ma questo non stato spiegato
ai nostri iscritti. Non abbiamo avuto
il tempo di discuterne. Questo stato un errore. Un grave errore di metodo." Insomma la colpa in parte
di Renzi. Ora, fatto salvo che nei
partiti esiste da sempre il delitto di
lesa maest del segretario e quindi
nel breve periodo la vedo male per
Alfieri, la questione non di poco
conto, anzi centrale pensando al
2018.
Ancora una volta dopo le primarie
nazionali, quelle regionali e quelle di

Boeri/Pisapia il corpo del partito in


particolare nelle citt e in particolare
a Milano chiede una maggiore radicalit politica. Tuttavia quando si va
al voto regionale questa radicalit
non viene premiata (vedasi i risultati
di Sel, di Etico, di Di Pietro etc.) anche se lo stata nel caso di Pisapia
e in molti altri comuni dove per si
utilizza un sistema elettorale a doppio turno.
Il problema per Alfieri e i suoi non
di facile soluzione. Puntare sul renzismo puro cercando di trascinare
verso il Pd parte dell'elettorato centrista a rischio di scontentare e demotivare parte della propria base e
del proprio zoccolo duro o assumere posizioni pi radicali recuperando
a sinistra e dal Movimento 5 stelle
ma rinunciando a spaccare i moderati? Seguire il vecchio Renoult (9
volte ministro e parlamentare per
circa 30 anni) e affermare pas
dennemis gauche o giocarsela
tutta al centro? La legge regionale a
turno secco non consente ripensamenti e rivincite: non c' un secondo
turno. L'unica soluzione, com ovvio nei sistemi presidenziali, cercare un candidato capace di rassicurare da una parte ed entusiasmare dall'altra, di portare liste e voti
propri e se non c' costruirlo (metodo D'Alfonso per intenderci). Mica
facile.
Per farlo ha bisogno di un partito
unito e su questo Alfieri, apparentemente un timido ma come diceva
mia madre "l'acqua cheta erode i
ponti", ha le idee chiare: porta aperta agli ex bersanian / penatian
/cuperlian / Ds per i quali pragmaticamente chiede il mantenimento dei
ruoli di potere (Martina all'Expo) porta sbattuta in faccia verso i movimentisti e i radicali: di "Civati" afferma "Deve decidere da che parte
stare, non abbiamo bisogno di persone che remino contro" un simpatico invito a levarsi dai piedi. Vedo in
arrivo mesi di dibattito vivace.
Peraltro per Alfieri come per Renzi il
primo esame in arrivo: elezioni
amministrative ed europee. Auguri.

RENZI, TRA POLITICA E AMORALIT


Giuseppe Ucciero
Sulle vicende del turn around Letta Renzi potremmo sprecare litri di in-

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

chiostro virtuale, ma sarebbero appunto litri sprecati, talmente evi-

denti sono state le capriole e le contorsioni tra fatti e parole, tale la con-

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traddizione tra etica professata e
amoralit praticata.
Il fatto per che i giochi son fatti:
chi stato ingenuo ripenser attentamente alla sua naiverie, e chi
stato machiavellico avr un problema di fiducia. Pi che sulletica, pu
allora avere senso qualche considerazione sui fatti e sui loro effetti futuri.
Un primo fatto che il segretario del
PD, plebiscitato con quasi il 70% dei
voti, ha sfiduciato motu proprio il
Presidente del Consiglio, anchegli
uomo di punta del PD. Poteva farlo?
Intanto lha fatto e direi che come
Segretario del PD, in pura linea di
principio, aveva tutto il diritto di farlo, aldil di come lha fatto. E non
solo aveva il diritto di farlo, si potrebbe anche dire che avesse il dovere di intervenire se era convinto
non solo dellinutilit ma addirittura
della dannosit del Governo Letta.
Naturalmente questa convinzione
presuppone forti e precisi elementi
di giudizio.
Se si sfiducia il primo Presidente del
Consiglio del Partito Democratico,
cosa
che

evidentemente
unenormit in s, dobbiamo credere che ricorressero elementi di giudizio di estrema gravit politica.
Quali? Inadeguatezza personale o
incapacit di innovare il quadro politico? Filosofia del cacciavite o eccessiva debolezza di fronte alle assise UE?
Nella famosa Direzione del 13 febbraio, tuttavia non sono stati mossi
addebiti specifici, ma come dire,
singolarmente si ringraziato Letta
del suo lavoro, collocandolo istantaneamente per a riposo in quella
condizione di risorsa a disposizione del Partito e del Paese che
propria di chi per almeno un turno
deve lasciare fare ad altri. Certo,
dall8 dicembre non era passato
giorno senza che Renzi demolisse
immagine e credibilit del governo,
dei suoi atti o misfatti, e con questi il
profilo del Presidente Letta, al punto
che era apparso chiaro a tutti, amici
e avversari, che il PD non riconosceva pi quel Governo come sostanzialmente proprio, ma piuttosto
come figlio di un dio minore.

Valgano allora parole, espressioni e


smorfie, esibite dal Segretario, e
immaginiamo noi quel che lui non
ha voluto dire il 13 febbraio: non solo Letta non ha governato bene, ma
nella situazione italiana non si poteva pi perdere un momento. Giusto
o sbagliato che sia, questo stato il
giudizio, ma non basta. Per cacciare
qualcuno non basta dire che non
bravo, occorre anche che vi sia
qualcuno pi bravo di lui, anzi di
molto pi bravo di lui, dal momento
che il cambio di guida non coincide
con un cambio di maggioranza, con
un sostanziale cambio delle risorse
disponibili sul campo.
Naturalmente il pi bravo di tutti, c
gi, disponibile e pronto al grande
azzardo. Ora, gi il compiacersi
troppo della parola stessa ha un che
di estetizzante, di estremo, di marinettiano: zang tumb tumb, a morte il
chiaro di luna e tutto quanto il vecchio e il lento che ostacola noi che
siam giovani e pieni di vita, ma comunque in politica, come in tutte le
cose della vita, lazzardo ha senso
solo se lalternativa sono paralisi,
decadenza, morte lenta, inazione e
fallimento quasi certo. Se come Segretario del PD, Renzi ritiene che
solo con questo azzardo lItalia possa essere riavviata e il PD possa
realizzare la sua missione politica,
allora non solo pu, ma deve.
Naturalmente, assumendosene piena responsabilit di fronte al PD e al
Paese, essendogli ben chiaro che la
mossa stata dirompente e che il
fallimento non neppure previsto.
Non si pu sbagliare, infatti
lazzardo di cui si parla non solo
lazzardo di un dirigente, ma anche
quello di un grande partito e di un
Paese. Quanto grande allora la responsabilit, quanto delicata la valutazione, e quanto attenta la comprensione delle forze in campo e
delle premesse e delle conseguenze di ogni iniziativa! In questo, per
ora, Napolitano gli daiuto, in attesa di essere anchegli derubricato a
risorsa.
Il secondo fatto il programma del
Governo Renzi, di cui peraltro non
si conosce nulla, se non quanto detto e scritto durante le primarie dell8

dicembre, e gi questo riga di brividi


la schiena. Quali priorit, quali iniziative, quali alleati, quale mobilitazione sociale, quale atteggiamento
verso le tecnocrazie comunitarie?
Quale riforma del lavoro e come finanziarla? Quale politica industriale? Quali scelte tra rendita e produzione? Quale equilibrio tra patrimonio e reddito? IMU o reddito di cittadinanza? Quale rilancio per il Meridione? E quali sintesi di maggioranza compatibili con le scelte? E davvero stiamo lavorando allo scenario
del governo di legislatura o siamo
vittime di uno specchietto per le allodole? Barca, che si sfila come altri, dice che stiamo sfiorando
lavventura .
Il tentativo di Renzi davvero un
grande azzardo, maturato con modalit indesiderabili, ma in atto e
in concreto dobbiamo porci ora e
qui lunica domanda che abbia senso politico compiuto: per il PD e il
Paese sono meglio fallimento del
tentativo renziano o il suo successo,
e se e in che modo se ne possa
condizionare lazione, promuovendo
con il suo successo anche contenuti
e assetti politici pi convincenti. Secondo un pensiero settario sarebbe
invece preferibile il fallimento, ma lo
scenario in cui si collocherebbe da
brividi, fino a dover temere per la
stessa tenuta della democrazia.
In questo contesto, si colloca anche
lo spazio politico crescente per una
sinistra degna di questo nome, per
quel complesso e ancora disgregato
mondo di sensibilit sociali e culturali, di rappresentanza politica, di
iniziativa che, a diverso titolo, cerca
di ridefinire, e con grande fatica,
una sua identit allaltezza del post
comunismo e dei processi di globalizzazione.
Civati e Cuperlo, Pisapia ed Emiliano, Vendola e Landini, possono restare ancora per molto come atomi
su rotte ellittiche o non dovrebbero
cominciare a dirsi cose, a parlarsi, a
rintracciare vecchie identit non per
riproporle ma per ridefinirne di nuove?
Serve uno Tsipras dItalia? A quando un nuovo Racconto?

LARREDO URBANO E LATTENTO PASSANTE


Dede Mussato
Ottimo articolo quello di Renzo Riboldazzi. La sua scrittura, mirata
nellargomento, ingentilita dallo stile
mi ha incuriosito sino in fondo. Sono
progettista botanica di terrazzi e
giardini ed anche giardiniere; pertanto i miei occhi ricercano affanno-

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

samente anche nella citt, quegli


elementi che si possono ricondurre
al senso estetico. La delusione che
ne consegue spesso sconsolante
e mi viene subito da chiedere: ma
chi rilascia i permessi? Quale effettiva competenza sta dietro certe on-

nipotenti scrivanie? Quale formazione e educazione mirata anche al


senso del bello produce spesso tanti obbrobri? Forse bisognerebbe
cominciare proprio da l il senso
del
bello,
delle
proporzioni,
dellestetica, dei colori, dellarmonia

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dovrebbe essere proposta sin dalle
scuole primarie; ah! Ma di quale utopia sto parlando! Oppure dovrebbe essere uno degli elementi imprescindibili da esigere nei curricola
degli aspiranti tecnici comunali,
quelli che firmano i permessi, insomma e, forse, migliori risultati
comincerebbero a vedersi.
La scelta tra la ditta Neri o similar e
una vendita di materiale edile per un
palo della luce sarebbe sostanziale,
in nome, appunto dellarredo urbano. E cos per le panchine, per le
aiuole, nella loro forma e contenuto,
nella loro bassa/bassissima manutenzione. Quante rotonde diventano
vivai di erbacce quando manca lo
sponsor/manutentore? E locchio
piange e il cuore si stringe. E cos
via; i casi sono molteplici e si riconducono tutti al sostanziale menefreghismo che ricaccia in un angolo
tutti quegli elementi che al contrario
contribuirebbero alla bellezza curata
e voluta della citt, al grado di cultura dei suoi amministratori, sicch
alla soddisfazione dei cittadini. Perch non indire, alla bisogna, concorsi tra giovani architetti, urbanisti,
progettisti del verde? L la materia
conosciuta e approfondita, i lavori
di tanti sono mirabili non ne guadagnerebbe anche una citt ingrigi-

ta da tali ignoranze? Io credo di s


ma a me piace sognare.
Beh, largomento ricco di aspetti
che meriterebbero di essere discussi e soprattutto approfonditi, ben
vengano quei cittadini dotati di sensibilit, buon gusto e pragmatismo
che vogliano addentrarsi in questi
ambiti e che si attivino nel dispensare suggerimenti. Parlare di euritmia
significa aver capito il senso delle
proporzioni, dellequilibrio, della armonia compositiva. Oggi verifichiamo, invece, che la disarmonia la fa
da padrona e permea ogni luogo.
Ricetta: si prenda uno shaker lo si
riempia di colori, di insegne, di tendoni, di panchine, di pali, di stili e lo
si versi, a spaglio, tuttintorno, ecco
fatto! Apriamo gli occhi e ci accorgiamo che questa ed stata la
formula vincente pi o meno adottata. Ripeto, basta guardarsi in giro
con uno spirito nemmeno tanto critico, basta sentire lo stridor di denti,
quello che succede ai pi attenti!
Visto che le licenze vanno chieste,
le concessioni vengono date e
loccupazione del pubblico suolo
costa caro, perch non istituire una
normativa che declini tutte le regole
alle quali i richiedenti debbano inderogabilmente attenersi? Penso ai
commercianti, ai gestori dei chioschi
di ogni ordine merceologico, agli

edicolanti, insomma a tutte quelle


persone che per vendere devono
affacciarsi su strada o occupare
spazi preposti. Ecco che allora
laspetto architettonico e conseguentemente quello estetico riferito
magari ed anche a colori uniformemente scelti darebbe un aspetto
meno da caravanserraglio come ora
si pu, ahim notare quasi ovunque.
Perch non dotare le pubbliche
piazze corredate da palazzi di importante, antica architettura, di panchine in stile, piuttosto che di ruvidi
parallelepipedi in cemento armato?
Oppure sagrati di venerande chiese
magari romaniche o gotiche deturpati da sedute e da fioriere che in
quanto a stile fanno a cazzotti con il
sacro contesto? Gli esempi sarebbero molti, ma non voglio tralasciare
le orrende sguaiate insegne che declamano pizze veraci o sandwich
grondanti grasso, di catene ristoratrici doltre oceano, poste magari
allangolo di aviti palazzi che gridano vendette.
Basterebbe regolamentare tutto ci,
fare ordine in questi specifici assessorati. Quel tipo di ordine che si
tramuterebbe in regola e, per dirla
da botanico, procedere in una potatura precisa, di contenimento, di
sfoltimento, di ripresa dellarmonia e
della forma originaria della citt.

IN COMUNE SULLA SEA QUALCUNO CI CAPISCE?


Dario Balotta*
Lavoratori della SEA in cassa integrazione da ormai sei anni e comune di Milano che incassa dividendi:
il solito capolavoro negativo. In passato il comune incassava grazie alle
rendite monopolistiche, adesso si
prende i dividendi per coprire i suoi
buchi di bilancio. E i contribuenti
onesti pagano, tramite l'Inps, il
prezzo di questa partita di giro del
debito pubblico, mentre la SEA continua a gestire male i due aeroporti
milanesi.
Dopo lennesima tempesta in un
bicchiere
dacqua
provocata
dallAmministratore delegato delle
ferrovie Mauro Moretti alla Mobility
Conference sarebbe quindi meglio
chiarirci le idee sullannosa questione Malpensa e Linate, sgombrare il
campo dalle battute e dalle provocazioni che nascondono i dati di fatti
dietro una cortina fumogena di parole inutili. Due i punti fermi per iniziare la riflessione.
1) Malpensa 2000 nonostante la
spesa pubblica di 1,5 miliardi di euro ha tradito le aspettative: le previsioni
di
traffico
del
1997
dellUniversit di Cranfield contava-

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

no 33 milioni di passeggeri al 2003,


le successive analisi condotte dallo
studio Oldoni calcolavano ben 34
milioni di passeggeri al 2005. Entrambe si sono rivelate molto sovrastimate. Cos come quelle del Comitato Malpensa 2000 che parlavano
di 143mila nuovi posti di lavoro. Oggi non si toccano neppure 50mila
addetti con lindotto. Inoltre, si programmavano oltre 1 milione di tonnellate di merci trasportate al 2005,
si invece arrivati a un massimo di
486mila tonnellate nel 2006, meno
della met. Infine, lo scalo varesino
deteneva nel 2000 il 74% del traffico
degli scali lombardi (cio di Linate,
Brescia e Bergamo) mentre, nel
2013 ha toccato solo il 49%. Insomma anche a causa del mancato
matrimonio tra KLM e Alitalia
linvestimento pi grande della fine
del secolo scorso non ha dato i risultati sperati.
2) A causa dellabbandono di Malpensa da parte di Alitalia del 2008,
che per riparata parzialmente a
Linate, il declino dello scalo della
brughiera diventa inarrestabile.
Complice la crisi, il numero dei pas-

seggeri e il ruolo di Malpensa toccano i minimi storici. 19,3 milioni nel


2011, 18,5 nel 2012 fino ai 18 milioni dellanno appena trascorso. Sarebbe stato un tracollo se questi
numeri non fossero stati salvati
dallarrivo di Easy Jet, che, sbarcata
al T2, alla vecchia Malpensa, ora
gestisce il 35% del traffico complessivo dei due terminal. Dunque il
vecchio T2, dove da 12 anni non si
fa pi un investimento strutturale,
sta salvando Malpensa 2000.
I media e la politica in questi ultimi
anni hanno trovato colpevoli esterni. Il romano-centrismo di Alitalia, il
vampirismo di Lufthansa, British, Air
France ecc. avvenuto a Linate con il
trasferimento dei passeggeri nei loro hub, larrivo di Ryanair che ha
fatto esplodere Bergamo, il mercato
che non avrebbe compreso il valore
della Malpensa fino alla carenza dei
collegamenti ferroviari. C' sempre
una scusa, dalla crisi internazionale
seguita all'attentato dell'11 settembre, al vulcano islandese, come se
la globalizzazione non passasse
mai da Milano.

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C un punto, per di cui non si riesce a parlare, cio del gestore
dell'azienda, la SEA e della sua
propriet pubblica che la controlla, il
Comune di Milano. Questi due soggetti non hanno proprio niente da
rimproverarsi? Senza dover ricordare le periodiche disavventure gestionali di SEA a Malpensa;
linaugurazione shock e i pesanti
disagi subiti dai passeggeri non
hanno contribuito positivamente al
buon nome dello scalo. Negli ultimi
anni i costi di gestione hanno segnato un'inarrestabile ascesa. Al
punto che le ricche royalties e le alte tariffe derivanti dalla posizione
monopolista non sono pi bastate.
La gestione politica dellazienda
stata talmente deficitaria che per
sette anni si pensato di ripianare i
disavanzi crescenti della societ di
handling per 360 milioni di euro. Interventi vietati dalla normativa comunitaria che si sono configurati
come veri e propri aiuti di Stato.
Puntuale arrivata la maximulta UE
che, con gli interessi, ora diventata di 430 milioni.
La SEA ha occultato la grave crisi
che stava attraversando grazie alle

sue scelte strategiche e aziendali


sbagliate. colpevole lassenza
dindirizzi e di controllo del suo azionista principale, il Comune di Milano. I nodi da affrontare per uscire
dalla crisi con scelte di sviluppo sostenibile sia aziendali sia ambientali
sono stati tenuti lontani dalle scelte
aziendali. Si continuato a puntare
su politiche assistenziali, la SEA ha
chiesto per il sesto anno consecutivo la cassa integrazione. Nellarea
pi ricca del Paese, dove si fatto
un grande investimento pubblico
possibile che si debba usare uno
strumento che serve per salvataggio
delle aziende decotte?
Forse non a tutti noto che con il
risparmio del costo del lavoro, cio
grazie al contributo posto a carico
dellInps sono stati messi in passato
a bilancio utili da ascrivere invece a
una partita di giro del debito pubblico. Insomma mentre SEA era abituata a girare dividendi al Comune
di Milano frutto della rendita di posizione monopolista che spennava le
compagnie aeree e i viaggiatori ora i
dividendi per coprire i buchi comunali arrivano dallInps. SEA ha perseverato con politiche monopolisti-

che come lacquisizione di ATA per


allargare il suo perimetro aziendale
nonostante la minaccia di fallimento.
Questacquisizione ha fatto scattare
unindagine dellAntitrust per abuso
di posizione dominante alla fine
dello scorso anno. La rocambolesca
sentenza del Tar che ha salvato la
controllata SEA handling dal fallimento e la successiva indagine della Procura della Repubblica sul giudice che ha firmato questa sentenza
lultima spia accesa sulla SEA.
Dunque quale compagnia opera volentieri sugli scali milanesi se costretta a pagare continui aumenti
tariffari per finanziare un piano
dinvestimenti che mette gi in conto, solo per fare un esempio, un'inutile terza pista? Possibile che la
bocciatura dei mercati finanziari dello sbarco in borsa dello scorso anno
non abbia reso ancora pi rossa la
spia accesa? La conclusione pu
essere solo una: i motivi della crisi
della SEA e di Malpensa vanno ricercati in casa nostra.
*Responsabile trasporti Legambiente della Lombardia

Scrive Guido Capecchi a Pietro Cafiero


Riguardo all'articolo, pubblicato in
data 22 gennaio Volevo solamente
segnalare un inesattezza nell'interpretazione della bozza di RE quando si parla dell'articolo 11: "Non vorrei soffermarmi sullarticolo 11 che
parla di edifici abbandonati, ovvero
tutti quelli per cui basta che solo il
10% dello stesso non venga utiliz-

zato o manutenuto per 5 anni. Perch nella piccola palazzina in cui


abito lultimo piano ancora invenduto dopo ben pi di 5 anni dalla
sua ultimazione e non vorrei che il
Comune lo trasformasse in un centro sociale ." Mi pare che ci sia
stato un errore nella lettura dell'articolo. Questo infatti si applica sola-

mente agli edifici che per un periodo


minimo di cinque anni non sono utilizzati almeno per il 90%. In altri
termini almeno il 90% dell'edificio
deve essere inutilizzato perch un
edificio venga dichiarato abbandonato.

MUSICA
questa rubrica curata da Palo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
Gli amici svizzeri
Sono diventato un Amico Svizzero
(!) della Accademia Europea di Musica e devo raccontare questa storia perch mi sembra molto edificante e un po fuori dallordinario.
Dunque esiste unAccademia Europea di Musica, a Erba, della quale
pi volte ho scritto in questa rubrica,
anche recentemente, a proposito
della sua suggestiva sede nel medioevale Castello di Pomerio o per

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

riferire degli ottimi Festival che ogni


anno docenti e discenti della scuola
offrono al pubblico della cittadina
brianzola;
non
torno
dunque
sullargomento, ma voglio raccontare ci che accaduto durante la cena di capodanno svoltasi sul lago di
Lugano in casa di un noto direttore
dorchestra: un gruppo di amici di
lunga data e di diversa nazionalit,
residenti nel Canton Ticino o nelle

prossimit lombarde, sono venuti a


sapere di questa eccellenza musicale italiana non lontana dal confine
e - in barba a tutti i luoghi comuni
sulla xenofobia, in questi giorni molto diffusi - hanno deciso che vale la
pena di interessarsene seriamente.
Detto fatto, i commensali hanno
convenuto di ritrovarsi qualche giorno dopo e di costituire una Associazione di sostegno allattivit artistica

10

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e didattica di quellAccademia, nonostante la maggior parte di loro
fosse gi socia di una o pi delle
tante Associazioni ticinesi di amanti
della musica classica come ad esempio la AMMC (Associazione Amici della Musica in Cattedrale),
lAssociazione Aurofonie, lAssociazione Fiori Musicali della Svizzera Italiana (FiMSI), la pi nota Associazione Musica nel Mendrisiotto,
lAulos (Associazione Diffusione
Cultura Musicale), la Fondazione
Musica Ticinensis, la Fondazione
Ticino Musica, la sezione Svizzera
italiana della Societ Svizzera di
Musicologia, lAssociazione Incontra
l'Opera, lInternational Piano Association Switzerland, la Musibiasca
(Associazione che promuove e organizza eventi musicali e teatrali nel
territorio biaschese), la Piattaforma
elettronica di ricerca sulla musica
classica svizzera ovvero la Musinfo, e credo di non aver finito. Ma
dimenticavo che a Lugano esiste
ovviamente anche lAssociazione
Amici della Scala!
Evidentemente la sete di musica
inestinguibile in Canton Ticino se in
quattro e quattrotto, ai primi di febbraio, nata anche ASAEM e cio
lAssociazione
Amici
Svizzeri
dellAccademia Europea di Musi-

ca con un proprio Statuto e una


ventina di Soci gi pronti a mettersi
in movimento per organizzare eventi, concerti, masterclass, gemellaggi
fra associazioni consorelle, teatri e
sale da concerto, trovare sponsorizzazioni, insomma a sostenere e
lanciare sul proprio territorio una
scuola privata italiana a oggi conosciuta solo fra addetti ai lavori - ma
maestri e allievi arrivano da ogni
parte del mondo - della cui alta qualificazione si fatto garante il loro
ospite e amico musicista.
Dicevo edificante perch immagino
con quanta diffidenza, scetticismo e
disinteresse una proposta simile sarebbe stata accolta a Varese o a
Lecco, citt meno distanti da Erba di
quanto non sia Lugano, ma dicevo
anche fuori dallordinario per la
semplicit burocratica con cui tutto
ci avvenuto; per la legge svizzera infatti non servono notai n altri
pubblici ufficiali; alcune persone si
trovano, decidono di associarsi per
uno scopo, scrivono uno statuto
(che viene curiosamente chiamato
al plurale, gli Statuti), lo firmano,
eleggono allistante le cariche sociali e legalmente lAssociazione gi
esiste ed operativa. Straordinario.
Nei prossimi giorni vi sar la prima
visita della nuova Associazione al

Castello di Pomerio, lAccademia


offrir un concerto in onore dei nuovi amici, poi tutti a tavola ad assaggiare le specialit della cucina
brianzola; nel frattempo stato studiato il programma del prossimo
Festival e lASEAM si sta gi adoperando per trovare i finanziamenti
necessari.
Non una favola, andata proprio
cos. Da restare basiti. Mentre da
noi non si studia musica nelle scuole, i nostri adolescenti credono che
la classica sia roba per vecchi un
po rincoglioniti e si mandano a
spasso orchestre di qualit straordinaria come la Mozart di Bologna,
nel piccolo e provinciale (absit iniuria verbis) Canton Ticino non solo ci
si permette una orchestra sinfonica
stabile e si ospita il miracoloso
Progetto Martha Argerich - che
questanno, a partire da fine giugno
e per un intero mese, si svolger
per la tredicesima volta consecutiva
- ma dimostra un amore e una attenzione alla musica degni di una
capitale.
Grazie dunque agli amici svizzeri,
che si interesseranno anche di noi,
e auguri sia alla neonata Associazione che alla nobile Accademia.

ARTE
questa rubrica a cura di Virginia Colombo
rubriche@arcipelagomilano.org
Wunderkammer - Le stanze delle meraviglie
Cerano una volta le Wunderkammer: stanze delle meraviglie, vanto
di sovrani e signori dEuropa in epoca rinascimentale, che non contenti
di collezionare opere darte tradizionali, misero insieme stupefacenti
collezioni di pezzi rari, curiosi ed
esotici, naturalia et artificialia, per la
gioia degli occhi e lo stupore dei visitatori ammirati.
Oggi le Wunderkammer ritornano, a
Milano, grazie a una mostra divisa
tra due importanti musei, uno storico e uno recente, a pochi passi di
distanza. Le Gallerie dItalia di Intesa Sanpaolo e il Museo Poldi Pezzoli, in collaborazione con la Fondazione Antonio Mazzotta, presentano
infatti Wunderkammer. Arte, Natura,
Meraviglia ieri e oggi.
Lesposizione racconta i rapporti tra
arte, natura e meraviglia, spaziando
dallantico al contemporaneo con un
approccio multidisciplinare. Accostando a opere e manufatti cinque seicenteschi di collezioni italiane
opere darte contemporanea, la mo-

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

stra intende stimolare il visitatore a


rintracciare analogie, rimandi e corrispondenze tra i significati implicati
nel complesso fenomeno delle
Wunderkammern, tema gi affrontato dalla storica dellarte Adalgisa
Lugli nella Biennale veneziana su
arte e scienza del 1986.
In principio fu lItalia, Paese in cui
scienziati, principi e regnanti, seguiti
dai loro colleghi austriaci, tedeschi e
boemi iniziarono a costituire delle
raccolte in cui le scienze, la natura e
le creazioni artistiche trovavano un
equilibrio di reciproca compenetrazione.
Al Museo Poldi Pezzoli, tempio del
collezionismo privato e custode di
oggetti da Wunderkammer esso
stesso, sono riunite per la prima volta insieme le raccolte enciclopediche dei bolognesi Ulisse Aldrovandi
e Ferdinando Cospi e del milanese
Manfredo Settala, possessori di alcune tra le raccolte pi ricche e curiose del tempo. Veri detentori del
mondo in una stanza, elementi del

mondo minerale, vegetale e animale


venivano combinati tra loro o integrati in raffinati capolavori di oreficeria e arti decorative - gli artificialia o addirittura accostati a oggetti stupefacenti e curiosit esotiche provenienti dal Nuovo Mondo. Pesci
palla, denti di narvalo, nautilus, coccodrilli, coralli e teschi sono solo alcuni degli oggetti pi apprezzati dal
collezionismo dellepoca.
Se al Poldi Pezzoli prevalgono dunque i pezzi depoca, alle Gallerie
dItalia ecco invece che alla storia si
integra anche, in maniera curiosa,
larte contemporanea. Le stanze
delle meraviglie vennero smantellate e i pezzi dispersi nel corso degli
anni, ed proprio questo fenomeno
che vanno a indagare artisti come
Emilio Isgr ed Elisa Sighicelli, che
aprono il percorso ad altri grandi,
uno su tutti Marchel Duchamp, che
affrontarono nelle loro opere la presenza del meraviglioso attraverso
lutilizzo di materiali eterogenei o

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accostamenti di naturalia e artificialia.
Due sono i grandi temi che guidano
il visitatore: una prima sezione permette di illustrare il desiderio di contenere entro quattro pareti (che si
tratti di uno stipo, scatola, valigia o
stanza), il repertorio esaustivo di un
mondo. In questa sezione, sono
presentate opere di Alik Cavaliere,
Giuliana Cuneaz, Marcel Duchamp
e Emilio Isgr. Una seconda sezione indaga invece il rapporto dialetti-

co che intercorre tra arte e natura


nella contemporaneit, tra homo
faber e mondo naturale, che pone la
natura come alternativa nella creazione darte e per superare la dimensione a volte troppo scientifica
del quotidiano. Ed questa la natura indagata dalle magnifiche e allo
stesso tempo macabre ali di farfalle
di Damien Hirst, dai reperti di Jannis
Kounellis, dalle ricostruzioni di Piero
Manzoni, Mario Merz e Studio Azzurro.

Wunderkammer. Arte, Natura,


Meraviglia ieri e oggi fino al 2
marzo Sedi: Gallerie dItalia e Museo Poldi Pezzoli Costi: Gallerie
dItalia ingresso gratuito, Poldi Pezzoli ingresso ridotto presentando il
tagliando delle Gallerie dItalia. Orari: Poldi Pezzoli: 10.00 alle 18.00,
marted chiuso. Gallerie dItalia: Da
marted a domenica dalle 9.30 alle
19.30, Gioved dalle 9.30 alle 22.30

Van Gogh Alive


Appassionati di Van Gogh? In attesa, forse, della retrospettiva dedicata allartista prevista per lautunno
2014, si potr prender confidenza
con le opere del grande maestro
olandese gi da oggi, attraverso
una esperienza sensoriale che ha
gi avuto un incredibile successo di
pubblico.
Van Gogh Alive un progetto ambizioso e itinerante. Chiamarlo mostra
sicuramente fuorviante perch di
dipinti, disegni, carte o creazioni originali non ce ne sono. Ci sono per grandi megaschermi che proiettano oltre tremila immagini in altissima definizione grazie al sistema
Sensory4, e che permettono una
visione ravvicinata di dipinti, lettere,
disegni, appunti e particolari di opere, in alcuni casi non facilmente godibili con la classica esposizione
museale.
Quello che si compone davanti agli
occhi del visitatore un museo im-

possibile nella realt, che raggruppa


per nuclei tematici le fasi della vita
dellartista, con i suoi viaggi e i suoi
periodi: dagli esordi contadini di
Van Gogh, agli autoritratti, dalla
passione per le stampe giapponesi
alle lettere scambiate con lamato
fratello Theo, fino naturalmente ai
capolavori pi noti, amati e soprattutto sofferti durante la creazione
stessa.
Alcuni effetti sono di grande impatto: le luci delle finestre della Terrazza del caff di notte che si accendono pian piano, le stelle meravigliose della Notte stellata che
prendono vita, i rami di mandorlo in
fiore che scorrono tutti intorno allo
spettatore come in un rullo continuo,
i corvi che prendono il volo e scappano dopo lassordante sparo nei
campi di grano, segno della parabola finale della vita di Van Gogh.
Musiche, luci e proiezioni, per la durata di unora circa, serviranno per

suggestionare lo spettatore, che


magari digiuno dellopera di Van
Gogh, potr gradatamente avvicinarsi al suo mondo, cos tormentato
e a volte infelice, ma dal quale, grazie anche alle citazioni proiettate,
potr scoprire un uomo turbato ma
vitale, amante della pittura, innamorato della sua arte e a volte sognatore.
Certo che il biglietto dingresso
non tra i pi economici. Forse,
una maggiore oscurit della sala e
unatmosfera pi raccolta nel complesso, avrebbe reso il tutto ancora
pi suggestivo.
Van Gogh Alive. The experience,
Milano Fino al 9 Marzo, presso la
Fabbrica del Vapore via Procaccini
Orari: luned, marted, mercoled,
venerd e domenica dalle 10:00 alle
20:00; gioved e sabato dalle 10:00
alle 23:00 Costo del biglietto: intero
12, ridotto 10, scuole 6

105 disegni di grandi artisti per il Museo Diocesano


Una nuova collezione arricchir il
gi nutrito percorso artistico del Museo Diocesano di Milano. Da venerd 24 gennaio sar infatti possibile
ammirare un nuovo lascito, esposto
insieme alla collezioni vescovili e
della diocesi, donato al Museo dal
grande collezionista e uomo daffari
Antonio Sozzani. Centocinque disegni, perlopi inediti, saranno esposti
in maniera permanente dopo un
lungo restauro che ha visto protagonisti non solo queste preziose e
delicate opere, ma anche le loro
cornici originali.
Sozzani, uomo di spicco della finanza milanese e grande collezionista
di arte dellOttocento francese, su
consiglio di Giovanni Testori, amico
e consigliere, inizia a comprare e
collezionare disegni su carta di molti
significativi maestri, italiani e non,
mettendo insieme una ricca collezione di cui Testori stesso assunse
la guida scientifica.

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

Forse fu su consiglio di un altro amico, quellAlberto Crespi gi donatore dellomonima collezione Crespi
di fondi oro italiani, depositata presso lo stesso Diocesano, che Sozzani decise di donare anche i suoi disegni al Museo. Con delle clausole
ben precise: i disegni dovevano essere esposti tutti e tutti insieme, con
le loro cornici, e mai conservati o
esposti diversamente.
La raccolta Sozzani costituita da
disegni databili dal XV al XX secolo,
eseguiti da artisti principalmente italiani e stranieri, soprattutto francesi,
offrendo una ricca variet di fogli
riconducibili a scuole diverse, per
epoca e geografia. Tra questi, per la
sezione antica, spiccano i nomi di
Matteo Rosselli, Luca Cambiaso,
Bartolomeo Passarotti, Ludovico
Carracci, Guercino, Elisabetta Sirani, Gian Lorenzo Bernini, Carlo
Francesco Nuvolone, Francisco
Goya, e altri ancora.

Cospicuo anche il nucleo di disegni attribuiti a maestri dellOttocento


francese e dellImpressionismo,
come Jacques Louis David, JeanAuguste-Dominique Ingres, Camille
Corot, Eugne Delacroix, Thodore
Gericault, Gustave Courbet, douard Manet, Auguste Rodin, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir,
Camille Pisarro, Paul Gauguin, Vincent van Gogh.
Per il Novecento sono presenti alcuni lavori di autori quali Lucio Fontana, Jaques Lipchitz, Marcello Dudovich, Jean Cocteau, Balthus, Toti
Scialoja, Graham Sutherland.
Lapertura di questa nuova sezione
sar accompagnata da un catalogo
scientifico, a cura di Paolo Biscottini
e Giulio Bora, che propone, oltre ai
saggi introduttivi sulla storia e sullo
studio scientifico della collezione
Sozzani, la pubblicazione integrale
dei disegni, quasi tutti inediti, corredata da una documentazione fotografica e da schede scientifiche.

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La collezione Antonio Sozzani Museo Diocesano di Milano (Milano,


c.so Porta Ticinese 95)

Dal 24 gennaio 2014 Orari di apertura: marted - domenica, 10.0018.00 (la biglietteria chiude alle ore

17.30) Ingresso: intero: 8.00, Ridotto: 5.00, marted 4 euro

Kandinsky e la nascita della pittura astratta


Che cos lastrattismo? Che significato hanno cerchi, linee, macchie di
colori a prima vista casuali ma di
gran impatto visivo? C qualcosa
oltre la superficie del quadro? Per
rispondere a questi leciti interrogativi arriva a Milano una grande retrospettiva dedicata a uno degli artisti
pi significativi del secolo scorso:
Vassily Kandinsky.
Sono oltre 80 le opere in mostra,
tutte provenienti dal Centre Pompidou di Parigi e tutte firmate dal padre dellastrattismo. Una esposizione che offre una panoramica completa dellevoluzione dellartista, partito da una figurazione semplice e
legata alla tradizione, ma che arrivato a concepire alcune delle teorie
artistiche pi interessanti del 900.
Un percorso di ricerca lungo e fatto
di molte sperimentazioni, che caratterizza larte di Kandinsky come
qualcosa di complesso ed estremamente affascinante.
Lapertura di grande impatto, con
la ricostruzione, per la prima volta
portata
fuori
dalla
Francia,
dell"ambiente artistico totale" ricreato nel 1977 dal restauratore Jean
Vidal, ovvero pitture parietali eseguite riportando fedelmente i cinque
guazzi originali con cui Kandinsky
decor il salone ottagonale della
Juryfreie Kunstausstellung di Berlino, esposte tra il 1911 e il 1930.
Il percorso prosegue poi in ordine
cronologico, esaminando le tante
fasi vissute da Kandinsky. Gi dalle
prime opere lartista russo dimostra
una passione per il colore, le atmo-

sfere di gusto impressionista e fauve con unattenzione ai temi leggendari e legati al passato, come ad
esempio i cavalieri, soggetti che si
trova ad affrontare allinizio del 900.
Abbandonata la Russia, Monaco
sembra offrire una vita migliore a
Kandinsky, che frequenta lAccademia di Belle Arti e si lega ad artisti
che sperimentano con lui un tipo di
arte ancora di gusto Art Nouveau:
il momento del gruppo Phalanx.
Dopo viaggi che lo conducono in
giro per il mondo insieme alla nuova
compagna, la pittrice Gabriele Munter, Kandinsky si trasferisce a Murnau, in Baviera, ed l che, passo
dopo passo, nascer lastrattismo.
Gradatamente i disegni si fanno
piatti, il colore prende piede e nel
1910 vedr la luce il primo acquerello astratto, dipinto con i colori primari che hanno, agli occhi dellartista,
una valenza e un significato unico e
fondamentale.
Nel 1912, in compagnia dellamico
Franz Marc, nascer il celebre
Blaue Reiter, quel Cavaliere Azzurro protagonista degli esordi di Kandinsky e che diverr anche un fortunato almanacco artistico. Seguir a
breve Lo spirituale nellarte, trascrizione del pensiero e della dottrina di
Kandinsky sullarte astratta.
Con lo scoppio della guerra Kandinsky costretto a tornare in Russia, momento in cui torner a una
fugace figurazione e in cui conoscer la futura moglie Nina. Nel 1922
accetta il prestigioso invito del Bauhaus di Gropius e si trasferisce a

Dessau come insegnante. Dopo la


chiusura nazista di questa prestigiosa scuola, Kandinsky decide di recarsi a Parigi, sua ultima meta e citt allora pervasa dalle grandi novit
del cubismo e del surrealismo, corrente questultima, che influenzer
fortemente gli ultimi lavori dellartista.
Figure biomorfe sembrano galleggiare leggere e impalpabili su cieli
blu, diagonali di colore, griglie e colori pastello. Il cielo e la luce tanto
amata della ville lumiere lasceranno
unultima suggestione nelle grandi
composizioni cos come nei piccoli
dipinti su cartone che Kandinsky
cre durante la Guerra.
In mostra sono presenti alcune delle
opere pi significative dellartista,
quelle che tenne per s costantemente appese in casa o che don
allamata moglie Nina, e che danno
quindi il resoconto esatto di unarte
che si rivelata fondamentale anche per i pittori moderni. Molto dovettero a Kandinsky Pollock e i suoi
irascibili, cos come, larte astratta
e lInformale ebbero un debito enorme nei confronti di questuomo
che ebbe il coraggio di dire che le
forme e i colori sono fondamentali,
spirituali, e che la pittura deve trasmettere lessenza pi profonda di
chi la crea e di chi la guarda.
Kandinsky: la collezione del Centre Pompidou fino al 4 maggio
2014 Orari: luned:14.30 - 19.30 dal
marted alla domenica: 9.30 - 19.30
gioved e sabato: 9.30 - 22.30 Biglietti: intero 11,5, ridotto 9,5

La genesi dellopera di Pellizza da Volpedo


Il Quarto Stato, opera che inizia
simbolicamente il percorso del Museo del 900, viene ora studiato e
indagato nella sua genesi lunghissima, dieci anni, che ha portato al
suo compimento definitivo. A cura di
Aurora Scotti, la mostra presenta
circa trenta opere tra disegni e dipinti di Pellizza da Volpedo allestiti
nello spazio mostre al piano terra
del museo e una radiografia a grandezza naturale dellopera.
Cos come fu per l'acquisto dell'opera - nel 1920 tramite una pubblica
sottoscrizione - il Museo chieder ai
cittadini e ai visitatori di esprimere il
loro parere in merito a un eventuale
spostamento del capolavoro di Pel-

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

lizza, trasformando cos l'atrio in sala museale.


Lartista, partendo da una formazione filosofico - storica, sente la necessit di trattare temi allora attuali
come le problematiche sociali e politiche dellItalia unita, in particolare
quelle dello sciopero e della protesta popolare, temi che affronta in
disegni e bozzetti ad olio realizzati
dal 1890, assecondando la convinzione che la pittura di storia doveva
trattare temi di assoluta contemporaneit.
Il lungo iter progettuale dellopera
segnato da due tappe fondamentali:
Ambasciatori della fame (1892) e
Fiumana (1895-96). Una lunga elaborazione che rese lartista consa-

pevole della propria missione intellettuale. A ogni fase corrisponde infatti una peculiare sperimentazione
compositiva e tecnica, il cui sviluppo
pu essere seguito lungo le tre sezioni della mostra, dove sono esposti i bozzetti, i disegni preparatori e
alcune analisi radiografiche.
La prima versione dellopera Ambasciatori della fame, e gi da questa versione Pellizza sceglie il luogo
e il tempo dell'azione: la piazza davanti a palazzo Malaspina, a Volpedo, simbolo del potere signorile di
antica data. Nella luce di un mattino
primaverile - il 25 aprile sullimbocco di Via del Torraglio,
Pellizza fece avanzare un gruppo di
lavoratori guidati da due portavoce

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dal piglio deciso in primo piano e
affiancati da un ragazzo pi giovane.
Nel corso del 1893-94 decise di riproporre il tema in un nuovo quadro
di pi grandi dimensioni, cercando
di mettere meglio a fuoco il gruppo
centrale dei personaggi. Abbandonata la tecnica a larghe pennellate,
adotta una tecnica divisionista a
piccoli punti e linee di colori disposti
in modo puro sulla tela, per raggiungere effetti di luminosit ed espressivit. Nel nuovo bozzetto, eseguito nel 1895, Pellizza elimin il
punto di vista dallalto per una presa
diretta frontale dei suoi protagonisti:
numerose figure di artigiani e contadini che avanzano guidati dai due
capi della rivolta affiancati ora da
una donna con un bimbo in braccio,
ritratto di Teresa, moglie dellartista.

Di l a poco vedr la luce Fiumana, il


cui titolo allusivo allingrossarsi
della schiera dei lavoratori, paragonabile ad un fiume in piena, puntando sulla diffusione del messaggio
idealmente rivolto a tutti i lavoratori
e sulladesione di massa ad esso.
Nel 1898 Pellizza decise di riaffrontare il tema su una tela ancora pi
grande, ricominciando a eseguire
disegni per tutte le figure e facendo
nel 1899 un nuovo bozzetto dalle
cromie calde e intense a cui diede
per titolo Il cammino dei lavoratori.
Ancora una volta alla rielaborazione
pittorica il pittore accompagn letture sempre pi attente alle problematiche sociali. Il risultato fu un nuovo
cambio dimpostazione, sostituendo
alla massa indistinta di lavoratori
una sequenza di uomini e qualche
donna disposti su pi file a occupare tutta la scena.

A questa tela Pellizza lavor incessantemente dal 1898 al 1901,


quando scelse di intitolarla Il Quarto
stato. La tela divenuta dunque il
simbolo della fiducia che il cammino
di lavoratori avrebbe portato ad un
futuro migliore, anticipando e incarnando una delle forze motrici del
Ventesimo secolo. Una mostra per
ripercorrere gli studi, i disegni e i
tentativi che hanno preceduto
lopera, divenuta un simbolo universale e che ora diventer uno dei
simboli di Expo 2015.
Giuseppe Pellizza da Volpedo e il
Quarto Stato. Dieci anni di ricerca
appassionata Museo del '900 Spazio mostre fino al 9 marzo 2014 Costo: intero 5, ridotto 3 Orari: lun.
14.30 - 19.30 mar. mer. ven. e dom.
9.30 - 19.30 gio. e sab. 9.30 - 22.30

Perch il Museo del Duomo un grande museo


Inaugurato nel 1953 e chiuso per
restauri nel 2005, luned 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto
le sue porte e le sue collezioni il
Grande Museo del Duomo. Ospitato
negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo
del Duomo si presenta con numeri e
cifre di tutto rispetto. Duemila metri
quadri di spazi espostivi, ventisette
sale e tredici aree tematiche per
mostrare al pubblico una storia fatta
darte, di fede e di persone, dal
quattordicesimo secolo a oggi.
Perch riaprire proprio ora? Nel
2015 Milano ospiter lExpo, diventando punto di attrazione mondiale
per il futuro, cos come, in passato,
Milano stata anche legata a doppio filo a quelleditto di Costantino
che questanno celebra il suo
1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la
Veneranda Fabbrica ha scelto di
inserirsi in questa felice congiuntura
temporale, significativa per la citt,
dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.
Il Museo un piccolo gioiello, per la
qualit delle opere esposte cos
come per la scelta espositiva.
Larchitetto Guido Canalico lo ha
concepito come polo aperto verso
quella variet di generi e linguaggi
in cui riassunta la vera anima del
Duomo: oltre duecento sculture, pi

di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal
XV secolo alla contemporaneit.
E lallestimento colpisce e coinvolge
gi dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue
di santi e cherubini, da apostoli, da
monumentali gargoyles - doccioni,
tutti appesi a diversi livelli attraverso
un sistema di sostegni metallici e di
attaccaglie a vista, di mensole e
supporti metallici che fanno sentire
losservatore piccolo ma allo stesso
tempo prossimo allopera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ci che stato sul tetto del
Duomo per tanti secoli.
Si poi conquistati dalla bellezza di
opere come il Crocifisso di Ariberto
e il calice in avorio di san Carlo; si
possono vedere a pochi centimetri
di distanze le meravigliose guglie in
marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del 400 e 500, alcune su disegno dellArcimboldo, sopraffini
esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.
C anche il Cerano con uno dei
Quadroni dedicati a San Carlo,
compagno di quelli pi famosi esposti in Duomo; c un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso

un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture


che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potr gustare
il Paliotto di San Carlo, pregevole
paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto,
con bozzetti e sculture in terracotta;
per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che pi che
un congegno in ferro del 1700,
sembra unopera darte contemporanea. E al contemporaneo si arriva
davvero in chiusura, con le porte
bronzee di Lucio Fontana e del
Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.
Il Duomo da sempre il cuore della
citt. Questo rinnovato, ampliato,
ricchissimo museo non potr che
andare a raccontare ancora meglio
una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della
prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in
quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che il Duomo
stesso.
Museo del Duomo Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 Biglietti: Intero
6 euro, ridotto 4 euro Orari: MartedDomenica: 10.00 -18.00.

Autunno Americano parte 2: Andy Warhol


Dopo la grande mostra in Triennale
del 2004, e una monografica di
stampe al Museo del Novecento
questa primavera, Andy Warhol torna a Milano con una super esposi-

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

zione: le opere della collezione di


Peter Brant. La mostra si presenta
subito come una grande retrospettiva del lavoro dellartista originario di
Pittsburgh, comprendente alcune

delle sue opere pi famose e conosciute a livello mondiale, per un totale di oltre 150 opere darte, tra dipinti, serigrafie, sculture e fotografie.

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La mostra, curata da Francesco
Bonami e dallo stesso Peter Brant,
sar unoccasione interessante per
approfondire la figura, a torto ritenuta spesso solo superficiale e frivola,
di Andy Warhol, artista invece ben
pi complesso e tormentato. Peter
Brant, magnate americano, fu intimo
amico di Warhol, e ad appena
ventanni inizi a comprare i lavori
dellartista, partendo proprio dalla
famosa lattina di zuppa Campbell
riprodotta da Warhol.
Sar un legame lungo tutto una vita
quello che accompagner lavventura di Brant e Warhol, che vissero
e segnarono insieme i pazzi anni
60 e 70 della scena newyorchese.
Un sodalizio di vita e lavoro il loro,
che sfocer nella collaborazione
tramite la rivista Interview, fondata
dallo stesso Warhol nel 1969 e acquistata da Brant e dalla sua casa
editrice dopo la morte dellamico,
avvenuta nel 1987 in seguito ad
unoperazione chirurgica finita male.
La mostra presenta capolavori assoluti, che caratterizzano la collezione Brant come una delle pi importanti e significative a livello internazionale rispetto alla produzione
warholiana. Attraverso un percorso
cronologico si potr ricostruire a tutto tondo la figura di Warhol, partendo dai suoi inizi come grafico e
pubblicitario, famoso gi allepoca
per rivoluzionari e particolarissimi
disegni di calzature femminili e per il
suo atteggiamento irriverente.
La pubblicit per era solo linizio.
Warhol voleva far parte dellelite ar-

tistica, ecco perch si rivolse sempre pi allarte e al mondo pop, ovvero a quel substrato culturale che
coinvolgeva tutti gli americani, dal
Presidente alluomo comune. Il suo
universo si popola di lattine di zuppa, di Coca-Cola, di scatole di detersivo Brillo; dalle sue tele si affacciano Liz, Marilyn, Elvis, Jackie e
tanti altri divi osannati dallAmerica,
e che per ebbero anche, quasi
Warhol fosse stato un profeta, fini
tragiche o destini infelici. Come a
dire, lapparenza, nonostante i colori
e i sorrisi smaglianti, inganna.
Una presa di coscienza di quello
che lamericano medio aveva sotto
gli occhi tutti i giorni, visto al supermercato o sui giornali, e che Warhol
ripropose ingrandito, ripetuto fino
allo sfinimento, disarticolato, sovrapposto e modulato, ma senza
mai criticare. Anzi. La pop art di
Warhol lontanissima dal voler lanciare invettive contro il consumo
smodato o il capitalismo. Warhol
stesso ci era cresciuto, e la cosa pi
naturale per lui era proprio partire
da quello che conosceva meglio e
che poteva riguardare tutti. Senza
messaggi nascosti o significati troppo profondi.
Oltre ai famosi Flowers multicolor e
ai ritratti di Mao, paradossale vera
icona pop, la mostra propone anche
le rielaborazioni che Warhol fece di
un grande classico come lUltima
Cena di Leonardo; cos come stupiranno una serie di Portraits, di autoritratti che lartista si fece grazie alle
polaroid che amava tanto, e che u-

sava per riprendere anche i suoi


amici Mick Jagger, Diana Ross e
Jane Fonda. Tutti presenti in mostra.
Emerge cos un Warhol non solo
mondano e padrone del suo palcoscenico, la celeberrima Factory, in
cui numerosi assistenti producevano effettivamente le sue opere, ma
anche un Warhol pi introverso,
spaventato forse da quella celebrit
raggiunta e cercata, ma che era diventata perfino pericolosa. Fu infatti
vittima di un tentato omicidio, per
mano di una femminista, e dal quale
si salv per miracolo nel 1968.
Vittima di un diverso colpo di arma
da fuoco fu invece una delle opere
pi famose di Warhol, una Marilyn
blu che venne colpita da un proiettile in piena fronte, sparato senza
motivo da unamica dellartista nel
1964. Da quella data lopera venne
chiamata, per lappunto, Blue Shoot
Marilyn. Ennesimo esempio del circo che circondava lartista e che lui
osservava quasi in disparte, dietro i
suoi occhiali da sole e al riparo di
una parrucca argentata.

Warhol, dalla collezione Peter


Brant Palazzo Reale fino al 9 marzo 2014 Orari: Luned: 14.3019.30
Dal marted alla domenica: 9.3019.30 Gioved e sabato: 9.30-22.30
Prezzi: Intero 11 euro, ridotto 9,50
euro.

LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
rubriche@arcipelagomilano.org
Guido Martinotti
Un giornalista d'eccezione
Gli articoli scritti per ArcipelagoMilano dal 2009 al 2012
ArcipelagoMilano, dicembre 2013
pp.302, euro 20
Mercoled 19,ore 18,15 il libro verr
presentato a Palazzo Sormani, Sala
del Grechetto, Via F. Sforza 7 Milano, a cura di Unione Lettori Italiani
Milano Unione Lettori Italiani Milano
Nella smagliante, affettuosa prefazione ai 73 articoli (ma alcuni sono
veri piccoli saggi) scritti da Guido
Martinotti per ArcipealgoMilano nel
quadriennio 2009-2012, Michele
Salvati d conto della difficolt di
comporre in un quadro unitario un
simile caleidoscopio di proposte,
polemiche, citazioni, malumori (degni di Karl Kraus) che assicurano,

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

ricorda Salvati, godimento e istruzione a ogni riga .


Eppure nei suoi preziosi Essays in
Indignation, Martinotti, sempre fedele "alla sua matrice di origine, vale a
dire all'impianto laico liberalsocialista" (citiamo ancora Salvati)
ci propone una riflessione costante
sul trinomio societ - economia passione morale.
Oggi la nostra cultura politica non si
rivelata in grado di fornire bussole
e portolani, rifugiandosi nella sterile
constatazione che lo scontro inevitabile e risulta vincente per coloro,
tra i soggetti in campo, che esibi-

scano non delle ragioni ultime ma


delle forze pratiche e decisive. E il
compito della cultura laico - progressista proprio quello di non ridurre lo scontro al puro rapporto di
forza.
Ma se non c' un puro rapporto di
forza, allora bisogna ritornare a
pensare le ragioni. La crisi del marxismo, in tutte le latitudini del pensiero, ha lasciato la nostra cultura in
uno stato di disarmo rispetto alla
forza dominante dell'economia, una
forza alla quale non siamo stati in
grado fino a oggi di opporre un'al-

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www.arcipelagomilano.org

ternativa che abbia un valore superiore a quello della protesta.


E cos Martinotti, pagina dopo pagina, utilizzando anche una "quantit
di fatti e informazioni inconsueti, curiosi, divertenti e cosmopoliti", come
scrive Salvati, ci ricorda che noi tutti
ci muoviamo, senza mai allontanarcene, intorno a un'area di rischio. Il
rischio quello di svegliarsi una
mattina e trovarsi a vivere in una
societ che abbia riscritto nel corso
di una lunga notte i suoi codici di
comportamento, incentrati sui parametri di un consumismo inesausto, del trionfo senza condizioni della tecnologie, del mercato ipergloba-

le, e del benessere materiale (si potrebbe dire weberianamente "come


unica pagella di vita un benessere
come destino e non come condizione"). Una societ dunque che assuma e accentui a tutti gli effetti i
tratti di un orizzonte post umanista.
Ed qui che la voce di Guido Martinotti si fa forte, anche quando sembra che limiti la propria indagine solo ai temi della citt, del territorio,
della amministrazione e della politica locale. Bisogna impedire che il
declino prosegua e si compia, bisogna impegnarsi di portare a termine
con umilt, ma anche con rigore intransigente, un grande sforzo di

chiarezza intellettuale e di volont


propositiva.
Noi viviamo nell'et dell'efficienza e
del risultato. Un'et che ha le sue
leggi inesorabili. Il punto coniugare l'imperativo dell'efficienza e del
risultato, con i doveri comunque irrinunciabili, della solidariet,in quanto
essenza centrale di un vero umanesimo e della cultura della partecipazione riformatrice, consapevole e
sempre critica.
Guido Martinotti da leggere e da
rileggere. Assolutamente.
Paolo Bonaccorsi

CINEMA
questa rubrica a cura di Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org
Hannah Arendt
di Margarethe von Trotta [Germania 2012, 113']
con Barbara Sukowa, Axel Milberg, Janet Mc Teer
All'inizio, in un'immagine dai toni
caldi, appare lo skyline notturno di
New York e poi l'interno di un appartamento quasi in penombra, dove
Hannah Arendt, interpretata da una
sensibilissima Barbara Sukowa, si
aggira fumando, sola e pensierosa.
Questa atmosfera di concentrazione
la nota su cui si accorda tutto il
film, che chiede di essere visto, e
soprattutto ascoltato, con attenzione.
Siamo nel 1961, vent'anni prima Arendt, ebrea di origini tedesche, era
riuscita a scappare dal campo di
internamento di Gurs, nel sud della
Francia, e a emigrare negli Stati Uniti assieme al marito, il filosofo
Heinrich Blcher. Ora una cittadina americana e ha una vita piena e
laboriosa. Insegna con passione
nelle pi prestigiose universit del
paese, coltiva profonde amicizie e il
rapporto col marito, che pure la tradisce apertamente, di grande affetto, complicit e vivace scambio di
idee. Ha gi scritto due libri fondamentali del pensiero politico del
'900: "Le origini del totalitarismo" e
"La condizione umana".
allora che viene a sapere del processo che si terr a Gerusalemme

ad Adolf Eichmann, l'organizzatore


della deportazione degli ebrei nei
campi di concentramento, e si rende
conto che non pu perdere questa
occasione. Riesce a partire per Israele come inviata della gi famosa rivista "New Yorker" e comincia
ad assistere alle udienze, che Margarethe von Trotta sceglie di mostrare attraverso le registrazioni originali (gi utilizzate dal regista israeliano Eyal Sivan nel documentario
"Uno specialista - ritratto di un criminale moderno").
Eichmann la sorprende. Non si rivela un genio del male n un pazzo,
ma un uomo mediocre, un funzionario che ha sempre e soltanto obbedito agli ordini, senza letteralmente
pensare alle conseguenze delle sue
azioni. Ed questa incapacit di
pensare, l'interruzione dell'intimo
colloquio con se stessi grazie al
quale si costruiscono le proprie
convinzioni, la propria morale, che
ha condotto, secondo la filosofa, a
tanto male.
Quando, nel 1963, cominciano a
essere pubblicate le sue riflessioni,
le reazioni sono molto violente. Viene tacciata di arroganza, di voler
giustificare i crimini del nazismo, di

tradimento del suo popolo. Cercano


di allontanarla dall'universit e molti
amici cari le voltano le spalle. Restano dalla sua parte il marito, alcune amiche, tra cui la scrittrice Mary
McCarthy, e gli studenti che continuano ad affollare i suoi corsi.
"Hannah Arendt" un film ben calibrato, profondo e perturbante, che
lascia risuonare parole importanti
senza essere magniloquente. Il ritratto di una donna coraggiosa, appassionata, intransigente, che ha
messo al centro della sua vita la volont di capire, costi quel che costi.
Barbara Sukowa sempre credibile,
autentica, anche in virt del fatto di
essere cos diversa, di aspetto, dalla vera Arendt. L'edizione italiana
in lingua originale coi sottotitoli ed
stata proiettata soltanto in occasione della Giornata della Memoria, il
27 e 28 gennaio. Circoler per nelle scuole e uscir in DVD con Feltrinelli insieme al libro che segu agli
articoli sul "New Yorker": "La banalit del male - Eichmann a Gerusalemme".
Kaspar Hauser

SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org
Intervista a Edoardo Erba

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

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Fino a pochi giorni fa avevi due
testi contemporaneamente in
scena a Milano, Vera Vuz al Teatro Out Off e Italia anni 10 al Teatro Ringhiera. La simultaneit
un caso dovuto a esigenze produttive oppure stata una scelta
voluta? stato un caso che poi
abbiamo fatto risultare come una
necessit. I due progetti hanno avuto genesi autonome ma poi due teatri si sono incontrati e, visto che avevano tutti e due voglia di fare un
fuoco sul mio lavoro, si sono messi
a farlo insieme. Io sono molto contento perch non erano due teatri
che si parlavano molto, quindi spero
che la collaborazione - al di l di me
- vada avanti in futuro. Io sono
sempre per aprire dei ponti di comunicazione e non chiuderli, quindi
questo mi ha fatto molto piacere.
Sono testi nuovi che hai scritto
apposta per la Senigallia e per
Loris? Italia anni 10 s, stato
scritto apposta per la compagnia di
Serena. Lei mi aveva precedentemente chiesto di adattare Ribellioni
possibili, ma era un testo che pi
che riadattato andava riscritto. Era
un testo che non mi piaceva molto,
poi loro ne hanno fatto un bellissimo
spettacolo, ma io non volevo metterci le mani, preferivo scriverne uno
nuovo sugli stessi temi, e cio le
ripercussioni sociali della crisi economica. E cos stato. Avevo due
indicazioni di partenza: la tematica,
appunto, e gli attori, che erano quelli
della compagnia ATIR. Poi abbiamo
lavorato insieme e c stata una dialettica molto sana e molto affettuosa, ci siamo trovati decisamente
bene e io sono contento del risultato.
Tutto diverso il lavoro di Vera Vuz,
che invece ho scritto in maniera assolutamente solitaria, nellestate del
2011 quando stavamo per andare in
Africa a prendere il terzo figlio che
adesso integratissimo con noi ed
un membro importante della famiglia, quindi ho scritto il testo quasi
trovando un isolamento forzato da
una vicenda in quel momento molto
turbinosa. un testo che ritorna alle
mie origini, al dialetto che sentivo
quando ero piccolo. stata
unesperienza di scrittura veramente
emozionante. Io non mi emoziono
mai quando scrivo, di solito gioco e
mi diverto, invece in questo caso
avevo spesso il magone, perch
ogni parola mi ricordavo un pezzo di
mondo che avevo dimenticato.
Quando lho terminato mi sono detto: questo lo possono fare solo degli amici, delle persone che mi conoscono e mi capiscono bene, e ho
pensato subito a Loris che un amico di vecchissima data e un regista che stimo molto, e oltretutto an. 07 VI - 19 febbraio 2014

vevamo gi fatto un lavoro insieme


a Fiume, Dramma italiano, che lui
aveva diretto in maniera splendida.
Lui ha accettato. Io ho detto: sarebbe bello farlo con Mario e Gigio,
ma non era facile perch Gigio
molto impegnato, per siamo stati
fortunati che in quel periodo era libero e ha accettato di farlo, anzi ha
dato anche un contributo ad alcuni
dettagli del testo.
Di solito da cosa parte la tua
scrittura? Se guardo indietro vedo
che alcuni seguono un filone, alcuni
un altro e altri un altro ancora, per
in generale c un po sempre
lesigenza di sfidarsi su un terreno
nuovo. Diciamo che ho cercato di
non essere uno di quelli che riscrive
sempre lo stesso testo, ma ho cercato di fare cose molto diverse perch cos sono pi stimolato a farle.
Ho scritto anche uno spettacolo
musicale, tre spettacoli dialettali due in romanesco e appunto Vera
Vuz, uno spettacolo decisamente
grottesco, Vizio di famiglia, uno
quasi di epica contemporanea che
Italia anni 10, parecchi testi a due,
qualche testo comico, uno scientifico a cui tengo molto, In treno con
Albert, insomma ho cercato di sfidarmi su vari terreni perch questa
la maniera per me per rimanere
vivo, per non annoiarmi del mio lavoro.
Ti mai capitato di dover scrivere
cose che non avevi voglia di scrivere? E quando ti capita - per
commissioni, scadenze o qualsiasi altro motivo - come fai a mantenere viva la creativit? S, capita
spesso. Non mi mai capitato nel
teatro, perch il teatro sempre stato lambito della mia libert: ho
sempre scritto quello che ho voluto
e non mi sono mai trovato costretto
a lavorare controvoglia. Invece in
tante altre situazioni mi successo,
ad esempio per articoli che mi venivano chiesti, interventi su riviste o
giornali cose che non hai nessuna voglia di fare, alle quali per non
puoi dire di no, perch magari te lo
chiedono amici o persone di cui sai
che in futuro potrai avere bisogno e
quindi non vale la pena rifiutare. Poi
mi capitato di scrivere cose che
non avevo voglia quando ho fatto
lavori per la pubblicit, per le aziende o per la televisione, e l ancora
pi complicato. Non sai mai come
uscirne, e cerchi di trovare almeno
qualcosa che possa piacerti, per
riuscire ad avere quel po di energia
e di creativit che ti permetta di farcela. Certe volte funziona la disperazione, cio quando non voglio fare
una cosa me la riduco allultimo secondo, come uninterrogazione che
non vuoi preparare a scuola, e poi
ho talmente poco tempo che non

riesco neanche a pensare non mi


piace, devo buttarmi e basta, altrimenti sarebbe il disastro. Con la televisione mi capitato tante volte di
trovarmi allultimissimo momento e
quindi ricavare lenergia necessaria
dalla disperazione.
Com cambiato il tuo immaginario e la tua scrittura negli anni?
Da La notte di Picasso e Maratona di New York, scritti allinizio
degli anni 90, fino ai tuoi ultimi
testi? Si cambia e bisogna star dietro a questo cambiamento. Io ho
cercato di non rimanere prigioniero
di me stesso, soprattutto di Maratona di New York, che stato il testo
che mi ha fatto conoscere e che ha
avuto pi successo non solamente
in Italia ma anche nel mondo, che
continuano a chiedermi e che un po
mi ossessiona. Per ho cercato di
fare cose totalmente diverse, anche
a prescindere da quello. Altri preferiscono battere sulle stesse note e
se non si annoiano a farlo fanno
bene, ma per me sarebbe stato
sbagliato. Poi io dentro un filo lo vedo, ed in evoluzione, cos come la
visione del mondo in evoluzione:
forse da giovane ero pi pessimista
e adesso lo sono di meno, paradossalmente, forse allora la fantasia era
pi stimolata dallidea della morte,
adesso che forse la morte pi vicina sono pi stimolato dalla forza
dellamore.
Com il tuo rapporto con i registi? Ti affidi completamente o
preferisci seguire le prove e
controllare la messa in scena?
Contrariamente a quello che si pensa, seguire le prove non porta mai
tanto bene. Quello che ho verificato
che conviene lavorare un po prima con il regista, a vari livelli, o
mentre il testo in formazione oppure a tavolino, ma dopo lasciar
condurre a lui le prove. Lautore
un personaggio troppo ingombrante
alle prove, a meno che non ti venga
esplicitamente richiesto. Questo naturalmente se c, come ci si auspica sempre, un rapporto di fiducia
con il regista. Se c un rapporto di
sfiducia invece beh, in quel caso
non avresti dovuto sceglierlo. A me
capitato qualche volta ed terribile, perch si crea quel malumore
costante che c fra il padrone di
casa e linquilino: linquilino dice
Pago laffitto, quindi faccio come mi
pare, cosa vuole?, il padrone di casa invece Ma come? Sta facendo il
padrone in casa mia? Rimane pur
sempre casa mia. E da questa dialettica di scontro non esci, pu solo
peggiorare. Fortunatamente non mi
capitato molte volte, ma capitato.
un buon momento, secondo te,
per la drammaturgia italiana?
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Guarda, trovo che non sia un cattivo
momento per la drammaturgia contemporanea in generale. Anche se
noi in effetti della drammaturgia internazionale abbiamo poche notizie,
perch non c pi Ubulibri che la
pubblicava e pochi teatri se ne occupano. I sedicenti drammaturghi
italiani fanno delle grandi battaglie
perch si faccia la drammaturgia
italiana, io non ne ho mai fatte: si fa
la drammaturgia di valore, che sia
italiana o internazionale. La cosa
importante fare drammaturgia
contemporanea, perch serve vedere qual lo sguardo dei contemporanei su loro stessi. Se in Italia non

c niente di bello non si fa niente, si


fanno gli inglesi o gli ungheresi, chi
se ne frega. Insomma, bisogna meritarlo il fatto di andare in scena. Per indipendentemente da questo
credo che sia un buon momento
perch vedo delle cose abbastanza
buone, soprattutto nella nuova generazione di autori. Io non mi ci
metto in mezzo, faccio parte di una
generazione precedente. Mi riferisco ad esempio a Fausto Paravidino, Stefano Massini, Letizia Russo,
Michele Santeramo sono ragazzi
in gamba, sono bravi e complessivamente esprimono una qualit
maggiore di quella che esprimeva la

generazione
precedente,
dove
cerano alcuni buoni - io spero di
essere stato fra i buoni - e molte
pippe. Invece adesso mi sembra
appunto che la qualit generale sia
migliore e ci sono giovani talenti che
si fanno strada anche in Europa
quindi, rispondendo alla tua domanda, s, credo che sia un buon momento. Rispetto al cinema italiano,
ad esempio, che produce capolavori
come La grande bellezza ma anche
tanti film mediocri, secondo me la
qualit media della drammaturgia
italiana superiore.
Emanuele Aldrovandi

GALLERY

VIDEO

FRANCO ISEPPI: IL TOUTING CLUB EXPO E IL TURISMO 2.0


http://youtu.be/GsM75GFt8hQ

n. 07 VI - 19 febbraio 2014

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