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gli stranieri. Si tratta dunque di un vero e proprio diritto dell' uomo. Titolari di
tale diritto sono sia i singoli che le formazioni sociali.
Le uniche eccezioni ammesse sono gli artt. 66 e 122 della Costituzione, che
prevedono l' insindacabilit delle opinioni espresse dai parlamentari e dei
consiglieri regionali durante l'esercizio delle loro funzioni.
La manifestazione del pensiero indicata dall' art. 21 comprende l'
espressione di idee, opinioni e notizie che si intende comunicare in forma
generale.
Anche l' apologia e la propaganda sono da considerarsi manifestazioni del
pensiero, eventuali limitazioni di queste forme di espressione non sono da
individuarsi in un limite logico, ma soltanto da interessi tutelati dalla
Costituzione.
L'art. 21 tutela sia il diritto "positivo" che quello "negativo" della libert di
espressione. Oltre al diritto a manifestare il proprio pensiero deve infatti
esistere anche il diritto a NON manifestare la propria opinione.
Nonostante la parola informazione non compaia nell' Art. 21, per
interpretazione si considerano coperte dall' articolo anche le notizie e l'
informazione in generale.
Il "diritto di cronaca" dunque si configura come profilo della libert di
manifestazione del pensiero.
Sin dai primi anni '60 dottrina e giurisprudenza si sono impegnate a ridefinire
la formula dell' Art.21 in funzione dello sviluppo della societ e dei sistemi
politici.
Dopo l'apertura che ha portato al "diritto di cronaca" si rilevato un interesse
generale all' informazione, cosiderata anche la pluralit delle fonti
informative. Il diritto all' informazione stato riconosciuto indistintamente a
tutti.
Per quanto riguarda la ricerca di notizie, questo profilo in genere non
coinfolge direttamente chi riceve le notizie, ma chi svolge per professione l'
attivit di informare. In questa prospettiva la ricerca di notizie un
comportamento strumentale e necessario alla sua attivit di informatore.
Sul piano dei rapporti privati non ammissibile un diritto a ricercare fatti e
notizie riguardanti i singoli cittadini, anche data la legislazione sulla privacy.
Per quanto riguarda i rapporti con i poteri pubblici, invece, la situazione
opposta. Esiste infatti un diritto soggettivo ad accedere ad atti, documenti ed
informazioni in possesso della pubblica amministrazione. Il riconoscimento di
questa posizione avvenuto con le leggi del 1990, che trovano il loro
fondamento nei principi costituzionali di imparzialit e legalit dell' azione
amministrativa.
Nella legge 241 del 1990 sono state indicate tassativamente le esigenze
che possono giustificare le limitazioni a questo diritto, che riguardano la
prevenzione e repressione della criminalit, la sicurezza nazionale, l'ordine
pubblico e la tutela degli interessi dei terzi.
Il legislatore ha introdotto non solo il diritto all' accesso da parte del cittadino,
ma anche l'obbligo da parte delle amministrazioni ad informare.
Uno dei primi settori che ha visto l' intervento del legislatore in questo senso
la tutela ambientale.
Si sono distinti, all' interno della libert d'informazione, un lato attivo ed un
lato passivo.
Il profilo attivo riguarda tutti gli aspetti che abbiamo visto finora.
Il profilo passivo riguarda non solo la libert di ricevere le notizie ma anche
quello di ricercarle e di accedere alle fonti notiziali. I titolari degli obblighi
correlati a questo siritto sono prevalentemente lo Stato e le pubbliche
amministrazioni. Oggi questo diritto tende ad acquisire una fisionomia
sempre pi nitida soprattutto nel campo delle telecomunicazioni. Prima di
tutto interesse dell' organo informativo quello di rimuovere gli ostacoli alla
ricezione delle informazioni.
La nostra Costituzione protegge in maniera diretta il diritto del soggetto di
ricevere le notizie, allineandosi con i principi degli accordi internazionali,
soprattutto con quello della circolazione delle idee senza frontiere. Gi la
sentenza del 1974 della Corte Costituzionale prevedeva la possibilit di
ricevere liberamente i programmi provenienti dagli altri paesi.
Altri interventi sul diritto all' informazione si sono avuti in svariati settori delle
politiche pubbliche. Il decreto loegislativo n. 23 del 1974 ha imposto l' obbligo
di istituire gli uffici per le relazioni con il pubblico: gli URP.
Rilevanti innovazioni nel rapporto tra cittadini ed istituzioni pubbliche sono
venute dalle applicazioni tecnologiche per l'attivit di comunicazione ed
informazione pubblica.
Alcuni autori sostengono il diritto del cittadino ad essere informato con
completezza ed obiettivit. Tale dottrina sostiene questo giudicando l'attivit
informativa come un rapporto giuridico di comunicazione. Perch si possa
parlare di rapporto c' la necessit di riconoscere giuridicamente la posizione
di entrambi i poli.
L'art. 21, in questo senso, copre sia il profilo attivo dell' attivit di
informazione che quello passivo, costituendo un vero diritto soggettivo di
libert.
L'articolo 1 della legge Mamm prevedeva dei parametri di contenuto che
valevano sia per l' emittenza pubblica che per quella privata. Tale articolo
stato poi abrogato dalla legge Gasparri.
Il diritto di informazione garantito dalla Costituzione prende le mosse dal
principio pluralistico. Questo principio assume un valore fondamentale
nella disciplina delle comunicazioni di massa, soprattutto per quanto riguarda
radio e televisione. Il principio pluralistico assicurato dalla Corte tende a dare
effettivit alla libert di espressione, evitando che diventi prerogativa di pochi
soggetti.
La Corte ha riconosciuto due diversi profili: pluralismo esterno ed interno.
Il pluralismo esterno si applica sia in un sistema di mercato totalmente
privato che in un sistema misto, e prevede l' accesso al mercato di quante pi
voci possibili grazie ai mezzi tecnici, garantendo ai soggetti portatori di
opinioni diverse di esprimersi senza essere emarginati a causa della
concentrazione di risorse tecniche ed economiche nelle mani di pochi
soggetti.
Il pluralismo interno invece riguarda il servizio pubblico. Il principio qui
prevede l' obbligo di imparzialit, e l'apertura alle tendenze sociali, politiche,
culturali e religiose. Perch questo funzioni necessario che gli organi di
governo siano scelti in maniera imparziale rispetto alle disposizioni dell'
esecutivo, e che a questi sia assicurata una particolare autonomia.
Si pu affermare che il diritto all' informazione sia un diritto sociale , vista
la pretesa che lo Stato compia una certa attivit o ponga una serie di obblighi
in grado di assicurare la realizzazione di questa aspettativa costituzionale.
Questa categoria del diritto non deve considerarsi una fattispecie eccezionale
ma come una figura generale, come si evince da una serie di situazioni
sintomatiche.
Nella pi ampia categoria del diritto all' informazione si possono distinguere
due profili:
-un diritto del cittadino nei confronti dello Stato
-un diritto nei confronti dei titolari dei mezzi di informazione
Parlando del primo aspetto bisogna individuare le fattispecie nelle quali la
pretesa del singolo comportino un obbligo da parte dello Stato. Queste sono
acustici.
Vi poi il diritto ad una pubblicit non ingannevole
Di estrema importanza il diritto ad una informazione imparziale ed
equilibrata durante le campagne elettorali. Questo principio stato affermato
con la legge 515 del 1993.
L'ultima categoria riguarda gli obblighi attribuiti al servizio pubblico, come:
-diritto ad una informazione imparziale e pluralista da parte del servizio
pubblico;
- il diritto delle minoranze, in generale, e dei portatori di handicap in
particolare, ad ottenere particolari prestazioni da parte del servizio pubblico;
Il problema pi delicato posto dall' ultimo comma dell' Art. 21 quello dell'
utilizzazione dei mezzi di diffusione del pensiero. La difficolt pi rilevante
nasce dalla definizione della parola mezzo.
Nell' accezione per la quale si intende il mezzo come strumento di
manifestazione esterna della libert di pensiero la portata del diritto la pi
ampia e generale.
L'altra accezione, quella immediatamente successiva, quella che non
considera il mezzo come strumento di immediata espressione, ma come
strumento di riproduzione e divulgazione del pensiero presso un numero di
destinatari potenzialmente illimitato.
La libert di manifestazione del pensiero prevista dal primo comma dell' Art.
21 comprende, almeno in linea di principio, la libert di divulgare il pensiero
utilizzando tutti i mezzi disponibili allo scopo. La garanzia prevista dall'
articolo 21 NON prevede che tutti abbiano la disponibilit materiale di ogni
possibile mezzo di diffusione, ma che sia garantito a tutti il libero uso di
questi.
La libert di manifestazione del pensiero non solo quella esercitata a livello
individuale, ma pu anche essere oggetto di una attivit economica
esercitata in forma d' impresa. In questo caso i principi costituzionali non
sono tratti soltanto dall' Art. 21 ma anche dall' Art.41 che disciplina la libert
d' iniziativa economica.
Uno dei problemi pi importanti che si colgono nel caso di impresa di
manifestazione del pensiero riguarda da un lato l' imprenditore e l' editore e
dall' altro i dipendenti. Questo fenomeno particolarmente osservabile nell'
ambito della stampa, dove convivono le figure di editore, direttore e
giornalisti, ma presenta caratteristiche analoghe in diverse imprese di