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LE RADICI DEL MODO DI PENSARE STORICO

I. I greci conoscevano solo storie al plurale; ad esempio Erodoto voleva solo riferire le cose
com'erano successe senza pensare a un senso o a una meta ultima degli eventi narrati, a un fine
futuro e universale posto oltre gli eventi stessi. Non c' traccia dell'idea biblica di un signore della
storia, n vi traccia dell'idea moderna di una ragione storica. Per i Greci l'idea di una filosofia
della storia un non senso perch non compatibile con la concezione di un tempo circolare, di un
divenire cosmico senza inizio fine o scopo. A rendere possibile l'idea di una filosofia della storia
sono l'idea biblica della creazione del mondo da parte di un Dio metafisico e dunque l'idea di un
tempo non pi circolare ma lineare, che nasce con la creazione del mondo, un tempo che ha un
inizio, uno svolgimento e una meta ultima. Alla luce di un Principio gli eventi storici e le loro
conseguenze sono posti in connessione e riferiti a un fine ultimo. La rivelazione biblica introduce il
senso teologico degli accadimenti storici, il divenire della salvezza che si compie attraverso di
essi. Il mondo, il tempo e la storia nel suo insieme vivono in un progresso lineare che va dalle cose
prime create da Dio alle cose ultime da lui promesse, con la conseguente assunzione di un
atteggiamento di attesa verso il futuro compimento della salvezza annunciata. Per i Greci, invece,
come ci ricorda Tucidide, evidente che il futuro non pu riservare alcuna radicale novit se la
natura delle cose sta nel crescere e nel perire e il ciclo degli eventi umani non governato da alcun
piano escatologico. La moderna religione del progresso assente nella classicit dove l'idea del
progresso non divenne mai una chiave interpretativa della storia. Per il mondo classico la nozione di
progresso legata al modello biologico di ascesa e declino di ogni organismo; applicando il
modello biologico alla storia se ne possono riconoscere fasi di progresso, ma mai ritenere la storia
nel suo processo progressiva.
II. Il modello dell'interpretazione della storia che si possa dire cristiana prende corpo con il De
civitate dei di Agostino. Per Agostino la storia e le vicende umane sono insignificanti per il fedele,
il fine trascendente separato in linea di principio dagli eventi profani: nessun progresso terreno
potr mai approssimarsi al compimento del senso ultimo delle cose. Il senso ultimo delle cose la
redenzione, questultima non potr mai essere realizzata allinterno della storia umana soggetta al
peccato e alla morte. Il Dio di Agostino non un Dio nella storia, come per Hegel, ma un Dio della
storia. L'attesa della salvezza un fatto di fede e l'evento salvifico non destinato a compiersi negli
eventi storici. Tutta la teologia presuppone la fede nella rivelazione e la teologia la
razionalizzazione intellettuale di un presupposto non scientifico, di una rivelazione soprannaturale e
in quanto evento decisivo per la salvezza (lincarnazione) deve essere senz'altro creduto con il
sacrificio dell'intelletto (credo quia absurdum). La radicalit con cui la logica teologica della Bibbia
presenta gli eventi storici in termini di economia della salvezza uno scandalo per la ragione. Le
filosofie della storia moderne pretendono invece di delineare con la sola ragione un piano
significativo della storia e dunque conoscere il senso o scopo della storia. Rifiutata la fede nel piano
provvidenziale di Dio, la coscienza moderna continua a far propria l'aspettativa cristiana di un
fine e di un compimento secolarizzandola nella religione del progresso mondano e nella storia
in quanto tale.
III. Per Agostino nella concezione pagana del tempo non c' vero futuro, solo una rotazione di
miseria e felicit, ma di miseria reale e felicit illusoria, cieca rotazione ma nulla di risolutivo e
finale. Il cristianesimo invece promette veramente beatitudine eterna e redenzione finale mentre la
concezione classica del tempo esclude la possibilit della vera felicit, una felicit che si dar in un
assoluto altrove rispetto al tempo ciclico greco. Il Dio di Agostino un dio trascendente, noi
possiamo cogliere solo alcuni frammenti del piano provvidenziale cio del senso della totalit delle
cose, il senso che a Dio piace rivelarci. La filosofia della storia di Voltaire (espressione che
Voltaire stesso introduce) mira apertamente al ritiro di Dio dal dominio delle cose mondane. Il ruolo
svolto dalla storia sacra quale fede nel piano divino doveva essere assunto dalla storia profana quale
successione cronologica guidata dal principio ipotetico del progresso, con la conseguenza che il
significato e lo scopo della storia vengono a coincidere con il miglioramento della situazione
umana mediante la ragione, con l'unico modo che l'uomo ha a disposizione per rendere
sopportabile la vita: coltivare, civilizzare il proprio giardino. Questa idea di una storia
universale orientata verso un fine, il Progresso che almeno potenzialmente unifica il corso stesso
degli eventi non stata comunque creata da Voltaire ma dalla escatologia biblica. La filosofia
della storia di Voltaire si presenta come una secolarizzazione della teologia cristiana: la speranza
cristiana della salvezza venne rifiutata solo per essere mondanizzata in una attesa indeterminata
di un mondo migliore, mentre la fede nella provvidenza divina diviene la fede nella capacit
umana di provvedere alla propria felicit terrena. 4.
In Hegel l'idea della ragione come sovrana del mondo diventa un esito teorico alquanto
semplice, una volta che il processo storico venga inteso come la realizzazione progressiva del
regno di Dio e la filosofia della storia come una teodicea. Per Hegel la concezione
provvidenzialistica della storia non va respinta bens aiutata dalla filosofia a sostenere e provare ci
che costituisce il suo aspetto decisivo: l'idea che Dio realizzi i suoi piani nella storia universale.
Cos Hegel pu assegnare il ruolo svolto dalla provvidenza divina all'astuzia della ragione tramite
cui lo spirito del mondo guida e domina il corso della storia empirica agendo entro e dietro le
stesse azioni degli uomini. Hegel credette di conoscere la volont e i piani divini nel tentativo di
tradurre la teologia in filosofia e di attuare storicamente il regno di Dio. Ci vollero secoli di
pensiero occidentale perch Hegel potesse osare di tramutare gli occhi della fede in quelli della
ragione, la teologia della storia fondata da Agostino in una filosofia della storia n sacra n profana.
Essa una strana mescolanza: il divenire della salvezza viene proiettato sul piano della storia del
mondo e quest'ultima viene innalzata al piano del primo.Dopo Hegel lo storicismo ha solo
rinunciato alla metafisica della storia dello spirito, ma non abbandona la concezione finalistica
della storia. Esemplare al riguardo il caso di Marx, che crede di poter scientificamente prospettare
per il proletariato la realizzazione di una missione storico-universale. In realt la sua concezione
della storia risulta sorretta essenzialmente dallo spirito religioso del profetismo, nel senso che il
modo in cui Marx concepisce linsieme del processo storico rimanda allinterpretazione giudaico-
cristiana della storia come divenire provvidenziale della salvezza verso un fine ultimo dotato di
senso. solo grazie a un autentico ibrido di analisi scientifica, messianesimo e dialettica hegeliana
che lo stesso proletariato pu essere concepito come lo strumento storico destinato a realizzare il
fine universale della storia tramite una rivoluzione mondiale. Il proletariato, non pi classe tra le
classi, ma eccezione entro lattuale societ rappresenta in definitiva il popolo eletto del
materialismo storico. Da una simile escatologia secolarizzata e non da semplici constatazioni di
fatto derivano le capacit di attrazione e mobilitazione del marxismo su milioni di seguaci chiamati
a essere gli artefici del passaggio dal regno della necessit al regno della libert e della realizzazione
storica delluomo nuovo. Dinanzi a simili promesse messianiche di un regno di Dio senza Dio,
rimane da chiedersi se Marx si sia mai reso conto dei presupposti umani, morale e religiosi di questa
sua pretesa di creare storicamente un mondo e degli uomini nuovi, e se si sia reso conto che il
materialismo storico altro non che una storia della salvezza espressa nel linguaggio
delleconomia politica.
Filosofia della storia
1.La storia si presenta come un grande mattatoio dove tutto si trasforma, muta, diviene, dove tutto
transitorio e contingente, dove domina il caos e dove dunque non sembra rintracciabile nessun
disegno razionale. Ma nonostante le apparenze, la Ragione il reale motore del divenire. La storia
sembra una successione di eventi gratuiti solo se la osserviamo assumendo criteri di razionalit
particolari. Infatti se noi sapessimo porci dal punto di vista della Ragione (cosa che crede di saper
fare Hegel) potremmo capire come la storia pur procedendo per trasformazioni e rotture abbia
comunque un Fine, una Meta. Solo la visione complessiva della storia rende conto del suo Senso e
della sua intrinseca razionalit. Attraverso il progressivo oggettivarsi dei disegni della Ragione la
storia produce il suo Senso. Stati popoli individui sono strumenti in gran parte inconsapevoli dei
disegni della Ragione, del suo "piano provvidenziale. Esiste dunque una trama razionale invisibile
che ordina dialetticamente la successione delle vicende storiche. La realt dunque nella sua
intrinseca razionalit comprensibile dalla ragione umana (Hegel crede di poter dimostrare questa
possibilit) e l'identit di razionalit e realt ne il presupposto. (La razionalit per Hegel non
pura astrazione, dover essere, ma la sostanza stessa della realt, poich la realt il prodotto del
dispiegarsi della ragione. Nello stesso tempo la realt non una mera raccolta di fatti o un intreccio
gratuito di eventi, un processo senza meta, esiste una Razionalit sottesa al divenire storico.
Abbiamo cos l'identit tra essere e dover essere, ci che sempre come dovrebbe essere.) Il
Senso della storia non sta all'origine, un risultato, non esiste un Senso dato fin dall'origine, solo
alla fine del divenire storico il Senso sar pienamente manifesto, non individuabile dal filosofo
ancora immerso nel processo storico, ma solo quando la storia avr fine e con esso sar esplicito il
suo Senso. Secondo Hegel ci il risultato della sua epoca: dopo di essa la storia non ha pi nulla di
nuovo da dire, ci che poteva dire del suo Senso lo ha gi detto. La storia continuer senza alcuna
novit che ne possa mutare il senso. Hegel dunque il filosofo che, avendo di fronte la fine della
storia, pu "raccontarci" la storia della Ragione; rintracciandone la presenza e il cammino nella
storia pu restituirci il Senso del tutto. Il filosofo hegeliano sa riconoscere la trama che ha tessuto la
Ragione e pu dunque determinarne i fini e gli strumenti. Gli individui che credono di perseguire e
realizzare pi o meno consapevolmente i propri fini non operano per s ma per la Ragione stessa. E'
allora evidente che l'azione individuale che pretende di perseguire obiettivi particolari tanto pi
efficace quanto pi sar conforme ai disegni della Ragione, tanto pi se coincide con i fini che la
Ragione si era proposta di realizzare in quella data epoca storica attraverso quel determinato
individuo o popolo. Il progresso sar cos legato a quegli individui che hanno saputo incarnare la
Ragione del loro tempo, solo questi lavorano per l'avvenire.
Il successo il segno che questi individui hanno compreso il compito che spetta nella realizzazione
complessiva del tutto al loro popolo. Questi individui realizzati i fini della Ragione cadono in
disgrazia. E' l'"astuzia della Ragione" che si serve delle passioni e degli interessi individuali per
realizzare i propri fini. La Ragione attraverso la sua "astuzia" predetermina la dialettica storica.
Ogni popolo ha dunque un compito rispetto all'azione complessiva della storia. I popoli sono solo
strumenti per la realizzazione di questo compito. Questo compito infatti non stato volontariamente
scelto. In Hegel ritorna spesso la nozione di sacrificio, gli individui e i popoli devono sacrificarsi
per realizzare qualcosa che non hanno deciso.
2.Il fine della storia la libert, ma questa libert si realizza solo nello stato. La storia del mondo
diventa una successione dialettica di forme statuali progressivamente pi perfette. Ad ogni stato
corrisponde un popolo o una nazione, quest'ultimo senza stato non ha propriamente storia. Lo Stato
moderno nella storia del mondo la manifestazione compiuta della ragione. Solo in esso luomo
diventa tale, effettivamente libero (La Storia inizia in oriente e si compie in occidente, in
particolare in Europa; cfr. lo Stato prussiano della Restaurazione). La libert si pu realizzare solo
in uno Stato etico, cio quello Stato che risolve l'individuo nell'organismo comunitario vs. lo Stato
liberale dove l'individuo fa prevalere i propri interessi.
3.La filosofia della storia di H. sembra la secolarizzazione della fede giudaico-cristiana in un fine
della storia, in un suo senso finale: lidea che la storia sia prodotto di un disegno divino e che Dio
intervenga attraverso la sua provvidenza per realizzarlo in essa. In H. la storia la progressiva
realizzazione dei disegni della Ragione, che realizza i propri fini attraverso la sua astuzia
(lomologo della provvidenza divina, la sua razionalizzazione), disegni che a differenza di quelli
propriamente divini il filosofo pu ricostruire e svelare. La fede giudaico-cristiana nella volont
divina sostituita dalla fede nella Ragione. Il giudice del tribunale del mondo non pi Dio, ma la
Storia stessa. In H. abbiamo anche la secolarizzazione dellidea di salvezza giudaico-cristiana: la
salvezza si mondanizza, diventa cosa di questo mondo, luomo potr storicamente goderne. Con il
compimento del suo Senso la Storia salver luomo a venire. Ci che accaduto nella storia non
dunque vano, ci che stato stato necessario per realizzare il suo senso. La Storia diventa criterio
per legittimare tutto ci che si imposto e ha avuto successo. Tutto ci che stato annientato e
dimenticato legittimo che lo sia stato. Se la storia la progressiva realizzazione della razionalit,
del suo senso, allora nel divenire storico non vi nulla di ingiustificato e di ingiusto, in quanto
ogni momento tappa necessaria della Ragione verso il suo compimento. Ci che storicamente si
imposto e ha avuto successo lo doveva, in quanto espressione di una superiore razionalit,
espressione di uno stato di cose pi vicino al senso finale del tutto.
Trasferendo lattesa cristiana di un compimento finale nella Storia del mondo, la Storia del mondo
per H. si autogiustifica. La Storia il tribunale mondano, il giudizio secolarizzato. H. cos
riconosce e giustifica nel loro complesso le vie della compiuta oggettivazione storica della Ragione.
La filosofia politica di Hegel
a. L'individuo nella societ borghese moderna perseguendo i propri interessi economici entra in
contrasto con gli interessi degli altri. Se da un lato vero che come per Kant anche per Hegel
l'antagonismo sociale e la concorrenza fonte di progresso e sviluppo (cos come vero che in
Hegel presente la "mano invisibile" di Smith perch nella societ in cui gli appagamenti dei
bisogni dipendono dalla dipendenza reciproca del lavoro, cos che l'egoismo soggettivo si converte
nell'appagamento dei bisogni di tutti), Hegel caratterizza comunque in termini negativi i
meccanismi propri della societ borghese moderna. Il fatto che Hegel sia un critico della societ
borghese non significa che sia un teorico pre-marxista, come alcuni interpreti successivi hanno
tentato di farlo passare (Lukcs). La propriet privata non mai messa in discussione, essa per H.
qualcosa di propriamente razionale, cos come la disuguaglianza sociale un dato naturale, ogni
egualitarismo sociale una pia illusione. H. non mette in discussione lesistenza delle classi, anzi
egli attribuisce ad esse una funzione unificante e aggregante in una societ sempre pi
individualistica e atomizzata.
A differenza del pensiero liberale H non ha poi alcuna avversione per lintervento dello Stato in
ambito economico. Lo Stato non deve essere solo garante della propriet privata, ma deve difendere
anche i propri cittadini dagli esiti pauperistici dei meccanismi socioeconomici, pur necessari per lo
sviluppo economico, della societ borghese. Questi meccanismi infatti per H. non sanno
naturalmente autoregolarsi. H. dunque non un teorico pre-marxiano ma neppure un puro
liberista. Il problema per Hegel che la concorrenza e lantagonismo sociale mettono in pericolo i
legami organici e i rapporti di solidariet, cio nello stato borghese verrebbe meno linteresse per il
bene comune, infatti senza il prevalere di questo interesse la vita dello stato e della societ rischiano
secondo Hegel di perire. Secondo Hegel solo lo stato cristiano-borghese (pi precisamente la
Prussia moderna) in grado di soddisfare queste istanze di unit e nello stesso tempo il rispetto
degli diritti individuali. In quanto razionale in s pu riconoscere come tali i diritti di stampo
liberale e dall'altro assicurare quella universalit dei fini che la societ borghese sembra avere
dimenticato. Lo stato capace di far questo per Hegel lesito necessario della sua filosofia della
storia. La salvezza mondana dell'uomo garantita dalla logica immanente della storia, infatti la
presenza di questo stato una necessit storica e in questo luogo l'uomo potr finalmente realizzare
la propria natura razionale in quanto questo stato in s razionalit, l'oggettivazione della ragione.
Sembra qui evidente il rovesciamento che H. opera rispetto a Kant, per cui luniversale diventa il
presupposto e il fondamento del particolare. Lo Stato che storicamente incarna la ragione il
presupposto di tutto ci che al suo interno pu esistere. H. vuole conciliare interessi particolari e
universali in una concezione organicista dello stato, che ne incarna leticit, questa fusione
lobbiettivo della filosofia politica di H. cos come della sua filosofia della storia. In tal senso H.
sia teorico dello stato borghese moderno, sia teorico della Restaurazione. Da qui lambiguit e la
complessit della sua posizione storico-politica.
b. Questo stato non il prodotto di libere volont, non mera funzione degli individui, lo stato
preesiste agli individui e questi ultimi hanno valore e senso solo all'interno dello stato. Lo stato
hegeliano non , come quello liberale, qualcosa che deve limitarsi a garantire i diritti naturali. Se
cos fosse gli interessi individuali sarebbero il fine ultimo per cui gli individui si sono uniti ed
essere membro dello stato dipenderebbe dal proprio arbitrio, dalla propria decisione rispetto al
proprio utile o vantaggio. Libert, propriet, sicurezza ecc., essendo in s razionali, non possono
non essere garantiti dall Styato, ma la libert di perseguire linteresse particolare non pu essere
disgiunta dalla necessit dello Stato di perseguire linteresse generale. Anzi in Hegel sembra
evidente la superiore importanza attribuita al tutto, allo Stato rispetto alle parti, agli individui. Per
Hegel infatti non sono gli individui a fondare lo Stato ma lo Stato gli individui: se da un punto di
vista temporale e assiologico lo Stato e il tutto vengono prima delle parti, allora lo stato
ontologicamente anteriore, originario. Il suo valore e il suo significato in s, non dipende dalle
parti, anzi queste ultime hanno valore e significato solo in quanto operano per la realizzazione
dell'universale. L'interesse generale in cui lo Stato trova fondamento e scopo viene prima
dell'interesse particolare. Solo lo Stato sa cosa si debba fare per il perseguimento dell'interesse
generale, lo Stato per Hegel appare come un dio mondano, lo Stato diventa cos l'essenza e la
sostanza rispetto a cui gli individui sono puri accidenti o predicati. In questa prospettiva
organicistica senza alcuna reciprocit tra tutto e parti il ruolo degli individui decisamente
svalutato. La concezione organicistica hegeliana dello stato (come qualsiasi concezione
organicistica) finisce per svalutare il ruolo degli individui a favore dello stato e del suo carattere
universale. Gli individui in questo stato non hanno pi nulla da proporre di autonomo o da
rivendicare di personale, lo stato il solo che sa cosa gli individui devono volere o desiderare. Gli
individui non possono non desiderare ci che lo stato in s razionale progetta e persegue per il bene
comune, il suo carattere razionale coincide con la sua eticit, con la sua pretesa di incarnare la
volont generale.
c. Lo stato la manifestazione necessaria in cui si incarna lo spirito di un popolo. Ogni popolo
storicamente esprime un sistema di valori specifico e la forma statuale in cui il popolo si organizza
non qualcosa di casuale o arbitrario ma strettamente connesso con l'arte, la religione, la filosofia,
la morale, l'economia di quel popolo, cosicch lo stato non opera di liberi individui ma il
prodotto necessario dello spirito di un popolo. Lo stato moderno borghese-cristiano tedesco quello
che la filosofia della storia ha chiamato a chiudere la storia stessa e il popolo in questo stato esprime
la sua volont e il suo spirito. Il popolo tedesco stato chiamato a realizzare la libert allinterno
dello stato. Nello stato hegeliano l'individuo libero perch le leggi che lo governano sono
espressione dello spirito del popolo e dunque dell'essenza dell'individuo stesso che in esso vive,
cosicch per questo individuo obbedire alle leggi come obbedire a se stesso e in tal senso non pu
che essere libero, legislatore di se stesso (libert come autonomia).
d. La legittimazione del potere politico non dipende dal popolo o da parte di esso. La sovranit non
popolare (Hegel antidemocratico: il popolo non sa cosa sia meglio per lui n quali siano gli
interessi dello Stato). La sovranit politica appartiene solo al monarca e al suo governo, la
legittimit di tale sovranit dipende solo dal fatto che essi sono il prodotto dell'oggettivarsi
compiuto della Ragione e dunque solo essi sanno cosa sia etico, razionale fare, cio in cosa consiste
l'interesse generale. Solo il monarca e il governo hanno il senso dello Stato. Solo essi sanno cosa sia
necessario fare per lo Stato e dunque per gli individui che ne fanno parte. Lo Stato moderno fonda
dunque la propria legittimit nella sua costitutiva razionalit. In quanto in s lo Stato prodotto
compiuto della ragione, esso ha come scopo e fine l'universale, cio l'interesse generale e il bene
comune, e gli individui , le parti dovranno adeguarvisi.
e. Dunque non esistono diritti presociali, solo lo stato la fonte del diritto. Il popolo non un ente
artificiale che decide di vivere in un ulteriore ente artificiale, cio lo stato. Per Hegel lo stato e il
popolo sono degli a priori. La coesione dello stato non dipende da un contratto, ed lappartenenza
a una specifica comunit spirituale che permette che l'individuo, agendo per s, persegua o realizzi
l'interesse generale. Per Hegel non esiste nemmeno un diritto meta-statale: il diritto internazionale
non ha dunque fondamento, i rapporti tra stati non possono essere regolati dal diritto ma dalla forza,
lo stato esprime la volont di un popolo, gli stati sono espressioni politiche di identit particolari
mosse da particolari interessi e fini, cosicch tali individualit statuali non possono entrare che in
contrasto tra loro e solo la guerra potr dirimere le loro controversie. Contro la concezione kantiana
della pace perpetua grazie a una federazione di stati capaci di appianare i conflitti attraverso il
diritto internazionale, per Hegel ogni stato, ogni popolo ha un ruolo e un compito essenziale che la
storia gli richiede di compiere e la realizzazione di questo compito non pu che passare attraverso la
guerra. La guerra render possibile l'oggettivarsi della libert nello stato (la guerra ha cos anche un
valore etico), infatti la libert non la libert morale soggettiva ma la libert che si realizza nella
comunit organica mediante la legge. Lo stato infatti non deve solo, attraverso le sue leggi, limitare
la libert reciproca per rendere possibile la libert individuale, ma lindividuo libero in quanto
vive in un rapporto di necessaria dipendenza dallo spirito di un popolo e dallo stato che ne esprime
la razionalit attraverso la legge. E' solo la consapevolezza dell'oggettivit di questa appartenenza
che lo rende libero. Lindividuo obbedendo alla legge, cio all'espressione razionale dello spirito di
un popolo, realmente libero in quanto obbedisce a se stesso. Obbedendo alla sua essenza non pu
che essere libero, infatti al di fuori di questa appartenenza non nulla, questa appartenenza
razionalizzata dallo stato attraverso la legge prescrive ci che l'individuo deve fare e desiderare.
3. La Ragione di Hegel e la critica di Marx
Si pu intendere la ragione hegeliana utilizzando la ricostruzione ironica di Marx (La sacra
famiglia) del modo in cui il pensiero speculativo hegeliano crede di poter dar conto dellesistenza
delle cose e del loro divenire. In primo luogo H. giunge alla costruzione dellidea attraverso un
processo di astrazione, che isola e fissa le propriet comuni di una molteplicit di oggetti empirici,
ad es. da mele, pere ecc. empiricamente intuibili si potr astrarre lidea di frutto in generale. Ma poi
la filosofia speculativa vede nella pera la stessa cosa che vede nella mela: solo lidea di frutto. Le
differenze sensibili diventano irrilevanti. H. immagina che tale idea abbia unesistenza propria,
autonoma dal suo prodursi. Essa sar lessenza, il vero essere (ad es. lidea di frutto), i frutti reali
mere apparenze. Il frutto ideale sarebbe ci senza il quale i frutti reali non sarebbero tali, in quanto
apparenze essi avrebbero una esistenza derivata, impropria. Lidea la sola vera sostanza, la sola
ontologicamente essenziale. Ci che astratto, lidea, diventa per Hegel il vero concreto, i frutti
reali realt apparenti, questi ultimi sono riducibili allidea.
Ma la filosofia speculativa non si ferma qui. Dopo essere giunta dai differenti frutti reali allunico
frutto ideale cerca di ritornare ai frutti reali da un lato a) risolvendo unapparente, ai suoi occhi,
contraddizione fra lunit dellidea e la molteplicit delle determinazioni sensibili. Se mele, pere
ecc. non sono altro che diverse espressioni dello stesso frutto, com possibile che questultimo,
cio lidea, si presenti come mela, pera ecc.? Come pu essere qualcosa nello stesso tempo uno e
molteplice? b) Dallaltro lato lidea non vuole rimanere unesistenza solo ideale. Ora, il vero essere,
cio il frutto, non sarebbe qualcosa di morto e inerte, ma qualcosa di vivente e mobile. Lidea
costitutivamente qualcosa che vive in movimento. I diversi frutti reali diventerebbero cos il
prodotto del dinamismo vitale dellidea, del processo di autodifferenziazione dellunico frutto: nella
mela il frutto vive unesistenza di mela, nella pera di pera ecc. Il frutto nello stesso tempo conterr
in s e produrr ogni frutto. Sarebbe cos dimostrata la possibilit dellunit dellidea in tutte le sue
manifestazioni e la presenza della molteplicit nellidentit ideale (questa la soluzione del
problema a).
Ma non solo: lidea manifestandosi realmente (empiricamente) conseguirebbe unesistenza pi
ricca e compiuta. In ognuna delle sue manifestazioni lidea gradualmente e necessariamente
diventerebbe ancheempiricamente reale, senza con ci perdere il suo carattere ideale. Lidea non
pu non realizzarsi storicamente, non pu fare a meno di unaltra esistenza, non pu chiudersi nella
sua esistenza ideale, ne andrebbe della sua vita. La Ragione non pu stare senza il mondo, non
rimane al di l di esso in una esistenza trascendente, essa si mondanizza. Lidea si incarna
nellempirico, cosicch lassoluto non lidea ma lintero processo storico in cui lidea gra-
dualmente e necessariamente si realizza (questa la soluzione al problema b).
Ora, basta sostituire allidea di frutto lidea di ragione e ai frutti reali le diverse ragioni individuali
ed subito chiaro che la ragione hegeliana (motore del divenire) la ragione metafisica, la ragione
in s e il senso della storia sar il prodotto del progressivo storicizzarsi o realizzarsi storico di
questa immanente ragione.
La realt empirica il prodotto della ragione. Astrazione e idea diventano soggetto, lempirico e il
molteplice predicato. La ragione determina e trasforma la realt pianificando le contraddizioni e le
sue soluzioni, le scissioni e le sue conciliazioni. La storia si risolve nella progressiva idealizzazione
e razionalizzazione di essa.
4. Dialettica e ontologia
Per Kant invece le contraddizioni non possono essere reali, ma solo formali, riguardano solo la
logica del pensiero: quando si afferma e contemporaneamente si nega la stessa cosa cosicch
l'oggetto di cui si vuole parlare diventa irrappresentabile per il pensiero.Una contraddizione logica
dissolve il pensiero, non pu essere v/f. Per risolverla necessario orientarsi per una delle due
alternative. Per Kant nella realt (natura e storia) esistono solo conflitti tra cose semplicemente
diverse e non contraddittorie. I conflitti non sono formalizzabili nei termini di una contraddizione.
A versus B, C, D ecc. e non A versus non A.
Per Hegel invece esistono contraddizioni reali, la realt in s costitutivamente contraddittoria. Per
Hegel la realt non solo in s contraddittoria, ma solo partendo da questo assunto possibile
pensarla nel suo divenire storico. Infatti ogni determinazione della realt non pu non produrre
anche la propria negazione, cio la realt che ne la contraddizione. Questultima negando ci che
lha prodotta pone le condizioni per il superamento dello stato presente in s contraddittorio. Per
Hegel la contraddizione rende possibile il superamento dell'esistente dando vita a un superiore stato
di cose in cui conservato ci che in precedenza si presentava in termini razionali. E questa la
funzione essenziale del movimento dialettico della realt. (Anche Marx dovendo descrivere i
conflitti della realt industriale interpreta il conflitto tra capitale e lavoro salariato nei termini di
una contraddizione dialettica: il capitale produce la sua negaizone. cio il lavoro salariato ma
questultimo negando la propria condizione si riappropria di ci che il capitale gli aveva negato: il
lavoro dotato del senso che gli proprio).
Il movimento dialettico cesser quando tutte le contraddizioni possibili saranno interamente
superate, pienamente conciliate Il movimento dialettico avr fine solo quando la Ragione si sar
interamente dispiegata nella realt e il divenire storico avr prodotto il suo Senso rendendo evidente
tutta la necessit e razionalit del processo. Infatti il movimento dialettico il movimento stesso
della Ragione, il suo progressivo dispiegarsi.
Il problema filosofico speculativo la ricostruzione dialettica del processo storico, sta
nell'individuare ci che stato negato in esso e che in esso destinato ad essere superato, insomma
le giuste opposizioni dialettiche (data una cosa necessario saper pensare la sua negazione, per es.
nella Fenomenologia dello spirito dato lo scetticismo si deve pensare lo stoicismo ecc.). Solo cos
sar spiegabile il movimento del divenire storico. Cos come nella realt la contraddizione ci che
le permette di esistere e di divenire, cos la contraddizione costitutiva anche del pensiero (vs.
Kant), anzi ci che gli permette di pensare la realt. E' l'andamento dialettico del divenire, infatti,
che ponendo i diversi aspetti della realt in continua opposizione dialettica (la contraddizione in
senso hegeliano) ne garantisce il senso e la comprensibilit.
4. Materialismo storico e critica dellideologia borghese
4.1. Il soggetto reale della storia: struttura economica vs. sovrastruttura ideologica
Luomo, a causa della necessit, deve attraverso il lavoro soddisfare i suoi bisogni materiali, deve
produrre e riprodurre le condizioni che rendono possibile la sua esistenza materiale ( questo che lo
differenzia, prima ancora della coscienza, dallanimale). I modi in cui luomo ha prodotto e
riprodotto la propria vita materiale si sono storicamente mutati e trasformati. La storia e le sue
diverse epoche sono caratterizzate essenzialmente dalle trasformazioni dei modi di produzione della
vita materiale.
4.2. La mistificazione ideologica borghese: la struttura la sola che abbia propriamente una
storia.
Una determinata produzione materiale della vita anche un determinato complesso di rapporti
politici, di rapporti di propriet, ecc. le conseguenti dottrine giuridiche, politiche ecc. sono la
giustificazione di questi ultimi, cos come anche le manifestazioni intellettuali pi astratte, filosofia,
religione ecc., che hanno anchesse il loro fondamento nel modo in cui gli uomini si appropriano
della natura e producono la loro vita.
Per Marx diritto, politica ecc. sono espressione di determinati rapporti socioeconomici esistenti fra
gli uomini allinterno di un determinato modo di produzione. Lidealista invece intende questi
prodotti dello spirito come realt a s stanti, autonome, esistenti indipendentemente dalla
produzione materiale della vita, cosicch essi solo plasmerebbero e determinerebbero lintera
societ. Il corso storico appare cos un processo puramente ideale e lesistenza di determinati modi
di produzione sarebbe lesito di preesistenti creazioni dello spirito.
Hegel separa le idee dominanti dalle classi dominanti che le hanno prodotte, dalle condizioni sociali
ed economiche che le hanno rese possibili. Solo cos le idee possono diventare limmaginario
motore della storia. Se si dice che in unepoca hanno dominato questa o quellidea, senza
preoccuparsi delle condizioni materiali della produzione e dei produttori di queste idee, allora la
storia inevitabilmente caratterizzata dallinversione dei rapporti ontologici corretti. Si dice ad es.
che vi sono state epoche in cui ha dominato laristocrazia in quanto hanno dominato idee come
onore e fedelt, e epoche in cui domina la borghesia in quanto dominano idee come uguaglianza e
libert ecc. Per Hegel poi facile astrarre dalle diverse idee che sarebbero state storicamente
dominanti lidea che si auto-svilupperebbe e articolerebbe in quelle idee. Lidea plasmerebbe e
determinerebbe attraverso i suoi prodotti, specificatamente attraverso le idee dominanti nei diversi
periodi storici, la storia stessa. Le idee cos vengono al mondo senza alcun condizionamento
materiale, sono meri prodotti spirituali. Tra di essi esistono rapporti causali puramente spirituali, la
loro storia totalmente svincolata dal movimento reale della storia. Gli ideologi borghesi
trascurano il condizionamento materiale delle idee, cosicch la coscienza diventa autonoma, si
trasforma per forza propria e diventa soggetto motore della storia. Le condizioni sociali ed
economiche in cui gli uomini storicamente esistono sarebbero il necessario prodotto della storia
ideale. La filosofia hegeliana cos per Marx la perfetta forma della falsa coscienza borghese,
lesempio pi perfetto della mistificazione ideologica della realt.
Marx dunque inverte e capovolge completamente questa prospettiva: la storia non il prodotto dello
spirito, le idee e i concetti non hanno una propria storia e sviluppo.
Le idee delle classi dominanti sono per Marx in ogni epoca le idee dominanti, esse sono le
espressioni ideali di rapporti sociali ed economici esistenti in un determinato modo di produzione.
Le spiegazioni ideologiche del processo storico dissimulano e deformano, o comunque rendono
marginale, la base reale dei processi storici (cio la produzione della vita materiale). Per Marx tutto
ci che deriva dallo spirito, i prodotti della coscienza insomma, non sono originari, il che non
significa che essi sono qualcosa di casuale e arbitrario, essi sono il necessario esito di una
determinato modo di produzione, quello proprio della loro epoca. Una determinata
rappresentazione ideologica del mondo non cos superabile attraverso una mera critica
intellettuale, lorigine sociale ed economica della prima rende totalmente insufficiente la seconda.
necessario un rovesciamento pratico delle condizioni sociali ed economiche che hanno reso
possibile quella determinata concezione del mondo. Determinati rapporti sociali ed economici
corrispondono necessariamente a determinate istituzioni politiche, istituti giuridici, concezioni
etiche, dottrine filosofiche ecc. La rivoluzione sociale, non solo politica, trasformando radicalmente
il modo di produzione (la struttura economica), trasformer anche i prodotti dello spirito e della
coscienza. La storia spirituale, intesa come indipendente e autonoma, viene sostituita da una
sociologia delle idee e delle forme della coscienza. Da qui nasce il problema del rapporto tra
struttura e sovrastruttura: stato inteso in modo unilaterale ma anche come fondamento in ultima
istanza (Engels) della struttura. Unulteriore soluzione consiste nel riconoscere una qualche
autonomia della sovrastruttura nel momento in cui la classe operaia in grado di costruire una
propria ideologia da contrapporre a quella dominante.
5. Il Manifesto del Partito comunista (1848)
a) Avalutativit
Il Manifesto un pamphlet di lotta politica che ha la pretesa di dare una descrizione scientifica,
cio avalutativa, delle trasformazioni e dei mutamenti della storia e del suo esito finale.
Marx in primo luogo delinea ed esalta la funzione e il significato storico della borghesia e poi, senza
far ricorso ad alcun giudizio di ordine etico, d conto delle cause del suo inevitabile crollo. Il crollo
della borghesia il risultato inevitabile di un processo oggettivo economico-sociale, simile in tutto e
per tutto a un processo di storia naturale. Anche il proletariato non oggetto di giudizi etici, la
sua funzione rivoluzionaria non conseguenza di astratti anche se nobili valori di cui sarebbe
portatrice, ma il risultato necessario della sua oggettiva situazione economico-sociale. La
avalutativit dellanalisi marxiana comunque piuttosto problematica e questo verificabile in
molte delle sue opere.
b) Le condizioni oggettive della rivoluzione proletaria
La borghesia ha trasformato, come mai prima dora e in cos poco tempo, lintera faccia del pianeta.
A partire dal bisogno di nuovi mercati per i suoi prodotti ha posto in comunicazione popolo diversi
e nazioni lontane, con la concorrenzialit delle sue merci conquistato ogni angolo della terra, ha
costruito un mercato mondiale, integrando e rendendo interdipendenti le economie nazionali. Come
i prodotti e i consumi non hanno pi alcun carattere nazionale, cos anche i prodotti della coscienza,
cio i prodotti della cultura dei singoli paesi, sono diventati un patrimonio comune. In poco pi di
un secolo la borghesia ha reso possibile lesistenza di una quantit e qualit di forze produttive ben
superiore a quelle prodotte dallinsieme dei secoli passati. Ma ora la borghesia non pi in grado di
controllare le forze produttive che essa stessa ha messo in moto. Queste ultime si ribellano ai
moderni rapporti di propriet che sono le condizioni di esistenza della borghesia e del suo dominio e
condannano la grande maggioranza della popolazione allestrema indigenza, con la progressiva
esclusione dal godimento dellenorme ricchezza materiale prodotta. Nellet moderna i conflitti di
classe risultano sempre pi acuti ed evidenti nelle ormai ricorrenti crisi di sovrapproduzione, che
mettono sempre pi in forse e minacciano lesistenza stessa della societ borghese e del modo di
produzione capitalistico. In questo contesto le condizioni della classe operaia sono destinate a
peggiorare progressivamente a causa dellestrema e continua dequalificazione del lavoro,
dellintroduzione sempre pi massiccia delle macchine, della sempre pi esasperata divisione del
lavoro. I rapporti fra gli operai saranno sempre pi concorrenziali: dovranno vendere la loro forza
lavoro per un salario sempre pi basso. Lestremo sviluppo del capitalismo proletarizzer
progressivamente i ceti medi: bottegai, artigiani, piccoli industriali, agricoltori ecc. saranno
costretti, a causa della concorrenza del grande capitale, a divenire mera forza lavoro, merce tra le
merci, a ingrossare insomma le fila della classe operaia, cosicch la polarizzazione sar tale che si
ritroveranno di fronte solo due classi: da un lato pochi capitalisti borghesi, che concentreranno in
poche mani un immenso capitale, dallaltro lenorme maggioranza della popolazione proletarizzata.
Se vero che la classe operaia destinata a diventare la stragrande maggioranza della popolazione,
allora lespropriazione degli espropriatori sar qualcosa di inevitabile e certo Del resto per Marx
lintero processo storico sociale ed economico il prodotto dellantagonismo tra due classi, la
classe dei detentori dei mezzi di produzione e la classe dei prestatori di forza lavoro (padroni e
schiavi nellantichit, latifondisti e servi della gleba nel medioevo, borghesi e proletari nellet
moderna). La storia dunque il prodotto delle lotte di classe, che dovranno condurre
necessariamente alla soppressione delle classi.
c) Polarizzazione dei conflitti e affinit con la dialettica hegeliana
Negli scritti della maturit Marx si rese conto che la previsione di questa estrema polarizzazione
non era del tutto corretta, infatti la proletarizzazione dei ceti medi fu ridotta rispetto alle sue
aspettative, inoltre fu evidente anche per lui che lo sviluppo economico capitalistico avrebbe
prodotto anche nuovi ceti medi (tecnici, dirigenti ecc.), ma ci non gli fece mutare la sua teoria
della rivoluzione elaborata nel 48. Perch? Perch la proletarizzazione della grande maggioranza
della popolazione doveva garantire uno dei cardini portanti della rivoluzione proletaria, cio il suo
essere nellinteresse dellenorme maggioranza. Si trattava di un aspetto essenziale della teoria che
assicurava sia la necessit del socialismo sia il vasto consenso che esso avrebbe avuto, permettendo
di ridurre al minimo nella fase di transizione le misure coercitive contro la minoranza borghese
sconfitta. In ogni caso, lassenza di quella estrema polarizzazione prevista da Marx, insieme alle
condizioni di vita sempre migliori della classe operaia nei paesi sviluppati, grazie alle lotte sindacali
e politiche, metter in discussione le teorie sociali, economiche e politiche del marxismo ortodosso
attraverso il revisionismo di Berstein.
d) Le condizioni soggettive della rivoluzione
La rivoluzione proletaria non dipende solo dall'esistenza di condizioni oggettive sociali ed
economiche ma anche da condizioni soggettive. Non dipende solo dal pieno sviluppo delle forze
produttive e dalle sue contraddizioni insuperabili, ma anche dalla maturit della coscienza di
classe del proletariato. E' necessario dunque che il proletariato acquisisca un'adeguata coscienza
di classe (una coscienza che non deve essere il patrimonio di singoli individui ma di una classe
intera). E' un'intera classe che deve diventare consapevole della necessit storica della rivoluzione
socialista. Solo la classe operaia in grado di conoscere scientificamente la realt, i suoi processi
pi profondi e i suoi esiti ultimi. Il partito sar il nucleo pi consapevole del proletariato,
l'avanguardia che elabora la concezione scientifica della realt, senza questa avanguardia teorica
non c' direzione cosciente della lotta di classe n conquista del potere, ma solo la spontaneit della
classe operaia che non in grado di dirigere il processo rivoluzionario. Contro qualsiasi prospettiva
rivoluzionaria giacobina o blanquista, il partito comunista deve unificare la classe operaia
teoricamente e praticamente e renderla attivamente partecipe della sua emancipazione, non pu e
non deve contare su una lite operaia e intellettuale a cui si affiderebbe il salto qualitativo della
rivoluzione, mentre l'elemento quantitativo, cio le masse proletarie, si aggiungerebbe solo in un
secondo momento. Quest'ultima prospettiva secondo Marx espressione di un esasperato
soggettivismo che vuole imporre un modello politico astratto rispetto alle oggettive condizioni
storiche.
6. Il capitale (1867-83)
Marx vuole indagare il modo di produzione capitalista in analogia con il metodo delle scienze
naturali per scoprirne le leggi che operano e si fanno valere con bronzea necessit .
6.1. La critica alleconomia politica e allanalisi astorica del capitalismo
Leconomia politica si limita a descrivere le leggi del funzionamento del capitalismo, senza rendere
conto della sua genesi storica. La societ borghese non interpretata in termini storico-dialettici,
essa non un prodotto determinato della storia socioeconomica, cosicch il rapporto tra capitale e
lavoro salariato nonch la propriet privata, elementi costitutivi della societ borghese, diventano
dati naturali, metastorici. Leconomia capitalistica non cos un modo storicamente determinato
di produrre, non il prodotto storico della societ borghese, esso il solo modo di produzione
possibile, naturale e razionale. Le leggi del funzionamento del Capitale vengono eternizzate ma
essendo il prodotto di determinate condizioni storiche la loro validit in realt circoscritta
allinterno di tali condizioni. Leconomia politica non cos solo la scienza ma lideologia della
borghesia. Leconomia politica, non analizzando in termini storico-dialettici la societ borghese,
non ne coglie il carattere storico-determinato e con esso il necessario superamento dialettico del
modo di distribuzione ecc. capitalistico.
6.2. Il lavoro alienato
Leconomia politica occulta il carattere alienato del lavoro salariato. Lalienazione del lavoro
operaio il prodotto della sua mercificazione. Il lavoro alienato in quanto il prodotto di tale lavoro
non appartiene alloperaio ma al capitalista, in secondo luogo alienato in quanto il processo
produttivo risulta estraneo al lavoratore, non dipende da un suo progetto e infine il lavoro alienato
aliena la stessa essenza umana in quanto il lavoro mero mezzo per la sussistenza e non strumento
per la realizzazione della propria personalit come dovrebbe essere. Cosa rimane alloperaio? La
dipendenza e il dominio del capitale, divenuto nel frattempo, da prodotto del lavoro operaio, forza
estranea e ostile, valore in s, indipendente e originario. Secondo la logica dellalienazione
loperaio diventa predicato dei suoi predicati, questi ultimi diventano soggetti: lessenza delluomo,
il lavoro nella suo valore ideale, alienato nel capitale.
La propriet privata dei mezzi di produzione per Marx la causa di tutto questo, lo strumento
attraverso cui il capitalista pu organizzare il lavoro dei salariati per accrescere la sua ricchezza
secondo una dinamica che nel Capitale definisce come sfruttamento e logica del profitto. E anche se
le condizioni degli operai migliorassero con laumento dei salari e dunque dei consumi, il lavoro
operaio nella societ borghese non cesserebbe di essere lavoro alienato, continuerebbe a dipendere
dal capitale, continuerebbe ad avere quella funzione insostituibile di valorizzarlo e accrescerlo
continuamente.
6.3. Valore duso e valore di scambio
La merce possiede un valore duso identificabile con la sua utilit. Nessuno acquisterebbe una
merce se non avesse alcuna utilit per soddisfare un bisogno e dunque il primo valore di una merce
legato al suo possibile uso. Ma quel che rende possibile lo scambio fra le merci non il loro
valore duso, ma il loro valore di scambio. Lo scambio si presenta come un rapporto quantitativo,
una proporzione nella quale valori duso di merci diverse si scambiano, ad es. una quantit x di
grano con una quantit x di ferro. Tale rapporto assume di fatto la forma di unequazione perch
allinterno di esso un x di grano uguale a un x di ferro. Ora, com possibile che due cose cos
differenti possano essere scambiate fra loro secondo un certo rapporto e che allinterno di quel
rapporto siano addirittura uguali? Al di l della loro diversit deve esserci tra le due merci
scambiate qualcosa di comune, grano e ferro devono essere uguali a una terza cosa che in s non
n luna n laltra. Ma qual la natura di questo terzo? Non pu essere una qualit naturale o
sensibile, in quanto negli scambi si astrae completamente dal valore duso, ci che importa sono
infatti le quantit delle merci. I valori duso esprimono s le qualit differenti delle merci, ma in
determinate quantit e proporzioni questa loro diversit viene cancellata. Nel rapporto quantitativo
proprio dello scambio i valori duso delle merci sono indistinguibili. Ma allora se si prescinde dal
valore duso, rimane solo il fatto di essere entrambe prodotti del lavoro. Ma di quale lavoro
parliamo? Se abbiamo fatto astrazione dalle qualit naturali e sensibili delle merci, dobbiamo fare
astrazione anche dai diversi tipi di lavoro determinati e concreti che hanno prodotto quelle qualit.
Non resta che il lavoro astratto e indeterminato. Il valore di scambio di una merce dipende dunque
dal quantum di lavoro astratto che contenuto in quella merce. Fin qua nulla di nuovo rispetto
alleconomia classica.
6.4. Il meccanismo dello sfruttamento: il plusvalore
Come spiegare il profitto rispetto allinvestimento iniziale che il capitalista persegue e realizza? Il
profitto per Marx non si produce nello scambio tra le merci, ma ha la sua origine nella produzione
delle merci. Il capitalista nella societ borghese ha la possibilit di comprare e utilizzare una merce
particolare, la forza lavoro (loperaio). La forza lavoro come ogni altra merce ha un valore, ma a
differenza delle altre merci loperaio una merce che lavora, esso produce merci e dunque produce
anche valore. Il salario sar lequivalente del valore di questa particolare merce, e dunque
lequivalente del quantum di lavoro necessario per produrre la merce forza lavoro (quel che serve
alloperaio per vivere, lavorare, procreare). Il capitalista con il salario non pagher il valore che
loperaio con il suo lavoro produce, se il capitalista pagasse loperaio per tutti il valore prodotto,
non avrebbe alcun profitto, quindi una parte del lavoro delloperaio non sar pagata e questa parte
di plus-lavoro equivarr al plus-valore, al profitto del capitalista. Il plus-valore equivale dunque a
lavoro non pagato. Con questa teoria M. crede di spiegare in termini scientifici lo sfruttamento
del lavoro operaio. Ma pi precisamente plus-valore e profitto non sono la medesima cosa, il
profitto, pur presupponendo il plus-valore, non coincide con esso. Dobbiamo distinguere il capitale
variabile, che il capitale investito per corrispondere i salari, e il capitale costante, cio il capitale
necessario per acquistare macchine e materie prime; questultimo investimento, va da s, incide sul
profitto abbassandolo percentualmente. Il profitto non pu essere calcolato solo sottraendo dal plus-
valore che deriva dal lavoro prodotto dalloperaio il capitale variabile. Il profitto dunque sempre
inferiore al plus-valore. Il capitalista perseguir tutte le vie possibili per accrescere il plus-valore e
se, in un primo momento, cercher di farlo aumentando la giornata lavorativa, poi accorgendosi che
oltre un certo n. di ore di lavoro operaio cessa di essere produttivo, cercher di aumentare la
produttivit del lavoro, cio la quantit di merci prodotte dallo stesso n. di operai nello stesso
tempo. Questo implica la necessit per il capitalista di nuovi e sempre pi efficaci metodi e
strumenti di lavoro capaci di aumentare enormemente la produttivit. Questultima genera, accanto
alla conflittualit operaia, le cicliche crisi di sovrapproduzione proprie del capitalismo.
6.5. Il ruolo del concetto di lavoro alienato nella teoria dello sfruttamento.
Il modo di concepire il lavoro in Marx diverso da quello degli economisti classici. Leconomia
classica assume il lavoro cos come si presenta nella societ borghese come lavoro naturale, ma
questo lavoro secondo Marx non ha nulla di naturale, nella societ borghese diventato altro da
quel che deve, lavoro alienato. Questo concetto di lavoro permette a Marx di fondare una teoria
dello sfruttamento del lavoro operaio nella societ borghese capitalistica rimanendo nellambito
della teoria del valore degli economisti classici, ovvero la spiegazione del valore, rispettando
lequazione valore-lavoro (cfr. Smith). Il lavoro alienato, il lavoro inteso come merce quel che
rende possibile infatti il profitto del capitalista. Proprio il fatto che il lavoro sia inteso come merce
spiega il profitto del capitalista, perch il capitalista paga loperaio a partire dal suo valore di
scambio cio quel che esso vale sul mercato del lavoro. A differenza per delle altre merci loperaio
una merce che lavora, essa produce merci e dunque valore. Non solo scambiato come merci ma
produce attraverso il suo lavoro valore, un valore superiore al valore di scambio per cui esso
pagato. (Se il lavoro operaio non fosse stato inteso da Marx come alienato, lo sfruttamento operaio
non avrebbe potuto essere spiegato come differenza tra valore duso e valore di scambio.) Loperaio
infatti non pagato per quel che produce, per la sua capacit produttiva, per la sua utilit, per il suo
valore duso, appunto, ma per il suo valore di scambio in quanto una merce come tutte le altre.
6.6. Difficolt della teoria: scienza o etica?
La teoria del valore di M. ha dunque come essenziale presupposto il concetto di lavoro alienato,
concetto filosofico, che se da un lato per Marx irrinunciabile per una efficace ricostruzione critica
dei rapporti sociali in una societ borghese capitalista, dallaltro sembra non adeguato per unanalisi
scientifica delle concrete vicende della produzione e del mercato. Da qui la commistione nellopera
di M. fra teoria critica e analisi economica, aspetti qualitativi e quantitativi, filosofia e scienza. Da
qui una serie di aporie e difficolt, come ad es. il problema del rapporto fra valore e prezzo. Le
ricerche pi recenti e significative, in primo luogo quelle di Sraffa, hanno analiticamente dimostrato
che sviluppando con rigore il problema, secondo le linee suggerite dallo stesso Marx, i prezzi non
coincide con il valore (valore = lavoro alienato = sfruttamento), ma la determinazione dei prezzi
indipendente dai valori e dunque il profitto indipendente dal lavoro alienato e dunque dallo
sfruttamento. In questo punto cruciale del Capitale, nella teoria del valore-lavoro, teoria che
costituisce la chiave di volta della critica marxiana alla societ borghese, abbiamo dunque la
divaricazione tra ideologia e scienza.
6.7. La legge della caduta tendenziale del saggio di profitto
La formulazione di questa famosa legge incontra difficolt analoghe a quelle precedenti. Lo
sviluppo della produzione capitalistica non pu non, per M., essere accompagnata da una relativa
diminuzione del capitale variabile rispetto al capitale costante investito. Infatti per aumentare il
plusvalore e dunque il profitto, il capitalista deve cercare continuamente di aumentare la
produttivit del lavoro, perci deve introdurre continuamente innovazioni tecniche, il che comporta
un aumento percentuale del capitale costante rispetto alla totalit del capitale investito. Questo per
Marx il vero e proprio tallone di Achille del sistema capitalistico, in quanto laumento continuo
del capitale costante e la conseguente relativa continua diminuzione del capitale variabile porter a
un decremento costante del plusvalore, estratto dal lavoro, e dunque del profitto. Marx poi formula
anche una serie di cause antagonistiche che possono attenuare o rallentare lefficacia di questa
legge. Anzi in molti casi non solo la contrastano ma ne possono neutralizzare momentaneamente
lefficacia, dandole i caratteri di una semplice tendenza. Ad es. i capitalisti, quando se ne presenta la
possibilit, cercheranno di ridurre i salari, oppure il crescente uso delle macchine, cio del capitale
costante, ridurr il numero degli occupati, cosicch laumentata disoccupazione produrr
concorrenza sul mercato del lavoro deprimendo il livello dei salari e aumentando in modo
corrispondente il plusvalore. Oppure ancora il capitalista potr comprare materie prime nei mercati
in cui costano meno, diminuendo il valore del capitale costante e altro ancora.
Diversi studiosi di ispirazione anche marxista hanno sottolineato come i capitalisti aumentino la
percentuale di capitale costante investito per aumentare la produttivit e dunque lo sfruttamento del
lavoro. Dunque questo aumento e laumento del plusvalore conseguente fanno parte della stessa
realt che M. indebitamente separa, poich egli esclude nella formulazione della legge che il
plusvalore possa essere prodotto dallaumento del capitale costante. Il fatto che il plusvalore possa
dipendere dallaumento del capitale costante da Marx relegato nelle cause contrastanti (cause
che possono accadere o meno, non si daranno necessariamente). Infatti M. ottiene la legge
separando laumento del plusvalore dallaumento del capitale costante. Ma M. in diversi luoghi del
Capitale riconosce che laumento della produttivit con laumento degli investimenti per
linnovazione tecnica tende ad aumentare il plusvalore in quanto loperaio producendo di pi
guadagna il proprio salario in un tempo inferiore a quello precedente, allungando cos il tempo in
cui lavora gratuitamente. Perch allora M. formula comunque questa legge? Il profitto la
forza motrice della produzione capitalistica, nel capitalismo pu essere prodotto solo quello che
determina un profitto; se questa forza motrice ha la tendenza a decrescere vuol dire che tutto il
sistema destinato ad un crollo irreversibile. Questa legge dunque qualcosa di pi di una delle
tante leggi enunciate nel Capitale, essa compendia la visione del capitalismo di Marx. La natura
contraddittoria del sistema in questa legge particolarmente evidente: le ragion dessere del
capitale, la ricerca di un profitto sempre maggiore attraverso una continua trasformazione dei mezzi
di produzione si convertono nelle ragioni della sua morte. Il capitale ha cos in s le ragioni della
propria decadenza e tramonto. Lauto-valorizzazione del capitale ha dei limiti invalicabili, prima o
poi il meccanismo dellaccumulazione si incepper in modo irrimediabile, condannando il sistema a
scomparire in virt di forze e tendenze interne al sistema stesso, forze endogene, non esogene. Il
crollo del capitalismo dipende dunque dalla natura stessa della produzione e del suo sviluppo. La
legge della caduta tendenziale dunque per M. n pi n meno che una teoria del crollo del
modo di produzione capitalistico. vero che questo pu essere rallentato temporaneamente dalle
cause contrastanti, ma alla lunga non potr non darsi. Questo significa che la fine del capitalismo
non affidata solo a decisioni soggettive, a scelte etico-politiche individuali. La lotta di classe, la
lotta politica ecc. sono certo elementi importantissimi, ma diventano decisivi e risolutivi in virt
dellesplosione della contraddizione oggettiva immanente al sistema capitalistico. Dunque il
socialismo non solo una scelta etico-politica, se cos fosse non sarebbe garantito, ma anche e
soprattutto il risultato necessario dello sviluppo materiale della societ borghese. Anche qui dunque
emerge il dualismo latente dellopera di M.: egli voleva individuare le leggi oggettive della
produzione capitalistica prescindendo da qualsiasi giudizio di valore, ma poi, dato che per lui il
processo storico deve mettere capo ad un valore (al capitalismo deve subentrare la superiore societ
comunista), egli fu indotto a proiettare sulla realt economica gli elementi che potevano garantire la
realizzazione di quel valore, cosicch fattori causali lasciano il campo a fattori essenzialmente
teleologici. Solo una preoccupazione pratica, del resto, pu spiegare come un pensatore della
statura di M. abbia formulato una legge cos palesemente discutibile od opinabile.
6.8. Feticismo delle merci e reificazione dei rapporti sociali
In ambito sociale il lavoro alienato si traduce nel feticismo delle merci e nella reificazione dei
rapporti umani. Nella societ borghese la merce perde il suo carattere derivato. Non pi il prodotto
del lavoro umano, ma, analogamente a quel che accade nella religione, quel che luomo produce
sembra assumere una vita propria ed un valore in s indipendente. Il valore di scambio di una
merce, quel che, come abbiamo visto, determinato da un quantum di lavoro umano, diventa cos
una qualit propria della merce.
Ma non solo, i rapporti si presentano come rapporti tra cose, e questo perch nella societ borghese
le relazioni sociali tra gli uomini si realizzano solo attraverso lo scambio tra merci. Il valore dei
soggetti della relazione dipende dalle merci che possiedono. La relazione non pi tra uomini ma
tra cose. I rapporti sociali dunque si reificano, si fanno cose tra le cose. Gli uomini e i rapporti
sociali dipendono e sono dominati dalle cose che essi stessi hanno prodotto.
7. Necessit metafisica o necessit scientifica
Per Marx le rivoluzioni sociali, il loro prodursi, dipendono da condizioni storiche oggettive, da
determinate condizioni socioeconomiche indipendenti dalla volont e dalla soggettivit umana; in
particolare il comunismo per noi non uno stato di cose che debba essere istaurato, un ideale al
quale la realt dovr conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato
di cose presente. La storia e le sue trasformazioni sono il prodotto necessario di determinati
rapporti socioeconomici (e dei loro superamenti rivoluzionari) che si sono storicamente istituiti fra
gli uomini (nel Manifesto Marx introdurr anche un necessario elemento soggettivo, anche se solo
di classe). Ma il processo storico descritto da Marx non sembra il prodotto di una necessit
puramente empirica-scientifica. Le trasformazioni degli assetti socioeconomici che storicamente si
sono determinati non sembrano essere il mero prodotto di una legalit causale e deterministica, di
un corpus di leggi naturali (oggettive) rivelabili da unattenta analisi scientifica dei fenomeni
storici, sociali ed economici. In realt Marx condivide lessenziale della dialettica hegeliana: il
necessario prodursi del negativo e dunque dellopposizione dialettica tra una determinazione del
reale e il suo altro e infine il necessario superamento di questo antagonismo, superamento che
implica e segna sempre un progresso: ci che succede nel processo storico sempre meglio di ci
che precede. Cos si pu parlare in Marx non solo di materialismo storico ma anche dialettico
(anche se questo termine appartiene pi a Engels), dialettica che porta costitutivamente in s e con
s uninterpretazione metafisica della storia, una filosofia della storia. Lo sviluppo storico
interpretato in termini storicistico-dialettici, infatti esso caratterizzato dal progressivo e
necessario passaggio dal superiore allinferiore, i nuovi ordini socioeconomici costituitisi in
seguito alle rivoluzioni sociali sono sempre qualcosa di qualitativamente diverso e superiore. Lo
sviluppo storico dunque caratterizzato da un irreversibile progresso fino alla costruzione della
societ comunista: il senso inscritto nella storia, la meta necessaria di tutto lo sviluppo. Il
processo storico si presenta cos nel suo svolgimento come qualcosa di non solo empiricamente, ma
soprattutto metafisicamente necessario, come in Hegel teleologicamente ordinato per la
realizzazione di un finalismo immanente. Del resto la legalit scientifica non pu realizzare alcun
Valore o Fine.. La necessit del processo sembra dunque profondamente legata a una tensione
teleologica, cosicch ogni passaggio, ogni momento, ogni sviluppo, gi in realt stato deciso.
Tutto diviene come doveva per la realizzazione della nuova societ comunista in cui si realizzer il
Fine, il Valore inscritto nella storia: la fine dello sfruttamento delluomo sulluomo e la sostanziale
uguaglianza sociale.
Antropologia filosofica e progetto del senso
Le assunzioni antropologiche intorno alla natura delluomo e alla struttura dei suoi bisogni dei
Manoscritti non solo non cessano di valere ma sono essenziali per capire il senso del comunismo. Il
comunismo realizza lessenza umana, ma questa essenza si realizza solo attraverso un lavoro dotato
di senso. Anche se inimmaginabile un ritorno alle forme produttive precapitalistiche e dunque al
senso del lavoro precapitalistico per Marx dovranno darsi le condizioni perch il lavoro ritorni ad
avere senso, nello stesso senso in cui lo aveva un tempo. Le forme precapitalistiche del lavoro si
sono dissolte ma il senso di quel lavoro per Marx un paradigma, un modello ideale. Nel Capitale
Marx intende il senso ancora in termini idealistici. Il senso dipende dal soggetto, dipende dal fatto
che il soggetto riconosca o meno nel mondo la propria identit, cos qualcosa ha senso se il soggetto
nel mondo ritrova il suo doppio e qualcosa pu valere come doppio solo se il soggetto si ritrova nel
mondo in quanto il mondo la realizzazione di un progetto, con uno scopo liberamente e
consapevolmente perseguito. Bisogna dunque restituire il lavoro al suo senso e luomo alla sua
dimora, cio il lavoro deve avere un senso e lessenza deve diventare mondo. La produzione
capitalistica ha separato i mezzi di produzione e il prodotto del lavoro dal lavoratore. Questultimo
non sa pi nulla del suo prodotto, cos che loperaio non pu rispecchiarsi nel suo oggetto. Gli scopi
del suo lavoro non lo riguardano, indifferente al profitto. Il comunismo deve riattivare la natura
sociale delluomo (vs. natura asociale delluomo borghese) cos che il lavoro individuale possa
integrarsi in un progetto condiviso attraverso cui sar possibile la realizzazione individuale del
proprio s attraverso il soddisfacimento dei bisogni propriamente umani. Bisogna per superare il
lavoro alienato, ci che impedisce alloperaio di riconoscersi nel proprio lavoro. Il soggetto
cosciente della necessit di questo superamento non pu essere che il proletariato, la classe in cui
lalienazione giunta al suo fondo. Lemancipazione del proletariato porter con s
lemancipazione delluomo in quanto tale, la garanzia assoluta di ogni affrancamento. Nel lavoro
alienato il lavoro non ha un fine conforme alla nostra essenza sociale e il profitto individuale
sostituisce la soddisfazione dei bisogni propriamente umani. La societ comunista sar quel luogo
in cui il prodotto cos come lo strumento con cui lavora loperaio gli appartengono in quanto
appartengono alla comunit di cui fa parte, nel prodotto del suo lavoro riconoscer se stesso e i suoi
simili in quanto ne condivide il progetto e il fine del lavoro individuale coincider con il suo fine
sociale. Nella societ comunista recuperando la natura sociale delluomo la nostra esistenza sar
governata e disciplinata dalla nostra stessa essenza e dunque sar veramente libera. Ma lindividuo
disposto a riconoscere nella liberazione promessa il compimento dei propri bisogni non
lindividuo reale cresciuto e maturato nellalienazione ma lindividuo immaginario che esiste solo
nellantropologia filosofica di Marx. Non loperaio reale che lavora per un salario che ne
garantisca la sopravvivenza, che lavora senza interesse e che sa che attraverso il lavoro non
realizzer la propria soggettivit e che ci sar possibile solo perseguendo altri valori. Ma per Marx
lalienazione non un destino, una necessit transitoria relativa al pieno sviluppo delle forze
produttive che la missione storica del capitale ormai ha gi compiuta cosi che loperaio reale
prodotto dellalienazione non pu non lasciare spazio alloperaio immaginario, ideale, cosciente.
Credendo di conoscere lessenza delluomo e di sapere come possa realizzarsi Marx non pu che
ridurre questi altri valori ad una degenerazione a cui loperaio stato transitoriamente costretto e da
cui verr definitivamente liberato. Lindividuo reale disconosciuto dalla teoria stessa che lha
portato alla luce non pu essere accettato perch la teoria ha preliminarmente deciso inaccettabili i
valori alienati di cui portatore. Loperario immaginario di Marx invece conoscendo e
condividendo gli scopi sociali che il suo lavoro dovrebbe realizzare avrebbe interesse per il
rendimento del suo lavoro e si identificherebbe con gli scopi generali della produzione fino a
farsene disciplinare anche in assenza di ogni comando. La desiderabilit della restituzione del
lavoro al suo senso imposta dalla pretesa di Marx di conoscere il luogo e la forma in cui luomo
pu realizzare le sue condizioni ideali di esistenza. Emerge chiaro il reciproco sostegno tra
antropologia e materialismo storico, tra teoria della rivoluzione e filosofia dellessenza. La
soddisfazione dei bisogni individuali coincider con i bisogni socialmente riconosciuti come
propriamente umani, cos che lidentit individuale sar risolta in quella sociale. Questo il prezzo
da pagare per la soluzione dello scarto tra essenza ed esistenza.
Kelsen vs. Marx: lestinzione dello Stato e della politica
1 Lo Stato borghese moderno con la sua uguaglianza dei diritti e la loro universalit lo strumento
per la difesa e la realizzazione degli interessi dei proprietari dei mezzi di produzione. Questo Stato
sostiene di promuovere linteresse generale, in realt garantisce lo sfruttamento del proletariato da
parte della classe borghese. La rivoluzione proletaria non dovr dunque solo impadronirsi della
macchina statale ma dovr anche spezzarla come gi tent di fare la Comune di Parigi. Marx,
dice Kelsen, non distingue lo Stato come ordinamento giuridico dai suoi contenuti o scopi sociali.
E vero che in certi contesti storici lo Stato ha svolto il ruolo che sostiene Marx ma in altri contesti
storici ha avuto altri scopi ad esempio ha promosso la legislazione sociale nei paesi industriali pi
avanzati. La trasformazione dello Stato da liberale a liberal-democratico ha attribuito allo Stato
poteri sempre pi ampi di intervento di mediazione e di controllo della vita economica e sociale,
poteri che, sotto la pressione della lotta politica e sindacale sono stati esercitati anche a favore delle
classi meno abbienti. In questo processo gli aspetti formali della uguaglianza dei diritti e della
democrazia politica e gli aspetti sostanziali delle riforme sociali sono reciprocamente la causa e
leffetto.
2. La teoria dello Stato di Marx muove da un modello ideale cio lautogoverno dei produttori e
lamministrazione degli uomini associati : la soppressione dello Stato e della politica. E vero che
per Marx bisogna passare attraverso un periodo di transizione pi o meno lungo in cui
necessaria la presenza delle istituzioni politiche e statali in quanto non sono ancora scomparsi i
presupposti che determinano lesistenza delle classi, la classe operaia attraverso la dittatura del
proletariato da un lato dovr mettere fine alla residuale conflittualit borghese dallaltro dovr
accelerare il processo di trasformazione delle condizioni economiche per giungere alla scomparsa di
ogni antagonismo e dunque dello Stato e della politica: non avremmo pi cio alcuna distinzione tra
governanti e governati n la divisione del lavoro ma una societ solidale e armoniosa in cui i
problemi sono risolti attraverso soluzioni tecniche e non politiche. Per Marx luomo un animale
sociale , sono dunque necessarie funzioni pubbliche ma non politiche, sono necessarie solo
funzioni per la pura e semplice amministrazione delle cose in cui non possibile alcun conflitto
politico. Qui -sostiene Kelsen- opera in Marx una convinzione fondamentale, cio che la
soppressione della propriet privata metta fine alle differenze economiche e sociali e con ci la fine
di ogni conflitto tra interessi alternativi. Essendo linteresse sociale unico, viene meno la necessit
di mediare tra gli interessi alternativi che poi il compito della politica. Kelsen si chiede se i
conflitti possono essere solo di carattere economico, tutto ci sembra riduttivo perch esistono altre
cause di possibili conflitti che non scompaiono con labolizione della propriet privata come i
contrasti per motivi ideali o quelli determinati dallambizione, da pulsioni sessuali eccetera.
Lequilibrio sociale pu essere turbato anche da conflitti di natura non economica.
3. Kelsen sostiene che la teoria della estinzione dello Stato e della politica in Marx entrano
comunque in conflitto con la teoria economica. Mentre questultima si distingue profondamente
dalle rappresentazioni ingenue dellanarchismo, infatti Marx concepisce il processo di produzione
come unenorme pianificazione guidata da un centro, la societ comunista realizza un ideale
anarchico, come dice anche Lenin una specie di felice stato naturale senza funzioni e istituzioni
politiche. Ma il passaggio dalla propriet privata alla pianificazione economica e il superamento
delle istituzioni politiche sono evidentemente in contraddizione. Ci comporta almeno in via
transitoria un apparato politico in grado di dirigere dal centro il processo produttivo pianificato.
Certo lo Stato pu non essere borghese ma comunque ancora necessario per dirigere leconomia
pianificata.
4. Marx ha una concezione fortemente antilivellatrice della nuova societ, questa deve tener conto
delle differenze individuali contro il criterio livellatore borghese: tanto lavoro tanto salario. Per
Marx ognuno dovr dare secondo le proprie capacit e ricevere secondo i propri bisogni. Ma come
pu realizzarsi spontaneamente un meccanismo sociale di tale genere, non livellatore ma
mediatore di disuguaglianze senza produrre conflitti e antagonismi, e dunque senza istituzioni
politiche di mediazione e di controllo?
La logica dellalienazione stata descritta da Feuerbach: la soluzione di Feuerbac e quella di
Marx.
Il meccanismo che sta allorigine dellalienazione stato gi individuato da Feuerbach nel tentativo
di dar conto dellalienazione delluomo nella religione e nella filosofia speculativa. Per F. la
religione un prodotto umano, unimmagine riflessa delle migliori qualit umane assolutizzate,
dunque loggettivazione dellessenza umana (Dio a immagine e somiglianza delluomo). cos
possibile conoscere luomo conoscendo il suo Dio e viceversa. La religione cos la prima forma
indiretta di autocoscienza delluomo. Luomo proietta fuori di s la propria essenza e poi si fa
oggetto della propria oggettivazione, che diventa soggetto, Persona, finendo per sottomettersi alla
propria proiezione che acquista un valore indipendente e dominante. In questo processo di
separazione e scissione Dio tanto pi quanto luomo tanto meno, Dio diventa lantitesi
delluomo: infinito perfetto ecc., lassoluto positivo di fronte allassoluto negativo. Luomo dunque
si aliena in Dio completamente.
b. Questo stato di separazione deve essere superato attraverso la consapevolezza, dunque attraverso
qualcosa di puramente teorico, dellorigine antropologica della religione. Luomo supera la propria
alienazione, la propria condizione patologica attraverso la comprensione teorica della sua
produzione. Cos per F. la filosofia speculativa una teologia dissimulata. Chi non rinuncia alla
filosofia di Hegel non rinuncia neppure alla teologia. Il dio di H., in cui luomo in carne ed ossa si
aliena, lIdea, la Ragione, lo Spirito ecc. Lorigine dellidealismo lo stesso capovolgimento tra
sogg. e pred. che ha dato origine alla religione. Luomo qui si aliena nellIdea, luomo materiale,
concreto e sensibile si dissolve nellastrazione. Questultima acquista valore e autonomia
indipendentemente dalla sua origine e diventa soggetto originario. Come per F. luomo diventava
predicato dei propri predicati da cui dominato (Dio o Idea), cos in Marx loperaio pred. della
propria merce, del capitale a cui assoggettato.
Il problema per F. sta dunque nel recupero del giusto rapporto fra sogg. e pred. Si deve
abbandonare lantropologia idealista per cui lessenza delluomo la coscienza, lastrazione ecc., a
favore di unantropologia materialista per cui lessenza umana sta nella sua materialit e sensibilit.
Sempre condizionato dai suoi bisogni materiali e sensibili, luomo prima di tutto corpo e
sangue, poi astrazione, coscienza ecc. La metafisica materialista di Feuerbach approda cos a un
umanesimo ateo (al di l della proiezione non c nulla o meglio c solo luomo idealizzato).
c. In Feuerbach, obietta Marx, lalienazione sempre lalienazione di un uomo astratto e astorico
quanto quello idealista. Luomo alienato rispetto alla sua essenza, alla sua natura
aprioristicamente decisa dalla teoria filosofica, cosicch lalienazione di Feuerbach non ha alcun
carattere storico-determinato. Essendo il prodotto di un uomo astratto, teorico, la sua risoluzione
non potr poi essere che altrettanto astratta e teorica. Dellalienazione Feuerbach ha compreso solo
il meccanismo, il modo in cui si produce, ma non ne ha individuato la vera causa, e dunque non sa
approntare strumenti validi per il suo superamento. Per F. basta essere consapevoli dellindebito
rovesciamento fra sogg. e ogg. per disalienarsi, questo possibile per qualsiasi uomo in qualsiasi
societ ecc. In questa operazione puramente teorica luomo di F. crede di poter recuperare la
propria essenza. Per Marx le cause dellalienazione non si riducono nel inconsapevolezza
dellorigine dei propri prodotti, e nel farli qualcosa di autonomo e indipendente (Dio o idea),
lalienazione il risultato di determinate condizioni socioeconomiche, solo eliminando propriet
privata e societ di classe verr meno lalienazione religiosa e la filosofia speculativa. Queste ultime
sono forme di alienazione derivate (sovrastruttura) rispetto a quella originaria, socioeconomica
(struttura). La disalienazione non possibile con una semplice presa di coscienza, necessaria la
prassi rivoluzionaria, perch essa un dato reale e deve essere eliminata con un fatto reale (la
religione il prodotto dellingiustizia sociale, la proiezione nellaldil di ci che al di qua stato
ed ingiustamente negato).
Le modalit della disalienazione in Marx, Feuerbach, Hegel a confronto
A differenza di Marx, luomo di Feuerbach si riappropria della propria essenza alienata in Dio e
nella filosofia speculativa attraverso unoperazione puramente teorica; in Hegel la coscienza
individuale si riappropria della propria essenza alienata nei suoi prodotti attraverso una procedura
altrettanto teorica, mentre luomo definito dallantropologia filosofica di M. si riappropria della
propria essenza alienata nel lavoro salariato attraverso la prassi rivoluzionaria. La disalienazione,
non solo per Marx ma anche per Hegel, a differenza di Feuerbach, il prodotto di un processo
storico. La storia dunque perdita e riconquista dellessenza umana. Non cos per Feuerbach in
cui il ritorno allessenza non implica un processo, una storia; Feuerbach non coglie il nesso tra
materialismo e storia, rimane allastrazione uomo come oggetto sensibile.
Nella Fenomenologia la coscienza si era persa in tante figure per poi ritrovare se stessa nel sapere
assoluto, cos luomo di M. dopo essersi smarrito nella societ di classe ritrova se stesso nella
societ comunista (umanesimo).
Luomo in Marx storicamente alienato a causa di determinate condizioni socioeconomiche,
lalienazione il prodotto della logica stessa dei rapporti socioeconomici che storicamente si sono
determinati. In H. la coscienza individuale storicamente alienata in quanto essa non pu non
oggettivarsi. Qui lorigine dellalienazione sta nella logica stessa dellIdea. Essa non pu rimanere
puramente astratta ma deve incarnarsi (cfr. Sacra famiglia). Prodotto il senso della storia, la storia si
chiude; essa realizzer il suo senso immanente nel primo caso con il conseguimento di un sapere
teorico, assoluto, nel secondo con la costruzione di una societ assoluta, di una societ in cui
lumanit compiutamente realizzata.
Il concetto di alienazione gia presente nella Fenomenologia della spirito di Hegel
Il concetto di alienazione gi presente nella Fenomenologia dello spirito di Hegel. Nella
Fenomenologia la coscienza individuale si aliena o separa da s diventando altro da s.
Oggettivandosi nei suoi necessari prodotti, diventa storia, storia politica, economica, sociale,
filosofica ecc. In un secondo momento poi recupera la propria alterit, in cui si era estraniata, si
disaliena, si riappropria di s attraverso la progressiva coscienza del senso della sua alterit. La
coscienza individuale acquista progressivamente coscienza e conoscenza di ci che produce e
dunque di s e del mondo in quanto suo prodotto. Questa struttura dialettica, alienazione e
disalienazione, ripresa da Marx per dar conto del superamento dellalienazione, ma in Hegel
lalienazione non consiste nel lavoro concreto e reale. Lalienazione di H. non il prodotto di
determinati rapporti di produzione. In Hegel lalienazione della coscienza, ci da cui la coscienza
separata, il prodotto del suo stesso lavoro, lavoro astratto o speculativo. il pensiero infatti che
pensando produce la storia. La coscienza individuale la coscienza (o spirito, cfr. antropologia
idealista) di qualsiasi individuo, che attraverso il suo lavoro, lavoro che non potrebbe che essere
teorico, produce il mondo. In Hegel il problema sta nel recupero progressivo della coscienza di
tutto il senso dei suoi prodotti; sta nel conoscere il senso di ci che la coscienza rende possibile, nel
diventare coscienza assoluta o sapere assoluto. In ci consistono la sua disalienazione e la
coincidenza con la sua essenza. Per Marx invece il problema sta nel dare vita a una societ in cui il
lavoro non sia pi alienato. Solo cos sar possibile il recupero dellessenza umana e la coincidenza
di esistenza ed essenza.
Auguste Comte, Corso di filosofia positiva (1830-42)
1. Filosofia della storia.
Per Comte la storia presenta un disegno razionale e una tendenza univoca: una tendenza oggettiva
indipendente dalla volont degli uomini. Sia lindividuo che la specie passano (in termini di mera
successione, dunque non dialettica) naturalmente e necessariamente attraverso tre modi diversi di
conoscere, teologico, metafisico e scientifico; dunque la storia per Comte il progressivo
affinamento del metodo dindagine della realt, che appunto approda alla sua compiuta
realizzazione con il moderno metodo scientifico. La legge dei tre stadi iscritta nella storia stessa,
la storia la porta in s; procedendo, la civilt si allontana dalle sue origini e fa rotta verso il proprio
telos. Il fine, cio il sapere scientifico attraverso le sue applicazioni tecniche, garantisce un
irreversibile e indeterminabile progresso materiale e morale.
2. Epistemologia.
a) Il metodo scientifico caratterizzato dalla neutralit, cio dalloggettivit dellindagine e dalla
sua capacit di escludere qualsiasi interferenza del soggetto.
b) il progresso del sapere scientifico procede per graduale e ordinata accumulazione.
Se la filosofia della storia garantisce lirreversibilit e lindeterminatezza del progresso,
lapplicazione del metodo allo studio delle leggi che stanno a fondamento dei fenomeni sociali ne
garantisce lordine. Comte infatti ritiene possibile la costruzione di una scienza dei fenomeni sociali
(fisica sociale) che sappia garantire attraverso la predittivit delle sue leggi la possibilit del
progresso ordinato, infatti il grande aforisma assiologico di Comte : il progresso lo sviluppo
dellordine. I fenomeni sociali devono essere trattati come fenomeni naturali e dunque, cos come i
fenomeni naturali, devono essere assoggettabili a leggi immutabili e ineccepibili. Se, come diceva
Bacone, la potenza proporzionata alla conoscenza e alla sua capacit predittiva, allora la
conoscenza delle leggi sociali permetter al potere politico di intervenire per escludere che il
progresso possa produrre conflitti e antagonismi sociali in grado, se non di bloccare la tendenza
propria della storia, di rallentarla e di renderla pi socialmente costosa.
3. Verso un governo tecnocratico.
Il nuovo ordine per Comte dovr essere in grado di contenere e sistemare in modo stabile e
duraturo le tensioni sociali nella moderna societ industriale, con il fine strategico quello di
neutralizzare lascesa al potere del proletariato. Anche per Comte, come per Marx, la societ
moderna caratterizzata dallaffermarsi di nuove classi sociali, ma per Comte il passaggio da una
societ a unaltra si compie attraverso una mera sostituzione delle classi detentrici del potere.
Questa sostituzione non prodotta dalla lotta di classe, ma dal progresso intellettuale dellumanit,
che si manifesta nel passaggio dal sapere teologico al sapere scientifico; questultimo costituisce il
vero motore della storia. Comte prospetta una societ solidale tra le classi che affida ai nuovi
detentori del potere (industriali e scienziati) la rappresentanza legittima degli interessi dellintero
corpo sociale. Il conflitto un elemento transitorio della vita sociale ed destinato a scomparire, in
questa prospettiva la politica non ha pi alcuna funzione e i problemi che emergeranno saranno
risolti dagli esperti. Per Marx la societ futura il luogo della liberazione, mentre per Comte la
presente societ moderna che non ha pi un carattere transitorio come quelle precedenti. Marx
invece attribuisce storicit alla societ borghese-industriale del suo tempo e sposta la
composizione dei conflitti sociali nella futura societ comunista.
Spencer e il darwinismo sociale
a) Nel 1884 L'individuo contro lo stato di E. Spencer segna un attacco alla concezione liberale che
prevede un rapporto positivo dellindividuo con lo stato. In una prospettiva storico-teleologica non
dissimile da quella di Comte levoluzione storica e sociale viene descritta come un progressivo
sviluppo verso la societ industriale intesa come suo compimento. Nella fase storica a lui
contemporanea Spencer, a partire dal presupposto che un unico principio evolutivo governa gli
sviluppi naturali come quelli sociali e politici, ritiene che il conflitto e lo sfrenato dispiegamento
degli egoismi individuali debbano giocare un ruolo fondamentale nel determinare un processo di
selezione naturale (cos come accade in natura) che non pu che realizzarsi come sopravvivenza
del pi adatto. (Darwin riprese da Spencer la formula della sopravvivenza del pi adatto
utilizzandola a partire dalla quinta edizione dell'Origine delle specie del 1869). Nella lotta per la
sopravvivenza per Spencer in realt prevale il pi forte: La povert degli incapaci scrive
Spencer, le pene che affliggono gli imprudenti, la fame degli oziosi e le spallate con cui i forti si
fanno largo spingendo da parte i deboli con il che tanta gente viene lasciata nei bassifondi e in
miseria sono i decreti di una grande e previdente benevolenza [naturale]. Spencer esalta la
concorrenza senza restrizioni e un individualismo estremo al limite della spietatezza e si
oppone agli interventi pubblici di sostegno alla povert in quanto, seguendo lordine naturale delle
cose, la societ espelle costantemente e giustamente i propri membri malati e inadatti. Le politiche
sociali finiscono per rallentare il progresso civile che si basa sulla naturale e necessaria selezione
del pi forte. Ne deriva un'immagine dell'evoluzione sociale in cui anche gli aspetti pi duri e
drammatici della questione sociale sono giustificati in quanto naturali. Lesaltazione del primato
degli individui sulla collettivit sociale implica che i problemi sociali possono essere risolti soltanto
attraverso azioni individuali. E' a partire da questi presupposti che Spencer polemizza contro ogni
tendenza del potere politico a giocare un ruolo diverso da quello meramente negativo di garanzia
dell'ordine, della libera concorrenza e della propriet. Il pensiero politico di Spencer ripropone
mentre una serie di sviluppi storici e dottrinali comincia ad annunciare la fine del secolo liberale
alcuni degli elementi fondamentali di quel liberalismo estremo che aveva accompagnato e
assecondato la fase iniziale dell'industrializzazione (non a caso i critici di Spencer definirono la sua
filosofia la filosofia di Manchester).
La trasposizione nel campo sociale e politico delle teorie di Darwin sulluomo, sul senso morale e
sul progresso civile comporta in primo luogo un indebito passaggio logico dal naturale al sociale-
politico, cio dallambito descrittivo illegittimamente si passa a quello prescrittivo (la nota fallacia
naturalistica). Inoltre non presente in Darwin la spietatezza della selezione sociale spenceriana,
infatti per Darwin la natura umana presenta naturalmente istinti sociali, simpatia e senso morale che
impediscono una fondazione darwiniana del liberalismo estremo di tipo spenceriano. Le teorie del
progresso civile e morale di Darwin sono antitetiche a ogni ideologia politica che riduca la societ e
la storia a una sorta di competizione in cui il debole deve essere eliminato e dunque a ogni
esaltazione della guerra e delleugenetica razzista. Spencer concepisce la guerra come male
necessario (il diritto del pi forte si esercita pienamente nella guerra), fenomeno naturale
insopprimibile, scuola di virt e strumento di progresso. Per Darwin invece la guerra un
anacronismo destinato a scomparire in un futuro pi o meno lontano.
b) In alcune sue varianti il darwinismo sociale giunse a contraddire l'indiscutibile individualismo
presente nel pensiero di Spencer (la societ un aggregato di individuo e le loro propriet
determinano le propriet dellinsieme) a favore di posizioni organiciste che sostenevano il primato
nella determinazione dell'evoluzione storico-sociale di entit collettive come le razze rispetto agli
individui che le compongono.
John Stuart Mill
a) Nel saggio del 1859 Sulla libert Mill afferma che il valore, il fine che un sistema sociale liberale
deve perseguire lo sviluppo compiuto dellindividualit. Perch ci sia possibile sono necessarie
due condizioni: la libert e la variet degli stili di vita e dei punti di vista. (Il punto di partenza del
saggio di Mill ha unevidente ispirazione humboldtiana). Lindividuo deve essere sovrano sulla sua
mente e sul suo corpo, la sua libert pu essere limitata solo se pu causare danni ad altri.
Lindividuo deve essere messo nelle condizioni di poter liberamente perseguire la felicit attraverso
vie appunto individuali. Lindividuo non pu essere costretto da alcuna autorit a fare o non fare
qualcosa perch sarebbe meglio per lui o perch giusto, ognuno ha diritto ad essere felice a modo
suo. Inoltre fondamentale la variet delle opinioni, ogni opinione vera solo se accetta e prevale
nel confronto con altre opinioni attraverso largomentazione razionale. Il successo di unopinione
non mai definitiva, ogni certezza provvisoria. Senza il confronto tra diverse opinioni non
possibile il progresso intellettuale e morale. Mill sembra accogliere il nesso tra critica e progresso
della conoscenza: la proliferazione di teorie rivali come fattore del progresso scientifico. Il conflitto
tra idee fondamentale per il progresso, ci vale anche in matematica come dimostra Lakatos in
Dimostrazione e confutazione contro il tentativo di Mill di sottrarre la matematica al conflitto tra
idee e la precariet delle ipotesi scientifiche. Cos come in ambito scientifico, anche in ambito
sociale se non ci fosse un oppositore bisognerebbe inventarlo. Il conflitto sociale costitutivo di un
sistema liberale. Ma nelle societ sempre pi democratiche la variet degli interessi, aspirazioni e
gusti in pericolo: in agguato un nuovo dispotismo, il dispotismo delle masse, un dispotismo non
meno pericoloso per il fatto che non usa le leggi come strumento di coercizione. Questo dispotismo
moderno pu, attraverso i processi di omologazione che gli sono propri, ridurre drasticamente la
presenza delle differenze individuali. (Questo tema tratto espressamente dallopera politica di
Tocqueville.) Lo spazio pubblico delle opinioni dal momento in cui viene a coincidere con la classe
media diventa potenzialmente luogo di una mediocrit collettiva che suscitando potenti pressioni
conformistiche tende a soffocare le individualit. Le classi politiche devono adeguarsi per non
perdere il consenso e cos le differenze individuali sono messe in pericolo dal dispotismo del
numero, della maggioranza, che tende ad imporre senza legge come norma di condotta le proprie
idee, i propri stili di vita a chi dissente. Luniformit degli interessi, delle opinioni, degli stili di vita
pu essere solo contrastato dalla presenza del conflitto, del dissenso. Le istituzioni giuste sono
quelle che rendono possibile il dissenso, la moltiplicazione delle opinioni e degli stili di vita, sono
giuste quelle che rendono possibile la massima variet perch solo cos si pu sviluppare
compiutamente lindividualit.
b) La natura umana non una macchina da costruire secondo un modello e da regolare perch
compia esattamente il lavoro assegnato, un albero che ha bisogno di crescere e di svilupparsi in
una direzione secondo le tendenze delle forze interiori. Perci necessario che ci siano diversi stili
di vita e che possano liberamente essere praticati. Il conflitto da diversi punti di vista premier
quelli che meritano di diventare consuetudine, Le disuguaglianze economiche e sociali possono
per distorcere le uguali opportunit (anche educative). Senza questa uguaglianza il conflitto viene
meno o comunque molto depotenziato. Questo implica un delicato equilibrio tra intervento statale
e iniziativa privata. Per Mill difficile circoscrivere le funzioni del governo tracciando una linea
netta tra sfera pubblica e privata. Nei Principi di economia politica del 1847 Mill prospetta la
possibilit teorica di un intervento redistributivo dello Stato, infatti vi sono molti casi nei quali i
governi con lapprovazione generale assumono poteri ed eseguono funzioni che non possono essere
giustificati se non dalla semplice ragione che corrisponde allinteresse generale. Questo
ovviamente non comporta nessuna apertura alleconomia pianificata da un potere centrale e
autoritario che pretende di imporre allintera societ le preferenze di una parte ben poco
significativa come accadr in Unione Sovietica, nei regimi socialisti e comunisti il libero sviluppo
dell individualit viene soffocato e trionfa luniformit delle esigenze e delle aspirazioni.
Questultimo un problema gi presente nelle societ borghesi liberali e democratiche, in quelle
comuniste non potrebbe che accentuarsi. Per Mill invece bisogna riconoscere che allinterno della
societ interagiscono gruppi e individui che perseguono interessi diversi e in conflitto tra loro e
nessuno pu pretendere di rappresentare linteresse universale.
Dilthey e le scienze dello spirito
a) Dilthey contro il riduzionismo positivista sostiene la necessit per le scienze dello spirito di un
approccio metodologico diverso da quello delle scienze naturali. Rispetto ai fenomeni naturali
loggetto delle scienze dello spirito, cio lindividualit storica, non spiegabile attraverso
lindividuazione di regolarit necessarie, loggetto delle scienze storiche lindividualit libera e
dunque non commensurabile ai fenomeni naturali. Nelle scienze dello spirito bisogna comprendere
la realt umana nella sua individualit storica attraverso linterpretazione del significato delle sue
manifestazioni spirituali, e non come nelle scienze naturali spiegare il fenomeno attraverso leggi
che presentano un valore universale. Siccome il significato di unespressione dello spirito non
sempre evidente, essa deve essere interpretata, cio bisogna attribuirle un significato e ci
possibile solo attraverso lesperienza vissuta (Erlebnis) dellinterprete. La comprensione
ermeneutica non pu per che essere relativa, non pu che avere un carattere storico (Dilthey aveva
sostenuto la radicale storicit della conoscenza contro lo storicismo teleologico di Hegel). Dilthey
allora, preoccupato dellesito relativista della sua ermeneutica, sposta loggetto della comprensione
da ci che il testo dice allintenzione che fin dallinizio aveva dato un senso compiuto al testo
stesso. Linterprete accede cos al senso del testo rivivendo interiormente lintenzione originaria
dellautore. In tal modo linterprete potr superare lalterit dellautore e giungere a una conoscenza
certo di quella delle scienze naturali (una manifestazione dello spirito prende corpo in una
contestualit storica culturale e psicologica, cos come linterprete dislocato in una prospettiva
irriducibile).
b) Lintuizione empatica di stati interiori
Bisogna intendere il testo da interpretare come quando nella comunicazione il senso delle parole
dellaltro non ci appaiono come immediatamente evidenti; il testo ci parla similmente a quando non
riusciamo a capire cosa laltro voglia dirci. Il testo come laltro della comunicazione ci appare come
qualcosa che dobbiamo interpretare. Le persone spesso non sanno quello che si dicono perch usano
le parole in modo diverso e dunque sono destinate a intendersi in un modo mai definitivo ma solo
con una crescente approssimazione. Questo vale anche per il rapporto tra linterprete e il senso di un
testo. Se dalla psicologia della comunicazione si passa ad ambiti pi prettamente conoscitivi, allora
si pu sostenere che per esempio non si esaurisce mai ci che ha detto Aristotele. Linterpretazione
cos non ha limiti e dunque si pone il problema dei criteri della validit dellinterpretazione.
Ma che cosa propriamente linterpretazione deve comprendere perch si abbia la certezza che essa
abbia inteso il senso del testo e dunque linterpretazione abbia termine? Cos come devo cogliere la
vera intenzione del mio interlocutore quando non mi immediatamente chiaro cosa intenda dirmi,
cos devo cogliere la vera intenzione dellautore se voglio comprendere appunto il senso del testo.
Ora, non solo lintenzione dellautore e dunque il senso del testo si apre alla possibilit di tante
interpretazioni ma lo stesso interprete dislocato in una prospettiva irriducibile. Come si giunge
alla vera intenzione dellautore? Per Dilthey attraverso il trasferimento dellinterprete nellalterit
storico-psicologica dellautore. Solo in tal caso potremo avere una comprensione immediata del
senso del testo cos come ci comprendiamo immediatamente per lo pi nella comunicazione
ordinaria. La corrispondenza dei pensieri tra linterprete e lautore garantirebbe la comprensione
del testo cos come lo stesso tipo di corrispondenza garantirebbe nella comunicazione ordinaria la
comprensione tra i due interlocutori. Si assume che lintenzione originaria non sia presente nel
testo, cos come quando nasce un fraintendimento nella comunicazione perch non
immediatamente chiaro il senso della comunicazione stessa. La comprensione del testo si pu dire
compiuta solo quando raggiunger il luogo ideale da cui il suo testo e lautore hanno preso le
mosse, cio lidea nella mente dellautore nel momento del concepimento dellopera. Se non si
accede a questo luogo e non si scopre la cosa che le parole vogliono dire attraverso il loro
significare, il testo rimane senza identit e linterpretazione non ha fine. Per capire le parole che
leggo devo comprendere lintenzione originaria che ha condotto lautore a scriverle. Tale
comprensione non pu avere la forma della dimostrazione, una convinzione intima della cui verit
linterprete non pu persuadere nessuno. Questa immedesimazione o trasferimento nella mente
dellautore non un metodo che si possa seguire, ma un evento che accade da s quando la
frequentazione dei testi assidua laffinit con lautore profonda. La certezza di questa
comprensione non pu essere detta n contraddetta a parole e anche se lo fosse non aggiungerebbe
n cambierebbe nulla. La sua verit non confutabile cos come non dimostrabile.
Schopenhauer, Il mondo come volont e rappresentazione
1. Il mondo come rappresentazione: La vita sogno di Caldern de la Barca
Il mondo non belle pronto per entrare nella nostra testa, ma istituito dalle forme a priori del
soggetto; in quanto istituito per Schopenhauer anche prodotto dellintelletto: non esiste pi una
realt esterna al soggetto. Il mondo della rappresentazione si presenta come un insieme di fenomeni
connessi causalmente, il dominio della conoscenza scientifica, senza che per ci implichi la
pretesa che tale conoscenza sia oggettiva. La conoscenza fenomenica, oggettiva in senso
trascendentale per Kant, diventa in Schopenhauer pura apparenza. Ma dietro il mondo come
rappresentazione esiste la cosa in s, in Kant indefinbile che in Schopenhauer invece ha un nome: la
volont di vivere: questa volont ci trascende e ci determina nel nostro agire e pensare. Come
cedere a tale volont?
2. Al di l della rappresentazione: la volont di vivere
Il soggetto pu fare esperienza della sua essenza attraverso lesperienza del proprio corpo, che al di
l della sua possibile rappresentazione scientifica da ognuno di noi sentito (intuizione immediata)
anche come volont e desiderio. La volont di vivere non pu essere dimostrata, la ragione senza
senso di tutta la realt.
3. La novit metafisica: linsensatezza dellessenza di ogni cosa.
Il bisogno metafisico a cui la filosofia deve rispondere non nasce tanto dalla meraviglia per
lessere delle cose, come dice Aristotele, ma dallesperienza del dolore, della morte,
dellinarrestabile trascorrere di ogni cosa e dellinfelicit che laccompagna. E dunque la risposta
che deve dare la filosofia a partire da questa esperienza non pu ridursi ad una distinzione
ontologica della realt: la realt apparente (rappresentazione) distinta dalla vera realt (volont). La
novit e la peculiarit del pensiero di Schopenauer rispetto alla tradizione metafisica precedente sta
nellescludere che il rimedio che la filosofia offre alla sofferenza e al dolore dellesistenza sia
ancora quello della tradizione, che consiste nel conoscere la vera realt delle cose e riconoscerla
come norma a cui ci si deve adeguare per ottenere, lautenticit e la felicit, la redenzione. Con
Schopenauer si rompe forse per la prima volta quellidentificazione tra essere e bene propria
del pensiero metafisico. Se lessenza di ogni cosa la volont, questo dogma metafisico destinato
a naufragare perch la volont non tendendo ad alcun fine o valore in s, sottrae lazione alla
razionalit propria di un agire teleologoco e dunque non pu valere come norma per una vita
autentica, felice e redenta (senza desiderio n mancanza). Non avendo alcun fine ultimo al di l del
suo reiterarsi, la volont non altro che un tendere infinito, una ricerca senza quiete dove ogni meta
solo una sosta provvisoria. Il fatto che la volont o il desiderio non possa essere soddisfatto in
modo compiuto rivela linsensatezza dellessere. Ecco allora lantistoricismo di Schopenauer, la sua
sfiducia nei confronti di una possibile emancipazione delluomo in termini storici (progresso,
societ giusta ecc.) e in genere nei confronti di ogni progetto di miglioramento morale dellumanit.
4. La decisione a favore della vita la colpa originaria: essere nati il vero delitto
delluomo (Caldern) perch la vita coincide con laffermazione della volont di vivere
Se il desiderio uno stato di tensione per la mancanza di qualcosa che non si ha e si vorrebbe avere
(il desiderio allude ad unassenza), allora la vita come incessante desiderio un tendere sofferto
senza possibilit di quiete sempre destinato allo scacco in quanto la soddisfazione sempre
transitoria. La soddisfazione di un desiderio coincide con la mera cessazione di un dolore. Il piacere
ha solo un carattere negativo. Contro letica illuminista che indica il piacere come scopo essenziale
dellagire umano e e come ideale regolativo per il progresso dellumanit, il piacere per S. il
motore insensato della vita, ma nonostante tutto questo luomo continua a desiderare. Anche se
consapevole della vanit del tutto, costruisce idoli per sopravvivere, per difenderci dalla cieca
pulsione che ci abita, per dissimulare linsensatezza della volont, per impedirci di riconoscerla.
Luomo condannato a soffrire senza fine perch il desiderio non pu mai esaurirsi; se si esaurisse
cesserebbe con esso anche la vita. Del resto la volont di vivere che impone al nostro intelletto
innumerevoli scopi (buone ragioni) con cui crediamo di dare senso allesistenza. Tutto ledificio
della storia della civilt e della cultura si regge su questa fallace illusione, cos come si nutrono di
essa tutti i sentimenti e le passioni umane, ad esempio lamore (mistificazione della sua radice
biologica e del suo carattere funzionale per la conservazione della specie). Noi crediamo di
perseguire i nostri desideri liberamente e consapevolmente determinati ma in realt siamo strumento
della volont di vivere e della sua autoreferenzialit. Allinterno del mondo della rappresentazione
tutto necessit e la libert la negazione delleffetto della volont. Cos la radice del dolore non
nel mondo ma del mondo e la vita coincide essenzialmente con il dolore.Volont e male coincidono,
anzi, quanto pi la vita si fa complessa e luomo si fa cosciente tanto pi il dolore si accentua.
Cultura e civilt non fanno altro che accentuare la sofferenza rendendo pi intollerabile la sorte
dellindividuo. Ma se la volont lessenza metafisica, come pu luomo spezzare le catene della
volont e della sua necessit?
5. La via della redenzione: letica della negazione della volont.
Come pu un individuo decidere (la decisione presuppone la libert) per la negazione della vita
allinterno del mondo della rappresentazione in cui egli vive in cui domina il determinismo della
volont di vivere? E necessaria una libera scelta cos come da una libera scelta stata possibile la
vita: per Schopenhauer non solo impenetrabile la ragione per cui sia stata scelta la vita ma
anche filosoficamente inspiegabile come sia possibile scegliere la sua negazione. Ma ci sono uomini
che attraverso la contemplazione estetica, la compassione e lascesi hanno rivelato come sia di fatto
possibile la negazione della volont. Questi sono esempi di unetica per uomini eccezionali,
unetica che rimanda a unesperienza interiore individuale e solitaria, un modello di perfezione
per spiriti eletti. E unetica che non vincola nessuno, in Schopenhauer rimane ferma la svalutazione
delloperare umano, la liberazione dalla volont leffetto di un itinerario individuale non
condivisibile.
6. La contemplazione estetica
La contemplazione estetica (la teoria dell'arte uno dei temi pi noti e fortunati della dottrina di S.,
presente in molte tendenze estetizzanti del decadentismo europeo) unattivit attraverso la quale
luomo ha la possibilit di negare la volont. L'arte infatti permette di intuire la realt nella sua
essenza, di entrare nel dominio delle forme ideali. L'artista smarrisce la coscienza limitata e
sofferente della sua individualit e pu sottrarsi al dominio della volont ed elevarsi al di l del
tempo e del dolore. Lattivit artistica gioia della compiutezza e assenza del desiderio. Ma
neppure la purezza metafisica dell'arte pu a lungo resistere alla pressione della volont. L'ascesa
alle forme ideali pu solo sospendere la necessit della volont, offrire una consolazione
temporanea al dolore, frenare ma non spegnere la volont di vivere.
7. La compassione
La volont di vivere induce ogni uomo a volere tutto e a desiderare la distruzione di chi vi si
oppone. Il conflitto tra gli uomini permanente e naturale. In Schopenhauer abbiamo dunque una
universalizzazione hobbesiana dellindividualismo e dellegoismo borghese. La storia non pu
realizzare alcun valore universale, superiore ai fini particolari ed egoistici che muovono le singole
volont. Per Schopenhauer legoismo moralmente condannabile, ma non possibile alcuna
giustizia mondana.
E' solo la compassione il sentimento in grado di dissolvere le radici pi profonde dell'egoismo, la
piena identificazione della nostra sofferenza e della nostra sorte con quella degli altri che consente
l'abbandono dell'io e dunque della volont.
8. Lascesi atea: estrema, libera e consapevole rinuncia allesistenza
a) La redenzione il prodotto di unascesi intellettuale, cio unastensione dal mondo nel quale si
riconosce che nulla ha valore. La coscienza dellinsensatezza dellessenza dellessere e dunque
lassoluta indifferenza verso le cose umane distrugge alla radice la volont. Questa ascesi non
ha a che fare con lascesi cristiana della mistica scolastica, con la fuga dalla carne, il vero santo
per Schopenhauer colui che trova la pace nella consapevolezza del proprio nulla e cio pur
continuando a vivere sa negare intimamente se stesso. Limmagine che pu meglio cogliere
lessenza di questa filosofia , nel romanzo La montagna incantata di T. Mann, il caldo sanatorio
tra le nevi e laria cristallina di Davos, lontano dalla pianura dove gli uomini si affannano per
vivere, un mondo artificiale e separato dove il tempo non ha pi dimensione e da dove possibile
guardare la realt con gli occhi di un osservatore lontano e indifferente e con questo distacco
conquistare la libert dello spirito che nella vita quotidiana unillusione.
b) Lesito un misticismo ateo dove la negazione della volont equivale al dissolvimento dellio nel
nulla. Il fine dellascesi il dissolvimento e riassorbimento dellio nel nulla eterno. Il fine il
ritorno in quella misteriosa e ineffabile divinit senza volto. Luomo pu comprendere questo
nulla solo per negazione, se tentiamo di intenderlo parlandone, questo nulla il principio che
mentre nega tutto il reale ne pur sempre la sua radice e ultima verit. Il Nulla sembra cos
trasfigurarsi in una paradossale ambigua figura dellessere, in una sorta di trascrizione moderna e
atea del Dio di Meister Eckart: labbagliante oscurit in cui si disperde ogni limite e distinzione, e il
dramma dellesistenza individuale si converte in un possesso che coincide con lannientamento. Il
Nulla diventa cos estrema consolazione della coscienza che pu finalmente acquietarsi ritornando
l da dove assurdamente la vita lha strappata.
2.1. Origine della metafisica: il nichilismo reattivo (1)
a partire da Socrate e attraverso la tradizione platonico-cristiana che prende corpo la decisione
metafisica per cui quel che non diviene, quel che diviene non . Lessere quel che dura, quel
che si mantiene presente. Leternit la misura del suo valore. Il mondo vero diventa un altro, un
mondo in cui le cose hanno valore perch ne soddisfano i criteri, un mondo in cui le cose godono
quindi di stabilit, identit e permanenza. La definizione raccoglie nel significato lessere o
lessenza delle cose contro la dispersione delle cose che divengono. Si istituisce lopposizione tra
essere e divenire. Questa opposizione leffetto necessario di questo modo di interrogare le cose.
Quel che ha valore al di l del divenire. Il divenire perde la sua innocenza, la sua assenza di
valore lo rende colpevole. Il divenire dovr riscattare la sua colpa. Esso potr redimersi solo
riconoscendo come proprio il senso che la metafisica ha deciso che debba avere.
2.2. Morte di Dio e nichilismo moderno o attivo (2)
La metafisica d vita a un mondo di valori il cui valore riduce a nulla il divenire della vita. La
storia della metafisica la storia della nullificazione della vita per mezzo di valori. Il nichilismo
appartiene in modo essenziale a questa storia. Questa storia ormai giunta a una svolta: Dio
morto. I valori della metafisica per noi non hanno pi alcun valore. La morte di Dio non deve
essere intesa come semplice estinzione di una figura della trascendenza che si possa rimpiazzare
con unaltra, morendo Dio non lascia un posto vuoto in cui un altro soggetto possa insediarsi.
Insieme a lui sono scomparsi il luogo e il modo in cui possano insediarsi tutte le forme della
trascendenza possibili. Non scompare una semplice figura della trascendenza, dunque, ma lo spazio
logico in cui esse possono abitare (linterrogazione intorno allessenza). Ogni ateismo dunque
insufficiente in quanto sarebbe una semplice negazione di una figura della trascendenza. Dio
morto la sentenza che compendia la negazione moderna del valore dei valori della metafisica.
Un altro nichilismo alle porte. La vita dunque destinata a durare senza valore n scopo? Come
ricavare dalla morte di Dio invece che scoraggiamento e debolezza il vantaggio di un orizzonte
libero e di una nuova aurora? Il nichilismo 2 non una congiuntura di breve periodo. Come
affrontare questa lunga durata senza rassegnarsi alla passivit di chi del mondo qual giudica che
non dovrebbe essere e del mondo quale dovrebbe essere giudica che non esiste? Come procedere
allaffermazione di nuovi valori invece di fermarsi alla distruzione dei vecchi? Questa risposta
per ora dovr attendere. Innanzitutto necessario intendere bene cosa N. voglia dire quando
individua nel nichilismo la conclusione ultima e necessaria dei nostri stessi valori precedenti.
2.3. Il nichilismo iscritto nel modo di pensare della metafisica
Il nichilismo 2 non semplicemente lo stato psicologico di chi si accorge che il mondo, secondo i
criteri decisi dalla metafisica, non ha senso n valore. Il nichilismo 1 dimora da sempre nelle
stesse categorie metafisiche (fine, essenza, unit, ecc.) con le quali la metafisica pretende di
decidere che lessere si trovi nellassenza di divenire. Linfinita dispersione della realt del divenire
non viene pensata ma dissolta nellastrazione di unessenza che lo unifichi ad una ragione che lo
governi, che lo giustifichi, che lo spieghi, insomma che lo fondi. La crisi di tenuta delle categorie
metafisiche, ormai secondo Nietzsche irreversibile, e il venire meno della loro presa sul mondo
sembrano abbandonare il divenire al non senso. Gli uomini scoprono con rassegnazione o con
rivolta che non esiste alcuna suprema forma di governo e di amministrazione di tutto laccadere.
2.4. La critica genealogica delle origini riveler lassenza di fondamento di ogni metafisica
Appartiene allessenza della metafisica occultare le origini della sua costituzione. La metafisica
oblio della storia delle sue origini, da questo oblio trae alimento il valore dei suoi valori. Lindagine
genealogica pone in questione questo valore. Esibendo le sue origini, la metafisica rivelerebbe il
valore relativo dellassolutezza dei suoi valori e risulterebbe falsa alla luce della sua stessa
nozione di verit. Qualsiasi verit metafisica non soddisfa i suoi criteri di valore. Le verit
metafisiche non hanno alcuna stabilit, identit, permanenza, caratteri che solo unassenza di storia
e di tempo delle origini potrebbe assicurar loro.
3. Metafisica e critica genealogica
a) Per N. non esiste alcun senso originario di una cosa, perch la genesi di una cosa sempre
diversa dal suo impiego finale. Ad es. la pena oggi utilizzata come esempio, ma lesempio non il
suo senso originario, perch la pena, prima di essere utilizzata come esempio, stata utilizzata come
vendetta. dunque la vendetta il suo senso originario? No, perch prima ce n stato un altro
ancora, e cos via, come dire che non ce n mai stato uno. Il suo senso appunto sempre un altro.
La pena non ha alcun utilizzo o senso da sempre presente in essa; stata utilizzata storicamente in
modi diversi e nessuno di questi utilizzi o sensi il suo. Nelle pagine della Genealogia della morale
dedicate alle origini e scopo della pena, N. mostra come la pena come esempio non altro che
lepisodio attuale di una serie di assoggettamenti della pena ad una determinata forza.
Storicamente infatti la pena stata di volta in volta utilizzata per il bisogno di vendicarsi, per
escludere laggressore, per spaventare gli altri., ecc.
b) La genealogia, risalendo allorigine di una cosa, rivela come il senso di una cosa non sia mai
stato lo stesso. Ad esempio con il concetto di libert non si sempre intesa la stessa cosa. La
genealogia di questo concetto ci mostrerebbe come non ne esista uno, ma tanti, senza alcun
rapporto ideale tra loro, nel senso che non sono diversi modi di dire la stessa cosa, ma sono modi
diversi per dire cose diverse. Risalendo alle origini di una cosa incontriamo una processione di
sensi senza poter decidere quale sia propriamente il senso della cosa. La sequenza dei sensi non
rinvia ad alcun disegno provvidenziale, n ad alcuna teleologia. La genealogia mostra come
nell'origine non si trovi alcun fondamento e il divenire non lo svolgimento di un senso racchiuso
nelle origini.
c) Alle origini troviamo sempre un altro senso della cosa. In definitiva tutte le cose sono sorte
diversamente da come il loro impiego finale farebbe presumere. Lorigine della moralit non si
trova in ci che morale. La genealogia restituisce cos la cosa alle vicissitudini della sua storia,
alle continue trasformazioni del suo senso, allavvicendamento delle forze che di volta in volta
lhanno dominata. Lindagine genealogica vuol mantenere la cosa nella dispersione dei suoi sensi e
dei suoi domini. La storia di una cosa fatta di molte storie sommerse e disseminate, ognuna delle
quali ha visto la genesi di un senso e il trionfo di una forza. Le cause che vi intervengono, le forze
che vi agiscono non rispondono ad alcuna logica non hanno neppure bisogno di essere in
connessione tra loro anzi talvolta si susseguono e si alternano in modo veramente casuale. La
genealogia segue queste molteplici storie, ne segue i percorsi con le loro interruzioni, le minime
deviazioni, fin nei loro inizi accidentali.
d) Il prevalere di una forza che sappia assoggettare la cosa a nuove regole duso, ad una nuova
interpretazione di essa e dunque ad un nuovo senso il prodotto casuale della lotta.
Interpretare non significa svelare un significato ultimo e nascosto dietro la cosa. Linterpretazione
cos intesa dalla metafisica che immagina che dietro ogni cosa esista unessenza senza data, la
sua causa e spiegazione ultima. Interpretare significa invece per N. assoggettare la cosa ad altre
regole per un differente uso della cosa, cos che la storia di una cosa coincide con i suoi
assoggettamenti, con le sue interpretazioni.
e) La genealogia mostra che le origini sono molte e che nessuna veramente ultima e che ogni
origine gi divenire, insediamento di un senso al posto di un altro, assoggettamento di forze ad
opera di altre. Il divenire privo di fondamento e lassenza di fondamento costituisce tutto il suo
essere. Fin dal principio la metafisica ha dovuto dissimulare questa verit costringendo il divenire
ad avere un fondamento alla luce del quale apparisse che esso in fondo non . Lorigine non
originaria, non il fondamento da cui il divenire attingerebbe il suo senso. In definitiva, alle
origini di ogni storia c la storia delle sue origini. Il divenire non ha alcun senso che lo anticipi e
che da sempre lo governi, nulla di cos perfetto da non aver tratto origine da qualche altra cosa. La
genealogia aggredisce cos il pregiudizio in cui si riconoscono i metafisici di tutti i tempi. Essi
vorrebbero che quel che si stima superiore beneficiasse di unorigine senza tempo. Limmunit dal
tempo e lesenzione dalla storia quel che lo rende dotato di valore. Questa immunit e questa
esenzione dovrebbero legittimare la pretesa dei valori metafisici di decidere le condizioni di
senso del mondo.
f) Non si tratta di confutare o falsificare le ipotesi metafisiche ma di revocare il credito che esse
hanno acquisito. Non importa che esse sopravvivano, ci che essenziale che questa conoscenza
risulti indifferente. N. non si chiede se possibile la metafisica come scienza n si preoccupa di
mostrare linesistenza di un mondo metafisico; quel che gli preme mostrare su cosa hanno
poggiato le ipotesi metafisiche, quali sono state le forze che la metafisica ha dovuto mobilitare per
trasferire in un altro mondo il senso e il governo di questo mondo. Per disinnescare il valore di cui
investita la verit metafisica e per chiarire il mistero di questo investimento la genealogia deve
ricostruire il gioco di circostanze che ha favorito il costituirsi di quella verit.
g) La metafisica vuole che l'essere sia sottratto al gioco di forze che se ne contendono il senso e che
venga deciso una volta per sempre. Quando la metafisica decide il senso dell'essere essa dimentica
che il vero senso di ogni parola e dunque anche della parola essere deciso da determinate
prospettive di utilit per il mantenimento e il potenziamento di forme di dominio umane. La critica
genealogica glielo ricorda. La metafisica, inventando lessere, assume la sicurezza come valore
dominante e attraverso la verit risponde al bisogno dominante di sicurezza. La critica
genealogica deve chiedersi come debba essere inteso questo senso di sicurezza che la metafisica
renderebbe disponibile. Bisogna chiedersi chi l'abbia deciso e che specie di uomo la pensa cos.
qui allopera secondo Nietzsche una specie di uomo non creativa, sofferente, stanca di vivere... Il
dominio della metafisica dimostra la vittoria di questa specie di uomo.
3. Metafisica e critica genealogica
a) Per N. non esiste alcun senso originario di una cosa, perch la genesi di una cosa sempre
diversa dal suo impiego finale. Ad es. la pena oggi utilizzata come esempio, ma lesempio non il
suo senso originario, perch la pena, prima di essere utilizzata come esempio, stata utilizzata come
vendetta. dunque la vendetta il suo senso originario? No, perch prima ce n stato un altro
ancora, e cos via, come dire che non ce n mai stato uno. Il suo senso appunto sempre un altro.
La pena non ha alcun utilizzo o senso da sempre presente in essa; stata utilizzata storicamente in
modi diversi e nessuno di questi utilizzi o sensi il suo. Nelle pagine della Genealogia della morale
dedicate alle origini e scopo della pena, N. mostra come la pena come esempio non altro che
lepisodio attuale di una serie di assoggettamenti della pena ad una determinata forza.
Storicamente infatti la pena stata di volta in volta utilizzata per il bisogno di vendicarsi, per
escludere laggressore, per spaventare gli altri., ecc.
b) La genealogia, risalendo allorigine di una cosa, rivela come il senso di una cosa non sia mai
stato lo stesso. Ad esempio con il concetto di libert non si sempre intesa la stessa cosa. La
genealogia di questo concetto ci mostrerebbe come non ne esista uno, ma tanti, senza alcun
rapporto ideale tra loro, nel senso che non sono diversi modi di dire la stessa cosa, ma sono modi
diversi per dire cose diverse. Risalendo alle origini di una cosa incontriamo una processione di
sensi senza poter decidere quale sia propriamente il senso della cosa. La sequenza dei sensi non
rinvia ad alcun disegno provvidenziale, n ad alcuna teleologia. La genealogia mostra come
nell'origine non si trovi alcun fondamento e il divenire non lo svolgimento di un senso racchiuso
nelle origini.
c) Alle origini troviamo sempre un altro senso della cosa. In definitiva tutte le cose sono sorte
diversamente da come il loro impiego finale farebbe presumere. Lorigine della moralit non si
trova in ci che morale. La genealogia restituisce cos la cosa alle vicissitudini della sua storia,
alle continue trasformazioni del suo senso, allavvicendamento delle forze che di volta in volta
lhanno dominata. Lindagine genealogica vuol mantenere la cosa nella dispersione dei suoi sensi e
dei suoi domini. La storia di una cosa fatta di molte storie sommerse e disseminate, ognuna delle
quali ha visto la genesi di un senso e il trionfo di una forza. Le cause che vi intervengono, le forze
che vi agiscono non rispondono ad alcuna logica non hanno neppure bisogno di essere in
connessione tra loro anzi talvolta si susseguono e si alternano in modo veramente casuale. La
genealogia segue queste molteplici storie, ne segue i percorsi con le loro interruzioni, le minime
deviazioni, fin nei loro inizi accidentali.
d) Il prevalere di una forza che sappia assoggettare la cosa a nuove regole duso, ad una nuova
interpretazione di essa e dunque ad un nuovo senso il prodotto casuale della lotta.
Interpretare non significa svelare un significato ultimo e nascosto dietro la cosa. Linterpretazione
cos intesa dalla metafisica che immagina che dietro ogni cosa esista unessenza senza data, la
sua causa e spiegazione ultima. Interpretare significa invece per N. assoggettare la cosa ad altre
regole per un differente uso della cosa, cos che la storia di una cosa coincide con i suoi
assoggettamenti, con le sue interpretazioni.
e) La genealogia mostra che le origini sono molte e che nessuna veramente ultima e che ogni
origine gi divenire, insediamento di un senso al posto di un altro, assoggettamento di forze ad
opera di altre. Il divenire privo di fondamento e lassenza di fondamento costituisce tutto il suo
essere. Fin dal principio la metafisica ha dovuto dissimulare questa verit costringendo il divenire
ad avere un fondamento alla luce del quale apparisse che esso in fondo non . Lorigine non
originaria, non il fondamento da cui il divenire attingerebbe il suo senso. In definitiva, alle
origini di ogni storia c la storia delle sue origini. Il divenire non ha alcun senso che lo anticipi e
che da sempre lo governi, nulla di cos perfetto da non aver tratto origine da qualche altra cosa. La
genealogia aggredisce cos il pregiudizio in cui si riconoscono i metafisici di tutti i tempi. Essi
vorrebbero che quel che si stima superiore beneficiasse di unorigine senza tempo. Limmunit dal
tempo e lesenzione dalla storia quel che lo rende dotato di valore. Questa immunit e questa
esenzione dovrebbero legittimare la pretesa dei valori metafisici di decidere le condizioni di
senso del mondo.
f) Non si tratta di confutare o falsificare le ipotesi metafisiche ma di revocare il credito che esse
hanno acquisito. Non importa che esse sopravvivano, ci che essenziale che questa conoscenza
risulti indifferente. N. non si chiede se possibile la metafisica come scienza n si preoccupa di
mostrare linesistenza di un mondo metafisico; quel che gli preme mostrare su cosa hanno
poggiato le ipotesi metafisiche, quali sono state le forze che la metafisica ha dovuto mobilitare per
trasferire in un altro mondo il senso e il governo di questo mondo. Per disinnescare il valore di cui
investita la verit metafisica e per chiarire il mistero di questo investimento la genealogia deve
ricostruire il gioco di circostanze che ha favorito il costituirsi di quella verit.
g) La metafisica vuole che l'essere sia sottratto al gioco di forze che se ne contendono il senso e che
venga deciso una volta per sempre. Quando la metafisica decide il senso dell'essere essa dimentica
che il vero senso di ogni parola e dunque anche della parola essere deciso da determinate
prospettive di utilit per il mantenimento e il potenziamento di forme di dominio umane. La critica
genealogica glielo ricorda. La metafisica, inventando lessere, assume la sicurezza come valore
dominante e attraverso la verit risponde al bisogno dominante di sicurezza. La critica
genealogica deve chiedersi come debba essere inteso questo senso di sicurezza che la metafisica
renderebbe disponibile. Bisogna chiedersi chi l'abbia deciso e che specie di uomo la pensa cos.
qui allopera secondo Nietzsche una specie di uomo non creativa, sofferente, stanca di vivere... Il
dominio della metafisica dimostra la vittoria di questa specie di uomo.
10. La volont di potenza
a) N. chiama volont di potenza un mondo in cui non vi pi ombra di Dio n delle antitesi
mondo vero mondo apparente. Alla luce di questa essenza il mondo appare come un mostro di
forze senza principio n fine, una messe di forze che non diviene n pi grande n pi piccola che
non si consuma ma soltanto si trasforma, un'amministrazione senza spese n perdite, ma anche
senza accrescimento n entrate. Un mondo attorniato dal nulla come il suo confine. Ma cosa
significa questo mondo in tutto il suo accadere? Esso non significa nulla , poich accadere e
accadere necessario sono una tautologia. La volont di potenza non dice la causa o il fine, essa
lascia che l'accadere non voglia dire nulla se non la sua interna necessit. Questa necessit non
significa che accade ci che deve in ragione di una legge che glielo prescriva ma che accade ci che
pu in ragione della forza di cui dispone. (La necessit non esterna, cio non il rapporto che si
instaura tra una legge intesa come causa e un determinato rapporto inteso come effetto necessario di
quella causa, effetto che esisterebbe indipendentemente dalla sua causa). Non vi nulla che
potendo non accade n vi cosa che accadendo potesse non accadere. Accade solo ci che ne ha la
forza e avendo questa forza non pu non accadere. Volont di potenza significa dunque che tutto
accade per forza. Ed inevitabile che ogni forza debba misurarsi e scontrarsi con tutto ci che si
oppone al suo espandersi ma non passione di distruzione in quanto il conflitto con altre forze un
mero effetto dellinterna necessit e del suo darsi in tutta la sua potenzialit. (In tale conflitto non
c alcuna negazione e superamento dialettico). In altri termini il conflitto non la condizione senza
il quale la forza pu divenire ci che pu, esso solo leffetto di questo divenire. La ragione,
necessariamente contingente dellaccadere, sta nel darsi di una forza, che non pu recedere da ci
che pu e pu fin dove arriva a forzare i limiti che le impongono le altre forze. (Ci che accade non
ha quindi alle sue spalle una causa che lo determini o un fine che lo prescriva). E' quindi un caso
che accada quel che accade anche se necessario che qualcosa accada e accada cos come accade: la
nave segue la corrente in cui incappata per caso. Non c' infatti una regola che governi le forze al
di fuori del gioco che casualmente le oppone e necessariamente decide gli esiti differenti del loro
destino. In definitiva accade ogni volta ci che deciso dalla sovrana necessit del caso.
b) La prima conseguenza che nell'accadere non c' letteralmente nulla da spiegare (nel senso della
causa o del fine da disvelare): l'infinita complessit del caso si risolve ogni volta nel gioco di forze
che ha combinato e questo gioco finisce ogni volta nell'evento cui d luogo. Si dato il caso che un
gioco di forze lo facesse accadere ma il caso non obbedisce ad alcuna legge n il gioco ad alcuna
regola, il caso si d e il gioco si gioca. L'accadere di ci che accade, il fatto che accade ci che
accade risulta incalcolabile. (non spiegabile attraverso cause o fini: levento incalcolabile in
quanto non pu essere previsto o anticipato). L'incalcolabilit l'essenza dell'accadere che rende
inspiegabile l'evento. Accadendo per nulla cio per caso e necessit l'evento non si presta in
nessun modo ad essere spiegato. Che ne allora di quegli eventi che sono le spiegazioni? Non sono
meno necessari e casuali degli eventi che intendono spiegare. Al pari di tutti gli eventi le
spiegazioni non sono spiegabili nel loro accadere poich non sono nient'altro che questo accadere.
Non sono gli eventi che hanno bisogno di una spiegazione del loro accadere ma sono le
spiegazioni che sono un bisogno dell'accadere della vita. L'inspiegabilit del loro accadere si
coniuga con l'impossibilit che non accadono spiegazioni. Questo significa che ogni spiegazione
nello stesso tempo falsa e inspiegabile, e i bisogni non sono sempre gli stessi, i bisogni di
spiegazione sono sempre contingenti e occasionali. Inoltre lutilit prodotta dalla soddisfazione di
questi bisogni non deve essere confusa con la verit. N. non afferma che le spiegazioni sono vere
perch soddisfano i bisogni della vita bens che esse non possono non soddisfare tali bisogni poich
sono i nostri bisogni che interpretano il mondo. (Le spiegazioni di ci che accade non sono libere
razionalizzazioni di un soggetto), la necessit della spiegazione non ha fondamento, la
contingenza che la reclama necessariamente. Ma se le cose stanno cos allora ogni spiegazione
una interpretazione (non c spazio per spiegazioni causali o finalistiche, ogni spiegazione
riducibile a uninterpretazione).
c) Come ha origine il gioco della verit?. La vita deve inventarsi una calcolabilit nell'accadere che
le consenta di prevenire gli eventi, annullarne la sorpresa e sottometterne la forza. L'attendibilit di
ci che si mostra calcolabile in quanto si conserva identico e permanente una scoperta che
siamo costretti a fare in forza delle nostre condizioni di esistenza. Siamo costretti a falsificare ci
che eterogeneo e incalcolabile. La vita possibile solo grazie a un tale apparato di falsificazioni,
per esempio nella realt non avviene nulla che corrisponda perfettamente alla logica. I principi di
identit e di contraddizione sono regole di sopravvivenza, non hanno nulla di vero in s.
Logicizzazione, razionalizzazione, sistematizzazione sono sussidi della vita. Il gioco della verit e
le sue regole sono vincolate alle condizioni che la vita ha selezionato come condizione del suo
sviluppo. Occasionalmente risulta utile che qualcosa sia vero perch soddisfa i bisogni sempre
contingenti della vita. Il convenzionalismo epistemologico di N. e il carattere interpretativo di ogni
spiegazione sono l'esito necessario del suo tentativo di una nuova interpretazione di ogni accadere.
(affinit epistemologica con il tardo empirismo logico e la contemporanea filosofia analitica e per
quanto riguarda la rilevanza logica e epistemologica della volont di potenza quale fondamento
della necessit del formalismo della ragione cfr. Cacciari, Krisis per il quale la relazione tra
convenzionalit delle forme e il loro potere di dominio e razionalizzazione inifinita smarca N.
dall'economicismo machiano).
d) Non esiste un avvenimento in s n un mondo che sussista al di qua della sua infinita
interpretabilit. Sono le interpretazioni che mettono al mondo il mondo di cui parlano, costituendolo
ogni volta nel senso che vogliono. Il mondo reale non esiste se non come mondo di forze che
accade nelle interpretazioni senza che del suo accadere tautologico possa darsi interpretazione
alcuna. La necessit interna di ogni accadere che N. chiama volont di potenza fa s che ogni
interpretazione possa dire solo quello che casualmente costretto a dire. Che senso ha tuttavia
un'interpretazione che il caso e la necessit hanno privato del teatro delle sue libere decisioni? Che
cosa vuol dire interpretare in un mondo che accade nel senso della volont di potenza?
L'interpretazione del senso di ogni accadere di N. che effetto ha sul senso di ogni interpretare?
L'interpretazione produce il suo senso muovendo dalle condizioni inaccessibili e prive di senso del
suo accadere: non pu fornire le ragioni del suo accadere n mostrare che questo accadere abbia
delle ragioni. Essa accade per nulla e senza ragione (non ha una ragione sulla quale appoggiarsi in
modo stabile e duraturo) Ma proprio questa mancanza di ragione che costituisce il senso e la
possibilit del gioco stesso delle interpretazioni. Appartiene al senso di questo gioco che nessuna
interpretazione abbia delle buone ragioni da far valere come prerogativa del suo dire e delle sue
verit. Che gioco sarebbe quello in cui un'interpretazione potesse ricorrere alle buone ragioni (cio
ragioni in s manifestamente vere) del suo accadere e pretendere il consenso sul valore della sua
prospettiva? Questa non sarebbe pi un'interpretazione, ma una spiegazione che pretende di
dimostrare la verit del mondo e il valore di questa verit. Il senso del gioco andrebbe perduto: esso
richiede in maniera essenziale che il gioco non possa essere chiuso dalla vittoria di una
interpretazione. Non c' tuttavia un'interpretazione che possa accettare l'inconcludenza di questo
gioco. Un'interpretazione infatti non pu in alcun modo desistere dalla sua prospettiva e lasciare
cadere la sua volont di potenza. L'inconcludenza essenziale del gioco delle interpretazioni e il suo
nichilismo estremo diventa il problema che N. deve risolvere poich gli viene posto dalla sua stessa
interpretazione di tutto l'accadere. La dottrina dell'eterno ritorno la soluzione enigmatica di questo
problema.
FREUD
Le tre novit freudiane: a) la parola come terapia b) lorigine dei disturbi psichici riconducibile ad
esperienze sessuali infantili c) la vita psichica di per s conflittuale, un conflitto mal risolto si
traduce in sintomo.
Metapsicologia
Con metapsicologia Freud vuole indicare la dimensione teorica della psicanalisi, la sua
sistematizzazione formale. L'assonanza con la parola metafisica non casuale. Infatti con la
metapsicologia intende fornire un modello concettuale delle dinamiche psichiche che si colloca al di
l dell'esperienza empirica. Sono due le opere che Freud intraprese pensandole come sistematiche e
originali, il Progetto del 1945 e la Metapsicologia del 1915 rimaste entrambe incompiute.
Importanti riflessioni teoriche sono presenti anche nel capitolo settimo dell' Interpretazione dei
sogni del 1900, Introduzione al narcisismo 1914, Al di l del principio di piacere del 1920 in
Psicologia delle masse e analisi dell'io del 1921 e L'io e l'es del 1923.
Conflitto psichico
Nella psicoanalisi il conflitto costitutivo dellessere umano sotto vari aspetti. Tra desiderio e
difesa, tra inconscio e conscio, tra principio di piacere e principio di realt ecc.
Il conflitto psichico caratterizzato da esigenze interne contrastanti e pu manifestarsi nel sintomo.
I due poli del conflitto sono lio e la pulsione. Il secondo rinvia perlopi alla sessualit, il primo
unistanza rimovente
Questultima riconosciuta come la causa principale della nevrosi.
a. La pulsione
Il funzionamento psichico ricostruito riconducendo tutti i processi ad un gioco di forze tra forza
rimuovente e forza pulsionale. La pulsione la spinta che proviene dall'interno e che nella vita
psichica presente attraverso pensieri o desideri inconsci. Essa si sottrae a una definizione
esaustiva, tanto che sar definita da Freud la mitologia della psicanalisi. E' importante non
confonderla con l'istinto, con una condotta determinata biologicamente uguale per tutti. Gli oggetti
della possibile soddisfazione della pulsione a differenza dei comportamenti istintuali dipendono
dalla storia individuale.
b. La rimozione
La pietra angolare dell'edificio psicanalitico rappresentata dalla rimozione, l'operazione con cui
il soggetto respinge dalla coscienza pensieri o desideri inconsci per lo pi di natura sessuale che
risultino allio inaccettabili. Da essa ha origine la costituzione dellinconscio come luogo
separato dello psichico. La rimozione unoperazione difensiva dellio per lo pi inconscia. Ad
esempio, per illustrare l'attivit della rimozione nel sogno Freud ricorre alla metafora della censura.
La censura solita effettuare cancellazioni tali sul testo delle lettere in transito che sovente il
contenuto risulta incomprensibile. Analogamente la censura che separa il conscio dall'inconscio
opera cancellazioni e deformazioni cos estese che solo un paziente lavoro di analisi pu giungere a
ristabilire un senso laddove apparentemente regnano frammentariet e contraddizione.Com
possibile che una pulsione il cui soddisfacimento per definizione produce piacere possa produrre
dolore tale da provocare loperazione della rimozione? La vita psichica deve contemperare
differenti esigenze, armonizzandole. Quando questo equilibrio sembra essere messo in pericolo
( lio che riconosce o prevede una situazione come pericolosa e la segnala attraverso langoscia)
allora scatta la rimozione. L'istanza che sovrintende l'attivit censoria l'io, l'agente delegato a
conservare e ristabilire l'equilibrio perturbato. Quali che siano le modalit del processo difensivo i
poli del conflitto sono sempre lio e la pulsione. Il meccanismo di difesa la risposta alla
percezione da parte dellio di una determinata pulsione come pericolosa per lequilibrio interno.
Infatti il desiderio inconscio preme per affiorare alla coscienza a costo di riapparire sulla scena della
coscienza completamente deformato. Noi conosciamo solo gli scacchi della rimozione, la rimozione
perfettamente riuscita infatti non lascia traccia. Il sintomo cun compromesso doloroso che
funziona da spia e rivela uno scacco della rimozione.
I protagonisti del conflitto: le due topologie
Possiamo farci unidea del primo modello analizzando i nostri vissuti da un punto di vista empirico:
possiamo constatare allora che una parte di questi vissuti presente alla coscienza, unaltra
raggiungibile dalla coscienza con uno sforzo della memoria, unaltra ancora ed per Freud la pi
vasta non penetrabile dalla coscienza, sono le esperienze inconscie. Il punto debole di questo
modello consiste nel fatto che non sarebbe possibile assegnare allattivit della censura (dal punto di
vista dellio nel conflitto intrapsichico la difesa e dal punto di vista del rapporto del paziente con la
terapia la resistenza) il luogo adeguato in quanto lesperienza terapeutica dimostra il carattere
inconscio della rimozione. Nella seconda topica linconscio da sostantivo diventa aggettivo e non
c luogo in cui non agisca.
Seconda topica
Questa topica presenta dei tratti spiccatamente metafisici e i diversi luoghi mentali sono
antropomorfizzati come se avessero una vita propria e fossero titolari di una capacit di scelta.
Io
L'io appare come unistanza eminentemente difensiva incaricata di vagliare i pensieri o i desideri
provenienti dallinconscio ed eventualmente rimuoverli se incompatibili con le inconsce richieste
del super-io o esterne alla vita psichica. (L'ideale freudiano sembra l'armonia interiore).
Ladattamento alle condizioni esterne non per puramente passivo, anzi la modificazione del
mondo esterno in vista dell'appagamento delle richieste pulsionali la pi alta prestazione dell'io,
anche se di fronte alle esigenze pulsionali l'io mantiene sempre un atteggiamento critico
chiedendosi quali debbano essere realizzate subito, quali rinviate oppure rimosse perch pericolose.
Lio funziona da mediatore tra elementi conflittuali come le pulsioni delles e le richieste del super-
io, tra mondo interno e mondo esterno. Linsuccesso della mediazione e la produzione del sintomo
pu essere una spiegazione della nevrosi.
Super-io
Il termine viene introdotto nel 1923 in L'io e l'es. Istanza prevalentemente censoria, comprende la
coscienza morale, la formazione di ideali, ecc. E' l'erede del conflitto edipico. Quando il bambino
rimuove o abbandona i suoi desideri sessuali e aggressivi e, per timore delle eventuali punizioni, si
identifica con i suoi genitori, ne assimila i sistemi di valori, norme e divieti. L'identificazione pi
duratura avviene con quel genitore che era stato considerato fonte delle disillusioni edipiche e di cui
introietta il super-io (per il figlio il padre).
Es
LEs il polo pulsionale del soggetto. Il suo carattere essenziale lalterit (noi siamo
sostanzialmente vissuti). Il decentramento dellio la conseguenza di questa alterit. LEs
presenta i tratti gi tratteggiati da Freud nel saggio Linconscio del 15. La terapia psicoanalitica ha
dimostrato come lattivit psichica non in buona parte riconducibile alla vita cosciente. Vi sono
contenuti psichici che sono accessibili alla coscienza solo dopo aver superato le resistenze del
paziente attraverso le specifiche tecniche psicoanalitiche. I contenuti psichici inconsci sono pensieri
o desideri a cui stato rifiutato laccesso alla coscienza mediante la rimozione. in particolare i
conflittuali desideri sessuali infantili. Freud in pi di un testo sostiene lesistenza di contenuti
inconsci non acquisiti dallindividuo (strutture preindividuali che strutturano le esperienze sessuali
del soggetto) ma linconscio comunque per Freud si costituisce in gran parte a partire dalla
rimozione delle esperienze appunto sessuali infantili individuali. Linconscio non dunque un
vissuto indifferenziato ma sempre individuale e particolare (linconscio non un serbatoio di
istinti e impulsi indeterminati). Linconscio dunque coincide in gran parte col rimosso individuale e
i meccanismi pi importanti del suo rivelarsi sono la condensazione (il desiderio inconscio reso
irriconoscibile attraverso la concentrazione di pi significati in uno solo) e lo spostamento (il
desiderio inconscio reso irriconoscibile a causa della sua dislocazione in un elemento non
semanticamente pertinente). Questi meccanismi stanno alla base della formazione dei sintomi in
quanto struttura di compromesso tra lio e les nella loro funzione di appagamento di un desiderio
inconscio. Questo significa che il rimosso pu tornare solo in forma di compromesso dopo la
deformazione della censura. In generale il funzionamento dellinconscio retto dal principio di
piacere che vuole tutto e subito e si contrappone al principio di realt proprio dellio che pu
rimuovere parzialmente o completamente listanza pulsionale o differire lappagamento del
desiderio o infine differire e spostare la scarica pulsionale su unaltra forma di appagamento e
ci in vista di una meta possibile per evitare spiacevoli conseguenze della gratificazione
immediata e diretta o anche per aumentare il piacere della gratificazione stessa. La vita psichica
infatti opera in generale per realizzare il piacere ed eliminare il dispiacere.
L'interpretazione dei sogni (1900)
Per Freud nulla specifico delle patologie. Le stesse modalit di funzionamento, ferme restando
differenze quantitative, gli sembrano valere tanto per il nevrotico quanto per il sano. Negare alla
normalit uno statuto diverso da quello della malattia, rintracciare nei comportamenti pi quotidiani
come sogni, dimenticanze, lapsus, motti di spirito, le stesse strategie della nevrosi e per certi aspetti
della psicosi significa denunciare la mitologia della salute. Il sogno non qualcosa di casuale e
insignificante, il suo significato sta nel desiderio che esso realizza. Esso non l'inconscio ma la
via regia per accedervi. Gli accessi allinconscio sono sempre indiretto, ossia possiamo conoscere
linconscio solo attraverso le sue produzioni. Il desiderio inconscio, emergendo verso la coscienza,
determina l'azione della censura che da una parte cerca di soddisfare i desideri inconsci almeno
nella forma allucinatoria della realt onirica, dall'altro li mantiene mascherati in modo che risultino
accettabili alla parte di coscienza che durante il sonno resta vigile, dando vita a una formazione di
compromesso analoga a quello del sintomo. I pensieri inconsci che risultano intollerabili alla
coscienza sono per lo pi da Freud ricondotti a desideri sessuali connessi con le precoci vicende
della sessualit infantile inaccettabili dalle norme sociali e dall'io ideale. I desideri infantili si
ripresentano insistentemente alle soglie della coscienza, nel momento in cui nel sonno essa allenta
le sue difese. La censura deforma il contenuto latente, il desiderio inconscio fino a renderlo
irriconoscibile nel contenuto manifesto. L'interpretazione deve andare a ritroso seguendo il "lavoro
onirico", disfando i suoi nessi, colmando le sue cancellazioni fino alla ricostruzione del
contenuto latente. L'interpretazione dovr rendere conscio ci che inconscio, infatti i pensieri
latenti non sono di natura diversa dai pensieri inconsapevoli, ma Freud scriver che in ogni sogno
"c' almeno un punto in cui esso insondabile, quasi un ombelico attraverso cui esso congiunto
con l'ignoto". Al termine di questo viaggio a ritroso troviamo l'infanzia con le sue esperienze
costitutive, non solo l'infanzia del soggetto ma anche quella dell'umanit. Il sogno infatti conduce
anche a una dimensione culturale transindividuale che trascende la storia psichica soggettiva. Per
questa dimensione extrasoggettiva del sogno e dell'inconscio il lavoro analitico si giova
dell'interpretazione dei simboli, del materiale onirico sedimentato nella cultura. La traduzione dei
simboli onirici attraverso un codice universale che trover in Jung il suo massimo assertore in Freud
avr una funzione marginale. Solo le libere associazioni possono condurre all'analisi di quel luogo
dove le dimensioni della cultura e della storia si incarnano nella irripetibile vicenda del soggetto.
Il complesso di Edipo
L'Edipo prima di tutto una esperienza della pratica analitica, la struttura che organizza le
relazioni del triangolo padre-madre-figlio, struttura che trascende la contingenza dei vissuti
individuali per assumere la necessit e l'immutabilit delle forme categoriali. Come rivela il
transfert (il transfert la riedizione dei primi rapporti affettivi), lanalisi deve indagare la struttura
degli scambi elementari nella loro specificit individuale perch l che ha origine il disturbo
psichico. Il complesso edipico ad un tempo la struttura universale e la vicenda personale
irripetibile di ognuno di noi. Freud non ha mai dato unesposizione sistematica del complesso
edipico, quest'ultimo una costellazione di elementi cognitivi e affettivi che si strutturano secondo
lo schema drammatizzato dell'Edipo di Sofocle. L'amore per il genitore del sesso opposto e la
rivalit nei confronti di quello del proprio sesso cade sotto la proibizione dell'incesto. Il padre viene
vissuto come ostacolo alla scarica pulsionale ed oggetto di ostilit da parte del bambino. Il padre
interviene come rappresentante di una legge alla quale il bambino si sottomette. Il bambino che vive
le sue fantasie erotiche con gravi sensi di colpa teme che il padre lo punisca e ci provoca nel
bambino una tale angoscia da spingerlo ad abbandonare l'impari contesa con il padre. La meta
pulsionale viene abbandonata e rimossa e sostituita dal bambino con lidentificazione con il suo
aggressore. Il bambino introietta e assimila l'autorit paterna (il nucleo del super-io, il sistema di
valori e divieti). Ci che caratterizzer le esperienze future sar la capacit o meno di stabilire una
relazione sessuale e affettiva con un oggetto diverso dal genitore amato nei primi mesi di vita e
questo dipender dalla risoluzione, normale o meno, del complesso edipico. Infatti ci che sar
interiorizzato e sopravviver nella strutturazione della personalit costituito dai diversi tipi di
relazione esistenti nel triangolo edipico. L'Edipo pertanto bench sembri dissolversi sotto
l'imposizione della sua rimozione permane come struttura che organizza ad un tempo le relazioni tra
le diverse istanze psichiche e i rapporti affettivi e sociali, cos che il complesso edipico il centro
nucleare della nevrosi.

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