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Mammiferi

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Nome scientifico Lepus timidus Linnaeus, 1758
(Lagomorpha Leporidae)
Nome comune Lepre variabile
Livello di protezione
inserita nellallegato V
della Direttiva Habitat
(92/43/CEE) come specie
suscettibile di prelievo,
per la quale sono auspica-
bili misure gestionali.
considerata dallIUCN
(1996) di scarso interesse
(LR/LC o LC).
Identificazione
Simile alla lepre comune,
ma di dimensioni inferiori
(lunghezza di testa e cor-
po 45-60 cm), se ne di-
stingue per le orecchie
nettamente pi corte (6-8 cm) e la coda completamente bianca. La pelliccia appare
marrone-grigiastra in estate, mentre in inverno diventa pi o meno completamente
bianca ad eccezione della punta delle orecchie che resta nera.
Distribuzione
distribuita attraverso la fascia settentrionale della regione Paleartica dallIrlanda fi-
no ad Hokkaido (Giappone). Secondo molti autori la lepre bianca nord-americana ap-
parterrebbe alla stessa specie.
In Italia presente su tutto larco alpino (relitto boreo-alpino). In Liguria la lepre va-
riabile (o lepre bianca) diffusa limitatamente alle Alpi Liguri ad altitudini superiori
a 1.500 m, in ambienti aperti ai limiti della vegetazione arborea. Nella nostra regione
si trova al limite sud-occidentale del proprio areale, per cui la sua presenza riveste un
notevole interesse biogeografico.
Notizie utili per la conservazione della specie
Vive in praterie montane con sfasciumi e rocce affioranti, brughiere, cespuglieti e zo-
ne marginali dei boschi aperti tra i 1.500 ed i 3.000 m. In inverno si spinge ad alti-
tudini inferiori.
Si ciba sia delle gemme apicali e della corteccia degli arbusti (come erica o salici), sia
di piante erbacee (graminacee, leguminose, composite, giuncacee e piperacee).
Pi sociale della lepre, occasionalmente la si pu osservare in gruppetti di in-
dividui.
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Possibili minacce e
fattori di rischio
Per lo pi di origine
antropica, vanno indi-
viduati nel bracconag-
gio, nelleccesso di
pressione venatoria,
nelle attivit turistico-
ricreative di montagna
(con relative infrastrut-
ture ed impianti). La le-
pre variabile poi pre-
da di molti uccelli e
mammiferi carnivori alcuni dei quali attualmente in espansione (aquila reale, poiana,
faina, volpe). Detti fattori sono ancor pi rilevanti se si tiene conto della notevole se-
lettivit ambientale e del tasso di natalit relativamente basso di questa specie.
Interventi gestionali utili per conservare o migliorare lo status delle popolazioni locali
Divieto di caccia ove le popolazioni sono ridotte o in declino e pianificazione di pre-
lievi conservativi (commisurati alla produttivit naturale), laddove le popolazioni risul-
tino stabili (o in incremento) in base allanalisi pluriennale del trend dei carnieri e de-
gli indici dabbondanza.
Prevenzione e controllo delleventuale bracconaggio.
La caccia ed il controllo (nelle aree interdette allattivit venatoria) del cinghiale e
se il caso di altri predatori opportunisti (es. volpe) - costituiscono un utile strumen-
to gestionale in relazione allimpatto che dette specie possono avere sulle cucciolate
della lepre variabile.
Metodi di monitoraggio
Difficilmente suscettibile di censimenti diretti di tipo quantitativo (es. battute come
quelle effettuate per la lepre comune), sono ipotizzabili indici coprologici dabbon-
danza o comunque basati sullindividuazione di tracce e segni di presenza lungo per-
corsi campione standardizzati.
Indicatori di presenza
Nella neve profonda, la lepre variabile si crea un covo costituito da una depressione
ed a fianco ad esso, frequentemente, scava una breve galleria da utilizzare come ripa-
ro temporaneo in caso di pericolo.
Le impronte e le piste (sulla neve o sul terreno morbido) appaiono simili a quelle
della lepre comune: se ne distinguono in quanto, soprattutto sulla neve, le impronte
delle zampe appaiono pi larghe in relazione ad una maggiore divaricazione delle di-
ta. Limpronta del piede anteriore ovale, lunga circa 5 cm e larga 3, quella del pie-
de posteriore lunga oltre 6 cm e larga 3,5-4 cm. Le piste sono regolari, con grup-
pi di quattro orme ben distinte in cui davanti ed esternamente figurano quelle delle
zampe posteriori e dietro, quasi allineate, luna leggermente avanti allaltra le impron-
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te di quelle anteriori. La distanza tra i singoli gruppi di orme varia in funzione del-
landatura dellanimale.
Gli escrementi, indistinguibili da quelli della lepre comune, appaiono come sferette
compatte e leggere, appiattite, con diametro di 15-20 mm. Si rinvengono in mucchiet-
ti nei pressi delle zone di alimentazione.
Bibliografia
ARTUSO I., 1994 Progetto alpe. Distribuzione sulle Alpi italiane dei Tetraonidi, del-
la Coturnice e della Lepre bianca. F.i.d.c. UNCZA.
TOSCHI A. (Ed.), 1965 - Fauna dItalia. Vol. VII. Mammalia: Lagomorpha, Rodentia, Car-
nivora, Ungulata, Cetacea. Calderini, Bologna.
SPEGNESI M., 2002 Lepre bianca Lepus timidus Linnaeus, 1758. In Spagnesi M. & De
Martis A.M. (cur.). Mammiferi dItalia. Quad. Cons. Natura, Min. Ambiente INFS, 14:
154-155.
SPAN S., 1989 Lesame di caccia. I.E.E. Ed. Europea, Cengio (SV).
SULKAVA S., 1999 - Lepus timidus Linnaeus, 1758. In Reijnders P.J.H., Spitzenberger F.,
Stubbe M., Thissen J.B.M., Vohralik V. & Zima J. The Atlas of European Mammals -
T & AD Poyser, London: 170-171.
Autore Loris Galli, Silvio Span
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Nome scientifico Muscardinus avellanarius (Linnaeus, 1758)
(Rodentia Myoxidae)
Nome comune Moscardino
Livello di protezione
inserito nellallegato IV
della Direttiva Habitat
(92/43/CEE) come specie
di interesse comunitario
che richiede una protezio-
ne rigorosa ed conside-
rata dallIUCN (1996) a
pi basso rischio, ma
prossima alla minaccia
(LR/NT o NT).
Identificazione
un piccolo roditore (te-
sta e corpo 60-90 mm,
coda 55-75 mm) di colore
bruno-arancio brillante sul dorso, pi chiaro ventralmente, i giovani hanno tinte pi
smorte con sfumature di grigio. Le orecchie sono corte e la coda lunga e pelosa.
Distribuzione
Paleartica occidentale. diffuso principalmente in Europa, ma anche nellAnatolia set-
tentrionale, dal Mediterraneo fino ai 50 di latitudine nord della Svezia meridionale,
e ad est fino alla Russia, esclusa la Penisola Iberica. Manca in molte isole salvo Gran
Bretagna, Corf e Sicilia.
Notizie utili per la conservazione della specie
Popola i boschi decidui misti con denso sottobosco arbustivo. Anche negli habitat
favorevoli la densit di popolazione solitamente non eccede i 10 adulti per ettaro,
mentre in ambienti sub-ottimali si possono registrare valori dimezzati. Pertanto pic-
coli appezzamenti isolati di habitat idoneo possono supportare soltanto popolazioni
minimali stocasticamente suscettibili destinzione.
Si tratta di un animale notturno, elusivo, arboricolo. Si ciba di gemme, germogli, no-
ci, nocciole ed altri frutti. Durante linverno (da ottobre/novembre a marzo/aprile)
cade in letargo.
Possibili minacce e fattori di rischio
Il moscardino comunemente preda soprattutto di mustelidi (donnola, faina, martora) e
rapaci notturni (allocco e gufo reale). Inoltre estremamente sensibile al clima sia diretta-
mente (le avversit climatiche riducono lattivit trofica e portano ad una forma di torpo-
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re facoltativo, con con-
seguente compromissio-
ne del potenziale ripro-
duttivo), sia indiretta-
mente (in relazione al-
leffetto della radiazione
solare sulla disponibilit
delle risorse alimentari).
Interventi gestionali
utili per conservare o
migliorare lo status del-
le popolazioni locali
Gestione forestale con mantenimento di unelevata diversit di essenze arboree ed ar-
bustive utili come risorse trofiche per la specie. In annate sfavorevoli si potrebbe pen-
sare allallestimento di mangiatoie al fine di integrare la naturale disponibilit di cibo.
Va per altro ricordato come il moscardino sia solito utilizzare le cassette nido per gli
uccelli quale riparo per la costruzione del nido.
Metodi di monitoraggio
Raccolta ed analisi dei pezzi scheletrici reperibili nelle borre dei rapaci notturni di di-
mensioni medio-grandi (allocco e gufo reale). Per un monitoraggio ad hoc sono ne-
cessari trappolaggi mirati.
Indicatori di presenza
Il nido del moscardino, di forma sferica o ovoidale di 10-15 cm di diametro con un
foro dentrata su un lato posto nel folto di alberelli ed arbusti a 1-4 m dal suolo
ed costituito da un intreccio di strisce di corteccia, fili derba, foglie e muschi, con
unimbottitura interna di fibre vegetali morbide ed altro materiale soffice.
Noci e nocciole aperte dal moscardino hanno un foro molto netto con margine in-
terno liscio senza segni dei denti.
Bibliografia
TOSCHI A. (Ed.), 1965 - Fauna dItalia. Vol. VII. Mammalia: Lagomorpha, Rodentia, Car-
nivora, Ungulata, Cetacea. Calderini, Bologna.
MORRIS P.A., 1999 - Muscardinus avellanarius (Linnaeus, 1758). In Reijnders P.J.H., Spit-
zenberger F., Stubbe M., Thissen J.B.M., Vohralik V. & Zima J. The Atlas of European
Mammals - T & AD Poyser, London: 296-297.
Autore Loris Galli, Silvio Span
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Nome scientifico Canis lupus Linnaeus, 1758
(Carnivora Canidae)
Nome comune Lupo
Livello di protezione
inserito nellallegato II
della Direttiva Habitat
(92/43/CEE) come specie
di importanza prioritaria
ed considerata dal-
lIUCN (1996) vulnerabile
(relativamente alla popola-
zione italiana).
Identificazione
un canide di grandi di-
mensioni (dai 25-35 fino
ai 40-45 Kg) con unaltez-
za al garrese di 60-70 cm;
il maschio un po pi
grande della femmina.
Le orecchie sono triangolari, a base larga ed erette, la coda folta ma non molto lun-
ga (circa un quarto della lunghezza del corpo). Corpo e avantreno sono particolar-
mente robusti.
Il colore e la lunghezza del mantello variano con le stagioni e con let: folto e ful-
vo-brizzolato in inverno, pi corto e rossiccio in estate con tonalit simili al sotto-
bosco del faggio e bande scure tendenti al nero sul dorso e lungo gli arti anteriori;
le parti inferiori sono pi chiare color crema cos come quelle laterali ed inferiori del
muso che formano una tipica mascherina.
I rarissimi soggetti melanici rilevati recentemente in Italia fanno pensare a casi di ibri-
dazione con cani domestici.
I lupi appenninici posseggono un gene nel DNA mitocondriale (w14) che costrui-
sce un buon marcatore genetico ed una bassa eterozigosit legata al lungo isola-
mento.
Distribuzione
Specie oloartica, presente in Eurasia con popolazioni isolate in Penisola Iberica, Al-
pi Marittime francesi, Italia (dallAppennino meridionale alle Alpi occidentali), Fenno-
scandia, Repubbliche Baltiche, Polonia, Slovacchia, Romania, regioni montuose della
Penisola Balcanica, Bielorussia, Ucraina settentrionale, Russia ed Asia centrale (a sud
in Arabia settentrionale ed India) fino alle coste dellOceano Pacifico. In Nord Ame-
rica diffuso dagli Stati Uniti settentrionali al Canada, con una popolazione isolata
in Messico.
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Notizie utili per la
conservazione della
specie
Lhabitat del lupo co-
stituito principalmente
da zone forestali estese
in ambienti collinari e
montani ove vi sia una
buona disponibilit di
prede ( un predatore
che si pu adattare an-
che ad una dieta a ba-
se di frutti, rifiuti uma-
ni e roditori, ma ovviamente predilige prede di medio-grandi dimensioni, ungulati sel-
vatici e domestici in particolare) ed una non capillare presenza umana in modo da li-
mitare il disturbo antropico e lasciare al lupo rifugi relativamente indisturbati ove ri-
posare ed eventualmente riprodursi.
Specie territoriale (con territori di svariate centinaia di kmq destensione), vive in ge-
nere in branchi gerarchizzati e cooperativi sia nella caccia che nellallevamento della
prole (generata solo dalla coppia dominante): questi (in Europa) sono normalmente
costituiti da meno di 15 individui (in media sette), anche se in condizioni sub-ottima-
li si possono osservare singoli soggetti o coppie isolate. Le diverse parti del territo-
rio difeso dal branco vengono utilizzate differenzialmente in funzione della relativa di-
sponibilit stagionale di risorse trofiche e delle condizioni climatiche.
La maturit sessuale viene raggiunta non prima del secondo anno di vita. Lestro (che
durata media 5-7 giorni) ed il corteggiamento si verificano in gennaio-febbraio e, do-
po una gestazione di 63 giorni, vengono partoriti in media sei cuccioli (da 1 ad 11).
Questi rimangono allinterno del branco natale fino al secondo anno di vita, dopo di
che si disperdono, spostandosi ai margini di territori gi occupati, percorrendo an-
che alcune centinaia di chilometri in poche settimane alla ricerca di partner con cui
accoppiarsi ed insediarsi stabilmente in nuove aree.
La popolazione italiana stimabile nellordine delle centinaia di individui (intorno ai 500).
Possibili minacce e fattori di rischio
La principale causa di mortalit accertata in Italia il bracconaggio sia con mezzi di
tipo illegale (veleno, lacci) che di uso legale (armi da fuoco, soprattutto durante le
battute di caccia al cinghiale).
Da non sottovalutare le potenziali patologie (rogna, rabbia silvestre) ed il rischio co-
stituito dal randagismo canino, sia per la competizione che per un eventuale inqui-
namento genetico.
Interventi gestionali utili per conservare o migliorare lo status delle popolazioni locali
importante mantenere lidoneit degli habitat: copertura vegetale sufficiente come
riparo, elevata disponibilit alimentare (con reintroduzione e/o incremento della po-
polazione degli ungulati selvatici ove necessario in Liguria normalmente il fattore
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trofico in tal senso non appare limitante e limitazione del prelievo venatorio degli
stessi) in zone con densit antropica inferiore a 30-40 abitanti/kmq. Va ovviamente
evitata la frammentazione dellareale (con mantenimento di corridoi ecologici), causa
di perdita della variabilit genetica in piccole popolazioni isolate.
Promozione culturale, sia al fine di una pi diffusa conoscenza della biologia ed eco-eto-
logia della specie (e dei suoi rapporti con le prede) che delle problematiche legate alla
prevenzione dei danni al patrimonio zootecnico (con una idonea gestione dello stesso).
Metodi di monitoraggio
Censimento diretto mediante la tecnica del wolf howling o indiretto mediante stu-
dio di tracce ed orme sulla neve, ricerca ed analisi delle feci.
Indicatori di presenza
Reperimento di impronte (mediamente 8 x 6,5 cm lorma del piede anteriore e 7,5 x
5,5-6 quella posteriore), feci, resti di predazione (soprattutto carcasse): segni di pre-
senza che, per, vanno considerati con prudenza perch confondibili con quelli di ca-
ni domestici di grossa taglia.
Bibliografia
BOITANI L., LOVARI S. & VIGNA TAGLIANTI A. (Ed.), 2003 - Fauna dItalia.Vol. XXXVIII.
Mammalia III: Carnivora, Artiodactyla. Calderini, Bologna.
CIUCCI P. & BOITANI L., 1998 Il Lupo. Elementi di biologia, gestione, ricerca. Istitu-
to Nazionale per la Fauna Selvatica Alessandro Ghigi, Documenti Tecnici, 23.
MECH L.D. & BOITANI L. (Eds.), 2003 Wolves. Behaviour, Ecology and Conserva-
tion. Chicago Univ. Press, Chicago & London.
MERIGGI A. (Ed.)., 1995 Aspetti dellecologia del Lupo in provincia di Genova e ter-
ritori limitrofi. Prov. Genova & Dip. Biol. Animale Univ. Pavia.
MERIGGI A. & SCHENONE L., 2000 Aggiornamento delle conoscenze sulla distribu-
zione e consistenza numerica del Lupo (Canis lupus) in provincia di Genova. Provin-
cia di Genova, Genova.
MERIGGI A. & SCHENONE L., 2001 Distribuzione, consistenza della popolazione e ali-
mentazione del Lupo (Canis lupus) nel levante della provincia di Genova. Provincia di
Genova, Genova.
SULKAVA S. & PULLIAINEN E., 1999 - Canis lupus Linnaeus, 1758. In Reijnders P.J.H., Spit-
zenberger F., Stubbe M., Thissen J.B.M., Vohralik V. & Zima J. The Atlas of Europe-
an Mammals - T & AD Poyser, London: 314-315.
Autore Irene Cuomo, Loris Galli, Laura Schenone e Silvio Span
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Nome scientifico Mustela putorius Linnaeus, 1758
(Carnivora Mustelidae)
Nome comune Puzzola
Livello di protezione
inserita nellallegato V
della Direttiva Habitat
(92/43/CEE) come specie
suscettibile di prelievo,
per il quale sono auspica-
bili misure gestionali.
Identificazione
La puzzola (testa e corpo
32-44 cm, coda 13-18 cm)
marrone scuro unifor-
me, con del bianco solo a
livello della mascherina
(muso tra occhi, orecchie
e punta del naso) e talvol-
ta sulla gola.
Distribuzione
Endemita europeo, la puzzola diffusa con continuit in tutta Europa fino agli Ura-
li, fatta eccezione per Islanda ed Irlanda, buona parte delle Penisole Scandinava e Bal-
canica e isole del Mediterraneo.
Notizie utili per la conservazione della specie
Vive in tutti gli ambienti pianeggianti e collinari, soprattutto in foreste e loro margi-
ni, aree dunali, zone umide e vallate fluviali. Spesso associata ad insediamenti umani
quali fattorie e margini dei villaggi (soprattutto nel corso dellinverno). Le densit di
popolazione sono normalmente basse (1/1.000 ha) e raramente, negli habitat miglio-
ri, eccedono i 5-10 individui/1.000 ha.
La puzzola un animale solitario, notturno, con ghiandole odorifere perianali la cui
secrezione particolarmente acre emessa in situazioni di allarme o per la marcatura
del territorio. Preda soprattutto roditori, conigli, uccelli, rane, lombrichi ed insetti.
Per la biologia riproduttiva v. martora.
Possibili minacce e fattori di rischio
Attualmente suscettibile di atti di bracconaggio (ad esempio mediante trappole), di
mortalit incidentale nel corso di interventi di controllo su altri carnivori pi comu-
ni (volpe e faina) e di eventi occasionali di avvelenamento (es. intossicazione secon-
daria da rodenticidi), in passato era oggetto di persecuzione diretta in quanto anima-
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le nocivo (per il pol-
lame e la piccola sel-
vaggina) e da pelliccia.
Il traffico veicolare co-
stituisce un fattore di
mortalit spesso rile-
vante.
Lattuale moda dellal-
levamento di furetti
(Mustela furo) quale
pet species costituisce
un futuribile fattore di
rischio da non sotto-
valutare in relazione alleventualit di immissione accidentale o volontaria di individui
in natura. In zone europee dove si sono stabilite popolazioni naturalizzate di furetto
si stanno registrando sempre pi frequenti incroci con conseguente inquinamento
genetico delle popolazioni di puzzola. Non meno importante risulta poi il rischio le-
gato allintroduzione di nuovi patogeni da parte della specie alloctona e la competi-
zione che questa instaura con la congenere indigena.
Interventi gestionali utili per conservare o migliorare lo status delle popolazioni locali
Un accurato controllo delle forme illecite o accidentali di mortalit (v. sopra) costi-
tuisce la misura di gestione auspicabile per la conservazione e, ove possibile e neces-
sario, lincremento delle popolazioni.
Non meno importante pu essere la sensibilizzazione degli agricoltori sullimportan-
za che questa specie riveste quale utile predatore di roditori impattanti sulle colture.
Metodi di monitoraggio & indicatori di presenza
V. martora. Le feci (lunghe normalmente 6-8 cm e spesse 9 mm) hanno un odore
molto acre e spiacevole.
Bibliografia
BOITANI L., LOVARI S. & VIGNA TAGLIANTI A. (Ed.), 2003 - Fauna dItalia.Vol. XXXVIII.
Mammalia III: Carnivora, Artiodactyla. Calderini, Bologna.
BIRKS J., 1999 - Mustela putorius Linnaeus, 1758. In Reijnders P.J.H., Spitzenberger F.,
Stubbe M., Thissen J.B.M., Vohralik V. & Zima J. The Atlas of European Mammals -
T & AD Poyser, London: 336-337.
Autore Loris Galli, Andrea Marsan, Silvio Span
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Nome scientifico Martes martes (Linnaeus, 1758)
(Carnivora Mustelidae)
Nome comune Martora
Livello di protezione
inserita nellallegato V
della Direttiva Habitat
(92/43/CEE) come specie
suscettibile di prelievo,
per la quale sono auspica-
bili misure gestionali.
Identificazione
un mustelide di medie
dimensioni (testa e corpo
40-55 cm, coda 22-27
cm) di colore bruno, con
unestesa macchia normal-
mente giallastra su gola e
petto. Martora e faina so-
no estremamente simili
per cui in un recente passato, cos come comunemente riportato sulle guide, la loro
distinzione si basava sulle maggiori dimensioni delle orecchie della martora e sulla co-
lorazione della macchia della gola: dal giallo allarancio pallido nella prima, bianca di
forma e dimensioni variabili nella seconda. In realt, data la notevole variabilit feno-
tipica, pare che detti caratteri siano da considerarsi non univoci (ad es. ci sono faine
con la macchia della gola giallastra) per cui gli esperti tenderebbero a basarsi pi che
altro su caratteri distinguibili solo con lanimale in mano, come la pelosit della pian-
ta del piede. Per altro, la manualistica riporta spesso lutilit di una valutazione del-
lodore emesso degli escrementi delle due specie (praticamente indistinguibili alla vi-
sta, ma con un gradevole odore muschiato quelli della martora, maleodoranti quelli
della faina), criterio oggi ritenuto scarsamente affidabile da molti autori.
Distribuzione
Specie paleartica distribuita con una buona continuit dareale in Europa (dove
manca in buona parte delle Penisole Iberica e Balcanica), Siberia occidentale, Cau-
caso, Asia Minore, Iraq settentrionale ed Iran. In Liguria potenzialmente presen-
te (seppure manchino records recenti) in aree boscate del versante padano e del-
le Alpi Liguri.
Notizie utili per la conservazione della specie
La martora legata alle foreste di conifere o miste ed ai boschi decidui, ma talvolta
la si trova in terreni rocciosi aperti ed in zone dirupate fino a circa 2.000 m di alti-
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tudine. Predilige i bo-
schi aperti con radure
ed abbondante sotto-
bosco.
un animale solitario
con abitudini spiccata-
mente crepuscolari-
notturne, predatore di
roditori ed uccelli, sia a
terra che sugli alberi.
La tana solitamente
in un albero cavo o in
una fenditura rocciosa.
Laccoppiamento avviene in tarda estate e le nascite (normalmente due-tre piccoli) si
verificano nella primavera successiva. I giovani restano legati alla madre fino allautun-
no. Gli accoppiamenti avvengono pertanto quando la femmina sta ancora allattando
i cuccioli. Gli ovuli fecondati non si impiantano immediatamente nella parete uteri-
na, ma ai primissimi stadi dello sviluppo entrano in dormienza (la cosiddetta sospen-
sione della gravidanza) e vi rimangono per alcuni mesi finch, a met inverno, ripren-
dono a svilupparsi ed inizia la gravidanza vera e propria. Ci fa s che le nascite av-
vengano nella primavera successiva in periodo di massima disponibilit trofica.
Possibili minacce e fattori di rischio
Il principale fattore limitante rappresentato dalla deforestazione, anche incidentale
come conseguenza di incendi boschivi, e dalla frammentazione degli habitat.
Attualmente suscettibile di atti di bracconaggio (ad esempio mediante trappole), di
mortalit incidentale nel corso di interventi di controllo su altri carnivori pi comu-
ni (volpe e faina) e di eventi occasionali di avvelenamento, in passato era oggetto di
persecuzione diretta in quanto animale nocivo e da pelliccia.
Interventi gestionali utili per conservare o migliorare lo status delle popolazioni locali
Una gestione forestale mirata al mantenimento e/o implementazione di habitat ido-
nei, la prevenzione degli incendi boschivi ed un accurato controllo delle forme illeci-
te o accidentali di mortalit (v. sopra) costituiscono le misure di gestione auspicabili
per la conservazione e, ove possibile e necessario, lincremento delle popolazioni.
Metodi di monitoraggio
Specie elusiva e tendenzialmente rara, non normalmente suscettibile di forme di
censimento quantitativo. Trappolaggi (incluse per estensione le trappole fotografi-
che), avvistamenti di individui, nonch di tracce e segni di presenza consentono
comunque un monitoraggio semiquantitativo delle popolazioni e della relativa di-
stribuzione.
Indicatori di presenza
Le fatte, di dimensioni variabili a seconda del regime alimentare (mediamente lunghe
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8-10 cm e spesse 1,2 cm), sono tipicamente cilindriche ed allungate, avvolte a spirale
e con unestremit appuntita. Il contenuto pu essere rappresentato da penne e pe-
li, resti ossei e frammenti di chitina di insetti o bucce e semi di bacche e di vari frut-
ti di stagione. Sulla neve e sul fango ne sono spesso visibili le orme con cinque dita
unghiute sia nelle zampe anteriori (tondeggianti) che in quelle posteriori (ellittiche)
disposte in tracce che tradiscono unandatura a balzi: le singole orme di un gruppo
sono molto ravvicinate ed uno o entrambe i piedi posteriori si sovrappongono alle
impronte di quelli anteriori dando gruppi di due tracce appaiate o tre. Senza conta-
re che lattivit predatoria nei confronti soprattutto di uccelli e mammiferi di picco-
le e medie dimensioni spesso testimoniata dai resti dei pasti: spiumano gli uccelli
staccandone le penne a morsi in modo che il calamo ne risulti tranciato e le prede
vengono uccise con un morso sul collo, dietro la nuca o, quelle pi piccole, diretta-
mente sul capo.
Bibliografia
BOITANI L., LOVARI S. & VIGNA TAGLIANTI A. (Ed.), 2003 - Fauna dItalia.Vol. XXXVIII.
Mammalia III: Carnivora, Artiodactyla. Calderini, Bologna.
BRIGHT P.W., 1999 - Martes martes (Linnaeus, 1758). In Reijnders P.J.H., Spitzenberger
F., Stubbe M., Thissen J.B.M., Vohralik V. & Zima J. The Atlas of European Mammals
- T & AD Poyser, London: 344-345.
Autore Loris Galli, Andrea Marsan, Silvio Span
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Nome scientifico Lutra lutra (Linnaeus, 1758)
(Carnivora Mustelidae)
Nome comune Lontra
Livello di protezione
La specie inserita negli
allegati II e IV della Diret-
tiva Habitat
(92/43/CEE).
Identificazione
La lontra un mustelide
di dimensioni medio-
grandi (testa e corpo 60-
80 cm, coda 35-45 cm)
con pelliccia dorsalmente
bruno-scuro uniforme,
bianca sulla superficie
ventrale e sulla gola, fino al mento. Ben riconoscibile per la lunga coda, landatura sal-
tellante sul terreno, nonch per lagilit nel nuoto, presenta i quattro piedi palmati.
Distribuzione
Paleartica, ma con estensione a parte della Regione Orientale, distribuita, spesso
con piccole popolazioni isolate, dal Portogallo allIndonesia (da ovest ad est) e dal-
la Scandinavia al Nord-Africa (da nord a sud). In Italia attualmente presente in
alcuni siti degli Appennini centrali e meridionali ed in misura minore settentrio-
nali. In particolare per la Liguria da ritenersi virtualmente estinta, anche se sono
note numerose segnalazioni relativamente recenti (seconda met del secolo scor-
so) per svariate aree dellentroterra savonese e genovese (Valli Bormida, Erro, Or-
ba e Stura in particolare).
Notizie utili per la conservazione della specie
Predilige fiumi e torrenti ad acque poco profonde, con alveo naturale, piuttosto me-
andrizzati e con alternanza di tratti lotici e lentici, acque relativamente pulite, ricchi
di pesci o gamberi di fiume e con abbondante vegetazione ripariale.
Le lontre sono animali elusivi, normalmente solitari e con abitudini prettamente not-
turne. Trascorrono il giorno in una tana spesso situata tra le radici di alberi o in ca-
vit della roccia sulle rive dei fiumi. Predano pesci di piccole e medie dimensioni (al-
borelle, cavedani, barbi, rovelle, lasche, anguille e trote) e stagionalmente, ad integra-
zione della dieta, decapodi (gamberi e granchi di fiume) nonch, pi occasionalmen-
te, rane. Esplorano ripetutamente le rive ed il fondo ove lacqua bassa alla ricerca
di possibili prede e sembra possano percorrere anche svariate decine di chilometri al-
la ricerca di nuovi habitat in cui insediarsi.
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Possono partorire in
qualunque periodo
dellanno (le femmine,
a partire dai due-tre
anni det, vanno in
estro ogni 40 giorni
circa e lo mantengono
per un paio di settima-
ne), ma le nascite av-
vengono soprattutto
in primavera con il
parto di due-tre picco-
li dopo una gestazione
di 61-74 giorni. I cuccioli rimangono nella tana per 2-3 mesi e restano con la madre
per un anno.
Possibili minacce e fattori di rischio
In passato oggetto di caccia in qualit di animale da pelliccia, attualmente i princi-
pali fattori di rischio per la lontra sono rappresentati dallinquinamento (in parti-
colare da metalli pesanti) dei corsi dacqua, dalla captazione di acqua per usi uma-
ni e dalla cementificazione/canalizzazione degli alvei e degli argini. A questi si ag-
giungono il disturbo antropico legato alle attivit di pesca sportiva, nonch il brac-
conaggio.
Interventi gestionali utili per conservare o migliorare lo status delle popolazioni locali
Interventi di reintroduzione in aree idonee e conservazione e/o miglioramento degli
habitat a maggior vocazionalit in esse presenti. Dette aree andrebbero opportuna-
mente sorvegliate onde limitare il disturbo antropico arrecato alla specie. Lo stesso
dicasi per aree ove si dovesse scoprire la presenza di piccoli nuclei residui o, con mag-
giore probabilit, di recente insediamento.
Metodi di monitoraggio
Leventuale segnalazione di avvistamenti o di tracce e segni di presenza della specie
in Liguria dovrebbe essere oggetto di particolare attenzione.
Indicatori di presenza
Le feci fresche risultano nere, di aspetto catramoso e ricoperte di muco. Hanno un
caratteristico odore dolio molto persistente. Col tempo ingrigiscono e diventano
friabili. Per lo pi vengono deposte in punti sopraelevati lungo le sponde dei fiumi
(su un monticello di sabbia, un masso o un ceppo vicino alla riva). Nei punti di ali-
mentazione quasi sempre si rinvengono resti di pesci (in generale la lontra consuma
per prima la parte anteriore del pesce, scartando quella caudale).
Le orme sono inconfondibili per la presenza delle impronte di un ampio cuscinetto
plantare e cinque dita unghiute, unite da unevidente membrana natatoria. Lorma del
piede anteriore quasi circolare, lunga 6,5-7 cm e larga 6 cm; quella del piede po-
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steriore varia in lunghezza dai 6 ai 9 cm. Spesso, nella neve o nel terreno morbido
visibile la scia centrale lasciata dalla coda.
Sovente la lontra utilizza le tane abbandonate di volpi e tassi e sul terriccio morbido
antistante ne sono rilevabili le impronte.
Bibliografia
BOITANI L., LOVARI S. & VIGNA TAGLIANTI A. (Ed.), 2003 - Fauna dItalia.Vol. XXXVIII.
Mammalia III: Carnivora, Artiodactyla. Calderini, Bologna.
PRIGIONI C., 1999 - Lutra lutra (Linnaeus, 1758). In Reijnders P.J.H., Spitzenberger F.,
Stubbe M., Thissen J.B.M., Vohralik V. & Zima J. The Atlas of European Mammals -
T & AD Poyser, London: 350-351.
PRIGIONI C., 1997 La Lontra. Una vita silenziosa negli ambienti acquatici. Edagrico-
le, Bologna.
Autore Loris Galli, Silvio Span
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Nome scientifico Felis silvestris Schreber, 1777
(Carnivora Felidae)
Nome comune Gatto selvatico
Livello di protezione
inserito nellallegato IV
della Direttiva Habitat
(92/43/CEE) come spe-
cie di interesse comunita-
rio che richiede una pro-
tezione vigorosa ed
considerata dallIUCN
(1996) di scarso interesse
(LR/LC o LC).
Identificazione
Delle dimensioni di un
grosso gatto domestico
(lunghezza di testa e cor-
po 50-65 cm), si ricono-
sce per la coda corta e
folta, con caratteristici anelli scuri, per il disegno della pelliccia bruno-fulva a strisce
scure senza macchie e per le zampe chiare.
Distribuzione
In Europa presente in modo discontinuo a sud del 52 parallelo ed in Scozia; dif-
fuso in Africa ed in Asia centrale e meridionale fino alla Mongolia ed alla Cina oc-
cidentale.
In Italia appare distribuito con una certa continuit nota lungo gli Appennini
centrali e meridionali, in Sicilia ed in Sardegna. Records isolati sullarco alpino,
in particolare sulle Alpi orientali in continuit con la porzione balcanica del-
lareale.
La presenza del Gatto selvatico in Liguria, in relazione alla sua notevole elusivit
ed alla sua propensione a frequentare le zone meno antropizzate, appare difficil-
mente individuabile e monitorabile sul territorio e non si possono considerare af-
fidabili le notizie non circostanziate di osservazioni recenti a causa della difficol-
t di distinguerlo da gatti inselvatichiti di origine domestica con manto spesso
simile. Non si pu, pertanto, escluderne a priori la presenza, seppur con ogni pro-
babilit rara e localizzata, in alcune aree particolarmente selvagge dellentroterra
ligure (savonese ed imperiese in particolare). Si cita, a titolo di documentazione
certa relativamente recente, lesposizione nella Sala ligure del Museo Civico di
Storia Naturale G. Doria di Genova di un esemplare catturato nel 1972 a Tavo-
le (IM).
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Notizie utili per la
conservazione della
specie
tipicamente legato a
zone boschive decidue
a dominanza di querce
o faggi, boschi misti
con radure ed abbon-
dante sottobosco ce-
spugliato e/o arbusti-
vo nonch anfratti
rocciosi ove rifugiarsi.
Il gatto selvatico un
animale prevalentemente solitario e notturno; si arrampica con facilit, ma caccia prin-
cipalmente al suolo predando roditori, lagomorfi, uccelli, rane e pi raramente pesci.
Si accoppia in primavera ed in maggio vengono partoriti tre-cinque piccoli in una so-
la cucciolata (una seconda pu essere indice dibridazione col gatto domestico). I gio-
vani si disperdono in autunno.
Possibili minacce e fattori di rischio
La diffusa presenza nelle aree rurali e nei boschi circostanti di gatti domestici vagan-
ti o inselvatichiti costituisce un triplice fattore di rischio per il gatto selvatico: in pri-
mo luogo per la possibilit di uccisione incidentale nel corso degli eventuali inter-
venti di controllo sui gatti domestici, in seconda istanza per lelevata probabilit
dibridazione e conseguente inquinamento genetico, infine per la parziale competizio-
ne alimentare.
La progressiva riduzione e frammentazione degli habitat, unitamente alla persecuzio-
ne diretta hanno portato ad un declino di questa specie con un picco di minima a
met del 900.
La copertura nevosa costituisce un noto fattore limitante naturale per la specie: una
coltre di neve di spessore superiore ai 20 cm ne impedisce gli spostamenti.
Interventi gestionali utili per conservare o migliorare lo status delle popolazioni locali
Una gestione forestale mirata al mantenimento e/o implementazione di habitat
idonei, la prevenzione degli incendi boschivi ed un accurato controllo delle forme
illecite o accidentali di mortalit (v. sopra) costituiscono le misure di gestione au-
spicabili per la conservazione e, ove possibile e necessario, lincremento delle po-
polazioni.
Metodi di monitoraggio
Specie elusiva e rara, non normalmente suscettibile di forme di censimento quan-
titativo. Trappolaggi (incluse per estensione le trappole fotografiche), avvistamenti di
individui e di tracce e segni di presenza consentono comunque un monitoraggio se-
miquantitativo delle popolazioni e della relativa distribuzione.
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Indicatori di presenza
Le feci del gatto selvatico sono di forma cilindrica, lunghe in genere 6-8 cm e spes-
se 1-1,5 cm, ma possono essere anche semiliquide. Vengono depositate in una piccola
buca che lanimale scava nel suolo o nella neve con le zampe anteriori, e poi ricoper-
te accuratamente; la stessa procedura si verifica con lurina che, come gli escremen-
ti, ha un odore molto forte. Ci si verifica principalmente allinterno del territorio di-
feso, mentre ai margini dello stesso le feci vengono depositate in punti ben evidenti
(su un ceppo o su un masso) in modo da costituire un segnale, sia visivo che olfat-
tivo, di marcatura territoriale.
Le orme sono simili a quelle dei gatti domestici (tondeggianti, con quattro cuscinet-
ti digitali ben sviluppati e disposti a semicerchio, nettamente separati dal grande cu-
scinetto plantare trilobato), anche se mediamente appaiono pi grandi: lunghe 4 cm
e larghe 3,5 cm.
Sovente il gatto selvatico utilizza le tane abbandonate di volpi e tassi e sul terriccio
morbido antistante ne sono rilevabili le impronte.
Bibliografia
BOITANI L., LOVARI S. & VIGNA TAGLIANTI A. (Ed.), 2003 - Fauna dItalia.Vol. XXXVIII.
Mammalia III: Carnivora, Artiodactyla. Calderini, Bologna.
CAPOCACCIA ORSINI L. & DORIA G., 1992 Museo Civico di Storia Naturale Giaco-
mo Doria Genova. Sagep, Genova.
HEMMER H., 1999 - Felis silvestris Schreber, 1775. In Reijnders P.J.H., Spitzenberger F.,
Stubbe M., Thissen J.B.M., Vohralik V. & Zima J. The Atlas of European Mammals -
T & AD Poyser, London: 358-359.
Autore Loris Galli, Andrea Marsan, Silvio Span
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Nome scientifico Rupicapra rupicapra (Linnaeus, 1758)
(Artiodactyla Bovidae)
Nome comune Camoscio
Livello di protezione
inserito nellallegato V
della Direttiva Habitat
(92/43/CEE) come specie
suscettibile di prelievo,
per la quale sono auspica-
bili misure gestionali.
Identificazione
un bovide simile ad una
capra (altezza al garrese
70-90 cm, peso pieno fi-
no a 50 kg nel maschio,
40kg nella femmina), a
sessi simili, con pelliccia
marrone chiaro destate e
bruno-nerastra in inver-
no. Il muso si caratterizza per unevidente mascherina facciale bianca e nera. Le cor-
na sono piccole, erette ed incurvate ad uncino allindietro.
Distribuzione
presente nelle regioni montuose (Chartreuse, Alpi, Alti Tatra, Carpazi e Balcani) del-
lEuropa centrale e meridionale e dellAsia Minore tra i 35 ed i 50 di latitudine
nord. Popolazioni introdotte in Boemia e Moravia settentrionali, Bassi Tatra, Vosgi,
Massiccio Centrale, Jura Svizzero, Foresta Nera, Nuova Zelanda ed Argentina.
Diffuso su tutto larco alpino (nel 2000 sono stati valutati in Italia 123.000 capi), in
Liguria presente nellestremo ponente (Alpi Liguri). Qualche individuo viene rego-
larmente osservato anche sul Monte Galero (Savona) allestremo biogeografico delle
Alpi stesse. Per completezza dinformazione, si ricorda il caso di un Camoscio stabi-
litosi nei pressi di Alassio (SV) a poche decine di metri dal mare, su uno scoscendi-
mento prospiciente la linea ferroviaria, nellinverno 1980/81.
Notizie utili per la conservazione della specie
Lhabitat del camoscio rappresentato da aree forestali ricche di sottobosco ed in-
tervallate da pareti rocciose, radure e canaloni dellorizzonte montano, subalpino ed
alpino, spingendosi in estate (soprattutto le femmine ed i giovani) oltre il limite su-
periore della vegetazione arborea (in genere tra i 1.000 ed i 2.500 m), in inverno nel
bosco o sui ripidi versanti e costoni esposti a sud ove la neve meno persistente in
relazione allo slavinamento.
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Si ciba di erbe sponta-
nee (graminacee e le-
guminose) e, dinver-
no, anche di muschi, li-
cheni ed aghi di coni-
fere.
La struttura delle po-
polazioni pu essere
meglio valutata andan-
do a stimarne la ripar-
tizione per sesso e per
et secondo le cinque
classi dei piccoli (nel
primo anno di vita), giovani (1-2 anni per i maschi, 1 anno per le femmine), subadulti
(3-4 anni per i maschi, 2-3 anni per le femmine), adulti (5-9 anni per i maschi, 4-11
anni per le femmine) ed anziani (10 anni e pi per i maschi, 12 anni e pi per le fem-
mine).
Gli accoppiamenti avvengono in novembre e comportano confronti e scontri tra i
maschi. Prima delle nascite le femmine si isolano, abbandonando i giovani dellanno
precedente che, in maggio-giugno, si riuniscono con altri coetanei o subadulti. I par-
ti avvengono in zone scoscese e riparate con la nascita di un solo piccolo mediamen-
te tra il 10 maggio ed il 10 giugno (estremi 1 aprile 31 luglio).
Sulle Alpi Liguri la popolazione di camosci si attesta nellordine di alcune centinaia di
capi (550 censiti nel 1999 in unarea di 41.600 ha dellimperiese e circa 850 nella me-
desima zona nel 2003). Questi dal 1999 sono sottoposti ad un piano di prelievo con-
servativo minimale (11 i camosci abbattuti nel 1999, con un incremento del piano fi-
no ai 32 capi prelevati nel 2003) da parte di cacciatori di selezione abilitati.
Possibili minacce e fattori di rischio
Preda del lupo e, i capretti, dellaquila reale, il camoscio alpino subisce i pesanti effet-
ti limitanti legati al severo clima invernale del suo habitat (valanghe, slavine, caduta
massi ecc.), di minor rilievo sul versante alpino tirrenico. Inoltre le popolazioni mol-
to numerose (ad alta densit) mostrano ciclicamente patologie ad alta morbilit e
mortalit quali la cheratocongiuntivite e la rogna sarcoptica.
Il prelievo venatorio costituisce un fattore aggiuntivo di mortalit per il quale ne-
cessaria una corretta gestione; daltra parte lespansione numerica della specie testi-
monia come la caccia, opportunamente regolamentata, non costituisca un fattore
dimpatto significativo. Resta tuttavia destrutturante se mal gestita e non adeguata-
mente controllata anche al fine di prevenire atti di bracconaggio.
Non va poi sottovalutata la competizione con altri ungulati dintroduzione: in parti-
colare il muflone, le cui immissioni in aree naturalmente popolate dal camoscio han-
no rischiato di causarne localmente lestinzione.
Come tutte le specie di montagna, infine, suscettibile al disturbo antropico legato
alle attivit escursionistiche e ricreative, soprattutto nel corso del periodo primaveri-
le-estivo di massima presenza turistica.
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Interventi gestionali utili per conservare o migliorare lo status delle popolazioni locali
Gestione dellattivit venatoria con pianificazione dellentit degli eventuali prelievi
sulla base dei risultati dei censimenti, nonch corretta ripartizione dei capi incarnie-
rabili per classi di sesso e det, al fine di evitare un decremento ed una destruttura-
zione delle popolazioni. Controllo dellattivit venatoria e del bracconaggio, nonch
definizione di norme di comportamento adeguate alla minimizzazione del disturbo
arrecato alla fauna selvatica ad opera di turisti ed escursionisti (riportate su tabello-
ni allinizio dei sentieri) e vigilanza del rispetto delle stesse.
Metodi di monitoraggio
Censimento annuale delle popolazioni con conteggi esaustivi da punti predefiniti
dosservazione simultanea.
Indicatori di presenza
Le singole feci del camoscio sono quasi sferiche, del diametro di circa 1,5 cm, spesso
compresse.
Le impronte sono tipiche in quanto le due met di ciascuno zoccolo sono angolate
con un ampio spazio in mezzo. Gli speroni, rialzati, lasciano unimpronta solo nella
neve profonda o quando lanimale in corsa. Lorma di un individuo adulto lunga
circa 6 cm e larga 3,5 cm.
Bibliografia
BASSANO B., BOANO G., MENEGUZ P.G., MUSSA P.P. & ROSSI L., 1995 I selvatici delle
Alpi Piemontesi. Biologia e gestione. Regione Piemonte.
BOITANI L., LOVARI S. & VIGNA TAGLIANTI A. (Ed.), 2003 - Fauna dItalia.Vol. XXXVIII.
Mammalia III: Carnivora, Artiodactyla. Calderini, Bologna.
MASSUCCI G., 1981 - Un camoscio sul mare della riviera. Diana, 75 (6): 10.
MUSTONI A., PEDROTTI L., ZANON E., TOSI G., 2002 Ungulati delle Alpi. Nitida Im-
magine Ed., Cles (TN)
PEDROTTI L., DUPR E., PREATONI D. & TOSO S., 2001 Banca dati Ungulati. Biol. Cons.
Fauna, 109: 1-132.
PEDROTTI L. & LOVARI S., 1999 - Rupicapra rupicapra (Linnaeus, 1758). In Reijnders
P.J.H., Spitzenberger F., Stubbe M., Thissen J.B.M., Vohralik V. & Zima J. The Atlas of
European Mammals - T & AD Poyser, London: 406-407.
Autore Loris Galli, Andrea Marsan, Silvio Span
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08 Mammiferi 1-12-2006 11:53 Pagina 508
Indice
FLORA
Aquilegia alpina
Aquilegia bertolonii Schott
Asplenium adulterinum Milde
Campanula sabatia De Not.
Gentiana ligustica R. de Vilm. & Chopinet
Gladiolus palustris Gaud.
Himantoglossum adriaticum
Leucojum nicaeense Ard.
Spirantes aestivalis
Vandenboschia speciosa
FAUNA
Aegolius funereus
Alcedo atthis
Alectoris graeca saxatilis
Alosa fallax
Anthus campestris
Apus pallidus
Aquila chrysaetos
Ardea purpurea
Ardeola ralloides
Austropotamobius pallipes
Barbastella barbastellus
Barbus meridionalis
Barbus plebejus
Bombina pachypus
Bombina variegata pachypus: vedi Bombina pachypus
Botaurus stellaris
Bubo bubo
Bufo viridis
Burhinus oedicnemus
Calandrella brachydactyla
Calonectris diomedea
Canis lupus
Caprimulgus europaeus
Cerambyx cerdo
Charadrius morinellus
Chlidonias niger
Chondrostoma genei
Chondrostoma soetta
Cinclus cinclus
Circaetus gallicus
Circus aeruginosus
Circus cyaneus
Circus pygargus
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Cobitis taenia bilineata
Coluber viridiflavus: vedi Hieropus viridiflavus
Coronella austriaca
Cottus gobio
Cursorius cursor
Dryocopus martius
Egretta garzetta
Elaphe longissima
Emberiza hortulana
Emys orbicularis
Eptesicus serotinus
Eriogaster catax
Eudarcia brachyptera
Eudarcia nerviella
Euleptes europaea
Euphydryas provincialis
Falco pecchiaiolo Pernis apivorus (Linnaeus, 1758)
Falco peregrinus
Felis silvestris
Gallinago media
Gavia arctica
Gavia stellata
Gelochelidon nilotica
Glareola pratincola
Helix pomatia
Hieropus viridiflavus
Himantopus himantopus
Hydromantes (Speleomantes) ambrosii: vedi Speleomantes ambrosii
Hydromantes (Speleomantes) strinatii: vidi Speleomantes strinatii
Hyla arborea: vedi Hyla intermedia
Hyla intermedia
Hyla meridionalis
Hypsugo savii
Ixobrychus minutus
Lacerta bilineata
Lacerta viridis: vedi Lacerta bilineata
Lampetra fluviatilis
Lampetra planeri
Lanius collurio
Lanius minor
Lanius senator
Larus melanocephaluS
Larus minutus
Lepus timidus
Leuciscus souffia muticellatus
Lullula arborea
Lutra lutra
Maculinea arion
Maculinea rebeli
Marmota marmota
Martes martes
Milvus migrans
Milvus milvus
08 Mammiferi 1-12-2006 11:53 Pagina 510
Miniopterus schreibersi
Monticola saxatilis
Muscardinus avellinarius
Mustela putorius
Myotis bechsteini
Myotis blythii
Myotis capaccinii
Myotis daubentonii
Myotis emarginatus
Myotis myotis
Myotis mystacinus
Myotis nattereri
Natrix tessellata
Nyctalus leisleri
Nyctalus noctula
Nycticorax nycticorax
Oxygastra curtisii
Pandion haliaetus
Papilio alexanor
Papilio hospiton
Parnassius apollo
Parnassius mnemosyne
Petromyzon marinus
Phalacrocorax aristotelis desmarestii
Philomachus pugnax
Phoenicopterus ruber
Phyllodactylus europaeus: vedi Euleptes europaea
Picoides minor
Pipistrellus kuhlii
Pipistrellus nathusii
Pipistrellus pipistrellus
Plecotus auritus/macrobullaris
Plecotus austriacus
Pluvialis apricaria
Podarcis muralis
Podarcis sicula
Porzana parva
Porzana porzana
Proserpinus proserpinus
Pyrrhocorax pyrrhocorax
Rana dalmatina
Rana italica
Recurvirostra avosetta
Rhinolophus euryale
Rhinolophus ferrumequinum
Rhinolophus hipposideros
Rosalia alpina
Rupicapra rupicapra
Rutilus pigus
Rutilus rubilio
Saga pedo
Salamandrina terdigitata
Salmo macrostigma
08 Mammiferi 1-12-2006 11:53 Pagina 511
Salmo marmoratus
Speleomante ambrosii
Speleomantes strinatii
Sterna albifrons
Sterna hirundo
Sterna sandvicensis
Sylvia undata
Tadarida teniotis
Tetrao tetrix tetrix
Thymallus thymallus
Tringa glareola
Triturus carnifex
Unio mancus
Vertigo angustior
Zerynthia polyxena
Finito di stampare
nel mese di gennaio 2007
presso la Microarts S.p.A. - Recco (GE)
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