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Seminario "La famiglia : una risorsa per superare la crisi"


(Palazzo San Calisto, 18 settembre 2014)


La buona novella del Vangelo alle famiglie in tempi di precariet :
nuovi approcci pastorali

S.E. Mons. Matteo Zuppi



Mi fa piacere riflettere con voi oggi sulla buona novella del Vangelo alle famiglie nella precariet.
Vorrei partire da alcune riflessioni di Don Gino Rigoldi, che mi sembrano molto giuste e ci liberano
da certi schemi e dalla ricerca di formule per risolvere i problemi delle famiglie di oggi.
Il problema delle famiglie nella precariet molto concreto e sarebbe fuorviante ridurlo ad alcune
ricette preconfezionate. Le formule ci piacciono molto e ci danno sicurezza, ma ci inducono a
pensare che il problema sia di altri.
L'approccio di Papa Francesco va esattamente in senso contrario : ci libera da alcune formule e ci
invita a scoprire e a capire la bellezza dell'essere famiglia pur nella precariet. Ci spinge a fare e
costruire relazione, a vivere cio quello che dovrebbe essere un patrimonio nostro, dei cristiani.
Se noi non sperimentiamo in prima persona e nelle nostre comunit la relazione, non possiamo
insegnarla agli altri. E noi spesso non la viviamo. In diversi casi finiamo di essere una sorta di
condominio. A volte le parrocchie sono un condominio un po' litigioso, dove le varie realt hanno
una relazione scarsa tra loro e non dialogano.
Gli stessi sacerdoti non sempre sono facilmente raggiungibili. Parlare con loro proprio
complicato. Non scontato poter parlare assieme e condividere una relazione. A Milano hanno
creato le Unit Pastorali, ma non detto che funzionino e che portino risultati. Non automatico.
Vorrei riprendere l'espressione di Papa Francesco "ospedale da campo" riferita alla Chiesa. La
famiglia, a volte, un ospedale da campo. Dietro ai tanti ragazzi ricchi o poveri o impoveriti, con
relazioni familiari complicatissime, ci sono situazioni da ospedale da campo. Mi colpisce in
particolare il riferimento di Papa Francesco alla glicemia. La nostra tentazione quella di dire : non
serve prendere la glicemia. Nella vita la prendiamo, ma ci accontentiamo di sentirci a posto, perch
abbiamo preso la glicemia. Abbiamo la tentazione farisaica di dire : "non possiamo fare di pi,
abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare". Prendiamo la glicemia per non rispondere in
maniera efficace alle tragedie delle diverse storie e situazioni familiari. In realt, non si doveva
prendere la glicemia, ma salvare la vita delle persone. Questo cambia la prospettiva con la quale ci
poniamo le domande pastorali. Non dobbiamo cercare delle formule, ma sentire piuttosto l'urgenza,
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la drammaticit delle situazioni di vita per cercare di rispondere alla domanda reale di famiglia che
ci viene dalla gente di oggi.
In realt vi una domanda enorme di relazione, che domanda di maternit e paternit. Nello
scorso mese di giugno Papa Francesco alla diocesi di Roma ha parlato a lungo dell' "orfananza".
Vogliamo che le nostre comunit siano veramente madri? Spesso abbiamo paura di vivere questa
relazione affettiva. Le nostre comunit hanno paura di essere madri. Invece di esercitare una
maternit, che vuol dire anche un'assunzione di responsabilit, noi tendiamo a dire : "ti spiego tutto
e poi te la vedi tu".
Le nostre comunit fanno fatica ad essere madri, ad andare incontro alla domanda di relazione,
espressa spesso in maniera accorata. Pensiamo alla disperazione degli anziani che vivono in
solitudine gli ultimi anni della loro vita o alla ricerca di relazione e di senso dei giovani, che sembra
non trovare interlocutori, ed anche alla domanda delle seconde generazioni, in particolare a quelle
immigrate che in certi Paesi (vedi l'Italia) non riescono nemmeno ad ottenere la cittadinanza.
Noi dobbiamo scommettere sull'essere famiglia. Ma se non lo siamo noi per primi, non sapremo
parlare di famiglia agli altri.
I preti possono dire tante cose sull'amore, ma debbono voler bene, debbono avere un rapporto
affettivo. Altrimenti non sono convincenti e non hanno passione nel trasmettere certe cose. Questo
vero per tutti e non solo un problema dei sacerdoti.
Noi riusciamo a fare un discorso di famiglia nella precariet se noi siamo famiglia, se le nostre
comunit lo sono. Allora ci verr naturale essere vicini alle famiglie, aiutarle nella precariet e dir
loro qualcosa di efficace, soprattutto venire incontro a quello "sfascio" di famiglie che ritroviamo
oggi in Occidente, ma anche in altre parti del mondo.
Il problema della famiglia ha gradazioni e peculiarit diverse a seconda dei Paesi, ma in fondo la
precariet e frammentazione sono molto simili dappertutto.
Se noi siamo famiglia, possiamo aiutare le famiglie nella precariet a costruire una rete di relazioni
che anche una rete di protezione nella precariet, altrimenti rischiamo di non saper vivere e
trasmettere questa relazione
La famiglia nel Vangelo soprattutto la famiglia degli umili e dei poveri.
Ges non fa "pastorale familiare", ma costruisce una famiglia e spiega che cos' una vera famiglia, e
cio coloro che ascoltano e mettono in pratica la sua parola (gli umili) e i suoi fratelli pi piccoli.
Da questo nasce la pastorale familiare. Se non c' una comunione, una famiglia, una comunit,
sappiamo dire molto poco, vivere, difendere e curare molto poco..
I corsi di preparazione al matrimonio funzionano laddove c' una comunit viva e quando non ci
riduciamo a dare una formula, peraltro spesso largamente superata dalla realt. Allora s che
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funzionano, nonostante la precariet o la paura di scegliere o ancora l'insicurezza dettata dalla
povert.
C' una precariet dovuta alle condizioni oggettive di povert e di esclusione, per cui la famiglia
non ce la fa. In quel caso non possiamo addossare sulla famiglia il peso e la responsabilit della
ricostruzione delle relazioni e della speranza. Non possiamo dire alla famiglia "Pensaci tu". Bisogna
pensarci noi in prima persona. E ricostruire una rete tale da poter ridare alla famiglia un vero ruolo
da protagonista.
Cosa significa allora la Buona Novella in situazioni di precariet? Vorrei darvi dei buoni esempi.
Pensiamo alla situazione delle famiglie con malati di Alzheimer o altre malattie neurovegetative o
con malati psichici totalmente a carico, come avviene in Italia, dove, per effetto di una legge in s
giusta, si rinvia l'onere della cura alla famiglia e la si lascia spesso solo a portarne il carico. Nelle
parrocchia e comunit si trovano talvolta reti di sostegno per le famiglie con questi malati. Nella
"famiglia" della parrocchia queste persone trovano sostegno, perch la comunit parrocchiale offre
disponibilit di tempo, di affetto, di forze per aiutare le famiglie nelle difficolt. Sono ancora troppo
poche le comunit parrocchiali che si muovono in questa direzione.
Noi siamo poco famiglia, le nostre parrocchie spesso sono anonime e si respira poca solidariet.
Papa Francesco insiste sulla solidariet, ma non come attivismo, non come funzione in pi, bens
come rapporto personale, presenza, aiuto, come un farsi carico delle difficolt e dei dolori dei
fratelli. Se un fratello deve stare con suo padre o sua madre malati tutto l'anno, perch non ha altra
possibilit, la comunit viene in suo aiuto e si fa carico del suo problema. Esistono delle esperienze
bellissime di sostegno e aiuto, ma sono ancora poche.
Vi sono anche esperienze forti di solidariet tra gli anziani. Alcune persone anzianissime della
comunit di Sant'Egidio, per esempio, vanno a trovare gli altri anziani in istituto. C'era un'anziana di
Trastevere, vedova, che si chiamava Trosimena ed era acciaccatissima. Viveva per portare dei
panini agli anziani che stavano in istituto a Nemi (un tempo questi istituti si chiamavano cronicari).
Diceva : "questi stanno peggio di me, perch stanno tutto il giorno da soli". Anche lei lo era, ma era
a casa sua, era libera.
Questa solidariet ci che a mio parere dobbiamo far crescere : la risposta vera della famiglia di
Dio. E non c' limite e non c' nemmeno debolezza quando questa famiglia vive la solidariet.
Alcune parrocchie e ragazzi di Sant'Egidio preparano i panini e li portano ai barboni nelle stazioni.
Questa la vera famiglia e la solidariet che rende forti nella debolezza.
Due ultime riflessioni. Una sulle patologie dell'individualismo. Senza relazione si sta male. Molto.
E nascono tante dipendenze. I ragazzi che vanno a finire in carcere spesso hanno svariate
dipendenze alle spalle.. Ma anche quelli che stanno fuori le hanno. Basterebbe fare un giro per il
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quartiere di Trastevere, a Roma, e vedere i ragazzi che lo frequentano di notte. Nascono tante
patologie quando manca la relazione, tante deformazioni che un mondo un po' virtuale crea nella
vita degli uomini senza relazioni.
La difesa delle donne non solo un problema di principi. Si risolve solo ricostruendo una rete di
amicizia e di protezione. Diverse donne vengono uccise dagli uomini ; ieri ben due donne in Italia
ne sono state vittime. In genere le donne sono uccise dagli ex. Spesso ci troviamo di fronte a storie
di solitudine, frutto della mancanza di una rete di comprensione e protezione, per cui
l'incomprensione, l'ossessione, l'idea del possesso prendono il sopravvento. Per questo emergono le
stranezze e le tragedie, che peggiorano a causa dell'individualismo.
La nostra famiglia una famiglia gratuita e solidale. Ma noi sentiamo poco certi drammi.
La mancanza di casa per i giovani, per esempio, uno scandalo. E facciamo scandalosamente poco
per contrastarlo. La crisi economica crea il 40 % di giovani disoccupati, mentre le nostre risposte
sono oggettivamente scarse, perch non sentiamo il valore delle relazioni familiari nella comunit e
quei ragazzi in difficolt non li sentiamo figli nostri. Se fossero figli nostri, cercheremmo di fare
molto di pi e di risolvere con loro il problema. Papa Paolo VI arriv a costruire a Roma delle case
per i poveri pur di venir incontro ai bisogni reali della gente!
Nella gratuit non si scarta niente, tutto importante. La gratuit nasce dall'essere familiari e quindi
dal ricostruire le famiglie.
Vorrei concludere con una bella immagine di Madeleine Delbrl : la spiritualit della bicicletta.
Margarete De Breuil dice che Dio ci ha scelto per un equilibrio strano, molto precario. Per andare
avanti con la bicicletta bisogna muoverla. Solo nella carit, lo slancio che permette di andare
"verso", noi troviamo l'energia per far muovere la bicicletta. Se non abbiamo questo slancio, non
riusciamo a vivere quel dono di relazione, di comunione e di gratuit che il Signore ci ha lasciato.

Spiritualit della bicicletta

"Andate..." dici a ogni svolta del Vangelo.
Per essere con Te sulla Tua strada occorre andare
anche quando la nostra pigrizia ci scongiura di sostare.

Tu ci hai scelto per essere in un equilibrio strano.
Un equilibrio che non pu stabilirsi n tenersi
se non in movimento,
se non in uno slancio.

Un po' come in bicicletta che non sta su senza girare,
una bicicletta che resta appoggiata contro un muro,
finch qualcuno non la inforca
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per farla correre veloce sulla strada.

La condizione che ci data un'insicurezza universale,
vertiginosa.
Non appena cominciamo a guardarla,
la nostra vita oscilla, sfugge.

Noi non possiamo star dritti se non per marciare,
se non per tuffarci,
in uno slancio di carit.

Tutti i santi che ci sono dati per modello,
o almeno molti,
erano sotto il regime delle Assicurazioni,
una specie di Societ assicurativa spirituale che li garantiva
contro rischi e malattie,
che prendeva a suo carico anche i loro parti spirituali.
Avevano tempi ufficiali per pregare
e metodi per fare penitenza, tutto un codice di consigli e divieti.

Ma per noi
in un liberalismo un poco pazzo
che gioca l'avventura della tua grazia.
Tu ti rifiuti di fornirci una carta stradale.
Il nostro cammino si fa di notte.
Ciascun atto da fare a suo turno s'illumina
come uno scatto di segnali.
Spesso la sola cosa garantita questa fatica regolare
dello stesso lavoro ogni giorno da fare
della stessa vita da ricominciare
degli stessi difetti da correggere
delle stesse sciocchezze da non fare.

Ma al di l di questa garanzia
tutto il resto lasciato alla tua fantasia
che vi si mette a suo agio con noi.

Madeleine Delbrl
(Se vuoi trovare Dio sappi che dappertutto, ma sappi anche che non solo)

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