Contenuto delle lezioni: Il quadro generale, Problemi di analisi, Fonetica e fonologia, Grafia, Morfologia flessiva, Morfologia lessicale, Sintassi e testualit, Altri fenomeni.
Docente: Paolo DAchille
Anno accademico 2010-2011
Premessa
Lespressione lingua (o italiano) doggi, cos come quella, equivalente, di italiano contemporaneo (entrambe usate negli studi: per luna Cortelazzo 2000, LIdO 2004, Dardano & Frenguelli 2008; per laltra Lorenzetti 2002, DAchille 2003, Cardinaletti & Frasnedi 2004), contiene un riferimento temporale che potrebbe risultare poco perspicuo. Tuttavia, non sono state finora adottate etichette alternative modellate su quelle gi in uso per altre periodizzazioni, come lingua del Duemila o del primo decennio del secolo XXI e sim. Infatti, la scelta come terminus a quo dellanno di passaggio al nuovo secolo (anzi al nuovo millennio), al di l delle suggestioni e dei significati di cui stato rivestito (anche sul piano linguistico: Maraschio & Poggi Salani 2003), rischierebbe di introdurre un ingiustificato elemento di frattura rispetto al periodo precedente. Nella storia (sia interna che esterna, sia strutturale che variazionale) di una lingua tradizionalmente stabile come litaliano (per secoli, fuori della Toscana, duso prevalentemente letterario e comunque scritto) restano fondamentali lepoca postunitaria (De Mauro 1963) e il Novecento (Migliorini 1990; Mengaldo 1994); inoltre, gi negli anni Settanta del Novecento e poi soprattutto nel corso degli anni Ottanta, i linguisti pi avvertiti avevano colto, almeno dal punto di vista normativo, un movimento in atto (Accademia della Crusca 1982; cfr. anche gli interventi in Jacobelli 1987), individuando, accanto e spesso in alternativa allo standard tradizionale, la nascita di nuove variet di riferimento (litaliano delluso medio: Sabatini 1985; il neostandard: Berruto 1987; anche la lingua selvaggia: Beccaria 1985). Rispetto alla situazione di fine Novecento momento in cui, inoltre, litaliano contemporaneo trovava descrizione in alcune fondamentali opere di riferimento (fra queste: Serianni 1988; Renzi, Salvi & Cardinaletti 1988-1995; Holtus, Metzeltin & Schmitt 1988; Sobrero 1993; LIP 1993; Serianni & Trifone 1993-1994) possibile oggi individuare ulteriori sviluppi, legati soprattutto a fattori esterni (il diverso quadro storico-politico, nazionale e internazionale; alcune importanti trasformazioni sociali, tra cui limmigrazione inizialmente detta extracomunitaria; la crescita di peso di vecchi e nuovi media e la nascita di nuove forme di comunicazione, in partic. quelle legate al computer, alla rete e alla telefonia cellulare: cfr. Bonomi, Masini & Morgana 2003; Pistolesi 2004; Antonelli 2007), che hanno avuto importanti effetti anche sul piano sociolinguistico. Meno facile (ma cfr. Renzi 2000; 2003; 2007; DAchille in Marcato 2003: 23-35) individuare le effettive novit sul piano strutturale (a parte lafflusso di neologismi), anche perch il mutamento linguistico si coglie solo o soprattutto sul medio e lungo periodo. Il quadro generale
Il primo elemento da sottolineare che emerge chiaramente dal confronto tra le rilevazioni compiute dallISTAT nel 2000 e nel 2006 e quelle degli anni precedenti, svolte anche dalla Doxa la costante crescita di coloro che parlano (o meglio, dichiarano di parlare) in italiano in tutti i contesti (in famiglia, con amici, con estranei), senza peraltro che a questo incremento corrisponda un abbandono definitivo del dialetto, che mostra anzi qualche segnale di ripresa, nel senso che luso alternato o misto di italiano e dialetto non risulta in calo, ma in lieve aumento (Trifone & Picchiorri 2008). evidente che litaliano (pur diatopicamente differenziato) ormai quasi per tutti la madrelingua appresa naturalmente durante la socializzazione primaria e non imparata sui banchi di scuola, come spesso in passato. Luso del dialetto, per, se pure non esclusivo, risulta ancora vitale, sia presso strati popolari in aree linguisticamente e culturalmente degradate, sia, in diverse realt territoriali, anche presso fasce sociali di livello medio e medio-alto, comprese le generazioni pi giovani, che non sempre lo hanno appreso in famiglia. In questo contesto, ben si spiega la presenza del dialetto, con varie connotazioni, non solo nei campi tradizionali della poesia e del teatro ma anche nella narrativa, nella cinematografia, nella canzone, ecc. Invece, appare evidente la finalit soltanto politica, in chiave secessionistica, della campagna leghista dellestate 2009, che ebbe larga eco sulla stampa (cfr. gli interventi di vari linguisti raccolti da Pinello 2009), a favore di un riconoscimento pubblico del dialetto e del suo inserimento nella formazione scolastica. Altra questione quella delle minoranze alloglotte. Per quanto riguarda quelle storiche, il Novecento si chiuso con la legge di tutela n. 482 del 15 dicembre 1999 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999), che pure presenta aspetti discutibili, specie per linclusione (o lesclusione) di questo o quellidioma tra le lingue minoritarie (Bonamore 2004); mancano invece, al momento, indicazioni legislative sulle nuove minoranze, prodotte dalle immigrazioni degli ultimi decenni, che peraltro sembrano prevalentemente orientate allapprendimento e alluso dellitaliano (Giacalone Ramat 2003; DAgostino in Lo Piparo & Ruffino 2005: 70-92). Caratterizza linizio del terzo millennio il tentativo, peraltro abortito, di politica linguistica, rappresentato dal progetto di istituire un Consiglio superiore della lingua italiana, con intenti normativi di tutela dellitaliano, culminanti nella discutibile proposta di compilare una grammatica di Stato (sullargomento si vedano gli interventi dei proponenti, Andrea Pastore e Lucio DArcangelo, e quelli, diversamente orientati, dei linguisti Arcangeli, Savoia e Serianni in LIdO 2004 e 2005, nonch Sgroi 2002, Orioles e Vallini in Lo Piparo & Ruffino 2005: 155-164 e 273-297). Non si pu non rilevare come a questo progetto, e ad altre prese di posizione di analogo tenore contro lo scadimento e limbarbarimento dellitaliano, abbia corrisposto, da parte della politica, una scarsa attenzione nei confronti sia dellinsegnamento dellitaliano, sia della sua posizione, spesso subalterna rispetto al francese e al tedesco, allinterno dellUnione Europea. stata piuttosto unistituzione prestigiosa, ma non politica, come lAccademia della Crusca a lanciare proposte in merito (cfr. Sabatini 2005a; 2005b), dalladesione alle Raccomandazioni di Bad Homburg per la promozione delle lingue europee di uso colto (su cui cfr. anche Stammerjohann 2003) alla richiesta di inserimento nella nostra Costituzione della frase La lingua ufficiale della Repubblica litaliano, con cui si apre la citata legge sulle minoranze (Sabatini, Coletti & Maraschio 2006). Infine, mentre lapprendimento dellitaliano allestero appare in crescita, grazie a campi di eccellenza vecchi e nuovi (musica, arte, moda, cucina), alcuni dei quali assumono, anche allinterno del paese, un forte valore identitario (Trifone 2009 2 ), linglese, ormai divenuto lingua veicolare internazionale, insidia litaliano nella comunicazione scientifica anche a livello intranazionale, e non solo nelle scienze dure. Lattenzione della scuola per lapprendimento dellinglese (la terza i, accanto a quelle di informatica e imprese, della riforma Moratti del 2003) dunque legittima; ma a questa ha corrisposto, come si detto, un sostanziale disinteresse (non solo dei politici, invero) per linsegnamento dellitaliano: i periodici rapporti nazionali (come quello della commissione INVALSI sui risultati delle prime prove degli esami di maturit del 2009) e internazionali (il progetto PISA 2006 sulle competenze linguistiche dei quindicenni), che denunciano la scarsa dimestichezza degli studenti italiani anche nella comprensione, e non solo nella produzione, della lingua scritta (lacuna avvertita anche alluniversit, dove a partire dagli anni Novanta furono istituiti numerosi laboratori e corsi di scrittura) trovano sempre una certa eco nella stampa e negli altri media, ma non destano alcun serio allarme.
Problemi di analisi
Tracciare un profilo complessivo della lingua di oggi, ai vari livelli di analisi, non si presenta facile, data la complessit degli assi di variazione in gioco (dalla diatopia alla diamesia, dalla diafasia alla diastratia) che determinano la coesistenza, in sincronia, di tratti anche molto diversi (come risulta, per es., dalle analisi raccolte in Frasnedi et al. 2003; Della Corte et al. 2004), valutabili solo in una prospettiva sociolinguistica. Da questo punto di vista, c da rilevare che al quadro delle variet del repertorio tracciato da Berruto (1987; 1993) sono state apportate negli ultimi anni alcune precisazioni (Cortelazzo 2001; Wunderli 2005; vari interventi in Lo Piparo & Ruffino 2005), ma non modifiche sostanziali, e la sua tenuta nel tempo ne dimostra la validit. Lattenzione per la variet degli usi non deve portare a negare lesistenza (soprattutto, ma non solo, nello scritto) di uno standard (Giovanardi 2010), sia pure meno rigido e monolitico rispetto al modello tradizionale in conseguenza di certi indubbi spostamenti che si sono registrati sul piano della norma linguistica, che venuta accettando vari tratti in passato giudicati scorretti. Di certo la norma non ha pi come modello di riferimento la lingua letteraria che ha perso la sua tradizionale centralit gi nella seconda met del Novecento e che compie scelte linguistiche anche molto diverse, a seconda degli orientamenti dei vari autori (cfr. Antonelli 2006 per la prosa e lantologia di Afribo 2007 per la poesia) ma una serie di altre fonti, dalla lingua della divulgazione scientifica a quella burocratico-amministrativa, a quella dei media (i travasi tra linguaggi settoriali e lingua comune si fanno del resto sempre pi frequenti). In ogni caso, anche allinterno di quello che pu considerarsi come lo standard attuale possibile registrare, ai vari livelli di analisi, alcuni fatti innovativi che consentono di cogliere certe linee di tendenza del sistema. Renzi (2000; 2003; 2007) ha tentato di distinguere non solo le trasformazioni autentiche dai passeggeri fenomeni di moda, ma anche le innovazioni interne del sistema da quelle esterne, non limitate al lessico; e ancora: tra le prime, le novit che provengono dal basso, dalluso spontaneo, popolare o comunque parlato, e quelle che muovono dallalto, da usi colti e testi scritti; tra le seconde, gli apporti delle diverse variet regionali (in primo luogo quella romana) rispetto a quelli che si possono attribuire ai contatti con linglese. Linglese, infatti, determina (anche attraverso il doppiaggio di film e telefilm americani) calchi a vari livelli di analisi, dalla fraseologia (si pensi al successo dellespressione avere uno scheletro nellarmadio) alla formazione delle parole, a certe scelte sintattiche e testuali. A spiccare per soprattutto la massiccia introduzione di anglicismi (e pseudo-anglicismi) non adattati, la cui ondata ben lungi dallesaurirsi e che si insinuano anche in campi tradizionalmente impermeabili ai forestierismi come la lingua del diritto (che di recente ha accolto mobbing e stalking) e lo stesso parlato (okay! sulla bocca di tutti); le proposte di adattamento delle parole inglesi, anche quando sono ragionevoli (Giovanardi, Gualdo & Coco 2008), non sembrano trovare accoglimento, contrariamente alle iniziative in tal senso messe in atto da tempo in Francia e in Spagna, paesi che hanno una tradizione di politica linguistica e un mercato internazionale ben pi solidi di quelli italiani. Fonetica e fonologia
Si tratta di livelli di analisi che, per secoli, hanno mantenuto una grande stabilit, grazie alladozione, con pochi adattamenti, del sistema fonologico del fiorentino e alla sostanziale corrispondenza tra grafia e pronuncia, che caratterizza litaliano anche rispetto alle altre lingue romanze, che oggi peraltro registra una certa attenuazione, dovuta al mancato adattamento dei prestiti e, soprattutto, al formarsi di derivati ibridi (da newyorkese a sbudgettare a inputare, distinto solo graficamente da imputare). A livello fonetico, come noto, non tutti i tratti del fiorentino sono passati nello standard tradizionale (il cosiddetto fiorentino emendato), che ha per es. rifiutato la gorgia toscana e la resa come fricative delle affricate sia in bacio e pigione (dove le fricative rappresentavano lesito originario), sia in pace e cugino. Il modello tradizionale, insegnato nelle scuole di dizione e adottato a teatro, nel doppiaggio (dove vige tuttora) e, almeno fino al 1976, anche dalla RAI, ha trovato la sua consacrazione nel DOP (1969), la cui terza edizione apparve nel 2008, promossa ancora dalla RAI. Ma ormai nel variegato panorama radiotelevisivo attuale, pubblico e privato, neppure nei notiziari e nelle trasmissioni culturali si segue costantemente la fonetica (e la fonologia) toscana nellapertura delle vocali medie toniche o nella sonorizzazione delle /s/ intervocaliche e delle /z/ iniziali e intervocaliche; emergono piuttosto tratti propri della variet romana e anche di quella settentrionale, in particolare milanese, variet che, del resto, gi nella met degli anni Ottanta del Novecento sembrava aver conquistato il primato sul piano del prestigio e poteva essere considerata come quella pi prossima allo standard (Galli de Paratesi 1984). Si stenta a trovare un modello di riferimento radiotelevisivo anche per quanto riguarda la posizione dellaccento in parole di pi di due sillabe: qui alla tendenza tradizionale a collocarlo sulla penultima (che pu tuttora determinare errori come isotpi o arsta) si contrapposta quella forse ipercorrettistica o forse di matrice settentrionale a ritrarlo sulla terzultima, in nomi e aggettivi come amaca, cosmopolita, edile, perone (osso della gamba), rubrica, zaffiro, in forme verbali come persuadere, constato e valuto (almeno in questultima laccento ritratto ormai da considerarsi standard), in toponimi come Friuli e Belice, in cognomi come Salgari, in latinismi come libertas, persino nellanglicismo performance, spesso pronunciato [prformans]. La tendenza a ritrarre laccento si rileva anche in parole ossitone dove non segnato graficamente, come cognomi di base dialettale come Benetton, toponimi stranieri come Bagdad, tedeschismi come diktat, francesismi come cognac, dpliant, ecc. Il massiccio ingresso di parole straniere non integrate, che coinvolge anche i toponimi e i nomi di persona (tra i quali le italianizzazioni riguardano ormai solo i nomi di membri di famiglie reali, come Carlo dInghilterra), non ha comportato lintroduzione di nuovi fonemi n foni (la pronuncia dei forestierismi comunque almeno parzialmente adattata), bens una serie di particolarit che riguardano la loro posizione nella struttura sillabica. Le parole con finale consonantica (si tratti di forestierismi o di acronimi, come GIP o TAC) sono ormai accettate (e quasi tutte le consonanti possono comparire in tale posizione) e sono ammissibili sia sequenze consonantiche in precedenza impossibili, come quella di sibilante sorda + affricata palatale sorda in discentrare, sia code sillabiche ramificate, presenti in parole come film e sport. Questo fatto (in cui hanno avuto un peso anche i latinismi e i grecismi di introduzione pi recente, spesso mediati da altre lingue europee) notevole dal punto di vista strutturale e sembra avvantaggiare i parlanti del Nord (i cui dialetti presentano fenomeni simili) rispetto a quelli del Centro-Sud: pronunce come [gase] per gas e a[ti]mosfera o a[m]osfera appaiono ormai semicolte o comunque decisamente antiquate. Per quanto riguarda linventario dei fonemi, stato giustamente rilevato (Mioni 1993) che alcune tradizionali distinzioni fonologiche proprie del modello di base fiorentina, non supportate dalla grafia e di limitata, scarsa o scarsissima funzionalit, tendono a neutralizzarsi fuori della Toscana: si tratta, nel vocalismo tonico, delle opposizioni /e/ ~ // (psca / psca) e /o/ ~ // (btte / btte) e, nel consonantismo, delle distinzioni /s/ ~ /z/ (chiese, con la sorda, passato remoto di chiedere, e chiese con la sonora, plurale di chiesa) e // ~ // (un cane di razza, con la sorda, e il pesce chiamato razza, con la sonora). Ora, alla perdita dellopposizione tra vocali medioalte e mediobasse fa da corrispettivo una loro distribuzione assai differenziata a seconda delle variet regionali, che non sempre conforme al modello fiorentino, ma non lascia neppure intravedere sviluppi uniformi, se non forse la tendenza alla chiusura della vocale nel dittongo /j/, reso prevalentemente con /je/. Invece, nel caso della sibilante intervocalica stata rilevata la tendenza a realizzarla come sonora (se pure variamente articolata), sia al Nord sia anche in area centromeridionale, dove il sostrato dialettale farebbe optare per la sorda (tuttora frequente); in questarea la sonorizzazione pu verificarsi anche in presenza di un confine morfologico e in fonosintassi, come in [bunazera], pronuncia non registrata al Nord (ma in /rizaltare/ la sonorizzazione ormai generalizzata). In prospettiva, si potrebbe arrivare a unopposizione fonologica tra /z/ sonora tenue e /s/ sorda intensa (con nuove coppie minime come /kaza/ ~ /kasa/, /spezo/ ~ /speso/). Quanto allaffricata dentale, per lo pi sonora in posizione iniziale (anche in voci dove lo standard tradizionale avrebbe prescritto la sorda: zio, zucchero) e per lo pi sorda allinterno di parola (almeno quando scritta con la doppia, o prima di /i/ o /j/), sebbene si sentano anche pronunce, forse reattive, di razzismo e nazista come [radzizmo] e [naista], nonostante levidente derivazione delle voci da razza etnia e nazione, pronunciate normalmente con la sorda. Sempre allinterno di parola, la resa come intensa (che nello standard di base tosco-romana sarebbe generalizzata, a prescindere dalla grafia) tende a limitarsi ai casi di grafie con la doppia, sicch si hanno realizzazioni con la tenue, sorda o pi spesso sonora, in polizia, azoto, ozono, ecc., col possibile sviluppo di una nuova opposizione fonologica in casi come vizi opposto a vizzi (Mioni 1993). A proposito delle consonanti intense, c anche da segnalare che il raddoppiamento sintattico ha subito un certo declino (ormai perfino nei modelli forniti dalle scuole di dizione), per es. dopo ma, se, che, e si caratterizza come tratto regionale toscano dopo da, dove, come interrogativo. Il venir meno del fenomeno spiega la sua assenza in grafie come intravedere, tiv, senonch, sopratitoli.
Grafia
Anche questo settore, stabilizzatosi con linsegnamento scolastico postunitario, non fa registrare grossi mutamenti, anche perch il correttore automatico dei computer (Palermo 1997; Renzi in Lo Piparo & Ruffino 2005: 199-208) contribuisce alla diffusione dello standard, tanto che sono tuttora soggetti a forte censura gli errori ortografici, che pure si direbbero tuttaltro che rari e, accanto ai refusi, compaiono, almeno saltuariamente, anche in forme di scrittura che sono o dovrebbero essere pi sorvegliate. Questo pu dipendere dalla rapidit della redazione dei testi, dalla frequente assenza di rilettura, che ha ricadute anche ad altri livelli di analisi (DAchille 2001), e dalle nuove modalit di stampa, in cui la correzione delle bozze ha perso limportanza che aveva in passato. Resta qualche incertezza ortografica, come quella che riguarda la i di valore puramente diacritico nei plurali di nomi (e aggettivi) femminili uscenti in -cia e -gia: la regola scolastica che la richiede solo se c una vocale prima della terminazione (camicie e grigie ma lance e frange) si largamente diffusa, ma, per influsso del latino, capita ancora di incontrare la grafia provincie e camicie, e il libro postumo di Oriana Fallaci (2008) intitolato Un cappello pieno di ciliege. In estensione e ormai abbastanza accettate sono grafie fonetiche come spegnamo, accompagnamo invece di spegniamo, accompagniamo, che mantengono la desinenza -iamo. Incertezze perdurano anche nelluso dellaccento grafico sui monosillabi, specie su do (a volte accentato per distinguerlo dal nome della nota), nonch sul riflessivo s, generalmente non accentato prima di stesso o medesimo; grafie aberranti come st e f sono sanzionate, ma non rarissime. Si rileva invece frequentemente la trasgressione della regola che prescrive laccento sulle parole ossitone nel caso dei composti con monosillabi che, da soli, non lo richiedono: grafie come doposci, rossoblu, ventitre (e anche Raitre, come Raiuno e Raidue) sono tuttaltro che rare e anzi vengono spesso considerate quelle corrette. Luso dellaccento circonflesso sulla i dei plurali dei nomi maschili uscenti in -o limitato a testi particolarmente accurati o di tono desueto, con la stessa funzione disambiguante che ha la possibile segnalazione dellaccento grafico sulla terzultima sillaba in caso di omografie (princip contrapposto a prncipi, come mbito rispetto ad ambto). Non pi di un cenno merita il recupero (certamente favorito dallintroduzione di grecismi e forestierismi non adattati, come xenofobo o whisky) dei grafemi stranieri j (Jovanotti, junior, pronunciato allinglese, cos come inglese ormai lo stesso nome della lettera, detta jay e non pi i lunga), k (usato per es. nella sigla di Crotone, KR, e soprattutto nel trasmesso giovanile invece di ch davanti alle vocali palatali, anche per risparmiare uno spazio), w (la sigla WWF), x (extra, mix) e y (molto usata anche in ipocoristici come Geppy e Tony). Per il resto, come tratti grafici di diffusione generale si pu segnalare la riduzione (nello scritto pi estesa che non nel parlato) dellelisione e dellapocope; lelisione, a parte i numerosi casi in cui si cristallizzata, come in daccordo, pare obbligatoria quasi solo prima di (c, ce n, dov, com, queste ultime due sequenze frequentissime nelle domande) e con gli articoli determinativi lo e la (e le corrispondenti preposizioni articolate) e i dimostrativi quello e quella; ma mentre nelle forme maschili costante prima di vocale e /w/ (lutile, delluomo, quellindividuo), in quelle femminili pu restringersi ai casi di parola iniziante ancora con a (lattesa; quellamica; invece ammessa la sequenza della Enciclopedia), restrizione che vale anche nel caso dellarticolo indeterminativo una (unazienda, ma una Universit accanto a unUniversit). Questo quadro pu contribuire a spiegare, per analogia, lindebita estensione dellapostrofo sia dopo qual in qual , sia dopo il maschile un, dove relativamente estesa, come pure la sua saltuaria assenza nel caso del femminile, probabilmente per ipercorrettismo. Un punto in cui la grafia tuttaltro che stabilizzata quello della composizione: se nelle locuzioni avverbiali e congiunzionali la tendenza verso luniverbazione (invece prevale da molto tempo su in vece, pressoch su presso che, nonostante su non ostante, ecc.), nei composti nominali e aggettivali si ha una variet di soluzioni: grafia separata (italo americano, auto bomba), trattino di congiunzione (italo-americano, auto- bomba), univerbazione (italoamericano, autobomba). Normalmente si arriva alluniverbazione man mano che le forme si lessicalizzano, ma capita non di rado di trovare separati non solo primi elementi di composti, ma anche prefissi e prefissoidi che normalmente non compaiono isolati (settori scientifico disciplinari, semi nascosto, pseudo scientifico). Ancor meno stabilizzate sono le univerbazioni di polirematiche (pan di Spagna prevale tuttora su pandispagna). Infine, appaiono in declino anche nello scritto, oltre che nel parlato, la d eufonica (limitata quasi solo a casi con due vocali identiche: stato il primo ad arrivare; ed ecco che ) e la i prostetica, che resiste solo nella formula per iscritto. Nelluso delle maiuscole iniziali, se sono in decrescita grafie come Santo, Papa, Paese, Stato, Repubblica, ecc., si ha viceversa un loro indebito intensificarsi, per probabile influsso inglese, nei nomi dei mesi nelle date (15 Aprile 2010), negli etnici aggettivali e nei glottonimi (uno studente Inglese, in Italiano).
Morfologia flessiva
Anche in questo settore litaliano si caratterizzato a lungo per la sua stabilit, che stata ulteriormente rafforzata, nel corso del Novecento, dalla progressiva riduzione della polimorfia. La sovrabbondanza di forme, soprattutto allinterno del sistema verbale, che caratterizzava ancora la lingua dellOttocento (Migliorini 1960), andata via via scemando: attualmente, forme come debbo, segga, offerse, potette, dette, veduto, pur non essendo affatto uscite dalluso, appaiono senza dubbio in forte regresso rispetto a devo, sieda, offr, pot, diede, visto. Ancora maggiore la riduzione della polimorfia (sia essa morfologica o esclusivamente fonetica) nel caso dei nomi (uffizio, giovine hanno ceduto da tempo il campo a ufficio, giovane), a meno che non si tratti di allotropi (prezzo e pregio); anche nei plurali dei nomi in -co e -go le alternanze tra forme concorrenti (chirurghi / chirurgi) si vanno riducendo. Nella morfologia nominale si pu registrare la crescita di peso della classe degli invariabili, originariamente marginale (DAchille & Thornton 2003), in cui vengono inseriti non solo i forestierismi uscenti in consonante, ma anche nuovi nomi maschili in -a (numerosi, a dispetto delle regole fonologiche dellassegnazione di genere, che prevedono per luscita in -a la scelta del femminile; Thornton 2003) e persino in -o (DAchille 2005), e soprattutto nomi femminili in -o (DAchille & Thornton 2008). In questo quadro laccoglimento di euro al plurale, secondo la Nota comunitaria europea del 1998, non ha trovato troppe resistenze (la forma euri per documentata, almeno a livello popolare, specie in Toscana e a Roma, e si registrano anche forme femminili plurali come le dieci euro). Negli articoli determinativi si segnala qualche incertezza nella scelta tra il e lo prima di parole inizianti in w o j o con nessi consonantici (il whisky, lo whisky o lwhisky, il judo o lo judo, il pneumatico o lo pneumatico, ecc.). Pi rilevanti le innovazioni nel sistema, molto complesso, dei pronomi personali e in particolare dei clitici. Qui almeno nel parlato sembrano essersi ormai definitivamente completati processi di lunga durata, come la vittoria di lui / lei in funzione di soggetto su egli / ella (Vanelli in Marcato 2003: 59-70) e anche su esso / essa (al plurale esse / essi resistono un po meglio a loro), lespansione di gli al posto dello pseudoclitico plurale loro (Cardinaletti in Cardinaletti & Frasnedi 2004: 49-75, che tratta pure del caso, diverso, e ancora substandard, di gli invece del femminile le), di ci locativo invece di vi. Tra le altre innovazioni si possono indicare lespansione (da Roma in su) di te anche come forma di soggetto invece di tu (da rilevare la coesistenza di tu ed io e io e te), luso desemantizzato di ci con essere e avere (esserci e averci) e la sua lessicalizzazione con verbi come entrare (dove il processo particolarmente avanzato, tanto che centrare invece di entrarci riguardare, essere pertinente attestato, forse favorito dalla preesistenza di centrare mettere al centro), volere, stare, ecc. Ma un po tutti i clitici tendono, specie nel parlato, a legarsi a particolari verbi (definiti a volte procomplementari: Viviani 2006) e, pi in generale, a perdere il loro valore propriamente pronominale (Berretta 1985; 1993). Per quanto riguarda i verbi, non si individuano, dal punto di vista propriamente morfologico, effettive novit, a parte la tendenza verso una possibile accettabilit di alcune forme analogiche tuttora substandard, come lestensione di -isc- a verbi in -ire che non appartengono a questa sottoclasse o la regolarizzazione dei composti degli irregolari dire, fare e venire. Invece, sul piano funzionale si nota, specie nel parlato, la tendenza alla semplificazione del sistema tradizionale, anche in questo caso particolarmente complesso: molte forme, infatti, risultano oggi di uso piuttosto raro e sembrano avviate a un lento declino o comunque sono esclusive di registri molto formali e accurati, mentre altre tendono ad allargare la loro sfera duso e ad assumere nuovi valori (temporali, modali, aspettuali) che si aggiungono a quelli tradizionali e che, in prospettiva, potrebbero arrivare talvolta a soppiantarli. Cos, per es., tra i tempi dellindicativo, il presente sostituisce non solo il passato nei testi narrativi (al presente storico si lega luso, nello scritto, del futuro storico, in alternativa al condizionale passato, per indicare eventi posteriori), ma spesso anche il futuro (vengo domani), che ha a sua volta sviluppato un valore epistemico di dubbio (sar anche giusto, ma non mi convince); il presente indicativo pu avere anche valore iussivo prendendo il posto dellimperativo (adesso ti siedi e mi stai a sentire invece di adesso siediti e stammi a sentire; si noti, comunque, la preferenza per la perifrasi stare a + infinito) o rimpiazzare il presente congiuntivo in certe dipendenti, in particolare (a volte in alternativa al futuro) nelle completive rette da verbi di opinione (non penso che vero; credo che verr; analogamente si ha limperfetto indicativo invece del congiuntivo in non sapevo chi era). Il passato prossimo largamente preferito al passato remoto (morfologicamente spesso irregolare e assente nei dialetti settentrionali), anche per eventi cronologicamente lontani, mentre limperfetto, che in certi testi scritti pu assumere anche il valore puntuale e perfettivo proprio del passato remoto, ha vari usi modali: in partic., sostituisce spesso il congiuntivo e/o il condizionale in periodi ipotetici (se venivi ti divertivi) e pu avere valore attenuativo, di cortesia o di modestia (volevamo due caff; ti cercavo per chiederti una cosa). Il congiuntivo, di cui gi alla met del Novecento si lamentava la prossima morte, cede spesso il campo allindicativo nelle completive, nelle interrogative indirette e nelle relative restrittive, ma tuttora usato, sia nel parlato sorvegliato, sia soprattutto nello scritto, in molte subordinate; nelle principali va segnalata lespansione dellimperfetto, invece del presente esortativo (lo facessero, una buona volta!), di matrice romana e meridionale (Renzi 2007). Il condizionale si caratterizza soprattutto come modo del discorso riportato. Tra i modi indefiniti, linfinito presente si usa spesso al posto dellimperativo, specie in cartelli e in manuali di istruzione (introdurre la carta; agitare prima delluso); il participio presente mantiene valore verbale solo in testi burocratici (si ricorda ai docenti componenti la commissione); il participio passato pu essere usato al superlativo anche quando ha valore verbale e non aggettivale (il concerto stato applauditissimo), mentre il gerundio (che non ha sempre un legame diretto con il verbo della principale, assumendo cos valore testuale: riassumendo, la situazione appare complessa) ha molto successo in titoli (Ballando con le stelle), tanto che la terminazione -ando (anche per calco dellinglese) si estende, in nomi di aziende commerciali o di manifestazioni, a nomi non convertiti in verbi (pizzando, chitarrando). Nei tempi composti, la scelta degli ausiliari appare sostanzialmente stabilizzata (tranne che nei verbi cosiddetti atmosferici, dove si alternano ha nevicato ed nevicato; in altri casi il verbo assume caratteri diversi a seconda dellausiliare; cos in ha fiorito ~ fiorito, ho scivolato ~ sono scivolato, ecc.); resta invece instabile laccordo del participio passato alloggetto nelle forme composte con lausiliare avere e con i verbi pronominali (ma ho fatto la spesa, mi sono bevuto una bibita e grazie per averci seguito sembrano prevalere rispetto a ho fatta la spesa, mi sono bevuta una bibita e grazie per averci seguiti). Molto in espansione sono le strutture perifrastiche: anzitutto stare + gerundio, probabilmente favorito, anche attraverso il doppiaggio, dal modello inglese (Degano 2005), ma anche (come si detto prima) stare a + infinito (alternativo al precedente con i verbi di percezione, in frasi negative, con gli imperativi), andare a + infinito, avere da + infinito, ecc.
Morfologia lessicale
Nella lingua di oggi le neoformazioni sono prodotte grazie ai tradizionali meccanismi di derivazione e composizione, ma vi sono alcuni fatti degni di nota (cfr. Terreni in Cardinaletti & Frasnedi 2004: 163-85, e soprattutto Grossmann & Rainer 2004; Dardano 2009). Non tutti i prefissi e i suffissi tradizionali risultano tuttora produttivi, n, tra quelli produttivi, tutti hanno la stessa numerosit e frequenza; tra i prefissi pi usati si possono citare anti- (misure anticrisi; come si vede dallesempio questo forse il solo prefisso che consente un cambio di categoria rispetto alla base), post- (governi post-comunisti; ma forte la concorrenza dei composti con dopo, come dopo-elezioni), trans- (transavanguardia), iper- (iperattivo), super- (supereroi). Tra i suffissi produttivi, si possono citare -ista da basi nominali e -tore da basi verbali per i nomi dagente (il tradizionale -aio scarsamente produttivo, mentre il romanesco -aro d luogo soprattutto a neoformazioni espressive); - zione, -mento, -tura e -aggio per i nomi dazione; -it e -ismo rispettivamente per i nomi astratti e per nomi di movimenti e tendenze; - izzare (da cui -izzazione) per i verbi (cannibalizzare e cannibalizzazione); -ale, in espansione anche per influsso inglese (opzionale, decisionale), ma anche -(i)ano, -ista e -istico, -ato per gli aggettivi, ecc. Resta produttiva lalterazione, tipica dellitaliano, e si ha spesso la lessicalizzazione degli alterati, che assumono un significato autonomo rispetto alle basi (messaggino, calcetto, telefonino). Da registrare anche la diffusione del cosiddetto suffisso zero nella conversione di nomi in verbi e viceversa (cos da fax si avuto faxare inviare per fax, da allacciare si tratto allaccio invece di allacciamento; nel caso di qualifica invece di qualificazione si pu parlare invece di sottrazione di suffisso); resta ancora praticabile il meccanismo della parasintesi, che tiene in vita la classe dei verbi in -ire (svelenire). Pi rilevanti, forse, le novit nella composizione, in particolare nei vari sottotipi delle formazioni nome + nome, alcuni dei quali scarsamente rappresentati in passato, come i composti formati per ellissi della preposizione che esprime la subordinazione del secondo elemento al primo, derivati dunque da polirematiche (come banca dati o bagnoschiuma), oppure le combinazioni asindetiche come partito- azienda o lista civetta da un lato ed effetto serra o allarme inquinamento dallaltro, nonch i composti ibridi, formati con un elemento italiano e uno straniero (per lo pi inglese), tra loro coordinati o subordinati e in cui non sempre la testa costituita dal primo componente (si pensi a incentivi boom). Tra i composti verbo + nome alcuni sono usati come aggettivi (film mozzafiato, farmaco salvavita); in crescita anche i composti aggettivo + aggettivo (in particolare gli etnici) che, almeno occasionalmente, possono essere formati da pi di due elementi (anglo- franco-tedesco). La composizione neoclassica, realizzata con prefissoidi e suffissoidi latini e soprattutto greci, continua ad essere in espansione e vari elementi assumono progressivamente nuovi valori (si pensi a euro-, prima usato nel senso di relativo allEuropa, poi anche come proprio dellUnione Europea, infine pure nel senso di relativo alla moneta dellUnione Europea, o a -poli, che dal valore di citt ha sviluppato, a partire da tangentopoli, quello di fenomeno di corruzione). Notevole peso, infine, hanno fenomeni di riduzione, dalluso di sigle (spesso modellate sullinglese, come AIDS), agli accorciamenti (come le recenti info informazioni, demo dimostrazione), che coinvolgono i nomi di persona (dove si pu avere la perdita della marca di genere, come in Simo Simone o Simona, Fede Federico o Federica, ecc.), dalle parole macedonia (glocalizzazione; lo scherzoso Veltrusconi) ad alcune retroformazioni (come spaghi spaghetti, cappuccio cappuccino).
Sintassi e testualit
Secondo Beninc (1993), difficile parlare, per litaliano contemporaneo, di vere novit sintattiche: anche i calchi dallinglese, come linterrogativa detta bifocale, diretta o indiretta (il tipo chi ha visto chi?) restano circoscritti a dati tipi testuali e sostanzialmente estranei al sistema. Altri calchi sintattici dallinglese, come si detto, sembrano per avere maggior diffusione. Da segnalare, inoltre, certi spostamenti nella reggenza del verbo, con intransitivi usati transitivamente ( il caso di operare, viaggiare e vivere) o al posto delle forme pronominali (alternare per alternarsi, dirigere per dirigersi, ecc.). Nellordine delle parole nellitaliano di oggi si rileva la grammaticalizzazione di alcune strutture originariamente marcate, documentate da secoli ma a lungo considerate scorrette: il mancato accordo del verbo (al singolare) con il soggetto nuovo posposto (alla cerimonia ha partecipato il sindaco e il presidente della provincia); la dislocazione a sinistra delloggetto diretto, ormai largamente accolta nello scritto e del tutto normale, in alternativa al passivo, nel parlato, dove inoltre gli oggetti caratterizzati dal tratto [+ umano], almeno in dipendenza di verbi psicologici come convincere, invitare, ecc., possono essere preceduti dalla preposizione a (a me la spiegazione non (mi) ha convinto, a Maria nessuno lha invitata); la dislocazione a destra, in cui lelemento anticipato dal pronome non si caratterizza come dato ma come nuovo, e che particolarmente frequente nelle interrogative polari (lhai letto larticolo su Panorama?); la frase scissa, che nel parlato usatissima nelle interrogative restrittive (dov che hai messo le chiavi della macchina?) e si trova anche nei tipi che e non che , mentre nello scritto serve spesso a marcare un cambiamento di tema e va dunque letta in chiave testuale; la frase presentativa, che nel parlato introduce pi elementi nuovi (c qualcuno che ti vuole parlare), ecc. Nella sintassi del periodo si pu citare la riduzione, sul piano sia quantitativo sia qualitativo, delle congiunzioni subordinanti tipiche dello scritto tradizionale: questo tratto caratterizza, ovviamente, soprattutto il parlato, dove, per es., siccome sostituisce poich e ha largo spazio il che subordinatore generico; diffuso anche, per introdurre una relativa, il che polivalente (seguito o no da ripresa pronominale), che per resta pi marcatamente substandard. Anche lo scritto sembra spesso puntare a una semplificazione sintattica, quale si coglie, oltre che nella frequente adozione dello stile nominale, nellalleggerimento delle strutture ipotattiche che hanno caratterizzato per secoli litaliano. La riduzione della profondit della subordinazione non va per sempre attribuita alla pressione del parlato: cresce infatti anche linserzione di frasi incidentali, sintatticamente autonome, che, unitamente alla estrazione interpuntiva di materiale linguistico, va nella direzione di una maggiore complessit. Pertanto, la lingua scritta di oggi sembra soprattutto attenta a controllare, anche localmente, larchitettura semantico-pragmatica dei testi (Ferrari 2007: 79). In chiave testuale vanno interpretate anche alcune innovazioni sul piano della punteggiatura (Ferrari 2003; Francesca Gatta in Cardinaletti & Frasnedi 2004: 267-79), come lestensione, nella narrativa ma spesso anche nel giornalismo, del punto fermo, posto prima di sequenze subordinanti e coordinanti, di sintagmi nominali e preposizionali: le spezzature ottenute consentono di non esplicitare i nessi logici e sintattici tra i vari sintagmi, che vengono cos tutti in certo modo focalizzati. Ma se il punto prende a volte il posto della virgola, in altri casi questa a sostituire il punto, ponendosi tra frasi del tutto indipendenti. Nella narrativa contemporanea non mancano neppure casi di totale assenza di punteggiatura, che possono di volta in volta arieggiare il parlato, rendere il flusso dei pensieri (secondo il modello del monologo interiore), ottenere particolari effetti ritmici. In declino, infine, almeno in molti tipi di testo (e soprattutto nella scrittura in rete) il punto e virgola.
Altri fenomeni
Prima di concludere si segnalano vari fatti, forse meno rilevanti dal punto di vista strutturale, ma utili per caratterizzare la lingua di oggi, o perch rivelano aspetti sociolinguistici interessanti, oppure perch documentano mode e tendenze spesso considerate con avversione: alcuni rientrano infatti in quella che stata definita come lingua di plastica (Castellani Pollidori 1995; 2004), che trova largo spazio nei media. Anzitutto, un problema sociolinguisticamente significativo quello della mozione (Thornton in Grossmann & Rainer 2004: 218-27), specie per quanto riguarda lindicazione del genere per nomi di professioni e attivit un tempo riservate alluomo: la ricerca del politically correct ha determinato una certa riduzione dei suffissi -essa e -trice (forme di matrice femminista come la studente, la professora, la direttora non si sono per di fatto mai imposte), ma si oscilla tuttora tra il ministro (con il mantenimento del maschile anche quando si tratta di una donna, che crea problemi di accordo in frasi come il sindaco stata molto impegnata), la ministra (spesso ironico) e la ministro (ma al plurale le ministro di fatto non usato, al contrario di le soprano, diffuso accanto a i soprani); da notare che a volte anche in conseguenza di mutamenti nel costume il nome maschile il derivato e il femminile la base (divo attore di successo posteriore a diva; mammo padre che fa le veci della madre e nuoro compagno del figlio omosessuale sono stati tratti da mamma e nuora). Legato alle tematiche femministe anche il relativo declino dellarticolo determinativo prima del cognome di donne (Bonino e non la Bonino), che peraltro ancora diffuso; con i cognomi di uomini, e con i nomi di persona maschili e femminili, la presenza dellarticolo invece marcata diatopicamente come toscana e settentrionale (ma anche, per quanto riguarda i nomi, meridionale: vedi salentino lu Carlu). La ricerca del politicamente corretto ha determinato anche la diffusione di alternative eufemistiche per nomi di mestieri considerati umili (operatore ecologico invece di mondezzaio o spazzino), o per particolari categorie di malati (non udenti invece di ciechi). A mutamenti nei rapporti sociali si legano le recenti trasformazioni nelluso degli allocutivi: al singolare si ha la crescita del tu confidenziale (che in origine caratterizzava dialettalmente luso popolare di Roma e di altre zone dellItalia centrale e in grande estensione a partire dal Sessantotto) e la limitazione del voi di cortesia allarea meridionale; al plurale la restrizione del loro corrispondente al lei solo a testi e contesti molto formali. Anche nelle formule di saluto, oltre allespansione del ciao (come saluto anche collettivo, sia di esordio sia di congedo, che presuppone il tu), si pu registrare la ripresa di salve come saluto di media formalit, usato anche dai giovani (Canobbio, in Marcato 2003: 147-154). Dal linguaggio giovanile sono risaliti allitaliano comune vari tratti, dal troppo con valore relativo (troppo forte! bellissimo), alle interiezioni inglesi (o)ops!, diffusasi grazie ai fumetti e usata sempre pi spesso come segnale di scusa, o wow (anche uau!), allintroduttore della serie , ricavato dagli annunci televisivi. Ormai da tempo detabuizzati sono vari termini disfemici (Giovanni Nencioni in Accademia della Crusca 1982: 5-33), da casino, usato con valore avverbiale, a cazzo, quasi grammaticalizzato nel parlato in domande come (che) cazzo dici?, peraltro fortemente marcate in diafasia. Tra le grammaticalizzazioni primarie e secondarie diffuse soprattutto nel parlato si possono citare (Renzi 2000) tipo con valore avverbiale (lui pensa tipo che ), che ha precedenti milanesi gi negli anni Cinquanta, (e) quantaltro come conclusione di enumerazioni di qualunque natura, e piuttosto che, che nello standard tradizionale istituisce una comparazione di preferenza, mentre nelluso contemporaneo (ma anche qui c una matrice milanese o comunque nordoccidentale) ha assunto anche il valore di semplice alternativa, perfetto equivalente di oppure. In continuo movimento, infine, il settore dei segnali discorsivi.
Conclusioni
Nella lingua di oggi si registrano indubbiamente tendenze evolutive, dovute in parte alla sua stessa espansione in una gamma di usi assai diversificata; alcune sembrano di carattere strutturale, altre si direbbero legate piuttosto a spostamenti di carattere normativo; alcune si possono definire endogene, interne al sistema (e spesso hanno un retroterra storico consistente), altre sono esogene, legate cio agli apporti delle variet regionali diverse da quella toscana e ai contatti con le lingue straniere e soprattutto con linglese. Il quadro appare mosso e, in certi aspetti, persino contraddittorio. La registrazione di fenomeni nuovi non deve per far trascurare gli elementi di continuit con la lingua della tradizione, che appaiono tuttora saldi. Lo stesso contesto sociale sembra, al di l di certe apparenze, favorire la stabilit piuttosto che la deriva a volte pronosticata.
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