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si procedesse contro i complici, dicendo: '- Non voglio cominciare il mio regno con atti di terrore; e del resto

che cosa pu guadagnare la mia reputazione dal fatto che si scoprano molti congiurati e cio molte persone che mi odiano? Meglio stendere un velo su tutto. (GUERARD, Diction naire d'anecdotes). 417. La frase preferita di questo ottimo imperatore, a cui Pausania voleva dare il titolo di padre degli uomini, era: - Preferisco salvare un solo cittadino, piuttosto che uccidere mille nemici. (En cyclopdie mthodique). 418. In una sommossa popolare, causata da una gran carestia, un sedizioso riusc a d arrivare in suo cospetto e a proferire al suo indirizzo oltraggiose parole. An tonino Pio non se ne adont; ma, fatto avvicinare ancor pi quell'uomo che la fame a veva reso furente, cerc di spiegargli i provvedimenti che aveva preso, e riusc a c almarlo. (Encyclopdie mthodique). 419. Quando Antonino stette in punto di morte cominci a delirare, e pensava di es sere al campo, prima di una grande battaglia. Allora i presenti, per secondare i l suo delirio, gli chiesero la parola d'ordine. - Tranquillit - rispose l'imperatore, e cos detto spir. (Encyclopdie mthodique). ANTONINO (Sant') n. 1389 - m. 1459; vescovo di Firenze. 420. Sant'Antonino era vescovo di Firenze; ma rest sempre umilissimo e povero. Qu ando gli dissero che il papa lo voleva far cardinale, egli and a rifugiarsi nei b oschi di Corneto, nascondendosi in mezzo al folto degli alberi e rifiutandosi di veder gente. Tuttavia il corriere pontificio, a furia di cercarlo, lo ritrov, e dopo che gli e bbe data la notizia, gli chiese una mancia. - Una mancia, per una cos cattiva notizia? - esclam il santo uomo - e che cosa ti darei del resto? Fuor della cappa che tu mi vedi addosso, non ho altro. (VESPASIANO DA BISTICCI). ANTONIO (MARCO) n. 83 - m. 30 a. C.; form con Ottaviano e Lepido il secondo triumvirato; abbandon la moglie per Cleopatra, regina d'Egitto; inimicatosi con Ottaviano, fu da quest o sconfitto ad Azio; e poco dopo si uccise. 421. Antonio si rec ad Atene, e subito tutta la folla degli adulatori gli fece re ssa attorno, chiamandolo Bacco. Un oratore aggiunse che la citt, per onorarlo, vo leva dargli in sposa Minerva, protettrice della citt. Al che Marco Antonio, con molto spirito, rispose: - E io accetto; ma siccome Minerva una gran Dea, ci vuole una buona dote.. Datem i dunque una grossa somma di denaro e non se ne parli pi. (Diversitz curieuses III ). 422. Una delle tante mogli d'Antonio fu Ottavia, la sorella di Ottavia- no, donn a dolcissima e veramente innamorata del marito. Quando questi la trad pubblicamen te con Cleopatra, l'unica preoccupazione della buona Ottavia fu di non far scopp iare una guerra tra il marito e il fratello. Quest'ultimo voleva che essa abband onasse la casa maritale, ma Ottavia vi si rifiut e supplic il fratello di perdonar e al marito. (Dictionnaire de l'amour). 423. Il libertinaggio di Cleopatra dava molto a pensare ad Antonio, innamorato d i lei, tanto che il triumviro consult in proposito il celebre medico Sorano, rive landogli che Cleopatra, accesa di libidine, una sera se n'era andata, nascosta s otto un mantello, in un lupanare, dove in una sola notte aveva soggiaciuto a 106 uomini. Sorano ' attribu questo libertinaggio al calore del clima, prese in cura Cleopatr a e si dice che la guarisse. (Dictionnaire de l'amour)., 424. Mevio era un centurione che aveva parteggiato per Ottaviano. An tonio riusc a farlo prigioniero. Condotto innanzi al triumviro, questi, con piglio terribile , gli disse: - Che cosa debbo farti? - Fammi morire - rispose fieramente Mevio - perch n la paura ne i regali potranno mai indurmi a lasciare il partito di Ottaviano per prendere il tuo. (Encyclopdie mthodique).

425. Era tanto infatuato di Cleopatra, che non curava pi nulla, n la gloria ne il potere, per potersi ritrovare sempre con lei. Nella battaglia d'Azio, quando Cle opatra, spaventata, si diede alla fuga, egli non si diede pi pensiero della batta glia e tradendo e abbandonando coloro che combattevano per lui, non pens ad altro che a seguirla nella fuga. Fu la sua rovina. Qualche tempo dopo, Cleopatra si nascose in un sepolcro che si era fatta costrui re e sparse la voce che si era uccisa. Antonio, disperato, esclam: - Ecco che una donna mi ha vinto in coraggio e in magnanimit. cos dicendo si trafisse con la spada. (Dictionnaire de l'Amour). ANTONIO (Sant') da Padova n. 1195 - m. 1231; celebre predicatore francescano e taumaturgo, canonizzato un anno dopo la sua morte. 426. Sentendolo predicare, il papa Gregorio IX, maravigliato del modo con cui ci tava l'Antico e il Nuovo Testamento, disse: - Ma questo l'arca dell'alleanza; perch era solo l'arca dell'alleanza che contene va le due tavole della legge! (HELLO, Phisionomies de Saints). 427. Un giorno il santo predicava a Rimini, quando s'accorse che l'uditorio era distratto e non lo ascoltava. Allora disse: - Alzatevi e seguitemi in riva al mare. I fedeli, incuriositi, lo seguirono infatti, e il santo, giunto che fu in riva a l mare, voltandosi verso le onde, disse: - Poi che gli uomini si rifiutano di starmi ad ascoltare, venite voi, pesci, a s entire la mia predica. Subito una moltitudine enorme di pesci si accost alla spiaggia e il santo li invi t a lodare Dio che li aveva creati. (NELLO, Phisionomies de Saints). 428. C'era a Padova un uomo ricco che faceva l'usuraio, e a furia di usure aveva raddoppiato il suo patrimonio. Sant'Antonio, quando l'usuraio venne a morire, v olle pronunciare l'orazione funebre e in essa disse: - L dove il suo tesoro anche il suo cuore. finita l'orazione disse ai parenti: - Se non ci credete, andate a vedere nella sua cassaforte e troverete il suo cuo re. I parenti andarono, aprirono il forziere, e quale non fu la loro maraviglia trov andovi, in mezzo ai denari, un cuore umano che era ancora caldo. (NELLO, Phision omies de Saints). 429. Un giorno Sant'Antonio incontr per strada un uomo famoso per la sua vita dis sipata e peccaminosa. Sant'Antonio si scopr rispettosamente e fece dinanzi a lui una genuflessione. L'altro rest molto maravigliato, ma non disse nulla. Altre vol te il santo incontr il peccatore; e sempre erano riverenze e genuflessioni, fin c he l'altro, credendo che il santo volesse prenderlo in giro, irritato gli disse: - Se non smettete di prendervi giuoco di me, vi trapasser con la mia spada! - Glorioso martire di Dio, - gli rispose il santo - ricordatevi di me quando sar ete nei tormenti. L'altro scoppi a ridere. Se non che, alcuni anni dopo, trovandosi il peccatore pe r affari in Palestina, si convert, predic la fede ai Saracini e fu sottoposto al m artirio. La profezia del santo si era avverata. (NELLO, Phisionomies de Saints). APELLE il pi grande pittore della Grecia; visse alla corte di Alessandro Magno; mor nel 3 24 a. C 430. Alessandro trovava che il ritratto fattogli da Apelle non gli rassomigliass e molto. Mentre il pittore cercava di persuaderlo, pass uno - dei cavalli di Ales sandro che, come colpito alla vista del ritratto, si mise a nitrire. Allora Apel le disse al re: - Questo cavallo s'intende di pittura- pi di te. (Encyclopdie mthodique). 431. Apelle and a trovare a Rodi il suo collega e rivale Protogene. Non avendolo trovato in casa, prese una tavola e vi fece su alcuni tratti, abbozzando una fig ura. Poi se ne and. Tornato Protogene, appena vide quel disegno esclam: - Qui c' stato Apelle. Nessun altro poteva disegnare pi finemente questi tratti de l volto. E sul disegno fece col pennello, intinto in altro colore, "la continuazione dell

'opera cominciata; e lasci detto che, se si ripresentava lo straniero, gli si des se la tavola. Egli poi usci in cerca d'Apelle. Il quale, essendo ritornato e ved endo l'opera squisita del suo rivale, prese ancora il pennello e con altro color e ricalc il disegno di Protogene, migliorandolo assai. Quando Protogene rincas e v ide quella meraviglia, usc come pazzo da casa, corse al porto, vi trov Apelle, e i nginocchiatosi ai suoi piedi, lo chiam suo maestro e, dichiarandosi vinto, chiese in grazia l'amicizia del divino pittore. E infatti da quel giorno, finita tra i due ogni rivalit, si stabil una salda amicizia. (Encyclopdie mthodique). 432. Apelle, avendo saputo che i Rodesi apprezzavano poco l'opera di Protogene, e che i suoi quadri erano venduti a vil prezzo, and dal suo amico e collega e gli disse che gli avrebbe comprato lui tutti i suoi quadri a cinque talenti ognuno. Allora i concittadini di Protogene cominciarono ad accorgersi del suo valore, e da questo momento cominci la fortuna di lui. (Encyclopdie mthodique). 433. Un pittore fece vedere ad Apelle una sua tavola rappresentante Venere che a veva raffigurata in abiti magnifici, e gli domand il suo parere. - Vedo - rispose Apelle - che, non avendo saputo fare una Venere bella, l'hai fa tta almeno ricca. (Encyclopdie mthodique). 434. Apelle aveva fatto un mirabile ritratto di Alessandro. In Grecia dicevano c he c'erano due Alessandra ormai: quello invincibile, figlio del re Filippo, e qu ello, inimitabile, d'Apelle. (Encyclopdie mthodique). 435. Alessandro Magno, tra le tante concubine, preferiva Campaspe e volle che Ap elle le facesse il ritratto tutta nuda, perch aveva un corpo stupendo e armonioso . Ma il pittore non poteva veder tante bellezze senza accendersene, e s'innamor d ella bella ragazza, tanto da non poter continuare il suo lavoro: il pennello gli cadeva di mano ed egli restava a lungo a contemplarla in estasi. Alessandro, ch e era stato presente pi volte a queste sedute, si accorse alla fine del turbament o del pittore e ne indovin le cause. E per il bene che voleva ad Apelle e per imp ulso della sua generosit, gli cedette Campaspe, sebbene l'amasse molto. (Dictionn aire de l'Amour). 436. Un pittore si gloriava innanzi ad Apelle di dipingere in gran fretta: - E infatti si vede - rispose Apelle. (Encyclopdie mthodique). 437. Apelle aveva esposto al pubblico un suo quadro. Un calzolaio aveva osservat o che certe scarpe che portava un personaggio del quadro non erano fatte bene. A pelle, che aveva inteso il discorso, nascosto dietro una tenda, corresse il dife tto. Ma il calzolaio, orgoglioso dell'esito della sua critica, si mise il giorno dopo a criticare la gamba, l'espressione del viso e altre cose. Allora Apelle s 'impazienti, e uscito fuori dal suo nascondiglio gli disse: - Calzolaio, non andar oltre le scarpe. (PLINIO, Lettere). 438. Apelle aveva per massima che un pittore serio doveva non lasciar passare ne ssun giorno senza disegnare: nulla dies sine linea. (Encyclopdie mthodique). 439. Non si sa per qual ragione, Tolomeo non vedeva di buon occhio questo pittor e. Una volta che Apelle capit ad Alessandria, un alto funzionario di Corte, per p rendersi giuoco di lui o piuttosto per metterlo in imbarazzo davanti al re, gli disse che Tolomeo lo invitava a pranzo a Corte per il tal giorno. Apelle gli cre dette e vi si rec. Quando il re vide il pittore sedersi alla sua tavola, s'irrit d i tanta audacia e gli domand bruscamente: - Chi ti ha invitato qui? Come osi venir qui senza un invito? Apelle disse che u n funzionario di Corte lo aveva invitato in nome del re. - E chi questo intrigante? Voglio assolutamente saperlo. Apelle non si perdette d'animo. Non sapeva il nome del funzionario; ma preso un carbone tracci con quello un ritratto cos somigliante di lui, che tutti lo identif icarono immediatamente. E costui, chiamato e messo alle strette, fin per confessa re la sua impostura. Questo fatto riconcili Tolomeo con Apelle, che colm da allora in poi di doni e di onori. (Magazin historique, 1764). 440. Pi tardi, alcuni invidiosi lo accusarono presso Tolomeo di aver preso parte alla congiura di Teodoto che era scoppiata allora a Tiro. Il suo accusatore prin cipale era Antifile, un pittore di pochi meriti che odiava Apelle per la sua gra nde abilit nella pittura. Tolomeo credette veramente Apelle colpevole, e diede in escandescenze contro di lui, chiamandolo ingrato e volendo assolutamente la sua morte. Ed egli sarebbe stato certamente giustiziato, ancor che non avesse mai c

onosciuto Teodoto e non fosse mai stato a Tiro, se uno dei complici della congiu ra, mosso a piet di lui, non avesse confessato la propria colpa, scagionando comp letamente Apelle. Il re, confuso di aver prestato fede con troppa leggerezza all a calunnia, torn amico del grande pittore, gli regal cento talenti a titolo d'inde nnit per l'ingiuria che gli aveva fatto, e gli consegn il pittore Antifile perch lo servisse come schiavo. (Magazin historique, 1764). APOLLINAIRE Guglielmo n. 1880 1918; poeta e letterato francese. 441. Apollinaire incontr un suo amico e compagno di bohme, col quale sedette a dis correre d'arte e di poesia al caff Napolitaine. A un tratto Apollinaire si alza e dice all'amico: - Scusate, debbo andarmene un momento. Aspettatemi qui, che torno subito. L'amico aspetta un'ora, un'ora e mezzo e finalmente paga il conto e se ne va. Qualche giorno dopo, i due s'incontrano ancora. L'amico gli domanda spiegazioni di quella brusca partenza. - Non avevo un soldo in tasca - risponde Apollinaire. - Ebbene - fa l'amico - potevate dirmelo francamente e avrei pagato io per voi. - Ma io credevo che anche voi foste senza denari! (Les nouvelles littraires, 2 gi ugno 1928). 442. Coi pedanti, fingeva un'ignoranza inespugnabile. Un tale gli parlava un gio rno di Racine. - Racine? - esclama Apollinaire - e chi costui? Non l'ho sentito mai nominare. Ed ebbe la pazienza di star a sentire un'intera lezione del pedante che gli spie g chi fosse Racine. (La Lettura, novembre 1934). APOLLONIO DI TIANA filosofo pitagorico, predic la comunanza dei beni; mor nel 97 d. C. 443. Il filosofo pitagorico Apollonio di Tiana venne apposta dal suo paese della Cappadocia a Roma per vedere, come egli diceva, che bestia fosse un tiranno. Di fatti ebbe l'occasione di conoscere Nerone. (Encyclopdie mthodique). 444. Nerone diede uno spettacolo al teatro di Roma, producendosi come cantante. Finita la rappresentazione Tigellino chiese ad Apollonio che cosa gli sembrasse di Nerone. - Io - rispose Apollonio - ne penso meglio di voi; perch voi lo credete degno di cantare e io invece di tacere. (Encyclopdie mthodique). 445. Il re di Babilonia domand ad Apollonio quale era secondo lui il modo di regn are con sicurezza. - quello - rispose il filosofo - di avere molti amici e pochi confidenti. (Encyc lopdie mthodique). 446. L'imperatore Domiziano fece imprigionare Apollonio come mago. Uno spione ve nne a domandargli come faceva a sopportare il peso enorme delle catene che gli a vevano messo ai piedi. - Io non ne so niente - rispose Apollonio - perch il mio spirito altrove. (Encycl opdie mthodique). APRAXINE Ossip Ossipowich generale russo contemporaneo, figlio di un aiutante di campo di Nicola IL 447. Alla morte del padre, il futuro generale Apraxine e sua sorella volevano un ritratto del defunto. Il pittore, accettando l'incarico, chiese qualche fotogra fia di lui. - Non ne abbiamo. E non possiamo neanche descriverlo, perch da molti anni che non lo vediamo. Vi basterebbero i connotati del passaporto? Il pittore assicura che anche cos il ritratto sarebbe riuscito ugualmente somigli ante. Chiamati ad ammirare il ritratto appena finito, i ragazzi lo contemplano a lungo , poi, scoppiando in singhiozzi: - Poveretto, com' cambiato! - esclamano. - Com' cambiato in questi ultimi anni! (T REICH, L'esprit de T. Bernard). ARALO Francesco n. 1786 - m. 1853; famoso astronomo francese. 448. Il celebre astronomo Arago aveva avuto in dono dallo scienziato inglese Daw y un magnifico barometro, che era il pi bell'ornamento del suo studio. Un giorno,

un vecchio servitore, spolverando, lo fece cadere a terra, e il barometro and in pezzi. Arago entrava in quel mentre nello studio, e vide la disperazione del povero ser vitore. Buono quanto bravo, per consolare il vecchio disse: - Non te ne prendere, tutto quel che di peggio pu capitare una grossa pioggia, dal momento che il barometro sceso cos in basso! (STRAFFORELLO, Prove rbi di tutti i popoli). 449. Parlando col figlio di Luigi Filippo, il principe di Joinville, il grande A rago venne a discorrere dell'Accademia di Francia. - Una buona istituzione! - disse - peccato che la sua uniforme sia quella di un pappagallo in lutto! L'espressione poco riverente fece ridere molto il principe. (Revue de Paris, 1 l uglio 1900). 450. Quando leggeva qualche bella poesia, esclamava: - Come bella! Sembra un'equazione! (LEON VALLE, La Sarabande). 451. Il celebre scienziato, quando fu nominato membro del governo provvisorio do po la rivoluzione del febbraio 1848, mentre gli altri membri del governo, e pers ino Lamartine e Ledru- Rollin, si sceglievano nel palazzo del Lussemburgo un son tuoso appartamento, e alcuni lo facevano ammobiliare e decorare con mobili, quad ri e bronzi tolti ai palazzi del Trianon e di Saint Cloud, non volle per s che un a camera e uno studio. Passeggiando per il palazzo, e vedendo i grandi lavori che richiedeva la sistema zione dei quartieri per i suoi colleghi, Arago esclamava: - Ma davvero quella gente sembra convinta che un governo provvisorio debba durar e un pezzo! (. MNIRE, Journal). ARANDA (don Pedro Pablo Abaraca de Bolea, conte C n. 1718 - m. 1799; uomo di Sta to spagnolo. 452. Si parlava una sera del re, della sua potenza, dei benefici che un re pu far e ai sudditi. - Niente affatto - osserv il conte Aranda, ambasciatore a Parigi del re di Spagna - in ogni provvedimento il si o il no dipendono dai ministri; il quando e il co me d gli impiegati che stendono il decreto; la carta e il tavolo ce li mette la nazione: il re di suo ci mette solo la penna e l'inchiostro per firmare. (LEON V ALLE> La Sarabande). ARCESILAO n. 315 - m. 240 a. C.; filosofo greco, fondatore della Seconda Accademia. 453. Arcesilao era un famoso maestro di filosofia stoica. Ma i suoi scolari, anz ich rimanergli fedeli, passavano quasi tutti alla scuola epicurea. Un giorno un s uo amico gli faceva osservare ci, e notava che invece nessun epicureo passava all a sua scuola. naturale - rispose Arcesilao - coi galletti si fanno talvolta i ca pponi; ma di capponi che diventino galletti non ne ho visti mai. (MONTAIGNE, Ess ais). ARCANGELI Salvatore poeta improvvisatore e arguto, coetaneo e compagno di Giuseppe Giusti all'Univer sit di Pisa. 454. I compagni lo chiamavano Stravizio, per la sua vita scapigliata. Era invent ore di facezie e di burle rimaste celebri. Aveva composto una parodia del Saul d ell'Alfieri che fu recitata in vari teatri. Era poeta di larghissimavena, invidiatagli dal Giusti. Tra le altre cose aveva pubblicato alcune sestine sulle donne che lo fecero racchiudere in carcere, perch pare che vi si parlasse delle sventure coniugali del Commissario, la cui moglie riceveva spesso visite d i persone che non andavano da lei certo, come diceva il poeta, per dir il rosario. Forse fu la rima (Commissario- rosario) che lo rovin. (Nuova Antologia, 1890). 455. Uscito dal carcere senza un soldo, ricorse, per procurarsene, a stratagemmi . Composto con una zucca e qualche altro ingrediente una specie di cerotto, lo a nd a vendere nelle campagne alle donnicciole, alle quali dava a intendere che fos se un cerotto miracoloso. Fu riacchiappato dalla polizia che, per correggerlo, l o mand a fare il soldato. Per poter dare l'esame di laurea, bisognava depositare, prima dell'esame, sessan

ta scudi. Chi glieli dava? Per poter dar l'esame pens allora di ammogliarsi e spo s una buona ragazza, piuttosto bruttina, che aveva settanta scudi di dote. I diec i scudi che rimanevano, pagata la tassa di esame, servirono a lui e alla moglie per andar a stabilirsi a Firenze, dove vissero, lui copiando e lei facendo la st iratrice. (Nuova Antologia, 1890). 456. Dopo il suo- arrivo a Firenze si ammal d'emottisi; e gi consapevole della pro ssima fine, ma sempre dello stesso umor gioviale, si volse un giorno al medico c he gli aveva ordinato diversi rimedi, improvvisandogli, in tono supplichevole, u na quartina: Ingoller quei boli, far di sangue un rivo, ma, oh Dio, quel lavativo piglialo tu per me! (Nuova Antologia, 1890). 457. Poche ore prima di morire raccomand che lo seppellissero in una fossa vertic ale scavata nel chiostro della parrocchia e sopra vi ponessero quest'epigrafe: Per non dir sempre qui giace sta qui ritto e dorme in pace Salvatore Arcangeli. Cos allegramente mor questo strano poeta che forse, se fosse vissuto, poteva far q ualcosa di buono. (Nuova Antologia, 1890). ARCHELAO re di Macedonia dal 429 al 399 a. C. 458. A qualcuno che si lamentava di essere stato chiamato traditore dai Macedoni , il loro re Archelao rispose: - I Macedoni sono infatti cos grossolani che chiamano le cose col loro nome. (GUY DE LA BATUT, L'esprit des grands hommes). 459. Al re Archelao si present un giorno un barbiere persiano che gli offr i suoi servigi dicendo: - Io rado in diversi modi: secondo il pelo e contropelo, all'ateniese, all'egizi ana e all'uso persiano. Come vuoi tu che io ti sbarbi? - Senza parlare - gli rispose il re, gi seccato delle sue troppe chiacchiere. (AMERIGO SCARLATTI, Et ab hic et ab hoc). ARCHIDAMO re di Sparta dal 361 al 338 a. Cr. 460. Archidamo, difendendo una causa dinanzi al Senato spartano contro un vecchi o che si dava il belletto, disse: - Come potete credere a un uomo che porta la menzogna in faccia? (GUERARD, Dicti onnaire d'anecdotes). 461. Filippo il Macedone era troppo orgoglioso delle sue vittorie. Archidamo re di Sparta gli scrisse allora: Filippo, guarda la tua ombra al sole, e vedrai che non affatto pi grande di quello che era prima delle tue vittorie. (Encyclopdie mthod ique). ARCHIMEDE n. 287 - m. 212 a. C.; il pi celebre matematico dell'antichit, nato a Siracusa, ch e difese contro i Romani 462. Archimede, spiegando al re Gerone gli effetti prodigiosi della leva, disse: - Gerone, dammi un punto d'appoggio e ti sollever il mondo. (Encyclopdie mthodique) . 463. Gerone, tiranno di Siracusa, sospettando che il suo orefice nel fabbricargl i la corona d'oro, ci avesse mescolato dentro altri metalli, volle consultare Ar chimede che era suo parente. Archimede studi e ristudi a lungo come si poteva fare per pesare l'oro senza sciogliere la lega e pertanto senza rovinare la corona; ma per quanto studiasse non riusciva a trovare il bandolo di questa intricata ma tassa. Fu un giorno, mentre stava nel bagno, che scoperse la legge fisica del pe so specifico dei corpi, e tutto soddisfatto della scoperta, senza ricordarsi che era nudo, salt su dalla vasca e percorse le vie di Siracusa in quel succinto cos tume, gridando pieno d'entusiasmo: Eureka, eureka! e cio: ho trovato, ho trovato!. Co n la legge del peso specifico egli poteva adesso infatti accertarsi se nella cor ona d'oro ci fosse mescolato qualche altro metallo. (Diversitz curieuses IV).

464. I Romani entrarono a Siracusa di sorpresa. Archimede era in quel momento co s assorto nella soluzione di un problema di geometria che non si accorse di nulla . Un soldato s'introdusse a casa sua ed entr a spada sguainata nella stanza dove studiava, intimandogli di seguirlo. Archimede preg che lo lasciasse in pace fin c he finiva un'operazione. Se non che, immerso in essa, non si ricord pi del soldato , e questi, impazientito, lo trafisse con la spada. (LAROUSSE). ARCOLEO Giorgio n. 1851 - m. 1914; giureconsulto e uomo politico, insegn diritto costituzionale a ll'Universit di Napoli; ebbe fama di uomo spirtosissimo. 465. Incominci sin da quando era studente universitario a formarsi la fama di per sona arguta. Un giorno il professore di procedura civile, finita la lezione, s'i ntratteneva coi suoi scolari nel cortile dell'Universit a parlar di una questione procedurale, e, riscaldandosi, agitava le braccia come un energumeno, tanto da far cadere, con una sbracciata, il cappello dell'Arcoleo che gli stava vicino. I l giovanotto allora, raccattandolo, con un sorriso garbato osserv: - Professore non vorr dirmi almeno che anche questa sia una procedura... civile! (Minerva, 16 giugno 1923). 466. Era un giorno in una commissione di esami. Il professore di diritto commerc iale domand a un candidato che cosa la cauzione. - La cauzione... . la cauzione... rispose lo studente incerto - una cosa che ser ve a garantire. - Sicch - riprese il professore quando voi prendete un ombrello per garantirvi co ntro la pioggia, il vostro ombrello diventa una cauzione? Lo studente, confuso, non sapeva che cosa rispondere; ma Arcoleo venne in suo ai uto e osserv: - No, in questo caso l'ombrello sarebbe appena una precauzione! La commissione r ise e lo studente fu promosso. (Manuel gnral, 12 novembre 1933). 467. In una commissione d'esame presieduta da Bovio e nella quale sedeva come co mmissario anche Arcoleo, lo studente naufragava sempre pi nel mare immenso della sua ignoranza. Bovio allora cit un aforisma sul matrimonio e poi domand all'esaminando: - Ebbene, sentiamo se almeno sapete dirmi quale tra gli storici latini ha scritt o l'aforisma che io ho citato. E Arcoleo, per aiutare spiritosamente l'alunno a raccapezzarsi: - Per carit, ora me lo fai diventare pi... Tacito di prima. (Eloquenza). 468. Quando Giorgio Arcoleo entr giovanissimo alla Camera dei Deputati, non volle aggregarsi a nessun partito, per rimanere indipendente. Un suo amico gli consig liava di non farlo. - Capirai, sempre meglio seguire un capo. E Arcoleo di rimando: - Ne ho uno, di capo, sulle mie spalle. Un altro sarebbe... un sopraccapo! (Russ o, Oratori). 469. Alla Camera era l'oratore pi spiritoso della sua epoca. Diceva: - La prima delle qualit politiche l'ingratitudine. t difficile che un uomo medioc re possa diventare alcunch, se non comincia con l'essere ingrato. (Eloquenza). 470. Parlava da parecchie ore alla Camera un noiosissimo oratore, e, quel che er a peggio, parlava cos in fretta che mal si riusciva a capire che cosa dicesse. - Si mangia tutte le parole - disse ad Arcoleo un suo vicino. - E il peggio che non potr digerirle, poveretto! - rispose pronto l'eminente parl amentare. 471. Quando, nel 1900, al Parlamento italiano ci fu l'ostruzionismo dell'Estrema Sinistra contro i decreti- legge di Pelloux, i deputati ostruzionisti facevano lunghissimi, interminabili discorsi che tenevano immobilizzata la Camera per ore e ore. Per opporsi all'ostruzionismo, naturalmente il Governo, d'accordo col Pr esidente della Camera, prolungava le sedute sino all'inverosimile, per cercare c os di stancare i deputati ribelli. Un giorno, tra gli altri, era passato da un pezzo il mezzogiorno e la seduta continuava per ascoltare un disco rso implacabile dell'on. Pantano. Arcoleo supplicava con gli occhi il collega di sbrigarsi; ma quello, imperterrito, continuava con un aire degno di miglior cau

sa. Alla fine, affamato, l'on. Arcoleo si rivolge al Presidente invocando: - Sospensione! Sospensione! Il Presidente si rivolge al capo del Governo e, dopo aver avuto il suo parere, d ichiara: - La seduta continua. L'on. Arcoleo: - Ma questo allora non pi un Parlamento; una Dieta! 472. Un giorno alla Camera (si era nel tempo burrascoso del ministero Pelloux) p resiedeva un uomo inetto, che invece di dominare subiva i tumulti dell'assemblea . Arcoleo disse: - Cos non si pu andare avanti: siamo una riunione di 507 presidenti e di un deputa to che suona il campanello! (Eloquenza). 473. Al senatore Giorgio Arcoleo, titolare di diritto costituzionale a Napoli, v enne vivamente raccomandato da un amico uno studente prossimo a sostenere l'esam e. - - Va bene - rispose il professore; - te lo approver anche se un ani- male. Lo studente fu bocciato. E alle rimostranze dell'amico, Arcoleo osservGSPLIT:uPalaz zi-Zanichelli 1.txtArchivio GSplit&{5F9160D1-68ED-4692-9DC5-DA0556BA26AC}sm4i

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