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21/01/14

Meno CO2, industrie pi verdi, rinnovabili: la sfida dei nuovi "Obiettivi" Ue - Repubblica.it

Ambiente
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Meno CO2, industrie pi verdi, rinnovabili: la sda dei nuovi "Obiettivi" Ue


di ANDREA ORLANDO
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21 gennaio 2014

Dal ministro dell'Ambiente riceviamo e volentieri pubblichiamo DOMANI la Commissione europea formuler delle proposte destinate ad influenzare notevolmente lo scenario energetico ed economico del prossimo futuro. Parliamo degli obiettivi climatici al 2030 e dei possibili impegni ("targets") per le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica. Per capirci meglio, da domani si cominciano a discutere e negoziare le misure che nei prossimi mesi delineeranno le condizioni ambientali ed economiche in cui troveremo il nostro continente tra 15 anni. Il primo terreno di dibattito riguarda l'entit delle riduzioni delle emissioni di anidride carbonica riconosciute come causa principale dell'alterazione del clima, un fenomeno allarmante che anche in Italia abbiamo purtroppo imparato a conoscere e che mette in gioco la sicurezza stessa del nostro territorio. La proposta di un taglio del 40% rispetto ai livelli del 1990, in pieno accordo con le indicazioni della comunit scientifica, ha una doppia valenza: accelerare il processo di decarbonizzazione gi in atto in Europa e al tempo stesso lanciare un segnale forte per le negoziazioni che dovranno portare il prossimo anno ad un accordo mondiale sul clima. Per supportare questa posizione nei giorni scorsi ho firmato una lettera alla Commissione, insieme ai ministri dell'ambiente di Regno Unito, Francia e Germania (per quest'ultima, significativamente, si associato anche Sigmar Gabriel, il ministro dell'economia e dell'energia). Alla lettera si sono aggiunti in un secondo momento anche Spagna e Olanda, dando vita cos ad un gruppo che vede riunite in una posizione comune le sei maggiori economie dell'Unione Europea. Oltre all'obiettivo "ambientale" di riduzione del Co2, nelle intenzioni dei firmatari la lettera caldeggia l'altro traguardo ambizioso (peraltro perfettamente in linea con il ruolo sempre assunto dalla Ue) di dare un segnale importante per stimolare l'innovazione a medio-lungo termine del nostro sistema produttivo, in particolare dell'industria. Molte grandi aziende europee non per caso sostengono con forza questo obiettivo poich sono consapevoli che solo attraverso questo passaggio si potr dare certezza ad importanti investimenti tecnologici, non pi procrastinabili. Senza contare quanto questa strategia potrebbe contribuire a ridurre la dipendenza energetica dall'estero, aumentando cos la forza e la sicurezza dell'Europa. L'altro tema di dibattito riguarda gli impegni da prendere sulle fonti rinnovabili e l'efficienza energetica. La Commissione energia e ambiente del Parlamento europeo si schierata a favore di obiettivi specifici anche su questi fronti. Come ha giustamente ricordato la Commissaria Connie Hedegaard, i 3 milioni e mezzo di cittadini europei attualmente impegnati nei "lavori verdi" avrebbero molto da perdere in assenza di obiettivi chiari ed ambiziosi. Secondo uno studio interno, l'introduzione di un "target" per le rinnovabili al 2030 favorirebbe inoltre la
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creazione di ulteriore occupazione, per ora calcolati in circa mezzo milione di posti. Credo sia importante sottolineare come gli obiettivi europei vincolanti sulle emissioni climalteranti e sulle rinnovabili al 2020 (la cosiddetta "direttiva 20/20/20") non solo hanno garantito un forte taglio alla produzione dell'anidride carbonica, ma hanno anche avviato una corsa alle energie verdi che si estesa in tutto il mondo, accelerando l'innovazione tecnologica e favorendo una riduzione dei prezzi inimmaginabile qualche anno fa. Possiamo discutere se l'Ue sia stata in grado di affrontare con efficacia il tema del lavoro, della sostenibilit sociale o altro. E' per indubbio che l'Europa sia stata uno stimolo fondamentale per il miglioramento delle politiche ambientali di tutti i paesi membri ed abbia esercitato una leadership a livello globale. Per l'Italia la "direttiva 20/20/20" sulle emissioni stato lo stimolo decisivo per il cambiamento nell'ambito delle politiche energetiche. E non possiamo per questo non guardare con preoccupazione ad un cambio di strategia che abbandoni la crescita delle rinnovabili ed il risparmio energetico come presupposti essenziali per un percorso di decarbonizzazione delle nostre economie. Siamo un Paese fermo ed arretrato su tanti aspetti. Ma sul fronte energetico, nonostante squilibri e imperfezioni da correggere, negli ultimi anni abbiamo compiuto passi molto significativi. Basta leggere con attenzione i dati. Nel 2013 le rinnovabili hanno soddisfatto un terzo dei consumi elettrici. Il raddoppio della produzione verde dell'ultimo quinquennio ha consentito al nostro Paese di ridurre le importazioni di metano con risparmi annui di quasi 4 miliardi di euro e il fotovoltaico ha indotto ulteriori risparmi sulle bollette stimati in 840 milioni per il 2012. Sta inoltre emergendo un modello di generazione sempre pi decentrato con circa 600 mila impianti, per la maggior parte di propriet di famiglie ed imprese. Per di pi, ci stiamo sempre di pi avvicinando alla soglia di competitivit che consentir nei prossimi anni di installare impianti fotovoltaici senza incentivi e quindi di ridurre le bollette. La forte crescita delle energie verdi impone di gestire con intelligenza la criticit di un parco termoelettrico fortemente sovradimensionato, eliminando gli impianti pi vecchi ed inquinanti e rimuovendo le forme di assistenza ai combustibili fossili spesso non giustificate. Le aziende elettriche tradizionali dovranno rivedere il loro modello di business, e fornire pi servizi, impegnandosi in particolare sul versante dell'efficienza e delle rinnovabili a fronte della minore produzione di kilowattori. E' un cambiamento che del resto sta gi avvenendo a livello planetario. Uno scenario internazionale in rapido mutamento che ad esempio porter gli Stati Uniti a passare dalla condizione di primo importatore di petrolio all'autosufficienza, che porter la Cina ad un impegno nelle rinnovabili senza precedenti e, cosa che ancora oggi alcuni registrano con meraviglia, vedr l'Arabia Saudita in cima alla lista dei Paesi che si libereranno dalla dipendenza petrolifera. Le economie e le societ pi dinamiche, emergenti o sviluppate che siano, accettano ed anzi rilanciano la scommessa di ambiziosi obiettivi di riduzione del Co2 di qui al 2030, danno segnali forti a favore della green economy e si lasciano definitivamente alle spalle posizioni di retroguardia. Il nostro futuro non altrove: il futuro di un Paese che non si arrende al declino e deve essere con loro.

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