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GIUSEPPE PESCE

Giacomo Torello da Fano


Una storia darme e damore nel Mezzogiorno svevo-angioino

GIUSEPPE PESCE Giacomo Torello da Fano


II edizione (e-book) maggio 2009 I edizione (cart.) novembre 2007

Copyright 2007 Edizioni Oxiana Sede legale: via La Guardia 5a, Anacapri (NA) Redazione: via Passariello 128, Pomigliano dArco (NA)

G. PESCE Giacomo Torello da Fano

INDICE

INTRODUZIONE Giacomo Torello da Fano . . . . . . . . . . . . . 1. Il monumento funerario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1 La chiesa di San Benedetto in Casoria. . . . . . . 1.2 Il monumento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Confronti e datazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4 Chiese e cappelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Lepigrafe volgare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1 Osservazioni sulla lingua. . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Ipotesi di datazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Chi era Giacomo Torello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1 Il figlio di Salinguerra? . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Dubbi ed incertezze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Un nipote di Fano? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. Casoria nel Mezzogiorno svevo-angioino . . . . . . . . . 4.1 La campagna anti-sveva . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Casoria feudo della chiesa . . . . . . . . . . . . . . . . 4.3 Feudi e contrasti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.4 La lite con la curia angioina . . . . . . . . . . . . . . BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . APPENDICE I monumenti 400eschi di Afragola e Caivano .

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Casoria, Maggio 2009 Questa seconda edizione, frutto di nuovi approfondimenti, perfeziona la ricerca pubblicata per la prima volta, a stampa, nel novembre del 2007, aggiungendo interessanti particolari emersi da cronache e documenti del XIII secolo (in particolare per la presenza dei Torello nellarea napoletana) ed dedicata a monsignor Mauro Piscopo. G. PESCE

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INTRODUZIONE

GIACOMO TORELLO DA FANO

Il monumento funerario di Giacomo Torello da Fano conservato presso la chiesa di San Benedetto abate in Casoria offre interessanti spunti di ricerca e di studio. Dal punto di vista storico, un documento del passaggio di papa Innocenzo IV, sceso a Napoli nel 1254 nel tentativo di cacciare con le armi gli ultimi eredi della dinastia sveva. Artisticamente, si tratta di una testimonianza isolata di scultura gotica trecentesca, che trova scarsi riscontri negli altri centri dellhinterland napoletano. Ma interessante soprattutto lepigrafe in lingua volgare anzich in latino che rappresenta una curiosa eccezione per lepoca in cui stata realizzata. Il percorso di ricerca non stato agevole. In generale, infatti, il medioevo considerato una fabbrica di falsi, periodo in cui documenti e monumenti venivano copiati, prodotti o riprodotti in modo spesso imperfetto; per errore o per calcolo, in buona o cattiva fede. Un monumento-documento come quello di Giacomo Torello, ad esempio, in un piccolo centro come Casoria poteva essere molto utile. E non solo per vantare un antenato nobile, che desse lustro alla famiglia, ma anche per attribuirsi, magari, dei cospicui possedimenti da lui ereditati.

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La ricerca parte dallinquadramento storicoartistico del monumento, offrendo una ragionevole datazione della scultura e dellepigrafe, realizzate in due momenti diversi. Lindagine si sposta poi sulla problematica identit di Giacomo Torello. La vicenda del militare, infine, viene inquadrata nella storia del villaggio di Casoria - e pi in generale dellentroterra napoletano - in un periodo grigio, ovvero, tra il tramonto della dinastia sveva e laffermazione del nuovo regno angioino; in un territorio storicamente legato al potere ecclesiastico.

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1.

IL MONUMENTO FUNERARIO

Il monumento funerario di Giacomo Torello da Fano si trova presso la chiesa di San Benedetto, nel centro storico di Casoria (tre chilometri a nord di Napoli). Il dibattito sulle origini della citt, legate proprio al culto dei Santi Mauro e Benedetto, esula da questa piccola ricerca; per la quale, basta tenere conto solo di alcune indicazioni emerse dagli studi pi recenti1. Innanzitutto, la ragionevole collocazione delle origini della citt intorno al X secolo; e poi, la considerazione del quartiere di San Benedetto come uno dei pi antichi insediamenti della zona (che conserva persino labili tracce delle centuriazioni romane dei primi secoli). Un quartiere che, nella sua arretratezza urbana (scarsamente sviluppatosi rispetto ad altre zone), ha conservato per lungo tempo delle consuetudini antichissime. Nei documenti della parrocchia, ad esempio, fino al Sei-Settecento, anzich di villa o casale, si parla di terra di Casoria, denominazione attestata nel periodo normanno e svevo, tra XI e XIII secolo. Altra usanza sopravvissuta fino a met del Settecento la scadenza dei contratti di affitto, fissata
1 Cfr C. FERONE, Le origini del culto di San Mauro Abate a Casoria, Casoria (Na), GN, 2006; G. PESCE, Casoria: ricostruire la memoria di una citt, Anacapri (Na), Oxiana, 2006.

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per il 15 agosto, secondo lantica consuetudine dei monasteri napoletani, documentata a Casoria gi alla fine del X secolo.

1.1 La chiesa di San Benedetto in Casoria


Lattuale chiesa di San Benedetto stata costruita a partire dal 1694, ed la terza in ordine di tempo a sorgere sullo stesso sito. Le principali notizie sulle origini della chiesa sono state raccolte in una Platea, cominciata dal parroco Cesare Palladino nel 1614. Secondo la Platea, la chiesa era autonoma e vantava il titolo di rettoria e parrocchia da immemorabil tempo2. Tuttavia, i primi documenti finora noti sono abbastanza recenti, essendo gli atti della Santa Visita del 1542 del cardinale Francesco Carafa3. A testimoniare lantichit della chiesa, per, contribuiscono alcune preesistenze architettoniche, tracce superstiti delle due vecchie cappelle abbattute nei secoli precedenti. La prima una consumata pietra di marmo bianco, incastrata nella pavimentazione stradale, sulla quale scolpita liscrizione E.S.B., abbreviazione di Ecclesia Sancti Benedicti. Si tratta certamente di un termine, ovvero di una pietra posta al confine dellappezzamento di terreno, per delimitare la propriet della chiesa. Ma la

CSB, Platea, ms. cart., secc. XVII-XX, f. 1r. A. ILLIBATO (a cura di), Il liber visitationis di Francesco Carafa nella diocesi di Napoli (1542-1543), Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1983, pp. 477-78.
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pi importante testimonianza proprio il monumento funerario di Giacomo Torello da Fano.

1.2 Il monumento
Il monumento funerario di Giacomo Torello una robusta lapide di marmo bianco, scolpita in figura di guerriero. Generalmente, simili figure giacenti, aveva funzione di copertura tombale, collocate a chiusura (o a coronamento) di un sarcofago, un cassa in marmo o in pietra. Attualmente, si trova in una nicchia chiusa da una porta di legno, a sinistra dellaltare maggiore. Ma non stata sempre questa la sua collocazione. Il monumento, infatti, stato incassato nella parete della nicchia e collocato in una posizione verticale, che stravolge loriginaria impostazione orizzontale di figura giacente. La lapide misura 169 cm in altezza e 48 cm in larghezza, ma purtroppo non intera: i bordi del marmo sono stati spezzati lungo il corpo del guerriero, eliminando quasi completamente il piano su cui giaceva. La figura scolpita ad altoriliveo, con proporzioni allungate, secondo gli stilemi dellarte gotica. La statua non ritrae, naturalmente, il vero Giacomo Torello, ma solo una semplice immagine stilizzata, di militare con il capo scoperto e le mani giunte. In generale, larmatura ha linee semplici. Sono maggiormente rifiniti solo la trama della maglia di ferro (collo e bordo della gotta) ed il bordo decorato della veste. La cintura bassa in vita e porta appesi un agile pugnale a sinistra ed una pesante spada a destra. I piedi della figura sono stati spezza-

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ti, ma sicuramente erano sostenuti da due cagnolini (simbolo di fedelt) quasi sempre presenti in simili statue. Lunico segno particolare il nodo che decora la spalla sinistra: si tratta del simbolo di un ordine cavalleresco, detto appunto Ordine del Nodo fondato nel 1352 da re Luigi di Taranto. Questo ci dice subito, inequivocabilmente, che il monumento risale alla seconda met del Trecento, e dunque non pu essere stato realizzato direttamente alla morte di Torello (1281), ma acquistato (forse come materiale di spoglio) e collocato sulla sua sepoltura in un periodo successivo.

1.3 Confronti e datazioni


Il monumento di Giacomo Torello rappresenta una testimonianza artistica isolata nellhinterland napoletano. Nella vicina Afragola, infatti, la chiesa di San Giorgio martire conserva la consumata lapide di Matteo Arcane (1408), di tipologia per molto diversa e scolpita a bassorilievo. Per trovare degli esemplari simili, bisogna invece spostarsi nelle chiese sorte a Napoli nel Trecento, allepoca dei sovrani angioini, e decorate nel periodo di fioritura dellarte gotica. Il monumento che per stile e tipologia pi si avvicina a quello di Torello forse lanonima figura giacente collocata nella cappella della famiglia Manso, presso la chiesa napoletana di San Lorenzo Maggiore: il guerriero rappresentato con le mani giunte (come Torello) e non semplicemente appog-

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giate sul corpo, come nella quasi totalit degli altri monumenti di questo periodo; larmatura ugualmente semplice, anche se al posto della lunga gotta presenta un panneggio pieghettato. In generale, le sculture realizzate a Napoli dalla seconda met del Trecento fino ai primi decenni del Quattrocento presentano fattezze molto simili a quelle della figura di Torello; in particolare, nei lineamenti del volto stilizzato e nella trama della maglia di ferro (esempio evidente il monumento di Enrico Loffredo, posteriore al 1420, che si trova nel transetto sinistro del duomo di Napoli). Il particolare abbigliamento della statua di Torello, tuttavia, era in uso in Inghilterra intorno agli anni Sessanta del Trecento: uno dei primi esempi infatti il monumento funerario del militare John Wingfield (1361), conservato presso la chiesa di Saint Andrew nel villaggio di Wingfield, contea di Suffolk. dunque verosimile, che il monumento di Torello sia stato realizzato intorno agli anni SettantaOttanta del Trecento, e cio quando quel particolare abbigliamento si diffuse anche in Italia, attraverso le truppe mercenarie impegnate nelle varie guerre locali (nel Mezzogiorno il periodo dei tormentati regni angioini posteriori a quello di re Roberto).

1.4 Chiese e cappelle


La famiglia dei Torello ha esercitato a lungo una sorta di protettorato sulla chiesa di San Benedetto di Casoria, dove fu sepolto Giacomo nel lontano 1281. Qui i Torello edificarono una cappella di famiglia, al

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cui esterno, nella navata, nei pressi del pulpito, fu collocato il monumento funerario. La cappella, detta cappellone del Carmine, esisteva ancora alla fine del Seicento, quando cominciarono i lavori per lattuale chiesa. Se ne trova infatti testimonianza nella Platea e in una lapide del 16884. Secondo liscrizione latina, lantico sacello, dedicato alla Madonna del Carmelo e ai Santi Giacomo e Rocco, era stata fondato proprio da Giacomo Torello. Nella prima parte del testo (disseminato di numerosi errori), si legge infatti:
VETUSTISSIMU SACELLU D.VE M.E DE MOTE CARMELO / SS. IACOBO, ET ROCCO A NOBILI VIRO IACOBO TAURELLO / A FANO DICATU HOC IN REGNU CU INNOC. IV P.P. / AD VERSUS REGE CORRADU A. M CC LIV APPULSO / ET IN HAC CASORIE TERRA CUIUSDA PUELLE FORMA / COIUCO IUNCTO EXTUTTU HICQ TRIB SUPERSTITIB / NATIS HUMATUS IACET A. DONI M C C L XXXI / []

Si tratta di un testo assolutamente fedele allepitaffio volgare di Giacomo Torello, tanto da gettare ombre sullautenticit di questultimo.

Dallepigrafe si apprende che la lapide stata posta nel 1688 dal parroco Simone De Fuccia e dalleconomo Giuseppe Rocco, per tramandare la memoria esemplare di Marco Antonio Torello, erede di Giacomo, che conservava il patronato della cappella, e nel 1674 aveva lasciato i fondi necessari a celebrare messe, aiutare i poveri e fornire una dote alle ragazze povere del quartiere.

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Monumento funerario di Giacomo Torello da Fano Chiesa di San Benedetto abate, Casoria (Na)

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2.

LEPIGRAFE VOLGARE

Lepigrafe funeraria di Giacomo Torello incisa su una lastra di marmo bianco, separata dal monumento. La lastra misura 48 cm in altezza e 50 in larghezza, ed incassata nella parete, nello spazio sovrastante la testa della statua. Il testo inciso su undici linee, allineate centralmente e scandite con una eccellente spaziatura. I caratteri sono maiuscoli gotici. La grafia abbastanza pulita, tanto da sembrare tarda. Nelliscrizione si legge:
QUI GIACE LO NOBILE GIACOMO / TORELLO DA FANO HOMO DE / ARME VENUTO CON INNOCENTIO / IIII. P. R. IN QUESTO REGNO CONTRO / RE CORRADO NEL / ANNO MCCLIIII / ET IN QUESTA VILLA PERBELLEZA / DE UNA DONNA MARITATO / LASSANDO TRE FIGLIOLI / QUI MORI NEL ANNO / MCCLXXXI

Sgomberiamo subito il campo da possibili equivoci: inverosimile che questa epigrafe sia stata realizzata alla morte di Torello (1281) o insieme al monumento (1370-80). Le iscrizioni di questi secoli, infatti, presentano fisionomie assolutamente irregolari nella strutture e nelle forme linguistiche e sono caratterizzate da frequenti abbreviazioni. Lepigrafe di Torello, al contrario, assolutamente pulita e pri-

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va di ripensamenti, con ununica abbreviazione5. Il testo scritto e strutturato tanto bene da far pensare ad uniscrizione tarda, un pastiche di epoca neoclassica, realizzato a met del Settecento. E ad alimentare i dubbi, concorre anche la lapide del 1688, che presenta un testo latino del tutto fedele. Tuttavia, bisogna fare i conti con i vecchi documenti darchivio della parrocchia di San Benedetto. La Platea, cominciata nel 1614 da Cesare Palladino, riserva infatti particolare attenzione al monumento di Giacomo Torello e alla lapide scritta con parole di carattere longobardo. Nella relazione compilata nel 1742 per la Santa Visita del cardinale Giuseppe Spinelli, ad esempio, si parla di epitaffio originale (per distinguerlo dalla lapide del 1688) che insieme alla statua sono la testimonianza pi autorevole dellantichit della chiesa6. Ma quando stata scritta, allora, questa epigrafe? Da una parte, ha una fisionomia troppo moderna per essere trecentesca; dallaltra, ai primi del Seicento era gi esistente (e considerata addirittura antica).

2.1 Osservazioni sulla lingua


Lepigrafe sembrerebbe dettata a Napoli (venuto in questo regno), se non addirittura proprio a Casoria (et in questa villa). Tuttavia, il testo non presenta particolari coloriture meridionali, se non in pochi passaggi: nelluso dellarticolo lo davanti a no
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P.R. alla quarta linea, che sta per Pontifex Romanus. CSB, Platea, cit., f. 5r. e segg.

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bile; e del verbo maritare; e nella grafia di belleza, con la zeta aspra (che si raddoppia nella lettura). Per il resto, la lingua utilizzata nelliscrizione un volgare centro-italiano abbastanza omogeneo. Lipotesi di un testo dettato dallo stesso Giacomo Torello, fanese venuto a Napoli, affascinante quanto inverosimile: la lingua comunque troppo pulita per il 1281. Per le scarse coloriture meridionali, da scartare anche lipotesi di un testo dettato a Napoli nel 1370-80, quando stato realizzato il monumento. Daltra parte, per, difficile pensare anche ad unepigrafe volgare realizzata oltre la met del Cinquecento, quando il concilio tridentino andava ridefinendo ordinamenti e liturgie, imponendo luso del latino.

2.2 Ipotesi di datazione


Il monumento di Torello potrebbe avere qualche legame con alcuni avvenimenti dei primi anni Sessanta del Quattrocento, e pi precisamente con il giovane capitano darmi Marco Antonio Torello, che troviamo a Napoli a partire dallaprile del 1460, al servizio dellAragonese7. Militare legato agli Sforza, originario di Parma ma pi spesso in giro per lItalia a combattere, Marco Antonio era lontanamente imparentato con la famiglia casoriana, con la quale molto probabile
Cfr A. DI COSTANZO, Istoria del regno di Napoli, vol. 3, Milano, Societ tipografica de classici italiani, 1805, p. 215; e D. CAPECE TOMACELLI, Storia del reame di Napoli dal 1458 al 1464, Napoli, Tipografia Fratelli Fernandes, 1840, pp. 141-143, 171.
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che ebbe contatti al suo arrivo a Napoli; poich proprio a Casoria, fino a met del Settecento, ampiamente documentato laccampamento delle truppe dirette nella capitale (daltronde, lo stesso Giacomo Torello faceva parte di una spedizione militare nel 1254). Lincontro tra il militare e la famiglia casoriana spiegherebbe inoltre anche limprovvisa adozione del nome Marco Antonio, usato poi dai Torello di Casoria fino al Seicento. Si potrebbe dunque ipotizzare che la lapide possa essere stata realizzata proprio dal capitano darmi, tra 1460 e 1462 (anno della sua prematura morte). Unipotesi coerente con la grafia tarda dei caratteri gotici, e con le curiose scelte linguistiche, di un volgare centro-italiano scarsamente venato di coloriture meridionali. E forse anche con linsolita abbreviatura P.R.8. Laltra ipotesi che liscrizione sia stata realizzata negli anni quaranta del Cinquecento. Quando una nuova generazione letteraria, orfana del Sannazzaro, orientava il volgare napoletano verso standard bembeschi, portandolo ad un livello abbastanza coerente con il testo dellepigrafe. Ma in questo caso, non mancano le perplessit: si pu confrontare un epitaffio di provincia con la lingua letteraria, dellelite culturale napoletana? e poi, perch utilizzare vecchi caratteri gotici? perch non abbre
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Il nome dei papi generalmente preceduto dalle lettere P. P., che stanno per Pater Piissimus. Proprio nel 1454, tuttavia, papa Niccol V pubblicava una famosa bolla conosciuta come Romanus Pontifex, dalla quale potrebbe derivare forse luso dellabbreviatura P. R..

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viare il testo, come si usava fare comunemente? La difficolt di trovare risposte a questi dubbi nella particolarit dellepigrafe di Torello: unopera provinciale, pensata e forse anche realizzata non a Napoli, ma in un casale dellentroterra. Non al centro, ma in periferia. A Casoria, nella chiesa di San Mauro, intorno al 1561 veniva realizzato il monumento funerario del parroco Antonio Borriello con una epigrafe breve e seppure ormai quasi illeggibile rigorosamente in latino. Agli inizi del Seicento, Napoli Sacra, vero e proprio catalogo delle epigrafi sparse nelle chiese napoletane, non documenta alcuna iscrizione in volgare9. In un simile contesto, lepigrafe casoriana di Giacomo Torello un episodio pressoch isolato. E quanto meno insolito appare anche il contenuto: la storia di un uomo darmi che si sposato per belleza de una donna.

Cfr C. DENGENIO CARACCIOLO, Napoli Sacra, Napoli, Ottavio Beltrano, 1624.

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Epigrafe funeraria di Giacomo Torello da Fano Chiesa di San Benedetto abate, Casoria (Na)

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3.

CHI ERA GIACOMO TORELLO

Il primo a parlare di un Giacomo Torello un cronista ferrarese del XIII secolo, tale Riccobaldo, che racconta le vicende del riscatto della citt di Este ad opera di Azzo VII, nel 1240. Riccobaldo riferisce, infatti, che il marchese Azzo si era adoperato per la liberazione di Giacomo detto Torello figlio a Salinguerra10.

3.1 Il figlio di Salinguerra?


Salinguerra (figlio di Torello) fu uno dei principali capi ghibellini del XIII secolo, particolarmente legato alla citt di Ferrara. I cronisti dellepoca lo definirono un uomo vissuto sempre fra le armi e le guerre di partito, sempre nemico agli Estensi. A partire dal 1189 fu protagonista di alterne e turbolente vicende che lo videro sostenitore del potere filo-imperiale, oltre che a Ferrara, a Verona, Modena e Mantova. A Ferrara, ai primi del Duecento, i suoi violenti scontri con gli Estensi furono causa di un buon ventennio di vera e propria guerra civile, mitigatasi solo
10 G. NUVOLATO, Storia di Este e del suo territorio, Este, Stabilimento tipografico G. Longo, 1851, p. 560.

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nel 1227, quando fu eletto per la terza volta podest della citt. Tra disordini e agitazioni, Salinguerra tenne il potere fino al 1240, quando, molto probabilmente tradito, fu cacciato dal marchese Azzo VII e condotto il esilio a Venezia, dove mor nel 1244. Secondo le ricerche genealogiche sui Torello11, Salinguerra si spos tre volte ed ebbe otto figli. Tra questi, Giacomo, nato dal terzo matrimonio con Sofia da Romano, figlia di Ezzelino II (sorella di Ezzelino III, uno dei pi terribili capi ghibellini). A causa delle alterne vicende paterne, Giacomo trascorse una vita da fuoriuscito, lasciando frammentarie notizie. Sappiamo che nel 1240 segu il padre in esilio a Venezia. Ma poi, liberato da Azzo, si ritir a Padova, presso lo zio Ezzelino12. A quellepoca, Giacomo doveva avere solo una ventina danni, dato che Salinguerra aveva sposato Sofia intorno al 1220. A Venezia, per, avrebbe sposato Maria, figlia minore del doge Domenico Morosini, dalla quale avrebbe avuto due figli: una femmina (Giacoma?) ed un maschio, Salinguerra (III), che tent invano di riprendere il potere a Ferrara negli anni 1308-1013. Certamente, infine, nel novembre del 1245 Giacomo era a Modena (ospite di Lanfranco de Pii), dove don ai Francescani un terreno di sua propriet
P. LITTA, Torelli di Ferrara (voll. 2), Collezione Famigli celebri italiane, Torino, Basadonna, 1844. 12 G. B VERCI, Storia degli Ecelini, t. I, Bassano, Stamperia Remondini, 1779, p. 114. 13 A. FRIZZI, Memorie per la storia di Ferrara, vol. 2, Ferrara, Abram Servadio editore, 1848, p. 226.
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in Ferrara, contiguo alla loro chiesa, necessario per ampliare il convento14.

3.2 Dubbi ed incertezze


Alla morte di Salinguerra, nel 1245 il figlio Giacomo fu investito da Federico II dei feudi paterni, ottenendo i titoli di conte di Carpineto e signore di Medicina15. Nello stesso anno, tuttavia, limperatore fu dichiarato deposto dal Concilio di Lione, e papa Innocenzo IV pass i feudi ai suoi nipoti (andarono al vescovo di Reggio Guglielmo Fogliari, figlio di Verde Fieschi, sorella del pontefice). A partire dal 1245, si perdono le tracce di Giacomo Torello; notizie troppo vaghe, infatti, lo danno per morto intorno al 1270, ma in realt, non si sa dove sia vissuto e morto, n dove sia sepolto. Sarebbe del tutto verosimile, a questo punto, ipotizzare che nel 1254 (quando non aveva ancora 35 anni) Giacomo Torello sia partito al seguito di Innocenzo IV, lo stesso papa che nove anni prima lo aveva spodestato di tutti i suoi feudi. Tentando, evidentemente, di riottenere gli aviti possedimenti (per lo stesso motivo, daltronde, il vecchio Salinguerra, uomo di provata fede ghibellina, nel 1215 aveva
F. AVVENTI, Il servitore di piazza: guida per Ferrara, s.l., Pomatelli tipografo, 1838, p. 163. 15 *Dictionnaire Universel historique, critique et bibliographiques, tav. cron., vol. XX, Parigi, Impremerie de Prudhomme fils 1812, p. 437. Si tratta dei feudi di Medicina e parte di Argellato in diocesi di Bologna; Pieve Santa Maria in diocesi di Modena; Carpineto, Bismantova, Mandria, Bianello, Bondeno, Mozole, Fosdondo e Pecognaga in diocesi di Reggio (Cfr P. LITTA, op. cit.).
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giurato fedelt al papa Innocenzo III16). La spedizione a Napoli, per, non ebbe fortuna: il papa mor, e con lui le speranze di riottenere i feudi. Giacomo potrebbe aver deciso, allora, di rifarsi una vita, mettendo su una nuova famiglia a Casoria, dove sarebbe stato facile ottenere qualche feudo dal vescovo di Napoli.

3.3 Un nipote di Fano?


Lipotesi che il Torello sepolto a Casoria sia il figlio di Salinguerra affascinante, ma deve fare i conti con una incongruenza. Secondo lepigrafe funeraria, infatti, Giacomo veniva da Fano, mentre il figlio di Salinguerra almeno fino al 1245 visse sempre tra Ferrara, Modena, Venezia e Padova. Certo, niente gli avrebbe impedito di ritirarsi per una decina danni a Fano, dove viveva il ramo pi tranquillo della famiglia paterna; per poi partire nel 1254 al seguito di Innocenzo IV. Tuttavia, nei documenti e nelle cronache fanesi del Duecento, n tanto meno nelle genealogie dei Torello, compare alcun Giacomo17. Per questo periodo, infatti, le notizie sul ramo fanese dei Torello sono abbastanza frammentarie. Sappiamo che nel 1203 era massaro del comune di Fano un certo Azzolino Torello; padre di Luca, che
Cfr A. FRIZZI, Memorie per la storia di Ferrara, vol. 3, Ferrara, Abram Servadio editore, 1850, p. 79. 17 I Torello di Fano discendevano da un tale Viviano, giunto in citt ai primi del XII secolo, ammesso alle cariche civiche ed ascritto al patriziato (cfr P. LITTA, op. cit.)
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mor in et avanzata, dopo il 1290. Scorrendo le genealogie, Azzolino lunico che avrebbe potuto avere un figlio coetaneo del nostro Giacomo. Un figlio cadetto, di quelli che partivano militari, alla ricerca una sistemazione: forse questa lipotesi pi verosimile, ma non ci sono i documenti.

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4.

CASORIA NEL MEZZOGIORNO SVEVO-ANGIOINO

La vicenda di Giacomo Torello da Fano offre una interessante testimonianza dei difficili rapporti tra papato e impero, poteri ecclesiastici e civili, a cavallo tra il periodo svevo e quello angioino. Il militare, infatti, giunse a Napoli con lesercito di papa Innocenzo IV per cacciare gli Svevi, e negli anni successivi un suo parente (forse suo figlio) fu coinvolto in un processo tra la curia arcivescovile di Napoli e lamministrazione angioina.

4.1 La campagna anti-sveva


Sinibaldo Fieschi, eletto papa nel 1243 con il nome di Innocenzo IV, ingaggi una decisa campagna politica (e poi anche militare) contro il crescente potere dellimperatore Federico II. Falliti i primi negoziati, il pontefice si ritir a Genova e poi a Lione, dove nel 1245 convoc un concilio che depose limperatore, sciogliendo i suoi sudditi dal giuramento di fedelt e generando agitazione in tutta Europa. Dopo la morte di Federico (1250), il pontefice continu la campagna anti-sveva contro suo figlio Corrado, e poi contro laltro suo figlio naturale, Manfredi.

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La discesa del papa, tornato a Roma nel 1253, fu preceduta da truppe militari che dovevano cacciare con le armi gli Svevi dal Mezzogiorno. Nella primavera del 1254, lesercito di Innocenzo IV, tra le cui fila militava anche Giacomo Torello, giunse cos alle porte della citt. Giacomo si accamp a Casoria, dove quasi certamente trov ospitalit presso un suo parente, un tale Martino Martinus Torello de villa Casoria che sotto Federico II aveva ottenuto un territorio chiamato Starza dal monastero napoletano dei Santi Severino e Sossio18.

4.2 Casoria feudo della chiesa


A met del Duecento, Casoria era solo una piccolo centro rurale, una villa abitata dai contadini che coltivavano i territori circostanti. Si trattava prevalentemente di possedimenti di monasteri benedettini napoletani (in particolare, di San Gregorio armeno in centro, e dei Santi Severino e Sossio nella zona orientale). Non mancavano, tuttavia, dei privati proprietari che animavano un discreto mercato immobiliare, testimoniato dai documenti dellepoca19. A Casoria
18 Cfr R. PILONE, Lantico inventario delle pergamene del Monastero dei SS. Severino e Sossio: Archivio di Stato di Napoli, Monasteri soppressi, vol. 1788, vol. III, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 1999, p. 1253; i Torello sembrerebbero giunti nel napoletano a cavallo tra XI e XII secolo: la prima attestazione del nome, infatti, risale agli anni 1082-1095, quando uno Stephano, humile presbitero qui nominatur Torello, era custode della chiesa di Santa Maria de domino Teudino (Cfr Ivi, p. 1198 ) 19 G. PESCE, op. cit., p. 62 e segg.

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investivano grandi famiglie come i Capece e i Caracciolo, ma numerosi erano anche i piccoli proprietari o concessionari del luogo, quasi tutti vassalli dellarcivescovo di Napoli. Secondo Giustiniani e Ambrasi20, Casoria, insieme ad altri centri, in questo periodo costituivano una sorta di feudo della chiesa napoletana. In pratica, oltre alle propriet dirette di monasteri ed istituti religiosi, molti coloni e proprietari terrieri del luogo erano legati da un giuramento di fedelt allarcivescovo, ricevendone in cambio protezione.

4.3 Feudi e contrasti


La spedizione del 1254 fu un fallimento, e si concluse con una serie di imprevedibili sviluppi. Il 25 maggio, infatti, re Corrado mor allet di 26 anni, colto da una febbre intestinale. Il papa entr a Napoli solo dopo lestate, il 27 ottobre; e il 2 dicembre il suo esercito venne battuto da Manfredi. Cinque giorni dopo, anche il vecchio Innocenzo IV moriva a Napoli. Ai militari discesi con lui non rimaneva che tornarsene a casa; oppure divenire vassalli del vescovo di Napoli, che in mezzo a tutto questo bailamme rimaneva lunica autorit ancora credibile. Cos fece, quasi certamente, Giacomo Torello, che proprio a Casoria dovette avere in concessione dei terreni.
20 Cfr L. GIUSTINIANI, Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, Napoli, Vincenzo Manfredi, 1797; e D. AMBRASI, La vita religiosa in *Storia di Napoli, vol. 3, Napoli, Societ editrice Storia di Napoli, 1969, pp. 437-573.

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Una circostanza confermata dalla Platea di San Benedetto, che descrive accuratamente i beni dellerede di Giacomo, patrono della cappella fondata dal suo antenato. Si tratta di un Marco Antonio Torello (!), il cui principale possedimento, nel Seicento, consisteva in un ampio territorio di 6 moggia, situato alla via di Caivano. Per il terreno, bisognava pagare ogni anno un censo di 8 ducati al capitolo della maggior chiesa di Napoli, ovvero al vescovado (il pagamento era fissato al 15 agosto, secondo lantica consuetudine napoletana). Unaltra conferma viene da un documento degli anni 1276-79, in cui compare un certo Servatus Torellus. Siamo in un periodo grigio, di transizione tra la cacciata degli Svevi e laffermazione di una nuova dinastia. Carlo dAngi, fratello del re di Francia, accorso in sostegno del papato e nel 1266 si insediato a Napoli. Ma la sua autorit, dieci anni pi tardi, incontra ancora resistenze; e paradossalmente, proprio da parte dellarcivescovo di Napoli e dei suoi vassalli. Il vassallaggio non implicava solo dei semplici obblighi di legge, per cui bisognava pagare alla diocesi dei tributi (denaro, prodotti o giornate lavorative) in base ai terreni coltivati. I vassalli erano praticamente sottoposti al governo della chiesa, e verso di loro larcivescovo aveva potere di emanare sentenza nelle cause civili. Una situazione che provocava continui contrasti tra il vescovado e la amministrazione - la curia - angioina.

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4.4 La lite con la curia angioina


Nel 1276 scoppi unaccesa lite tra la amministrazione angioina e larcivescovo Ajlgerio, per salvaguardare i diritti della chiesa di Napoli sui casali di Casoria, Afragola, Lanzasino, Secondigliano, Salvatore Monialium, Panecocolo e Cassandrino. Ajlgerio pretendeva che i vassalli della sua chiesa non fossero tenuti per nessun motivo a pagare tributi (le cosiddette collette) alla Regia Curia, e mosse pertanto lite contro il Procuratore del fisco. La lite era ancora in istruttoria, in attesa di sentenza, quando il Giustiziere di Terra di Lavoro (una sorta di moderno presidente dellamministrazione provinciale) arrest alcuni vassalli della chiesa napoletana. La notizia dellarresto (e del successivo rilascio) riportata in un documento degli anni 1277-7921. Cittadini sia afragolesi che casoriani, homines de villa Casorie et villa Afragole de territorio neapolitano, erano stati arrestati per non aver pagato alla Regia Curia dei tributi, con cui avrebbero saldato alcune collette degli anni precedenti. Al Giustiziere di Terra di Lavoro veniva data disposizione di rilasciare in libert gli uomini incriminati dietro cauzione, sub certa forma. Gli arrestati erano una cinquantina, e tra i loro nomi figura anche quello di un tale Servatus Torellus. Potrebbe trattarsi proprio di uno dei figli di Giacomo Torello, che negli anni 1276-79 doveva avere unet di circa 20-25 anni; oppure, del figlio del gi menzionato Martino Torello di Casoria.
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RCA, vol. XX, pp.106-108, doc. 137.

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Unultima osservazione. Iacobus Tarallus uno dei primi nomi dellelenco degli arrestati riportato nel documento. fortissima la tentazione di identificarlo con il nostro Giacomo Torello, ovvero Iacobus Torellus. Tuttavia, lipotesi di una errata trascrizione si scontra con la presenza del curioso nome di Iacobus Tarallus in alcuni documenti del 128622, dunque posteriori (seppure di pochi anni) alla morte di Torello, avvenuta nel 1281.

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P. RESCIO, Archeologia e storia dei castelli di Basilicata e Puglia, Potenza, Consiglio regionale di Basilicata, 1998, App. doc., nn. 1174, 1183, 1184, 1187.

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BIBLIOGRAFIA

D. AMBRASI, La vita religiosa, in *Storia di Napoli, vol. 3, Napoli, Societ editrice Storia di Napoli, 1969, pp. 437573. F. AVVENTI, Il servitore di piazza: guida per Ferrara, Ferrara, Pomatelli tipografo, 1838. D. CAPECE TOMACELLI, Storia del reame di Napoli dal 1458 al 1464, Napoli, Tipografia Fratelli Fernandes, 1840, pp. 141143, 171. C. DENGENIO CARACCIOLO, Napoli Sacra, Napoli, Ottavio Beltrano, 1624. A. DI COSTANZO, Istoria del regno di Napoli, vol. 3, Milano, Societ tipografica de classici italiani, 1805. C. FERONE, Le origini del culto di San Mauro abate a Casoria, Casoria, GN, 2006. A. FRIZZI, Memorie per la storia di Ferrara, vol. 2, Ferrara, Abram Servadio Editore, 1848. A. FRIZZI, Memorie per la storia di Ferrara, vol. 3, Ferrara, Abram Servadio Editore, 1850. L. GIUSTINIANI, Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, Napoli, Vincenzo Manfredi, 1797. *Dictionnaire Universel historique, critique et bibliographiques, Parigi, Impremerie de Prudhomme fils, 1812.

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P. LITTA, Torelli di Ferrara (voll. 2), Collezione Famigli celebri italiane, Torino, Basadonna, 1844. G. NUVOLATO, Storia di Este e del suo territorio, Este (Pd), Stabilimento tipografico G. Longo, 1851. G. PESCE, Casoria: ricostruire la memoria di una citt: profilo storico e documenti dalle antichissime testimonianze al Novecento, Anacapri (Na), Oxiana, 2006. G. B. VERCI, Storia degli Ecelini, Bassano (Vi), Stamperia Remondini, 1779.

FONTI ARCHIVISTICHE E DOCUMENTARIE CSB, Archivio storico della parrocchia San Benedetto abate in Casoria, Platea, ms. cart. (secc. XVII-XX). A. ILLIBATO (a cura di), Il liber visitationis di Francesco Carafa nella diocesi di Napoli (1542-1543), Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1983. R. PILONE, Lantico inventario delle pergamene del Monastero dei SS. Severino e Sossio: Archivio di Stato di Napoli, Monasteri soppressi, vol. 1788, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 1999. RCA, I registri della cancelleria angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri in collaborazione con gli archivisti dell'Archivio di Stato di Napoli, Napoli, Accademia Pontaniana, 1950. P. RESCIO, Archeologia e storia dei castelli di Basilicata e Puglia, Potenza, Consiglio Regionale di Basilicata, 1998.

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APPENDICE

I MONUMENTI QUATTROCENTESCHI DI AFRAGOLA E CAIVANO

Nellhinterland napoletano, oltre al monumento funerario di Giacomo Torello, bisogna segnalare almeno altre due testimonianze di un certo interesse storico-artistico. Si tratta di monumenti quattrocenteschi: uno del cortigiano angioino Matteo Arcane, ad Afragola; e laltro dellarcivescovo Marino Dei Paoli, a Caivano.

1. Matteo Arcane (San Giorgio martire, Afragola)


Il monumento funerario di Matteo Arcane si trova nella chiesa di San Giorgio martire, nei pressi del castello Afragola, che fu una delle residenze dei reali angioini tra Trecento e Quattrocento. Si tratta di una robusta lastra di marmo (collocata nella prima cappella a destra dallentrata) sulla quale scolpita a bassorilievo la figura intera, ma molto consumata di un dignitario di corte. I bordi del marmo sono percorsi per tutti i quattro lati dalla seguente iscrizione, cesellata a bassorilievo in caratteri gotici:
HIC JACET CORPVS PROVIDI ET DISCRETI VIRI MATTHAEI ARCANE CAMERARII SERENISSIMAE

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PRINCIPISSAE D. MARGARITAE DEI GRATIA UNGARIAE ET HIERVSALEM REGINAE QVI OBIIT SVB ANNO DOMINI CI CCCCVIII DIE XXVI OCTVBRIS

Dallepitaffio si apprende dunque che Matteo Arcane, uomo provvido e discreto, morto il 26 ottobre 1408, era un camerario ovvero un tesoriere della regina Margherita, moglie di Carlo III di Durazzo. Lo storico afragolese Castaldi cita un documento datato Salerno 1412, con il quale Margherita esenta la Universitas di Afragola da un peso chiamato quartaria; deducendone, di conseguenza, che la regina doveva evidentemente godere di qualche diritto sulle rendite del casale di Afragola spettanti al Regio Fisco, e perci proprio qui aveva un suo particolare tesoriere.
[Bibliografia di riferimento]: G. CASTALDI, Memorie istoriche della citt di Afragola, Napoli, Tipografia Sangiacomo, 1830.

Monumento funerario di Matteo Arcane (part.) Chiesa di San Giorgio martire, Afragola (Na)

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2. Marino e Giovanni De li Paoli (San Pietro, Caivano)


Di notevole interesse anche la sepoltura dellarcivescovo Marino De li Paoli, presso la chiesa di San Pietro, non lontano dal castello medievale di Caivano. Si tratta di un tumulo di marmo, sul quale giace la statua dellarcivescovo vestito di abiti pontificali. Sul davanti della tomba che poggia su tre colonne scolpita limmagine della Vergine col bambino, con a sinistra San Nicola di Bari (a cui era dedicata la cappellania dei Paoli) e a destra un altro santo vescovo; sul lato sinistro scolpito lo stemma di famiglia: unaquila ad ali spiegate, con le zampe che poggiano su due stelle. Sulla cassa si legge la seguente iscrizione:
MARINUS CAYVANENSIS COGNOMENTO DE PAULO ARCHIEPS ACHERUNTINUS HOC SIBI VIVENS POSUIT ANNO MCCCCLXXI.

Su un marmo separato, incassato nella parete, si legge invece la seguente iscrizione:


PUBBLICA CUI IUVENIS RES EST COMMISSA TUDERTI FUNDORUM ET MERUI PRAESUL UT URBE FOREM; MOX ACHERUNTINAE REDIMITUS BONORE TYARAE, EXEGI HIC VITAE TEMPORA LONGA MEAE AMISSUM NUNC ME CAIVANUM PATRIA LUGET ET MAGE DE PAULO SCRISI MEA CONTA DOMUS.

Morto nel settembre del 1471, Marino era entrato a far parte giovanissimo della corte papale di Roma dove forse aveva studiato e svolse una intensa attivit diplomatica in anni particolarmente difficili per la Chiesa (che con il Concilio di Costanza del

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1414-18 ricomponeva il cosiddetto scisma di occidente). Nel 1417, rientrate le agitazioni in Umbria, papa Martino V lo invi come governatore a Todi; e nel 1422 fu nominato vescovo di Fondi, dove intorno ai Caetani si spegnevano gli ultimi focolai degli anti-papisti. Nel 1443 divenne infine arcivescovo di Acerenza e Matera carica che ricopr per 27 anni, fino alla morte unendo le due diocesi, che da decenni erano soggette alle pressioni politiche del partito filoangioino e di quello filo-aragonese. Presso la chiesa di San Pietro di Caivano si trovano anche altre quattro lapidi, incassate nei pilastri del transetto sinistro. Una di queste rappresenta un uomo togato, che stringe in una mano una bandiera e nellaltra una verga (o uno scettro, comunque emblema di giustizia) e porta il capo coperto da un berretto. Attorno lorlo della lapide correva lepitaffio inciso in caratteri gotici, ormai pressoch illeggibile; ma rifatto nel 1707 e collocato ai piedi della statua. Nelliscrizione di legge:
HIC IACET CORPUS EGREGII VIRI IOANNIS DE LI PAOLI DE CAYVANO, OLIM CAPITANEUS CAPUAE, IUSTITIARIUS APRUTII CITRA REGENS M.C.V. SENATOR URBIS ROMAE A. D. MCCCCIV.

Si tratta della sepoltura del caivanese Giovanni De li Paoli (quasi certamente padre dellarcivescovo Marino) morto nel 1404 dopo aver ricoperto importanti incarichi presso le corti angioine del suo tempo. Fu infatti Capitano di Capua (ufficiale del governo che era praticamente a capo della citt) e poi Giustiziere della Provincia dellAbruzzo citeriore;

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nominato a Napoli Reggente della Grande Curia della Vicaria (M.C.V. delliscrizione sta appunto per Magnae Curiae Vicariae), il tribunale ordinario del Regno, ottenne infine il titolo onorifico di Senatore di Roma.
[Bibliografia di riferimento]: D. LANNA, Frammenti storici di Caivano provincia di Napoli, Giugliano, G. Donadio, 1903.

Monumento funerario di Marino de li Paoli Chiesa di San Pietro, Caivano (Na)

Pubblicazione digitale realizzata nel maggio 2009 a cura di G. Pesce per Oxiana Edizioni Tutti i diritti sono riservati

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Al tramonto dellimpero di Federico II, un uomo darmi venuto a Napoli al seguito di papa Innocenzo IV decide di fermarsi a Casoria colpito dalla bellezza di una donna: la storia affascinante e sconosciuta di Giacomo Torello da Fano; dietro cui si cela probabilmente il figlio del famoso ghibellino Salinguerra, le cui tracce si perdono proprio in questi anni, e che aveva forse deciso di rifarsi una vita.

GIUSEPPE PESCE (Napoli,

1977) giornalista e scrittore attento alla storia, laureato in Lettere Moderne allUniversit Federico II di Napoli con una tesi in letteratura su Malacqua di Nicola Pugliese. Ha collaborato per Il Mattino e per RAI Educational, si occupato di comunicazione pubblica, ed ha pubblicato il reportage Le Salicelle salvate dai ragazzini. autore del romanzo Napoli sotto il sole (Oxiana, 1998), notato da Dacia Maraini, e del fumetto Giordano Bruno cronista napoletano, con i disegni dellartista Pasquale Vitale. Si occupa di critica letteraria e di ricerca storica, con particolare attenzione a Napoli e al suo entroterra. Ha pubblicato il saggio Casoria: ricostruire la memoria di una citt e ed ha realizzato un articolato studio sugli Itinerari storici dellentroterra napoletano, ancora inedito.

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