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Enrico D’Antonangelo

DIALOGHI DA UN LUOGO REMOTO

(C) E D’A - Fabrica di Roma 1 luglio 1996

PRIMODIALOGO

+ Nome?
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* Tizio.
+ Cognome?
* Caio.
+ Nazionalità?
* Apolide.
+ Religione?
* Nessuna.
+ Ateo.
* No, non ateo.
+ Credente non religioso.
* Neppure.
+ Insomma che ci scrivo?
* Figlio di Dio.
+ Signor Capitano, qui ce n'è uno per lo psichiatra. Dice
di non avere alcuna religione e di essere il figlio di Dio.
C - Tienilo lì che avverto il Pretore. Signor Pretore, c’è
qui, Uno che dice di essere il figlio di Dio.
P - Tienilo lì che avverto il Sommo Pontefice. Sommo
Pontefice, è tornato il figlio di Dio.
S - Tienilo lì che parlo un attimo col Segretario di Stato.
Eminenza, abbiamo a disposizione qualche croce spoglia?
E - Ehh! Ne volessimo!
S - Pretore, domani all’ora terza ripeteremo l’operazione.
E speriamo che sia l’ultimo.
+ Cosa ha Sua Santità? Da stamattina sta inginocchiato in
meditazione e non tocca cibo.
*Ha dovuto prendere una estrema decisione: un altro
pazzo che crede di essere il figlio di Dio.
+ Se si tratta di un pazzo, perché crocifiggerlo?
*Potrebbe non essere pazzo.

30 giugno 1996

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SECONDODIALOGO

- Madre mia, quando tu lo vorrai, io camminerò nella


morte.
* Ah figlio, figlio mio!
- Perché piangi madre? So che tu mi richiamasti in questo
luogo; perciò ti chiedo di assolvere un tuo naturale diritto.
Come mi mostrasti al mondo, a lui mi nascondi.
* Nasconderti al mondo? Nasconderti a me! Ed io... per
chi più avrò, al mattino, la forza di alzarmi dal letto?
Quando più, ascolterò nel mio cuore il canto soave che
rende leggere e veloci le mani?
- Madre! Madre ascoltami. La lana ed il lino trasformi in
comode vesti. La bianca farina in saporito pane. I frutti
maturi in dolci marmellate e succhi gustosi. Le insapori
verdure e i duri legumi in cibi appetitosi. Tutto ciò che
tocchi trasformi così come un giorno trasformasti me.
* No! No, io ti formai!
- E come!? Se fosti incosciente finché non sentisti un peso
gravarti nel ventre! Mi dedicasti la vita e, ancora, vorresti,
per alleviare la colpa che pensi di avere.
* La colpa!?
- Di avermi chiamato alla vita per consegnarmi alla morte.
* Ah morte morte! Potessi io morire mille volte!
- Non mille ma ancora più volte morrai finché crederai che
sia questa, la vita.
* E' questa la vita, figlio. Non ce n'è un'altra.
- No madre. Questa è una stagione della vita. Ascolta:
quando io parto tu sei triste perché ti sono lontano, però
non ti disperi. Perché?
* Perché so che tornerai.
- Come puoi essere certa del mio ritorno? Tu speri.
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* Ebbene io spero.
- Eppure io dico che la tua speranza ti sorregge, solo
perché il tuo cuore conosce il mio piacere di viaggiare.
Non è la mia assenza che ti addolora, ma il mio dolore.
Non è la mia vicinanza che ti rende felice, ma il mio
mostrarmi gioioso. Vedi ora. Ti sono vicino, ti parlo;
eppure sei triste, eppure tu piangi. Mi ami?
* Mi chiedi se t'amo!?
- Dunque, perché mi rifiuti?
* Io rifiutarti?
- Chi non mi ascolta, mi allontana da sé. E tu non vuoi
ascoltarmi. Tu ascolti il ricordo del tuo ventre e la pena del
tuo cuore, così come ascolteresti il vuoto dello stomaco in
un tempo di carestia. Non piangere madre mia. Se la verità
offende, l'offesa non nasce dalla verità ma da chi rifiuta di
accettarla.
* Qual è la verità, figlio?
- La verità è questa: nessuno nasce, nessuno muore, tutti
vivono. Tutto è vita perché la vita è sempre.
* Figlio mio, dove ti condurrà la tua follia!
- Io folle?
* Si, folle.
- Anche Prometeo fu folle; ma gli uomini ebbero il fuoco.
* Ed egli dolore e solitudine.
- Si, ma ogni volta che qualcuno accende un fuoco, egli
rivive in quelle mani e in quella memoria e vivrà finché ci
sarà qualcuno per accendere un fuoco.
* Egli solo?
- Nel fuoco, egli solo; nel cuore, lo possono tutti.
* Nel cuore?
- Offri il tuo respiro al respiro del mondo; i tuoi occhi agli
occhi del mondo e guarda tutti come fossero me, tuo figlio.
Offri il tuo cuore al cuore del mondo e potrai comprendere
la mia follia, la tua salvezza.
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* Oh Dei, quali parole insulse proferisce mio figlio! Egli è
sobrio. Da giorni non beve del vino, eppure vaneggia.
Offri il tuo cuore al cuore del mondo, guarda ciascuno
come fosse tuo figlio... Chi ha mai udito un tale
linguaggio? Quale demone gli muove la lingua? Dovrei
guardare lo Spartano e il Cretese e il barbaro Persiano
come guardo lui. Chi mi rivolgerebbe più la parola? Chi
non mi caccerebbe dalla mia città? E quale altra città mi
accoglierebbe? Chi mi difenderebbe dal disonore e dalla
morte?
- Nessuno.
* Si, nessuno.
- E questo ti renderebbe libera.
* Non libera, folle!
- Si, folle, perché la libertà è nella verità e la verità è follia.
* Come puoi parlare della verità? Chi te l'ha indicata?
Quale Dio si è avvicinato a te nel sonno per rivelarti il
mistero o quale Dea ti ha allucinato con il suo ingannevole
sorriso?
- Quale dio? Quale dea? Oh madre, le vostre immobili
statue alle quali bruciate tonnellate di cera e di incenso,
come puoi chiamarle Dei?
* Taci! Taci... Non temi la folgore del padre degli Dei?
Non temi la loro vendetta? Gli Dei non sopportano di
essere irrisi.
- Io non li irrido, non potrei. Essi non sono.
* Allora temi gli uomini! Essi sono e sono i custodi degli
Dei e della città. Le tue sono parole di distruzione: tu neghi
gli Dei e neghi la città. Per questo saranno tutti concordi
nel condannarti.
- Si, nego gli dei costruiti dalle mani degli uomini e nego
la città che distingue tra uomo ed uomo; però affermo il
Dio che non è mai nato e l'uomo che è uguale ad ogni altro
uomo.
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* Ah figlio! Quale erba malefica ti avvelena la mente,
suscitandoti visioni terribili e insensate? Come può essere,
un Dio che non è mai nato? Come può essere, l'uomo,
uguale ad ogni altro uomo?
- Erba tu dici? Visioni? Se di erba si tratta, è entrata in me
sin da bambino, con il tuo latte, perché le visioni
iniziarono allora; e tu fosti la prima.
* Io una visione?
- Tu, una visione. Tu che amavi ciò che il tuo corpo aveva
formato e che ti apparteneva per diritto di natura. Amavi la
mia voce, le mie coscette paffutelle, il mio primo dentino,
le mie piccole dita che giuocavano con i tuoi capelli e ti
pizzicottavano il seno, la mia piccola bocca che succhiava
il tuo capezzolo. Come un qualsiasi animale, amavi ciò che
era uscito dal tuo ventre. Amavi il mio corpo. Ma me? Io
che muovevo quel corpicino, quanto ero presente nel tuo
amore?
* Tu che muovevi quel corpo? Che significa?
- Significa che questo corpo avrà movimento, quello che ti
ostini a chiamare vita, finché io ne avrò il piacere.
* Io chi!?
- Io, lo stesso che muove il tuo corpo. Ho un solo nome: Io
e mi rifletto in tu per trasformarmi immediatamente in Io.
Ciascuno è Io, lo stesso Essere che muove tutti i corpi.
Comprendi ora perché ho ti detto: guarda tutti come
fossero tuo figlio? Perché ti ho detto che nessuno nasce e
nessuno muore? Perché uno soltanto possa morire, è
necessario che muoiano tutti. Ciò può succedere soltanto
se muore Colui che non è mai nato. Può morire chi non è
mai nato?

15 agosto 1993

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TERZODIALOGO

Il vecchio aprì la porta. La mano che aveva bussato


apparteneva ad uno sconosciuto, un viandante trentenne.
- Ho fame.
+ Entra. Pane e pomodori. Ieri avevo anche un pò di
formaggio.
- Grazie, un pò di pane basterà.
+ Chi sei?
- Uno che cerca.
+ Che cerchi?
- Se te lo dicessi, capiresti?
+ Lo saprai dalla mia risposta.
- Cerco il Padre.
+ Il padre?
- Si.
+ Come si chiama questo padre?
- Padre.
+ Padre e basta?
- Se avesse un altro nome non mi interesserebbe: non
potrebbe fare nulla per me.
+ Lo cerchi soltanto perché potrebbe darti qualcosa?
- No. Lo cerco perché il Padre può dare tutto per il figlio.
+ Tutto cosa?
- Non lo so; ma il Padre lo sa.
+ Tu lo conosci questo padre che vai cercando? Lo hai
visto mai?
- Quand'ero fanciullo ho vissuto con lui.
+ Perciò lo riconosceresti subito, non appena tu lo vedessi.
- Si.
+ Ed egli ti riconoscerebbe?
- Sono suo figlio.

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+ Perché hai vissuto con lui soltanto da fanciullo? Ti ha
poi abbandonato? E' dovuto partire senza poter più
ritornare?
- No. Sono stato io ad andarmene.
+ Perché?
- Volevo conoscere dove portava la strada.
+ Quale strada?
- Quella che passava davanti alla casa del Padre.
+ E dove portava quella strada?
- In nessun luogo.
+ Era una strada chiusa? Finiva poco più in là?
- Se fosse terminata, avrebbe condotto in qualche luogo.
+ Dunque?
- Quella strada s'immetteva in una strada che si univa ad
un'altra strada che proseguiva in un'altra strada... e così
via, sempre, continuamente, infinitamente.
+ Hai sempre camminato da quando hai lasciato la casa di
codesto tuo padre?
- No, mi sono fermato in tante altre case.
+ Ma non sei rimasto in alcuna: perché?
- Perché davanti ad ogni casa passava la strada.
+ La strada che conduce in nessun posto?
- Si.
+ La strada che ti ha allontanato dalla casa di tuo padre?
- Si.
+ La strada non finisce mai, si; però la strada conduce
sempre in qualche luogo poiché la strada ha un nome ed
anche il luogo ha un nome.
- Quando sono partito non sapevo il nome della strada che
passava davanti alla casa del Padre; e il nome delle altre
strade mi è indifferente.
+ E il luogo dov'era la casa, come si chiama?
- Non l'ho mai saputo.

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+ allora è proprio vero: la tua strada è senza fine. Ho
conosciuto altri che andavano cercando un padre; ma
costoro conoscevano il luogo dove cercarLo. Chi al nord,
dove la notte è regina; chi al sud, dove il deserto è re.
- Il Padre che cerco è luce perenne e dolce calore: dove
Egli è, non cresce la notte. E' acqua viva e sorgente di vita:
dove Egli è, non esiste deserto. E' la gioia e la pace, la
sazietà e il quieto riposo. La sua parola riempie di piacere
e la sua carezza cancella ogni ferita; ma questo non lo sai
quando sei vicino a Lui. Quando sei lontano da Lui, in
quel momento conosci il Padre. Per questo Lo vado
cercando.
+ Il suono della tua voce entra nel mio cuore come un
seme che ha già messo radici. Fammi venire con te.
Anch'io vorrei conoscere codesto padre che genera una
così grande passione.
- I tuoi capelli sono come la neve e la tua pelle come una
corazza di tartaruga. L'età dovrebbe aver infuso saggezza
nel tuo cuore. Perché chiedi di venire con me che non
conosco dove sono e dove andrò?
+ Io non ho mai saputo che esistesse il Padre rivelatomi
dalle tue parole; ma adesso in me è nato un desiderio che
non è soltanto speranza. Io... è talmente assurdo ciò che sto
per dire, eppure, io ho fede in te che sei smarrito. Tu
ritroverai il Padre, ne sono certo e, insieme a te, anch'io
potrò conoscerLo.
- Ti ringrazio vecchio. Le tue parole scavano nella sorgente
delle lacrime, i miei occhi stillano rugiada come le corolle
del biancospino e dal mio cuore il manto della
riconoscenza si espande in tutto il corpo. Ti ringrazio ma
non posso portarti con me. Io cerco il Padre per me; per
questo devo andare da solo.
+ Anch'io vorrei cercarLo per me; ma questo non ci
impedirebbe di camminare insieme.
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- Se camminassimo insieme, io sarei preoccupato per te e
tu per me, occupato da te e tu da me. Tanto è sufficiente
per non poter riconoscere il Padre nell’incontrarLo.
+ Tu dici che il Padre ti conosce; se nell’incontrarLo non
dovessi riconoscerLo, sarà Egli a riconoscere te.
- No, tu non sai. Egli non può rivelarmisi e chiamarmi
"figlio" finché io non Lo chiamo per primo "Padre". E'
così, ma non so spiegare il perché.
+ Pensi che io non possa capire?
- No. Sono io che non riesco a comprendere e nessuno ha
mai saputo spiegarmelo.
+ Come fai, allora, ad affermare ciò che non comprendi?
- Non lo so, ma posso.
+ Poesia o pazzia? Non capisco.
- Neppure io. Eppure potrebbe esserci qualcuno in grado di
capire ciò che tu ed io non capiamo, spiegare ciò che tu ed
io non possiamo spiegare.
+ Tu vivi di desideri e la tua strada è senza fine.
- No, io vivo di ricerca e la mia strada ha un senso poiché
dovunque passo lascio un segno.
+ Che vuoi dire?
- Tu hai conosciuto il Padre perché un viandante smarrito è
passato davanti alla tua casa. Non ha saputo dirti dove
cercarLo è vero, però Te lo ha rivelato e ti ha istillato
l'ansia di conoscerLo. Se quest'uomo non fosse stato
smarrito, forse tu non avresti mai saputo del Padre. Ora in
te c'è il mio segno.
+ E a cosa mi serve? Io sono vecchio e tu non mi vuoi con
te nella ricerca. Da solo non andrei lontano.
- Quando vivevo nella casa del Padre, Egli era spesso
assente.
+ Dove andava?
- Per la strada.
+ A passeggio?
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- No: percorreva tutte le strade. Diceva di avere altri figli
che non vivevano nella Sua casa; altri che erano partiti
senza fare ritorno; altri che non lo conoscevano affatto.
+ Dunque, anche il Padre cerca.
- Si, ma quando trova non può fare nulla se non è
riconosciuto.
+ Perché?
- Non lo so, è un mistero
+ I misteri sono fantasie.
- Anche il tartufo è fantasia?
+ Perché il tartufo?
- Il mistero è come il tartufo: ne senti l'odore ma non sai
dove scavare per trovarlo.
+ Dimmi: se il Padre percorre tutte le strade, passerà anche
di qui, no?
- Passerà, come potrebbe essere già passato.
+ Io non sapevo.
- Adesso sai.
+ Potrebbe passare di nuovo?
- Si, passa sempre, continuamente.
+ Quand'è così, non c'è bisogno di andare a cercarLo.
Posso restare nella mia casa e attendere che ripassi di
nuovo.
- Purché non ti addormenti. Il Suo passo è leggero come la
neve e il suo bussare è come un soffio di vento.
+ Come farò a rimanere sempre sveglio?
- Anche se il corpo riposa, il cuore vigila sempre. Accendi
un lumino nel tuo cuore e provvedi che non manchi mai
olio allo stoppino, mentre il tuo corpo riposa. Il Padre vede
nel cuore e saprà che il lumino è acceso per Lui e attenderà
il risveglio del tuo corpo.
+ E' come se tu mi stessi raccontando una bella favola,
eppure non posso fare a meno di credere alle tue parole.

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- Tu non credi per le mie parole: è il bisogno del Padre che
ti spinge.
+ Si, è il bisogno, bisogno di un tal Padre. Dimmi: come
posso accendere un lumino nel cuore? Come posso mettere
olio nel cuore?
- "Dove sta il tuo cuore, là sta il tuo tesoro"; almeno una
volta nella tua vita, avrai sentito esprimere questa verità. Io
aggiungo: dov'è il tuo tesoro, là è il tuo lumino. Dov'è il
tuo lumino, tu aggiungi olio affinché non si spenga.
+ Tu parli per enigmi.
- Non posso dirti: “io mangio questo perché è buono,
perciò mangiane anche tu". Potresti rispondermi: "quel
che tu mangi e reputi buono, mi disgusta". Perciò ciascuno
sceglie il cibo secondo il proprio gusto; ma il fine è lo
stesso.
+ Si, il fine è lo stesso; ma tu mi hai detto di cercare un
cibo che non conosco.
- No, io ti ho soltanto detto di nutrire il tuo cuore; tu sai
cos'è che fa bene al tuo cuore.
+ Non capisco.
- Sei duro d’orecchio per quanto sei vecchio. Ti dirò
questo: il desiderio del Padre è il lumino e il ricordo di Lui
è l'olio. Questa è l'unica offerta che conquista il Padre e il
cuore è l'unica casa nella quale Egli dimora con piacere:
“E’' giunto il momento in cui né su questo monte né in
Gerusalemme adorerete il Padre; il momento in cui i veri
figli adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre
cerca i veri figli".
+ Tu parli come un maestro eppure non sei un maestro;
dici di essere smarrito e nello stesso tempo indichi a me
come trovare: chi sei?
- Te l'ho già detto: sono uno che cerca il Padre.
+ Ma se il Padre è in cammino ed anche tu sei sempre in
cammino, potreste non incontrarvi mai. Fermati qui con
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me, la mia casa è grande. Aspetteremo e veglieremo
insieme. Potremmo fare dei turni in modo che, se uno
dorme l'altro veglia; uno di noi dovrà per forza riconoscere
e accogliere il Padre. E lo farà per tutti e due.
- Mi accorgo che la tua pena si chiama solitudine. E non
puoi farci niente. Quand'eri giovane e potevi godere i
piaceri della vita, la tua casa era piena di amici. Quando
frequentavi le associazioni e i commerci eri circondato di
conoscenti. Ora che a malapena riesci a camminare,
nessuno più ti degna di uno sguardo. Questo è l’uomo, ma
tu non sei stato fatto per l’uomo. Anche tu, vecchio, sei un
figlio. Anche tu sei stato fatto per il Padre. Perciò non
crucciarti se la solitudine è attorno a te. Ora che conosci il
Padre e hai acceso un lumino nel tuo cuore, non sei più
solo. Questo lo scoprirai da te stesso, man mano che il
desiderio e il ricordo del Padre Lo condurranno sempre più
vicino alla tua casa.
+ Si, è vero. Finché potevo dare ho sempre avuto
compagnia.
- Anche la compagnia è solitudine.
+ E' vero. Tutto ciò che si muove all'esterno di me è
solitudine. Ho vissuto una vita di solitudine: è troppo tardi
per piangere?
- Su, vecchio. Lascia stare il passato, dimenticalo. Riunisci
le tue forze e vivi il presente e ciò che il presente ti porta.
Ora puoi costruire il futuro. Nessuno potrà rubare il tesoro
dal tuo cuore.
- Si, il presente mi ha donato un tesoro. Ora comprendo
anche la tua ricerca che è soltanto attesa. Tu hai la forza
per camminare e percorri la strada; però tu non cerchi, tu
attendi.
+ Addio vecchio.
- Addio fratello.

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21 aprile 1985

QUARTODIALOGO

- Uno venne per dividere i suoi dagli altri. Io vengo per


riunire i già divisi. Un terzo verrà per guidare i riuniti nel
luogo di piacere che loro spetta per diritto di fedeltà.
+ Perché non parli attraverso la televisione, invece di
affrontare pericoli e privazioni viaggiando di continente in
continente?
- Molti degli strumenti della scienza non vengono dal
Bene.Io cammino in mezzo a voi e parlo in mezzo a voi
perché non temo la verità. Io vi dico la verità e la verità
esce dalla carne. Tutto quello che esce dalle cose
appartiene alle cose; quello che esce dalla carne appartiene
allo spirito. Lo spirito del Bene esce dalla carne. Lo spirito
del nemico del Bene esce dalle cose e il nemico del Bene,
allorché parla, o esce dalle cose o si pone sopra palchi
circondandosi di guardie del corpo e di lacchè battimani.
+ Noi comprendiamo di chi stai parlando. Sono costoro
tutti nemici del Bene?
- Solo quelli che voi stessi uccidete perché vi parlano di
pace e di giustizia vengono dal Bene.
+ In tutto il mondo possiamo contarli sulle dita di una
mano.
- Costoro che potete contare sulle dita di una mano, vi
avrebbero aiutati ad intuire il senso della vostra esistenza
se voi non li aveste uccisi; voi, ebbri della vostra osannata
ignoranza. Eppure non potrete mai dimenticarli né potrete
pensare a loro senza sentirvi in colpa.
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+ Ci stai dicendo cose insensate.
- Io vi sto dicendo che coloro che vengono dal Bene sono
immortali mentre invece i nemici del Bene scompaiono
dalla vita e di loro si perde memoria, oppure il loro ricordo
suscita orrore. E per mascherare la vostra ipocrisia e la
vostra dabbenaggine per averli applauditi ed onorati,
erigete loro monumenti e li chiamate Grandi. Ma la loro
grandezza non è stata altro che la vostra sofferenza. Il
Bene, invece, non chiede sacrifici, il Bene sacrifica se
stesso chiedendo in contropartita che le opere degli uomini
siano indirizzate all'amore.
+ Coloro dei quali tu parli fanno parte del passato. Ora noi
siamo civili.
- Voi dite di essere civili eppure continuate a fabbricare
armi e a venderle a chi non potrebbe neppure immaginarle.
E le armi sono fabbricate per il male e l'ingiustizia. Dite di
essere civili eppure state distruggendo ciò che non avete
costruito e che vi è stato donato per permettervi la vita: la
terra, l'acqua l'aria. Chi distrugge il luogo fabbricato dal
Bene perché vi si manifestasse e riproducesse la vita, è
nemico del Bene. Dite di essere civili eppure permettete
che i vostri amministratori si arricchiscano
spropositatamente mentre molti di voi soffrono la fame e il
freddo e non hanno una casa e non possiedono un letto.
Voi dite di essere civili eppure vivete nell'ingiustizia.
Perché affermate di essere civili? I vostri padri non
sapevano leggere né scrivere, eppure vi hanno lasciato
l'acqua potabile, l'aria respirabile, la terra vergine. Anche
la loro fame era grande come la vostra, eppure loro non
hanno divorato le foreste. Voi, con tutta quella che
chiamate la vostra civiltà, lascerete un ambiente vivibile ai
vostri figli? Avrete ancora dei figli? Voi andate tutti a
scuola ma dimostrate di possedere una ingiustificabile
abbondanza di ignoranza. Certo conoscete Reagan
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Gorbaciov Komeini Shamir, Marlon Brando, Kim
Basinger, Dante, Moravia il Dalai Lama, Giovanni Paolo II
e tanti altri che non incontrerete mai e che non avranno
mai significato nei vostri problemi quotidiani; ma non
conoscete il nome del vostro vicino di casa. Per questo, il
vostro vicino di casa vi ignora allorché siete nel bisogno e
nel pericolo. Voi andate per la via e guardate solo il vostro
corpo riflesso dalle vetrine dei negozi; ma se,
malauguratamente, incappaste in qualcuno che vi molesti,
immediatamente accusate, coloro che abitualmente non
vedete, di non avervi prestato aiuto. Il vostro senso del
pudore è unilaterale. Voi volete vivere liberi e
indipendenti; ma dovreste essere abbastanza "civili" da
accettare i pro e i contro di questa intaccabile fortezza di
egoismo. Invece ignorate gli altri quando tutto vi è
favorevole e pretendete, poi, di trovarli nel momento del
vostro bisogno; e poiché tutti vi comportate nella stessa
maniera, siete l'espressione della massima inciviltà mai
raggiunta da una generazione umana. L'unica vostra civiltà
sono le cose; ma le cose sono tutte estranee all'uomo. Voi
siete l'ultima pagina scritta nel libro della storia dell'uomo
perché non usate più le cose, bensì avete consegnato alle
cose la sostanza della vostra esistenza.

17 gennaio 1987

QUINTODIALOGO

- Beati quelli che soffrono a causa della Giustizia.


* Perché?
- Perché la loro sofferenza è il frutto della Sapienza.
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* Cos'è la Sapienza?
- E' un dono Divino; e tutti coloro ai quali viene elargito,
sono destinati ad essere perseguitati, in quanto la Sapienza
concede la comprensione della Giustizia.
* Cos'è la Giustizia?
- La Giustizia non permette il proprio, immediato e,
sempre fluttuante interesse; mentre gli uomini vivono in
funzione di questo: grande o piccolo, palese o nascosto che
sia, a seconda della personale capacità di conoscenza. La
Giustizia non tiene in nessun conto il vincolo di sangue,
poiché ella è Principio di Equità: amatevi gli uni gli altri;
amate chi vi fa del male; amate chi vi è nemico. E poi: Chi
è mia madre e chi sono i miei fratelli? Coloro che,
ascoltando la mia parola, la riconoscono; e mettono in
pratica, nelle loro opere, l'insegnamento che ne ricevono.
Ed ancora: Chi ama il padre e la madre più di quanto ami
me, non è degno di me. Ed inoltre: Lascia che i morti
seppelliscano i morti.
La Giustizia è distruttrice poiché ciò che è Perfetto
cancella tutto ciò che è imperfetto: Sono venuto a portare
la spada.
La Giustizia, ti ripeto, è un dono Divino riservato ai
Coscienti di Dio poiché non può essere insegnata né
imparata: Se vuoi essere perfetto, vai; rinuncia a tutto ciò
che possiedi, rifiuta tutto ciò che conosci, poi ritorna da
me e seguimi.
* Tutto ciò che dici è incomprensibile.
- Se tutto quel che dico è incomprensibile per te, tu non
dovrai temere alcuna sofferenza a causa della Giustizia.
Purtroppo non ne conoscerai neppure la beatitudine.

4 gennaio 1995

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SESTODIALOGO

A - Buongiorno, permetta che le offra un caffè.


B - Buongiorno, volentieri.
A - Mi sono trasferito qui da pochi giorni e non ho avuto
ancora modo di fare delle conoscenze.
B - Vuole cominciare con me?
A - Lei ha colpito la mia curiosità, se così posso
esprimermi.
B - Rende bene il suo pensiero.
A - Non mi fraintenda. E’ che, l'ho notata molte volte
seduto a questo tavolo e sempre da solo. Forse anche lei
arrivato da poco, o è qui in vacanza?
B - Sono nato in questa città ed ho sempre vissuto qui. La
mia solitudine non è un qualcosa di fisico.
A - Vuole spiegarsi?
B - Se lei, per solitudine, intendesse assenza di compagnia,
concorderei con il suo stupore di avermi visto sempre da
solo. Ma non è il mio caso. Posso assicurarle che quello
che lei chiama solitudine è, per me, invece, una compagnia
numerosissima.
A - I suoi pensieri le impediscono di sentirsi solo?
B - Esattamente.
A - Scusi, non mi sono ancora presentato.
B - Non ha importanza. Non sono un pubblico ufficiale.
Per me lei esiste indipendentemente dal suo nome, anzi le
dirò di più: lei esiste proprio perché non ha nome.
A - Non la seguo.
B - Il suo nome sarebbe come quello di tanti altri e non la
distinguerebbe dagli altri; ma nello stesso tempo
indicherebbe la sua etnia, la sua religione e quindi la sua
cultura: la prova della sua esistenza. Al di fuori di esse lei
non esisterebbe. Ma lei sarebbe disposto ad ammettere di
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non esistere, se non appartenesse ad una etnia, non avesse
un nome e una qualifica religiosa?
A - Beh no.
B - Quindi concorda con me nell'affermare che l'atto della
presentazione si risolve in un pedaggio pagato all'ipocrisia
dell'ignoranza.
A - Ignoranza dice?
B - Si, ignorare di essere autonomi dai ceppi genealogici e
dai documenti ufficiali. Siamo in quanto siamo, non perché
è dimostrato che siamo.
A - Non sono preparato per affrontare un simile
argomento. Permetta che ci pensi su.
B - Non chiedo di meglio. Nel proiettarle la mia visione, il
mio intimo desiderio è quello di presentarla ai suoi occhi
neutrali ai quali non potranno sfuggire quegli eventuali
difetti che sfuggono all'affetto di ogni costruttore per la
propria opera. Voglio comunque giungere ad una
conclusione: essendo in quanto siamo, essendo, al di fuori
delle etnie, dei nomi e delle religioni, siamo tutti
accomunati in una dimensione di medesima dignità e
quindi di dipendenza da ciò che ci fa degni. Ed è questo
pensiero che mi rivela che in questo momento, mentre sto
parlando con lei, ci sono brandelli di me stesso che stanno
organizzando ruberie, programmando guerre e
persecuzioni, consumando omicidi, adorando, in
definitiva, l'Ignoranza; e in codesta compagnia non mi è
difficile rinnegarmi e desiderare di non essere mai nato;
ma nello stesso momento, pensando che ci sono altri
brandelli di me stesso chiusi nel silenzio dei loro cuori,
oranti, piangenti, adoranti la Sapienza ed anelanti alla
visione del Bene e alla realizzazione della Pace e della
Giustizia, non posso soffocare la riconoscenza per Chi mi
ha posto in simile beata comunione. Anche se ci fosse un

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solo giusto, in mezzo agli uomini, l'universo avrebbe già
assolto la sua funzione. Non crede?
A - Mi scusi ma adesso debbo andare. Ci penserò su e le
farò sapere la mia opinione. Arrivederci.
13 luglio 1993

SETTIMODIALOGO

* Un'acqua tonica, per favore.


- Un'acqua tonica anche per me, grazie.
* (Finalmente si è deciso!).
- Quante volte te lo sarai chiesta, perché ti guardo?
* Veramente, mai.
- Vuol dire che sei cosciente della tua bellezza ed essa non
ti spaventa perché valuti l'interesse che suscita, come un
tributo dovutole. E' così?
* Veramente non ci avevo mai pensato; ma è proprio ciò
che sta scritto nel mio istinto.
- E perché fino ad ora ti ho guardata senza mai farti un
sorriso, un cenno, una qualsiasi iniziativa per parlarti e
conoscerti, te lo sei mai chiesto?
* Questo si e mi sono anche risposta.
- Che cosa?
* Non è simpatica.
- Accetto tutto, purché sia la verità.
* Io dico sempre la verità.
- Anche agli sconosciuti?
+ Soprattutto agli sconosciuti.
- Allora voglio darti uno stimolo in più ad essere sincera.
Questa è la prima volta che ti parlo e l'ultima che verrò in
questa discoteca. Domani partirò. Non ti ho detto il mio
20
nome e non ti ho chiesto il tuo. Sono e resterò uno
sconosciuto ma ti prometto una cosa: dopo stasera tu sarai
un'altra persona e mi ricorderai come una parte del tuo
corpo. Una di quelle parti che non vedi ma che sai di avere
e di portarti appresso per sempre.
* E' una prospettiva interessante; diventerò una specie di
mostro.
- Niente di meno di ciò che ora sei e... neanche un grammo
di più.
* Proprio come dice la mia mamma.
- Sei proprio quella che il mio intuito fotografava. Sarai
sincera, per quanto possa essere stato terribile il tuo
pensiero?
* Prometto.
- Bene. Eri rimasta a: e mi sono anche risposta...
* Che forse sei un pervertito. Uno di quelli che guardano
ciò che suscita loro piacere e poi si masturbano in
solitudine.
- Adesso invece, cosa pensi?
* Non ti sei offeso?
- Per il tuo pensiero? Non mi tocca minimamente.
Appartiene a te, e solo a te può fare del bene o del male. Ti
ha fatto bene o male?
* Bene e male. Male perché mi escludeva dal tuo piacere;
bene perché eccitava la mia immaginazione.
- Lo sai perché sto parlando con te?
* Perché ti piaccio.
- Mi piaci già da tante settimane eppure ti sto parlando
soltanto adesso. Non è sufficiente come motivo.
* Allora perché?
- Per dirti chi sei.
* Non incominciare a fare lo stravagante o ti lascio qui e
me ne vado a ballare.
- Fai pure.
21
* Non posso.
- Perché?
* Perché mi hai legata. Con cosa? Mi sento prigioniera e
contenta di esserlo.
- Stai soltanto riconoscendomi.
* Ti ho già conosciuto? Dove? Quando?
- Mai. Riconoscendomi, significa che noi siamo formati
della stessa sostanza; proveniamo dalla stessa sorgente.
* Come lo sai?
- Diciamo che io sto sempre nella sorgente e tu sei una di
quelle gocce bevute da un uccellino di passaggio e poi
disperse nel mondo. Ti ho guardata per tanto tempo, per
esserne certo.
* Ed ora lo sei.
- Ascoltandoti, si. Ora potrò dirti ciò che è giusto tu sappia,
poiché provieni dalla conoscenza: non ti è concessa
l'ignoranza.
* Conoscenza di che?
- Di te stessa. Ricordi? Ti ho già detto: sto parlando con te
per dirti chi sei.
* E pensare che ero sempre stata convinta di sapere chi
fossi!
- Brava. Non lasciare mai che qualcuno ti rubi il dono
dell'ironia. E' una porta a soffietto senza serratura ed offre
sempre una possibilità di ritirata morbida.
- Non so di possederlo, perciò nessuno me lo può rubare.
Mi sento in sintonia con la tua presenza.
- Ci sei, ogni secondo di più. Sei tanto vicina che stiamo
per fonderci in un unico essere.
* Stiamo sul punto di fare all'amore?
- Lo stiamo già facendo, sin dalla prima parola. Senti il
desiderio? Percepisci l'accumulo della sua densità?
* Si lo sento.

22
- E il tempo? La cadenza del tempo che scompone e
ricompone il ritmo del desiderio?
- Si, lo sento.
- Ora ti manca soltanto una cosa perché tu sia perfetta nella
conoscenza di te stessa.
* Che cosa?
- La caccia al tesoro nel tuo corpo. Devi conoscere dove
sono nascoste le radici dell'albero del piacere, per
innaffiarle con l'emozione del desiderio, seguendo le
cadenze stabilite dal tempo.
* Per ottenere cosa?
- Il germoglio dell'albero del piacere. Potrai vederlo fiorire
come un ciliegio, coprirsi di foglie come un tiglio,
riempirsi di frutti come un pesco. Potrai vederlo nella sua
pienezza e goderlo nella sua interezza.
* Perché questo?
- Perché tu vieni dal Piacere e sei uno dei Signori del
Piacere.
* Tu chi sei?
- Sono l'acqua che rimane sempre nella sorgente, te l'ho già
detto.
+ Ed io sono la goccia rubata, lo so. Potresti però essere un
pò più chiaro.
- Lo sai perché ti è stata data la vita?
* Perché un uomo e una donna si sono amati.
- E' più corretto dire che hanno compiuto un atto sessuale e
con quell'atto ti hanno dato un corpo. Ma tu, come essere,
sei stata generata da un altro essere in un altro luogo e in
un altro tempo, anche se non sono misurabili né definibili.
Tu hai avuto la vita nel momento stesso in cui ha avuto la
vita il Piacere. Tu appartieni al Piacere e il tuo scopo deve
essere quello di manifestarlo e donarlo in tutta la sua
essenza.
* Mi sto perdendo.
23
- Si, e ti stai ritrovando.

18 settembre 1993

OTTAVODIALOGO

- Quando lo scriverai, un romanzo?


* Non c'è nessun romanzo da scrivere: soltanto una vita da
vivere.

17 febbraio 1995

NONODIALOGO

- No, non conosco questo luogo dove il conformismo è


sinonimo di rettitudine; dove il compromesso è virtù; dove
il nemico è tale di giorno sulle piazze ed amico di sera nei
banchetti. Neanche il loro linguaggio conosco; piatto ed
incolore, smorto ed ambiguo, come la loro voce. Si
offendono allorché, ladri, vengono chiamati ladri; omicidi,
vengono chiamati omicidi; criminali, vengono chiamati
criminali; bugiardi, vengono chiamati bugiardi; distruttori
di terre, vengono chiamati usurpatori ed autori di genocidi.
Nessuno si offende quando viene offesa la verità, l'onestà,
la giustizia; la loro elementare giustizia, indifesa di fronte
ai cavilli giuridici, all'abilità oratoria, alla sollecitazione
del denaro. Ogni cosa è bella, è buona, è onesta purché
frutti un guadagno. Reputano follia tutto ciò che non
renda. Dove non c'è ricchezza vedono il male; maledicono
la povertà come la peggiore condanna ed i poveri sono
24
disprezzati ed evitati finché se ne stanno buoni nei loro
tuguri; allorché si ribellano, vengono uccisi perché
destabilizzatori dell'ordine sociale. In pochi possiedono
tutto. Tanti vivono nell’abbondanza; tantissimi muoiono di
fame e quelli che restano, miliardi, sopravvivono nella
miseria. Nella loro diversità, c'è una sola cosa che li
accomuna: allorché incontrano qualcuno che
volontariamente rifiuta il denaro e la ricchezza, esclamano,
ricchi e poveri, sani e ammalati, moribondi e neonati: “E'
pazzo". E nella loro esclamazione c'è dolore,
commiserazione, compassione, pietà; c'è il riconoscimento
di qualcuno che non appartiene al loro mondo e la pena per
la sua condizione di esiliato: “E' pazzo". Chi sono costoro?
A quale perverso mondo appartengono? Da quale ignobile
cultura provengono? Su quale deserto mi hai inviato a
seminare, Padre?
* Il troppo pensare annulla l'azione.
- Agire? Come?
* Parla.
- Parlare a chi? Di che?
* Dell'amore.
- Dell'amore? In questo luogo è già, tutto, amore. Amore
dell'oro, amore dell'arte, amore delle pietre preziose,
amore della buona cucina, amore delle civiltà sepolte,
amore della scienza, amore dei prodigi della tecnica,
amore del benessere, amore della bandiera, amore della
cultura, amore della squadra del cuore, amore per tutte le
cose. Ogni cosa ha diritto alla sua razione d'amore e tutte
le cose hanno la loro associazione amorevole e protettrice.
No, non c'è più niente da proporre all'attenzione del loro
amore. Anche gli animali sono presenti nel loro amore;
tutti gli animali, vivi o morti, in gabbia o impagliati; e gli
insetti, infilzati con spilli su grandi fogli di carta e
collezionati con commozione. La loro sensibilità d'amore è
25
tale che ha persino suscitato un organismo per la morte
indolore; gli animali destinati al loro fabbisogno
alimentare possono essere uccisi soltanto da personale
specializzato in anestesia totale. In questo luogo l'amore ha
un mercato totale e capillare; la domanda supera sempre
l'offerta; è l'unico bene di consumo che non subisce
contrazioni, recessioni, crisi di produzione e di mercato.
Tu dici che mi mandasti per questo; ma io arrivo ultimo e
tardi. Tutti i canali nei quali convogliare il loro amore sono
già stati aperti da altri.
* Non tutti; ne resta ancora uno.
- Soccorri lo smarrimento del mio pensiero: quale?
* L'uomo.
- L'uomo?!
* Indica l'uomo all'uomo.
- Come può aver dimenticato se stesso, se ogni sua azione
rivela che il suo primo pensiero è per se stesso?
* Si è amato tanto da perdere la memoria di se stesso. Ha
cancellato i suoi difetti ed esaltato le sue virtù, così come
si cancellano i difetti della persona amata e si esaltano le
sue bellezze, perché quelle bellezze sono le prime
necessità del suo amore.
- Allora, amandosi nelle sue bellezze, l'uomo ama soltanto
una parte di se stesso; e dimenticandosi delle sue bruttezze
egli... Padre, è terribile! E' un mostro con un occhio aperto
e lucente e l'altro chiuso e cisposo; un orecchio buono ed
uno sordo; una narice aperta ed una chiusa; un braccio
flessibile ed uno rattrappito; una mano ben curata ed un
artiglio; una gamba slanciata ed una sciancata; un
polmone... Dio del cielo! L'uomo non sa di essere così...
orrendo... perché l'unico suo occhio vedente guarda solo
una parte del suo corpo: quella sana. E' dunque questo il
mio compito? Convincere l'uomo ad aprire l'occhio chiuso
ed aiutarlo a non inorridire nel vedere l'altro lato di se
26
stesso; anzi, ad amare la sua metà brutta quanto quella
bella? Se tu questo pretendi, non può essere impossibile,
anche se io lo temo. Tu non puoi chiedere l'impossibile...(
perché, poi, non potresti?).
* Guardati, cosa vedi?
- Il mio braccio, la mia mano, la mia gamba; forti e belli,
degni di lode e di giusto orgoglio.
* Perché dici il mio braccio, la mia mano, la mia gamba?
E l'altro braccio? L'altra mano? L'altra gamba?
- Non li vedo.
* Avvicinati a quella fonte e specchiati. Cosa vedi?
- Ora nulla. Sto piangendo.
* Prima di piangere, cosa hai visto?
- Anch'io sono come loro. Metà del mio corpo è orribile.
* Eppure eri convinto di essere perfetto.
- Come può essere ciò?
* E' la memoria degli antenati che si trasmette nei
discendenti.
- Ma in me... tuo figlio...
* Ed anche figlio dell'uomo. La natura è stata stabilita una
volta per tutte. Non posso andare contro me stesso. Lavati.
Ti sei lavato soltanto l'occhio aperto.
- Non me ne sono reso conto.
+ Lavati anche l'altro. Se non conoscerai tutto te stesso,
non potrai amarti, né costruirti, né costruire.
- Come potrò sopportare la continua vista della mia
deformità?
* Senza di me non potresti; ma tu ricordi la mia bellezza
totale. Questo ti aiuterà a sopportarti all'inizio ed infine ad
amarti perché solo amandoti interamente potrai riuscire a
trasformare le tue deformità e diventare tutto Bellezza.
- Dunque se io dovessi riuscire, sarà possibile anche per
tutti gli uomini?
* Per tutti coloro che vorranno conoscersi.
27
- Io riuscirò perché solo la Bellezza è degna di essere
posseduta.

5 maggio 1991
DECIMODIALOGO

- Quell'uomo ti ha offeso, ma tu non hai reagito: perché?


* In che modo mi ha offeso?
- Ti ha rivolto delle parole offensive.
* In questo caso non ha offeso me: ha offeso se stesso.
- Come puoi dire questo?
* Il giudizio appartiene a chi lo esprime. Io non posso
sentirmi offeso da ciò che grava completamente su di un
altro. Nessuno può offendermi all'infuori di me stesso.
- Non capisco.
* Nessuno può offendermi all'infuori di me stesso,
significa che, rifiutando io, il principio dell'offesa, nessuna
offesa può colpirmi. Nel momento in cui io volessi
offendere un altro e perseguissi nel proposito ed infine
proponessi l'offesa, io non farei altro che accettare il
principio dell'offesa ed autorizzare chiunque a portare
offesa a me. Rifiutando il principio, mi astengo dall'offesa
e non posso in alcun modo subirla. E’ chi crede di
offendere me, che offende se stesso rinunciando alla
propria dignità.
- Continuo a non capire.
* Se qualcuno ti colpisse, tu che faresti?
- Reagirei e cercherei di colpirlo anch'io.
* Perché?
- Perché è naturale; altrimenti sarei un vigliacco.
* Esatto. E' naturale, ma non è razionale. E se,
naturalmente, non reagendo saresti un vigliacco,
razionalmente saresti un vero uomo.
- In base a che, affermi questo?
28
* Non reagendo, razionalmente tu non autorizzi il
principio della violenza. Un altro esempio: un uomo
concupisce, insidia e infine possiede la donna che si è
promessa ad un altro. Che uomo è costui? E' degno di
essere invidiato?
- Certamente, se la donna fosse bella. E' un uomo che sa
essere tale.
* Invece io ti dico che costui è degno di pietà e di
commiserazione in quanto, rifiutando il principio del
diritto altrui, autorizza altri a calpestare il suo proprio
diritto.
- Ha ragione la bibbia: quel che fai ti sarà fatto.
* Guardala sotto quest'altra formulazione: quel che ti
permetti, permetti.
- Non è la stessa cosa?
* Io credo che l'espressione biblica imponga; l'altra invece
chiarisca. L'espressione biblica sancisce l'uomo fatto per la
legge; l'altra dichiara che la legge è stata fatta per l'uomo.
Quale delle due è più degna?

4 ottobre 1994

UNDICESIMODIALOGO

P - Dove te ne vai Oreste?


O - Vado ad assistere ad una conferenza di Tarcose.
P - Chi sarebbe?
O - Non hai mai sentito parlare dell'eresia Tarcosiana?
P - Tu sai che preferisco passare il mio tempo al biliardo e
in sala corse piuttosto che davanti alla televisione.
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O - Che c'entra la televisione?
P - Tutte le cose nuove le dice la televisione.
O - Questa no e penso proprio che la televisione non se ne
occuperà mai.
P - Perché?
O - Appunto perché si tratta di una eresia mentre la
televisione è guidata e programmata dalla canonicità.
P - Ti sarei grato se tu avessi un pò più di rispetto per chi
non può permettersi di girare con il vocabolario in tasca.
O - Canonicità significa rispetto ed asservimento a ciò che
una cultura ha stabilito sia vero e giusto e quindi il
comportamento generale degli individui deve adeguarsi a
quella verità. Chi invece mette in dubbio quella verità e ne
prospetta un'altra, diventa eretico e la sua verità eresia.
P - Ho capito, è un rivoluzionario.
- Non hai capito. Il rivoluzionario è uno che agisce con la
violenza per cambiare la propria condizione sociale e
convogliare la massa popolare su un binario del quale
controlla tutti gli scambi. L'eretico invece, è uno che
agisce con la ragione per liberare l'individuo dal consueto
ed indurlo a cercare nel proprio intelletto il raffronto tra la
verità ufficiale e la nuova verità. Sono due posizioni
diametralmente opposte: il rivoluzionario non farà altro
che suscitare, nel tempo, altri rivoluzionari perché non
coltiva la coscienza dell'individuo ma quelle che egli
ritiene siano le esigenze della massa; e sarà un continuo
rinnovarsi di rivoluzioni. L'eretico invece, coltivando la
coscienza razionale dell'individuo, se è portatore di una
verità universale, susciterà una cultura più umana e quindi
tutta l'umanità potrà salire un altro gradino nella scala della
civiltà. L'eresia cristiana ne è un chiaro esempio. Ha
capovolto i valori fondamentali della cultura del suo
tempo; ma poi, ahimè...
P - Ahimè che?
30
O - Con il trascorrere dei secoli si è di nuovo sottoposta a
quei valori che aveva sconvolto e i suoi rappresentanti,
prima si sono arrogati il diritto di eleggere i re, poi si sono
fatti re a loro volta e adesso si accontentano del titolo di
principi. E qui nasce l'eresia Tarcosiana.
P - Qui dove?
O - Tarcose dice che il cristianesimo è morto, presumendo
che sia mai nato. La storia ci ha mai tramandato una
società di cristiani? La storia ci ha tramandato la maniera
in cui le gerarchie cristiane si sono installate sulle poltrone
del potere; ma, un popolo dal comportamento cristiano è
mai stato registrato? Miti. Puri di cuore. Poveri nello
spirito. Amanti della giustizia. Operatori di pace. Dove
sono? I popoli, cosiddetti cristiani, sono tali e quali a tutti
gli altri: l’un contro l’altro armato per la tutela e
l’accrescimento dei propri interessi. Il loro cristianesimo si
esaurisce nella ripetitività del rito, chiamata religione.
Tarcose distingue tra superstizione manifestata nel
cerimoniale del rito e la religiosità; e spiega l'una e l'altra.
La superstizione è connaturata nella natura ed è presente in
tutti gli animali. E' una conseguenza diretta della paura e
della capacità di provare paura. Per esorcizzare la paura
nasce la superstizione e quindi il rito, la liturgia. Studiando
gli animali si è potuto osservare che compiono dei riti,
proprio come l'uomo. I riti dell'uomo nascono prima della
parola, prima della scrittura; nascono per esorcizzare il
buio, il freddo, la tempesta, il tuono, il fulmine, le eclissi e
giù giù fino al presente, nel quale, il rito serve ad
esorcizzare la paura di sapersi inesorabilmente condannati
all'ignoto. Il rito è la buca dove lo struzzo nasconde la testa
nel momento del pericolo. Perciò chi si pavoneggia nel rito
non dimostra una religiosità ma enfatizza la superstizione.
P - E la religiosità?

31
O - E' figlia diretta della ragione che conquista la
coscienza soltanto dopo aver compreso la verità delle
indicazioni Divine:
Beati i poveri nello spirito (perché perdonano le offese e le
azioni di male ricevute e ricambiano il male con azioni di
bene). E quanto occorra essere poveri nello spirito, per
riuscire a perdonare, lo sanno soltanto coloro che
affrontano codesta tortura, perché perdonare significa
morire: alzarsi al mattino e perdonare, coricarsi la sera e
perdonare, sempre continuamente in conflitto con quello
spirito ignoto che pretende vendetta.
Beati i miti (poiché le loro azioni saranno sempre guidate
dalla ponderatezza dell’intelletto)
Beati gli operatori di pace e di giustizia (perché non fanno
distinzioni tra razze, ceti sociali e parentadi). Ed anche
questo è tortura perché chi si affranca dal vincolo del
sangue, è ripudiato e odiato dai familiari, incompreso ed
evitato dagli amici: è un esiliato.
Beati i puri di cuore (perché rifiutano di possedere ciò che
è necessità di tutti). Estraniati dal contesto sociale (dal
mondo) a causa di questo rifiuto, conoscono una sola
compagna, la solitudine; e nella solitudine scopriranno di
non essere soli poiché sentiranno la presenza di Dio.
Beati coloro che saranno derisi e perseguitati a causa di
queste cose perché saranno i figli di Dio (coloro che si
sono liberati della superstizione ed hanno compreso ed
attuato la religiosità). Affrancati dalla maestà dei poteri,
sono perseguitati dai poteri.
P - Caro Oreste, secondo me questa è letteratura, è poesia.
O - Concordo con te; a giudicare dal comportamento degli
esseri umani, la religiosità è soltanto poesia. Eppure
consentimi di dissentire e di affermare che la religiosità è
l'unica morte degna di essere vissuta dagli esseri umani.

32
10 aprile 1994

DODICESIMODIALOGO

IL telefono squilla per la terza volta in un quarto d'ora:


F - Pronto M, come va?
M - Bene, come al solito; perché?
F - Niente. E' che... mi sei sembrato un pò diverso
ultimamente.
M - Diverso?
F - Con me. Mi è sembrato che facessi del tutto per
evitarmi.
M - No.
F - Si, non mi sbaglio, io, su certe cose.
M - In questo caso ti stai sbagliando. Non intendo evitare
te, persona. E' il tuo mondo che mi respinge.
F - Il mio mondo!?
M - Senti F, è inutile girare attorno all'argomento con
perifrasi. L'altra notte ho fatto un sogno. Mi ha sconvolto.
F - Che sogno?
M - Vuoi proprio saperlo?
F - Se vuoi.
M - Si, voglio perché sento che debbo.
F - Riguarda me?
M - Riguarda te e il tuo mondo.
F - Di nuovo con il mio mondo. Che significa, il mio
mondo?

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M - I tuoi genitori, i tuoi figli, tuo marito, la tua casa: quel
particolare intreccio di affetti ed interessi che potrebbero
venire sconvolti da questa nostra relazione.
F - Per quanto mi riguarda, noi abbiamo fatto un patto:
solo sesso. Afferrare il momento del piacere e goderlo.
M - Non devi ricordarmi me stesso. Non faccio altro da
vent'anni. Tu stai provando a parlare il mio linguaggio, ma
riesci soltanto a recitarlo proprio perché questo è il mio
linguaggio; e il tuo comportamento lo dimostra.
F - Il mio comportamento!?
M - Si. E' mai possibile che, afferrare il momento, per te
significhi telefonarmi più volte al giorno e,
nell'incontrarmi, guardarmi con occhi sanguisuga ed
arrossire e mostrare tutti i sintomi della gelosia ogni volta
che parlo con una qualsiasi donna: vecchia, bambina,
brutta o piacente che sia?
F - Io mi comporto così? Secondo te sarei una verginella di
primo pelo?
M - No. Sei una donna nella piena maturità che purtroppo
si è illusa di poter riuscire a controllare la propria natura.
Se non riesci a controllare il tuo corpo significa che non è
più soltanto una questione di sesso.
F - Mi stai accusando di amarti?
M - Si, ti sto accusando di darmi ciò che non mi appartiene
e che non voglio perché apre una porta che mi risucchia in
ciò che non mi interessa: il tuo mondo.
F - Mi stai offendendo a morte. Io sono una persona che
conosce le proprie responsabilità. La mia famiglia è sacra,
e tutto ciò che concedo a me stessa, lo faccio senza
trascurare nulla di ciò che riguarda la mia famiglia.
M - La tua famiglia è un problema tuo e finché è rimasto
soltanto tuo, tutto è andato bene; ma allo stato attuale delle
cose, sta diventando anche un mio problema, ed è un peso
che non posso sostenere.
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F - Io non capisco come tu possa sentirti gravato da questo
problema. Non ti ho mai parlato della mia famiglia,
neanche un piccolo accenno, mai niente.
M - Non me ne hai mai parlato: a parole è vero; ma nei
fatti? Ogni nostro incontro è stato un tuo furto alla tua
famiglia, una menzogna: oggi la visita a un'amica, domani
una cena d'ufficio, un'altra volta una riunione di lavoro e
poi... tu sai quali altre scuse hai dovuto e saputo inventare.
Oh si, lo sapevo sin dalla prima volta; ma non mi
interessava, non mi toccava minimamente. Finché non è
arrivato quel sogno.
F - Il sogno che ti ha sconvolto?
M - Si, quel sogno.
F - E' una scusa.
M - Come dici?
F - Dico che sei come tutti gli altri. O credi forse di essere
il primo o l'unico?
M -Non alterarti. Non lasciare che la lingua vada a briglia
sciolta mitragliando le pallottole cieche della delusione.
F - Sei un farabutto. Ora mi conosci. Hai esplorato tutto di
questo corpo che ti si è aperto come le porte dei grandi
magazzini, ed ora che la tua curiosità... aspetta, fai trovare
anche a me una espressione non banale... ora che la tua
arsura di esploratore si è placata alla sorgente del grande
fiume, vorresti andartene alla ricerca di nuove scoperte
senza offendere il genio della sorgente e mi vieni a
raccontare di un… sogno che hai inventato mentre
defecavi, ci scommetto, vigliacco!
M - (Di nuovo. Ogni volta si ripete, tale e quale, con toni
più o meno accessi, con parole più o meno violente, il
dramma sublime dell'addio. La scena madre non ammette
variazioni; ignora semplicità, cordialità, cortesia. Mai due
che si ritrovino a dirsi: "è stato bello godere con te, è stato
un vero piacere, ti ricorderò con simpatia, ti auguro ogni
35
felicità per il futuro". Perché deve esserci per forza la
vittima e il colpevole, lo sfruttato e lo sfruttatore, il cattivo
che se ne va e il buono che resta a piangere. Ed il primo
che dice basta, viene indicato sempre come il carnefice,
mentre invece, in realtà, è la prima vittima perché, prima
di riuscire a dire basta, ha subìto, inevitabilmente subìto.
Comunque non è il mio caso. Non mi sento né vittima né
carnefice. Ho soltanto fatto un sogno ed ho capito,
finalmente, di non essere tagliato per fare il gigolò).
- Ci sei ancora? (Il guaio è che non so neanche piangere,
né conosco il senso di colpa che invita a scusarsi, né so
addolcire la pillola. Prendo le decisioni su due piedi e non
me ne pento mai perché quello che decido in quel
momento è la migliore delle decisioni che potrei prendere).
F - Ci sono ancora.
M - Deve esserci stata una interferenza. Forse qualcuno di
coloro che telefonano a quelle... come si chiamano...
banche del discorso? Sei depresso? Eccoti la risposta
confortevole. Sei eccitato? Eccoti in bell'erotico amplesso
vocale. Sei un egocentrico? Eccoti una bella scarica di
vaffanculo che ti riportano alla tua reale qualità. Stai
ridendo?
F - Si
M - E stai piangendo.
F - Un pò.
M - Noi avevamo un accordo.
F - Si.
M - Solo sesso, finché dura. E' così?
F - Si, ma...
M - ma?
F - Doveva essere una cosa concorde.
M - Come si può essere concordi in qualcosa che nessuno
propone?
F - Oh M, non adesso! Almeno vediamoci un'ultima volta!
36
M - Non ti dico di no. Però, prima di prendere una
qualsiasi decisione, ascolta il mio sogno. Se dopo vorrai
ancora... ma non potrà essere più come prima.
F - E' proprio vero, il sogno?
M - Si, è vero.
F - Giuramelo.
M - (Perdindiridindina... Ebbene, vero o no, nasce tutto dal
pensiero. Sia da sveglio che da dormiente, è una
proiezione del pensiero)... Te lo giuro.
F - Dai, raccontamelo.
M - (Vedo queste ultime sue parole librarsi da un bozzolo
di tristissima gaiezza).
- Sto camminando al bordo di una strada intasata di
automobili. Un bailamme di colori. Trombe d'aria di suoni
che mi entrano negli orecchi. Fatico a respirare. Li vedo
dai vetri dei finestrini. Sono felici: masturbano il cambio,
accarezzano il volante, eiaculano sull'acceleratore e mi
sputano addosso perché sono l'unico che va a piedi. Allora
salgo su un carrarmato e schiaccio le loro automobili e loro
schizzano fuori dalle portiere un attimo prima che i miei
cingoli levighino le loro lamiere, finché sulla strada non
rimane neanche un'automobile. Schiaccio anche una
autoambulanza con quel suo osceno, straziante,
insopportabile sibilo. Adesso tutti vanno a piedi e si
salutano, si scambiano informazioni, inviti, pacche sulle
spalle. Si abbracciano, si sorridono e vogliono erigermi un
monumento. Ho paura e fuggo con il carrarmato. Sto
attraversando un ponte. All'improvviso è notte. Un
lunghissimo viale illuminato da un solo lampione in
lontananza. Non c'è più il carrarmato, sto camminando.
Pioviggina. Non passa nessuno. Mi sto avvicinando al
lampione. Suono di campane. E' notte e suonano le
campane. Sotto al lampione ci sono due ragazzini: bagnati,

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intirizziti, si abbracciano guancia a guancia e mi guardano.
Vuoi sapere chi sono?
F - No.
M - Sono i tuoi figli. Mi guardano. I loro occhi... grandi,
immensi. Non c'è odio in quegli occhi, né rancore. Adesso
non sono più due occhi... sono un essere, una entità e mi
dice...
F - No, no. Per favore... per favore...
M - Mi dice... mi chiede..."Perché"?
Sento che sta piangendo. Sta singhiozzando. Ha
riattaccato. Io sono... Chi sono? Un miserabile di
terz'ordine costretto ad inventarsi giustificazioni. Lei sta
piangendo ed io mi congratulo con me stesso per averla
ferita a morte. L'ho colpita laddove non aveva difesa.
Come Paride, ho sfruttato il sapere e l'abilità di Apollo; ma
quale bene ne venne a Paride? Gli dei che giuocano con gli
uomini, gli concessero la vittoria che compiva il suo
destino. Gli occhi dei suoi figli mi hanno permesso di
cancellarla dalla mia vita; ma hanno cancellato anche me.
Non sono più quello di ieri. Rinasco a quarant'anni, ferito
dalle lacrime che ho seminato e da un nulla di gradevole
che mi possa consolare:
"lunghi giorni affastellati ed arsi in una pira
nel baleno del brillio d'uno sguardo
o d'un pensiero subito rinnegato".
Se è possibile rinascere a quarant'anni, se sarà possibile,
capirò che gli Dei sono morti per sempre, che hanno
abdicato in favore della Speranza.

8 settembre 1990

38
TREDICESIMODIALOGO

POLITICA E RELIGIONE

* Si può fare politica senza religione?


+ No.
* Perché?
+ Perché la politica, essendo principalmente razionale e
funzionale, deve necessariamente tenere conto
dell’irrazionale.

A che ora …?

* Si può fare religione senza politica?


+ No.
* Perché?
+ Perché la religione, essendo principalmente irrazionale,
deve necessariamente tenere conto del razionale e
funzionale.

Ricordati di telefonare a …

* Può la politica essere subalterna alla religione?


+ No.
* Perché?
+ Perché l’irrazionalità religiosa mortifica l’uomo violando
i tre principi razionali fondamentali che lo rendono tale:
il principio naturale (facoltà di intendere e di volere)
il principio umanistico (coscienza della facoltà di
intendere e di volere)
il principio vitale (azione nella coscienza della facoltà di
intendere e di volere).

Non ti dimenticare il …
39
Allorché la politica è subalterna alla religione, vengono
condannati i giusti, e un tale esempio la cultura cristiana lo
propone continuamente all’attenzione di tutti nel racconto
della condanna passione e morte di Gesù di Nazareth.
Il Sinedrio, detentore dell’autorità religiosa e politica nella
società teocratica israeliana, per bocca del suo capo, il
Sommo Sacerdote Caifa, stabilì la condanna in base a
convinzioni politiche guidate dalla teologia.

Ti piace il …?

Il Pretore Pilato, detentore dell’autorità giudiziaria per


conto dell’imperatore di Roma, emise la sentenza in base
ad una opportuna funzionalità politica.

Lavarsi i denti sarebbe ….

I militari, coloro che possono essere definiti senza tema di


smentita “automi volontari” (coloro che rifiutano a priori
la propria condizione di umano rinunciando ai tre principi
razionali fondamentali ) eseguirono la sentenza.

Ci vai al …?
Dunque:
la religione pretese la condanna
la politica sancì la pretesa della religione
l’autorità giudiziaria eseguì.
Ed ancora assistiamo, ai nostri giorni, al dramma di politici
subalterni alla veste religiosa che persistono
nell’ignominia di addossare ad un intero popolo la colpa
della propria cecità.

Pausa: un po' di caldarroste e un bel bicchiere di rosso.


40
* Può la religione essere subalterna alla politica?
+ No.
* Perché?
+ Perché la razionalità funzionale mortifica l’uomo
violando i tre principi irrazionali fondamentali che lo
rendono tale:
il principio naturale (pari dignità)
il principio religioso (coscienza della pari dignità).
Il principio vitale (azione nella coscienza della pari
dignità).
Allorché la religione è subalterna alla politica, vengono
condannati i deboli.

Ti piace la musica …?

La conquista del Nuovo Mondo, con il genocidio delle


etnie preesistenti, ne è l’esempio più tragico, anche se il
meno esposto alla riprovazione delle intelligenze, forse
perché l’orrore supera la volontà di comprensione.
La storia recente ci ha straziati con l’azione Nazista in
Europa, e quella Stalinista nei territori della ex Unione
Sovietica.
E adesso la Bosnia e la tragedia insolubile della Palestina.

Li hai fatti i …?

All’eccezione che sorge spontanea, alla luce di quanto


sopra, rispondo: non è una veste che fa di un uomo la voce
della religione. Nessuna massa o popolo può essere
considerato religioso in quanto il secondo principio
irrazionale fondamentale pretende la coscienza della pari
dignità; e la coscienza riconduce inesorabilmente all’ego,
all’individuo.
41
Eresia: sinonimo di nobiltà di pensiero.

Chi pretende che altri facciano politica in propria vece,


non rifiuta, forse, i tre principi razionali fondamentali che
lo rendono uomo?:
facoltà di intendere e di volere
coscienza della facoltà di intendere e di volere
azione nella coscienza della facoltà di intendere e di
volere.

Che fai i sabato sera?


Chi pretende che altri facciano religione in propria vece,
non rifiuta, forse, i tre principi irrazionali fondamentali che
lo rendono uomo?:
pari dignità
coscienza della pari dignità
azione nella coscienza della pari dignità.

Quella telefonata, l’hai più fatta?

L’uomo non deve perdere la speranza poiché politica e


religione sono destinate ad incontrarsi e riconoscersi ed
accettarsi allorché, giunte sulla riva del mare al quale
stanno avvicinandosi e che dovranno fatalmente
attraversare a nuoto, saranno costrette a spogliarsi e,
guardandosi, senza più vesti né simboli a nascondere le
proprie forme, potranno vedere di essere le due metà
perfette di una unità di equilibrio.

Ottobre 1996

42
QUATTORDICESIMODIALOGO

IL PROCESSO

* ...dopo aver scoltato... dopo aver preso nota... dopo


essersi consultati ecc. questa Corte condanna l’imputato
alla detenzione a vita. L’imputato ha qualcosa da dire?
+ Si. Ringrazio la Corte che mi permette di esprimere il
mio pensiero, ora che tutto è stato deciso. Ora che sono
coinvolto personalmente nella storia dell’uomo, posso
constatare, con gioia, che il potere nasconde sotto le belle
parole, il proprio operare criminale. Il potere amministra la
giustizia, giusto: amministra. Ebbene signori, mi permetto
di ricordarvi che la giustizia, per rimanere tale, esige di
essere servita. Chiunque amministri la giustizia, la spoglia
della sua proprietà sacra e divina; chiunque amministri la
giustizia può cambiarle volto e proprietà. Nel vostro
verdetto, avete dimostrato di essere degli abilissimi
amministratori, non servitori della giustizia, ed essa ha
cambiato volto: nelle vostre mani è diventata Vendetta. Voi
state vendicando un reato e vi serve un colpevole, state
vendicando un morto e vi serve una vittima. L’avete
trovata, ma mi accorgo che non siete punto soddisfatti.
Leggo la delusione nei vostri occhi poiché la vittima non si
ribella. A che è servito calpestare le vostre istituzioni, se
poi non potete godere di neanche un grido di disperazione?
A che è servito calunniare il vostro codice “la legge è
uguale per tutti” se poi non potete godere nemmeno un
gesto di ribellione? Sono dispiaciuto davvero di avervi
delusi, ma purtroppo io vi amo, meravigliosi, deboli,
43
inermi, sconfitti uomini; e lascio che, nell’accettazione
casta e dolorosa della mia condanna, la vostra vergogna,
voi meditiate e scopriate la strada della vostra revisione e
redenzione. Se avessi posseduto miliardi, mi avrete
condannato in base ai miei miliardi; se avessi avuto amici
potenti, non mi avreste condannato affatto. Invece poiché
non ho nulla e nessuno, e mi vanto della mia povertà, voi
avete avuto modo di riflettere e vi siete resi conto del
pericolo che rappresento: uno come me è fuori dalle lobby,
dalle segreterie, dalle protezioni; uno come me se ne ride
del potente e perciò non obbedisce, non si allinea, non si
vende, non rende, non serve a questa società eretta
sull’interesse di alcuni e sulla viltà dei tanti; uno come me
è il granello di plastica nel circuito integrato; uno come me
è un uomo libero, un uomo da condannare. Voi giurati
assistendo ai dibattiti in aula, avete ascoltato le deposizioni
dei testimoni, avete preso visione degli atti processuali,
avete avuto modo di osservarmi e forse, di assolvermi,
poiché ciascuno comprende che ogni azione di un uomo è
motivata dalle azioni di altri uomini. Però il vostro voto è
stato di condanna. Ora permettetemi non di domandarvi,
ma di affermarvi il perché del vostro voto negativo: voi
non avete condannato l’azione di un uomo, avete
condannato ciò che di più sacro, di più spaventoso, di più
incomprensibile, l’uomo, nel suo essere, rappresenti: si è
presentata ai vostri occhi l’indipendenza dall’interesse, la
noncuranza dell’interesse, la liberazione dall’interesse.
Avete visto un uomo oltraggiare questa umanità,
rifiutandola, e vi siete comportati nell’unico modo a voi
possibile e comprensibile: da schiavi. Potreste anche
protestare, togliermi la parola, seppellirmi, magari!
Significherebbe già qualcosa. Invece rimanete immobili,
impassibili, vuoti, inutili. Ciò dimostra che siete perduti,
che avete già trovato in voi ogni giustificazione. Dimostra
44
che la meraviglia dell’universo, l’essere completo, la
creatura sublime si è venduta integralmente al suo nemico
più acerrimo: l’Astuto è riuscito a convincere l’uomo di
essere soltanto un corpo, un meccanismo, un tristo
passante. Permettetemi di esternare la tristezza furente che
ora mi opprime, permettetemi di piangere per voi, amici
miei cari, miei diletti amati uomini, permettetemi di
sperare che un giorno vi risveglierete, permettetemi di
augurare alla giustizia un popolo di veri servitori, un
popolo di esseri liberi.

Novembre 1985

SEDICESIMODIALOGO

APPUNTI

+ equilibrio, condizione di ogni esistenza.


Contrapposizione di due potente paritetiche. Emissione di
potenzialità. Livellamento di potenzialità. Regressione di
potenzialità nei canali periferici. Stabilità continuativa di
potenzialità nei nuclei centrali. Uomo e donna, analisi
comparata in presenza di avvenimento, necessità.
* la visione poetica nasce dal caos dell’intuizione,
suscitata dall’energia primordiale dell’anima, catturata
dalla libido vitale della volontà, costruita dalla vis
realizzandi della memoria.
+ eroe è colui che, in assenza del proprio sé, agisce in
funzione di una compenetrazione mistica o mitologica.
* nessuna cosa esiste al di fuori di se medesima.
+ nessuna cosa ha valore in funzione di se medesima.
* tutto esiste in funzione dell’intelletto.
+ la creazione esiste in se stessa.
45
* il suo valore esiste in funzione dell’essere “partecipe
della ragione”.
+ l’intelletto dell’uomo ha limiti.
* quindi l’uomo non esiste in funzione della ragione.
+ se l’esistenza della materia dovesse la sua realtà ad una
conoscenza intellettiva, a chi dovrebbe l’uomo, la sua
realtà di esistenza cognitiva?
* “cogito ergo sum” se ciò fosse vero, bisognerebbe
prendere atto di una discriminazione esistenziale:
ciascuno dovrebbe esistere di più o di meno a seconda
della capacità del proprio intelletto.
+ esisto in funzione di una intelligenza cosmica.
* Tarcose non può agire come gli altri, non può pensare
come gli altri. Egli è tuttora in cerca della libertà e finché
non avrà compreso la verità di questo termine, non potrà
tenere conto dell’amore, di nessun amore, neppure del
suo.
+ è un uomo senz’anima.
* si, la sua anima non è in lui, ma davanti a lui; e non può
fare altro che seguirla.
+ è... terribile!
* Perché?
+ Ciò vuol dire che egli soffre... eternamente.
* la libertà è un qualcosa che sta da qualche parte in
attesa di essere trovato. Non è una condizione sociale, non
è un metodo di vita. La libertà è un motu propio, una
considerazione personale, una esclusiva collocazione
individuale.
+ prendi Joyce, per esempio, e Bellow il burlone, e
Buchosky lo sporcaccione.
+ sentiva di essere un grappolo ricco di acini densi di
succo, attendeva qualcuno che avesse il coraggio di
spremerlo senza timore, fanciullescamente incosciente.

46
Mani sporche? Che importa! Potrebbe uscirne dell’aceto,
ma anche del vino anche del vino nobile.

Aprile 1984

DICIASSETTESIMODIALOGO

L’ANTICRISTO

Nell’oasi di El Abba, sulla strada che dal Monte conduce a


Damasco di Gerico, un uomo sedeva vicino al pozzo. Un
sereno sorriso addolciva il suo volto spargendo serenità per
tutta l’oasi. Un viandante si avvicinò al pozzo, azionò la
carrucola, attinse una brocca d’acqua, se ne versò la
maggior parte sulla testa, si lavò le mani e infine bevve. Il
viso scavato da una mistica tensione e gli occhi, neri,
profondi, pervasi da una luce diamantina e terribile si
posarono sull’uomo tranquillamente seduto.
* Siedi Paolo, prenditi un po' di riposo. Ti stavo
aspettando.
+ Chi sei tu che conosci il mio nome?
* Colui a cui ti sei sostituito.
+ Io, sostituito?
* Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me.
Sono le tue parole, le vai ripetendo continuamente.
+ Sono le mie parole, ma tu chi sei?
* E’ ben strano il tuo cuore, Paolo. Non hai avuto dubbio
nel riconoscermi in un raggio di luce e un accecamento
momentaneo, ed ora che ti sono davanti non credi ai tuoi
occhi? Se non credi ai tuoi occhi, credi al tuo cuore.
47
+ Il mio cuore mi dice che porti con te la pace, ma altro
non so, non ti conosco.
* Tu non vuoi conoscermi, ma il tuo cuore non può
rifiutarmi. Chi porta la pace, Paolo?
+ Solo lo spirito di Dio può portare la pace.
* Dunque io sono quello che affermo di essere e tu sei
colui che è venuto a nascondermi.
+ Come puoi dire questo? Tutta la mia vita è dedicata al
tuo nome. Nel tuo nome ardo del fuoco della predicazione,
sopporto umiliazioni e percosse, fatiche e privazioni.
* Dici bene: tutto questo nel mio nome, e sul mio nome
costruisci te stesso annullando me.
+ Non te in me, sono io che annullo me stesso in te.
* Paolo, io sono venuto per guarire gli ammalati, per dare
la speranza ai sofferenti. Io ho portato loro il Padre e la sua
misericordia, mentre tu...
+ Io cosa?
* Tu porti loro il terrore dell’ira di Dio, spargi sale sulle
loro ferite, neghi loro la speranza.
+ No, no! Io ardo d’amore per loro, per costruire una
società di giusti.
* Sono io forse venuto per costruire una società di giusti? I
giusti non hanno bisogno di giustificazione, non hanno
bisogno di me. Io non sono venuto a costruire, sono venuto
per indicare a coloro che si sentono Figli, quale sia la via
da seguire per poter ritornare nella casa di colui che
sentono Padre.
+ Ma costoro hanno bisogno di una guida, di un pastore.
* Dici bene, hanno bisogno di un pastore che dia loro dei
pascoli, non di cani da guardia che li costringano chiusi nei
recinti.
+ Per proteggerli dai loro nemici.
* I nemici delle mie pecore sono coloro che le chiudono
nei recinti, e insieme ci chiudono anche quelle che non mi
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appartengono. Così vanno orgogliosamente affermando di
custodire immensi greggi per il loro padrone, mentre
invece soddisfano solo la propria boria ed ingannano il
padrone.
+ Io non capisco.
* Tu vai affermando di essere mio servo, apostolo per
vocazione, prescelto per annunciare il mio vangelo.
+ Si, su questa via di Damasco.
* Tu conosci i miei apostoli, quelli che ho scelto uno ad
uno, con i quali ho mangiato e camminato insieme, ai quali
ho parlato ed indicato la via da seguire.
+ Si, li conosco.
* Come mai, Paolo, essi che hanno ascoltato la parola dalla
mia bocca, scompaiono di fronte a te che prima d’ora non
mi hai mai visto?
+ Io ho creduto nella tua voce.
* Chi ti assicura che fosse la mia voce?
+ Il miracolo. I miei occhi erano spenti e il tuo servo
Anania mi ha ridato la vista.
* Quindi la tua fede non è venuta dal cuore; la tua fede
viene dall’intelletto sconvolto dal mistero. Senza il
miracolo avrei avuto da te credito? Eppure il miracolo non
è la condizione della fede, il miracolo è la conseguenza
della fede. Ma tu affermi che la tua fede è venuta dal
miracolo. Tu sei fariseo, Paolo, sei nato fariseo, istruito
fariseo e questo tuo vestito lo stai ora tessendo addosso a
me. Mi stai nascondendo, ma non posso impedirti di
compiere l’inganno. Porterai Gerusalemme a Roma; e
Caifa e il Sinedrio avranno la loro rivincita. Deporranno ed
eleggeranno re a loro piacimento, baceranno le mani di
mammona, sacrificheranno le mie pecore sull’altare della
legge, la stessa legge che invocarono contro di me. Tutto
questo è necessario che accada affinché la mia vittoria sia
completa allorché la verità si manifesterà all’inizio del
49
nuovo Ciclo. Vai in pace, Paolo. Nonostante l’inganno che
ti ha partorito, la mia parola è stata pronunciata. Essa
arriverà a chi la ha attesa per accoglierla, meditarla,
praticarla.

Dicembre 1989

50

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