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PRIMODIALOGO
+ Nome?
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* Tizio.
+ Cognome?
* Caio.
+ Nazionalità?
* Apolide.
+ Religione?
* Nessuna.
+ Ateo.
* No, non ateo.
+ Credente non religioso.
* Neppure.
+ Insomma che ci scrivo?
* Figlio di Dio.
+ Signor Capitano, qui ce n'è uno per lo psichiatra. Dice
di non avere alcuna religione e di essere il figlio di Dio.
C - Tienilo lì che avverto il Pretore. Signor Pretore, c’è
qui, Uno che dice di essere il figlio di Dio.
P - Tienilo lì che avverto il Sommo Pontefice. Sommo
Pontefice, è tornato il figlio di Dio.
S - Tienilo lì che parlo un attimo col Segretario di Stato.
Eminenza, abbiamo a disposizione qualche croce spoglia?
E - Ehh! Ne volessimo!
S - Pretore, domani all’ora terza ripeteremo l’operazione.
E speriamo che sia l’ultimo.
+ Cosa ha Sua Santità? Da stamattina sta inginocchiato in
meditazione e non tocca cibo.
*Ha dovuto prendere una estrema decisione: un altro
pazzo che crede di essere il figlio di Dio.
+ Se si tratta di un pazzo, perché crocifiggerlo?
*Potrebbe non essere pazzo.
30 giugno 1996
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SECONDODIALOGO
15 agosto 1993
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TERZODIALOGO
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+ Perché hai vissuto con lui soltanto da fanciullo? Ti ha
poi abbandonato? E' dovuto partire senza poter più
ritornare?
- No. Sono stato io ad andarmene.
+ Perché?
- Volevo conoscere dove portava la strada.
+ Quale strada?
- Quella che passava davanti alla casa del Padre.
+ E dove portava quella strada?
- In nessun luogo.
+ Era una strada chiusa? Finiva poco più in là?
- Se fosse terminata, avrebbe condotto in qualche luogo.
+ Dunque?
- Quella strada s'immetteva in una strada che si univa ad
un'altra strada che proseguiva in un'altra strada... e così
via, sempre, continuamente, infinitamente.
+ Hai sempre camminato da quando hai lasciato la casa di
codesto tuo padre?
- No, mi sono fermato in tante altre case.
+ Ma non sei rimasto in alcuna: perché?
- Perché davanti ad ogni casa passava la strada.
+ La strada che conduce in nessun posto?
- Si.
+ La strada che ti ha allontanato dalla casa di tuo padre?
- Si.
+ La strada non finisce mai, si; però la strada conduce
sempre in qualche luogo poiché la strada ha un nome ed
anche il luogo ha un nome.
- Quando sono partito non sapevo il nome della strada che
passava davanti alla casa del Padre; e il nome delle altre
strade mi è indifferente.
+ E il luogo dov'era la casa, come si chiama?
- Non l'ho mai saputo.
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+ allora è proprio vero: la tua strada è senza fine. Ho
conosciuto altri che andavano cercando un padre; ma
costoro conoscevano il luogo dove cercarLo. Chi al nord,
dove la notte è regina; chi al sud, dove il deserto è re.
- Il Padre che cerco è luce perenne e dolce calore: dove
Egli è, non cresce la notte. E' acqua viva e sorgente di vita:
dove Egli è, non esiste deserto. E' la gioia e la pace, la
sazietà e il quieto riposo. La sua parola riempie di piacere
e la sua carezza cancella ogni ferita; ma questo non lo sai
quando sei vicino a Lui. Quando sei lontano da Lui, in
quel momento conosci il Padre. Per questo Lo vado
cercando.
+ Il suono della tua voce entra nel mio cuore come un
seme che ha già messo radici. Fammi venire con te.
Anch'io vorrei conoscere codesto padre che genera una
così grande passione.
- I tuoi capelli sono come la neve e la tua pelle come una
corazza di tartaruga. L'età dovrebbe aver infuso saggezza
nel tuo cuore. Perché chiedi di venire con me che non
conosco dove sono e dove andrò?
+ Io non ho mai saputo che esistesse il Padre rivelatomi
dalle tue parole; ma adesso in me è nato un desiderio che
non è soltanto speranza. Io... è talmente assurdo ciò che sto
per dire, eppure, io ho fede in te che sei smarrito. Tu
ritroverai il Padre, ne sono certo e, insieme a te, anch'io
potrò conoscerLo.
- Ti ringrazio vecchio. Le tue parole scavano nella sorgente
delle lacrime, i miei occhi stillano rugiada come le corolle
del biancospino e dal mio cuore il manto della
riconoscenza si espande in tutto il corpo. Ti ringrazio ma
non posso portarti con me. Io cerco il Padre per me; per
questo devo andare da solo.
+ Anch'io vorrei cercarLo per me; ma questo non ci
impedirebbe di camminare insieme.
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- Se camminassimo insieme, io sarei preoccupato per te e
tu per me, occupato da te e tu da me. Tanto è sufficiente
per non poter riconoscere il Padre nell’incontrarLo.
+ Tu dici che il Padre ti conosce; se nell’incontrarLo non
dovessi riconoscerLo, sarà Egli a riconoscere te.
- No, tu non sai. Egli non può rivelarmisi e chiamarmi
"figlio" finché io non Lo chiamo per primo "Padre". E'
così, ma non so spiegare il perché.
+ Pensi che io non possa capire?
- No. Sono io che non riesco a comprendere e nessuno ha
mai saputo spiegarmelo.
+ Come fai, allora, ad affermare ciò che non comprendi?
- Non lo so, ma posso.
+ Poesia o pazzia? Non capisco.
- Neppure io. Eppure potrebbe esserci qualcuno in grado di
capire ciò che tu ed io non capiamo, spiegare ciò che tu ed
io non possiamo spiegare.
+ Tu vivi di desideri e la tua strada è senza fine.
- No, io vivo di ricerca e la mia strada ha un senso poiché
dovunque passo lascio un segno.
+ Che vuoi dire?
- Tu hai conosciuto il Padre perché un viandante smarrito è
passato davanti alla tua casa. Non ha saputo dirti dove
cercarLo è vero, però Te lo ha rivelato e ti ha istillato
l'ansia di conoscerLo. Se quest'uomo non fosse stato
smarrito, forse tu non avresti mai saputo del Padre. Ora in
te c'è il mio segno.
+ E a cosa mi serve? Io sono vecchio e tu non mi vuoi con
te nella ricerca. Da solo non andrei lontano.
- Quando vivevo nella casa del Padre, Egli era spesso
assente.
+ Dove andava?
- Per la strada.
+ A passeggio?
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- No: percorreva tutte le strade. Diceva di avere altri figli
che non vivevano nella Sua casa; altri che erano partiti
senza fare ritorno; altri che non lo conoscevano affatto.
+ Dunque, anche il Padre cerca.
- Si, ma quando trova non può fare nulla se non è
riconosciuto.
+ Perché?
- Non lo so, è un mistero
+ I misteri sono fantasie.
- Anche il tartufo è fantasia?
+ Perché il tartufo?
- Il mistero è come il tartufo: ne senti l'odore ma non sai
dove scavare per trovarlo.
+ Dimmi: se il Padre percorre tutte le strade, passerà anche
di qui, no?
- Passerà, come potrebbe essere già passato.
+ Io non sapevo.
- Adesso sai.
+ Potrebbe passare di nuovo?
- Si, passa sempre, continuamente.
+ Quand'è così, non c'è bisogno di andare a cercarLo.
Posso restare nella mia casa e attendere che ripassi di
nuovo.
- Purché non ti addormenti. Il Suo passo è leggero come la
neve e il suo bussare è come un soffio di vento.
+ Come farò a rimanere sempre sveglio?
- Anche se il corpo riposa, il cuore vigila sempre. Accendi
un lumino nel tuo cuore e provvedi che non manchi mai
olio allo stoppino, mentre il tuo corpo riposa. Il Padre vede
nel cuore e saprà che il lumino è acceso per Lui e attenderà
il risveglio del tuo corpo.
+ E' come se tu mi stessi raccontando una bella favola,
eppure non posso fare a meno di credere alle tue parole.
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- Tu non credi per le mie parole: è il bisogno del Padre che
ti spinge.
+ Si, è il bisogno, bisogno di un tal Padre. Dimmi: come
posso accendere un lumino nel cuore? Come posso mettere
olio nel cuore?
- "Dove sta il tuo cuore, là sta il tuo tesoro"; almeno una
volta nella tua vita, avrai sentito esprimere questa verità. Io
aggiungo: dov'è il tuo tesoro, là è il tuo lumino. Dov'è il
tuo lumino, tu aggiungi olio affinché non si spenga.
+ Tu parli per enigmi.
- Non posso dirti: “io mangio questo perché è buono,
perciò mangiane anche tu". Potresti rispondermi: "quel
che tu mangi e reputi buono, mi disgusta". Perciò ciascuno
sceglie il cibo secondo il proprio gusto; ma il fine è lo
stesso.
+ Si, il fine è lo stesso; ma tu mi hai detto di cercare un
cibo che non conosco.
- No, io ti ho soltanto detto di nutrire il tuo cuore; tu sai
cos'è che fa bene al tuo cuore.
+ Non capisco.
- Sei duro d’orecchio per quanto sei vecchio. Ti dirò
questo: il desiderio del Padre è il lumino e il ricordo di Lui
è l'olio. Questa è l'unica offerta che conquista il Padre e il
cuore è l'unica casa nella quale Egli dimora con piacere:
“E’' giunto il momento in cui né su questo monte né in
Gerusalemme adorerete il Padre; il momento in cui i veri
figli adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre
cerca i veri figli".
+ Tu parli come un maestro eppure non sei un maestro;
dici di essere smarrito e nello stesso tempo indichi a me
come trovare: chi sei?
- Te l'ho già detto: sono uno che cerca il Padre.
+ Ma se il Padre è in cammino ed anche tu sei sempre in
cammino, potreste non incontrarvi mai. Fermati qui con
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me, la mia casa è grande. Aspetteremo e veglieremo
insieme. Potremmo fare dei turni in modo che, se uno
dorme l'altro veglia; uno di noi dovrà per forza riconoscere
e accogliere il Padre. E lo farà per tutti e due.
- Mi accorgo che la tua pena si chiama solitudine. E non
puoi farci niente. Quand'eri giovane e potevi godere i
piaceri della vita, la tua casa era piena di amici. Quando
frequentavi le associazioni e i commerci eri circondato di
conoscenti. Ora che a malapena riesci a camminare,
nessuno più ti degna di uno sguardo. Questo è l’uomo, ma
tu non sei stato fatto per l’uomo. Anche tu, vecchio, sei un
figlio. Anche tu sei stato fatto per il Padre. Perciò non
crucciarti se la solitudine è attorno a te. Ora che conosci il
Padre e hai acceso un lumino nel tuo cuore, non sei più
solo. Questo lo scoprirai da te stesso, man mano che il
desiderio e il ricordo del Padre Lo condurranno sempre più
vicino alla tua casa.
+ Si, è vero. Finché potevo dare ho sempre avuto
compagnia.
- Anche la compagnia è solitudine.
+ E' vero. Tutto ciò che si muove all'esterno di me è
solitudine. Ho vissuto una vita di solitudine: è troppo tardi
per piangere?
- Su, vecchio. Lascia stare il passato, dimenticalo. Riunisci
le tue forze e vivi il presente e ciò che il presente ti porta.
Ora puoi costruire il futuro. Nessuno potrà rubare il tesoro
dal tuo cuore.
- Si, il presente mi ha donato un tesoro. Ora comprendo
anche la tua ricerca che è soltanto attesa. Tu hai la forza
per camminare e percorri la strada; però tu non cerchi, tu
attendi.
+ Addio vecchio.
- Addio fratello.
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21 aprile 1985
QUARTODIALOGO
17 gennaio 1987
QUINTODIALOGO
4 gennaio 1995
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SESTODIALOGO
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solo giusto, in mezzo agli uomini, l'universo avrebbe già
assolto la sua funzione. Non crede?
A - Mi scusi ma adesso debbo andare. Ci penserò su e le
farò sapere la mia opinione. Arrivederci.
13 luglio 1993
SETTIMODIALOGO
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- E il tempo? La cadenza del tempo che scompone e
ricompone il ritmo del desiderio?
- Si, lo sento.
- Ora ti manca soltanto una cosa perché tu sia perfetta nella
conoscenza di te stessa.
* Che cosa?
- La caccia al tesoro nel tuo corpo. Devi conoscere dove
sono nascoste le radici dell'albero del piacere, per
innaffiarle con l'emozione del desiderio, seguendo le
cadenze stabilite dal tempo.
* Per ottenere cosa?
- Il germoglio dell'albero del piacere. Potrai vederlo fiorire
come un ciliegio, coprirsi di foglie come un tiglio,
riempirsi di frutti come un pesco. Potrai vederlo nella sua
pienezza e goderlo nella sua interezza.
* Perché questo?
- Perché tu vieni dal Piacere e sei uno dei Signori del
Piacere.
* Tu chi sei?
- Sono l'acqua che rimane sempre nella sorgente, te l'ho già
detto.
+ Ed io sono la goccia rubata, lo so. Potresti però essere un
pò più chiaro.
- Lo sai perché ti è stata data la vita?
* Perché un uomo e una donna si sono amati.
- E' più corretto dire che hanno compiuto un atto sessuale e
con quell'atto ti hanno dato un corpo. Ma tu, come essere,
sei stata generata da un altro essere in un altro luogo e in
un altro tempo, anche se non sono misurabili né definibili.
Tu hai avuto la vita nel momento stesso in cui ha avuto la
vita il Piacere. Tu appartieni al Piacere e il tuo scopo deve
essere quello di manifestarlo e donarlo in tutta la sua
essenza.
* Mi sto perdendo.
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- Si, e ti stai ritrovando.
18 settembre 1993
OTTAVODIALOGO
17 febbraio 1995
NONODIALOGO
5 maggio 1991
DECIMODIALOGO
4 ottobre 1994
UNDICESIMODIALOGO
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O - E' figlia diretta della ragione che conquista la
coscienza soltanto dopo aver compreso la verità delle
indicazioni Divine:
Beati i poveri nello spirito (perché perdonano le offese e le
azioni di male ricevute e ricambiano il male con azioni di
bene). E quanto occorra essere poveri nello spirito, per
riuscire a perdonare, lo sanno soltanto coloro che
affrontano codesta tortura, perché perdonare significa
morire: alzarsi al mattino e perdonare, coricarsi la sera e
perdonare, sempre continuamente in conflitto con quello
spirito ignoto che pretende vendetta.
Beati i miti (poiché le loro azioni saranno sempre guidate
dalla ponderatezza dell’intelletto)
Beati gli operatori di pace e di giustizia (perché non fanno
distinzioni tra razze, ceti sociali e parentadi). Ed anche
questo è tortura perché chi si affranca dal vincolo del
sangue, è ripudiato e odiato dai familiari, incompreso ed
evitato dagli amici: è un esiliato.
Beati i puri di cuore (perché rifiutano di possedere ciò che
è necessità di tutti). Estraniati dal contesto sociale (dal
mondo) a causa di questo rifiuto, conoscono una sola
compagna, la solitudine; e nella solitudine scopriranno di
non essere soli poiché sentiranno la presenza di Dio.
Beati coloro che saranno derisi e perseguitati a causa di
queste cose perché saranno i figli di Dio (coloro che si
sono liberati della superstizione ed hanno compreso ed
attuato la religiosità). Affrancati dalla maestà dei poteri,
sono perseguitati dai poteri.
P - Caro Oreste, secondo me questa è letteratura, è poesia.
O - Concordo con te; a giudicare dal comportamento degli
esseri umani, la religiosità è soltanto poesia. Eppure
consentimi di dissentire e di affermare che la religiosità è
l'unica morte degna di essere vissuta dagli esseri umani.
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10 aprile 1994
DODICESIMODIALOGO
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M - I tuoi genitori, i tuoi figli, tuo marito, la tua casa: quel
particolare intreccio di affetti ed interessi che potrebbero
venire sconvolti da questa nostra relazione.
F - Per quanto mi riguarda, noi abbiamo fatto un patto:
solo sesso. Afferrare il momento del piacere e goderlo.
M - Non devi ricordarmi me stesso. Non faccio altro da
vent'anni. Tu stai provando a parlare il mio linguaggio, ma
riesci soltanto a recitarlo proprio perché questo è il mio
linguaggio; e il tuo comportamento lo dimostra.
F - Il mio comportamento!?
M - Si. E' mai possibile che, afferrare il momento, per te
significhi telefonarmi più volte al giorno e,
nell'incontrarmi, guardarmi con occhi sanguisuga ed
arrossire e mostrare tutti i sintomi della gelosia ogni volta
che parlo con una qualsiasi donna: vecchia, bambina,
brutta o piacente che sia?
F - Io mi comporto così? Secondo te sarei una verginella di
primo pelo?
M - No. Sei una donna nella piena maturità che purtroppo
si è illusa di poter riuscire a controllare la propria natura.
Se non riesci a controllare il tuo corpo significa che non è
più soltanto una questione di sesso.
F - Mi stai accusando di amarti?
M - Si, ti sto accusando di darmi ciò che non mi appartiene
e che non voglio perché apre una porta che mi risucchia in
ciò che non mi interessa: il tuo mondo.
F - Mi stai offendendo a morte. Io sono una persona che
conosce le proprie responsabilità. La mia famiglia è sacra,
e tutto ciò che concedo a me stessa, lo faccio senza
trascurare nulla di ciò che riguarda la mia famiglia.
M - La tua famiglia è un problema tuo e finché è rimasto
soltanto tuo, tutto è andato bene; ma allo stato attuale delle
cose, sta diventando anche un mio problema, ed è un peso
che non posso sostenere.
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F - Io non capisco come tu possa sentirti gravato da questo
problema. Non ti ho mai parlato della mia famiglia,
neanche un piccolo accenno, mai niente.
M - Non me ne hai mai parlato: a parole è vero; ma nei
fatti? Ogni nostro incontro è stato un tuo furto alla tua
famiglia, una menzogna: oggi la visita a un'amica, domani
una cena d'ufficio, un'altra volta una riunione di lavoro e
poi... tu sai quali altre scuse hai dovuto e saputo inventare.
Oh si, lo sapevo sin dalla prima volta; ma non mi
interessava, non mi toccava minimamente. Finché non è
arrivato quel sogno.
F - Il sogno che ti ha sconvolto?
M - Si, quel sogno.
F - E' una scusa.
M - Come dici?
F - Dico che sei come tutti gli altri. O credi forse di essere
il primo o l'unico?
M -Non alterarti. Non lasciare che la lingua vada a briglia
sciolta mitragliando le pallottole cieche della delusione.
F - Sei un farabutto. Ora mi conosci. Hai esplorato tutto di
questo corpo che ti si è aperto come le porte dei grandi
magazzini, ed ora che la tua curiosità... aspetta, fai trovare
anche a me una espressione non banale... ora che la tua
arsura di esploratore si è placata alla sorgente del grande
fiume, vorresti andartene alla ricerca di nuove scoperte
senza offendere il genio della sorgente e mi vieni a
raccontare di un… sogno che hai inventato mentre
defecavi, ci scommetto, vigliacco!
M - (Di nuovo. Ogni volta si ripete, tale e quale, con toni
più o meno accessi, con parole più o meno violente, il
dramma sublime dell'addio. La scena madre non ammette
variazioni; ignora semplicità, cordialità, cortesia. Mai due
che si ritrovino a dirsi: "è stato bello godere con te, è stato
un vero piacere, ti ricorderò con simpatia, ti auguro ogni
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felicità per il futuro". Perché deve esserci per forza la
vittima e il colpevole, lo sfruttato e lo sfruttatore, il cattivo
che se ne va e il buono che resta a piangere. Ed il primo
che dice basta, viene indicato sempre come il carnefice,
mentre invece, in realtà, è la prima vittima perché, prima
di riuscire a dire basta, ha subìto, inevitabilmente subìto.
Comunque non è il mio caso. Non mi sento né vittima né
carnefice. Ho soltanto fatto un sogno ed ho capito,
finalmente, di non essere tagliato per fare il gigolò).
- Ci sei ancora? (Il guaio è che non so neanche piangere,
né conosco il senso di colpa che invita a scusarsi, né so
addolcire la pillola. Prendo le decisioni su due piedi e non
me ne pento mai perché quello che decido in quel
momento è la migliore delle decisioni che potrei prendere).
F - Ci sono ancora.
M - Deve esserci stata una interferenza. Forse qualcuno di
coloro che telefonano a quelle... come si chiamano...
banche del discorso? Sei depresso? Eccoti la risposta
confortevole. Sei eccitato? Eccoti in bell'erotico amplesso
vocale. Sei un egocentrico? Eccoti una bella scarica di
vaffanculo che ti riportano alla tua reale qualità. Stai
ridendo?
F - Si
M - E stai piangendo.
F - Un pò.
M - Noi avevamo un accordo.
F - Si.
M - Solo sesso, finché dura. E' così?
F - Si, ma...
M - ma?
F - Doveva essere una cosa concorde.
M - Come si può essere concordi in qualcosa che nessuno
propone?
F - Oh M, non adesso! Almeno vediamoci un'ultima volta!
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M - Non ti dico di no. Però, prima di prendere una
qualsiasi decisione, ascolta il mio sogno. Se dopo vorrai
ancora... ma non potrà essere più come prima.
F - E' proprio vero, il sogno?
M - Si, è vero.
F - Giuramelo.
M - (Perdindiridindina... Ebbene, vero o no, nasce tutto dal
pensiero. Sia da sveglio che da dormiente, è una
proiezione del pensiero)... Te lo giuro.
F - Dai, raccontamelo.
M - (Vedo queste ultime sue parole librarsi da un bozzolo
di tristissima gaiezza).
- Sto camminando al bordo di una strada intasata di
automobili. Un bailamme di colori. Trombe d'aria di suoni
che mi entrano negli orecchi. Fatico a respirare. Li vedo
dai vetri dei finestrini. Sono felici: masturbano il cambio,
accarezzano il volante, eiaculano sull'acceleratore e mi
sputano addosso perché sono l'unico che va a piedi. Allora
salgo su un carrarmato e schiaccio le loro automobili e loro
schizzano fuori dalle portiere un attimo prima che i miei
cingoli levighino le loro lamiere, finché sulla strada non
rimane neanche un'automobile. Schiaccio anche una
autoambulanza con quel suo osceno, straziante,
insopportabile sibilo. Adesso tutti vanno a piedi e si
salutano, si scambiano informazioni, inviti, pacche sulle
spalle. Si abbracciano, si sorridono e vogliono erigermi un
monumento. Ho paura e fuggo con il carrarmato. Sto
attraversando un ponte. All'improvviso è notte. Un
lunghissimo viale illuminato da un solo lampione in
lontananza. Non c'è più il carrarmato, sto camminando.
Pioviggina. Non passa nessuno. Mi sto avvicinando al
lampione. Suono di campane. E' notte e suonano le
campane. Sotto al lampione ci sono due ragazzini: bagnati,
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intirizziti, si abbracciano guancia a guancia e mi guardano.
Vuoi sapere chi sono?
F - No.
M - Sono i tuoi figli. Mi guardano. I loro occhi... grandi,
immensi. Non c'è odio in quegli occhi, né rancore. Adesso
non sono più due occhi... sono un essere, una entità e mi
dice...
F - No, no. Per favore... per favore...
M - Mi dice... mi chiede..."Perché"?
Sento che sta piangendo. Sta singhiozzando. Ha
riattaccato. Io sono... Chi sono? Un miserabile di
terz'ordine costretto ad inventarsi giustificazioni. Lei sta
piangendo ed io mi congratulo con me stesso per averla
ferita a morte. L'ho colpita laddove non aveva difesa.
Come Paride, ho sfruttato il sapere e l'abilità di Apollo; ma
quale bene ne venne a Paride? Gli dei che giuocano con gli
uomini, gli concessero la vittoria che compiva il suo
destino. Gli occhi dei suoi figli mi hanno permesso di
cancellarla dalla mia vita; ma hanno cancellato anche me.
Non sono più quello di ieri. Rinasco a quarant'anni, ferito
dalle lacrime che ho seminato e da un nulla di gradevole
che mi possa consolare:
"lunghi giorni affastellati ed arsi in una pira
nel baleno del brillio d'uno sguardo
o d'un pensiero subito rinnegato".
Se è possibile rinascere a quarant'anni, se sarà possibile,
capirò che gli Dei sono morti per sempre, che hanno
abdicato in favore della Speranza.
8 settembre 1990
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TREDICESIMODIALOGO
POLITICA E RELIGIONE
A che ora …?
Ricordati di telefonare a …
Non ti dimenticare il …
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Allorché la politica è subalterna alla religione, vengono
condannati i giusti, e un tale esempio la cultura cristiana lo
propone continuamente all’attenzione di tutti nel racconto
della condanna passione e morte di Gesù di Nazareth.
Il Sinedrio, detentore dell’autorità religiosa e politica nella
società teocratica israeliana, per bocca del suo capo, il
Sommo Sacerdote Caifa, stabilì la condanna in base a
convinzioni politiche guidate dalla teologia.
Ti piace il …?
Ci vai al …?
Dunque:
la religione pretese la condanna
la politica sancì la pretesa della religione
l’autorità giudiziaria eseguì.
Ed ancora assistiamo, ai nostri giorni, al dramma di politici
subalterni alla veste religiosa che persistono
nell’ignominia di addossare ad un intero popolo la colpa
della propria cecità.
Ti piace la musica …?
Li hai fatti i …?
Ottobre 1996
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QUATTORDICESIMODIALOGO
IL PROCESSO
Novembre 1985
SEDICESIMODIALOGO
APPUNTI
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Mani sporche? Che importa! Potrebbe uscirne dell’aceto,
ma anche del vino anche del vino nobile.
Aprile 1984
DICIASSETTESIMODIALOGO
L’ANTICRISTO
Dicembre 1989
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