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Indice

Voci
Prontuario di diritto romano Atti illeciti La capacit di agire I contratti I contratti consensuali I contratti letterali I contratti reali I contratti verbali I delitti Gli elementi del negozio L'estinzione delle obbligazioni Estinzione delle obbligazioni ope exceptionibus Il diritto di famiglia La filiazione Gli atti unilaterali L'invalidit del negozio La lex Aquilia Le obbligazioni non contrattuali La mora Il negozio giuridico Classificazione delle obbligazioni L'obbligazione le fonti del diritto romano I quasi contratti I quasi delitti Il regime patrimoniale familiare L'inadempimento Obbligazioni complesse I soggetti e le persone Trasmissione delle obbligazioni La responsabilit La tutela del credito I vizi della volont 1 3 4 6 7 10 10 12 13 14 17 21 22 25 27 28 29 30 32 33 35 36 38 40 41 42 43 44 46 48 49 50 52

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Prontuario di diritto romano

Prontuario di diritto romano


Con l'espressione Diritto romano si indica l'insieme delle norme che hanno costituito l'ordinamento giuridico romano per circa XIII secoli, dalla data della Fondazione di Roma (753 a.C.) fino alla fine dell'Impero di Giustiniano (565 d.C.). Infatti, tre anni dopo la morte di Giustiniano lItalia fu invasa dai Longobardi: limpero dOccidente si dissolse definitivamente e Bisanzio formalmente imperiale e romana si allontan in parte dalleredit dellantica Roma e della sua civilt (anche giuridica).

Sommario
1. I soggetti e le personeProntuario di diritto romano/I soggetti e le persone Le persone fisiche, la capacit giuridica e gli status 2. Il diritto di famigliaProntuario di diritto romano/Il diritto di famiglia Il matrimonio e il divorzio 3. La filiazioneProntuario di diritto romano/La filiazione Adrogatio e adoptio 4. Il regime patrimoniale familiareProntuario di diritto romano/Il regime patrimoniale familiare La dote 5. La capacit di agireProntuario di diritto romano/La capacit di agire La tutela e la curatela 6. Il negozio giuridicoProntuario di diritto romano/Il negozio giuridico Mancipatio, in iure cessio, traditio 7. Gli elementi del negozioProntuario di diritto romano/Gli elementi del negozio Essentialia, naturalia, accidentalia. 8. I vizi della volontProntuario di diritto romano/I vizi della volont L'errore, Vis e metus, il dolus, la simulazione 9. L'invalidit del negozioProntuario di diritto romano/L'invalidit del negozio Nullit e annullabilit del negozio; sanatoria del negozio invalido. 10. Atti illecitiProntuario di diritto romano/Atti illeciti Atti illeciti, la colpa 11. L'obbligazioneProntuario di diritto romano/L'obbligazione Elementi del rapporto obbligatorio, fonti delle obbligazioni, le obbligazioni naturali. 12. Classificazione delle obbligazioniProntuario di diritto romano/Classificazione delle obbligazioni Obbligazioni generiche e alternative, divisibili e indivisibili, con soggetto variabile, solidali, civili e onorarie 13. L'estinzione delle obbligazioniProntuario di diritto romano/L'estinzione delle obbligazioni Solutio, acceptilatio, datio in solutum, novatio, confusio, concursus causarum 14. Estinzione delle obbligazioni ope exceptionibusProntuario di diritto romano/Estinzione delle obbligazioni ope exceptionibus Compensatio, pactum de non petendo, transactio, praescriptio longi temporis 15. Trasmissione delle obbligazioniProntuario di diritto romano/Trasmissione delle obbligazioni Delegatio, expromissio 16. Obbligazioni complesseProntuario di diritto romano/Obbligazioni complesse Obbligazioni soggettivamente e oggettivamente complesse 17. L'inadempimentoProntuario di diritto romano/L'inadempimento

Prontuario di diritto romano La responsabilit personale (nexum), la garanzia generica patrimoniale, la bonorum venditio, la cessio bonorum 18. La responsabilitProntuario di diritto romano/La responsabilit La colpa, il dolo, la responsabilit oggettiva 19. La moraProntuario di diritto romano/La mora Mora solvendi, mora credendi, usurae 20. La tutela del creditoProntuario di diritto romano/La tutela del credito Le garanzie reali e personali la interdictio fraudatorium, la restitutio in integrum. Actio Pauliana, bonorum venditio, bonorum distractio 21. Le obbligazioni non contrattualiProntuario di diritto romano/Le obbligazioni non contrattuali Il votum, la pollicitatio, la solutio indebiti, la negotiorum gestio. 22. Gli atti unilateraliProntuario di diritto romano/Gli atti unilaterali La interrogatio in iure, la communio incidens 23. La lex AquiliaProntuario di diritto romano/La lex Aquilia Le iniuriae, la culpa, l'actio legis Aquiliae 24. I contrattiProntuario di diritto romano/I contratti I contratti in geneale, il contratto preliminare 25. I contratti realiProntuario di diritto romano/I contratti reali 26. Il mutuo, la fiducia, il comodato, il deposito I contratti verbaliProntuario di diritto romano/I contratti verbali Generalit I contratti letteraliProntuario di diritto romano/I contratti letterali

Generalit 27. I contratti consensualiProntuario di diritto romano/I contratti consensuali La emptio-venditio, la locazione

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Atti illeciti

Atti illeciti
Atto illecito era (ed ) ogni atto lesivo di un diritto altrui. L'atto illecito constava di due elementi, cio la volontariet dell'atto (colpa) e la lesione del diritto altrui (danno). Come la volont nel negozio giuridico, anche la colpa esige capacit di agire. Pazzi e impuberi non potevano essere in colpa. Vi erano varie specie di colpa: contrattuale ed extra-contrattuale. La colpa contrattuale interveniva negli atti che presuppongono un particolare rapporto (appunto di natura contrattuale) con la persona lesa. La colpa extra-contrattuale era quella che occorreva in tutti gli atti "illeciti per s stessi"; prendeva anche il nome di colpa aquiliana dalla Lex Aquilia, che disciplinava i danni recati alle cose altrui quando tra il responsabile e il danneggiato non vi era alcun tipo di rapporto.

La colpa
La colpa il difetto di attenzione, ma senza malvagia volont di nuocere, senza previsione effettiva delle conseguenze dell'atto. Si diceva qui in dolo scit, in culpa scire debet, intendendo generalmente la colpa come imputabilit del fatto illecito. I Romani conoscevano due gradi di colpa: la colpa grave (lata culpa, magna neglegentia), consistente in una grave negligenza, superiore alla media comune, cio il non usare l'attenzione pi banale, il non intendere ci che intendono tutti. Per il Digesto, Lata culpa est nimia neglegentia id est non intelligere quod omnes intelligunt. La culpa laevissima fu introdotta dalla Lex Aquilia La colpa lieve (culpa levis) consisteva nel non usare l'attenzione propria dell'uomo regolare e ordinato nell'azienda domestica: questo tipo di uomo, per i Romani, era il bonus paterfamilias, ossia il tipo ordinario di persona che nella vita di tutti i giorni agiva con diligentia quam suis. Una particolare figura di colpa era la culpa in concreto, che non aveva come parametro il tipo astratto del paterfamilias bens la persona stessa del colpevole. Era tale la colpa di chi non adoperava negli affari altrui quella stessa diligenza che adoperava nei propri affari, ma si trattava di un concetto estremamente variabile.

Il danno
Il danno la lesione di un diritto: nel diritto romano era considerato danno, oltre alla lesione di un qualsiasi diritto del paterfamilias, anche la privazione di un vantaggio purch economicamente valutabile. COnseguenza del fatto illecito era sempre l'obbligazione all'indennizzo o al risarcimento del danno in favore della parte lesa, collegato alla responsabilit del daneggiante e alla rei aestimatio.

La capacit di agire

La capacit di agire
La capacit di agire
Era la capacit di esercitare validamente i diritti di cui si era titolari; tale capacit ineriva ai soggetti sui iuris, in relazione all'et, al sesso e alle condizioni mentali. Lo ius civile stabiliva una graduazione di et che andava dagli infantes (che non sapevano ancora parlare), ai minores (minori di XV anni), agli impuberes (dai XV ai XVIII anni), ai puberes (maggiori di XVIII anni). Giustiniano stabil che la piena capacit di agire si acquistava con i XVIII anni. Sin dai primordi, la donna fu sempre considerata soggetta al pater o al marito, per il principio di inferiorit delle donne. Le donne e gli impuberes non potevano compiere tutti gli atti giuridici se la loro volont non era integrata dall' auctoritas tutoria. Le infermit mentali riconosciute portavano allo stesso tipo di incapacit giuridica; in particolare, si distinguevano le categorie dei furiosi (pazzi, alienati) e dei prodigi (prodighi, non sufficientemente oculati nell'amministrazione dei propri beni).

La tutela
In diritto romano, la tutela aveva una funzione ben diversa da quella moderna; essa tendeva infatti a proteggere gli interessi del patrimonio e della famiglia del pupillo, pi che a costituire un istituto di protezione per l'incapace. In epoca classica, erano assai frequenti la tutela impuberis e la tutela mulierum. La tutela mulierum era la tutela data alla donna propter laevitatem, e durava tutta la vita. La donna poteva compiere da sola tutti gli atti di ordinaria amministrazione, mentre per quelli di straordinaria amministrazione occorreva l' auctoritas del tutore. Il tutor mulieris poteva essere legittimo o testamentario, ma sempre dativo. Solo in seguito fu dato alle donne di scegliere il proprio tutore (tutor optivus) e addirittura di cambiarlo (optio tutoris); alla nomina del tutore da parte del magistrato si faceva luogo solo se la donna ne faceva richiesta. Nel IV secolo d.C. (sotto Diocleziano), l'istituto della tutela mulieris scomparve definitivamente, mentre l'evoluzione della tutela impuberis si trasform dall'originaria configurazione potestativa in istituto assistenziale. La tutela impuberis esisteva gi ai tempi della Lex XII Tabularum; essa era data agli impuberi (incapaci di agire) il cui pater fosse morto o avesse perduto la libert. Solo in prosieguo di tempo si ammise che l'impubere orfano o figlio di chi avesse perduto la libert acquistasse capacit di agire e divenisse sui iuris, limitando la tutela ai soli infantes. ( E ai minores ? ). Il diritto romano conosceva tre figure di tutela impuberis: quella legittima, quella dativa e quella testamentaria. La legislazione giustinianea chiam alla tutela anche i cognati e stabil che si potesse dare un tutore anche sotto condizione o a termine. Dalle fonti si ricava l'esistenza anche di una tutela "fiduciaria": quando il genitore abbia affrancato il figlio o il nipote o altri impuberi, riceve la tutela legittima di quelli. Le fonti fanno cenno anche alla gestione patrimoniale: quando i tutori gestiscono gli affari del pupillo, dopo la pubert rendono il conto in giudizio della tutela. Il tutore aveva l' administratio del patrimonio dell'impubere; i suoi poteri si articolavano nella gestio e nella 'auctoritas interpositio. La gestio era la normale gestione degli affari, mentre l' auctoritas interpositio consisteva nell'approvazione successiva, da parte del tutore, degli atti compiuti dal pupillo proximus pubertati. Se il pupillo era infans, il tutore compiva egli stesso l'atto, ritrasferendogli gli effetti; non si trattava quindi di gestione rappresentativa ma piuttosto di una negotiorum gestio, poich il tutore agiva per conto dell'impubere ma in nome proprio. da notare che, mentre in epoca classica il tutore poteva compiere ogni atto di amministrazione, in et postclassica

La capacit di agire divenne sempre pi frequente la necessit dell'autorizzazione del magistrato per gli atti di straordinaria amministrazione. Le fonti sottolineano che se non interviene l' auctoritas del tutore, di certo chi contrae con il pupillo poi resta obbligato, mentre al contrario il pupillo non resta obbligato. Il tutore trattava gli affari del pupillo come propri, diventando personalmente proprietario e obbligato. La responsabilit del tutore era assai grave; al termine della tutela, egli era tenuto al rendimento dei conti, ed in caso di cattiva amministrazione (dolosa o per negligenza) erano date contro di lui delle azioni infamanti: actio suspecti tutoris, intentabile da chiunque e tendeva alla rimozione del tutore venuto meno alla fides, actio rationibus distrahendis, azione privata che condannava il tutore al doppio risarcimento dei beni sottratti, actio tutelae bonae fidei. Al tutore era altres concessa l' actio tutelae contaria, allo scopo di ottenere il rimborso delle spese e la liberazione dalle obbligazioni assunte durante l'amministrazione. In epoca imperiale fu introdotta la cauzione prestata dal tutore (satisdatio pupilli salvam fore) su ordine del pretore; in et postclassica sorse una forma di ipoteca tacita sui beni del tutore. Essendo la tutela concepita come un munus, cio come incarico obbligatorio per il designato, erano poche e ben definite le cause di esonero. Le cosiddette excusationes previste in diritto romano riguardavano per lo pi lo stato di salute fisica e mentale del tutore, e altre circostanze contingenti: ...per miseria del tutore dato esonero ..., ...deve essere esonerato anche colui che ignora l'alfabeto..., ...i medici sono esonerati se esercitano la professione in Roma, come anche chi amministra il fisco....

La curatela
difficile individuare la differenza tra tutela e curatela in diritto romano. In linea di massima, la curatela fu predisposta a favore di soggetti privi delle normali capacit psichiche, e si concretava nella sola negotiorum gestio. Ma quando la tutela si trasform, avvicinandosi alla moderna concezione, quasi si confuse con la curatela. I sordi e i muti, e coloro che soffrivano di malattie croniche, come i pazzi, poich non erano in grado di sopravvivere con le proprie capacit e con i propri mezzi, dovevano essere affidati a dei curatori nominati dal pretore o dai governatori delle province: i curatores debilium personarum. Per il nascituro istituito erede o beneficiario di un legato, la legge prevedeva un curatore speciale, il curator ventris, con il compito di conservare i beni che sarebbero spettati al nascituro. Ma la pi importante forma di curatela fu introdotta nel 192 a.C. e fu la cura minorum XXV annorum; tale istituto si rese necessario nello stesso interesse dei minori che non avrebbero, altrimenti, potuto stipulare con terzi timorosi di essere accusati di aver abusato della minore et della controparte. Quando il minore si faceva assistere dal curatore, costui con il proprio consenso garantiva al terzo che l'obbligazione sarebbe stata adempiuta. Il consenso, a differenza dell' auctoritas, non serviva a convalidare l'atto (gi valido) ma impegnava il curatore di fronte alla controparte come garante. Contro il curator suspectus erano date al minore le stesse azioni infamanti della tutela; al curatore era altres data l' actio contraria per essere risarcito.

I contratti

I contratti
I contratti
I Romani non avevano uno schema astratto di contratto, ma tentarono di classificare le fonti delle obbligazioni, tentativo da cui sono state estratte le varie categorie di contratti: obligatio re - si aveva quando la cosa veniva ceduta materialmente obligatio verbis - si aveva quando la cosa veniva ceduta sulla base di una domanda del venditore e relativa risposta dell'acquirente ex consensu - si aveva quando i soggetti si impegnavano a fare o dare qualcosa ex lege - si aveva quando il soggetto si conformava ad un obbligo di legge, o -al contrario- non obbediva.

Il contratto preliminare
Il contratto preliminare non era riconosciuto come autonma fonte di obbligazioni, ma si configurava come nudum pactum che obbligava il solo promittente. Costui poteva essere condannato (in caso di inadempimento) al solo risarcimento del danno o a pagare la penale pattuita, ma non poteva essere costretto a prestare il futuro consenso. In linea di massima, perci, era esclusa la possibilit di esecuzione specifica. Se per il nudum pactum (obbligo di contrarre) era adiectum, cio aggiunto ad un negozio, poteva essere eseguito coattivamente: nuda pactio obligationem non parit, sed parit exceptionem. Che il preliminare impegnasse il solo promittente, era stabilito gi nel diritto classico: pactum est pollicitatio offerentis solius promissum (in altre fonti si legge: nudo pacto fiet compromissum). Nel diritto giustinianeo, il termine contractus indicava esclusivamente quei negozi consistenti in un accordo di volont (cd. consensum in idem placitum) e in una causa.

I contratti consensuali

I contratti consensuali
Contratti consensuali
Elemento caratterizzante e costitutivo era il consensum (sufficit eos, qui negotium gerunt, consensisse), per cui anche tra assenti, o per lettera, o tramite un messo, poteva essere stipulato un contratto consensuale. Le quattro figure scaturite dallo ius gentium erano la compravendita,la locazione, il mandato e la societ.

La compravendita
La emptio-venditio, secondo il diritto giustinianeo, "si perfeziona non appena sar convenuto il prezzo, sebbene non sia stato ancora pagato e non sia stata data caparra. Ma occorre formalizzare quelle compravendite stipulate senza scrittura ... finch infatti manca qualche requisito, concediamo alle parti di recedere impunemente, se non fu data la caparra ... necessario che anche il prezzo sia stabilito: infatti non pu esserci compravendita senza prezzo, ed il prezzo deve anche essere certo ... deve consistere in denaro contante... Non appena viene pattuito il prezzo, il rischio della cosa venduta passa subito sul compratore, sebbene la cosa non sia stata ancora consegnata... la compravendita tanto puramente quanto sotto condizione pu essere stipulata". Queste le regole principali relative al contratto di w:compravendita; altre norme riguardavano la rescissione consentita al venditore che (senza raggiri) avesse venduto un immobile per meno della met del suo valore. Vi erano poi regole sull'esistenza di un naturale negotii quale la stipulatio habere licere (garanzia per l'evizione) eventualmente escludibile da un contrario patto, e l'obbligo per il venditore di custodire la cosa fino alla consegna e di garantire il trasferimento della vacua possessio. Anche la responsabilit per i vizi della cosa fu considerata un naturale negotii, da far valere con l'actio empti. La compravendita poteva essere corredata da clausole particolari, quali il pactum de retrovertendo e de retroemendo (patto di riscatto), il pactum displicentiae (cd. vendita ad arra) il pactum degustationis (cd. vendita a prova) il pactum addictionis in diem (clausola risolutiva della vendita se il venditore trova un terzo che gli offre un prezzo maggiore).

Dalla compraventita nascono obbligazioni, la prima grava sul venditore che ha l'obbligo di trasferire la disponibilit del bene pacifica e definitiva, ma dorvr accompagnare questo atto con un altro atto che trasferisca la propriet, i due eventi infatti rimangono pacificamente due cose separate. L'atto traslativo della propriet non quindi il consenso ma la compravendita, anche nel caso della traditio l'atto traslativo delle propriet coincide nei fatti ma rimane pur sempre cosa separata. L'obbligazione del compratore invece quella di trasferire al venditore la propriet di una somma di denaro - res nec mancipi - che quindi era nei fatti con la traditio della somma di denaro. Vi erano due eccezioni: 1. Emptio rei speratae: compravendita di una cosa sperata, cio si vende una cosa futura che non si sa se verr in natura (Es: vendita del partus ancillae). L'obbligazione in questo caso sottoposta ad una condizione e nasce solo se la cosa si produce; 2. Emptio spei (acquisto della speranza): oggetto della vendita la speranza medesima, si acquista scommettendo che la cosa nasca (Es: acquisto del pescato), il rischio grava su entrambi ma c' una convenienza per entrambi perch si elimina il rishcio di impresa. Ovviamente il prezzo deve essere pagato anche se la cosa non si produce. Il prezzo secondo i proculiani solamente una somma di denaro, mentre secondo i sabiniani poteva consistere in una qualsiasi cosa; preverr la tesi dei proculiani in quanto lo scambio di cosa contro cosa la permuta. Il prezzo quindi deve essere una somma certa di denaro che pu essre determinata per relationem; il prezzo pu anche essere

I contratti consensuali determinato dall'arbitrio di un terzo in et giustinianea. Obbligazioni del venditore accessorie

La locazione
La locazione, pi che un unico contratto, era un genus nel quale i Romani facevano rientrare figure diverse: 1. la locatio rei: un soggetto (locatore) da la detenzione di un bene ad un altro soggetto (conduttore), che dovr pagare al locatore un canone (mercede) ed al termine del contratto restituire la cosa; 2. la locatio operis: il locatore d la cosa in detenzione al conduttore affinch questi vi compia un lavoro, il conduttore riceve in cambio una mercede alla restituzione della res. La gamma delle situazioni della locatio operis molto ampia, tra le pi famose rientrano l'appalto di opere edilizie e il contratto di trasporto marittimo. 3. la locatio operarum il locatore mette a disposizione del conduttore la sua attivit lavorativa dietro il pagamento di una mercede(prestazione di lavoro manuale). La locatio operarum era ritenuta una cosa disdicevole per gli uomini liberi, poich per qualche aspetto ci si sottoponeva alla soggezione disciplinare del conduttore (esempio: poteva punirlo in caso di furto). Il locatario che prestava la sua opera era chiamato mercenarius cio colui che svolgeva opere dietro mercede. Anche la locazione di lavoro intellettuale (operae liberales) era sconsigliata dal costume, tuttavia quando un soggetto avesse raggiunto un alto livello professionale(medico, avvocato, ecc.) il cliente lo onorava con un compenso chiamato appunto honorarium. L'onorario divenne obbligatorio in tarda et classica. Queste tre sottocategorie di locazione non permettono una definizione unitaria. I romani pongono il problema della differenza tra locazione e compravendita; c' ad esempio il caso dei giochi dei gladiatori: questa una compravendita o una locazione? Visto che almeno la met dei gladiatori muore, i romani giungono ad una via di mezzo: i gladiatori che muoiono sono stati comprati mentre quelli che sopravvivono sono stati locati. La cosa che differenzia la locazione dalla compravendita quindi la restituzione del bene. Diceva Giustiniano: La locazione simile alla compravendita ed disciplinata dalle medesime regole di diritto. Infatti, la compravendita si contrae appena pattuito il prezzo, e cos la locazione si contrae appena stabilito il fitto. Ed al locatore spetta l'actio locati, mentre al conduttore spetta l'actio conducti.

Il mandato
Il mandato un contratto in forza del quale il mandatario tenuto a dare esecuzione ad un incarico assegnatogli dal mandante. L'incarico gratuito - ma essendo il mandato un contratto - il mandatario tenuto a rispettare il mandato ed il mandante deve rispondere a spese e danni eventuali. E' per certa solo la prima obbligazione; le due obbligazioni infatti non sono sullo stesso piano. Il mandato quindi un contratto imperfettamente bilaterale. Le obbligazioni del mandante sono meramente eventuali, mentre la gratuit fondamentale ed essenziale. Il mandato nasce ex officio et amicitia; se non si porta a termine il mandato ricevuto, il mandante pu citare in giudizio il mandatario con l' actio mandati, se invece una volta portato a termine il mandato, il mandante non risarcisce gli eventuali danni o spese sostenuti il mandatario pu citarlo in giudizio con l' actio mandati contraria.

I contratti consensuali

La societ
La societ un contratto attraverso il quale due o pi persone si obbligano a mettere insieme bene o servizi per giungere ad uno scopo patrimoniale comune. La societ ha fine di lucro, se non c' non una societ. Ci sono due tipi di societ: 1. Societas omnium bonorum (societ di tutti i beni); 2. Societas unius negoti (societ di una sola attivit). La societas omnium bonorum nasce sul modello del consortium ercto non cito, cio quando gli eredi non dividono l'eredit ma restano in comunione nel complesso dell'eredit. La societas omnium bonorum si verifica quindi quando degli estranei mettono insieme tutti i loro beni (si pu ridividere la propriet quando si vuole); per fare questo ci vuole un'apposita legis actio: Actio communi dividundo (tra estranei); Actio familiae erciscunde (tra sui heredes). La societ di tutti i beni si formava spesso nelle sette che prevedevano l'abolizione della propriet privata (pitagorici). Il contratto di societ ha alcune particolarit che lo differenziano dagli altri, come il consenso che se viene a mancare (renuntiatio societatis) scioglie l'intera societ anche se molto numerosa; i romani pensano che la societ sia simile al matrimonio ed in essa vi l' affectio societatis. I giuristi applicano due tutele per i soci che vengono danneggiati dalla renuntiatio: 1. Renunitatio dolosa: un socio sapendo di essere stato istituito erede scoglie la societ; il socio danneggiato pu usare l' actio pro socio. 2. Renuntiatio intempestiva: si scioglie la societ quando si crea un grave danno alla societ in buona fede; in questo caso i soci possono fare un'azione contro chi ha scliolto la societ in maniera intempestiva. Negozio posto in essere dai soci Gli effetti dell'acquisto posto in essere da un socio vanno in solo in capo a chi compie il negozio; quest'ultimo dovr poi trasferire la parte che spetta agli altri soci. "Il socio del mio socio non mio socio", cio se si ha una societ con Tizio, che a sua volta ha una societ con Caio, io non sono socio di Caio e le due societ sono separate e non hanno alcun legame. Gli utili e le perdite si dividono sulla base di quanto stabilito sul contratto di societ; proibito il patto cum leone (patto leonino): cio ad un socio vanno solo le perdite e ad un altro solo gli utili. Se nulla stabilito nel contratto, si dividono sia utili che perdite al 50% per logica dell' affectio societatis.

I contratti letterali

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I contratti letterali
Contratti letterali
Erano conclusi quando la scrittura diventava obbligazione: ci accadeva ad esempio con i nomina transcripticia (annotazioni fatte dal pater sul codex accepti et expensi, il libro delle entrate e delle spese familiari) e con i chirographa. I nomina transcripticia potevano essere: a re in personam, se obbligavano litteris chi si era gi obbligato in altro modo; a persona in personam, se si sostituiva il debitore con un altro. Nello stesso codex (registro) si annotavano i nomina arcaria, che nullum facere obligationem sed obligationis factae testimonium praebere, cio avevano la mera funzione di ricordare e testimoniare un'obbligazione preesistente. I chirographa ed i syngrapha sono figure di origine greca: i primi erano documenti con funzione probatoria dell'obbligazione (cio un'attestazione dell'obbligazione che restava nelle mani del creditore), mentre i secondi avevano funzione costitutiva dell'obbligazione.

I contratti reali
Contratti reali
Erano considerati contratti reali tutti quelli che nascevano dalla consegna del bene, cio dalla datio: mutuo, fiducia, comodato, deposito, pegno. Mutuo Etimologicamente, mutuo deriva da mutare, cio cambiare (padrone). Era essenzialmente un contratto unilaterale, in quanto da esso scaturiva il solo obbligo per il mutuatario di restituire, e poteva avere ad oggetto solo cose fungibili. Per il suo perfezionamento era richiesta la datio rei: non aveva valore la promessa de mutuo dando, ma se questa era fatta in forma solenne allora dava titolo al mutuatario per il risarcimento in caso di mancato ottenimento del prestito. Il mutuatario doveva restituire il tantundem eiusdem generis; non poteva pattuirsi la restituzione di una somma maggiore e la restituzione stessa era soggetta ad un termine, in mancanza del quale il giudice poteva accordare un'equa dilazione. Per quanto riguarda gli interessi sulla somma mutuata, trattandosi di contratto essenzialmente gratuito, occorreva un'apposita stipulatio usurae: in tal caso, al mutuante erano date due azioni, una per la restituzione della sors (capitale) e l'altra per il pagamento delle usurae. Forma particolare di mutuo era il fenus nauticum, o pecunia traiecticia: era un prestito diffuso nel commercio marittimo, con assunzione del rischio della navigazione da parte del creditore, il quale aveva diritto alla restituzione solo se la nave avesse compiuto felicemente il viaggio. Date queste particolari caratteristiche, il creditore (faenerator) poteva chiedere interessi molto pi elevati rispetto agli usi correnti, e le cd. usurae maritimae potevano arrivare fino al doppio del tasso normale. Inoltre, il faenerator aveva uno speciale diritto di pegno sulle merci trasportate; anzi, qualche studioso ritiene che egli avesse addirittura la propriet delle suddette merci finch l'armatore non le avesse riscattate pagando capitale e interessi. Anche le civitates potevano concedere mutui, ma in tal caso non si trattava di un contratto, bens di una concessione amministrativa, soggetta alla cognitio extra ordinem.

I contratti reali Fiducia La fiducia era un contratto reale che poteva avere diverse cause: garanzia, deposito, ecc. Per questo motivo fu soppiantata da rapporti pi specifici, come il pegno e l'ipoteca (per i contratti con causa di garanzia) e con il comodato e il deposito (per gli altri casi). La fiducia costituiva un negozio di vasta applicazione e di grande interesse nel diritto classico, che per la sua struttura era ricompresa fra i contratti reali o le res creditae, ma il diritto giustinianeo la abol. La fiducia si pu definire come una convenzione, per cui una delle parti(fiduciario), ricevendo dall'altra (fiduciante) una cosa nella forma dellamancipatio o della in iure cessio, assume l'obbligo di usarne ad un fine determinato e di restituirla (una volta esaurito il fine). Il fine, per cui la fiducia veniva impiegata, era di natura assai varia; o di fornire al creditore una garanzia reale (in tal caso si diceva fiducia pignoris iure cum creditore), o di costituire la cosa in deposito, o di concederla in comodato, o infine in un altro uso qualsiasi. Per esempio, veniva mancipato al fiduciario uno schiavo, perch questi lo manomettesse. In questo genere di applicazioni, la fiducia veniva detta cum amico. La mancipatio eseguita per raggiungere il fine del pactum fiduciae era detta fiduciae causa. L'obbligazione del fiduciario nasceva dal pactum fiduciae, convenzione scevra da forme e distinta dalla sucessiva mancipatio. La mancipatio dell'oggetto costituiva la causa giustificatrice dell'obbligo assunto e allo stesso oggetto si riferiva la prestazione (conformemente alla struttura classica dei contratti reali). I diritti del fiduciario sulla cosa consistevano nel diritto di vendere la cosa stessa se non vedeva soddisfatto il suo credito, il diritto di usarne, il diritto di manomettere lo schiavo, ecc. Questi poteri derivavano al fiduciario dalla propriet, che egli acquistava sulla cosa, ma in sostanza egli poteva fuire di essa solo in maniera conforme al pactum. L'azione a garanzia del fiduciante era chiamata actio fiduciae; in origine, si trattava di un'azione bonae fidei, poi in ius. era un'azione infamante ed ammetteva l'actio fiduciae contraria a favore del fiduciario. L'azione, generalmente stabilita per ottenere la restituzione dell'oggetto, venne via via estesa a garantire ogni violazione del patto e ogni uso illecito della cosa. La fiducia scomparve col cessare delle forme della mancipatio e della in iure cessio, in quanto trovarono generale applicazione i contratti di pegno, deposito e comodato. Comodato Nel Corpus iuris civilis si parla del comodato: "Parimenti, colui al quale fu data una cosa per usarla, cio fu comodata, obbligato reale ed soggetto all'actio commodati. Ma egli molto diverso da quello che accetta un mutuo: infatti la cosa non gli data per diventare sua, quindi tenuto a restituire la medesima cosa. La cosa comodata se nessun compenso stato pattuito; del resto, se fosse stato pattuito un compenso, sembrerebbe piuttosto una locatio. Quello che riceve in comodato obbligato a restituire la stessa cosa, custodendola con esatta diligenza, e non basta adoperare tanta diligenza quanta si soliti adibire alle proprie cose". Queste, in buona sostanza, le regole sul comodato, o prestito ad uso. Era altres nota la figura del comodato ad pompam, che aveva ad oggetto cose inconsumabili o consumabili, ma soltanto per farne mostra (nei ricevimenti, nelle cene di gala, ecc.) e non per usarle. Il deposito Il deposito era un contratto reale con cui il depositante consegnava la cosa e il depositario si impegnava a custodirla ed a restituirla su richiesta. Elemento essenziale era la gratuit, ma il diritto giustinianeo ammise un modesto compenso. Il deposito non un istituto antichissimo, e fu riconosciuto e tutelato per la prima volta dal diritto pretorio. Il depositario doveva restituire la cosa insieme ai frutti; il depositante doveva risarcire i danni che la cosa avesse causato al depositario, nonch le spese da questi sostenute. Figure anomale di deposito erano:

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I contratti reali il deposito miserabile, fatto in occasione di calamit pubbliche o private; il sequestro: il deposito presso un terzo della res litigiosa fino alla sentenza; il deposito irregolare (es. deposito di denaro): era considerato pi come un mutuo, perch sorgeva l'obbligo di restituire il tantundem e non le stesse monete. Il pegno Il pegno un contratto reale imperfettamente bilaterale che si conclude fra chi da la cosa in pegno (debitore) e chi la riceve come garanzia (creditore). Questo contratto si estingue quando viene pagato il debito; in questo caso il creditore deve per forza restituire la cosa consegnata come garanzia. Il contratto di pagno venne protetto dal pretore con l' actio pignoraticia in personam che si distingue dall' actio pignoraticia in rem; la prima spetta al debitore del rapporto obbligatorio preesistente, la seconda al creditore pignoratizio. L'actio pignoraticia in personam un actio di factum e serve in due casi: 1. A far valere il diritto del creditore ad un corretto svolgimento del rapporto obbligatorio; 2. A far valere la responsabilit del creditore nella conservazione della cosa data in pegno (probabilmente sempre rimasta un actio in factu).

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I contratti verbali
Contratti verbali
"L'obbligazione contratta con parole tramite domanda e risposta, stipulando di dare o di ricevere qualcosa. Da ci nascono due azioni, la condictio se la stipulazione certa, e l'actio ex stipulatu se incerta. Essa era chiamata con questo nome poich l'impegno era detto stipulum presso gli antichi, forse provenendo da stipite (ceppo, tronco). L'obligatio verbis era fonte di contratti verbali, cos detti in quanto perfezionati esclusivamente mediante formule orali (eventuali documenti scritti avevano solo valore probatorio). Requisiti necessari erano: la presenza di ambo le parti la capacit di disporre l'unitas acti. Mediante i contratti verbali si poteva dare vita a stipulationes certae ed incertae: quelle certae si caratterizzavano per il fatto che da domanda e risposta si ricavavano il quid, il quale e il quantum della prestazione. I contratti verbali [in ordine cronologico] SPONSIO E STIPULATIO La sponsio, che poi diventer la Stipulatio, un contratto verbale antichissimo nel quale il consenso si manifesta pronunciando delle parole. Nel periodo antico si usa per un'infinit di casi (Es: acquistare debiti o crediti, a scopo cautelativo, rapporti familiari). Nel periodo pi antico il votum visto come un contratto bilaterale voti sponsium perch una volta soddisfatta la richiesta come se la divinit avesse dato il suo assenso. La sponsio lo scambio contestuale di domanda e risposta. I requisiti sono la contestualit e la congruit; la risposta deve utilizzare lo stesso verbo della domanda. Quando la sponsio cede il terreno alla stipulatio i requisiti non sono cos rigidi; basta che vis sia la congruit si pu utilizzare anche un altro verbo. Nell'et arcaica lo strmumento processuale in caso di inadempienza la Legis actio per iudicis arbitrive postulationem; in et classica, quando non si usano pi le legis actiones, si usano: L'Actio ex stipulatio L'Actio certae creditae pecuniae (quando si trattava di una somma certa di denaro) Nel diritto post classico la stipulatio diventa una forma di impegno generico in accordo tra le parti.

I contratti verbali DOTIS DICTIO La dotis dictio la promessa di costituire la dote: la donna, il padre oppure un debitore si assume l'obbligo di costituire la dote; una dichiarazione unilaterale, avviene uno loquente in quanto il marito manifesta il suo assenso tacitamente. PROMISSIO IURATA LIBERTI La promissio iurata liberti la promessa giurata dell'ex schiavo (libertinus); Gaio ci dice che l'unico caso in cui un giuramento produce obligazioni in quanto lo schiavo - prima di essere manomesso - promette al padrone di compiere verso di lui determinate operae. Questa promessa, quindi, fa sorgere delle obbligazioni che saranno per esigibili solo dopo la manomissione. NEXUM Il nexum un istituto antichissimo; non si sa bene se considerarlo un contratto e tanto meno se classificarlo come verbale. Quando Gaio scrive il nexum non esiste gi pi perch fu abolito nel 326 a.C. dalla lex Poetelia Papiria. Consiste in un auto-asservimento che si fa nella forma per aes et libram con il quale il debitore inadempiente, prima di essere citato in giudizio, pu accordarsi con il creditore per estinguere il suo debito attraverso il lavoro.

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I delitti
come Delitti venivano a configurarsi 4 fattispecie. esse erano: furtum rapina damun iniuria datum iniuria

Furtum
per furto si intendeva la sottrazione di propriet altrui ma anche l'utilizzo indebito. le pene per questa fattispecie si configuravano a seconda che esso fosse stato "manifestum" o meno. A sua volta vi erano diverse pene se del tipo "manifestum" fosse stato compiuto di notte o di giorno. infatti nel caso in cui il furto avveniva di notte la potenziale vittima del furto poteva anche uccidere il ladro. se fosse stato commmesso di giorno, il ladro poteva essere ucciso solo se armato e dopo aver chiesto aiuto. La pena per il furto era di tipo capitale, dove con questo termine non si intendeva solo la previsione della morte ma anche l'assoggettamento del ladro nei confronti della vittima. in progresso di tempo si sostitu a questa pena una pecuniaria che consisteva nel quadruplo del valore della cosa per furto manifesto, del doppio per fusto non manifesto e del triplo nel caso di furtum conceptum e oblatum. si riteneva furtum conceptum se la refurtiva fosse stata trovata a casa del ladro. Oblatum se fosse stata portata dal ladro in altro luogo. Sempre il quadruplo del valore era previsto per il furto proibitum cio quando il ladro fosse stato scoperto.

I delitti

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Rapina
Questo delitto era in origine considerato un tipo di furto. Fu introdotta solo in periodo classico e la sua configuarazione si deve all'actio raptum bonorum con il quale veniva tutelata la sottrazione di beni per mezzo della forza.

Damnum iniura datum


anche conosciuto nel nostro ordinamento come danno aquilano e cio il danno extracontrattuale. esso prevedeva sia l'uccisione di un servo o di un capo di bestiame (primo capitolo legge aquilia) sia il ferimento degli stessi anche nel caso di una uccisione di un animale feroce. Era necessario che vi fosse un rapporto diretto fra chi compie l'azione e questo tipo di risultati per la configuarazione del danno aquilano. altre fattispecie dove questo mancasse come la persuasione o la limitazione di libert prevedevano la tutela da parte del pretore. la pena era prevista in base al maggior valore che aveva avuto la cosa rupta nell'ultimo anno nel caso del primo capitolo, nell'ultimo mese nel caso del terzo capitolo

Iniuria
si configurava come iniuria ogni tipo di violenza esercitata su un altro soggetto. vi erano tre fattispecie: membrum ruptum, che prevedeva: in caso di non risanamento del membro rotto la stessa rottura nei confronti di chi aveva arrecato il danno, o il pagamento di 300 assi se l'oggetto del danno fosse stata una persona libera, 150 se fosse stato uno schiavo. os fractum, prevedeva la stessa pena pecuniarua sopra descritta. iniuria generica, pagamento di 25 assi.

Gli elementi del negozio


Gli elementi del negozio
Anche in diritto romano si distingueva tra essentialia, naturalia, e accidentalia negotii. Per, mentre gli accidentalia si prestavano ad una trattazione unitaria, gli essentialia vanno esaminati in riferimento alle singole figure di negozio. Tra gli essentialia, i Romani ponevano la iuxta causa, cio un'obiettiva e sufficiente ragione che giustificasse quel negozio in relazione ai fini che le parti si proponevano. La causa, oltre che iuxta, doveva anche essere lecita, per non invalidare il negozio. I rapporti obbligatori nascevano da conventiones (contractus, pacta, stipulationes). Conventio e causa sono elementi essenziali, costitutivi di tutti i negozi reali o obbligatori. La categoria dei negozi astratti, la cui validit era indipendente dalla causa, scomparve completamente. Dopo la legge di Leone del 472 (epoca del terzo sacco di Roma da parte dei Longobardi), tutti i negozi sono causali, secondo le norme dello ius gentium che Giustiniano fonder con lo ius civile. Perci, ad esempio, il creditore deve provare la causa del suo credito, se essa non apparisce dallatto (cautio indiscreta). E se lobbligazione gi costituita per una causa di per s efficace, ad es. re, consensu ecc., la stipulatio si ritiene fatta ex abundanti, quindi anche la stipulatio era divenuta causale, nel senso comune che la sua esistenza dipende dalla realt e liceit di una causa. I naturalia erano elementi previsti dalle norme, o meglio erano effetti giuridici che derivavano dalla natura del negozio. Ad esempio, nella compravendita era elemento naturale la garanzia per evizione e vizi della cosa venduta, garanzia che peraltro poteva essere esclusa su accordo delle parti. Tra gli accidentalia troviamo la condicio, il modus e il dies: erano autolimitazioni della volont, che facevano dipendere da un quid estraneo al volere dele parti la produzione degli effetti giuridici del negozio.

Gli elementi del negozio

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La condicio
Il diritto classico conobbe la sola condicio sospensiva, mentre il diritto giustinianeo ammise anche la condicio risolutiva. I Romani distinguevano tra condizioni affermative, negative, potestative e causali, miste, proprie ed improprie. Principio generale era che la condicio doveva essere possibile e lecita: le condizioni impossibili rendevano nullo il negozio, secondo la regola vitiantur et vitiant, tranne che nei negozi mortis causa nei quali si consideravano come non apposte. Alla condizione impossibile era equiparata quella illecita e quella turpe. Circa il periodo di pendenza, il diritto classico presentava molteplici regole, difficili da ricondurre sotto un principio unitario; e tuttavia, si riscontrava la tendenza ad escludere (in pendenza di condizione) tutti gli effetti del negozio. Furono elaborate in particolare tre regole per il periodo di pendenza: 1. Ogni atto che intaccasse il valore del bene pendente condicione generava responsabilit in chi l'aveva compiuto; 2. Il negozio era efficace, ma lasciava intatte le aspettative derivanti dalla condizione, mentre erano validi i trasferimenti della cosa dovuta (analogamente a quanto previsto nel diritto moderno); 3. La condizione non verificatasi ad opera di chi avrebbe potuto subirne dei danni, si considerava verificata. In diritto classico, l'avverarsi della condizione non faceva retroagire gli effetti del negozio, trattandosi di efficacia ex nunc, mentre in diritto pi tardo esso aveva effetto retroattivo, cio dal momento in cui il negozio era stato stipulato. Il problema della condicio risolutiva fu cos risolto: o si trasformava questa condizione in una normale condicio sospensiva, o si apponeva al negozio una clausola accessoria. Le pi note delle clausole accessorie applicate in diritto romano sono: in diem addictio: il contratto sospeso cessava di avere efficacia, in favore del venditore, venditore se entro lo scadere del giorno fissato questi avesse ricevuto un'offerta migliore; lex commissoria: il bene rientrava nella disponibilit del venditore se il compratore non pagava il prezzo entro un certo termine; cautio Muciana: apparsa nel I secolo a.c., venne inizialmente introdotta per risolvere il problema del legato che il testatore avesse sottoposto a condizione potestativa negativa (ad es.: lascio a Tizio il piatto d'argento se non vender mai il servo Sticho); con la cautio il legatario acquistava subito la cosa, ma prestava garanzia obbligandosi a restituirla se la condizione si fosse verificata. Si veniva ad introdurre cos nel sistema romano la condizione risolutiva potestativa negativa. Nello ius civile Romanorum vi erano atti che non ammettevano la presenza di condizioni: erano i cosiddetti actus legitimi, come la datio tutoris, mancipatio, cretio, in iure cessio, ecc.

Il dies
Il termine era noto al diritto romano sia come dies a quo che come dies ad quem. Le fonti riportano che "tutte le stipulazioni possono essere costituite puramente o a termine"; naturalmente, gli actus legitimi erano esclusi dall'apposizione di termini. Erano sottratte al dies ad quem i trasferimenti di propriet e le eredit. Per i Romani infatti, era inconcepibile una propriet temporanea, come anche la qualit di erede (semel heres semper heres) e la costituzione di servit a termine.

Il modus
L'onere era una clausola accidentale apposta come limite alle liberalit. Il problema del negozio modale era quello di assicurare in qualche modo che il destinatario della liberalit ottemperasse all'onere. Il diritto classico non conosceva mezzi per imporre l'osservanza del modus, ma escogit vari espedienti per singoli casi pratici: ad esempio, se l'onere era a vantaggio di persone determinate, il pretore aveva facolt di accordare ai destinatari le azioni fedecommissarie, fingendo che il modus avesse natura di fedecommesso.

Gli elementi del negozio Fu il diritto giustinianeo ad accordare le azioni riconosciute per i contratti innominati: la condictio causa data causa non secuta (per recuperare il bene trasmesso con donazione modale) e l' actio praescriptis verbis (per pretendere l'adempimento del modus).

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La rappresentanza
Anche i Romani conobbero il concetto della rappresentanza, nel suo duplice aspetto volontario e legale. Casi tipici di rappresentanza legale furono il curator furiosi e il tutor impuberis. Della rappresentanza volontaria nelle fonti troviamo due applicazioni: il mandatum e la negotiorum gestio, che si differenziavano per il fatto che nel mandato vi era un esplicito incarico a compiere l'atto, mentre tale incarico mancava nella gestio. Il mandatum poteva essere costiutito sive nostra gratia sive aliena. Regola comune era che il mandatario non doveva superare i limiti del mandato per non perdere l'esperibilit dell' actio mandati, che il mandato non fosse contra bonos mores, e che fosse del tutto gratuito e rinunziabile. Come le altre obbligazioni consensuali, anche il mandato poteva essere soggetto a termine o condizione. Il diritto romano conobbe la sola rappresentanza indiretta, tranne poche eccezioni: di conseguenza, gli acquisti effettuati dai soggetti sottoposti alla patria potestas si intendevano fatti direttamente dal pater, con effetti identici alla rappresentanza diretta. Nel caso che taluno avesse compiuto negozi giuridici per conto di altri senza averne l'autorizzazione, il rappresentato poteva far sorgere retroattivamente nei suoi confronti gli effetti della rappresentanza, mediante una successiva manifestazione di volont che prendeva il nome di ratihabitio. In epoca postclassica, si afferm la regola ratihabitio mandato comparatur, nel senso che la ratifica fu ritenuta idonea a porre le parti nella posizione in cui si sarebbero trovate ove ci fosse stato un mandato preventivo. In generale, gli effetti del negozio gestito dal rappresentante ricadevano su di lui, salvo a riversarli sul rappresentato con altro negozio.

L'estinzione delle obbligazioni

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L'estinzione delle obbligazioni


L'estinzione dell'obbligazione
L'obligatio, come la propriet, era un rapporto tendenzialmente perpetuo, nel senso che occorrevano determinati negozi per estinguerlo (ad es. solutio per aes et libram), altrimenti durava indefinitamente, salva l'estinzione delloggetto su cui gravava. Causa di estinzione dell'obbligazione era perci qualsiasi fatto giuridico che comportasse la cessazione del rapporto obbligatorio comprendente tutti i diritti e obblighi che ne derivavano. Nell'antico diritto, occorrevano forme solenni per poter sciogliere l'obbligazione: Solvere dicimus eum, qui fecit quod facere promisit: sembra che la solutio, cio l'adempimento, fosse il modo principale di estinzione dell'obbligazione. Ed infatti si legge nelle fonti: le obbligazioni o naturalmente o civilmente si adempiono; naturalmente con la solutio o con l'acceptilatio o la novatio o il concursus causarum, o la confusio o la compensatio. Comunque, quidque contractum est, solvi debet: per il debitore non c'era altro modo di sottrarsi al vincolo che quello dell'adempimento. solo nel diritto pi tardo sorgeranno nuovi modi di sciogliere il vincolo obbligatorio: dissensu, remissio, nexi liberatio, ecc.

La solutio
La solutio per aes et libram era l'atto con cui il debitore si scioglieva dal vinculum, eseguendo la prestazione in favore del creditore: solvere dicitur qui id facit quod facere promisit. Varie erano le regole che disciplinavano l'adempimento: cum mutuum dedimus, ut retro pecuniae tantundem solvi debet (trad.: se abbiamo stipulato un mutuo, dobbiamo restituire il tantundem, cio l'equivalente); il debitore poteva pretendere la quietanza (apocha) o la presenza di cinque testimoni al momento dell'adempimento; la solutio andava effettuata quando dies venit, ossia alla scadenza del termine, che di regola era a favore del debitore (diei adiecto pro debitore est); se non era stabilito un termine, il creditore poteva chiedere l'adempimento in qualsiasi momento, invitando formalmente (con l'interpellatio) il debitore a pagare, o poteva concedere proroghe; circa il luogo del pagamento, se nulla era pattuito in proposito, il luogo era quello dove si trovavano gli oggetti.

L'adiectus solutionis causa


L' obligatio poteva intercorrere fra due o pi soggetti: quando era indicato il creditore, il pagamento liberatorio avveniva solo nei suoi confronti. Se invece l'obbligazione conteneva la formula prometti di dare a Caio o a Tizio?, allora sorgeva la figura dell'adiectus solutionis causa, un soggetto gi indicato nell'atto quale valido destinatario alternativo del pagamento. L'adstipulator era invece una persona di fiducia del creditore che stipulava un'obbligazione sulla scorta di quella originaria, con lo stesso oggetto. Qualsiasi pagamento, fatto a persona diversa dal creditore, dall' adiecuts o dall'adstipulator, non era valido se il creditore non lo autorizzava.

L'estinzione delle obbligazioni

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Imputazione dei pagamenti


Quando il debitore aveva pi debiti verso lo stesso creditore, era libero di imputare il pagamento ad uno qualsiasi di essi; ma se mancava la scelta del debitore, soccorrevano criteri legali di imputazione. In ogni caso, si riteneva estinto dapprima il debito di interessi e poi quello di capitale. L'imputazione seguiva questo ordine: prima le obbligazioni ex delicto, poi quelle ipotecarie e infine quelle indicate dal debitore o (in mancanza) dal ceditore.

Il concordato e il beneficium competentiae


Altri modi di estinzione delle obbligazioni erano il concordato e il beneficium competentiae. I Romani applicarono il concordato solo alle eredit:una costituzione di Marco Aurelio stabiliva che se un'eredit era molto gravata di debiti, l'erede aveva facolt di convocare i creditori e invitarli a ridurre proporzionalmente i propri crediti. La deliberazione era presa a maggioranza dell'assemblea dei creditori. In virt del beneficium competentiae, il debitore aveva diritto di non essere condannato a pagare se non nella misura delle sue facolt economiche (in id quod facere potest). Le persone alle quali il beneficio spettava erano: il marito rispetto alla moglie la moglie rispetto al marito il suocero il patronus il milite il socio il donante l'emancipato il filiusfamilias diseredato il fallito che cede i beni o ha subito la bonorum venditio il debitore ex promissione doti oppure ex reddenda dote.

Il beneficium competentiae aveva lo scopo di evitare l'esecuzione personale o l'infamia (conseguente all'esecuzione reale) oppure ancora l'ignominia (derivante dalla cessio bonorum), sottraendo alla liquidazione generale il patrimonio (dedotte le spese per il necessario sostentamento: deductio ne egeat).

L'acceptilatio
Istituto ibrido era l'accettilazione (acceptilatio): originariamente, era la dichiarazione con cui il creditore attestava di aver ricevuto la prestazione, poi fu usata come formula di remissione del debito. La forma consisteva in una interrogazione e una risposta. Il debitore interrogava il crditore se avesse ricevuto il pagamento o meno: (debitore): Quod ego tibi promisi habesne acceptum? (creditore): Habeo Era dunque un actus legitimus che non ammetteva n condizioni n termini, incompatibili peraltro col tenore della dichiarazione formale, che nel tardo diritto cominci ad essere usata come una sorta di pactum de non petendo: rispondendo di aver ricevuto il pagamento, il creditore si impegnava con il debitore a non richiedere la prestazione; quindi, sostanzialmente si trattava di una remissione del debito, che poteva valere solo nei confronti del debitore (ne a te petam) oppure nei confronti di tutti i soggetti (condebitori, eredi, garanti, ecc.) coinvolti nel rapporto obbligatorio (ne petam). Ulpiano diceva: tra acceptilatio e apocha (=quietanza) c' questa differenza: l'acceptilatio in ogni modo scioglie il vincolo e libera il debitore, anche se la pecunia non stata data, mentre la apocha non libera se non stata versata la pecunia.

L'estinzione delle obbligazioni Per Ulpiano, (...)quia hoc iure utimur, ut iuris gentium sit acceptilatio: et ideo puto ut Graece posse acceptum fieri, dummodo sic fiat, ut Latinis verbis solet (trad.: "perch secondo il nostro diritto l' acceptilatio un'istituzione del ius gentium; e sono perci d'avviso che essa possa essere fatta in greco, a condizione che sia fatta cos come usuale in parole latine: "tu hai ricevuto tanti denari?" "si, li ho ricevuti".) Anche Gaio parla dell' acceptilatio come veluti imaginaria solutio, nel senso che un pagamento immaginario: era sufficiente che il debitore chiedesse Quod ego tibi promisi, habesne acceptum? (trad.: ci che ti ho promesso tramite una stipulazione, tu lo hai ricevuto?), e che il creditore rispondesse: Habeo. Nel diritto classico, l' acceptilatio fu usata principalmente come atto di remissione di un debito appartenente al ius gentium: era infatti il negozio di chi non accipiat pecuniam, sed habere se dicat.

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La datio in solutum
Il creditore non poteva essere costretto ad accettare una cosa diversa da quella dovuta; se accettava, si aveva la datio in solutum. Secondo Giustiniano, la datio vicem venditionem habet (trad.: fa le veci della vendita) e doveva essere effettuata nel luogo e nel termuine stabilito. Giustiniano introdusse anche una forma di datio necessaria, applicabile quando il debitore non poteva procurarsi denaro ma aveva degli immobili: in tal caso, il debitore faceva stimare equamente i suoi immobili e li offriva al creditore. Oltretutto, il creditore non era tenuto ad accettare prestazioni parziali, se l'obbligazione poteva essere adempiuta in una volta sola. Tuttavia, il diritto pretorio concesse ai debitori meritevoli di evitare la bonorum venditio (e con essa l' infamia) mediante il beneficium competentiae, cio condannando tali debitori all'id quod facere possunt. Poteva altres essere applicato il pactum quo minus solvatur, cio una forma di concordato preventivo tra gli eredi del debitore insolvente e i creditori ereditari, allo scopo di limitare le pretese di questi ultimi ed evitare la bonorum venditio in danno del defunto. Il pactum quo minus solvatur poteva anche consistere nel chiedere la met del credito, e prendeva il nome specifico di pactum quo partem dimidiam solvatur, applicabile sulla base di apposito decretum emanato dal pretore. Sia il pactum quo minus, che il pactum quo partem dimidiam, erano patti validi per lo ius civile.

La novatio
Novatio non potest contingere ea stipulatione, quae non committitur: questo brocardo esprime una necessit formalistica del diritto romano, tendenzialmente contrario alle astrazioni, nonch la prima regola per potersi avere novazione: una novazione non pu riferirsi a un contratto che non esista. La novatio consisteva nella sostituzione di una nuova obbligazione con la vecchia, sicch quella vecchia restasse estinta (ut prior obligatio pereatur): un negozio, quindi, dal duplice effetto di costituire una nuova obbligazione ed estinguerne un'altra. Si accedeva alla novatio mediante stipulatio. Circa l'oggetto, si diceva che omnes res transire in novatione possunt, ma nel diritto classico non si poteva mutare l'oggetto dell'obbligazione. Anzi, fondamento dell'effetto estintivo della novazione era l'idem debitum, giacch non erano ammessi tra le stesse persone due contratti aventi lo stesso oggetto, come non erano possibili due processi sulla stessa controversia (bis de eadem re agi non potest). Nel diritto giustinianeo, il concetto antico della novazione era svanito e l'identit di oggetto eliminata come requisito: anzi, la novit (aliquid novi) pu consistere appunto nel mutamento dell'oggetto. Era invece indispensabile l'animus novandi, cio l'intenzione effettiva di novare, di non lasciar sussistere la nuova obbligazione insieme a quella vecchia.

L'estinzione delle obbligazioni

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La confusio
Corrisponde alla moderna figura della confusione, ed era la concentrazione nella stessa persona della qualit di creditore e debitore, dovuta ad un evento giuridico: confusio est cum debitor et creditor una persona fit. L'ipotesi pi ricorrente era la confusio per successione nel credito, sia mortis causa che inter vivos. Si legge infatti nelle fonti che se l'erede continuasse ad essere creditore verso il debitore e in seguito lo stesso creditore morisse, il legato sarebbe estinto: e ci vero, poich l'obbligazione si estingue allo stesso modo per confusione e per solutio, in quanto debitor sui ipsius nemo esse potest.. La confusione operava quindi ipso iure l'estinzione dell'obbligazione: confusione perinde extinguitur obligatio ac solutione, senza ulteriori formalit.

Il concursus causarum
Era una forma di satisfactio senza solutio, che si aveva nei casi di impossibilit sopravvenuta della prestazione: il nome preciso era concursus duarum causarum, perch si faceva distinzione a seconda che la causa dell'obbligazione (o quella dell'acquisto del bene) fosse onerosa o gratuita. In sostanza, quando il creditore acquistava a titolo diverso (onerosamente o gratuitamente) e per altra via la cosa dovutagli, lo scopo del soddisfacimento del credito si riteneva conseguito. La giurisprudenza classica ritenne poi che, qualora lacquisto del creditore fosse stato a titolo oneroso, lobbligazione non si estinguesse e il debitore dovesse pagare l'aestimatio.

La compensatio
La compensazione l'imputazione in pagamento di ci che il creditore deve a sua volta al debitore. Nel'antico diritto, la compensazione si poteva opporre (ope exceptionis) solo da parte dei banchieri (argentarii) e del bonorum emptor (colui che aveva comprato qualcosa dal debitore). Giustiniano stabil che la compensatio fosse un modo generale di estinzione dell'obbligazione, che comportava altres la cessazione della mora, la cessazione della decorrenza degli interessi e di tutte le altre obbligazioni accessorie. Requisito indispensabile era l'omogeneit degli oggetti: le due prestazioni dovevano avere per oggetto cose fungibili della stessa specie. Non si poteva opporre la compensazione contro i crediti del fisco, i mutui e i legati a favore dei municipia, i crediti nascenti da deposito, violenza, furto.

Estinzione delle obbligazioni ope exceptionibus

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Estinzione delle obbligazioni ope exceptionibus


Estinzione delle obbligazioni
La morte o la capitis deminutio (perdita della capacit giuridica) estinguevano tutte le obbligazioni derivanti da mandato, delictum, sponsio (promesse unilaterali) e fidepromissio. Ci, in quanto tali obbligazioni erano fondate sulla fiducia personale del debitore. Erano tuttavia conosciuti altri modi di estinzione delle obbligazioni, che operavano ope exceptionibus oppure ipso iure. e cio:

Estinzione ope exceptionibus


In diritto romano, si distingueva tra modi di estinzione ope exceptionibus e modi di estinzione ipso iure; questi ultimi erano appunto la confusio, il concursus causarum, la novatio, la datio in solutum e la solutio. La compensatio era una figura ibrida, a volte operante ipso iure, a volte ope exceptionibus. Il contrarius consensus e il perimento della cosa erano ulteriori modi di estinzione, ma il primo poteva applicarsi solo se non era ancora stata eseguita la prestazione, cio se il prezzo non era stato pagato e la cosa non era stata consegnata.

La compensatio
Era il pi importante modo di estinzione operante per lo pi ope exceptionibus; nel diritto classico erra oper anche ipso iure, ed ebbe ambito applicativo pi limitato. Nel diritto giustinianeo, assunse le connotazioni moderne: poteva applicarsi solo ai casi espressamente previsti dalla legge, richiedeva dei presupposti tassativi ed occorreva l'intervento del giudice. I casi legali di compensatio si identificavano in relazione ai soggetti e all'oggetto dell'obbligazione. In primo luogo, il credito poteva compensarsi solo con altro debito liquido, valido, scaduto, di facile prova ed omogeneo a quello per cui era stato convenuto il debitore in giudizio. Solo in alcuni casi si escluse la compensazione: o per le qualit del creditore (fisco, municipio, ecc.) o per la natura dell'obbligazione fatta valere dal creditore (es. obbligazione alimentare, obligatio ex delicto, ecc.). Il debitore convenuto in giudizio poteva opporre l'eccezione di compensazione o mediante una vera e propria exceptio oppure con una mutua petitio (=domanda riconvenzionale); il giudice doveva tener conto dell'ammontare del credito e condannare il debitore se (e solo se) il debito superava il credito. In caso di parit fra credito e debito, il giudice assolveva, in virt del principio secondo cui la compensazione bilanciamento fra credito e debito.

Il pactum de non petendo


Era il patto con cui il creditore si impegnava a non richiedere (per sempre o per un certo periodo) il suo credito. Tale patto poteva essere utilizzato come forma alternativa di remissione del debito o come dilazione nel pagamento: in ogni caso, era un accordo privo di ogni formalismo. Si distingueva dalla figura della acceptilatio, in quanto non operava ipso iure come quella, ma dava al convenuto una exceptio pacti per paralizzare la pretesa dell'attore. Poteva essere un pactum in rem oppure in personam: se era in rem, il creditore si impegnava a non richiedere il suo credito generaliter, cio verso tutti. Se era in personam, si riferiva al solo debitore e non anche all'erede o al fideiussore di questi, e il creditore poteva chiedere quanto dovutogli ad altri (ad es. ai garanti o agli eredi). In diritto romano era molto pi frequente il pactum in personam, per agevolare il creditore che, volendo benficiare il debitore ma senza rimetterci il credito, poteva rivolgersi ad altri soggetti per il pagamento.

Estinzione delle obbligazioni ope exceptionibus

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La transactio
Era un negozio con cui porre fine ad una controversia (fine peraltro raggiungibile anche mediante acceptilatio, stipulatio, ecc.), che in pi determinava anche l'estinzione delle obbligazioni eventualmente sussistenti tra le parti. Il debitore citato in giudizio poteva appunto eccepire l'intervenuta transactio mdiante exceptio pacti. Solo in et giustinianea, la transactio divenne un autonomo negozio innominato, cio atipico. Il diritto romano attribuiva molta importanza alla transazione: (...) stabilito che non minore autorit della transazione rispetto alla cosa giudicata si abbia (...) Chi transige, transige sulla cosa dubbia e sulla lite incerta, non sulla cosa definita.

La praescriptio longi temporis


Questo modo di estinzione delle obbligazioni fu introdoto da Teodosio II nel V secolo d.C., ma era inizialmente un modo di estinzione dell'azione creditoria: trascorsi trent'anni dal momento in cui il credito fosse divenuto esigibile e non fosse stato richiesto il pagamento, si estingueva la facolt del creditore di agire in giudizio. Il creditore non doveva essere n impubere n filius; se lo era, contro di lui non decorreva la prescrizione. La messa in mora del debitore o il pagamento parziale erano atti interruttivi della prescrizione. Erano cause sospensive la sopravenuta incapacit del creditore, il sorgere di un rapporto di coniugio o affiliazione tra debitore e creditore.

Il diritto di famiglia
Il diritto di famiglia
Nel diritto romano debbono essere distinte due specie di rapporti familiari: quelli che si ricollegano alla familia civilis, che comprendono tutto ci che ricade nel dominio domestico del paterfamilias (compresi schiavi, persone in adozione, ecc.); quelli che invece si richiamano al concetto della famiglia naturalis, ossia i rapporti di parentela. Il diritto romano stato, fin dalle origini, il diritto del paterfamilias, i cui poteri si raggruppavano sotto il nome di manus, termine che poi fu usato per designare anche l'autorit dei re e dei magistrati.

La familia civilis
A Roma, il termine familia indicava il paterfamilias e le persone libere a lui sottoposte (moglie, figli, nipoti). La concezione romana della famiglia era eminentemente patriarcale: paterfamilias era chi non aveva ascendenti vivi, ed esercitava la manus maritalis verso la moglie, la patria potestas sui discendenti, e la dominica potestas su tutti gli altri beni (casa, schiavi, animali, ecc.). L'istituto familiare si richiamava a primitive condizioni sociali, quando le tre originarie tribus romulee erano organismi compatti e indipendenti di fronte all'autorit "politica". Di conseguenza, il concetto di famiglia fu essenzialmente politico, poich non indicava un nucleo composto da sole persone legate da vincoli di sangue e di parentela, bens un complesso di persone soggette a vario titolo alla potest di un comune capostipite. Il rapporto che legava tra loro i vari componenti della famiglia era chiamato adgnatio, termine con cui si indicava la comune discendenza da uno stesso capostipite maschio, attraverso altri maschi. Il vincolo di agnazione era computato per gradi, ed il grado era dato dal numero delle generazioni (ad es. padre e figlio erano agnati di 1 grado, poich tra di loro intercorreva una sola generazione). Il vincolo di agnazione aveva rilievo giuridico fino alla sesta generazione (6 grado di agnazione) e non oltre. La concezione patriarcale della famiglia sub, col passare dei secoli e l'evolversi della societ civile, notevoli

Il diritto di famiglia mutamenti. In epoca arcaica, la Lex XII Tabularum escludeva qualsiasi rilevanza alla discendenza materna, chiamata cognatio; successivamente, la cognatio ebbe rilievo come impedimento al matrimonio, e poi si ammise la possibilit di donazione fra cognati. Solo in materia successoria, allo scopo di evitare il passaggio dei patrimoni di una famiglia all'altra, la resistenza alla successibilit dei cognati fu pi dura. In epoca imperiale, due senatusconsulta consentirono finalmente la regolare successione tra madre e figli. In et giustinianea, la distinzione fra adgnati e cognati fu abolita, e con il solo termine di cognati vennero chiamati tutti i parenti, sia in linea maschile che femminile. Dalla adgnatio e dalla cognatio occorre tenere distinta la adfinitas, cio il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge; l' adfinitas aveva valore solo come impedimento al matrimonio.

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Il matrimonio
In diritto romano, il fondamento della familia era nel matrimonio, istituto che pi di tutti ha subito evoluzioni e modifiche nel corso della storia e che, nonostante tali modifiche, ha mantenuto inalterati alcuni principi fondamentali che ritroviamo, ancora oggi, nel diritto civile vigente, come ad es. il principio della consensualit e della monogamia, poich in nessuna epoca mai il diritto romano stato contaminato da influenze orientali. In epoca arcaica, esistevano due tipi di matrimonio: il matrimonium cum manum conventione il matrimonium sine manu Il primo rappresentava la forma pi antica di celebrazione, cui doveva seguire la coabitazione per un anno (usus).. . Affinch si realizzasse la Conventio la donna doveva essere nupta, cio sposata, e l'uomo suo maritus. Nel diritto antico troviamo altri due modi di aquisto della manus sulla donna da parte del marito: la coemptione e la confarreatio. Mentre l'usus era un principio di applicazione dell' usocapione, la coemptione, o coemptio, era un'applicazione della mancipatio e consisteva in una finta compra-vendita della donna. Il maritus pagava il prezzo simbolico di una moneta aquistando la manus sulla donna matrimonii causa. La confarreatio invece era una cerimonia religiosa che si svolgeva davanti a dieci testimoni e al Flamen Dialis, i due sposi spezzavano una focaccia di farro come simbolo della volont di unirsi in matrimonio. A seguito della Conventio in manum la donna entrava nella famiglia del marito loco filiae, perdendo ogni legame con la famiglia di origine. Il matrimonium sine manu nacque infatti in epoca repubblicana, per evitare i gravi effetti che l'uscita della donna dalla famiglia originaria comportava, ossia la perdita di tutti i diritti successori verso la famiglia d'origine. Secondo una disposizione contenuta nelle XII tavole, la donna pu assentarsi, prima del termine di ogni anno, per tre notti consecutive (Trinocti usurpatio), interrompendo cos l'usus da parte del marito ed evitando la manus maritalis. In et postclassica, grazie soprattutto all'influenza del Cristianesimo, si and affermando il matrimonio come negozio giuridico: per il sorgere del vincolo non occorrevano pi n l' usus n il permanere dell' affectio maritalis, ma bastava il consenso iniziale degli sposi. Giustiniano sanc definitivamente la figura del negozio "matrimonio", i cui effetti si verificavano per l'intervento del semplice consenso iniziale. Per un matrimonio legittimo occorrevano vari requisiti: anzitutto, lo ius connubi, che spettava a tutti i cives romani. In secondo luogo, occorreva la pubertas e il consenso dei nubendi e del paterfamilias. Il matrimonio doveva essere preceduto dai cd. sponsalia (fidanzamento), in cui i promessi venivano impegnati dai rispettivi padri al futuro matrimonio tramite una stipulazione solenne, detta sponsio (promessa). Probabilmente, in epoche antiche, tale stipulazione era perseguibile, mentre di certo in et classica non creava alcun obbligo e non richiedeva forme solenni. In diritto postclassico, l'istituto degli sponsalia cambi radicalmente: dalla promessa sorgevano obblighi tra il futuro marito e il padre della sposa; tra fidanzati si creava un vincolo assimilabile al vero matrimonio (cos, essi erano punibili per adulterio e non potevano contrarre altre nozze). Per rafforzare questo vincolo tra fidanzati, vennero introdotte le arrhae sponsaliciae, una sorta di caparra

Il diritto di famiglia penitenziale da pagare da parte del padre del fidanzato alla famiglia della donna; se il fidanzamento veniva sciolto, la caparra era restituita. Se era la donna a sciogliere il fidanzamento, doveva restituire il quadruplo delle arrhae. Gli sponsalia si scioglievano per mutuo consenso o per recesso unilaterale (repudium), che importava anche il risarcimento e la restituzione dei beni reciprocamente donati adfinitas contrahendae causa. Agli sponsalia seguivano le nuptiae, le vere e proprie nozze, regolate dai principi dello ius civile circa i rapporti patrimoniali, i diritti successori, il divieto di donazione tra coniugi, la legittimit della prole, ecc. Particolare attenzione merita l'istituto del tempus lugendi, che aveva la funzione di evitare la commixtio sanguinis. Gli inadempienti erano puniti con la infamia e con l'incapacit di ricevere per testamento. Il matrimonio si scioglieva di regola per morte di uno dei coniugi, per il venir meno di qualche requisito, o per divortium.

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Il divorzio
Lo scioglimento del matrimonio era una diretta conseguenza della concezione classica dell'istituto, secondo cui il vincolo veniva meno per la morte di uno dei coniugi o quando veniva a mancare la cd. affectio maritalis. Dalle origini fino all'et repubblicana, anche se futile, qualsiasi motivo era valido per divorziare. Dall'et repubblicana, il matrimonio si scioglieva anche per la capitis deminutio maxima subita da uno dei coniugi, ossia quando veniva ridotto in schiavit oppure diveniva servus poenae per condanna. La capitis deminutio media, che importava la perdita della cittadinanza, non scioglieva il matrimonio ma faceva che esso divenisse iuris gentium. Il matrimonio era sciolto anche quando il marito di una libertina diventava senatore. Giustiniano abol questa conseguenza e in seguito anche il divieto. Il divorzio per sua natura non doveva esigere forme, come non ne esigeva il matrimonio. Un semplice avviso per litteras o per messaggio verbale (per nuntium) doveva bastare. La Lex Julia prescrisse che il divortium o repudium fosse comunicato da un liberto alla presenza di sette testimoni, ma i giureconsulti ammettevano lo scioglimento del matrimonio anche in assenza dell'osservanza di questa formalit. In et imperiale, invalse l'uso di mandare la comunicazione per iscritto con un libellus repudii. Impregnato di spirito antidivorzista, Costantino riconobbe tre sole iuxtae causae per il divorzio: per la donna, se l'uomo era un omicida, violatore di sepolcri o avvelenatore; per l'uomo, se la donna era adultera, mezzana o avvelenatrice. Chi divorziava unilateralmente al di fuori di questi casi, era gravemente punito. Nessun limite sussisteva per il divorzio bilaterale. Nel diritto giustinianeo, si introdusse una quadruplice partizione: 1. 2. 3. 4. il divorzio per mutuo consenso il divorzio unilaterale per colpa dell'altro coniuge il divorzio unilaterale sine causa il divorzio bona gratia (che in senso tecnico indica il divorzio per cause non imputabili n all'uno n all'altro coniuge).

Le pene comminate per il divorzio illecito (cio quello sine causa) sono il ritiro forzato in convento e la perdita della dote e di tutti i propri beni in favore dei figli. Successivamente, queste pene furono estese anche al divorzio lecito. Queste disposizioni sembravano superare tutti i limiti tollerabili della vita sociale, per cui Giustino II fu costretto a ripristinare la liceit del divorzio per mutuo consenso. Fu solo nel w:Medioevo che il diritto canonico rese indissolubile il matrimonio di sua natura.

Il diritto di famiglia

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Il concubinato
I rapporti sessuali al di fuori del matrimonio con persona honesta (cio di onesta condizione) erano severamente puniti dalla lex Iulia de adulteriis. Non era invece punito dalla legge il concubinato, largamente diffuso nella societ romana sia a causa delle pene gravi contro lo stuprum sia per i vari divieti matrimoniali. Era, al contrario, un'istituzione di fatto tollerata, dal lato etico e affettivo, ma non veniva mai confuso (il concubinato) con le relazioni transitorie e voluttuarie. In buona sostanza, il concubinato consisteva nella convivenza di una donna (generalmente di bassa condizione, scelta tra i liberti) con un uomo libero, ma senza affectio maritalis. Era proprio questo il carattere negativo che distingueva il matrimonio dal concubinato, perch per il resto non vigevano i consueti principi di monogamia e fedelt, non vi era alcuna forma di celebrazione (solo una dichiarazione espressa), non prevedeva la dote (consentita solo per gli sposi). Tuttavia, anche in assenza di affectio maritalis, la concubina (qualora donna ingenua e honorata) godeva della existimatio, cio della stima della societ quasi al pari di una moglie. Sotto gli imperatori cristiani, il concubinato fu elevato al rango di istituzione giuridica: i liberi naturales (figli naturali) potevano essere legittimati ed acquisire pertanto un diritto agli alimenti ed un limitato diritto di successione.

La filiazione
La filiazione
La posizione di filiusfamilias all'interno della famiglia, ossia la costituzione del vincolo familiare (adgnatio) era stabilita in dipendenza dall'assoggettamento alla patria potestas: in altre parole, lo status di filiusfamilias si acquistava in maniera analoga all'acquisto della cittadinanza. Lo status di filiusfamilias in primo luogo derivava dalla procreazione in costanza di nozze legittime (iuxtae nuptiae) da parte del paterfamilias: l'analogia con l'acquisto della cittadinanza per nascita da padre cittadino evidente. I discendenti per ramo femminile non sono membri della famiglia, se ed in quanto appartengono ad un diverso paterfamilias.

Varie categorie di filiazione


Il diritto romano distingueva tre categorie di figli: legittimi, naturali e spurii. I figli legittimi erano quelli nati dal paterfamilias almeno 182 giorni dopo le nozze o entro 300 giorni dallo scioglimento del matrimonio. I figli naturali erano quelli che nascevano dall'unione di un uomo libero con una concubina; avevano limitata capacit successoria rispetto al pater, ma potevano essere legittimati per subsequens matrimonium, per rescriptum principis e per oblationem curiae (mediante iscrizione nella curia del luogo dove domiciliava la famiglia e la dotazione di almeno 26 iugeri). I figli spurii erano equiparati a quelli illegittimi: non avevano diritti successori e gli si attribuiva lo status libertatis che aveva la madre al momento del parto.

Adrogatio
Per tale forma di assoggettamento alla patria potestas, era previsto nei tempi antichi che si dovesse fare in Roma dinanzi ai comizi curiati, presieduti dal pontifex; quest'ultimo, presa cognizione della vicenda, interrogava l'adrogante, l'adrogato e poi il popolo delle curie (rappresentato dai 30 Littori. Con la adrogatio, un paterfamilias, e tutte le persone a lui soggette, si assoggettava alla potest di un altro paterfamilias, diventandone il filius, allo scopo di creare artificialmente un erede quando l' adrogator non aveva altri

La filiazione discendenti, o per rafforzare il potere economico e o quello politico. Non era consentita l'adrogatio delle donne e degli impuberi. In et imperiale, Antonino Pio permise anche l'arrogazione degli impuberi e delle donne, ma solo compiendo la procedura nelle province romane. L'adrogato, subiva una capitis deminutio minima, subendo un cambiamento dello stato familiare e diventando alieni iuris, tutto il suo patrimonio diveniva dell'arrogante,anche i sacra del paterfamilias arrogato si estinguevano. Questo istituto era caratterizzato dall'equiparazione dei filius iure legeque ai filius nato da giuste nozze.

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Adoptio
L'adozione seguiva nel diritto antegiustinianeo una procedura complicata. Doveva precedere la rinuncia dell'antico paterfamilias alla sua potest con tutte le debite solennit; mancipando ossia trasferendo all'adottante il figlio per tre volte. Cos facendo si estingueva la patria potestas che veniva trasmessa al nuovo paterfamilias mediante la in iure cessio, consistente in un finto processo, nel quale il nuovo paterfamilias, presentandosi al magistrato (in iure), simulava di rivendicare dall'antico il suo diritto di patria potest. Nel diritto giustinianeo, l'adozione ha luogo in modo pi semplice. L'adottante si reca insieme con l'antico paterfamilias e con il suo legittimo filiusfamilias dinanzi al magistrato, il quale prende nota della dichiarazione concorde delle tre parti. Si poteva adottare attribuendo indifferentemente il grado di figlio o nipote, il che ha importanza per la posizione futura del filiusfamilias e per i suoi diritti di successione. In diritto giustinianeo, l'adozione cambi radicalmente: abbandonata la formula dell'ordine del magistrato (iussu praetoris), si richiese un'apposita dichiarazione di parte dinanzi al magistrato o notaio (adoptio per tabulas), cui doveva aderire tacitamente anche l'adottato, il quale usciva cos dalla famiglia originaria perdendo con essa ogni rapporto ed ogni pretesa. Giustiniano applic anche il principio fondamentale adoptio natura imitatur: chi adottava: doveva aver passato la piena pubertas (maggiore di XVIII anni rispetto all'adottato, poich pro monstro est ut maior sit filius quam pater), doveva poter generare non doveva essere schiavo n evirato. In molti casi, ma non in tutti, l'adottato era equiparato al figlio legittimo. Giustiniano infatti distinse l'adozione fatta da un ascendente e quella fatta da un estraneo, attribuendo solo alla prima i pieni effetti (ed invero fu chiamata adoptio plena). L'adozione fatta da un estraneo non toglieva il filiusfamilias alla sua famiglia di origine, n lo sottraeva alla potest del suo paterfamilias: l'adottato conseguiva solo il diritto di succedere nel patrimonio dell'estraneo adottante. Tale adozione, che fu chiamata minus plena, in buona sostanza il modello su cui ritagliata la moderna adozione.

Effetti dell'adozione e dell'arrogazione


Gli effetti dell'adozione e dell'arrogazione erano perfettamente identici a quelli della procreazione all'interno della famiglia. L'adottato si staccava completamente dala sua famiglia di origine, nella quale perdeva ogni diritto, e veniva ad acquistare gli stessi diritti ed obblighi dei membri del nuovo gruppo: nome, prenome, culto, agnazione, trib, ecc.

Gli atti unilaterali

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Gli atti unilaterali


Gli atti unilaterali
Gli atti unilaterali nascevano generalmente da una datio ed erano tutelati da una condictio. Originariamente, vi erano ricomprese la condictio sine causa, la condictio causa data causa non secuta ed altre, cui si aggiunsero la communio incidens e la tutela. La condictio causa data causa non secuta era la richiesta di adempimento fatta da quello dei contraenti che avesse gi adempiuto a sua volta. La condictio sine causa era la richiesta di restituzione di una cosa prestata per una causa impossibile, ad esempio una somma prestata per affrancare uno schiavo gi libero. Altro atto unilaterale era l'interrogatio in iure, con cui il convenuto confessava il suo debito in giudizio davanti al magistrato, omettendo di difendere le sue ragioni: ci portava alla sua condanna alla restituzione. La communio incidens era la comunione sorta non per volont dei comunisti ma per un fatto accidentale, o per il fatto del terzo, o per legge. Quando c'era una compropriet di diritti su un medesimo bene (es. co-usufrutto, co-servit, ecc.), secondo il diritto giustinianeo nascevano dei rapporti obbligatori, analogamente a quanto accadeva per le societas: e -proprio per questa analogia- si applicavano le regole sulla societas. Di conseguenza, ciascuno dei comunisti era libero di chiedere lo scioglimento della comunione mediante l' actio communi dividundo (l'actio familiae erciscundae era riservata ai casi di pi coeredi che volessero sciogliere la comunione ereditaria). I rapporti nascenti dalla comunione incidentale si ritenevano inquadrabili nei "quasi contratti", perch alla loro base non c'era un contratto vero e proprio ma neanche un atto illecito, tant' vero che i comunisti rispondevano fino al limite della culpa in concreto, essendo tenuti alla diligentia quam suis rebus. I rapporti tra tutore e pupillo rientravano nella categoria dei quasi contratti: si fa riferimento, naturalmente, solo ai rapporti patrimoniali nascenti dalla tutela.

L'invalidit del negozio

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L'invalidit del negozio


L'invalidit del negozio
L'invalidit dei negozi giuridici poteva dipendere da varie cause: mancanza di qualche requisito essenziale contrasto con la legge incapacit del soggetto indisponibilit del diritto inosservanza delle forme prescritte vizi della volont

A seconda della gravit del difetto, il negozio poteva essere ipso iure nullo o annullabile o rescindibile.

Annullabilit
Al diritto romano era sconosciuto il concetto di annullabilit, perch non era ammissibile che un negozio si potesse trovare in una situazione di efficacia precaria: quod initio vitiosum est, non potest tractu temporis convalescere. Tuttavia, l'ordinamento romano non poteva ignorare i casi in cui il negozio, pur essendo valido, fosse iniquo; questo problema fu affrontato come al solito dal diritto pretorio, che concesse al danneggiato l'esperibilit di alcune exceptiones.

Nullit
In et classica, l'invalidit assunse il duplice aspetto della nullit ipso iure e della contestabilit ope exceptiones (se l'excepio non veniva opposta, si mutava l'efficacia del negozio da contestabile in definitivo). Se l'exceptio veniva opposta con successo, non poneva nel nulla il negozio ma ne paralizzava gli effetti sul terreno del diritto pretorio, escludendo una condanna del convenuto. Vi era quindi differenza con l'attuale azione di annullamento (che pone nel nulla l'atto). Questa in sintesi la teoria dominante di Arangio-Ruiz, suffragata da riscontri storici. Merita tuttavia un accenno la teoria di Guarino, che ritiene sorgere il concetto di annullabilit dalla fusione dello ius civile con lo ius honorarium. Argomentando dala casistica, Guarino distingue tra invalidit ipso iure e invalidit ope magistratuus; inoltre, distingue tra invalidit totale e parziale, perch non sempre la mancanza o il vizio di un requisito sono tali da far venir meno tutto il negozio (utile per inutile non vitiatur), e il negozio invalido poteva essere reintegrato nella totalit dei requisiti o ridotto ai requisiti utilizzabili, o convertito in altro negozio alla cui esistenza giuridica fossero sufficienti i requisiti validi esistenti. Cos, il legatum per vindicationem (invalido) fu convertito da una legge in un legatum per damnationem (valido).

Principio di conservazione del negozio


Uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento il principio di conservazione, che trova la sua massima espressione nell'istituto della conversione del negozio nullo. Tale istituto era noto anche ai Romani, ma in pratica, per la tipicit dei negozi (che mal si conciliava con il passaggio da una categoria all'altra) i casi di conversione ammessi furono pochi. Talora un negozio formale e astratto poteva valere come negozio causale, caratterizzato da una causa identica o analoga allo scopo avuto di mira dalle parti; a tal fine era per richiesto che il negozio invalido potesse essere riutilizzato (avesse cio gli elementi di una diversa stipulazione), che il nuovo negozio anche se non espressamente voluto dalle parti rientrasse nello scopo pratico avuto di mira dai contraenti, e che la conversione risultasse opportuna.

L'invalidit del negozio

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Sanatoria della invalidit


La nullit degli atti giuridici poteva essere sanata dalla conferma o ratifica, detta ratihabitio, istituto piuttosto complesso in cui si comprendeva tanto la convalida di un negozio annullabile (o anche radicalmente nullo) mediante un atto posteriore, quanto la perfezione di un atto non propriamente nullo, ma piuttosto incompleto, cio che aspetta di essere reso efficace. Tale la funzione della ratifica nel riconoscimento della gestione esercitata circa gli affari altrui, senza averne mandato (negotiorum gestio). Casi analoghi erano quelli in cui si richiedeva per la validit del negozio tra le parti il consenso di un terzo: ad esempio, il mutuo stipulato da un filiusfamilias diventava pienamente valido e inattaccabile solo quando il paterfamilias anche in seguito vi avesse consentito; l'alienazione compiuta dal minore diventava valida solo quando il curatore l'avesse ratificata. La ratifica non era un istituto organico e riducibile ad un principio. In qualunque funzione, essa valeva soltanto nei casi espressamente riconosciuti dalla legge: ma in quei casi aveva pure effetto retroattivo, nel senso che (salvi i diritti acquistati dai terzi) le conseguenze giuridiche del negozio non avevano data dalla ratifica, bens dal momento iniziale in cui fu stipulato.

La lex Aquilia
La lex Aquilia
A prescindere dalle varie figure di delictus che rientravano nella tutela penale, lo ius civile conosceva alcune figure di danneggiamento che trovavano tutela in sede civile: si parla della cd. iniuria e del conseguente damnum iniuria datum. La disciplina del damnum si trova nella Lex Aquilia (287 a.C.), la prima legge scritta in materia di risarcimento del danno: in primo luogo, impose di ragguagliare il valore del risarcimento all'ultimo prezzo pi alto raggiunto dal bene nel mese precedente, e poi richiese che tra il damnum e il factus vi fosse un nesso di causalit. Lactio legis Aquiliae era concessa contro il danneggiatore che doveva risarcire il duplum se si provava la colpa, nonch il damnum (effettiva lesione) e l'iniuria (antigiuridicit). Per la responsabilit, era sufficiente anche la culpa laevissima, aggravando cos la posizione del danneggiante. Si legge infatti nelle fonti che la plebe romana fu contenta quando Aquilio Gallo (tribuno romano) eman questa legge. Generalmente, detta iniuria tutto ci che "accade contro il diritto", specialmente "gli insulti pronunciati per disprezzare, le offese e le altre iniquit e ingiustizie che i Greci chiamavano ".

Le obbligazioni non contrattuali

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Le obbligazioni non contrattuali


Le obbligazioni non contrattuali
Oltre che da contratto, le obbligazioni potevano derivare da atto lecito unilaterale: tale categoria fu detta delle obligationes quasi ex contractu e comprendeva i legati obbligatori (legatum per damnationem, legatum sinendi modo), la negotiorum gestio, l'indebiti solutio, la pollicitatio, il votum ed altre figure minori.

Il votum
Il votum era un istituto del ius sacrum consistente in una preghiera accompagnata da una promessa solenne fatta dal paterfamilias ad una divinit per ottenerne i favori. Aveva struttura di atto unilaterale, sottoposto a condizione sospensiva, in quanto la promessa veniva mantenuta solo dopo che la divinit avesse dimostrato la sua benevolenza. Chi pronunciava il votum era detto voti reus (cio beneficiario dell'aiuto della divinit) ma anche voti damnatus (cio obbligato all'adempimento, nell'ambito del rectius esse). Era anche ammessa la forma suprema di votum, consistente nel sacrificio volontario della vita per il bene pubblico, affinch gli dei concedessero la propria benevolenza (cd. devotio). Il votum era una promessa sacra, quindi regolata dal fas, cio dal fato. I sacerdoti delle divinit tuttavia potevano ricorrere alla cognitio extra ordinem per ottenerne l'adempimento; generalmente, si trattava di erigere un tempio, oppure di istituire i ludi. Se per il promittente cadeva in miseria, poteva liberarsi dall'obbligazione cedendo la quinta parte del suo patrimonio. Il votum era un'obbligazione trasmissibile agli eredi, i quali potevano liberarsi cedendo un decimo del loro patrimonio.

La pollicitatio
Altra promessa unilaterale era la pollicitatio, promessa solenne che trae le sue origini dalla consuetudine che un cittadino promettesse alla sua citt o al municipium di effettuare un versamento o realizzare un'opera di pubblico interesse per la comunit. La pollicitatio andava mantenuta all'atto dell'assunzione di una carica pubblica (magistratura o sacerdozio). La pollicitatio era considerata stipulatio ad honorem, ma se l'opera promessa era gi iniziata, il promittente poteva essere costretto a portarla a termine mediante la cognitio extra ordinem. Che la pollicitatio fosse ritenuta alla stregua di una normale obbligazione, lo si ricava dalle fonti: Si pollicitus moram coeperit facere, usurae accedunt (trad. scattano gli interessi moratori in caso di ritardo nell'adempimento della promessa.

La solutio indebiti
La solutio indebiti si aveva quando un soggetto, erroneamente ritenendosi obbligato, pagava un'obbligazione del tutto inesistente (indebito ex re) oppure esistente ma tra altri soggetti (indebito ex persona). Dal pagamento dell'indebito sorgeva l'obbligo dell'accipiens di restituire e scattava la condictio indebiti (azione giudiziaria) per il solvens. Presupposto per l'azione di indebito era l'errore, cio l'ignoranza di non essere obbligato, perch se il solvens sapeva di non esserlo, allora si riteneva avesse voluto fare una liberalit (irripetibile). A sua volta, l'accipiens doveva ignorare che il solvens nulla gli doveva, altrimenti si riteneva aver commesso un furto.

Le obbligazioni non contrattuali

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La negotiorum gestio
La negotiorum gestio era la gestione di affari altrui, cio la gestione intrapresa senza averne ricevuto incarico e senza esserne altrimenti obbligato, eventualmente anche invito vel ignorante domino, ma non prohibente domino. Si richiedevano alcuni requisiti: 1. l'absentia domini 2. l'utiliter coeptum 3. l'animus aliena negotia gerendi In altre parole, la semplice amministrazione di negotia aliena non basta per obbligare il gestore verso l'amministrato: occorrono altres l'elemento psicologico dell'animus e che l'affare sia utilmente intrapreso (utiliter coeptum). Laddove mancava lanimus di gerire un affare altrui, ma il gestore avesse intrapreso l'attivit con l'intenzione di lucrare per s, o perch vi aveva interesse, o ancora perch nutrisse propositi disonesti, non veniva accordata lactio negotiorum gestorum. Al gestore spettavano le expensas, o volontariamente rimborsate o recuperate con l'esperimento dellactio negotiorum gestorum. In caso di danni e di lucro arrecati contemporaneamente al dominus, si applicava la compensatio lucri cum damno. Le ipotesi pi frequenti di negotiorum gestio riguardavano l'ufficio del tutore, con riferimento al tutore degli impuberi e degli incapaci, il cui patrimonio diveniva del tutore stesso. Ipotesi particolare di negotiorum gestio era quella di chi provvedeva ad un funerale, sostituendosi a chi vi era tenuto: lo ius praetorium concesse lactio funeraria per il recupero delle spese sostenute, con privilegio sopra l'eredit. In tal caso, pur sempre occorreva lanimus aliena negotia gerendi, a nulla valendo la pietas; Giustiniano ampli le facolt discrezionali del giudice nella valutazione delle spese ripetibili con lactio funeraria. Circa la tutela del gestore, le fonti sono insolitamente puntuali; vi si trova perfino un richiamo al principio di solidariet sociale, che affianca e sorregge le regole riguardanti il rendiconto, che doveva essere fornito -al termine della gestione- con esattissima diligenza, sicch si rispondeva anche di colpa lieve.

La mora

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La mora
La mora l'inadempimento colposo dell'obbligazione al tempo debito e con le modalit previste, oppure il colposo rifiuto di accettarla. Si distingue pertanto la mora in solvendo (mora del debitore) dalla mora in accipiendo (mora del creditore).

La mora debendi
Mora fieri intellegitur ex re vel ex persona era il brocardo che sanciva la distinzione tra i due tipi di mora: quella automatica e quella ex persona. La mora debendi (o mora solvendi) era la mora del debitore, cio il ritardo colposo nel pagamento. In tale materia, vigeva il principio minus solvit, qui tardius solvit, poi recepito dal vigente art. 1282 del cod. civ. Per aversi mora solvendi occorrevano i seguenti requisiti: innanzitutto l'obbligazione doveva essere valida e munita di azione: non si configurava mora nelle obligationes naturales; l'obbligazione doveva anche essere pura ed esigibile: non poteva essere richiesta la prestazione ante diem, ossia prima della scadenza del termine, n se mancava l'imputabilit del ritardo al debitore (mora videtur esse, si nulla difficultas venditorem impediat); occorreva poi la cd. interpellatio, cio l'atto di costituzione in mora (nulla mora ubi nulla petitio); per le obbligazioni eo die (cio a termine) si applicava il principio del dies interpellat pro homine. Per effetto della mora, l'obbligazione si perpetuava e sorgeva la responsabilit del debitore, che era perci tenuto a dare usuras, cio a pagare gli interessi dal giorno della mora, nonch a risarcire il danno derivante dal ritardo (damnum iniuria datum) e ad accollarsi il rischio del perimento della cosa. Principio generale era in illiquidis non fit mora.

La mora credendi
Diversa era la mora credendi (o mora accipiendi), che si verificava quando il creditore rifiutava senza motivo di ricevere il pagamento integrale. Gli effetti della mora del creditore erano analoghi a quelli moderni: il rischio per il perimento della cosa era a carico del creditore, il debitore era esonerato dagli interessi e poteva addirittura rifiutare di adempiere se non veniva rimborsato delle spese sostenute per il ritardo. Giustiniano introdusse l'offerta pubblica e il deposito della cosa, come forme valide di estinzione dell'obbligazione.

L'obbligazione di interessi (usurae)


Dopo l'interpellatio, decorrevano a favore del creditore gli interessi (usurae); la misura degli interessi veniva determinata officio iudicis oppure apud iudicem, ma poteva anche essere stabilita dalle parti. Generalmente, comunque, la questione degli interessi era esaminata apud iudicem. Le parti potevano preventivamente stabilire la misura degli interessi con una clausola chiamata stipulatio usurarum. Giustiniano viet gli interessi composti (anatocismo).

Il negozio giuridico

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Il negozio giuridico
Il negozio giuridico
Il diritto romano non formul mai una concezione di negozio giuridico come quello moderno, n mai elabor una figura con caratteristiche generali cui fossero riconducibili le manifestazioni di volont fatte da soggetti capaci. Questo perch le costruzioni astratte presentavano scarso interesse per i giuristi Romani. Dalle fonti si evince che i Romani non usano la parola contrahentes ma per la mancipatio o per lo in iure cessio indicavano con precisione latto che ognuno compie: is qui rem mancipio dat et is qui eam accepit; is qui rem in iure cedit et is qui eam accepit. Tuttavia vi furono singole figure e singoli istituti suscettibili di applicazione analogica, quali il dies, il dolo e la rappresentanza. Lo ius civile pi antico attribu grande importanza ai negozi solenni (cio formali), compiuti mediante determinati rituali, nei quali poco o nulla rilevava la volont dei contraenti: il diritto romano arcaico era impregnato del pi rigoroso formalismo, e tutti i negozi esistenti erano riconducibili alle tre categorie della mancipatio, stipulatio e in iure cessio.

La mancipatio
La mancipatio era il pi antico negozio traslativo della propriet. Era un negozio solenne che si svolgeva tra il mancipio dans e il mancipio accipiens, rispettivamente il venditore ed il compratore, che davanti a cinque testimoni e ad un libripens, colui che portava la bilancia, scambiavano l'oggetto del negozio, la res, pesandone il valore sulla bilancia e pronuciando formule solenni (certa e sollemnia verba). Il potere che ne deriva sui beni sociali, le res mancipi, appunto la mancipatio. Tale negozio veniva usato anche per altri scopi: come vendita della figlia fatta dal padre allo sposo; come consegna del nexum (debitore) a garanzia dell'obbligazione. come negozio di trasferimento di poteri sulle persone in causa mancipi. un negozio del tipo gesta per aes et libram. In seguito la sostanza dell'istituto cambi e divenne un negozio astratto di trasferimento del dominium sulle res mancipi, aquistando il carattere di imaginaria venditio. La dottrina romana, elaborando la categoria dei negozi giuridici che servono al commercio dei beni, dovette distinguere nettamente la mancipatio adibita a questo fine che aveva assunto nella sottostruttura tutti gli elementi del negotium iuris gentium, dalla mancipatio che mera formalit, apparenza, come nella coemptio, nella mancipatio familiae e cos via. Effetto caratteristico della mancipatio era la obligatio auctoritatis, in base alla quale il mancipium dans era obbligato a garantire l'evizione al compratore contro terzi, fino a che il compratore stesso, dopo aver usucapito il bene per il trascorrere del tempo, avesse potuto difendersi da solo con la rei vindicatio. poi importante sottolineare che tale negozio giuridico richiedeva la presenza corporale della cosa, della res.

La in iure cessio
Era un contratto che comportava l'effettiva consegna (anche se simbolica) del bene da trasferire. Letteralmente, il termine significa "fare un passo indietro", e difatti, per realizzare il trapasso, venditore e compratore intentavano davanti al magistrato una finta actio sacramenti in rem. Il sistema della in iure cessio veniva usato in genere per l'acquisto della propriet e di altri diritti reali, ma anche per la manomissione degli schiavi, per le eredit e le tutele. N.B. La in iure cessio e la mancipatio scomparvero dalla scena giuridica quando si addivenne alla creazione e diffusione del contratto di compravendita (emptio et venditio), pi simile nella forma e nei contenuti a quello moderno.

Il negozio giuridico

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La stipulatio
Un promssor si obbligava ad eseguire una qualsiasi prestazione in favore di uno stipultor con lo scambio solenne di domanda e risposta (spondes?; spondeo!). Era caratterizzata dall'oralit, dalla contemporanea presenza delle parti, dalla immediatezza e consequienzialit di domanda e risposta. In epoca giustininanea non si riteneva pi necessario l'uso del verbo spondo e la stipulatio si era trasformata in un negozio astratto con cui si potevano assumere obbligazioni di qualunque genere e con qualunque causa. L'introduzione della forma scritta fin per far prevalere l'elemento scritto sull'oralit.

La traditio
Sopravvisse al diritto classico la sola traditio: dal punto di vista formale, la traditio era la forma pi semplice di trasferimento della propriet, in quanto consisteva nella materiale consegna del bene. Ed infatti Nunquam nuda traditio transfert dominium, sed ita, si venditio aut aliqua iusta causa praecesserit, propter quam traditio sequeretur. Per la traditio occorreva che il bene fosse di propriet o in possesso del tradens; occorreva poi che quest'ultimo avesse volont di acquisire, ma soprattutto bisognava che vi fosse una iuxta causa traditionis, ossia un motivo giuridicamente valido per trasmettere il bene (causa solvendi, causa donationis, ecc.). In epoche arcaiche era indispensabile la materiale consegna del bene (dominia rerum non nudis pactis transferuntur), poi fu sufficiente anche la traditio symbolica (consegna delle chiavi della casa). In seguito si ammise la validit delle due seguenti forme: traditio brevi manu, consistente nella trasformazione dello stato soggettivo, per cui chi aveva posseduto la cosa a titolo di pegno, avendo mutato l' animus, cominciava a possederla a titolo di propriet; traditio longa manu, consistente nel mostrare la cosa da lontano; constitutum possessorium, che era l'inverso della traditio brevi manu: chi aveva posseduto da proprietario, trasferendo la cosa ne rimaneva locatario, usufruttuario, ecc. In incertam personam(caso di volont)nonostante mancasse il destinatario della cosa,c'era in ogni caso la volont di trasferire la stessa a chiunque diventasse il nuovo proprietario...l'esempio tipico quello del lancio di monete alla folla In epoca imperiale si afferm il principio che la traditio doveva essere accompagnata da una scriptura, e si sostenne che era questa (e non la consegna) a trasferire la propriet: era nata l'esigenza dello scriptum ad substantiam, che Giustiniano invece richiese come pura formalit. Gi alla fine del III secolo a.C. si conoscevano ben quattro negozi scaturiti dallo ius gentium: emptio - venditio locatio - conductio societas mandatum.

Il diritto pretorio introdusse il comodato, il pegno e il deposito. Erano tutti negozi causali, perch perficiuntur verbis, segno che il diritto romano andava svincolandosi dal formalismo arcaico. Mentre il formalismo scompariva, si riconosceva valore pregnante alla volont pi che ai rituali. I negozi, da allora, constarono sempre di due elementi: la causa (cio il fatto oggettivo che giustificava l'obbligazione) e la solennit (talora sostituita dal consenso).

Classificazione delle obbligazioni

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Classificazione delle obbligazioni


Obbligazioni generiche e alternative
Obbligazioni generiche sono quelle in cui l'oggetto indeterminato solamente nel genere o in una categoria di oggetti (un quintale di grano, un cavallo). Obbligazioni alternative sono quelle in cui stabilito un gruppo di singoli oggetti, ciascuno determinato, tra cui scegliere. La scelta che in entrambe le specie occorre fare compete di regola al debitore, ma pu anche spettare al creditore o ad un terzo, ove ci sia espressamente pattuito. L'essenza della disciplina delle obbligazioni generiche e alternative sta nel diverso esito del deterioramento o della perdita dell'oggetto da prestare: per le obbligazioni generiche, genus numquam perit e dunque la responsabilit resta a carico dell'inadempiente debitore; nelle obbligazioni alternative, qualora perissero tutti gli oggetti tra cui compete la scelta, la responsabilit restava a carico di chi doveva compiere la scelta, ma costui poteva liberarsi pagando il prezzo dell'oggetto perito oppure soggiacere alla actio doli intentata dalla controparte.

Obbligazioni divisibili e indivisibili


Le obbligazioni si dicono divisibili quando la prestazione ha natura tale che si possa eseguire parzialmente senza alterarne l'essenza. Indivisibili, nel caso contrario. Le obbligazioni di dare sono in genere divisibili, perch i diritti sulle cose si possono di regola costituire pro parte, come ad esempio il diritto di diritto di propriet, l'enfiteusi, il pegno, ecc. Le obbligazioni di facere sono di norma indivisibili: eseguire una parte di edificio non realizzare tutto l'edificio, ed in proporzione una parte non ha mai il valore del tutto. Vi sono tuttavia alcune obbligazioni di facere che sono divisibili, e precisamente quelle che hanno per oggetto la prestazione di opere fungibili quae numero, pondee, mensura consistunt. La distinzione tra obbligazioni divisibili e indivisibili assume rilievo in presenza di pi soggetti attivi o passivi: il caso pi frequente di pluralit di creditori (o debitori) rispetto ad un unico oggetto indivisibile si verificava nell'eredit, quando alla morte del creditore (o debitore) succedevano pi eredi. La Lex duodecim tabularum disponeva che i debiti e i crediti fossero divisi ipso iure tra i vari coeredi, sicch il diritto di credito veniva a scindersi in tanti diritti, ciascuno avente ad oggetto una parte della prestazione originaria. Ma quando l'oggetto era indivisibile, al fine di ottenere una divisione congrua, ciascuno dei condebitori poteva chiedere una proroga al creditore per ottenere il pagamento pro parte dagli altri condebitori, (in presenza di pi concreditori) il debitore adempiente poteva chiedere al creditore soddisfatto di garantirlo contro gli altri concreditori.

Obbligazioni con soggetto variabile


Di regola, i soggetti dell'obbligazione sono individualmente determinati: pu accadere tuttavia che i soggetti siano determinati solo in relazione ad un rapporto reale, in quanto l'essere debitore o creditore dipende dal rapporto con un certo bene. Ad esempio, erano obbligazioni con soggetti variabile quelle dell'actio aquae pluviae arcendae, dell'actio quod metus causa, del solarium, del vectigal, ecc. Tali obbligaizoni erano chiamate 'obligationes propter rem. Nel diritto romano non erano ammessi i cd. oneri reali, che ricollegavano arbitrariamente (mediante convenzione) le obbligazioni con i rapporti fondiari. Anche se qualcuno si obbligava ad eseguire una prestazione in relazione ad un fondo (ad es. dare una quantit periodica di frutti), quest'obbligo passa ai suoi eredi ma non ai successivi proprietari del fondo.

Classificazione delle obbligazioni

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Obbligazioni parziarie e obbligazioni solidali


Quando pi debitori sono tenuti ad eseguire una certa prestazione, o pi creditori hanno diritto di esigerla, il rapporto obligatorio si pu configurare come parziario (se l'obbligazione si divide tra i vari soggetti) oppure solidale (se l'obbligazione per l'intero (es. legatum per damnationem) e ciascun debitore tenuto all'intera prestazione, ovvero ciascun creditore pu pretendere l'intera prestazione. Le obbligazioni solidali erano anche chiamate correali, poich indicavano con l'espressione duo rei o conrei le stipulazioni con unico oggetto e pluralit di soggetti che una res, una summa, eadem res o pecunia, idem debitum habet. A differenza dell'attuale regime delle obbligazioni solidali, la solidariet doveva essere espressamente pattuita, altrimenti l'obbligazione si presumeva parziaria, ed inoltre la solidariet escludeva di per s il regresso, in quanto si riteeneva che il debitore adempiente per l'intero avesse pagato un debito proprio.

Obbligazioni civili e onorarie


Civiles in senso stretto erano le obbligazioni stabilite dagli organi legislativi del popolo romano o create dalla libera interpretazione della giurisprudenza. Honorariae e pretoriae erano le obbligazioni introdotte di volta in volta dal pretore. Tae distinzione aveva rilevanza nel diritto classico, perch nel diritto giustinianeo cadde in disuso.

L'obbligazione
Le obbligazioni
Il Codice civile vigente del 1942 non d una definizione di obbligazione, perch il legislatore si giovato delle fonti romane, dove si afferma che: obligatio est iuris vinculum quo necessitate adstringimur alicuius solvendae rei. Ma in diritto romano il termine obligatio non indicava il dovere di eseguire una prestazione, bens il vincolo personale che il debitore contraeva a garanzia dell'adempimento. L'arcaico ius Quiritium fu molto preciso nel disciplinare i diritti reali e le successioni, ma fu carente rispetto al fenomeno economico del credito; tutti gli impegni assunti in tal senso non avevano alcun fondamento giuridico, ma si basavano sulla possibilit dei creditori di reagire contro l'inadempiente. Con l'intensificarsi degli scambi commerciali e l'evolversi dei traffici giuridici, grazie anche all'introduzione della pecunia, si fece sentire sempre pi pressante l'esigenza di garantire in qualche modo i rapporti relativi: il debitore diventava nexum (cio vincolato) e se l'obbligazione restava inadempiuta, il creditore poteva incatenarlo o venderlo come schiavo, o addirittura ucciderlo. Lentamente nei secoli cominci ad affermarsi l'idea che il vincolo dovesse stringere due patrimoni e non due persone, e questa ideologia culmin nella lex Poetelia Papiria che nel 326 a.C. abol la possibilit di esecuzione sulla persona del debitore. La summa divisio di tutte le obbligazioni si articolava in due categorie: civili e pretorie. Le civili erano quelle costituite per legge o secondo il diritto civile. Le pretorie erano quelle introdotte dallo ius praetorium ed erano perci dette anche honorariae. Senza elaborare mai una categoria generale, per la nota avversione alle astrazioni, lo ius civile distinse le obbligazioni ex contractu, quasi ex contractu, ex maleficio, quasi ex maleficio. Vi era poi la categoria residuale delle cosiddette obligationes ex variis causarum figurae, in cui rientrava la negotiorum gestio, la solutio indebiti e il legatum per damnationem. Fu il diritto pretorio che istitu poi le varie azioni a tutela del creditore insoddisfatto.

L'obbligazione

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Elementi del rapporto obbligatorio


Erano elementi dell' obligatio i soggetti, l'oggetto e le varie clausole (condicio, ecc.). Circa i soggetti, questi di regola erano due, ma non era esclusa la compresenza di pi soggetti attivi o passivi, e neanche le obbligazioni con un soggetto indeterminato. Era ammessa la rappresentanza, per lo pi in forma indiretta, e si conoscevano diverse categorie di soggetti che non potevano contrarre (muti, sordi, pazzi, minori, ecc.). Circa l'oggetto della prestazione, nei tempi arcaici era la persona del debitore; poi si intese nel senso del comportamento che il debitore doveva tenere per soddisfare la pretesa del creditore: poteva essere un facere, un non facere, un dare, un praestare (nel senso di "garantire"). Era ritenuta inutile stipulatio (cio invalida) quella avente ad oggetto res sacrae o res extra commercium, res illicitae o turpes. da notare che se l'oggetto era indeterminabile o indefinito, l'obbligazione era nulla, mentre la semplice difficultas praestationis non facit inutilem stipulationem. Circa le clausole apponibili, la disciplina era la stessa degli elementi accidentali del negozio, con tutte le conseguenze relative. Oltre la condicio e il dies, anche i "luoghi" erano soliti essere inseriti nelle obbligazioni, come quando si diceva "prometti di dare in Cartagine": questa stipulazione, sebbene sembri sorgere puramente, tuttavia aveva inserita in s una circostanza (cd. tempus iniectum) della quale il promittente approfittava per eseguire la prestazione. Il diritto romano riteneva inutile la prestazione quando questa aveva ad oggetto una res futura, poich in quel caso non era ancora nella disponibilit del promittente. Le fonti non lo richiedono esplicitamente, ma sembra che la prestazione dovesse avere necessariamente un determinato requisito: la cosiddetta patrimonialit. Sembra infatti che non esistesse prestazione senza un contenuto patrimoniale.

Fonti delle obbligazioni


Giustiniano oper la summa divisio che identificava le fonti in contratti, quasi contratti, delitti e quasi delitti. Inoltre, egli oper una ulteriore distinzione tra obbligazioni convenzionali (contratte per effetto del consenso dei contraenti), giudiziali (provenienti dalla mera funzione del giudice), pretorie (stabilite dal pretore nell' edictum) e comuni (ad es. le cauzioni). Tra le obbligazioni da atto lecito, troviamo l'obligatio re (originata dalla datio rei), la obligatio verbis (stipulata mediante domanda e risposta), l' obligatio litterarum (consistente in un documento scritto) e l' obligatio consensu (comprendente la locazione, il mandato, la compravendita e la societ).

Le obbligazioni naturali
Il diritto romano classico conobbe varie ipotesi di obbligazioni naturali (dette naturales tantum), tutte connotate dall'assenza del vinculum in quanto generate dallo jus naturale: di conseguenza, il creditore non aveva alcuna azione verso il debitore, non avendo un titolo formale che gli consentisse di agire in giudizio, ma gli era consentita la soluti retentio dell'adempimento fatto spontaneamente, e di respingere la condictio indebiti che il debitore poteva intentare per riavere quando aveva dato. Le fonti affermano: se dovuto qualcosa a qualcuno "per natura", costoro non sono da ritenersi creditori (...) e quello che deve "per natura" pu essere perseguito solo per coscienza. In epoca postclassica, la categoria delle obbligazioni naturali si generalizz fino a comprendere qualsiasi dovere morale o sociale di contenuto patrimoniale ma privo di riconoscimento giuridico: se la moglie crede di essere obbligata a dare la dote, qualsiasi cosa abbia dato in dote non pu richiederla in restituzione. Altri casi di obbligazioni naturali erano descritti dalle fonti: tutti coloro che contraevano con il filius senza l'intervento del paterfamilias assumevano semplicemente delle obbligazioni naturali, et repeti non poterit. Tuttavia, si ritenne possibile la compensazione di un'obbligazione civile con un'obbligazione naturale (etiam quod natura

L'obbligazione debetur, venit in compensationem), la costituzione di garanzie reali e personali su un'obbligazione naturale, e la novazione (cos, il pupillo che ha contratto senza l'auctoritas del tutore novari potest). Il territorio precipuo (se non esclusivo) delle obbligazioni naturali era individuato dalla giurisprudenza nei rapporti delle persone alieni iuris, principalmente degli schiavi; questo il motivo per cui nella legislazione giustinianea le obbligazioni naturali costituivano ancora un istituto anomalo, giustificato da uno speciale fondamento ma insuscettibile di applicazioni analogiche. Sono obbligazioni naturali (naturales tantum): 1. le obbligazioni degli schiavi sia tra di loro, sia col loro padrone, sia con estranei. vero che gli schiavi non avevano capacit giuridica, ma anche vero che essi contraevano obbligazioni "per il loro padrone" e non gi per s stessi, ed questo aspetto che conferiva validit civile a questo genere di obbligazioni. 2. le obbligazioni tra persone legate insieme da un rapporto di patria potest (ad es. tra paterfamilias e filiusfamilias o tra due filiifamilias soggetti alla medesima patria potest). Quello che impediva il sorgere di un'obbligazione giuridica era la presenza della patria potestas, sicch restavano possibili le sole obligationes naturales tantum. 3. le obbligazioni estinte per capitis deminutio anche minima (si ricordi che le obbligazioni potevano estinguersi a seguito di emancipazione, adrogatio, adozione). Poich si trattava di una singolare causa di estinzione dell'obbligazione, la giurisprudenza stabil che l'obbligazione civile estinta dava luogo ad una obbligaione naturale solo se si trattava di una prestazione di mero fatto (le obbligazioni aventi ad oggetto la trasmissione di un diritto restavano estinte e non facevano luogo a obbligazioni naturali). 4. l'obbligazione del pupillus assunta senza l'intervento (auctoritas) del tutore, per assenza di capacit di intendere e di volere (vedi La capacit di agire) si tramutava in obbligazione naturale.

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le fonti del diritto romano


Le fonti del diritto romano non sono sempre le stesse e si adeguano al mutamento di societ ma soprattutto ai mutamenti costituzionali. Naturamente le fonti del diritto arcaico saranno molto diverse dalle fonti del diritto classico o addirittura Giustinianeo.

Et arcaica
Nell'et arcaica, societ caratterizzata da un economia statica, da una grande importanza per il sacro e dettata da un grande formalismo, le principali fonti del diritto erano i MORES, ovvero le consuetudini. Esse sono comportamenti posti in essere dalla societ poich visti ripetuti dalla stessa e accettati. Accanto ai mores il diritto arcaico conosce un'altra grande fonte del diritto ovvero LA LEGGE DELLE XII TAVOLE. Essa una raccolta di disposizioni di carattere generale voluta sulla spinta dei plebei che erano interessati ad una legislazioe scritta e riformatrice. Quindi nel periodo arcaio, nel quale costituzionalmente abbiamo assistito al passaggio da monarchia a repubblica le fonti del diritto sono i mores e la legge delle XII tavole. Esistono tuttavia anche i plebisciti, che sono deliberazioni dell'assemblea deio plebei convocata dal tribuno, e l'interpretazione ponteficiale.

Et preclassica
Nell'et preclassica si assiste allo sviluppo e al decadimento dell'et repubblicana fino al 27 a.C., anno in cui si instaurer il principato con Augusto. In questo periodo le fonti del diritto mutano. Le consuetudini e l'interpretazione del pontefice lasciano il posto ad un'interpretazione pi laica del diritto, grazie a una nuova classe di persone ovvero i giuristi laici, che hanno studiato nelle scuole greche, ponendo il diritto come una grande scienza accanto alla matematica, la filosofia... Inoltre un'altra grande fonte del diritto viene dai pretori. Essi sono magistrati che hanno un ruolo fondamentale nel processo. Inizialmente il processo quello per azioni di legge, dettato da grande formalismo e che lascia poco spazio alla creazione di diritto tuttavia in questo periodo si ha la creazione pretoria del processo

le fonti del diritto romano formulare, grazie al quale si far diritto. Inoltre annoveriamo anche le leges publicae, ci che stabilisce il popolo mediante comitia centuriata, curiata e tributa.

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Et classica
Nell'et classica il cambiamento costituzionale porta ad una modifica delle fonti del diritto. L'intervento pretorio perde la sua importanza cos come la lex publica.Il senato inizia gradualmente a perdere potere, limitandosi in et dioclezianea ad acclamare l'oratio principis. Dunque il potere normativo si accentra nelle mani dell'imperatore grazie allo strumento delle costituzioni imperiali.Esse sono di 5 tipi: mandati, deleghe conferite a funzionari o a governatori provinciali; editti, diversi dagli edicta dei pretori in et repubblicana,poich presuppongono illimitatezza temporale e spaziale ed rivolto a tutti; decreti, sentenze giudiziare; rescritti, risposte inviate a privati circa la risoluzione di casi specifici; epistole, istruzioni inviate a governatori e a funzionari burocratici sullo svolgimento delle proprie attivit.

Et post-classica
L'et classica andr avanti fino circa alla dinastia dei Severi, in relazione alla quale si ha l'inizio dell'et post-classica. Questa et coprir temporalmente gli ultimi secoli della storia romana, ad eccezione dell'et Giustinianea, una parentesi che va dal 527 al 565 d.C. et della morte di Giustiniano e della fine della storia romana. Tralasciando questo ultimo periodo Giustinianeo il diritto post-classico vede la fine del principato e l'inizio del dominato,in cui vi era la massima autorit dell'imperator.Il potere non gli veniva pi conferito dal popolo o dalla fedelt dell'exercitus,ma da Dio stesso (considerando anche l'ampia influenza della diffusione del Cristianesimo). Egli divenne conditor ed interpretes del diritto, rivolgendosi per alcune questioni ai pi eminenti giuristi che oramai facevano parte della burocrazia imperiale (e quindi assistiamo al monopolio della produzione di iura da parte del dominus et deus). In ultimo, ci sar Giustiniano, che tenter di dare vitalit ad un diritto privato romano ormai in crisi. Lo far con la creazione del CORPUS IURIS CIVILIS (composto dalla seconda edizione del Codex detto repetitae praelectionis;dalle novellae costitutiones;i digesta,la pi grande raccolta di iura dell'et preclassica e le istitutiones per l'insegnamento didattico).

I quasi contratti

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I quasi contratti
Contratti consensuali
Nei quasi contratti le obbligazioni nascono da un atto unilaterale lecito; rispetto ai contratti manca il consenso. Sono il negotiorume gestio, la pollicitatio, il votum privatum e l' in debiti solutio.

Negotiorum gestio
Il negotiorum gestio la gestione dei negozi altrui cio quando un soggetto (gestor) senza alcun incarico e senza alcun dovere nato da un qualsiasi ufficio, intraprende l'attivit negoziale degli affari altrui (ad esempio un uomo abbandona il campo prima del raccolto per un qualsiasi motivo, il vicino - senza alcuna richiesta e spontaneamente fa il raccolto, vende i frutti ed aspetta il ritorno del vicino). Da ci nascono delle obbligazioni in carico al gestor: Portare a termine la gestione; Trasmettere al dominus gli effetti dei negozi. E delle obbligazioni in carico al dominus: Rimborsare al gestor le eventuali spese che ha sostenuto per la gestione; E' tenuto ad accertare gli effetti dei negozi sostenuti dal gestor. Affinch vi sia un negotiorum gestio sono indispensabili tre elementi: 1. Gli affari devono essere altrui (elemento oggettivo); 2. Il gestor deve essere consapevole di compiere attivit per affari altrui (elemento soggettivo); 3. La gestione deve essere utile ma solo inizialmente; il negozio deve presentarsi utile soltanto nel suo principio, poi se si finisce in perdita ed il gestor ha utilizzto la diligenza del buon padre di famiglia, il dominus non pu fare nulla.

Pollicitatio
La pollicitatio una promessa unilaterale che non richiede alcuna accettazione da parte del ricevente, questo fa scattare un'obbligazione in circostanze particolari. L'uso tipico della pollicitatio nelle campagne elettorali; l'impegno di fare qualcosa pu essere richiesto in giudizio, una promessa privata che non fa parte della carica che andr a coprire il candidato: gli impegni politici infatti pu anche non farli, non gli verranno opposti in giudiziol. Non chiaro dalle fonti in quale momento sorgesse l'obbligazione, ma queste ci fanno capire che poteva nascere in tre momenti diversi: 1. Al momento della promessa; 2. Al momento dell'elezione; 3. Nasce solo quando il candidato, nel caso sia stato eletto, inzia l'opera ed obbligato a finirla. La soluzione una via di mezzo tra le prime due cio l'obbligazione nasce al momento della promessa ma condizionata da un fatto futuro ed incerto.

Votum privatum
I giustinianei inquadrano nella categoria dei quasi contratti il votum privatum; questo era la promessa unilaterale verso una divinit di compiere una prestazione in cambio dell'esaudimento di una preghiera; la prestazione veniva sancita con un oggetto: l' ex voto. All'inizio il voto concepito come una sponsio, quindi come un atto bilaterale, la bilateralit era data dai fatti concludenti della divinit. Anche nel votum era presente la clausola sospensiva; i giustinianei invece classificano il

I quasi contratti votum nei quasi contratti in quanto i cristiani non ammettevano contrattazioni con Dio. Il votum prima del cristianesimo era considerato un negozio vero e proprio ma non con il Dio ma con i sacerdoti di quest'ultimo che potevano addirittura richiedere la prestazione in giudizio nel caso in cui il Dio avesse accolto la preghiera; i sacerdoti redigevano delle tavolette come prova.

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In debiti solutio
Gaio non riusc a farla entrare n nei delitti n nei contratti e per questo le mise nelle varie causarum figurae. Un soggetto che pensa erroneamente di avere un debito nei confronti di un altro soggetto compie la prestazione che o non esiste o non a lui imputabile. Il presunto creditore deve essere in buona fede altrimenti si tratter di furto. Questa obbligazione sorge in capo al ricevente e consiste nel restituire ci che ha ingiustamente ricevuto, non pu essere per considerato un contratto reale in quanto il pagamento non fatto per creare un'obbligazione ma bens per estinguerla. L'obbligazione nasce dunque al momento dalla datio. Sono necessari quattro elementi affinch si abbia una in debiti solutio: 1. Solutio: si deve aver pagato (elemento oggettivo); 2. In debitum: cio qualcosa di non dovuto, l'obbligazione non esiste, l'oggetto totalmente diverso oppure l'obbligazione esiste ma in capo ad un'altra persona; 3. Error solventis: errore nel pagamento; 4. Error accipientis: errore nell'accettazione. L'azione per la tutela la condictio indebiti che si fonda sull'ingiustificato arricchimento.

I quasi delitti
I quasi delitti sono anche essi fonte d'obbligazione come il giusrista di et Classica Gaio scrisse nella sua opera "Aurea" che ci giunta in parte. I quasi delitti si riconoscono come tali quando in et Repubblicana (509-27 a.C.)nascono i reati a carico del proprietario della casa in due situazioni: 1. quando cadono o vengono lanciati oggetti dall'appartamento che provocano danni a passanti. Per definire tale situazione si usano i termini latini effusum vel deiectum. 2. quando oggetti sono posti in bilico o in modo pericoloso e sconsiderato sul tetto o sul cornicione e si fefiniscono quindi positum aud sospensum. In tal caso il passante che ravvisava il pericolo aveva la possibilit di agire contro il proprietario della casa anche se non gli era stato arrecato alcun danno. Da ricordare che in entrambi i casi elencati rispondeva solo ed esclusivamente il proprietario dell'abitazione e non l'affittuario qualora ci fosse. Si parla di responsabilit oggettiva. Questo modulo solo un abbozzo. Contribuisci [1] a migliorarlo secondo le convenzioni di Wikibooks

Note
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Il regime patrimoniale familiare

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Il regime patrimoniale familiare


Il regime patrimoniale familiare
L'insieme delle donazioni propter nuptias, del peculium e dei paraphernalia, serviva alla famiglia per provvedere ai pesi economici della vita quotidiana (ad onera matrimonii ferenda); per evitare che il marito (una sorta di usufruttuario) abusasse di tali beni, e per garantire la loro destinazione ed eventuale restituzione in caso di scioglimento del matrimonio, fu creata la figura della dos, la dote, con un proprio regime ed una propria disciplina.

Donazioni propter nuptias


Fin dalle epoche pi antiche, era in uso a Roma fare donazioni alla propria fidanzata, donazioni che venivano poi costituite in dote (donazioni inter vivos). Era anche uso che la donna, all'atto di andare sposa, recasse con s un patrimonio (profecticius) o un peculio, che poi confluivano anch'essi nella dote. Giustiniano equipar la donatio propter nuptias alla dote, ed anzi una legge postclassica stabil l'assoluta eguaglianza fra quanto portato in dote dalla donna e quanto donato dal fidanzato propter nuptias.

Bona paraphernalia
Nel regime patrimoniale della famiglia entrava anche l'insieme dei bona paraphernalia, cio bona extra dotem (beni propri della moglie ed a lei appartenenti anche dopo il matrimonio: vestiti, gioielli, schiavi, ecc). Nei primi secoli dell'impero, era uso che tali beni venissero consegnati "in amministrazione" al marito, sicch la moglie poteva agire contro di lui con l'ordinaria actio depositi o con l' actio mandati. Il marito poi passava alla moglie periodicamente una modesta somma (spillaticum) per le spese quotidiane.

Il peculium
Il pater non poteva peraltro provvedere da solo a tutte le necessit familiari, per cui era solito donare al filius una piccola somma (pusilla pecunia) perch l'amministrasse; si trattava del peculium profecticium, cos chiamato perch ex patre proficiscitur, che rimaneva di propriet del padre e di cui il figlio aveva solo l'amministrazione. Il peculium non poteva essere infatti trasferito al filius, mentre poteva essere revocato dal pater con l' ademptio peculii; in genere, costituiva una limitata garanzia a favore dei terzi per le obbligazioni contratte dal figlio.

La dote
La dote era il complesso dei beni che la moglie (o chi per lei) dava o prometteva al marito in vista del matrimonio, e dunque la sua esistenza presupponeva una connessione con questo istituto. Solo il matrimonio giustificava l'acquisto dei beni trasmessi dalla moglie al marito, e costituiva lo scopo (elemento teleologico) per l'impiego di tali beni (ad sustinenda onera matrimonii). La necessaria connessione della dote col matrimonio faceva s che la dote fosse nulla, se nullo era il matrimonio. Oggetto della dote potevano essere sia beni materiali che immateriali (es. crediti). Secondo antichi testi, la dote poteva essere promessa (quando non veniva materialmente data con la traditio) mediante i normali modi di costituzione delle obbligazioni. In ogni caso, la dote ricadeva sotto il diritto generale del nuovo paterfamilias. In et postclassica, la moglie ebbe la possibilit di iscrivere hypoteca legale tacita su tutti i beni del marito, a garanzia della restituzione della dote in caso di scioglimento del matrimonio, e di avere il privilegium exigendi nei confronti dei creditori del marito.

Il regime patrimoniale familiare Poich i beni apportati in dote erano irripetibili, appariva ingiustificato l'arricchimento del marito in caso di divorzio: si cerc di rimediare, dapprima con stipulationes private (che pattuivano la restituzione della dote in caso di divorzio) che consentivano l'actio ex stipulatu, e poi con una vera azione legale, indipendente da qualunque convenzione (l'actio rei uxoriae). Quest'ultima era l'azione dotale vera e propria, di natura penale, che competeva alla donna in caso di indebita alienazione (da parte del marito) dei beni dotali o di mancata restituzione degli stessi dopo il divorzio, stante il vincolo di destinazione dei beni dotali. L'actio rei uxoriae era un'azione: intrasmissibile agli eredi della donna: poteva intentarla solo il padre della donna, e per la sola parte della dote profecticia; di buona fede: il giudice doveva modulare l'obbligo di restituzione aequius melius. Giustiniano abol tutti i diritti di ritenzione precedentemente vigenti (retentio propter liberos, propter mores, propter res donatas, propter impensas, propter res amotas) e stabil che il marito dovesse restituire tutta la dote, detratte le spese effettuate per la famiglia, e comprese le accessioni e i frutti

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L'inadempimento
L'inadempimento
Il diritto romano ammetteva che alcuni tipi di obbligazioni potessero far luogo a responsabilit, quando la prestazione non fosse adempiuta o non fosse esattamente adempiuta. Il problema dell'inadempimento non si poneva nel caso delle obbligazioni di dare fungibili, perch si riteneva che nessuna sopravvenienza potesse rendere impossibile la prestazione. Il discorso era diverso per le obbligazioni specifiche: qui il debitore poteva essere esonerato da responsabilit se l'impossibilit non dipendeva da sua colpa. Problemi particolari si avevano circa le obbligazioni che importavano l'obbligo di restituzione (pegno, deposito, comodato) o di gestione di affari altrui (mandato, tutela, negotiorum gestio, ecc.): tale obbligo era detto custodiam praestare e si poneva in stretta relazione con la responsabilit (chiamata dolum praestare). L'inadempimento poteva essere imputato per dolo o per responsabilit oggettiva; la figura della colpa era meno nota e si afferm solo nel tardo diritto postclassico. La responsabilit da inadempimento si traduceva in responsabilit personale del debitore: quando la Lex Poetelia Papiria abol il nexum, si afferm il principio della responsabilit patrimoniale: il creditore, in luogo di ridurre in schiavit il debitore, poteva venderne i beni (bonorum venditio) in una sorta di procedura fallimentare. Si afferm poi l'istituto della bonorum distractio, cio la vendita dei singoli beni, che costituisce l'archetipo della moderna esecuzione individuale. Il debitore, peraltro, poteva evitare la procedura esecutiva cedendo volontariamente i beni ai creditori (cessio bonorum). Con l'introduzione dell'esecuzione patrimoniale, il patrimonio del debitore assunse valore di garanzia generica per i creditori, ai quali furono riconosciute diverse azioni per il caso che il debitore distraesse dei beni sottraendoli alla garanzia generica. Inoltre, furono riconosciuti diversi mezzi di rafforzamento del credito, detti garanzie, e si cerc di assicurare al creditore l'esecuzione della prestazione mediante clausole diverse (arrha, poena, ecc).

Obbligazioni complesse

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Obbligazioni complesse
Obbligazioni soggettivamente complesse
L'obbligazione poteva presentare pluralit di soggetti sia dal lato attivo che passivo, o da entrambi i lati. Si faceva quindi la distinzione tra obbligazione parziaria e obbligazione solidale, a seconda del tipo di vincolo che stringeva i soggetti. La regola era la parziariet, perch l'adempimento spettava a ciascun crditore e gravava su ciascun debitore pro parte, in virt del fatto che l' obligatio si divideva ipso iure in tante obbligazioni per quanti erano i soggetti attivi o passivi. Solo in determinati casi, o per volont delle parti o per legge, si aveva obbligazione solidale (nel vigente ordinamento accade esattamente il contrario), tant' che nelle fonti si dice: avendo due persone promesso o pattuito la stessa somma, ipso iure al singolo dovuto e i singoli devono. Se quindi la solidariet non era stata convenuta o pattuita, cum una sit obligatio, una e summa est, ut sive unus solvat; la solidariet stava nella possibilit di chiedere indifferentemente all'uno o all'altro debitore la prestazione. Ma per le obbligazioni ex delicto, il creditore era soddisfatto solo con l'estinzione dell'intero debito, mentre per le obbligazioni nascenti da atto lecito, il pagamento totale eseguito da uno dei condebitori produceva l'estinzione dell'obbligazione per tutti gli altri. Le obbligazioni solidali nascevano per lo pi da stipulatio o da legato per damnationem. Il rapporto interno tra concreditori e condebitori era poco tutelato: gli altri creditori non potevano rivolgersi all'unico che avesse riscosso, n il debitore solvente aveva azione di regresso contro gli altri, a meno che non vi fosse una preventiva pattuizione in tal senso. In mancanza di accordi, il diritto romano accord l'actio negotiorum gestorum sia al debitore solvente (in qualit di gestor), sia ai creditori insoddisfatti (in qualit di domini). Altro sistema fu quello di ottenere dal creditore soddisfatto la cessio niminis' (cessione del credito): queste le regole romane per le obbligazioni elettive o correali. L'estinzione dell'obbligazione parziaria si aveva con la solutio pro rata. Poteva estinguersi nei confronti di tutti i soggetti per novatio, pactum de non petendo in rem, solutio, litis contestatio (dopo il processo, l'obbligazione solidale si estingueva per il principio del ne bis in idem: se il creditore era rimasto insoddisfatto, non poteva pi agire contro gli altri condebitori perch l'obbligazione era estinta).

Obbligazioni oggettivamente complesse


Circa la prestazione, o meglio il suo oggetto, il diritto romano distingueva: 1. obbligazioni generiche e specifiche: nelle prime, l'oggetto era una cosa generica (ad es. obligatio pecuniae) mente nelle seconde era una cosa ben individuata. L'obbligazione generica non diveniva mai impossibile, perch genus numquam perit ed il bene fungibile poteva essere facilmente sostituito. Nel diritto classico, la scelta delle cose da dare spettava al debitore (ad libitum debitoris), purch non desse la cosa peggiore ricompresa in quel genus (nec optimum nec pessimum). Giustiniano stabil che la scelta potesse spettare anche al creditore: se spettava al creditore, egli poteva pretendere una res optima; se spettava al debitore, egli doveva dare una res mediae aestimationis. 2. obbligazioni divisibili e indivisibili: la disciplina di esse era per lo pi simile a quella moderna. Ad esempio, l'obbligazione di dare era di regola divisibile se era pecuniaria o aveva per oggetto una cosa fungibile. 3. obbligazioni alternative e facoltative:(duae vel plures sunt in obligatione, una autem in solutione): lo ius electionis spettava di regola al debitore, salvo patto contrario. Il debitore aveva anche lo ius variandi, cio la facolt di mutare la scelta fino al momento della solutio. Se lo jus variandi spettava al creditore, egli poteva scegliere e mutare intenzione fino alla chiamata in giudizio del debitore. Lo ius variandi era escluso se vi era la clausola quam voluero: in tal caso, cum semel elegerit, mutare voluntatem non possit.

Obbligazioni complesse Lo ius variandi era trasmissibile agli eredi del debitore o del creditore; se spettava ad un terzo, morte finitur. Problema particolare era se il debitore per errore pagasse entrambe le prestazioni alternative: si dubitava della titolarit del diritto di chiedere la repetitio rei, se al debitore o al creditore. Giustiniano attribu la ripetizione allo stesso soggetto che aveva lo jus electionis. Il pagamento, la acceptilatio o la remisione di una delle due cose alternative estingueva l'intera obbligazione. Il pactum de non petendo riferito ad una sola delle prestazioni non chiariva se si volesse rimettere tutta l'obbligazione o solo la prestazione cui si riferiva: Giustiniano ritenne che si volesse estinguere solo la prestazione cui era riferito il pactum, anche se non mancano fonti che sostengono il contrario. La normativa romana in materia di impossibilit sopravvenuta della prestazione si avvicina molto a quella moderna. Se il perimento della cosa era dovuto a colpa del debitore, l'obbligazione si concentrava sulla cosa rimasta; se il perimento era dovuto al caso fortuito e riguardava l'unica cosa rimasta, l'obbligazione si estingueva, ma nel diritto postclassico la regola era che il perimento per caso fortuito della cosa rimasta dava al creditore la cd. actio doli per ottenere una somma pari al valore medio dele due prestazioni. Il debitore poteva liberarsi pagando l'aestimatio, cio il prezzo della cosa perita per caso fortuito, anche se l'altra cosa era rimasta in vita. Per ottenere l'adempimento dell'obbligazione alternativa, il creditore aveva l'actio certi (se la prestazione era generica, aveva l'actio incerti) quando la scelta spettava a lui. Se spettava al debitore, egli poteva agire con l'actio incerti, che poteva essere ex stipulatu oppure ex testamento a seconda della fonte dell'obbligazione. Nelle obbligazioni facoltative invece la prestazione era una soltanto, ma il debitore poteva liberarsi prestando un'altra cosa (una res est in obligatione, duae sunt autem in facultate solutionis). L'obbligazione facoltativa era considerata a tutti gli effetti un'obbligazione semplice, con una sola prestazione.

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I soggetti e le persone

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I soggetti e le persone
I soggetti e le persone
In Roma, era soggetto di diritto la persona fisica intesa nel senso di uomo, e veniva indicata con il termine caput che significa testa, ovvero individuo. Non esiste traccia di persone giuridiche intese in senso moderno: vi erano solo associazioni ed enti cui non veniva mai riferito il termine persona. Di conseguenza, solo gli uomini avevano capacit giuridica ed erano ritenuti soggetti di diritto. Per essere soggetto di diritto, occorrevano determinati requisiti: che il neonato fosse nato vivo, che il parto fosse perfectus (cio maturo, di almeno sette mesi) e che avesse forma umana. I monstra (o ostenta) , neonati deformi, venivano soppressi e comunque non avevano alcuna capacit giuridica. Il frutto dell'aborto non era considerato nato a nessun titolo. Per i Romani, non aveva importanza il solo momento della nascita, ma anche il momento del concepimento: infatti, in relazione allo status libertatis, nasceva libero il figlio di chi -al momento del concepimento- era libero, anche se successivamente il genitore perdeva la libert. Giustiniano stabil che per determinare lo status libertatis si doveva avere riguardo al momento della nascita o a quello del concepimento a seconda dei vantaggi che ne potevano derivare all'individuo. L'estinzione della persona fisica avveniva con la morte. Per il caso di commorienza, il diritto classico presumeva iuris et de iure che tutti fossero morti nello stesso istante, mentre il diritto giustinianeo applic il principio della maggior resistenza fisica, considerando morti dapprima i pi deboli (impuberes), poi i vecchi (seniores) e infine i puberes.

Lo status libertatis
Importante era, nella terminologia romana, il termine status, che indicava la posizione dell'individuo nei confronti dell'ordinamento: uomo libero, cittadino, membro della famiglia. Il diritto romano conobbe nei tre suddetti status altrettanti requisiti, o meglio condizioni necessarie per l'acquisto della capacit. In relazione allo status libertatis, Roma distingueva gli uomini in liberi e schiavi (summa divisio) ; la libert si acquistava per nascita (liberi ingenui) o per manumissione (liberti). Solo i liberi ingenui potevano avere la cittadinanza, la capacit giuridica, il ius connubii e il ius commercii. Invece i liberti potevano avere una cittadinanza di serie b come la Latinitas o potevano essere considerati peregrini deiectii. Il ius civile conosceva diverse forme di manumissione (=affrancazione) degli schiavi; Giustiniano afferm il principio del favor libertatis, in base al quale aveva effetto qualsiasi manifestazione di volont in tal senso espressa dal padrone per liberare lo schiavo, a prescindere dalla forma. La perdita dello status libertatis costituiva una capitis diminutio maxima(e poteva avvenire quando,ad esempio, una donna libera si univa ad uno schiavo.).

Lo status civitatis
Lo status civitatis era la cittadinanza di cui godevano solo i cives Romani. In et arcaica, erano cives Romani solo i nati in Roma e gli appartenenti ad una delle 31 trib rustiche, mentre gli altri erano latini o peregrini o apolides. La cittadinanza si acquistava per nascita da padre o madre cittadini, e si perdeva per capitis deminutio media (come ad esempio il trasferimento in una colonia). Il possesso della cittadinanza comportava la piena capacit giuridica consistente nello ius commercii, ius connubi, ius testamenti factio (attiva e passiva, ius suffragi e ius honorum. A parte veniva considerato lo ius militiae.

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Lo status familiae
In rapporto allo status familiae si avevano persone sui iuris e persone alieni iuris. Era sui iuris il paterfamilias, incarnazione dell'autorit, assoluto dominus della propria casa, con poteri pressoch illimitati sui figli, familiari e schiavi. Nel diritto classico si form una terza categoria di persone quelle in causa mancipi, cio quelli che erano stati trasferiti ad altri soggetti a titolo di propriet, in posizione quasi servile, per aver commesso delitti o a garanzia di obbligazioni assunte. I poteri che esercitava il pater familias erano: la manus maritalis sulla uxor, la patria potestas sui filii, la dominica potestas sugli schiavi, il dominium ex iure Quiritium sulle res. La perdita dello status familiae (ad esempio per volont di un sui iuris di farsi adottare, con perdita del suo stato di paterfamilias) costituiva una capitis diminutio minima.

Limitazioni alla capacit giuridica


Al cittadino che si trovasse in determinate condizioni, veniva limitata la capacit giuridica, pur rimanendo egli libero, cives e sui iuris. Cause minoratrici della capacit giuridica erano la cosiddetta infamia, derivante da: esercizio di mestieri infamanti (lenocinio, attivit teatrale o gladiatoria, ecc.) inosservanza del tempus lugendi aver commesso un delictum esclusione dall'esercito per ignominia Gli infami erano privati della capacit di postulare pro aliis (di diritto pretorio), del ius suffragi e del ius honorum. Anche gli addicti (coloro che erano caduti nelle mani dei propri creditori insoddisfatti) ed i nexi (coloro che si consegnavano volotnariamente ai propri creditori a garanzia del proprio debito, con facolt di riscattarsi) rimanevano formalmente liberi, ma subivano di fatto delle limitazioni in campo patrimoniale. Le donne, a parte l'incapacit di partecipare alla vita pubblica, non potevano adottare n essere tutrici di impuberes, avevano limitata capacit di succedere e non potevano contrarre obbligazioni. La capacit giuridica era nettamente distinta dalla capacit di agire. Erano incapaci di agire gli infantes, gli impuberes, i minori di XXV annorum, le donne, i furiosi, i prodighi e gli affetti da infermit mentali, incapaci di gestire i propri beni. Di regola, tali soggetti venivano assistiti da tutori o curatori, scelti fra gli adgnati o parentes, o anche fra estranei.

Le persone giuridiche
Fin dal periodo classico, si riconobbe una certa soggettivit giuridica agli enti associativi; ma soltanto dopo l'epoca giustinianea si ammisse la possibilit di personificare un patrimonio avente un proprio autonomo scopo, giungendo cos a configurare le fondazioni. Il modello su cui i giuristi elaborarono la figura dei corpora vel universitates fu fornito dalla maggiore organizzazione esistente all'epoca: il Populus Romanus Quiritium. Infatti, "Populus Romanus" era il nome con cui si indicava lo Stato come persona giuridica, anche se ad esso non fu mai riconosciuta una capacit giuridica di diritto civile. Oltre al Populus, vi erano altre persone giuridiche quali le coloniae, le provinciae, i collegia, le piae causae e le sodalitates. I collegia e le sodalitates erano consociazioni di antichissima tradizione; i primi erano formati in prevalenza a scopo di culto, mentre le seconde erano costituite a fini di ricreazione e mutua assistenza ai soci. La regolamentazione di questi enti fu opera di Augusto, il quale rese obbligatoria un'autorizzazione del Senato per la costituzione di nuovi collegia e sodalitates. Argomentando da Gaio, sembra che per la costituzione di in nuovo collegium occorresse la voluntas di almeno tre

I soggetti e le persone persone, la creazione di una arca communis (patrimonio sociale distinto da quello dei soci), e la richiesta di autorizzazione al Senato. Solo se l'autorizzazione era rilasciata, il collegium veniva costituito, altrimenti non esisteva neanche di fatto: invero, il diritto romano non conosceva la categoria delle associazioni non riconosciute e degli enti di fatto. Anche le fondazioni erano ignote ai Romani fino all'epoca giustinianea; solo in questo periodo, infatti, vennero riconosciute le piae causae (associazioni con fini di beneficenza), alle quali fu attribuita anche la testamenti factio passiva, cio la capacit di ricevere per testamento. Un notevole progresso nel riconoscimento della personalit ai patrimoni autonomi si ebbe con la figura della eredit giacente, che fu considerata dapprima come res nullius (suscettibile quindi di occupazione), poi domina delle cose ereditarie. In et arcaica, si consider retroattiva l'accettazione dell'eredit da parte dell'erede; successivamente, si prefer fingere che la vita del de cuius si protraesse fino all'accettazione, sostenendo che l'eredit giacente personae defuncti vicem sustinet. Partendo da questa considerazione, si arriv infine a considerare l'eredit giacente come domina delle cose ereditarie. Il fiscus non fu mai considerato persona giuridica: anzi, essendo aerarium Populi Romani, era soggetto al potere del Principe. Per volont degli imperatori, il fiscus in seguito assunse l'insolita struttura di cassa generale dello Stato, ma non si giunse mai a considerarlo come persona giuridica autonoma.

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Trasmissione delle obbligazioni


Trasmissione delle obbligazioni
Il diritto romano escluse che un rapporto obbligatorio fosse trasmissibile da persona a persona; l'unica eccezione riguardava la successione a titolo universale. Questo divieto posto in via teorica, non imped nella pratica che si potesse attuare il trasferimento del credito o del debito, o di entrambi, seppure mediante espedienti empirici. A tale scopo, si utilizzarono lo schema della novatio delegativa e della novatio espromissoria.

La delegatio
Chi voleva cedere un credito imponeva al debitore di promettere ad altri, nella forma di una stipulazione "novatoria", ci che doveva a lui. La delegatio (o novatio delegatoria) era un accordo trilatero fra creditore delegante, debitore delegato e terzo delegatario, e non comportava un semplice mutamento soggettivo, ma creava una nova obligatio con un nuovo creditore, sempre se sussisteva il consenso del debitore. La definizione di delegatio si trova nelle fonti: delegare significa dare un altro obbligato al creditore, sotto forma di stipulatio o per litis contestatio. Il cessionario di un'eredit a titolo oneroso aveva l'actio utilis suo nomine (dove nomine significa "debito") contro tutti i debitori dell'eredit. In tal caso, il debitore che avesse avuto notizia della cessione non poteva pi validamente pagare al cedente: si afferm cos l'uso (divenuto poi regola giuridica) del cessionario di notificare immediatamente al debitore la cessione. Al cessionario spettava la garanzia del nomen verum, cio dell'esistenza del debito, non anche quella del nomen bonum (garanzia di solvibilit del debitore ceduto). Il cessionario acquistava il credito cos come era presso il cedente, e il debitore ceduto poteva opporre tutte le eccezioni relative al credito, salvo quelle inerenti alla persona del cedente. Un mezzo pi efficace per effettuare la cessione del credito fu dato dal ricorso alla cd. rappresentanza indiretta: il

Trasmissione delle obbligazioni creditore conferiva al cessionario un mandato ad agire, ed il procuratore (che nel caso di specie era procurator in rem suam) con la litis contestatio acquistava il credito; tale sistema ebbe larga diffusione per la rapidit con cui si consentiva l'acquisto del credito.

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L'expromissio
Mentre la cessione del credito era di fatto ammessa, sia pure mediante espedienti pratici, in diritto romano la cessione del debito era impedita dal principio (quasi) inderogabile della intrasmissibilit dell'obbligazione dal lato passivo. Tuttavia, il fine pratico della cessione del debito venne comunque raggiunto con espedienti imperfetti, cio con strumenti indiretti. Uno di questi, il pi diffuso, era la cd. expromissio, un contratto novatorio in cui si sostituiva alla vecchia obbligazione una nuova, con un nuovo soggetto passivo. Anche nel campo della cessione del debito si afferm l'uso di far subentrare in giudizio, al posto del convenuto-debitore, un altro soggetto in veste di cognitor in rem suam (cd. cognitor interveniens). Costui prendeva il posto del debitore originario nel giudizio e ne assumeva il debito. Sia nel caso del procurator che del cognitor, si aveva dunque un mutamento del soggetto (rispettivamente attivo e passivo) del rapporto obbligatorio, ma mentre nel primo caso l'accordo era trilatero, nella cessione del debito si aveva un accordo bilaterare tra cedente e cessionario, con l'esclusione dell'intervento del creditore ceduto.

La responsabilit
La responsabilit contrattuale
I criteri di imputazione della responsabilit erano considerati "elementi naturali" del contratto, ma potevano essere modificati dalle parti. Alcuni contratti ammettevano solo il dolus malus (frode), altri il dolo e la colpa: magna neglegentia colpa est; magna culpa dolus est: con queste regole, il diritto romano imputava l'inadempimento, ma non trascurava di operare una graduazione della colpa.

Esonero da responsabilit contrattuale


I casi di esonero da responsabilit erano dati dalla vis maior e dal casus fortuitus, che portavano senz'altro alla liberazione del debitore, in quanto in entrambi i casi si trattava di eventi del tutto inevitabili (rapinae, incendia, impetus praedonum, ecc). Nei casi in cui l'inadempimento poteva addebitarsi al debitore, l'obbligazione continuava a sussistere, in virt del principio della perpetuatio obligationis che poteva far condannare il debitore (dal giudice a pagare una somma di denaro in luogo della prestazione ormai divenuta impossibile. Tra l'altro, vigeva anche il principio della compensatio lucri cum damno. Era ben nota anche la responsabilit ex recepto: essa si agganciava ai contratti di jus civile che importavano restituzione o gestione; la neglegentia nella custodia faceva scattare una sorta di responsabilit oggettiva, per cui il soggetto passivo era tenuto a praestare dolum. Tale criterio di imputazione si riteveva applicabile se l'oggetto depositato o comodato periva.

La responsabilit

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La culpa
La colpa contrattuale interveniva negli atti illeciti collegati ad un particolare rapporto (derivante da contratto) con un altro soggetto. Erano ipotesi note: la culpa lata (cio non capire quello che tutti capiscono) assimilata in qualche ipotesi al dolo, la culpa levis (cio non provvedere diligentemente), la culpa levissima, introdotta dalla Lex Aquilia e perci detta "colpa aquiliana", ma riconoscibile solo nei casi di illecito extracontrattuale, dove manca qualsiasi rapporto convenzionale o pattizio con altri soggetti.

La tutela del credito


La tutela del credito si realizzava presso i Romani mediante strumenti che miravano a mantenere, rafforzare o reintegrare il patrimonio debitorio, che era soggetto a garanzia generica. Il rafforzamento del credito poteva avvenire mediante i privilegia o le garanzie, personali e reali. La reintegrazione del patrimonio debitorio era affidata, dal punto di vista processuale, a delle azioni, come l'actio Pauliana, che riassumeva in s le caratteristiche dell'interdictum fraudatorium e della restitutio in integrum. Antesignane dell'attuale esecuzione forzata erano la bonorum venditio e la bonorum distractio, mezzi giudiziari che consentivano l'esecuzione contro il debitore inadempiente pi che la prevenzione del pregiudizio economico dei creditori.

I privilegia
I privilegia attribuivano una preferenza a taluno dei creditori al momento della distribuzione del ricavato dei beni venduti, a seguito di esecuzione forzata. Si distinguevano: privilegia causae (privilegi reali), che potevano trasmettersi agli eredi el creditore in quanto assistiti da garanzia reale; privilegia personae (privilegi personali), che non potevano trasmettersi agli eredi. Per lungo tempo non vi fu una gerarchia dei privilegia: solo in et post-classica si stabil che, al momento della ripartizione del ricavato dalla vendita forzata, venivano pagati nel seguente ordine: 1. 2. 3. 4. i pignora publica (risultanti da atto pubblico), i pignora quasi publica (costituiti dinanzi a tre testimoni), i crediti assistiti dal privilegium exigendi (crediti pignoratizi o ipotecari), i privilegia inter personales actiones (cio i crediti chirografari, privi di garanzia reale).

Le garanzie personali
Le garanzie personali erano contratti: si conoscono il receptum argentarii, il constitutum debiti alieni, il mandatum de pecunia credendae e l'adpromissio. Il constitutum era un patto munito di azione (actio de constituta pecunia, poi actio in factum concepta), in base al quale un soggetto si obbligava a pagare, in un certo giorno, un debito altrui. Nel diritto classico, era riconosciuto soltanto il constitutum de pecunia (denaro o altre cose fungibili), ma Giustiniano ammise che il patto potesse avere ad oggetto qualsiasi cosa, purch non illecita. I recepta erano contratti, analoghi al constitutim, tutelati dallo jus paetorium. In particolare, il receptum argentarii era il contratto con cui un banchiere si obbligava a pagare somme per conto di

La tutela del credito un proprio cliente. Proprio per le evidenti analogie con il constitutum, Giustiniano fuse le due figure sotto l'unica denominazione di constituta. Il mandatum pecuniae credendae era un mandato di credito di natura consensuale (obligatio consensu), con cui taluno incaricava un altro di prestare denaro (o altre cose fungibili) ad un terzo. Era perci una sorta di malleveria, avente ad oggetto un mutuo. Se il mutuatario non pagava, il mandatario poteva agire con l'actio contrarium iudicium mandati per ottenre il pagamento, e cos il mandante assumeva il ruolo di garante del mutuatario. Il mandato non creava solidariet fra debitore e garante, ma, quando poi Giustiniano concesse al mallevadore il beneficium excussionis, il mandatum cadde in disuso in favore della fideiussio. Sponsio e fideipromissio erano due contratti perfettamente simmetrici, il primo utilizzabile solo da parte dei cives romani, il secondo anche dai peregrini. La sponsio e la fideipromissio erano le figure pi antiche e pi tipiche di garanzia conosciute dal mondo romano: creavano rapporti accessori aventi lo stesso oggetto dell'obbligazione principale (essendo inammissibile la sponsio in duriorem causam) e restavano validi anche in caso di nullit dell'obbligazione principale. Giustiniano soppresse i termini sponsor e fideipromissor, sostituendoli con quello di fideiussor. La fideiussio era un contratto formale nato in et repubblicana, che con Giustiniano divenne l'unica figura di garanzia personale assistita da azione. Oggetto della fideiussione era la medesima prestazione dell'obbligazione principale (fideiussio in omnem causam), ma le parti potevano pattuire una fideiussio indemnitatis, secondo cui ilfideiussor era tenuto a corrispondere solo quella parte che il debitore principale non aveva pagato. La posizione del fideiussore fu pi equamente regolata in et imperiale. Adriano fu il primo imperatore a concedere il beneficium divisionis, in virt del quale il fideiussore escusso poteva esigere dal creditore che dividesse la sua azione tra i vari co-garanti presenti e solventi. Fu invece Giustiniano ad accordare al fideiussore il beneficium excussionis, in virt del quale il fideiussore convenuto in giudizio pu opporre al creditore che egli si rivolga prima contro il debitore principale: fu con questa riforma che la fideiussio assunse il suo ruolo di negozio sussidiario, con natura accessoria, tutelabile con l'actio mandati contraria o con l'actio negotiorum gestorum.

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L'autotutela del credito


Con l'espressione autotutela del credito si intende il complesso di mezzi giuridici con cui il creditore pu soddisfare le sue pretese nei confronti del debitore inadempiente senza ricorrere all'Autorit giudiziaria. In epoca classica, la caparra era nata come mezzo di prova del contratto: il compratore consegna al venditore una parte del prezzo (arrha confirmatoria), come prova che il contratto stato concluso, impegnandosi a non ripeterla nell'ipotesi di inadempimento dell'obbligazione principale. La caparra un nudum pactum, che genera quindi la exceptio pacti conventi, da opporre al debitore che venisse a ripetere la somma versata prima di aver eseguito l'obbligazione principale. Giustiniano ritorn al sistema greco, considerando la caparra come garanzia nella compravendita, sicch il contratto non concluso per colpa del venditore comportava l'obbligo per costui di restituire il duplum, mentre se non si concludeva per colpa del compratore, questi perdeva il simplum (arrha poenitentialis).

I vizi della volont

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I vizi della volont


I vizi della volont
Il diritto romano, per il consueto motivo che aborriva le astrazioni, non elabor una categoria generale dei vizi della volont. Ma vennero in aiuto lo ius honorarium e la iurisprudentia classica, che diedero rilievo ai casi in cui l'autore di un negozio non avrebbe manifestato una certa volont se non fosse intervenuto un elemento esterno a turbarla. Tre furono i vizi giuridicamente rilevanti nell'ordinamento romano: error, metus, dolus malus.

L'errore
L' error fu uno dei vizi della volont che poteva cadere sulla persona o su altri elementi del negozio, con differenti conseguenze circa la validit di questo. In diritto classico, si preferiva parlare di ignorantia, che poteva essere di due tipi: ignorantia facti e ignorantia iuris. Quest'ultima aveva rilievo solo eccezionalmente, ed in riferimento a determinati soggetti (minori, donne, militari, rustici) che, per le loro condizioni, erano ritenuto meno in grado degli altri di conoscere il diritto. Solo l'ignoranza di fatto, quindi, aveva rilievo generale come vizio della volont. Dalle fonti si rileva l'esistenza di cinque tipi di errore: 1. error in persona: uno dei contraenti manifesta la sua volont ritenendo erroneamente che la sua controparte sia una determinata persona. L' error in persona aveva rilevanza solo se la persona era considerata elemento essenziale, come nel mandato, nella donazione, nella 'datio tutoris, ecc.; 2. error in negotio: uno dei contraenti manifesta la sua volont ritenendo di compiere un negozio diverso da quello che in realt sta compiendo, che ovviamente sar invalido; 3. error in substantia: uno dei contraenti manifesta il suo consenso al negozio, ritenendo per errore che una cosa abbia una determinata qualit; per tale errore, il diritto classico adott soluzioni eterogenee a seconda del caso concreto, mentre il diritto [[]]w:Giustiniano Igiustinianeo ammise un'azione a favore del compratore allo scopo di chiedere una riduzione del prezzo; 4. error in corpore: uno dei contraenti manifesta il suo consenso ritenendo erroneamente che il negozio abbia ad oggetto una data cosa. Tale errore portava l'invalidit del negozio; 5. error in qualitate: uno dei contraenti ritiene che l'oggetto del negozio abbia una determinata qualit (non essenziale). Tale errore non aveva alcuna rilevanza, ed era perci detto "errore accidentale". I requisiti generali dell'error facti, ivi considerato, sono la sua essenzialit e la sua scusabilit: secondo questi esso doveva essere determinante dell'invalidit del negozio e comunque grossolanamente riconoscibile come derivante dall'ignoranza dell'autore. Il principio generale posto da Ulpiano, secondo cui non videntur qui errant consentire, si traduceva quindi nell'invalidit del negozio quando l'ignoranza di fatto cadeva nei primi quattro casi elencati. Ma in alcune ipotesi l'errore aveva la funzione di rendere valido un negozio che (senza l'errore) sarebbe stato invalido: ad esempio, se una cittadina romana sposava uno straniero che era privo di ius connubi, ritenendolo per errore un cittadino romano, il matrimonio sarebbe stato nullo se la donna, con l'erroris causa probatio, non avesse chiesto la convalida del matrimonio e l'acquisto per il marito della cittadinanza romana.

I vizi della volont

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Vis e metus
Altro vizio della volont era la vis (violenza fisica), che poteva essere absoluta oppure compulsiva (violenza morale, minaccia). Il principio generale, in base al quale la vis compulsiva (detta anche metus) rendeva il negozio annullabile, dato dalle fonti: vis autem est maioris rei impetus, qui repelli non potest. In et classica, il pretore non considerava valido ci che era stato stipulato a causa del metus, mentre prima era considerata causa invalidante anche la vis. Questa era infatti considerata come necessit imposta ad una volont contraria, mentre il metus era definito trepidatio mentis causa futuri periculi, cio come paura indotta nel soggetto. Il diritto pretorio introdusse, a favore delle vittime del metus e della vis, dei rimedi giuridici: primo e pi importante fu l'actio in integrum restitutio, ma anche le exceptiones ebbero la loro parte. La in integrum restitutio era un'azione che ripristinava lo status quo ante e quindi eliminava gli effetti dannosi del negozio viziato. Altro rimedio era l'exceptio metus, opponibile contro chi pretendesse l'esecuzione del negozio estorto con la violenza o il metus. Nella dizione originale, l'actio metus era detta actio metus ac vis causa, ma poi il termine vis fu abolito. Consisteva nella richiesta del quadruplo della prestazione eseguita sotto minaccia, o del quadruplo del danno subito. Tale azione spettava non solo contro l'autore o il mandante della vis compulsiva, ma anche contro chiunque avesse abusato o acquisito o goduto della cosa frutto della violenza. Il convenuto poteva liberarsi restituendo la cosa. La tutela della vittima del metus si inquadrava nell'attivit del pretore diretta a reprimere qualsiasi forma di dolo o violenza; a proposito del metus, Labeone diceva che esso "non qualsivoglia timore, ma il timore di un male pi grave" (cfr. art. 1435 Codice civile vigente).

Il dolus
Ultimo vizio della volont riconosciuto dallo ius civile era il dolus malus, cio il comportamento malizioso che, in un negozio bilaterale, trae in inganno la controparte. Anche qui in fondo si riconosceva l'esigenza sociale di tutelare chi era stato raggirato, e di difendere l'individuo da certi errori che di per s sarebbero stati irrilevanti ma che (se causati da dolo) rendevano il negozio attaccabile. Anche la repressione del dolo fu opera del diritto pretorio: Cicerone diceva che fu iniziativa del giurista Aquilio Gallo, che redasse la Lex Aquilia. Famosa la definizione del dolo fornita da Labeone: "ogni astuzia, inganno, macchinazione, tesi ad ingannare, circonvenire, imbrogliare". Nel Digesto si legge: "distinguiamo il dolo causam dans, quando senza il raggiro (il negozio) non si sarebbe stipulato, e il dolo incidens quando l'artifizio non stato l'unica causa della stipulazione" (e quindi il negozio sarebbe stato concluso ma a condizioni migliori). Ma entrambe le forme di dolo erano considerate causa di annullabilit del negozio. Il dolus causam dans costituiva motivo di chiedere l'annullamento dell'atto (con l'azione o l'eccezione di dolo: v. infra); il dolus incidens consentiva solo di chiedere un congruo indennizzo o la reductio ad aequitatem (questa distinzione ha origini medioevali e non romanistiche). Lo ius honorarium concesse come rimedi l'actio doli e l'exceptio doli: la prima era esperibile dalla vittima del raggiro quando aveva gi adempiuto la propria prestazione e mirava ad ottenerne la restituzione. L'actio doli era un'azione penale infamante, caratterizzata dall'intrasmissibilit passiva e dall'esperibilit entro un anno dal raggiro. Per la gravit delle sue conseguenze, tale azione poteva essere esperita solo quando mancava ogni altro rimedio giuridico. A discrezione del pretore, poteva essere concessa l' actio in factum, non infamante, sia dopo un anno dal raggiro, sia contro gli eredi dell'autore del dolo. Dalle parole di Ulpiano ("l'editto pretorio ha anche tali parole: giudicher quelle cose fatte con frode, se intorno ad esse non vi sar altra azione giudiziaria e se la cosa mi sembrer opportuna") si deduce che l'actio doli aveva

I vizi della volont carattere sussidiario, in quanto promovibile solo in mancanza di altri rimedi; la giurisprudenza la ritenne applicabile anche nel caso in cui il dolo fosse stato conseguente alla formazione del negozio. L'exceptio doli era invece opponibile a chi (dopo aver agito col dolo) chiedeva l'adempimento del negozio: anche qui si distingueva una exceptio doli specialis seu praeteriti per il dolo commesso al tempo della conclusione del negozio, ed una exceptio doli generalis seu praesentis per il dolo commesso in un momento successivo (di pi larga applicazione).

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La simulazione
Lo ius civile distingueva i casi in cui la volont mancava, dai casi in cui vi era divergenza tra volont e manifestazione. La volont mancava nei casi di riserva mentale, cio nei casi in cui il soggetto dichiarava una cosa mentre ne voleva un'altra, e nei casi illustrati da Paolo: per iocum puta, vel demonstrandi causa. Quando la volont mancava del tutto, il diritto romano considerava nullo il negozio. Poteva anche darsi che la manifestazione di volont non collimasse perfettamente con l'intenzione del dichiarante: era l'ipotesi della simulazione. Simulare significa fingere; il diritto classico riteneva che acta simulata veritatis substantiam mutare non possunt, e che quindi il negozio simulato non aveva alcun effetto nel mondo giuridico, mentre lo aveva quello effettivamente voluto dalle parti (se c'era): plus valet quod agitur, quam quod simulata concipitur. Inoltre, se il negozio dissimulato era in frode alla legge (es. donazione fra coniugi) poteva aver valore, mentre se era in frode a qualche soggetto, questi era tutelato indirettamente mediante l'exceptio o la replicatio doli.

Fonti e autori delle voci

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