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Settimana 2007: A. Carlini, "FONTI PRINCIPALI DEL TESTO PLATONICO DALLANTICHIT AL RINASCIMENTO"

Antonio Carlini

FONTI PRINCIPALI DEL TESTO PLATONICO DALLANTICHIT AL


RINASCIMENTO
Pisa, 14 febbraio 2007 Nellincontro dello scorso anno stato fatto un esame delle varie fasi della tradizione del corpus platonico e si parlato di strettoie, di filtri attraverso cui i testi sono passati. Abbiamo considerato le edizioni alessandrine, il passaggio da rotolo a codice, la fondazione della biblioteca di Costantinopoli, con la rinascita dei grandi autori ma anche degli autori minori. Abbiamo visto al riguardo il testo di Temistio che celebra questo evento e richiama limportanza del ruolo pubblico della biblioteca per garantire la sopravvivenza soprattutto degli autori minori. Siamo poi giunti a vedere come il IX secolo segni una svolta decisiva, perch con la traslitterazione dalla maiuscola alla minuscola lesemplare in minuscola diventava il punto di partenza della tradizione successiva. Si infine considerata la rinascenza dei Paleologi e let rinascimentale. Questoggi vorrei far parlare alcune fonti testuali della tradizione platonica. Queste fonti devono essere sempre considerate da due punti di vista: uno paleografico e bibliologico1, laltro filologico. La storia del testo platonico si costruisce fino al IX secolo grazie alle testimonianze della tradizione indiretta. Ci sono testimonianze di passi platonici in vari autori, da confrontare con la tradizione manoscritta. Ci sono per sprazzi della tradizione papiracea che vanno dal III secolo a.C. al VI d.C.. Si tratta di frammenti di papiri e di pergamene. Per Platone, come per gran parte dei classici, non c una continuit piena di tradizione tra antichit e Medioevo, come invece c per il testo biblico e il testo virgiliano. Per Platone una testimonianza complessiva labbiamo solo con i codici medievali a partire dal IX secolo. Mentre con i codici dobbiamo passare dallattestazione multipla (abbiamo pi testimoni) allunit del testo nel fare unedizione critica, nel caso della fase pi antica della tradizione bisogna valersi di questi pochi frammenti e della tradizione indiretta, che danno solo sporadici contributi. I papiri Flinders Petrie scoperti nel 1889 ed editi nel 1891-1892 sono frammenti di rotoli del Fedone e del Lachete di importanza straordinaria (III sec. a. C.). Sono emersi in unet in cui trionfava il metodo di Lachmann ed hanno avuto un effetto shock perch era la prima volta che si poteva saggiare il valore del testo trasmesso dai codici medievali. Per capirlo dobbiamo richiamare la serie di edizioni del testo di Platone che si sono susseguite dallOttocento ad oggi. Ledizione di Bekker, basata su alcuni codici, era ignara della genealogia dei manoscritti e presenta un testo eclettico prendendo il meglio dai manoscritti conosciuti. Stallbaum ha invece costruito un testo valorizzando i codici della Biblioteca Laurenziana non conosciuti da Bekker. Abbiamo poi ledizione di Hermann e infine quella di M. Schanz, la prima costruita con criteri filologici rigorosi, nella quale si tiene conto della genealogia dei manoscritti. La successiva edizione di Burnet deve molto a quella di Schanz, ma i suoi criteri metodologici vennero messi in discussione nel 1959 da E. Dodds, autore di una splendida edizione del Gorgia. In questa edizione per la prima volta si cerca di vedere le reali fondamenta delledizione del testo platonico mostrando come sia necessario esaminare a fondo le testimonianze indirette e occorra rivedere il valore di alcune testimonianze trascurate. Alla luce di queste critiche si imponeva una nuova edizione oxoniense. Ad esempio Eric Dodds considera sempre in una sezione speciale dellapparato le testimonianze indirette. Questo di grande aiuto perch chi legge Burnet
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Per aspetto bibliologico si intende tutto ci che concerne laspetto esterno dei manufatti: dei rotoli come dei codici.
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non sa dove inizia e finisce, ad esempio, la testimonianza di Stobeo. un criterio importante che la nuova edizione oxoniense (1995, prime due tetralogie) garantisce anche se in modo un po curioso, relegando lapparato alla fine del testo e ponendo allinizio il compendium auctorum et operum. Abbiamo tuttavia la possibilit di vedere dove una citazione comincia e finisce ed cosa importante. Vi dicevo dello shock causato dalla comparsa dei papiri F. Petrie. In essi in molti casi il testo di Platone appare diverso da quello dei manoscritti. Si sono creati due fronti di filologi: alcuni a favore del papiro, come Blass, che si sforzato di dimostrare la plausibilit delle varianti attestate, altri contrari e fedeli alla tradizione dei codici medievali. Occorre qui sottolineare che nella valutazione di un testimone si deve considerare la linea di tradizione di cui portatore, distinguendola da quanto si pu addebitare al singolo scriba che ha vergato il testo e che pu avere sbagliato, visto male, saltato parti. Sono stati individuati nei papiri Petrie molti errori del genere, ma questo non inficia il valore della linea di testimonianza. Si fatta strada una linea di valutazione molto pi equilibrata. Il papiro pu essere utilizzato confrontandolo con ledizione medievale. Sappiamo che viene prima delledizione alessandrina. Se questa ha incanalato il testo platonico verso una tradizione uniforme, possiamo vedere come un testimone autonomo rispetto a questa linea porti un testo diverso. Vorrei vedere due casi di queste varianti: uno per mostrare come si debba passare per la ricostruzione fisica del testo riportato sul manufatto, laltro per sottolineare limportanza che anche piccoli frammenti possono avere nella ricostruzione del testo. Il papiro Petrie ha infine un potenziale dimostrativo anche per la parte non coperta. C ununit di fondo della tradizione che i papiri e i codici consentono di ricostruire. Ma si affaccia anche il problema che ora i nostri editori oxoniensi sollevano a proposito del Cratilo (437 d - 438 b) cio della possibile esistenza di versioni alternative entrambe originali (varianti dautore). Possiamo dunque vedere questa prima tavola in cui sono riprodotti alcuni dei dodici frammenti, alcuni a pi colonne, del papiro Petrie di Platone. Che siano a pi colonne si vede dal frammento maggiore. una scrittura che sebbene abbia ancora residui epigrafici, senzaltro pi morbida e fluente di altre e segna un grande progresso nellevoluzione della scrittura libraria. Ci sono paragraphoi e anche trattini orizzontali per le incisioni nelle battute dialogiche, che rivelano il desiderio di presentare il testo in una forma corretta e di aiuto al lettore. Vorrei soffermarmi sui primi due che sembrano frammenti disperati: 67e e 68a. Il testo qui riportato nella tavola 2 il testo delledizione di Strachan nellambito della nuova oxoniense. Siamo nel punto in cui nel Fedone si parla della conquista della perfetta e vera sapienza che opera dellanima e non del corpo: questultimo dostacolo e non permette di conquistare la sapienza, cos che il filosofo disprezza il corpo e solo la morte permette di giungere alla piena sapienza. Cos la vita del filosofo una preparazione alla morte. Dice Socrate: Sarebbe allora ridicolo che chi si prepara per tutta la vita ad essere quanto pi vicino possibile al morire e cos viva, quando arriva la morte si rammaricasse di questo. La risposta : ; In apparato si legge: P, sed Socrati trib.: Simmiae trib. Burnet: inter (e 2) et (e 5) desunt non amplius xiii litt. in P2: b TWQ Socrati tribuentes. Se vediamo il frammento 67e al rigo quarto possiamo vedere che c un: ] . Abbiamo la fortuna che il papiro Petrie (P2) non ha la preoccupazione di far rientrare linizio del rigo precedente con la battuta di Simmia. Sotto abbiamo: . Leditore dice che non c spazio per pi di tredici lettere e ; il testo accolto dalla nuova oxoniense e gi da Burnet. Tutti i codici, anche P (Vat. Palat. Gr. 173), a differenza di quanto indica Strachan in apparato, riportano invece -- ; Perch questa scelta fatta sulla base degli spazi del papiro che porta anche a una diversa divisione delle battute? Si tratta di una scelta giusta che corrisponde allusus di Platone di riprendere una parola-chiave della battuta dellinterlocutore rinforzandola con ; (cfr. Fedone 82a; Repubblica 416a). un caso in cui il papiro ha suggerito a Burnet una correzione. Occorre essere per prudenti perch si
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ricostruisce sul vuoto, non sappiamo se lo scriba avesse recuperato e scritto nellinterlinea un che prima aveva dimenticato. Tuttavia Burnet ha potuto usare questa testimonianza per modificare il testo e riportarlo allusus di Platone. Laltro frammento fa ancora discutere perch le scelte degli editori sono state diverse. Dice Socrate che se molti hanno voluto andare nellAde per raggiungere loggetto del loro amore, a maggior ragione il filosofo desiderer di morire perch sa che solo nellAde potr raggiungere pienamente la (Phaed. 68a3 - b2). Se per amori umani e di donne e di figli morti, molti vollero deliberatamente scendere nellAde guidati dalla speranza di trovarli. Se prendiamo il rigo 2 del frammento troviamo: , che riportato correttamente nellapparato critico dalleditore Strachan. Qui la situazione diversa perch non sono pi i figli ma gli amanti. Il sostegno alla lezione del papiro viene da un passo del Simposio (181 B 2-3) dove vanno insieme e , che non nel senso di figli ma di amanti. Burnet e Strachan accettano dei manoscritti medievali, invece leditore della Collection des Universits de Framce Paul Vicaire accoglie , perch ritiene che sia nato in unet in cui leros attico non era conosciuto ma condannato. Si andati alla caccia di esempi mitici sul valore esemplare del sacrificio dei figli: senza successo. Non una variante banale, ma deve essere considerata. Il papiro solo, lunico testimone; ma fa riflettere. Analizziamo un esempio di tradizione indiretta su papiro. Le tavole 7-8 riportano i sigla codicum delledizione oxoniense2. Qui compare questo papiro, diviso in due tronconi, P4 e P8. Non c qui il testo del Fedone, ma una discussione sul testo del dialogo. Possono essere i frammenti di un commento o di unopera autonoma che cita Platone. Quando abbiamo frammenti e in questi viene citato un autore pu essere unopera di un commentatore che ha lintenzione di discutere quel punto oppure pu essere lopera autonoma di uno studioso che costruendo il proprio testo ha occasione di citare il testo del filosofo antico. Il fatto che questi due frammenti abbiano le stesse caratteristiche bibliologiche (stessa scrittura, stessa impostazione delle colonne, stesso modo di dividere, citare, usare i paragraphoi etc.) dice che devono andare insieme e non fa specie che appartengano a due collezioni diverse. Quello che esaminiamo un cartonnage di mummia che, una volta diviso, ha generato due frammenti. La tavola 3 presenta il frammento di Monaco, che ha la forma di un piede ed forse stato impiegato come sandalo. I due frammenti, che sono parte di uno stesso rotolo, riguardano passi del Fedone. difficile pensare, secondo me, che entrambi non facciano parte di uno stesso commento al testo platonico. Ma, a rigore, potrebbe anche trattarsi di un autore che espone la tesi di Platone per poi contrapporre le proprie, secondo la proposta di David Sedley. Qui si parla della dottrina dellanima armonia. Nel senso della epitome o del commento va la schematicit della presentazione nel testo. Al rigo 5-6, dopo una breve pausa, segnata da spazio bianco, abbiamo un , al r. 11, sempre dopo uno spazio bianco, : si pu ben vedere come siano ridotte schematicamente le obiezioni socratiche alla tesi dellanima-armonia: Lanima in quanto anima si legge peggiore o migliore ed in questo diversa dallarmonia, che invece non n migliore n peggiore. Ci sono queste formule introduttive delle singole sezioni (, ) che rivelano un uso scolastico, da epitome o da commento pi che da vera e propria opera originale. Il luogo del Fedone a cui si fa riferimento presenta infatti una complessit e ricchezza di argomentazione che qui assente. Tutto reso schematicamente. Il papiro della tavola 4 testimone di un maggior allineamento con la tradizione medievale. un papiro di Leida in cui non si vedono varianti significative. Si pu dire che gi c stata una canalizzazione della tradizione dovuta alledizione alessandrina, che si affermata paralizzando altre tradizione testuali. Questo testo un palinsesto: esistevano infatti anche i palinsesti di papiro (la superficie del papiro veniva lavata e riscritta). Qui il testo precedente non stato lavato
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Un merito di questa edizione lesistenza di un conspectus siglorum per ogni dialogo, perch i problemi di trasmissione del testo variano da dialogo a dialogo.
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perfettamente e a volte riemerge. il papiro indicato nelledizione con P1. Che dire si legge della capacit di attingere la realt? di impedimento il corpo se qualcuno lo assume con s nella ricerca?. Abbiamo una variante. Si parla dellacquisizione della saggezza (Fedone 65 B e sgg.). Vorrei proporvi la traduzione latina di Tertulliano nel suo De anima3. Se leggiamo la traduzione di Tertulliano possiamo ricavare una variante del testo che sembra raccomandarsi: Quid tum erga ipsam prudentiae possessionem? Vtrumne impedimentum erit corpus, an non, si quis illud socium assumpserit in quaestionem? Tale quid dico: habetne ueritatem aliquam uisio et auditio hominibus? An non etiam poetae haec nobis semper obmussant, quod neque audiamus certum neque uideamus?4. Tertulliano invita a chiedersi se il testo originario fosse in luogo di . Il rinvio qui a un passo di Epicarmo o a Omero, che parla della nebbia che copre la vista della realt delle cose. Direi che il testimone trascurato, perch latino, suggerisce una lezione migliore, pi corrispondente alluso di Platone. Al IV s. d. C. risale una pergamena vindobonense riprodotta nella tavola 5. un esemplare della maiuscola biblica. una scrittura solenne che si impone per la sua regolarit ed eleganza, definita da G. Cavallo canonica perch risponde ad un canone nel tratteggio delle lettere: i tratti discendenti sono marcati, quelli orizzontali filiformi, quelli obliqui medi. una scrittura che ha un suo inizio, una sua formazione, una sua maturit e una sua decadenza. Il frammento attesta un bellissimo esemplare del Platone dei dialoghi spuri. Nel quarto secolo, in cui trionfa questa scrittura (abbiamo ad esempio i codici Vaticano e Sinaitico per la Bibbia), si pienamente affermato il codice rispetto al rotolo. I testi classici fino tutto il III secolo sono generalmente su rotolo, mentre i testi cristiani dal II secolo sono con larga prevalenza su codice. una scelta deliberata, che ha ragioni storiche: secondo linterpretazione di Theodor Skeat, il codice stato adottato dai cristiani perch era un comodo contenitore di testi sacri che dovevano essere preservati da intrusioni esterne, in primis dei quattro Vangeli: lunit dei Vangeli era salvata. Per anche testi classici sono scritti in questa scrittura solenne, come dimostra la pergamena di Vienna. Sorprende che ci siano dialoghi spuri di Platone: Erissia e Demodoco. Sappiamo che gli spuri sono gi ricordati in Diogene Laerzio, che, dopo aver elencato i dialoghi di Platone, inserisce una scheda sul modo di iniziare la lettura di Platone. In questo testo laerziano (III 62) si parla poi dei dialoghi considerati per comune consenso spuri ( ). Da notare che homologoumena la definizione che si d dei testi biblici riconosciuti dalle Chiese. Qui si parla invece del consenso laico e profano dei dotti e dei filosofi antichi. Questi dialoghi spuri continuano nella tradizione manoscritta del corpus. impressionante che unedizione cos lussuosa comprendesse gli spuri. Doveva essere un codice di grandi dimensioni, come lo sono i codici della Bibbia di questa epoca. Allet tardo-antica risalgono i due frammenti di codice pergamenaceo di Antinoe del Teeteto. Si parla sempre del supplizio di Tantalo dei papirologi, per cui sul pi bello manca la testimonianza del papiro o della pergamena, che si interrompe nel punto in cui si sa che il testo era tormentato e cera una variante. questo il caso in questione. Il Teeteto ha un prologo fra Euclide e Terpsione, un dialogo diretto, a cui segue un dialogo letto fra Socrate, Teodoro e Teeteto. Il dialogo diretto si immagina avvenuto a Megara nella casa di Euclide. Ad un certo punto Euclide dice di avere partecipato ad una conversazione e di aver sentito da Socrate il resoconto di un dialogo da lui avuto con Teeteto, un dialogo di cui ha steso un resoconto scritto. Terpsione lo invita a darne lettura ed Euclide incarica un giovane servo di leggere il testo con questa avvertenza: il dialogo non stato trascritto come Socrate lo raccontava, ma rendendolo in forma diretta per eliminare tutte le formule di passaggio come: e io dissi, e lui rispose, etc.

Gli autori oxoniensi non hanno incluso le testimonianze latine, sebbene autori come Cicerone abbiano tradotto passi platonici anche estesi. 4 Tertulliano, De Anima , 18, 1.
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C un commento antico al Teeteto ripubblicato nel Corpus dei papiri filosofici, ed unopera notevole. un testo molto importante anche per la ricostruzione testuale perch ha i lemmi del testo del dialogo, evidenziati con diplai, che fanno vedere fin dove continua la citazione precisa di Platone. C qui, in questo commento, un accenno interessante ad un altro proemio, che circolava nel II secolo, il cui inizio era diverso. Il commentatore al Teeteto era quindi testimone di unaltra redazione del proemio del dialogo. Si pensato che sia stata fatta da Platone in omaggio alla memoria di Teeteto, dopo la sua morte avvenuta in uno scontro allistmo di Corinto nel 379 a.C. Il commentatore afferma per decisamente che il testo da lui adottato (che si rivela in tutto corrispondente a quello dei nostri codici medievali) quello pi autorevolmente trasmesso. Sorprende che gli editori oxoniensi, che hanno accolto a testo le due versioni alternative (versio A, versio B) del Cratilo, non diano notizia in apparato dellesistenza e circolazione, attestata da una cos autorevole fonte, di un diverso proemio del Teeteto. Nel lato-carne della pergamena c linizio del dialogo letto con la battuta di Socrate. Leditore della pergamena nella prima riga della colonna (dove sono rimaste solo poche tracce) ha messo , ma il testo non con sicurezza ricostruibile. Potrebbe esserci anche unincisione che segna linizio del dialogo letto dopo il proemio. Nei manoscritti medievali c una formula che indica i personaggi ( ); nei papiri non si trova, ma c nel dialogo filosofico la possibilit per il lettore di scoprire i personaggi che vengono fuori da s grazie ai vocativi con cui sono chiamati in causa. Ci sono nei papiri solo casi di nomi di personaggi aggiunti da una mano successiva. Purtroppo nel caso del Teeteto, il papiro non ci dice niente della continuit o separatezza del dialogo diretto e del dialogo letto. Vorrei illustrare un po le caratteristiche di questa pergamena, che secondo Cavallo imita dei modelli grafici precedenti. Questo papiro stato attribuito allet tardo-antica (V-VI secolo d. C.). Imita una scrittura, la maiuscola rotonda, che era molto diffusa nel II secolo e secondo Cavallo questa mimesi grafica ha anche un valore ideologico, non solo di mera copia e arcaizzazione. Si tratterebbe di una voluta ripresa di modelli antichi, da collocare nel contesto del tentativo di rinascita pagana: ci si vuole ricollegare ad un periodo glorioso come let degli Antonini, ignorando let cristiana. Se questa pergamena viene da Alessandria o in relazione con Alessandria, allora possiamo dire che un testimone anche dellattivit editoriale dei tardi alessandrini. Tuttavia non si pu dire nulla di pi sulla base della provenienza. Questa ripresa di modelli anteriori abbandonati ha anche altri esempi. Si hanno paragraphoi e doppio punto per la divisione delle battute, a differenza del papiro Petrie, che adottava un segno (trattino orizzontale) che non ha avuto molto successo, sebbene testimoni la volont di mostrare in modo molto chiaro il testo con la divisione delle battute. *** Dobbiamo ora affrontare il problema della traslitterazione, momento cruciale nella trasmissione degli autori greci, e vedere i testimoni medievali. Nella tavola 7 presente il conspectus siglorum delledizione oxoniense a cura del Nicoll, capofila della quipe di filologi della nea oxoniensis. Questa tavola mostra la volont di un uniforme criterio delledizione. Si parla cos di famiglie dei codici, elencandoli. Poi si vede, dallultimo capoverso, sia nella tavola 7 che nella 8, relativa al Fedone, che nellapparato di Critone e Fedone uguale alliparchetipo BCD. Questo significa che in tutti i punti in cui si pu ricostruire liparchetipo si usa la sigla . una ricostruzione meccanica, ispirata a criteri lachmanniani, che sacrifica per informazioni critiche importanti. Credo invece che per Platone si debbano considerare le singole testimonianze e le singole attestazioni dei testi. una misura di economia che lascia ogni tanto dei dubbi, soprattutto per la famiglia terza, , in cui sono elencati i manoscritti rappresentativi nellambito della famiglia, fra cui c il vetus corrector codicis B2 e il T2. Questa una ulteriore difficolt nellattestazione delle lezioni. Dicono chiaramente gli editori che i due correctores B2 e T2 non sono stati menzionati quando consentono con . Ma questi due correttori sono molto importanti, perch il loro testo ha
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radice nel IX secolo; essi si rifanno ad un testo forse di Leone il filosofo, una delle grandi personalit del primo rinascimento bizantino. Se questi correttori non vengono citati autonomamente sempre, non sappiamo quando queste lezioni vengono a confermare la lezione della famiglia. Avrei regolarmente citato B2 e T2. Sorprende questo preciso ricorso ad un termine tecnico come iparchetipo perch lascerebbe pensare ad uno stemma della tradizione platonica, quindi ad un archetipo, ad una origine comune. Non credo che si possa parlare di archetipo in senso lachmanniano. Ci sono casi in cui il testo corretto conservato in una sola delle famiglie. Quello a cui si pu attingere non un archetipo come esemplare fisico, ma un tipo di testo comune con una sua unitariet, nato nella rinascita dei testi antichi con la fondazione della biblioteca di Costantinopoli. In nessun caso si pu parlare di archetipo medievale di Platone, perch le singole famiglie hanno varianti comuni spiegabili solo come errori di lettura e traslitterazione da maiuscola. Questo significa che esisteva un modello comune nel senso che si detto, ma risalente allet tardo-antica. Non ci sono viceversa errori comuni a tutti di copia da minuscola, il che indicherebbe lesistenza di un comune capostipite in minuscola. Nel caso del Fedone nella famiglia terza, che la pi ricca, c il codice Par. gr. 1813 (Q). Ho dubbi sul fatto che si tratti di una fonte autonoma, ma pi probabile che sia frutto di recupero di lezioni antiche, nellambito di unattivit di revisione del testo. Nella famiglia terza rappresentata da , c anche un esemplare utilizzato da Enrico Aristippo per la traduzione del Fedone, indicato con la sigla . un esemplare che si pu ricostruire in ogni punto. Alla tavola 16 avete ledizione critica curata da Minio Paluello della traduzione di Enrico Aristippo, portata a termine alla met del XII secolo a Palermo (che era centro di cultura greca, latina e araba), dopo averla iniziata durante una campagna militare. Questa traduzione utilizzabile quasi come antigrafo greco, perch i medievali traducevano parola per parola. Minio Paluello ha dimostrato che due sono le redazioni di Enrico Aristippo, e riporta in due sezioni separate dellapparato le varianti della prima e della seconda redazione del testo. Minio Paluello presenta anche una terza sezione dellapparato per il confronto con il testo greco. Vediamo che inserisce W per indicare il testo greco di riferimento, confermando lappartenenza alla famiglia del codice greco utilizzato per la traduzione. Alla tavola 11 riportato il primo manoscritto della famiglia , il Bodl. Cl. 39. La tavola riproduce la fine del Cratilo e linizio del Fedone. uno dei manoscritti databili; risale all895 ed stato scritto per conto di Areta da un calligrafo. Vedete la presentazione del testo: ben diversa da quella dei papiri, che molto pi sommaria. Nei papiri possibile trovare autore e titolo dellopera: queste indicazioni si collocavano in genere alla fine. Abbiamo ad esempio un papiro dellAlcione, uno degli spuri del corpus platonico, che ritroviamo anche nel corpus di Luciano. Ha una doppia copertura tradizionale. In un papiro del II secolo (PapOxy 3683) in cui si conserva il colofone si legge , cio era attribuito a Platone nonostante che sia un dialogo bastardo finito poi nel corpus di Luciano. Nei codici medievali, invece, i titoli sono molto precisi. In questo manoscritto abbiamo un delta, che indica il quarto dialogo della prima tetralogia. Non tutti i codici, ma quelli che trasmettono sistematicamente lopera platonica lo fanno nellordine tetralogico. Ci sono poi sillogi di dialoghi, che vedremo. Qui invece c una piena volont di riprodurre il corpus tetralogico che ha radici antichissime, risalendo a Trasillo e addirittura allAccademia di mezzo. Si legge poi il titolo, Fedone, e il sottotitolo sullanima e il qualificativo, . strano che gli editori oxoniensi non abbiano riportato il sottotitolo nella loro edizione, dal momento che questo ha una antichissima tradizione. Lo stesso Aristotele cita i dialoghi platonici servendosi del sottotitolo. Una mano pi recente ha introdotto i personaggi: Echecrate e Fedone, ma, grazie ai vocativi delle battute iniziali, questo si rivela superfluo. C poi il titolo finale del dialogo precedente, il terzo della prima tetralogia: il Critone, con il sottotitolo . importante riportare i sottotitoli perch ci sono differenze fra la tradizione medievale di questi sottotitoli e quanto riportato da Diogene Laerzio.
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I due codici apparentati con il Bodleiano (tavole 12, 12bis, 13) sono: il Marciano gr. 185 che ha questi titoli molto in evidenza e nella fascia bianca rimasta c un . . etc. Si tratta di una notazione apposta successivamente, come questa del Critone. Anche il Tubingensis dellXI secolo ha un titolo aggiunto successivamente perch i margini sono spesso utilizzati per le pi svariate annotazioni. Ad esempio il Par. gr. 1808 ha addirittura un sinassario5 in antico slavo a margine del Fedone. Interessante poi il Veneto Marciano append. class. IV 1 (tavola 14), retrodatato al X secolo (la sigla T). un caso che mostra laiuto dato dalla paleografia alla filologia. Spesso si faceva la collazione senza occuparsi del codice e della sua storia, delle note marginali e del resto. La sottolineatura dellimportanza di questi dati anche sul piano filologico costituisce un apporto prezioso dei paleografi. Bisogna cercare di essere attenti alle considerazioni paleografiche per finalizzarle alla costituzione del testo. Avremo modo di parlare di un caso interessante che ha contrapposto a Pisa paleografi e filologi per un problema di datazione. Credo sia inscindibile il lavoro del filologo da quello del paleografo. Se uno si isola nella sua disciplina rischia di non vedere cose importanti. Il testo che qui consideriamo pu essere attribuito allo scriptorium del monaco Ephrem. Scritto su due colonne, presenta il titolo e il sottotitolo del Critone, ma c una variante marginale aggiunta successivamente, secondo cui il Critone sarebbe un dialogo sullopinione vera e sul giusto. Il codice del X secolo ma stato messo in relazione con il Par. gr. 1807 (IX sec.) che contiene il secondo tomo delle tetralogie platoniche (VIII e IX): deriverebbe dal codice perduto che conteneva la prima parte del corpus. Questa diversit di contenuto fra i tomi facile da spiegare: IVII sono tetralogie con dialoghi brevi, nella VIII e IX tetralogia ci sono invece Repubblica e Leggi. Il corpus platonico non poteva essere compreso in un unico tomo. Solo due codici laurenziani (59, 1 e 85, 9) e un marciano (Marc. gr. 184) raccolgono in un solo volume tutti i dialoghi, ma questi codici sono frutto dellassemblaggio dei due tomi a formare un unico volume di tutto Platone. Lanalisi filologica ha suggerito di vedere nel ms Marciano (Append. classe IV 1) un apografo del primo volume del corpus la cui seconda parte presente nel Parigino. Si pu citare il lavoro del padre Saffrey sulla storia del Par. gr. 1807 che un profilo storico esemplare di un manoscritto che viene considerato in tutti gli aspetti della sua storia con nuovi particolari molto interessanti. questo il manoscritto che dovrebbe essere stato nelle mani del Petrarca, come suggerisce un passo di uno scritto del poeta in cui viene fatta una descrizione abbastanza precisa del codice. Manca ancora la prova provata, ma sono in corso ricerche per verificare questa ipotesi. Sappiamo infatti che alla morte del Petrarca, una volta tramontata lidea di passare il fondo alla Marciana, i testi della sua biblioteca finirono nelle mani dei Visconti Sforza a Pavia alla fine del 400. Il Marciano T un manoscritto che ha avuto una grande importanza nella tradizione platonica perch rimasto lunico manoscritto della seconda famiglia, nonostante gli sforzi di Dodds per dimostrare lindipendenza del Par. gr. 1808. in realt il capostipite di una ricchissima discendenza. La tavola 15 presenta il capofila della terza famiglia: il ms Vindob. suppl. gr. 7 (W). un bellesemplare dellXI secolo, che ha al suo interno cose insospettabili come la redazione alternativa del Cratilo. Questo manoscritto ha una storia interessante. Si trovava a Firenze nelle mani di Donato Acciaiuoli e fu poi donato alla Certosa e quindi venduto alla biblioteca imperiale di Vienna, con dei contrasti, perch i monaci non volevano privarsi del manoscritto. Il manoscritto pu darsi che sia stato portato in Italia dallArgiropulo, che fu chiamato ad insegnare il greco a Firenze ed era l soprattutto per le lezioni su Aristotele. Sappiamo per che insegnava anche Platone, che faceva letture guidate anche di dialoghi platonici. A questo manoscritto legato un apografo, nel
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Petrucci parlava di scritture avventizie, scollegate dal testo base. Si preparava il testo per un eventuale commento con una sorta di impaginazione del foglio.
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quale ci sono dei marginalia in cui stata riconosciuta la mano dellArgiropulo e contiene il Cratilo (con la doppia redazione a 437d-438b propria di W) nonch lorazione di Basilio. Quindi probabile che attraverso lArgiropulo sia arrivato a Firenze. Curioso che non c prova che sia stato nelle mani di Ficino, che era un grande indagatore delle fonti platoniche. Sappiamo che Ficino si serv del Laur. 85.9 e che per aveva altri testi, con cui integrava le lacune del testo base. Se si vuol considerare lautentico Ficino bisogna risalire alledizione del 1484 o agli esemplari di dedica, e non si pu partire dalle edizioni del 500, molto alterate da successivi interventi. Se uno prendesse unedizione del Platone ficiniano della seconda met del 500 dovrebbe dire, ad esempio, che Ficino aveva davanti a s W, perch tradotta la redazione alternativa del Cratilo, cosa che invece non nelloriginale opera di traduzione del 1484. Si tratta di unaggiunta degli editori di Ficino. Hankins ha fatto un grosso lavoro sulle edizioni cinquecentesche di Platone. Si parla spesso in filologia di contaminazione. Maas osservava che: Contro la contaminazione non cresciuta nessuna erba: non c alcun rimedio. Vorrei farvi vedere (tav. 21) un caso di contaminazione in atto che riguarda proprio due manoscritti che abbiamo gi visto, cio il Marciano gr. 185 (D) che appartiene alla prima famiglia e il Vind. Suppl. gr. 7 che appartiene alla famiglia . Nel manoscritto Veneto presente una mano recente (d1), perch sono stati persi dei fogli, successivamente reintegrati. Vediamo la trascrizione di parte del Fedone che era andata perduta. Questo lavoro di reintegrazione stato fatto anche alla Laurenziana, al momento dellapertura al pubblico nel 1571, con Cosimo I, quando si pass dalla biblioteca domestica dei Medici alla biblioteca pubblica. Furono rilegati molti codici e incatenati ai plutei disegnati da Michelangelo e furono anche restaurati se avevano perduto dei fogli. C ad esempio un codice di Diogene Laerzio che ha fascicoli reintegrati. La stessa cosa accaduta qui. Uno scriba successivo del XIV secolo (d1) ha reintegrato questo foglio che si era perduto come altri; non solo, ma ha messo in margine delle varianti. Quando si trovava di fronte ad un punto problematico cercava un altro testimone e ne registrava a margine le varianti. Il codice da cui attingeva era il Vindobonense. Questo legame tra i due manoscritti si pu dimostrare attraverso la presenza, nei margini di D della redazione alternativa del Cratilo, tant che Burnet informa nel suo apparato della redazione alternativa esclusivamente a partire da questa aggiunta marginale della mano d1. Se non che, la stessa mano correttrice si trova sul Vindobonense (W), dove riporta varianti tratte dal Veneto. dunque un mutuo scambio di varianti, correzioni, integrazioni. Qui possiamo riconoscere le fonti e le derivazioni, ma quando queste fonti non sono conosciute si genera una contaminazione. Si tratta di un fenomeno avvenuto certamente a Costantinopoli prima dellarrivo di W in Italia. I due manoscritti hanno poi avuto storie diverse: luno nelle mani di Bessarione, laltro a Firenze con lAcciaiuoli. Per stabilire che la mano la stessa si possono confrontare alcune lettere dai tratti singolari. Nella prima riga il lambda ha un tratto verticale che si ritrova nel margine di W, in questa aggiunta di una parte mancante dove si indica il punto in cui va inserito il testo. C questo segno di richiamo con due punti. Un altro caso in cui occorre prudenza quello di un codice che presenta molte lezioni buone che vanno accolte a testo, ma che ad un esame pi approfondito si rivela frutto di una revisione critica, quasi unedizione vera e propria. Alla tavola 22, anche qui la parte finale del Critone, il ms Vind. Phil. gr. 21 (Y), del XIII-XIV secolo dovuto ad una pluralit di mani. Se si prende ledizione di Lon Robin del Fedone, viene considerato come fonte primaria del testo, sulla base di precedenti lavori come quello di Alline (Histoire du texte de Platon, Paris, 1915), che lavorando ancora su ricerche di Immisch aveva ritenuto che Y fosse da considerare una fonte autonoma, un manoscritto indipendente, perch in molti punti conservava un testo che sembrava essere corretto. Studiando il manufatto, emersa non solo la pluralit di mani; anche le fonti del testo sono molteplici. Sono state contate addirittura nove mani. Una quella di Planude, unaltra di Niceforo Moscopulo che con Planude era il coordinatore di questa opera di trascrizione. Le fonti cambiano anche allinterno di un dialogo. Il Fedone ha una fonte della prima famiglia nella prima parte che
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per poi cambia nel resto del dialogo. Ci sono lezioni buone che non sappiamo se frutto di congettura o recupero di lezioni antiche. Questo testo (per i dialoghi delle prime tetralogie; diverso il caso del Timeo) non pu essere considerato come fonte autonoma, perch una recensione dotta, ma continuano giustamente ad esserne citate alcune lezioni. una buona dimostrazione dellattivit straordinaria di Planude anche sul testo di Platone. Utilizzando il Par. gr. 1808, Planude ha realizzato anche una raccolta di excerpta platonici, con grande ricchezza di scelta. Alcuni dialoghi sono molto rappresentati altri meno. Il Par. gr. 1808 stato retrodatato allXI secolo. alla base di una discendenza considerevole e anche i due manoscritti che contengono tutto Platone della Laurenziana per la prima parte dipendono da questo codice. Ledizione integrale del corpus platonico si trova nel Laur. 59, 1 e nel Laur. 85, 9 che presentano i dialoghi spuri non alla fine delintero corpus platonico, ma dopo la settima tetralogia, proprio perch dipendono per tutta questa parte dal Par. gr. 1808 che ha tetralogie I-VII e gli spuri alla fine. Brockmann (tavola 19) ha preso la fine del Simposio e linizio del Fedro che il 12 dialogo. Sia pure in caratteri molto piccoli, c uno scolio interessante che fa vedere questa precisa dipendenza degli scoli filosofici a Platone dai commentari neoplatonici. Lo scolio cita Olimpiodoro sulla questione di quale sia il dialogo da cui iniziare lo studio di Platone. Ledizione degli scoli di Greene utile e presenta un buon materiale. in corso di stampa una nuova edizione fatta a Pisa da Domenico Cufalo che unisce gli scholia presenti nel Bodl. Cl. 39 e gli scholia vetera di T e W. Gli scoli platonici non hanno origini antiche come quelli aristofanei. Ci sono scoli mitologici, grammaticali, ma soprattutto la radice lattivit di esegesi filosofica tardoantica. C un codice della stessa collezione filosofica a cui apparteneva il Par. gr. 1807, un codice coevo, il Ven. Marc. 196, che contiene tutta una serie di commentari neoplatonici a Platone. Si discute quando sia stato creato questo apparato di scoli: per alcuni studiosi frutto del primo umanesimo bizantino (sec. IX), per altri risale gi allet tardoantica. Il problema pi generale stato studiato da Nigel Wilson che ha preso in considerazione anche i papiri. Egli osserva che gi in et tardo-antica si passati da un commento a s, circolante separatamente dal testo commentato, ad una sequenza di annotazioni marginali. In alcuni casi si pu seguire il processo per cui dagli hypomnemata sono stati ricavati singoli scoli che sono stati poi apposti nel margine del testo oggetto del commento. C un famoso papiro di Callimaco scritto in maiuscola alessandrina (unaltra scrittura canonica in cui c unalternanza tra lettere larghe e lettere strette), che ha nei margini del testo (era ovviamente un codice) scoli nella stessa scrittura ma con caratteri di un modulo pi piccolo. dunque la stessa mano che interviene anche per gli scoli. un manufatto datato al VII secolo e gi compare un testo con gli scoli marginali. Per spiegare lorigine degli scoli nei margini dei testi classici, si fa ricorso anche alle catene bibliche che raccolgono i vari commenti dei Padri ad uno stesso luogo biblico. Per Platone per si pensa ad unattivit della prima rinascenza bizantina. Quando si creato il corpus di Platone si pensato di fare un grosso lavoro di estrazione dai commentari neoplatonici delle note di commento pi importanti e interessanti per corredare i dialoghi con questa corona di scolii. Lindice completo dei dialoghi di Platone contenuti presente qui alle tavole 23 e 24, che riproducono il ms. Laurenziano 85, 9. Ho voluto dare unidea della sontuosit di questa impresa, che raggruppa in un codice solo tutto Platone e gli scritti preparatori alla lettura del testo di Platone che vedete nelle prime quattro righe. Sono testi dettagliatamente descritti con titolo, numero dordine, sottotitolo e incipit. Si d anche il numero dei fogli che ogni dialogo occupa nel codice, questo per favorire il reperimento di passi e citazioni. Il codice ad ogni foglio presenta il titolo corrente relativo al dialogo. Si sa, ad esempio, che un passo del Fedone si trova nel foglio due di 12 (che il numero complessivo dei fogli occupati dal dialogo). Sono ben tre le pagine dedicate allillustrazione del contenuto, il pinax. Poi addirittura per le Lettere ci sono i nomi dei corrispondenti di Platone con la formula di saluto . stato poi aggiunto un quarto foglio con un pinax in latino derivato da questi tre fogli greci, come dimostrano alcuni errori
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riprodotti nella traduzione latina. Il pinax latino deve essere stato aggiunto ad uso di Cosimo il Vecchio. Questo il manoscritto portato a Firenze dallimperatore dOriente venuto per il Concilio (1438). Ambrogio Traversari fa riferimento a tre manoscritti portati dallimperatore fra cui un Platone venuste scriptum. Il manoscritto fu forse acquistato da Cosimo e poi messo a disposizione di Ficino per la sua traduzione. Ed questo il codice che sta alla base della sua traduzione, ma non il solo. Il codice Conv. Sopp. 180 della Laurenziana stato utilizzato per colmare vistose lacune del manoscritto 85, 9. Ad un certo punto infatti lo scriba ha saltato un intero foglio. Ficino ricorre a questo altro manoscritto per poter reintegrare il testo e tradurlo. In altri casi fa correzioni o integrazioni a margine con la sua scrittura, che inconfondibile. Alla tavola 28 abbiamo la trascrizione ficiniana del Simposio, cos come ne esiste una, conservata allAmbrosiana, del Fedone: si pu pensare che Ficino abbia costituito un suo testo di Platone, attingendo a pi fonti, ma intervenendo anche con personali correzioni. Tuttavia per ricostruire il lavoro di Ficino traduttore occorre, come ho ricordato, studiare leditio princeps del 1484 e i codici di dedica. Per il Platone ce ne sono due: uno dedicato a Lorenzo il Magnifico e uno dedicato al duca di Montefeltro. La tavola 27 presenta un altro manoscritto con lintero testo di Platone, del calligrafo di fiducia di Bessarione: Giovanni Roso, che ha trascritto tutto Platone sulla base del Laur. 85.9. Roso ha avuto lincarico di costruire un testo di tutto Platone dopo che Bessarione aveva fatto un grosso lavoro di correzione del testo sulla base di altri esemplari di Platone (Marciano gr. 189, Marciano gr. 186 etc.). Aveva un testo che confrontava con altri e correggeva. Quando arrivava ad uno stato accettabile chiamava lo scriba per una copia in bella, ed curioso che nella edizione di Martin Schanz questa copia finale, precisa in tutti i suoi contorni, venga data come testimone primario, come fonte accanto alle altre, mentre chiaro che si tratta di una copia di copie da scartare come il Vind. Phil. gr. 21, frutto di un lavoro congetturale. Roso ha adottato lo stesso sistema dell85.9 nei titoli correnti. Ha indicato il numero progressivo dei fogli che contengono ciascuno dei dialoghi per favorire il recupero di un passo. La tavola 29 presenta il Vat. Pal. gr. 173 (P), un codice che ha una sua precisa collocazione nella tradizione e una sua storia. Lo si gi ricordato prima perch figura nellapparato delledizione oxoniense come preteso unico portatore della lezione accolta in un caso dubbio. Si visto che non cos perch anche questo codice si allinea con gli altri. un codice molto rilevante, trascurato da Burnet e recuperato per la prima volta da Dodds per il Gorgia. un codice che presuppone lintero corpus platonico, cio il primo e il secondo dei due tomi del corpus, e siamo in et alta (X secolo), mentre abbiamo visto che abbiamo a che fare spesso con la prima o la seconda parte del corpus separate tra loro. Tuttavia non d la trascrizione di tutti i dialoghi. Vediamo che qui c il Fedone e poi la parte iniziale dellAlcibiade. Di alcuni dialoghi d lintero testo, di altri dialoghi d una selezione di passi, un po come far Planude nei suoi excerpta. Altri dialoghi sono presenti con qualche scolio. Per interessante perch nel X secolo mostra di avere presente lintero corpus. Laltra particolarit la sua ricchezza di abbreviazioni che entrano nel cuore stesso delle parole, non riguardano cio soltanto le desinenze. Era uno scriba dotto, che voleva economizzare e scriveva per chi poteva leggere una scrittura con abbreviazioni. Non si arriva ancora alla tachigrafia, come nel caso di alcuni testi di Dionigi lAreopagita redatti per una comunit di dotti in grado di leggere queste abbreviazioni. In alcuni casi interessante notare che raccoglie excerpta platonici che poi identifica con una indicazione di contenuto, con una parola chiave, ad esempio, sulla libert, sulla teocrazia. Altre volte interviene con notabilia a margine per indicare largomento del passo. Si pu pensare allopera di un dotto che redigeva un lavoro preliminare in vista della raccolta di testi come sono stati realizzati per gli autori antichi nel X secolo sotto Costantino Porfirogenito.

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Il codice Vat. gr. 225 (V) stato a lungo discusso per la sua cronologia. Credo si possa riconoscere che un testimone autonomo, ma veniva datato XII secolo e cos datato anche dalledizione oxoniense. Studi pi recenti di paleografi mostrano che si tratta di un testimone pi recente del XIII-XIV secolo, perch un prodotto di imitazione. Lo studio di Giancarlo Prato elenca tutta una serie di testimoni di questa epoca che, come nel caso di Platone, sono frutto di mimesi grafica. Ho evidenziato degli ypsilon piuttosto grossi che si impongono allattenzione. Allottava riga dal basso ad esempio, oppure pi in alto alla riga 13 dallalto. un cedimento di questo scriba, che era impegnato ad imitare modelli pi antichi, perch in questa et era molto di moda una scrittura in cui certe lettere sono enormi rispetto alle altre, detta a occhi di grasso nel brodo (Fettaugenstil). Un caso inverso di retrodatazione riguarda invece il codice di Praga (Lobkovicianus VI Fa 1). Una retrodatazione che la paleografa Lidia Perria aveva proposto. Questo codice, abitualmente datato al XIV secolo, stato considerato dalla studiosa recentemente scomparsa come strettamente imparentato con W, scritto dalla stessa mano, quindi assegnato al sec. XI. In questo caso sarebbe stata una fonte testuale da utilizzare in sede critica. Si pu per dimostrare che in questo manoscritto c la stessa volont arcaizzante di altri codici. Il codice Vind. Suppl. Gr. 7 stato preso a modello. Nigel Wilson ha mostrato che ci sono scoli che rivelano agganci storici di epoca pi tarda, oltre alla rigidit della mano nel proporre le stesse lettere. un caso che ha avuto un esito favorevole dopo un confronto fra filologi e paleografi. Si visto che bisognava considerarlo come una copia, sebbene di eccellente livello, anche perch cerano cedimenti nel tracciato di certe lettere che uscivano dal modulo. Quindi stato un caso aperto e chiuso, come io credo si possa considerare chiuso quello del Vat. 225, che si compone di due parti, perch continuato nel 226. Si tratta di un caso di codice scorporato e diviso in due tomi. Ci sarebbe a questo punto da discutere tutta la parte del II tomo, con un codice che si divide a met fra luno e laltro, cio il Vind. Suppl. Gr. 39 (F) alla tavola 25. un caso che vale la pena citare perch contiene il Clitofonte, la Repubblica, il Gorgia, il Menone, i due Ippia,il Menesseno, lo Ione. Ma questo un codice recente, del XIII-XIV secolo. Appartiene allet dei primi Paleologi, dopo lesperienza dellimpero latino in cui c stata una minore attivit di trascrizione di testi. Con i Paleologi si recuperano testimoni antichi e nuovi delle opere conosciute. Deve essere considerato fonte primaria, come ha diffusamente mostrato Eric Dodds. Mostra sensibili convergenze con papiri antichi e con autori antichi. Sembra testimone di una tradizione indipendente rispetto agli altri codici. Questo manoscritto per Dodds sarebbe il continuatore di una tradizione antichissima, che potrebbe risalire al II sec d.C. molto interessante, a commento del famoso motto pasqualiano recentiores non deteriores. Su questa linea non Paul Maas. Canfora ha dimostrato, nel suo articolo sulla genesi della stemmatica maasiana (Rivista di Filologia e dIstruzione classica 110, 1982, 362-379) che la strategia maasiana tende a liberarsi troppo facilmente dei codici pi recenti. Pasquali ha invece mostrato con larghezza di argomentazioni che un codice recente pu portare del nuovo ed essere insostituibile.

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