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I LICENZIAMENTI COLLETTIVI DOPO LA RIFORMA 2012 ALLA LUCE DELLA DIRETTIVA N.98/59/CE
Andrea Sitzia
Ricercatore di Diritto del Lavoro nellUniversit di Padova
ABSTRACT: La legge n. 92 del 2012 ha apportato alcune modifiche alla disciplina dei licenziamenti collettivi, consistenti in una serie di cambiamenti alla procedura prescritta dalla legge n. 223 del 1991. Questa riforma riveste una portata rilevante in termini sia pratici che di sistema. Essa, infatti, da un lato, si colloca allinterno di un importante revisione degli ammortizzatori sociali, con abolizione, seppure non immediata, dellindennit di mobilit, dallaltro interviene su due profili, oggetto di massimo interesse da parte del legislatore comunitario e molto significativi della regolazione: quello della correttezza dello svolgimento della procedura di informazione e consultazione e quello, strettamente complementare al primo, delle conseguenze sanzionatorie in caso di vizi della medesima PAROLE CHIAVE: Lavoro; Licenziamenti collettivi; Riforma 2012; Obblighi di consultazione

1. Lintervento del legislatore nella materia dei licenziamenti collettivi: profili generali
La legge n. 92 dellestate 2012, attraverso i commi da 44 a 46 dellart. 1, ha apportato alcune modifiche alla disciplina dei licenziamenti collettivi, consistenti in una serie di ritocchi alla procedura prescritta dalla legge n. 223 del 1991. In particolare, la riforma ha inciso sui seguenti profili: 1) con riferimento alla fase iniziale della procedura di informazione e consultazione si consente ora espressamente la sanatoria di eventuali vizi della comunicazione di apertura della procedura medesima (art. 1, co. 45, che incide sullart. 4, co. 12, della legge n. 223 del 1991); 2) con riferimento alla fase finale della procedura viene modificato il termine per leffettuazione della comunicazione degli elementi prescritti dallart. 4, co. 9 della legge n. 223 ai soggetti ivi previsti, assegnando ora un termine (non pi contestuale) di 7 giorni dalla comunicazione dei licenziamenti (art. 1, co. 44, che incide appunto sul co. 9 dellart. 4 della legge n. 223);

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3) con riferimento alla disciplina sanzionatoria in caso di licenziamenti collettivi illegittimi viene riscritto lart. 5, co. 3, della legge n. 223, raccordandone la regolazione alla riforma dellart. 18 St. lav.; 4) si prescrive lapplicazione del doppio termine di impugnazione del licenziamento previsto dal testo, anchesso novellato, dellart. 6 della legge n. 604 del 1996 (art. 1, co. 46). Nel loro complesso, queste correzioni di disciplina sono state giudicate per lo pi1 modeste, ma a ben guardare, quale che sia la valutazione di impatto legislativo2, questa parte della riforma riveste comunque una portata rilevante in termini sia pratici che di sistema. Infatti, da un lato, si colloca allinterno di una profonda revisione degli ammortizzatori sociali, con abolizione, seppure non immediata, dellindennit di mobilit3, dallaltro

* Questo saggio destinato al volume curato da CESTER, I licenziamenti dopo la legge n. 92 del 2012 , di prossima pubblicazione. 1 Si veda al riguardo, in particolare, la valutazione del disegno di legge data da ICHINO in http://it.paperblog.com/pietro-ichino-valuta-il-disegno-di-legge-sul-lavoro-1016855/ ove lA. assegna un punteggio di 4 su 10 in termini di valutazione circa la coerenza dellintervento normativo rispetto allobiettivo (espressamente posto dal legislatore) del superamento del dualismo tra lavoratori protetti e non protetti nella direzione della c.d. flexsecurity; diversamente, lo stesso A., ritiene che la modifica potr avere un peso pratico significativo (in questo caso il voto assegnato pari ad 8 su 10). Si veda, analogamente, MARAZZA, Lart. 18, nuovo testo, dello Statuto dei lavoratori, in Arg. dir. lav., 2012, 3, I, pp. 612 ss., qui pp. 634 ss. In senso radicalmente difforme evidenzia un gravissimo peggioramento della disciplina ALLEVA, Punti critici della riforma del mercato del lavoro, in http://www.paneacqua.info/2012/04/punti-critici-della-riforma-del-mercatodel-lavoro/. 2 In letteratura esistono alcuni studi che ricercano le implicazioni che i costi del licenziamento possono avere sulla produttivit, sulle dinamiche occupazionali e sulle scelte delle imprese di rimanere o meno allinterno del mercato; in particolare, la dottrina economica ha analizzato se la presenza o meno dellart. 18 possa essere causa di un minore o maggiore sviluppo dimensionale dellimpresa. Per unanalisi in chiave economica relativa allart. 18 (nel testo antecedente la riforma dellestate 2012) cfr. SCHIVARDI, TORRINI, Identifying the effects of firing restrictions through size contingent differencies in regulation , in Labour Economics, 2008, 15, pp. 482 ss.; si veda altres KUGLER, PICA, Effects of employment protection on worker and job fows: Evidence from 1990 reform, in Labour Economics, 2008, 15, pp. 78 ss., i quali, nellesaminare la propensione di crescita, hanno posto laccento sulla variazione del comportamento delle imprese dopo la riforma del 1990. I risultati cui giungono gli studi citati sembrano sottolineare che la propensione di crescita attorno al limite dimensionale diminuisce solo del 2% e che anche in assenza del limite posto dallart. 18 St. Lav. la struttura delle imprese italiane non subirebbe un cambiamento sostanziale. 3 Per unanalisi critica delle ricadute della riforma dellindennit di mobilit sulle procedure di licenziamento collettivo cfr. FERRARO, Ammortizzatori sociali e licenziamenti collettivi nella riforma del mercato del lavoro , in Mass. giur. lav., 2012, pp. 494 ss.; analogamente cfr.. SCARPELLI, I licenziamenti collettivi per riduzione di personale, in FEZZI, SCARPELLI (a cura di), Guida alla riforma Fornero, 2012, in http://www.wikilabour.it, p. 92; PELLACANI, Le modifiche alla disciplina dei licenziamenti collettivi, in PELLACANI (a cura di), Riforma del lavoro, Milano,, 2012, pp. 267 ss., qui pp. 277s.; pi in generale, sulla riforma degli ammortizzatori sociali di cui alla seconda parte della legge n. 92 del 2012 cfr. VALLEBONA, La Riforma del Lavoro 2012, Torino, 2012 nonch CINELLI, Gli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro , 2012, in http://csdle.lex.unict.it/docs/generic/Il-dibattito-sulla-riforma-italiana-del-mercato-del-lavoro-/3206.aspx;

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interviene (per lo meno con riferimento alle modifiche apportate dai commi 45 e 46 dellart. 1, sopra enumerate come prima e terza) su due profili, oggetto di massima attenzione da parte del legislatore comunitario, molto significativi della regolazione: quello della correttezza dello svolgimento della procedura di informazione e consultazione e quello, intimamente complementare al primo, delle conseguenze sanzionatorie in caso di vizi della medesima. Ragioni sistematiche inducono a ritenere preferibile anteporre allanalisi della riforma del diritto nazionale una ricostruzione sintetica (e limitata ai profili rilevanti ai fini dellinterpretazione delle norme interne oggetto dellintervento legislativo) del parametro comunitario di riferimento.

2. Il paradigma comunitario di riferimento: gli obblighi di informazione e consultazione nella direttiva n. 98/59/CE
La direttiva n. 98/59/CE sui licenziamenti collettivi ha introdotto, come noto, una serie di vincoli procedimentali allesercizio dei poteri imprenditoriali4. Tali vincoli sono funzionali alla predisposizione di un apparato di diritti di informazione e consultazione, a favore dei
SANDULLI, Il sistema pensionistico tra una manovra e laltra. Prime osservazioni sulla legge n. 214 del 2011 , in Riv. dir. sic. soc., 2012, pp. 1 ss. Per una condivisibile critica allimpianto generale dellintervento normativo in materia di licenziamenti collettivi si veda FERRANTE, Modifiche nella disciplina dei licenziamenti collettivi, in MAGNANI, TIRABOSCHI (a cura di), La nuova riforma del lavoro, in Le nuove leggi civili, Milano,, 2012, pp. 271 ss., il quale lamenta la totale assenza, nella novella, di un serio irrobustimento delle politiche attive di lavoro. 4 Al fondo della direttiva sui licenziamenti collettivi, cos come delle direttive sui trasferimenti dimpresa (n. 77/187/CEE, modificata dalla dir. N. 98/50/CE e poi sostituita dalla direttiva n. 2001/23/CE), sui Comitati Aziendali Europei (n. 94/45/CE, abrogata e sostituita dalla dir. n. 2009/38/CE) e di quella che istituisce un quadro generale relativo allinformazione e alla consultazione de i lavoratori (n. 2002/14/CE), si pone lintendimento del legislatore comunitario di porre le premesse per una presenza sindacale non solo rivendicativa ma anche propositiva; per unanalisi in questo senso cfr. ZOLI, La tutela delle posizioni strumentali del lavoratore, Milano, , 1988, p. 78. Pi di recente si veda LAULOM, Le cadre communautaire de la reprsentation des travailleurs dans lentreprise, in LAULOM (a cura di), Recomposition des systmes de reprsentation des salaris en Europe, Publications de lUniversit de Saint-tienne, 2005, p. 47; LO FARO, Le Direttive in materia di crisi e ristrutturazioni di impresa, in SCIARRA, CARUSO (a cura di), Il lavoro subordinato, in Trattato di diritto privato dellUnione Europea dir. da AJANI e BENACCHIO, Torino, 2009, pp. 398 ss. Pi in generale, in ordine al tema della procedimentalizzazione dei poteri datoriali, si veda SUPPIEJ, CESTER, Rapporto di lavoro, voce del Digesto, IV ed., Discipline priv., Sez. Comm., XII, Torino, 1996; con riferimento al licenziamento collettivo cfr., tra i tanti, TOPO, I licenziamenti collettivi, in CARINCI, PIZZOFERRATO (a cura di), Diritto del lavoro nellUnione europea, in Diritto del lavoro, Commentario dir. da CARINCI, Milano, Utet, 2010, pp. 714 ss.; PILATI, Le sanzioni nei licenziamenti collettivi, in CARINCI (a cura di), Il lavoro subordinato, in BESSONE (dir. da), Trattato di diritto privato, Torino, 2007, tomo III (a cura di S. MAINARDI), pp. 485 ss.; DE LUCA TAMAJO, BIANCHI DURSO, Licenziamenti individuali e collettivi nella giurisprudenza della Cassazione, Milano, 2006; SANTUCCI, I licenziamenti collettivi tra questioni interpretative e nuove regole, Milano, Giuffr, 2005; TOPO, I poteri dellimprenditore nelle riduzioni di personale, Padova, 1996.

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rappresentanti dei lavoratori in azienda5, la cui attivazione obbligatoria, per il datore di lavoro, nellimminenza di eventi, quali appunto il licenziamento collettivo, che possono comportare mutamenti definitivi dei rapporti di lavoro.

3. Loggetto e il fine della procedura di consultazione


Lart. 2 della direttiva 98/59 individua lo scopo e il contenuto minimo della consultazione che il datore di lavoro deve avviare, in tempo utile6, ove preveda di effettuare licenziamenti collettivi. Lo scopo della consultazione quello di giungere ad un accordo (art. 2.1) ed il suo oggetto deve essere quello di esaminare le possibilit di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonch di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati (art. 2.2). La direttiva introduce un vero e proprio obbligo a trattare del datore di lavoro che, partendo dai motivi addotti per giustificare i licenziamenti programmati, coinvolge sia la ricerca di soluzioni, in tutto o in parte, alternative alla espulsione dei lavoratori eccedenti, sia la predisposizione di misure atte a contenerne gli effetti sul piano sociale cos come su quello
La cui definizione/identificazione viene demandata, ai sensi dellart. 1.1, lett. b) della direttiva, alla normativa o alla prassi in vigore negli Stati membri. La scelta di non intervenire nellindividuazione dei rappresentanti dei lavoratori una costante nel diritto dellUnione Europea ed funzionale, come evidenzia ampia parte della dottrina, ad evitare di introdurre determinazioni eteronome in un settore cos delicato e sensibile, in cui difetta una prassi comune fra i diversi Stati membri (si veda, per una ricostruzione comparativa aggiornata a livello europeo, Eurofound, Industrial Relations and Working Conditions Developments in Europe 2010, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2011, consultabile alla pagina Web http://www.eurofound.europa.eu/pubdocs/2011/50/en/1/EF1150EN.pdf). Per unefficace sintesi di queste problematiche cfr. ROCCELLA, TREU, Diritto comunitario del lavoro, V ed., Padova, Cedam, 2009, spec. pp. 425 ss. ed ivi ampli riferimenti bibliografici; LO FARO, Le Direttive in materia di crisi e ristrutturazioni di impresa, cit., p. 399; CARABELLI, La gestione delle eccedenze di personale in Europa. Gli Studi-Paese a confronti: il quadro giuridico, Documenti CNEL, Roma, 1995, p. 35. Per una critica allapproccio comunitario sul punto, cfr. HEPPLE, Community measures for the protection of workers against dismissal , in Common Market Law Review, 1977, p. 491. 6 Si noti che il diritto allinformazione in tempo utile stato inserito tra i diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei Diritti fondamentali dellUnione Europea firmata a Nizza nel 2000 e adattata a Lisbona nel 2007. In ordine allinterpretazione del vincolo del tempo utile la Corte di Giustizia si pronunciata indirettamente nel Caso Junk del 2005 (Corte giust., 27 gennaio 2005, causa C-188/03, Irmtraud Junk c. Wolfang Khnel, in Foro It., 2005, IV, col. 186 ss., con nota di R. COSIO, Il licenziamento collettivo nel diritto europeo: le precisazioni della Corte di giustizia), con una sentenza relativa allinterpretazione della nozione di licenziamento la cui validit condizionata dal previo espletamento delle procedure previste dalla direttiva.
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individuale dei singoli lavoratori coinvolti (programmi di riqualificazione e riconversione)7. Sul datore di lavoro, pi in particolare, grava lobbligo di fornire ai rappresentanti dei lavoratori tutte le informazioni utili8 affinch questi possano formulare proposte costruttive (art. 2.3). La tutela del lavoratore, in questo modo, si gioca sul piano del controllo e della partecipazione delle rappresentanze sindacali dei lavoratori, atteso che la garanzia, per i lavoratori, consiste nella possibilit (reale ed effettiva) attribuita ai loro rappresentanti di conoscere, discutere e negoziare le motivazioni, le modalit ed i contenuti della decisione aziendale di espellere, per ragioni tecnico-organizzative e produttive, parte dei dipendenti.

4. Il problema del rapporto tra procedura di consultazione e autonomia delle scelte datoriali
Lart. 2.3, lett. b.i), come si detto, impone al datore di lavoro di indicare per iscritto le ragioni del progetto di licenziamento. Questo aspetto di massima rilevanza, in quanto pone il problema di capire se la direttiva intenda o no porre dei limiti alla libera determinazione delle scelte datoriali. A questo proposito costante in dottrina laffermazione secondo la quale la procedura di consultazione non incide sullan delle scelte datoriali ma rivolta a valutarne e, ove possibile, attenuarne, le conseguenze sul piano sociale e occupazionale. In altri termini, si ritiene che la direttiva non ponga alcun limite alla libera determinazione

datoriale/imprenditoriale. Questa conclusione viene dedotta dal fatto che la direttiva fornisce una definizione a causale9 di licenziamento collettivo, donde qualsiasi decisione economico-organizzativa

Cos GAROFALO, CHIECO, Licenziamenti collettivi e diritto europeo, in AA.VV., I licenziamenti per riduzione di personale in Europa, Bari, 2001, p. 21. 8 La direttiva indica espressamente loggetto delle informazioni che il datore di lavoro deve fornire in forma scritta ai rappresentanti dei lavoratori nel corso delle consultazioni. In particolare, si tratta dei motivi del progetto di licenziamento, del numero e delle categorie dei lavoratori eccedenti e di quelli abitualmente impegnati, il periodo entro il quale si prevede di effettuare i licenziamenti e i criteri di scelta dei lavoratori, ove questi siano per legge o per prassi nazionali determinati dal datore di lavoro, e infine il metodo per il calcolo di eventuali indennit di licenziamento diverse da quelle previste dalla legislazione o dalla prassi nazionale. 9 Lart. 1.1, lett. a) della direttiva 98/59/CE definisce il campo di applicaz ione della medesima attraverso un duplice criterio quantitativo e qualitativo. Sotto il profilo qualitativo, ai sensi e per gli effetti della direttiva, per

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dellimpresa legittima ladozione di atti di risoluzione dei rapporti di lavoro10. Detto questo, occorre comunque evidenziare che di a-causalit pu parlarsi soltanto nel senso che qualsiasi motivo non personale idoneo a giustificare il licenziamento collettivo, non anche nel senso di escludere la necessit di una verifica della veridicit ed effettivit dei motivi giustificativi; in altre parole al legislatore comunitario non interessa quali siano i motivi non personali che inducono il datore di lavoro al licenziamento collettivo, ma interessa che essi esistano effettivamente . La direttiva, in sostanza, imponendo al datore di lavoro di comunicare ai rappresentanti dei lavoratori (ed allautorit pubblica competente) le ragioni del progettato licenziamento, conferisce in qualche misura un rilievo al profilo causale dei recessi, nella misura in cui il datore di lavoro comunque chiamato a certificare la non sussistenza di motivi personali attraverso la dichiarazione della sussistenza di motivi non personali conto nellinterpretazione della riforma effettuata dal legislatore italiano. In primo luogo occorre chiedersi quale sia la conseguenza nel caso in cui, a monte del licenziamento dichiarato collettivo, si pongano ragioni di carattere soggettivo. Qualora, invero, le ragioni del recesso non siano inerenti alla persona del lavoratore, la direttiva impone (in presenza dei prescritti, concorrenti, requisiti di tipo quantitativo) lattivazione della procedura di consultazione, che, diversamente, non obbligatoria, con la conseguenza che i recessi seguiranno le regole previste dagli ordinamenti nazionali per i licenziamenti individuali. Un eventuale ampliamento, da parte degli ordinamenti interni, del campo di applicazione delle regole in materia di licenziamento collettivo, peraltro, s consentito, ma a condizione che possa considerarsi come un trattamento pi favorevole per i lavoratori (art. 5 della direttiva). La valutazione del carattere migliorativo o peggiorativo di una tale operazione normativa dipende da una complessa operazione di confronto tra il livello di
licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o pi motivi non inerenti alla persona del lavoratore. 10 Cos GAROFALO, CHIECO, Licenziamenti collettivi e diritto europeo, cit., p. 10. 11 Cos CARABELLI, Relazione di sintesi sul tema I licenziamenti collettivi, in Atti delle Giornate di Studio dellAIDLASS, Baia delle Zagare 25-26 giugno 2001 su Il sistema delle fonti nel diritto del lavoro, Milano, Giuffr, 2002, p. 331. 12 CARABELLI, Relazione di sintesi, cit., p. 331.
12 . 11

Questo implica due conseguenze massimamente rilevanti, delle quali si dovr tenere

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protezione riconosciuto (dallordinamento interno) al licenziamento individuale rispetto a quello riconosciuto al licenziamento collettivo13. La seconda implicazione di quanto sopra rilevato che la nozione comunitaria di licenziamento collettivo presuppone (e autorizza) comunque una verifica delle ragioni produttive e organizzative14 nel senso che lesplicitazione delle stesse non solo consente di visualizzare con chiarezza il rapporto di corrispondenza e, in ultima analisi, di congruit tra situazione dellimpresa, scelte dimensionali e tipologie dei rapporti di lavoro coinvolti nel licenziamento progettato, ma ha anche un effetto di autolimitazione preli minare e, in certa misura, essenziale per tutto lo svolgimento della procedura. Dichiarando i motivi e le altre coordinate quantitative e qualitative del progetto di licenziamento, il datore di lavoro tipizza (tra tutte quelle ascrivibili allesercizio della libert dimpresa) le rationes e gli effetti delle proprie scelte dimensionali oggetto del confronto con i rappresentanti dei lavoratori, oltre che dellintervento dellautorit pubblica competente. Sicch, ben pu dirsi che la veridicit e la completezza delle informazioni fornite costituiscono altrettanti requisiti formali del corretto adempimento dellobbligo datoriale di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori, con la conseguenza che ove non siano pienamente rispettati il meccanismo partecipativo risulter falsato e violato, facendo scattare le conseguenze sanzionatorie dellart. 615. Gli Autori citati ritengono che i requisiti di veridicit e completezza delle informazioni fornite costituiscano requisiti formali delladempimento. Sul punto ci si permette di distaccarsi parzialmente in quanto, per le ragioni sopra specificate, i requisiti predetti si ritiene che assumano un carattere sostanziale.

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Sul punto cfr. GAROFALO, CHIECO, Licenziamenti collettivi e diritto europeo, cit., p. 33 s., i quali mettono in luce molto opportunamente che il confronto evidenziato nel testo presenta difficolt estremamente significative anche in considerazione delle profonde diversit strutturali che solitamente caratterizzano i due sistemi normativi (il sistema di regolazione dei licenziamenti collettivi tende ad essere proiettato verso gli effetti sociali e verso la valenza collettiva dei licenziamenti espressione della libert dimpresa del datore di lavoro, mentre le regole relative ai licenziamenti individuali sono solitamente racchiuse nella dimensione del rapporto individuale di lavoro con conseguente verifica della giustificatezza dei licenziamenti stessi). 14 Questa verifica, peraltro, nella prospettiva comunitaria, funzionale alla sola necessit di applicare le procedure di informazione e consultazione, e non al controllo di legittimit dei licenziamenti sul piano della loro giustificatezza; sul punto cfr. R. DEL PUNTA, I licenziamenti per riduzione di personale: un primo bilancio giurisprudenziale, in Lav. Dir., 1993, p. 143. 15 Cos GAROFALO, CHIECO, Licenziamenti collettivi e diritto europeo, cit., p. 24.

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5. Il meccanismo sanzionatorio previsto dalla direttiva


La procedura di consultazione non deve essere considerata dallimprenditore quale vuota formalit, ma deve essere presa sul serio. La Corte di Giustizia, nel 1994, con due importanti sentenze16 a conclusione di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione nei confronti del Regno Unito per non corretta trasposizione delle direttive in materia di licenziamenti collettivi e trasferimento dimpresa, ebbe ad affermare che qualora una disciplina comunitaria non contenga una specifica norma sanzionatoria di una violazione delle sue disposizioni o rinvii in merito alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, lart. 5 del Trattato impone agli Stati membri di adottare tutte le misure atte a garantire la portata e lefficacia del diritto comunitario. A tal fine, pur cons ervando un potere discrezionale quanto alla scelta delle sanzioni, essi devono vegliare a che le violazioni del diritto comunitario siano sanzionate, sotto il profilo sostanziale e procedurale, in termini analoghi a quelli previsti per le violazioni del diritto interno simili per natura ed importanza e che, in ogni caso, conferiscano alla sanzione stessa un carattere di effettivit, di proporzionalit e di capacit dissuasiva17. Lart. 6 della direttiva 98/59 prevede che gli Stati membri provvedono affinch i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per far rispettare gli obblighi previsti dalla presente direttiva18. La direttiva n. 98/59 ha fissato, dunque, in caso di licenziamenti collettivi, una serie di vincoli di tipo procedurale senza vincolare, sotto il profilo sostanziale, le scelte

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Corte giust., 8 giugno 1994, causa C-383/92, Commissione c. Regno Unito e Corte giust., 8 giugno 1994, causa C-382/92, Commissione c. Regno Unito. Per un commento si veda in particolare LORD WEDDEBURN OF CHARTON, Il diritto inglese davanti alla Corte di giustizia. Un frammento , in Dir. rel. ind., 1994, 4, pp. 691 ss. e LYON-CAEN, Il Regno Unito: allievo indisciplinato o ribelle indomabile, ivi, 1994, 4, pp. 679 ss. 17 Cos il punto 40 della sentenza resa nella causa C-383/92, in tutto e per tutto analoga alla seconda. 18 Questa formulazione risultata in seguito al non accoglimento della proposta della Commissione, che faceva invece riferimento esplicito allannullamento dei licenziamenti collettivi, indipendentemente dalla esperibilit di altre procedure. Cfr. al riguardo lart. 5 -bis della proposta modificata di direttiva del 31 marzo 1992, in GUCE n. C 117/10 dell8 maggio 1992. Il Comitato economico e sociale ebbe a rilevare, sul punto, che in determinate circostanze non appariva adeguata la sanzione dellannullamento e auspicava metodi diversi o aggiuntivi per assicurare lapplicazione della direttiva.

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dellimprenditore, che rimane libero di procedere ai licenziamenti19 e pi in generale, di organizzare la propria attivit economica nel modo che ritiene pi opportuno20.

6. Sulla natura individuale o collettiva dei diritti di informazione e consultazione


Lultimo aspetto su cui necessario soffermarsi con riferimento alla disciplina comunitaria richiede di verificare se il diritto allinformazione e consultazione destinato ai rappresentanti dei lavoratori o ai lavoratori considerati individualmente. Dallimpianto letterale della direttiva emerge la prima soluzione (si vedano, in senso difficilmente equivocabile, il decimo considerando e gli artt. 1.1, 2 e 39). La natura collettiva del diritto allinformazione e consultazione deriva anche da una interpretazione teleologica della direttiva, di recente chiaramente affermata dalla Corte di Giustizia. Linformazione e la consultazione, invero, sono volte a consentire, da un lato la presentazione di proposte costruttive in merito almeno alla possibilit di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi e di attenuarne le conseguenze nonch, dallaltro, la presentazione di eventuali osservazioni allAutorit pubblica competente; i rappresentanti dei lavoratori si trovano quindi nelle condizioni pi favorevoli al perseguimento dello scopo stabilito dalla direttiva. La Corte di Giustizia ha chiarito che il diritto allinformazione e alla consultazione va esercitato tramite i rappresentanti dei lavoratori21, atteso che il diritto concepito a vantaggio dei lavoratori intesi come collettivit e presenta, pertanto, natura collettiva.

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Corte giust., 7 settembre 2006, cause riunite da C-187/05 a C-190/05, punto 35. Cos Corte giust., 7 dicembre 1995, causa C-449/93, Rockfon c. Specialarbejderforbundet i Danmark, acting on behalf of Sren Nielsen et alii, punto 21. Diversamente, parte minoritaria della dottrina ritiene che lart. 6 della direttiva, se pure non prescrive espressamente le sanzioni prefigurate dalla proposta di direttiva, richiede pur sempre sanzioni effettive. Richiamando le sentenze del 1994 questa dottrina afferma che la norma sembrerebbe evocare sanzioni di tipo reintegratorio piuttosto che meramente risarcitorio. Invero, poich i vincoli procedimentali introdotti dalla direttiva devono poter operare prima dellattuazione delle libere scelte dimensionali dellimpresa, sembra ragionevole ritenere che lobbligo di assicurarne il rispetto (ex art. 6) possa risolversi nellimporre agli stati membri lintroduzione di meccanismi sanzionatori idonei a rimuovere i licenziamenti collettivi intimati in violazione dei diritti di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori ovvero senza il corretto svolgimento della fase amministrativa di confronto (in questo senso GAROFALO, CHIECO, op. cit., p. 35). 21 Corte giust., 16 luglio 209, causa C-12/2008, Mono Car Styling SA c. Odemis et aa., in Giur. it., 2010, pp. 1338 ss., con nota di BRIZZI, Procedure di informazione e consultazione del personale in caso di licenziamenti collettivi: linterpretazione della Corte di giustizia, nonch in Dir. rel. ind., 2009, 4, pp. 1157 ss., con nota di

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7. La Riforma della legge n. 223 del 1991: la possibile sanatoria dei vizi della comunicazione di apertura della procedura
Si anticipato che lart. 1, co. 45, della legge n. 92 del 2012 ha integrato lart. 4, comma 12, della legge n. 223 del 1991, attribuendo ad un, non meglio identificato22, accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo lo specifico potere di sanare gli eventuali vizi della comunicazione di apertura della procedura. Questa modifica intende disattivare la trappola procedurale23 costituita dallinterpretazione pi rigida dellart. 4, commi 2 e 3, della legge n. 223 del 1991, secondo cui lomissione della comunicazione contenente lindicazione dei motivi delleccedenza, e di tutti gli altri elementi prescritti dal co. 3 dellart. 4, non pu dirsi sanata dallaccordo sindacale comprensivo dellindividuazione dei lavoratori da licenziare24, con conseguente riconoscimento della sanzione, azionabile anche da parte dei singoli lavoratori25, dellinefficacia della procedura.

COSIO, Procedure di informazione e consultazione in caso di licenziamento collettivo ; sul tema cfr. anche COSIO, I licenziamenti collettivi, in FOGLIA, COSIO (a cura di), Il diritto del lavoro nellUnione Europea , Milano, 2011, pp. 281 ss.; in precedenza si veda, analogamente, Corte giust., 18 gennaio 2007, causa C-385/2005, Confdration gnrale du travail et a. e Corte giust., 8 giugno 1994, causa C-383/92, Commissione c. Regno Unito. 22 La legge non chiarisce alcunch in ordine ai caratteri che laccordo sindaca le deve avere per poter dispiegare il previsto effetto sanante. Una lettura complessiva dellart. 4 della legge n. 223 del 1991 (anche inseguito alla novella legislativa) non sembra consentire altra interpretazione se non quella per cui laccordo in paro la debba essere quello, gestionale, gi previsto e disciplinato dalla norma medesima. In questo senso ANGIELLO, Licenziamenti collettivi, in CARINCI, MISCIONE (a cura di), Commentario alla Riforma Fornero, in Dir. prat. lav., 2012, Suppl. al n. 33, p. 86. 23 Cos la definisce ICHINO, in http://it.paperblog.com/pietro-ichino-valuta-il-disegno-di-legge-sul-lavoro1016855, cit. Per un approccio critico nei confronti dellintervento legislativo sul punto cfr. SCARPELLI, I licenziamenti collettivi per riduzione di personale, cit., p. 96. 24 Cfr. al riguardo Cass., 18 luglio 2001, n. 9743 nella motivazione della quale si evidenzia che le comunicazioni prescritte dallart. 4 della legge n. 223 del 1991 servono a consentire alle rappresentanze sindacali una partecipazione con efficacia adeguata al ruolo loro assegnato nellambito di una vicenda dalla quale esce mutata la stessa struttura dellazienda (cfr., analogamente, Cass., 6 aprile 2012, n. 5582, in FI, 2012, I, col. 1734; Cass., 16 settembre 2011, n. 18943, in LG, 2012, 4, pp. 367 ss., con nota di GALLOTTI, CUSMAI, Obbligo di correttezza e trasparenza nella comunicazione dei motivi di apertura di mobilit ; Cass., 2 marzo 2009, n. 5034, in Riv. it. dir. lav., 2009, 3, II, pp. 768 ss., con nota di MARINELLI, La Corte di Cassazione e lobbligo di comunicazione nella procedura di mobilit; Cass., 9 settembre 2003, n. 13196, in Riv. giur. lav., 2004, II, pp. 752 ss.). Per una critica allorientamento giurisprudenziale sopra richiamato si veda, da ultimo, MAZZOTTA, voce Licenziamento collettivo, in Enc. Dir. annali, Vol. V, Milano, 2012, pp. 778 ss. 25 La legittimazione del lavoratore licenziato ad agire in giudizio per far valere omissioni o inesattezze delle informazioni rese alle rappresentanze sindacali stata riconosciuta pi volte dalla giurisprudenza di legittimit; si veda di recente Cass., 21 settembre 2011, n. 19233 in Foro it., 2011, I, col. 2963 ss. Sul tema, in dottrina, si

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Ampia parte della giurisprudenza, peraltro, gi nel regime normativo precedente alla riforma dellestate 2012, ammetteva un temperamento, ritenendo che sufficienza e adeguatezza della comunicazione di avvio della procedura andassero valutate in relazione alla finalit di corretta informazione delle rappresentanze sindacali, con la conseguenza che il raggiungimento in concreto di un accordo gestionale rilevasse per valutare la completezza della comunicazione iniziale . Nella citata prospettiva giurisprudenziale non si tratta propriamente di una sanatoria dei vizi della procedura, ma dellattribuzione di rilevanza interpretativa al successivo accordo. Si ritiene, in sostanza, che il giudice debba verificare comunque ladeguatezza delloriginaria comunicazione di avvio della procedura, non potendo escludersi che questa possa risultare non di meno insufficiente ove il sindacato non sia stato posto in condizione di partecipare alla trattativa con piena consapevolezza di ogni rilevante dato fattuale per lobiettiva insufficienza o reticenza di tale comunicazione27. Il testo dellart. 1, comma 45, della legge di riforma risolve il problema solo parzialmente. La norma invero, se pure riconosce espressamente allaccordo sindacale la possibilit di sanare eventuali vizi della comunicazione di avvio della procedura28, non
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veda FOGLIA, Diritto di informazione e consultazione nella procedura di licenziamento collettivo, in Arg. dir. lav., 2005, 1, pp. 169 ss.; critico VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, cit., p. 66. 26 Cass., 11 gennaio 2008, n. 528, in Guida Dir., 2008, 7, p. 22 ss., con nota di TATARELLI, Le carenze di apertura della procedura sono sanate con un accordo sindacale; Cass., 8 novembre 2007, n. 23275, in Riv. it. dir. lav., 2007, II, pp. 432 ss., con nota di GALARDI, Sullobbligo di comunicazione nei licenziamenti collettivi; Cass., 11 luglio 2007, n. 15479; Cass., 2 agosto 2004, n. 14721, in Riv. it. dir. lav., 2004, II, pp. 475 ss., con nota di SITZIA, Licenziamento collettivo, cassa integrazione guadagni e vizi procedurali: un significativo contrasto fra sentenze di cassazione; Cass., 5 giugno 2003, n. 9015, in Riv. it. dir. lav., 2004, II, pp. 105 ss., con nota di BONI, Licenziamenti collettivi e oneri procedurali: verso una svolta giurisprudenziale? ; Cass., 20 novembre 1996, n. 10817, in Riv. it. dir. lav., 1997, II, pp. 625 ss., con nota di MARINO, Procedure di consultazione sindacale nei licenziamenti collettivi e omissione delle formalit previste dalla legge . Sulla questione si veda FOGLIA, Diritto di informazione e consultazione nella procedura di licenziamento collettivo , cit., p. 171 ss.; ANGIELLO, La violazione degli obblighi di comunicazione nel licenziamento collettivo, in Lav. giur., 2004, pp. 1121 ss.; ICHINO, Il contratto di lavoro, vol. III, Tratt. CM, Milano, Giuffr, 2003, pp. 543 ss.; MONTUSCHI, Procedure e forme: comunicare bello?, in Arg. dir. lav., 2000, pp. 651 ss.; MARINO, Sulla violazione dellobbligo di comunicazione in caso di licenziamento per riduzione del personale , in Giust. civ., 1999, II, pp. 2477 ss.; ZOLI, La procedura di licenziamento collettivo e il sistema delle fonti nel diritto del lavoro , in AA.VV., I licenziamenti collettivi, in Quad. dir. lav. rel. ind., 1997, pp. 310 ss. 27 Cass., 11 luglio 2007, n. 15479, cit. 28 In dottrina stato sottolineato che la norma che attribuisce allaccordo gestionale forza sananate certamente espressione di un rafforzamento dellaccordo sindacale in sede di procedura per licenziamento collettivo, ma deve leggersi come iscritta nellambito dellobiettivo di flessibilizzazione perseguito dal

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chiarisce se ai fini dellefficacia sanante basta il mero fatto della stipula di un accordo gestionale (ex art. 5 della l. n. 223 del 1991), oppure se , invece, necessaria, in linea con la giurisprudenza sopra richiamata, unesplicita manifestazione della prevista sanatoria, consapevolmente espressa dalle rappresentanze sindacali. La soluzione della questione richiede di tener conto del sistema comunitario di riferimento in materia di diritti di informazione e (seria, trasparente ed effettiva) consultazione dei lavoratori nel caso di licenziamento collettivo, sistema che, in ragione di quanto evidenziato sopra al riguardo, non consente che siano sanate le carenze o reticenze informative pi rilevanti, mentre certamente consente una integrazione di informazioni inizialmente carenti, nel corso della procedura. Per ragioni di coerenza con il modello comunitario, dunque, si pu ritenere che la norma nazionale riformata debba interpretarsi nel senso che la stipulazione di un accordo sindacale29 non ha tuttora, di per s, efficacia sanante30: la norma, invero, attribuisce alle parti31 la possibilit di stipulare uno specifico accordo di sanatoria dei vizi di cui abbiano avuto consapevolezza e che intendono espressamente superare32. Del resto, lattribuzione di un

legislatore. In questo senso si veda CESTER, Licenziamenti: la metamorfosi della tutela reale, in CARINCI, MISCIONE (a cura di), Commentario alla Riforma Fornero, in Dir. prat. lav., 2012, Suppl. al n. 33, pp. 547 ss. 29 Si ricorda, incidentalmente, che la novella incentiva la stipula dellaccordo sindacale anche attraverso la previsione di un contributo addizionale a carico del datore di lavoro nel caso in cui laccordo non venga raggiunto. Nello specifico, in tutti i casi di recesso dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato (dal 1 gennaio 2013) il datore di lavoro tenuto a versare allINPS una somma pari al 50% del trattamento mensile dellAspi per ogni 12 mensilit di anzianit aziendale negli ultimi 3 anni. Questo contributo non dovuto, fino al 31 dicembre 2016, nei casi in cui sia dovuto il contributo di cui allart. 5, co. 4, della legge n. 223 del 1991. Dal 2017, in caso di licenziamenti collettivi senza accordo sindacale, il contributo di licenziamento sar moltiplicato per 3 (cfr. art. 2, commi 31, 33 e 35 della legge n. 92 del 2012). Si veda in proposito, PELLACANI, Le modifiche alla disciplina dei licenziamenti collettivi,cit., p. 269. 30 Efficacia sanante che pu riguardare solo i vizi relativi al contenuto della comunicazione (completezza, specificit, termini) e non altri vizi che riguardino lespletamento e la conclu sione della procedura. 31 I soggetti, cio, di cui al comma 2 dellart. 4 della legge n. 223 del 1991 (cfr. sul punto CARINCI, Complimenti, dottor Frankenstein: il disegno di legge governativo in materia di riforma del mercato del lavoro , Relazione tenuta al Convegno La Riforma del mercato del lavoro, 13 aprile 2012, Roma, Facolt di Giurisprudenza, Universit Roma Tre, reperibile in http://csdle.lex.unict.it/docs/generic/Il-dibattito-sulla-riforma-italiana-delmercato-del-lavoro-/3206.aspx). 32 Laffermazione di cui al testo supportata anche da un argomento letterale atteso che la legge specifica che i vizi sono sanati non dallaccordo purchessia, ma nellambito di un accordo, il che lascia ritenere che la sanatoria pu operare solamente nel caso in cui i dati non comunicati nella dichiarazione di apertura della procedura vengano comunicati e discussi nel corso dellesame congiunto e laccordo sia conseguentemente raggiunto nella piena consapevolezza anche di detti dati. In questo senso CESTER, Il progetto di riforma della disciplina dei licenziamenti: prime riflessioni, in Arg. dir. lav., 2012, 3, I, pp. 547 ss., qui p. 582; analogamente

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potere alle parti lascia intendere che la sottoscrizione dellaccordo collettivo non abbia di per s efficacia sanante33. Resta da chiedersi se laccordo in parola debba necessariamente essere un accordo specifico, diverso e separato rispetto allaccordo di chiusura della procedura, oppure se possa essere incluso nellambito di questultimo. Uninterpretazione, anche letterale, della norma dovrebbe consentire di ritenere potenzialmente ammissibili entrambe le soluzioni atteso che il legislatore richiede soltanto che laccordo sia concluso nel corso della procedura (e quindi non successivamente ad essa)34.

8. (Segue). La Riforma della legge n. 223 del 1991: la nuova disciplina sanzionatoria per il caso di licenziamento collettivo illegittimo
Il co. 46 dellart. 1 della riforma dellestate 2012 concerne la materia sanzionatoria. La novella pu essere schematizzata come segue: 1) ove il licenziamento collettivo sia intimato senza losservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui allart. 18, co. 1, St. lav. come riformato; 2) in caso di violazione delle procedure richiamate allart. 4, co. 12, della legge n. 223 del 1991, si applica il regime di cui al terzo periodo del settimo comma del predetto art. 18; 3) in caso di violazione dei criteri di scelta si applica il regime reintegratorio di cui al quarto comma del medesimo art. 18. Al fondo dellintervento del legislatore pu leggersi lobiettivo di realizzare un riavvicinamento delle diverse fattispecie di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (individuale e collettivo)35, con il conseguente abbandono del precedente regime
MARESCA, Il nuovo regime sanzionatorio del licenziamento illegittimo: le modifiche allart. 18 Statuto dei Lavoratori, in Riv. it. dir. lav., 2012, 2, I, pp. 452 ss.; VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, cit., p. 66; TATARELLI, Il licenziamento individuale e collettivo, IV ed., Padova, 2012, p. 460; ANGIELLO, Licenziamenti collettivi, cit., p. 85. 33 Cfr., per una valutazione critica della norma sul punto, FERRANTE, Modifiche nella disciplina dei licenziamenti collettivi, cit., p. 279. 34 Si veda, sul punto, ANGIELLO, Licenziamenti collettivi, cit., p. 86 il quale, condivisibilmente, ammette che laccordo con efficacia sanante possa essere incluso nellaccordo conclusivo della fase di consultazione. 35 Secondo Cass., 7 novembre 1998, n. 11251 (in Riv. crit. dir. lav., 1999, pp. 82 ss., con nota di MUGGIA) il discrimine tra il licenziamento individuale plurimo per giustificato motivo oggettivo e il licenziamento per riduzione di personale dipende unicamente dallelemento numerico e non invece dalla diversa tipologia delle ragioni dellimpresa. La giurisprudenza di legittimit, peraltro, pare essersi definitivamente assestat a nel senso

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sanzionatorio unitario per il licenziamento collettivo, che viene ora raccordato con la articolata disciplina prevista per i licenziamenti individuali36. Il riallineamento, per, non totale in quanto, mentre con riferimento alla violazione della prescrizione della forma scritta per il licenziamento individuale e collettivo prevista la medesima sanzione dellinefficacia, assistita dalla tutela reale piena di cui al primo comma del nuovo art. 18 St. lav., le conseguenze per il caso di sussistenza degli altri vizi sono diversificate. Nel caso di violazione della procedura sindacale la sanzione (che in passato era quella della tutela reale) ora quella indennitaria forte (da 12 a 24 mensilit) del comma 5 dellart. 18, cio il terzo livello di tutela, mentre, nel licenziamento individuale per motivo oggettivo, la violazione della nuova procedura preventiva, da svolgersi avanti la Direzione Territoriale del Lavoro, comporta la tutela indennitaria debole del comma 6 (da 6 a 12 mensilit, una tutela indennitaria dunque dimidiata rispetto a quella operante per il licenziamento collettivo). Il maggior costo della violazione procedimentale nel licenziamento collettivo esprime una valutazione del legislatore in termini di maggiore gravit, stante, in questo caso, la diversa funzione della procedura. Una tale diversa graduazione delle tutele dovrebbe consentire una tenuta della riforma in termini di legittimit costituzionale, considerato che la tutela reale non pu dirsi imposta n dalla Costituzione , n (per le ragioni viste al superiore 2.3 di questo capitolo) dal diritto comunitario, che impone esclusivamente una sanzione efficace, quale verosimilmente pu dirsi quella introdotta dalla novella.
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di riconoscere al licenziamento collettivo la natura di istituto autonomo (cfr. Cass., 22 novembre 2011, n. 24566, in Riv. it. dir. lav., 2012, II, pp. 618 ss., con nota di CALAF, Sul definitivo assestamento della nozione di licenziamento collettivo). Sul tema, amplius, prima della riforma, GAROFALO, Eccedenze di personale e conflitto: profili giuridici, in Dir. lav. rel. ind., 1990, pp. 235 ss.; MAGRINI, Licenziamenti individuali e collettivi: separatezza e convergenza delle tutele, ivi, 1990, pp. 313 ss.; con riferimento alla novella FERRANTE, Modifiche nella disciplina dei licenziamenti collettivi, cit., pp. 272 ss. 36 In dottrina loperazione legislativa stata criticata in ragione del fatto che alle violazioni di tipo formale viene attribuito rilievo superiore rispetto a quelle di tipo sostanziale. In questo senso PAPALEONI, Prime considerazioni critiche sul progetto di riforma del mercato del lavoro: Mons tremuit, etmus parietur , 2012, in http://csdle.lex.unict.it/docs/generic/Il-dibattito-sulla-riforma-italiana-del-mercato-del-lavoro-/3206.aspx. Critiche sono espresse anche da SCARPELLI, I licenziamenti collettivi per riduzione di personale, cit., p. 97. 37 In questo senso VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, cit., p. 68; altra dottrina ha evidenziato che a fronte dei licenziamenti c.d. economici, individuali o collettivi, la reintegrazione che non sia consensuale non ha molto senso (cos GHERA, Il ruolo dei giuristi e la riforma dei licenziamenti, in http://www.pietroichino.it/?p=22113&print=1).

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Non solo. Il sistema normativo italiano, per la verit, continua a consentire una tutela (di fatto) reale per il caso di violazione della procedura di informazione e consultazione, ma questa tutela risulta oggi di prerogativa esclusiva delle Organizzazioni sindacali tramite lo strumento di cui allart. 28 St. lav.38: ci in quanto la revisione operata dalla novella riguarda solamente le tutele azionabili dai singoli lavoratori e non lart. 28 St. lav., che resta immutato. Questo effetto della riforma, se certamente rappresenta una netta inversione di tendenza rispetto al passato, non sembra porsi in contrasto con la sistematica del diritto comunitario, atteso che, per le ragioni sopra evidenziate (cfr. 2.4 di questo capitolo), la giurisprudenza comunitaria ha affermato la natura collettiva dei diritti di informazione e consultazione39. Fermo quanto sopra, restano da esaminare due ulteriori, rilevanti, profili. Il regime sanzionatorio di cui si detto viene definito dal legislatore attraverso il rinvio al terzo periodo del settimo comma dellart. 18 St. lav., che a sua volta rinvia al comma 5. Un simile giro di parole (il significato etimologico del termine periodo , appunto, girare intorno), se pure consente di ritenere chiaramente individuata la sanzione indennitaria forte del comma 540, non sembra essere il semplice effetto di una imprecisione lessicale/strutturale dellimpianto normativo. In dottrina, invero, stato evidenziato che sorge il sospetto che questa complicazione letterale nasconda in realt lintento di escludere che anche la totale omissione della procedura un vizio che, come dire, comporterebbe la totale inconsistenza del licenziamento collettivo come tale possa in qualche modo determinare lapplicazione della tutela reintegratoria41. Il problema si pone in quanto il richiamo del solo terzo periodo del settimo comma pu essere letto nel senso di esprimere la volont di escludere dal rinvio la restante porzione del medesimo comma 7. Se cos fosse, il sistema acquisterebbe questo significato:

Nel testo si parla di tutela sostanzialmente reale per riferirsi allordine di rimozione degli effetti che pu (e continuer a poter) essere disposto dal giudice ai sensi e per gli effetti di cui allart. 28 St. lav.; in questo senso anche SCARPELLI, I licenziamenti collettivi per riduzione di personale, cit., p. 98; FERRANTE, Modifiche nella disciplina dei licenziamenti collettivi, cit., p. 282, il quale, nel concordare in ordine alla sopravvivenza del sistema reintegratorio consentito allazione collettiva, manifesta qualche perplessit sul piano della coerenza concettuale del sistema normativo cos come risulta dal mancato coordinamento delle due, diverse, tutele. 39 Cfr. Corte Giust., 16 luglio 2009, Mono Car, cit. 40 Cfr. MARAZZA, Lart. 18, nuovo testo, dello Statuto dei lavoratori, cit., p. 634. 41 Cos CESTER, Il progetto di riforma della disciplina dei licenziamenti: prime riflessioni, cit., p. 584.
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a) la violazione della procedura non dovrebbe permettere al lavoratore licenziato (al di fuori dellipotesi della violazione dei criteri di scelta) di chiedere ed ottenere la reintegra nel posto di lavoro, nemmeno, sembrerebbe, per il caso in cui il giudice dovesse accertare che il fatto posto a base del licenziamento non sussiste (parrebbe trattarsi dellipotesi di non effettivit della riduzione o trasformazione di attivit o lavoro che determina la situazione di eccedenza, da comunicare alle rappresentanze sindacali). La possibilit di chiedere ed ottenere la caducazione del licenziamento in caso di violazione della procedura diventa (o meglio resta), per i motivi gi evidenziati, prerogativa esclusiva delle Organizzazioni Sindacali ex art. 28 St. lav.; b) il giudice del lavoro non sembrerebbe essere abilitato neppure, nel caso di licenziamento collettivo, ad accertare il carattere disciplinare o discriminatorio del licenziamento. In relazione al primo profilo leffetto sopra sottolineato sembra essere in linea con il gi rilevato intendimento del legislatore di fare salvo il principio di insindacabilit delle scelte organizzative del datore di lavoro, consentendo a questultimo la possibilit di realizzare comunque la scelta riduttiva, confinando loperativit della tutela reintegratoria reale di cui al novellato comma 4 (azionabile dai lavoratori), solamente al caso della violazione dei criteri di scelta. In relazione a questultimo profilo (attinente alla violazione dei criteri di scelt a), parte della dottrina42 ha evidenziato che la grande discrezionalit valutativa rimessa al giudice in materia di criteri di scelta sposter su questo piano le incertezze operative oggi gravanti sul datore di lavoro in relazione ai vizi di carattere formale43. La, condivisibile, notazione circa il rischio di contenzioso sui criteri di scelta, impone di rilevare che unefficace meccanismo di disinnesco della criticit posta in evidenza si rinviene nella nuova disciplina sulla revoca del

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ANGIELLO, Licenziamenti collettivi, cit., p. 89, il quale ritiene che, si affermer, verosimilmente, la prassi di far seguire alla procedura di mobilit una conciliazione individuale con i singoli lavoratori licenziati. 43 Analogamente, nel senso indicato nel testo, FERRARO, Ammortizzatori sociali e licenziamenti collettivi nella riforma del mercato del lavoro, cit. In senso contrario, esprime un giudizio positivo con riferimento a questa disposizione della novella SCARPELLI, I licenziamenti collettivi per riduzione di personale, cit., p. 98.

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licenziamento, ammessa dal co. 10 dellart. 18 St. lav., il cui tenore letterale non sembra consentire di escluderne lapplicazione ai licenziamenti collettivi44. Diverso problema si pone invece con riferimento al secondo profilo posto in evidenza, concernente il mancato richiamo del sistema sanzionatorio generale di cui al nuovo art. 18 St. lav. nel caso della (accertata) sussistenza di ragioni disciplinari o discriminatorie del licenziamento intimato. Linterpretazione letterale della norma (che sembra dunque stabilire una inibizione del richiamato potere al giudice), rischia di provocare una scopertura del sistema normativo capace di porre il nostro ordinamento in contrasto con i principi generali costituzionali e comunitari, sia per levidente disparit di trattamento che si verrebbe a determinare, sia per la violazione dei diritti fondamentali in caso di licenziamento discriminatorio e violazione dei principi di cui allart. 13 del Trattato dellUnione Europea, dellart. 21 della Carta dei diritti fondamentali dellUE e della direttiva n. 2000/78/CE. Inoltre, lintenzione, che appunto sembra emergere dalla novella, di operare una scissione del licenziamento collettivo rispetto alla sua struttura causale tipica (caratterizzata, nel sistema comunitario, dallassenza nel recesso di ragioni soggettive) sembra porre concretamente la questione sopra anticipata al 2.3 di questo capitolo, anche in termini di coerenza dellordinamento rispetto allart. 5 della direttiva di riferimento. Posto quanto sopra, si tratta di capire quale regime sanzionatorio debba essere applicato dal giudice nel caso in cui questultimo accerti la natura disciplinare o discriminatoria del licenziamento qualificato come collettivo dal datore di lavoro. La lettera della legge pu condurre a due diverse soluzioni. In una prima prospettiva, valorizzando la ricostruzione proposta da autorevole dottrina, secondo cui le previsioni dei periodi finali dei commi 6 e 7 dellart. 18 St. lav. sono parziali e superflue45, il problema potrebbe agevolmente essere risolto stante lautonoma rilevanza dei diversi vizi, sempre, gradatamente azionabili, dal lavoratore ricorrente.

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Sulla revoca del licenziamento si vedano, in questo volume, i contributi di CORSO e di BARRACO. Resta inteso, evidentemente, che, per quanto concerne la materia dei licenziamenti collettivi, la revoca da ritenersi ammessa esclusivamente con riferimento ai singoli licenziamenti individuali intimati a conclusione della procedura. 45 Cos VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, cit., pp. 56 ss.; analogamente ANGIELLO, Licenziamenti collettivi, cit., p. 88, il quale ammette che il lavoratore possa sempre chiedere al giudice, anche in caso di vizio formale, una pronuncia sulla sostanza.

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Diversamente, qualora si ritenesse di valorizzare la lettera e la (apparente) volont del legislatore risultante dal nuovo comma 3 dellart. 5 della legge n. 223 del 1991 (che sembra escludere, per i motivi sopra specificati) la possibilit di farsi applicazione dei commi da 1 a 4 dellart. 18 St. lav.), dovrebbe potersi ammettere una residua operativit, nel caso in parola, della sanzione della nullit di diritto comune.

9. (Segue). La Riforma della legge n. 223 del 1991: il termine per leffettuazione delle comunicazioni finali e lapplicazione del termine di impugnazione di cui al novellato art. 6 della legge n. 604 del 1996 (rinvio)
La novella dellestate 2012 ha apportato due ulteriori ritocchi alla disciplina dei licenziamenti collettivi. Primo. Viene istituito un termine di 7 giorni, sostitutivo delloriginaria previsione di contestualit ex art. 4, co. 9, della legge n. 223 del 1991, per la comunicazione finale della procedura, contenente lelenco dei lavoratori collocati in mobilit con lindicazione, per ciascun soggetto, del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dellet, del carico di famiglia, nonch con puntuale indicazione delle modalit con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui allart. 5, co. 1, della legge n. 223 del 1991. Detto termine di 7 giorni decorre dallintimazione dei licenziamenti. La formulazione normativa pone un problema operativo in quanto non si comprende da quale licenziamento il termine debba correre nel caso in cui i licenziamenti non avvengano in ununica soluzione. In dottrina si ritiene che la norma vada interpretata attribuendo rilievo al primo licenziamento46. Questa modifica normativa intende superare definitivamente la lettura meramente cronologica della contestualit fatta propria da ampia parte della giurisprudenza47.

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In questo senso cfr. TATARELLI, Il licenziamento individuale e collettivo, cit., p. 460. In giurisprudenza veniva riconosciuta lillegittimit dei licenziamenti nel caso di un intervallo di pochi giorni tra lintimazione e la successiva comunicazione finale. In questo senso si vedano, fra le tante, Cass., 1 dicembre 2010, n. 24341, in Foro It., 2011, I, col. 1135; Cass., 28 gennaio 2009, n. 2166, in Mass. giur. lav., 2009 pp. 465 ss.; Cass., 23 gennaio 2009, n. 1722; diversamente Cass., 8 marzo 2006, n. 4970 aveva ritenuto che la norma, non specificando la misura cronologica della contestualit fra le comunicazioni, non esigesse che le comunicazioni avvenissero nello stesso giorno.

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La regola della contestualit, peraltro, come evidenziato in dottrina, non costituiva il mero portato di una imposizione burocratica ma serviva a cristallizzare, in un reciproco confronto, criteri di scelta dei licenziandi e scelte concrete, cos da non lasciare troppo spazio, dopo la comunicazione dei licenziamenti, per un adattamento dei criteri a misura di scelte gi compiute48. Secondo. Lultima modifica attiene ai termini per limpugnazione (stragiudiziale e giudiziale) del licenziamento collettivo, che sono stati ricondotti interamente al sistema vigente (anchesso novellato) per il licenziamento individuale, con superamento della precedente regola sul termine per limpugnazione stragiudiziale, contenuta nellart. 5, co. 3, della legge n. 223 del 1991, che era pur sempre analoga a quella operante per il licenziamento individuale.

48

Cos CESTER, Il progetto di riforma della disciplina dei licenziamenti: prime riflessioni, cit., p. 584, il quale in ogni caso rileva che la novella, sul punto, coerente con lo spirito generale della riforma. La maggior parte della dottrina si comunque espressa in senso favorevole alla riforma di cui al testo. Si veda al riguardo VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, cit., pp. 67 s. nonch ANGIELLO, Licenziamenti collettivi, cit., p. 85.

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