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MARIA CECILIA LUISE MODULO 04 MODELLI OPERATIVI INDICE 1. INTRODUZIONE 2.

APPRENDIMENTO PRECOCE DI UNA LINGUA STRANIERA: CONSIDERAZIONI GENERALI 3. MOTIVAZIONI PER UN APPRENDIMENTO PRECOCE DI UNA LINGUA STRANIERA 4. ASPETTI METODOLOGICI PER UNA GLOTTODIDATTICA PRECOCE 4.1. LA CENTRALIT DELLA DIMENSIONE LUDICA 4.1.1. CARATTERISTICHE DELLA METODOLOGIA LUDICA 4.1.2. I GIOCHI PER LAPPRENDIMENTO DI UNA LINGUA 4.2. UN METODO GLOTTODIDATTICO: TOTAL PHISICAL RESPONSE 4.3. INSEGNARE A COMPRENDERE 4.3.1. ESERCITARE LABILIT DI ASCOLTO E COMPRENSIONE 4.4.. INSEGNARE A PRODURRE LINGUA 4.4.1.TECNICHE PER LA PRODUZIONE LINGUISTICA 4.5. LA RIFLESSIONE LINGUISTICA E LA DIMENSIONE METACOGNITIVA 4.5.1. CARATTERISTICHE DELLA RIFLESSIONE LINGUISTICA 4.5.2. TECNICHE GLOTTODIDATTICHE PER LA RIFLESSIONE LINGUISTICA BIBLIOGRAFIA

1. INTRODUZIONE Finora chi ha insegnato italiano come lingua seconda nella scuola non ha ricevuto nessuna preparazione specifica e ha dovuto arrangiarsi adattando materiali, tecniche, strumenti normalmente usati nellinsegnamento dellitaliano a madrelingua o, nel migliore dei casi, nellinsegnamento di una lingua straniera. Questo modulo vuole fornire alcune coordinate di base per insegnare litaliano come lingua seconda a bambini inseriti nella scuola. Non verr trattato esplicitamente limpianto teorico: per le nozioni relative allapproccio umanistico-affettivo e alla glottodidattica funzionale, le cui linee generali sono oggi alla base degli insegnamenti linguistici, si rimanda al modulo Glottodidattica funzionale e umanistico-affettiva; ulteriori approfondimenti relativi alla dimensione teorica della glottodidattica possono essere trovati nei testi citati in bibliografia. Di seguito quindi verr fornita innanzitutto una serie di principi e indicazioni che permettono di sintonizzare lintervento glottodidattico con le caratteristiche di personalit, di apprendimento, cognitive dei bambini, mettendo sempre in primo piano la dimensione operativa; a tal fine, accanto ad alcune considerazioni di carattere generale, verranno proposte diverse tecniche glottodidattiche che possono essere utilizzate nella pratica dellinsegnamento dellitaliano come lingua seconda a bambini.

2. APPRENDIMENTO PRECOCE DI UNA LINGUA STRANIERA: CONSIDERAZIONI GENERALI Linsegnamento delle lingue straniere in et precoce un terreno in questi anni molto vivo, molto fertile, estremamente ricco di spunti e di novit: non sono moltissimi anni che linsegnamento delle lingue straniere ai bambini ha assunto piena dignit, che uscito dal campo delle sperimentazioni per entrare a pieno titolo nella glottodidattica, sono pochi anni che hanno cominciato davvero a cedere le resistenze di chi vedeva la mente del bambino non ancora pronta per un insegnamento di una lingua straniera che non fosse informale (in famiglia o allinterno di una comunit), ma strutturato, scientifico, in molti casi istituzionalizzato; nello stesso tempo, la cosiddetta emergenza immigrazione fa s che nelle scuole entrino in numero sempre pi consistente allievi che non conoscono la lingua dellambiente nel quale sono stati inseriti e che devono quindi essere alfabetizzati in lingua seconda. quindi sempre pi una reale possibilit insegnare italiano come lingua straniera a bambini in Italia o allestero, ed importante conoscere le principali linee della glottodidattica di una lingua straniera o seconda per bambini.

3. MOTIVAZIONI PER UN APPRENDIMENTO PRECOCE DI UNA LINGUA STRANIERA Ormai sono state riconosciute molteplici ragioni per cominciare questo tipo di studio in et precoce: 1. Motivazioni di carattere neurofisiologico: il cervello dei bambini fino almeno a 10 anni caratterizzato da una notevole plasticit: questa caratteristica fondamentale per esempio per lacquisizione degli abiti fonetici tipici di una lingua: i bambini riescono ad imitare in modo molto preciso non solo i suoni, ma anche i ritmi e lintonazione delle lingue alle quali vengono esposti; la lateralizzazione degli emisferi cerebrali non ancora fissata, cio lemisfero cerebrale destro pu svolgere operazioni normalmente svolte da quello sinistro, e viceversa, favorendo cos unattivit olistica che facilita lacquisizione linguistica. Addirittura si pone nella prima infanzia il cosiddetto periodo critico, cio il momento dellevoluzione di una persona nel quale la capacit di acquisire una lingua, sia la lingua materna sia qualsiasi altra lingua, raggiunge il massimo, per poi iniziare a declinare: per lapprendimento di seconde o terze lingue, per il conseguimento del bilinguismo o del trilinguismo esiste fino alla pubert una finestra privilegiata entro la quale il bambino pu imparare pi lingue con una fedelt di pronuncia, una fluenza di eloquio, unassenza di interferenze e di turbe della personalit che successivamente non conoscer pi (Freddi, 2000). 2. Motivazioni di carattere psicologico: il bambino, essendo pi disinibito e meno incline a farsi condizionare dalla paura di sbagliare, pi ricettivo allapprendimento e pi disposto a mettersi in gioco, ad esporsi attraverso luso di una lingua diversa da quella materna: secondo Krashen, con il passare degli anni diminuisce nellindividuo la capacit di acquisire spontaneamente le lingue, mentre aumenta la sua capacit di apprenderle razionalmente, e aumentano le possibilit di far scattare il filtro affettivo (per le nozioni di acquisizione, apprendimento e filtro affettivo, si veda anche il modulo Glottodidattica funzionale e umanistico-affettiva). 3. Motivazioni di carattere formativo: lo studio di una lingua diversa da quella materna contribuisce ad un pi armonico sviluppo del bambino, in quanto: amplia le sue strutture concettuali offrendo un diverso modello di organizzazione delle conoscenze; gli fornisce un nuovo strumento di espressione e di comunicazione; sviluppa una pi stabile e profonda comprensione interculturale (si veda anche il modulo Problemi di comunicazione interculturale), riducendo letnocentrismo: il valore formativo dello studio di una lingua diversa dalla propria una delle pi importanti conquiste della glottodidattica degli ultimi decenni. Si pu quindi concludere che linsegnamento di lingue diverse da quella materna ai bambini non solo fattibile, ma anche auspicabile: la sua attuazione implica solo luso di una didattica e di materiali adatti ai discenti.

4. ASPETTI METODOLOGICI PER UNA GLOTTODIDATTICA PRECOCE Quando si affronta il campo dellinsegnamento di una lingua straniera o di una lingua seconda a soggetti molto giovani, le linee generali oggi comunemente accettate ed applicate in glottodidattica vanno integrate e riviste in alcuni loro aspetti. Nei paragrafi che seguono verr evidenziata innanzitutto la metodologia ludica (cfr. par. 4.1.), che deve permeare ogni intervento didattico con i bambini, e un metodo glottodidattico, il Total Phisical Response (cfr. par. 4.2.), che si colloca nellambito dellapproccio umanistico-affettivo e che particolarmente utile nei primi passi dellinsegnamento di una lingua a soggetti molto giovani. Conoscere una lingua significa saper fare lingua, cio padroneggiare le abilit linguistiche primarie e integrate 1 , saper fare con la lingua, cio usare la lingua per compiere azioni e realizzare scopi in un contesto, quindi realizzare le funzioni della lingua (cfr. modulo Glottodidattica funzionale e umanistico-affettiva), sapere la lingua, cio conoscere la lingua nei suoi aspetti fonemici e grafemici, morfosintattici, lessicali, testuali, e saper riflettere su di essi: questo modello curricolare, trattato in maniera esauriente nei testi di Balboni, Freddi, Porcelli citati in bibliografia, permette di raggiungere la competenza comunicativa 2 . Se la dimensione funzionale della lingua oggetto di uno specifico modulo, Glottodidattica funzionale e umanistico-affettiva qui ci si soffermer sugli aspetti metodologici e operativi relativi alle abilit di comprensione e produzione, e alla riflessione linguistica, accostando alcune osservazioni generali e una serie di riflessioni metodologiche ad alcune tecniche glottodidattiche specifiche.

Tradizionalmente le abilit linguistiche sono analizzate secondo un modello quadripolare: ascolto, monologo, lettura e scrittura; per ormai diffusa lopinione che questo modello insufficiente e che quindi vada completato con una serie di abilit integrate, la cui funzione, nella vita e nella scuola altrettanto, se non di pi, rilevante; tra le abilit integrate troviamo: la parafrasi, la traduzione, il dialogo, la racconta di appunti, il riassunto, la scrittura sotto dettatura, il monologo su traccia scritta, la lettura a voce alta.
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La competenza comunicativa la principale meta glottodidattica di tutti gli insegnamenti linguistici e va intesa come la capacit di esprimersi usando una lingua in modo non solo corretto, ma anche appropriato al contesto situazionale, consapevole dei significati culturali che una lingua veicola ed efficace rispetto agli scopi che ci si propone di raggiungere attraverso un atto linguistico, e la capacit di riflettere sulla lingua e su come la si apprende.

4.1. LA CENTRALIT DELLA DIMENSIONE LUDICA Tutta la metodologia glottodidattica diretta ai bambini deve essere basata sul gioco. Ci non va inteso come lidentificazione del tempo della didattica con svago e divertimento, con attivit poco impegnative o con luso di giocattoli e giochi strutturati, ma come la principale modalit attraverso la quale viene presentato il materiale linguistico e viene fatta esercitare la lingua, attraverso la quale il bambino pu osservare, sperimentare, manipolare, impossessarsi di una lingua. Il gioco infatti la modalit privilegiata attraverso la quale un bambino fa esperienza del mondo, attraverso la quale apprende e si sviluppa: la metodologia ludica gli permette di affrontare in un modo naturale e familiare lo studio di una lingua e di coinvolgere nel processo di apprendimento tutte le sue capacit cognitive, affettive, sociali e sensomotorie. Metodologia ludica significa quindi prima di tutto coinvolgere il bambino in attivit linguistiche che abbiano le caratteristiche tipiche del gioco (cfr. par. 4.1.1.), non proporre giochi pi o meno strutturati, pi o meno legati alla lingua oggetto di insegnamento, per rendere gradevole una materia o le attivit di studio, per riempire il tempo tra due attivit scolastiche, per vivacizzare una parte della lezione o premiare qualcuno alla fine della lezione. Non bisogna quindi confondere il concetto di gioco con quello pi ampio di metodologia ludica. Un approfondimento sul gioco e sulla metodologia ludica presente nel sito di Alias cliccando su: La lingua giocando alle scuole elementari, di M. L. Tedde (SELM 4/94)

4.1.1. CARATTERISTICHE DELLA METODOLOGIA LUDICA Insegnare una lingua straniera o seconda utilizzando una metodologia ludica permette di: 1. creare un contesto nel quale lavorare con una lingua per impararla sia significativo, autentico e motivante per il bambino: non sempre infatti le motivazioni di carattere utilitaristico o strumentale bastano a sostenere linteresse e limpegno nello studio di una lingua in un discente molto giovane, neppure laddove egli sta imparando una lingua seconda, che quindi gli serve per interagire nellambiente nel quale vive: legare lapprendimento linguistico al gioco alimenta una motivazione basata sul piacere, di tipo intrinseco. Il gioco, come abbiamo gi accennato, , nellet dellinfanzia, la principale modalit per sviluppare la conoscenza del reale e del mondo circostante: giocare con la lingua significa perci impararla allinterno di un contesto non solo conosciuto e quindi non ansiogeno, ma anche significativo e coinvolgente in modo naturale; fin dalla prima infanzia infatti, il bambino gioca con la lingua come con qualsiasi altro oggetto con il quale venga in contatto. Inoltre non sempre nella scuola ci sono le condizioni per creare situazioni autentiche nelle quali usare la lingua, neppure nel caso di una lingua seconda: la realt del gioco pu rendere autentico lusare la lingua in contesti che non sono autentici, ma che sono costruiti e proposti dallinsegnante. Il bambino mentre gioca usa la lingua per realizzare uno scopo reale: giocare; la lingua diventa autentica e significativa perch lattivit, il gioco che la veicola autentico e significativo; 2. coinvolgere tutte le capacit e le abilit del bambino: un gioco non coinvolge solo le capacit cognitive di un soggetto; anche le caratteristiche affettive e di personalit, le capacit linguistiche, le abilit sensomotorie vengono chiamate a collaborare. In questo modo il bambino in grado di utilizzare tutte le sue risorse per lo svolgimento del gioco, e quindi, nel nostro caso, nellapprendimento di una lingua, sfruttando il canale e la modalit preferita per fare esperienza, e rendendo pi significativo e duraturo lapprendimento; le potenzialit dellattivazione multisensoriale della mente nei processi di apprendimento sono ormai riconosciute dalla glottodidattica; 3. fare delle cose: i giochi servono a fare nel senso pi materiale del termine. La dimensione della manipolazione, della costruzione, della realizzazione pratica di un progetto, una delle modalit privilegiate per percepire, e quindi apprendere, per i bambini. Inoltre, come abbiamo ricordato sopra, attraverso il gioco i bambini possono acquisire nuove informazioni attraverso lattivazione di tutti i loro sensi, non solo attraverso la vista e ludito, come avviene tradizionalmente nelle attivit proposte dalla scuola: ecco allora che qualsiasi persona, non solo i bambini, ricordano meglio quello che vedono, sentono e nello stesso tempo fanno; 4. vincere delle sfide: in tutti i giochi c la presenza del fattore sfida: uno dei principali aspetti del divertimento che danno i giochi risiede nel confrontarsi con altre persone o con un compito, nel mettersi di fronte ad una sfida. I giochi pi proficui per linsegnamento sono quelli che permettono allallievo di sfidare se stesso, da solo o in gruppo, nella soluzione di un problema, nello svolgimento di un compito, sono i giochi nei quali il fine nel gioco stesso. In questo modo si attiva il piacere della sfida senza necessariamente stimolare sentimenti troppo forti, e spesso ansiogeni, di competizione tra i bambini, e soprattutto si sposta il tradizionale asse del processo di insegnamento-apprendimento insegnante-alunni: il bambino, o i gruppi di bambini, sfidano se stessi, si mettono in gioco, non di fronte allinsegnante-giudice, ma di fronte ad una attivit divertente; in questo modo, anche i danni conseguenti ad un eventuale errore o fallimento sono limitati;

5. incoraggiare le interazioni tra pari: i giochi possono infine incoraggiare le interazioni di cooperazione tra i bambini, non solo la competizione tra bambini o tra gruppi di bambini. Per quanto i bambini amino i giochi competitivi, che possono in alcuni casi servire come motivazione per partecipare ed avere successo nella lezione di lingua, molti giochi possono essere usati per insegnare ai bambini la cooperazione tra pari, la collaborazione, limportanza del supportarsi a vicenda: si vedano per esempio tutti quei giochi che richiedono la collaborazione tra i giocatori al fine di ricostruire uninformazione necessaria per arrivare alla fine del gioco. 6. sviluppare una coscienza interculturale: attraverso i giochi i bambini possono non solo venire in contatto in modo semplice e naturale con elementi culturali propri del paese o dei paesi nei quali si parla la lingua che stanno studiando, ma anche essere educati allinterculturalit e ricevere un contributo per lo sviluppo di un atteggiamento collaborativo e tollerante; per un approfondimento delle tematiche legate allintercultura si rimanda al modulo Problemi di comunicazione interculturale).

4.1.2. I GIOCHI PER LAPPRENDIMENTO DI UNA LINGUA Metodologia ludica non significa giocare o utilizzare giocattoli in senso tradizionale, o meglio, non significa solo questo. Vuol dire soprattutto impostare qualsiasi attivit o esercizio scolastico in unottica ludica: solo cos possono essere resi appetibili anche ai bambini, accettati, motivanti, per esempio esercizi ripetitivi, di fissazione del materiale linguistico proposto, o attivit di tipo strutturalistico. Sono state elaborate varie classificazioni dei giochi che hanno valenza didattica; si rimanda ai testi in bibliografia di Giovanni Freddi, che si occupato a lungo di insegnamento precoce della lingua straniera. Qui ne proponiamo una solo a titolo esemplificativo, al fine di sottolineare che molte delle tecniche glottodidattiche che devono far parte del bagaglio professionale di un insegnante che si occupa di lingue possono essere utilizzate in un contesto ludico. Ecco allora che una classificazione dei giochi pu essere basata sulle caratteristiche dei giochi stessi: -giochi di movimento: fare azioni, mimare, danzare, eseguire o dare ordini; -giochi di memoria: indovinelli, memorizzazione di poesie, filastrocche, canzoni, Memory, Kims game; -giochi di esercizio: catene, completamento di frasi, testi, dialoghi, storie o descrizioni; -giochi simbolici: drammatizzazioni con burattini, maschere, simulazioni, completamento di fumetti. Allo stesso modo, oltre al materiale che di norma fa parte del corredo scolastico, anche molti dei giocattoli e dei giochi strutturati, tradizionali possono essere utilizzati nellambito della metodologia ludica: -giochi da tavolo: Gioco delloca, Domino, Memory, Tombola o Bingo, giochi a percorso, possono essere utilizzati e adattati allinsegnamento linguistico, oppure possono essere creati dallinsegnante o dagli allievi stessi con poca fatica e in breve tempo: in questo modo possibile centrarli su un preciso obiettivo linguistico: un certo campo lessicale, una determinata funzione linguistica, ; -maschere, burattini, pupazzi, abiti e stracci per travestimenti, oggetti e realia di vario genere permettono di utilizzare le diverse tecniche di drammatizzazione (cfr. par. 4.4.1.), simulazione, animazione; -cruciverba, anagrammi, battaglia navale, labirinti, giochi di parole e con le parole, possono rendere vari e motivanti lapproccio e lesercitazione con la lingua scritta: anche questo tipo di giochi sono di facile preparazione da parte dellinsegnante e sono facilmente adattabili a diversi livelli di competenza linguistica; -mattoncini da costruzione, pongo, plastilina, materiali che permettono di manipolare, fare, costruire; -girotondo, uomo nero, caccia al tesoro, mosca cieca, giochi con la palla: i vari giochi da fare allaperto o in palestra, con un gruppo di compagni, seguendo regole semplici, permettono di veicolare lingua in modo naturale, autentico, in un contesto sociale di interazione tra pari; -conte, filastrocche, canzoni, per scoprire rime e assonanze; le canzoni tradizionali, per esempio, veicolano anche aspetti culturali, ma non solo: cantare in coro permette al bambino di usare e riprodurre la lingua in una situazione di gruppo non ansiogena, inoltre le canzoni permettono di praticare una lingua rispettando la velocit deloquio data dal ritmo musicale in quanto spesso, soprattutto ai primi stadi, si tende a dare esempi di lingua innaturalmente rallentati, e luso dei ritornelli permette di ripetere e fissare in modo non noioso una struttura linguistica. Un articolo di M. P. Nicosia tratto da SELM

3/1996 sulluso delle canzoni pu essere consultato nel sito di Alias cliccando su Canzoni ed insegnamento di una lingua straniera: aspetti comunicativi.

4.2. UN METODO GLOTTODIDATTICO: TOTAL PHISICAL RESPONSE Nella comunicazione quotidiana lascolto labilit che, in percentuale, usiamo pi spesso, con unincidenza di circa il 45%; la comprensione orale alla base di una reale competenza linguistica. Un allievo straniero che deve imparare una lingua seconda in genere esposto per molto tempo alla lingua da imparare, sia a scuola sia fuori dalla scuola, ma non necessariamente questa pi o meno massiccia esposizione basta a sviluppare le abilit di comprensione: si percepisce ci che si imparato ad ascoltare. Insegnare ad ascoltare e a comprendere i messaggi in lingua seconda fondamentale nellinsegnamento dellitaliano ad allievi stranieri: il principale ruolo della scuola in merito si configura come insegnare a mettere in atto tutte quelle strategie cognitive necessarie per cogliere e decifrare le coordinate linguistiche, situazionali e pragmatiche di un messaggio. Le abilit di comprensione orale hanno un ruolo privilegiato nellinsegnamento di una lingua, soprattutto allinizio del percorso di apprendimento, anche alla luce di altre considerazioni. Ogni persona, esposta ad una lingua nuova, inizia a comprenderla senza essere ancora in grado, o senza essere ancora abbastanza sicura di s, per parlarla: quindi in quella che si chiama fase del silenzio, attraverso la quale si passa anche quando si impara la lingua materna e che ha una durata variabile da persona a persona. un periodo importante non solo dal punto di vista psicologico, ma anche da quello cognitivo: infatti il periodo nel quale il soggetto impegnato ad identificare, nel flusso di suoni al quale esposto, parole ed espressioni, e a dare loro un significato: solo quando ha identificato, riconosciuto, compreso e messo insieme una serie di espressioni potr sintetizzarle in una produzione linguistica autonoma. Rispettare la fase del silenzio, non richiedere innaturali, forzate e premature produzioni linguistiche significa rispettare i processi di apprendimento del discente e non porre le condizioni per linnalzamento del filtro affettivo, per la perdita della motivazione, per linstaurarsi di un sentimento di inadeguatezza verso la nuova scuola, significa valorizzare i processi di comprensione, che tanta parte hanno in qualsiasi acquisizione linguistica. Spesso invece gli insegnanti provano un senso di disagio verso la mancanza di feedback nella relazione con un parlante nella fase del silenzio, disagio che va superato e aggirato con tecniche glottodidattiche specifiche, che permettono di lavorare attivamente con lallievo, da una parte senza forzarlo a produrre lingua, dallaltra educandolo ad essere un buon ascoltatore. Un metodo glottodidattico che risulta essere molto utile per lo sviluppo delle abilit di comprensione orale con allievi stranieri nella scuola va sotto il nome di Total Phisical Response, spesso abbreviato con T.P.R. e tradotto con Risposta Fisica Totale. Il T.P.R., infatti un metodo che non richiede risposte verbali: J. Asher , uno psicologo americano, lo ha ideato negli anni 60, sviluppandolo e formalizzandolo nel decennio successivo. Partendo dalle osservazioni fatte sui problemi di apprendimento dei bambini, Asher elabora un metodo glottodidattico che si rif ad alcuni principi dei Metodi Diretti 3 e al
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con questa etichetta ci si riferisce ad un approccio glottodidattico sviluppatosi tra la fine del secolo scorso e i primi decenni del 900: i Metodi Diretti sono accomunati da alcuni principi metodologici: lallievo al centro dellattivit didattica; egli va immerso nella lingua straniera, al fine di ricreare intorno a lui le condizioni nelle quali ha acquisito la lingua materna. La lingua viene appresa principalmente per imitazione dei modelli proposti dallinsegnante, che deve essere preferibilmente un madrelingua e che usa

processo di acquisizione della lingua materna: per lui lapprendimento un processo lento, basato principalmente su esperienze ricettive, facilmente bloccato da avvenimenti frustranti e ansiogeni, che va basato sul coinvolgimento di tutte le modalit esperienziali dellindividuo: audio-orali, affettive, motorie, visive. Nel Total Phisical Response lallievo al centro del processo di insegnamento, viene motivato, protetto dagli insuccessi e guidato allautorealizzazione. La principale peculiarit del T.P.R. sta nel collegare la lingua da apprendere con il movimento, le azioni, la fisicit degli studenti, che non vengono spinti alla produzione della lingua, ma esposti ad una serie di input linguistici che possono essere usati anche per la produzione. Linsegnante fornisce agli studenti un input verbale costituito da comandi al quale essi rispondono fisicamente, con comportamenti non verbali, in pratica eseguendo i comandi dati; in questo modo si favoriscono le esperienze ricettive di comprensione della lingua, non si forzano gli allievi a produzioni linguistiche se non sono ancora pronti a parlare, se sono ancora nel periodo silenzioso, si coinvolgono le abilit di espressione non verbali; nello stesso tempo linsegnante ha un feedback dellavvenuta comprensione del messaggio dato e si d la possibilit agli studenti, quando si sentiranno pronti, ad utilizzare la lingua per dare essi stessi comandi agli altri. I comandi proposti vanno da semplici ordini del genere apri la porta a lunghe sequenze di azioni e comportamenti diversi: i comandi possono essere in sequenza, contenere tempi verbali diversi, forme negative, sinonimi o contrari, espansioni pi o meno lunghe e complesse, per proporre un input linguistico ricco e variato; linput verbale integrato da gesti, disegni, oggetti, immagini per facilitarne la comprensione. Lutilit di questo metodo a scuola con allievi non italofoni si basa sul fatto che in classe si usa continuamente limperativo, si regolano i diversi momenti scolastici attraverso una serie di comandi: in questo modo, non c bisogno di costruire situazioni verosimili o fittizie per esercitare la lingua italiana; oltre a ci, il TPR importante anche quando si vogliono riprodurre situazioni non vivibili nella scuola, attraverso la drammatizzazione, le scenette, le attivit di animazione. Ancora, il T.P.R. utilissimo fin dai primissimi tempi di inserimento di allievi che non conoscono nulla di italiano, in quanto attraverso questo metodo possibile veicolare i comandi necessari allallievo straniero per orientarsi nella vita quotidiana in classe.

solo la lingua straniera, e che risveglia e sfrutta lo spirito imitativo che caratterizza principalmente linfanzia, servendosi di immagini, gesti, drammatizzazioni, oggetti per chiarire i significati nuovi e i nuovi concetti. Il concetto di processo induttivo esteso alla grammatica e agli aspetti culturali legati allo studio di una lingua straniera; non c spazio per le spiegazioni esplicite dei meccanismi formali di funzionamento della lingua: la grammatica viene scoperta ed acquisita induttivamente dagli studenti, attraverso i materiali linguistici con i quali entrano in contatto; su richiesta, eventuali spiegazioni grammaticali vanno fornite in lingua straniera.

4.3. INSEGNARE A COMPRENDERE La comprensione di un testo orale non un processo semplice e lineare: presuppone non solo una conoscenza linguistica, delle parole e delle frasi da comprendere, ma anche un insieme molto complesso di processi cognitivi, e una conoscenza del mondo, intesa come la comprensione dei dati situazionali e culturali che permettono di integrare e facilitare la comprensione di un testo. Comprendere un testo significa innanzitutto attivare la Expectancy Grammar, o Grammatica dellAttesa, che un processo che permette di costruire unipotesi circa la natura e il contenuto del messaggio che si sta ricevendo. La prima fase di ogni apprendimento avviene attraverso la percezione globale di un evento, operazione che coinvolge principalmente lemisfero destro del cervello: nel caso di un apprendimento linguistico, questa prima fase di globalit particolarmente importante, va accentuata e prolungata soprattutto con soggetti giovani e in genere prevede una successione di attivit di ascolto e\o comprensione scritta di un testo linguistico presentato nella sua interezza, per poi focalizzarsi via via su elementi sempre pi analitici. Le attivit di comprensione orale vanno organizzate intorno ad alcuni principi metodologici: 1- si possono mettere in atto diverse strategie di comprensione: comprendere, infatti, una parola un po troppo generica, in quanto, a seconda degli scopi che ci si prefigge, ci potr essere: -comprensione intensiva, parola per parola, necessaria per molte attivit scolastiche; -comprensione estensiva globale, detta anche skimming, per ricavare il senso globale del testo; -comprensione estensiva mirata o selettiva, detta anche scanning, per ricavare precise informazioni dal testo: le ultime due sono quelle che si attuano nella maggior parte degli scambi comunicativi reali che si compiono quotidianamente. Insegnare a comprendere significa insegnare ad utilizzare le diverse strategie di comprensione, attraverso compiti diversi; 2- durante unattivit di ascolto, gli allievi non devono mai essere lasciati senza fare nulla, da soli di fronte al testo da comprendere: in genere il testo viene ascoltato sia nella sua totalit, sia spezzato in sequenze, mentre gli allievi svolgono un compito preciso: ci serve a farli concentrare su alcuni dati precisi del testo, come guida per la comprensione, inoltre ci permette di segmentare il lavoro di comprensione in una serie di compiti semplici, alla portata dei bambini: ecco allora che non si dovr mai solo ascoltare, ma ascoltare e fare, ascoltare e ripetere, ascoltare e ricavare informazioni, ascoltare e trovare errori, ; 3- non vanno programmate solo le attivit da far svolgere agli allievi durante lascolto, ma devono essere previste: 1) attivit di pre-ascolto, per preparare le menti degli allievi a ci che ascolteranno, stimolare la loro curiosit, collegare il non noto che andranno ad ascoltare con il noto che gi conoscono: lallievo giunge a scuola con una sua esperienza, sulla quale bisogna fare perno per iniziare il processo di apprendimento: quindi necessario, in modo particolare in situazione di insegnamento di una lingua seconda, che questa esperienza, proveniente sia dallesterno della scuola, sia dalla vita nel paese dorigine, venga estratta e soprattutto valorizzata, riconosciuta, messa alla luce per poterne sfruttare le potenzialit; 2) attivit durante lascolto, che aiutano a mantenere la concentrazione e lattenzione; 3) attivit dopo lascolto, per ripetere e fissare il materiale linguistico presentato e compreso, per stimolare uneventuale produzione linguistica, e per collegare la comprensione orale alle altre abilit linguistiche.

4.3.1. ESERCITARE LABILIT DI ASCOLTO E COMPRENSIONE Vediamo brevemente alcune tecniche glottodidattiche da utilizzare per le attivit di comprensione di testi: come abbiamo rilevato nel paragrafo 4.3., vanno programmate attivit che insegnino ad anticipare il testo che seguir, a riconoscerlo, selezionarne le informazioni, inferire il non detto, limplicito, a trattenere nella memoria, fissare il materiale linguistico: per questo le tecniche descritte di seguito sono state suddivise in tre fasi. Nella fase di pre-ascolto si possono usare diverse tecniche finalizzate a risvegliare la curiosit dellallievo, per attivare le sue capacit di concentrazione e attenzione e finalizzarle verso un ambito preciso; a fornirgli un contesto culturale, situazionale e linguistico per il materiale che gli verr presentato; ad aiutarlo a fare previsioni su ci che avverr poi. Sono tecniche che occupano solo pochi minuti, tra le quali troviamo: -elicitazione: conversazione finalizzata ad evidenziare le informazioni che il bambino ha gi acquisito sul contesto e sullargomento del testo che seguir; -anticipazione: attraverso lanalisi del contesto, di tutto quello che sta intorno al testo che si andr a comprendere, si cerca, attraverso unattivit di predizione, di immaginare cosa succeder, o cosa potrebbe succedere; -esplorazione delle parole-chiave: durante le attivit sopra descritte, si possono introdurre le parole-chiave, cio le parole fondamentali per la comprensione del testo. Nella fase di ascolto, dare agli allievi compiti diversi li abitua a mettere in atto diverse strategie di comprensione, e permettono di semplificare il lavoro di comprensione globale; queste attivit possono essere inoltre graduate per difficolt, in modo tale che si possono somministrare gli stessi testi da comprendere ad allievi con competenze diverse, diversificando soltanto lattivit di comprensione: per esempio, un esercizio di scelta multipla pu richiedere di riconoscere nel testo elementi quali i nomi dei personaggi principali, oppure pu richiedere di inferire informazioni non dette esplicitamente. Per guidare la comprensione, possono essere utilizzate: -scelte multiple: una tecnica con molte varianti, dalle domande chiuse alle quali rispondere solo vero o falso, alla scelta di tre o pi possibilit di risposta, alla scelta tra una serie di parole che possono completare una frase; non prevede necessariamente luso della lingua scritta, in quanto si possono usare disegni, illustrazioni, simboli al posto delle parole; -transcodificazioni: sono attivit che prevedono il passaggio da un codice ad un altro codice; possono prevedere esercizi tra i quali: segnare un itinerario su una mappa, compiere azioni ed eseguire comandi e istruzioni, illustrare parti del testo che si sta ascoltando, colorare o completare un disegno, segnalare, anche semplicemente alzando un cartellino illustrato, quale situazione viene descritta, quali oggetti vengono nominati, quali personaggi si presentano. Sono tutte attivit che possono essere facilmente organizzate e inserite nelle attivit, negli argomenti, negli esercizi scolastici e che sono in grado di coinvolgere lintera persona dellallievo, nei suoi aspetti visivi, motori, uditivi; -griglie: in genere costruite su due assi cartesiani, nei quali possono intersecarsi diverse variabili, sono utili in quanto non prevedono necessariamente luso della lingua scritta, n nelle indicazioni, che possono essere sotto forma di disegni, n nel completamento, che in genere consiste in crocette. Nelle attivit di lingua che iniziano con una parte di puro ascolto, in genere segue un lavoro di fissazione del testo che coinvolge anche altre abilit, oltre alla comprensione; un lavoro che serve a favorire una prima memorizzazione dei materiali linguistici presentati, che utile per focalizzare alcune forme linguistiche presenti nel testo, sulle quali lavorare e riflettere in seguito, che promuove lesercitazione e lacquisizione della

corretta pronuncia, intonazione, ed eventualmente, grafia. Il lavoro di fissazione non prevede produzioni linguistiche autonome, ma solo attivit di ripetizione in situazioni non ansiogene per lallievo, in quanto non detto che a questo punto egli sia pronto a produrre lingua, mentre, in determinate situazioni, pu svolgere attivit di riproduzione, ripetizione linguistica. Ecco allora che si possono proporre: -ascolto-ripetizione: il testo viene spezzato in brevi sequenze e ripetuto coralmente dagli allievi: una tecnica che ricorda gli esercizi strutturali tipici dei metodi comportamentistici degli anni 60, ma che risulta ancora valida, anche perch abbassa lansia da prestazione individuale, permettendo nello stesso tempo di esercitarsi nella pronuncia e nellarticolazione della lingua italiana; -ascolto-lettura: una variante dellattivit precedente, che coinvolge anche le abilit scritte e che pu essere prevedere sia una lettura a voce alta, utile per la pronuncia e lintonazione, sia una lettura silenziosa, utile per il collegamento fonema-grafema; da segnalare che lattivit di lettura individuale a voce alta, pur essendo un esercizio spesso richiesto a scuola, che fa parte delle routine di classe, pu essere a volte fortemente ansiogena, soprattutto quando luditorio vasto; -catene: ordini ed esecuzioni, domande e risposte, pezzi di frase e loro completamenti, vengono ripetuti dagli allievi a catena, uno dopo laltro: unattivit di ripetizione in genere ben accettata dai bambini, che pu essere resa pi dinamica e competitiva dando un tempo per completare la catena, o chiedendo agli allievi di finire lattivit il pi velocemente possibile.

4.4. INSEGNARE A PRODURRE LINGUA Alla comprensione e alla fissazione del materiale linguistico, in genere segue una fase nella quale si stimola la padronanza comunicativa guidando lallievo dal reimpiego guidato della lingua alluso personalizzato e creativo, in situazioni diverse da quella di partenza. una fase nella quale si devono fornire opportunit per lavorare seguendo i ritmi individuali di ogni allievo e per sperimentare diverse possibilit di interazione ed espressione personale, diversificando le modalit di lavoro (individuale, a coppie, a gruppi) e fornendo situazioni nuove e insolite, che permettano di sperimentare qualcosa di linguisticamente nuovo. Dal punto di vista metodologico, sono importanti alcune osservazioni: 1. Perch ci sia un apprendimento linguistico significativo, bisogna creare dei contesti significativi e motivanti per sviluppare e usare la lingua. Significativi e quindi autentici; la scuola e i compagni possono fornire questi contesti: lo straniero impara ad usare la lingua italiana mentre impara a fare un gioco con i suoi compagni, impara ad usare la lingua mentre fornisce le istruzioni per portare a termine un compito, non impara la lingua rispondendo, in una interazione per lo pi limitata a due persone, lui e un adulto, a domande quali di che colore il banco?, impara ad usare la lingua per colmare un vuoto dinformazione, non per ribadire qualcosa che noto e visibile; motivanti, quindi in contesti che coinvolgano lo studente straniero, lo interessino, non siano ansiogeni. 2. La motivazione a produrre lingua non dipende soltanto dallinteresse dellallievo, ma soprattutto dal fatto che quella produzione linguistica serve al soggetto per realizzare qualche scopo o soddisfare qualche bisogno: in questo senso si raccomanda la centralit della dimensione funzionale della lingua, piuttosto che di quella formale. Gli scopi che pu perseguire uno studente attraverso luso di una lingua seconda sono molteplici: si parla per dare informazioni o rispondere a domande, per ottenere informazioni, per dare istruzioni e guidare lazione degli altri, per risolvere problemi o portare a termine unattivit, per controllare o descrivere come si svolta unattivit, per descrivere se stessi e i propri stati danimo, per dare opinioni e comunicare il proprio pensiero e le proprie intenzioni, per narrare avvenimenti e descrivere situazioni, per giocare con la lingua: sono scopi che richiedono una competenza linguistica pi o meno sviluppata per essere realizzati, ma intorno ai quali vanno programmate tutte le attivit di lingua seconda. 3. Le interazioni e le routine di classe sono tra i primi ambiti che possono stimolare una prima produzione linguistica autentica e spontanea con interlocutori diversi: quindi importante fornire agli allievi gli strumenti linguistici che gli permettano di socializzare nella classe e nella scuola, attraverso i saluti e le presentazioni, il richiedere oppure loffrire qualcosa, il giocare con i compagni, il chiedere il permesso, e che gli permettano di contribuire allorganizzazione del lavoro scolastico, distribuendo e raccogliendo materiali, eseguendo consegne, oppure richiedendo e dando istruzioni. 4. In merito alle produzioni linguistiche in lingua seconda, particolarmente importante latteggiamento dellinsegnante nei confronti dellerrore: laddove lobiettivo principale dellintervento didattico il raggiungimento della competenza comunicativa, non solo di quella linguistica, le produzioni degli allievi vanno controllate in nome di tre parametri principali: correttezza linguistica, efficacia rispetto allo scopo della comunicazione, appropriatezza alla situazione comunicativa: ecco allora che non ci si pu concentrare solo sullaspetto morfosintattico o

fonologico, ma che pu essere considerata positivamente, e quindi pu non essere ripresa e sanzionata dallinsegnante, una produzione in parte scorretta dal punto di vista grammaticale, se sono garantite efficacia, appropriatezza e comprensibilit del messaggio.

4.4.1. TECNICHE PER LA PRODUZIONE LINGUISTICA A scuola le occasioni autentiche, informali, spontanee, per produrre lingua seconda sono molteplici, dato che tutta la comunicazione passa attraverso litaliano; qui ricordiamo solo alcune tecniche glottodidattiche strutturate per guidare e promuovere la produzione. Le tecniche glottodidattiche per favorire luso sempre pi autonomo della lingua che coinvolgono solo le abilit orali ruotano intorno a due centri principali, la drammatizzazione e i giochi: -drammatizzazione, in tutte le sue varianti: dalla drammatizzazione propriamente detta, che totalmente guidata, dipende totalmente dalla recita di un copione, al role-taking, nel quale si ha un contributo personale dellattore limitato solo a pochi elementi, al rolemaking, fino al role-play, nel quale si fornisce solo la situazione, lasciando piena libert agli attori; molto utile anche una diversa forma di drammatizzazione, cio lutilizzo di pupazzi o marionette con i quali i bambini possono dialogare o prestare la voce; questa tecnica utilissima in quanto il pupazzo fa da filtro tra alunno e lingua, con conseguente diminuzione dellansia da prestazione; -dialogo: legato alle attivit di drammatizzazione e considerato unabilit linguistica integrata a s, dialogare con unaltra persona presuppone una serie di processi cognitivi e linguistici 4 di non facile padronanza. In glottodidattica il dialogo, strumento di comunicazione privilegiato nella vita reale, fondamentale per sviluppare la produzione orale in contesti naturali e autentici; -giochi: ci siamo gi occupati dei giochi che possono avere un ruolo importante nellacquisizione di una lingua, per i quali si rimanda al paragrafo 4.1.2.. Altre tecniche coinvolgono anche le abilit scritte; ricordiamo soltanto: -giochi: ancora i giochi possono essere utilizzati sia per lesercitazione e lo sviluppo delle abilit strumentali e della correttezza ortografica (il cruciverba, per esempio, utilissimo per questultima competenza), sia per le abilit legate alla progettazione e alla realizzazione di testi scritti; -completamento di fumetti: unattivit motivante non solo perch in generale piace ai bambini, ma anche perch trasmette messaggi immediati, unendo i disegni alla scrittura; permette di lavorare sul piano linguistico e testuale, ma anche su quello situazionale e pragmatico; -composizioni: non ci si sofferma qui su attivit ben conosciute e praticate dagli insegnanti; si ricorda soltanto che possono essere proposte agli allievi stranieri composizioni di testi pi o meno scolastici, tra i quali poesie, filastrocche, relazioni, descrizioni, lettere, storie, giochi di parole, costruiti non solo attraverso un lavoro individuale, ma anche a coppie o in gruppo, seguendo un percorso che si allontana sempre pi da un modello.

Il dialogo unabilit linguistica integrata molto complessa, in quanto la successione velocissima delle battute richiede una capacit di operare scelte comunicative in tempo reale e di portare avanti una negoziazione continua sul piano linguistico, sociolinguistico, pragmatico, al fine di mantenere la coesione e la coerenza del dialogo stesso.

4.5. LA RIFLESSIONE LINGUISTICA E LA DIMENSIONE METACOGNITIVA Lambito della riflessione linguistica particolarmente importante nellinsegnamento di una lingua straniera o seconda a bambini, e necessita di una metodologia specifica. In merito gli insegnanti in genere prendono due posizioni antitetiche, qui di seguito semplificate. C chi da una parte non ritiene la mente del bambino pronta a compiere le operazioni mentali necessarie per riflettere sulla lingua e sui suoi meccanismi di funzionamento, dallaltra vede come unico obiettivo dellinsegnamento il comunicare con la lingua, privilegiando cos solo gli aspetti strumentali e di esecuzione e rifiutando le attivit di riflessione sulla lingua di carattere solo morfo-sintattico, di tipo grammaticale: in questa ottica non c posto per lo sviluppo delle competenze sulluso della lingua, ma solo per le competenze duso della lingua. Altri insegnanti invece applicano la metodologia ben conosciuta e sperimentata nellinsegnamento della lingua materna a scuola anche quando si trovano ad insegnare una lingua straniera o seconda: in questo modo vengono proposti ad allievi stranieri che non hanno ancora una sufficiente e sviluppata competenza comunicativa in lingua seconda percorsi di riflessione linguistica normalmente affrontati da un allievo coetaneo madrelingua, che quindi ha alle spalle anni di esposizione e pratica linguistica e comunicativa con litaliano; spesso poi questi percorsi vengono finalizzati ad insegnare la microlingua della nomenclatura grammaticale, a dare precise etichette alle diverse parti del discorso, compito sicuramente inutile per un allievo straniero. Oggi invece accertato che anche con i bambini non si pu basare un curricolo di lingua straniera solo sulle abilit di uso della lingua, ma che vanno considerate anche quelle sulluso della lingua: bisogna quindi muovere verso una riflessione, guidata dallinsegnante, ma condotta dagli alunni, sulla logica che regge il materiale linguistico presentato, materiale sul quale si fatto pratica e che gi stato assimilato come comportamento comunicativo.

4.5.1. CARATTERISTICHE DELLA RIFLESSIONE LINGUISTICA Tralasciando la grammatica prescrittiva, normativa, in favore di una riflessione sulla lingua vista come codice e come strumento di comunicazione, quando si insegna una lingua ai bambini il carattere di queste riflessioni linguistiche dovr essere: 1. induttivo e concreto: il bambino che, seguendo un processo di induzione, scopre la regola, attraverso la manipolazione della lingua, attraverso attivit concrete, non attraverso esercizi sul libro o sul quaderno, ma per esempio attraverso giochi con cartellini, o costruzioni di insiemi di parole; 2. proposto sotto forma di gioco o di problema, in grado cio di stimolare il bambino ad applicare le sue capacit di osservazione in un contesto motivante e stimolante; 3. improntato su una metodologia non centrata sulla spiegazione della regola da parte dellinsegnante, ma volta alla scoperta attiva della regola da parte dellallievo, sicuramente non lasciato a se stesso, ma guidato dallinsegnante. Ancora, la riflessione sulla lingua: 1. il punto di arrivo di un processo di apprendimento linguistico, non il punto di partenza: per quanto si possano proporre fin dallinizio di un percorso di apprendimento di una lingua riflessioni o osservazioni sul suo funzionamento, la competenza sulluso della lingua necessariamente segue la competenza duso della lingua; 2. va centrata non solo sulla lingua e sui suoi meccanismi di funzionamento, ma anche sui suoi aspetti pragmatici e comunicativi, sulle regole che governano luso sociale e luso culturale della lingua; 3. si servir, per quando possibile, dellanalisi contrastiva e dei naturali processi di confronto tra lingua materna dei bambini e lingua seconda che stanno studiando: se la scuola, oggi come oggi, non pu n conoscere, n farsi carico del mantenimento della lingua dorigine degli studenti stranieri, basterebbe soltanto conoscere alcune caratteristiche della loro lingua dorigine per capire le aree di maggior difficolt, quindi i punti sui quali si deve intervenire con maggiore attenzione, e le motivazioni, spesso perfettamente logiche, di molti errori da loro commessi: si veda per esempio la difficolt degli arabi a discriminare tutte le vocali dellitaliano, o la difficolt dei cinesi con gli articoli, assenti nella loro lingua; ecco allora che si possono utilizzare gli errori ricorrenti che fanno i bambini per capire e far capire loro quali delle ipotesi, anche inconsce, che si sono fatti sulle regole della lingua straniera sono da correggere; 4. sfrutter il pi possibile linterazione tra pari, facendo in modo che siano i bambini stessi, attraverso la discussione e il confronto tra le loro osservazioni, a scoprire e verificare le regole della lingua e della comunicazione.

4.5.2. TECNICHE GLOTTODIDATTICHE PER LA RIFLESSIONE SULLA LINGUA Sottolineando ancora una volta il carattere ludico e concreto che devono assumere queste attivit didattiche, proponiamo solo alcune delle tecniche che possono aiutare a far riflettere lallievo straniero sui meccanismi di funzionamento dellitaliano; ancora una volta, qualsiasi classificazione rischia di essere incompleta: quelli che seguono sono solo alcuni esempi e varianti di tecniche usate nellinsegnamento delle lingue, tecniche che vanno comunque sempre integrate da una continua attivit informale di osservazione della lingua, di stimolazione al confronto e alla discussione, non solo con linsegnante, ma soprattutto con i compagni, delle proprie e altrui scelte linguistiche e comunicative. -Tecniche di esclusione e di inclusione: lesclusione, detta anche odd man out, consiste nellindividuare in un insieme lelemento che non possiede una certa caratteristica condivisa invece da tutti gli altri membri; linclusione invece consiste nel raggruppare da un insieme eterogeneo gruppi di elementi omogenei, che condividono una precisa caratteristica. Sono esercizi ed attivit di facile preparazione e di facile somministrazione, adattabili a diversi livelli di competenza linguistica e utilizzabili per far riflettere su diversi aspetti della lingua: si possono per esempio centrare sul lessico, inserendo un nome di oggetto in un insieme di nomi di animali, o sulla morfosintassi, chiedendo di raggruppare tutte le parole singolari e tutte quelle plurali, tutti i nomi, gli aggettivi, i verbi, o ancora sugli aspetti fonologici o grafemici. Possono poi essere proposti in forma scritta, se gli allievi sono gi alfabetizzati in italiano, ma possono essere adattati in versioni che non prevedono luso della lingua scritta, utilizzando disegni, illustrazioni, oggetti e invitando gli allievi a verbalizzare quello che fanno. Ancora, possono essere proposti su un foglio di carta sul quale lallievo deve solo tracciare degli insiemi, o sottolineare della parole o dei disegni, oppure possono avere un carattere pi ludico e pratico: gli allievi possono ritagliare ed incollare le parole o i disegni da raggruppare insieme, possono spostare sul banco, sul pavimento, sulla lavagna, cartellini con disegni o parole. -Accoppiamenti: possono essere accoppiate parole e loro definizioni: unattivit da proporre ad allievi con una consolidata competenza in italiano; frasi e situazioni comunicative, per riflettere sugli aspetti comunicativi, sociali e culturali della lingua; domande e risposte. Le attivit possono essere rese pi dinamiche e pratiche utilizzando disegni, pezzi di carta da ritagliare ed incollare, o, ancora, dando ad ogni allievo un cartellino con uno dei segmenti da accoppiare: ognuno, andando in giro per la classe, deve trovare il compagno in grado di completare la coppia correttamente. -Caccia allerrore: unattivit, orale o scritta, che pu essere resa pi o meno giocosa e competitiva: pu essere svolta come un gioco a squadre, nel quale vince il gruppo che individua prima lerrore o ne individua il numero maggiore, oppure pu essere resa cooperativa, laddove un allievo aiuta laltro a correggere un suo testo; ancora, i testi possono essere creati dallinsegnante, ma anche essere forniti o creati dagli allievi.

BIBLIOGRAFIA Balboni P. E., Tecniche didattiche per leducazione linguistica, UTET Libreria, Torino, 1998 Freddi G., Glottodidattica, UTET Libreria, Torino, 1994 Freddi G., Azione, gioco, lingua. Fondamenti di una glottodidattica per bambini, Liviana, Padova, 1990 Freddi G., Il bambino e le lingue, Larus, Bergamo, 2000 Porcelli G., Principi di glottodidattica, Editrice La Scuola, Brescia, 1994 Favaro G. (a cura di), Imparare litaliano imparare in italiano, Guerini e Associati, Milano, 1999 Sanzo R. (a cura di), Fare lingua seconda nella scuola elementare Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1993

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