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07/09/13

L'arcobaleno dell'ebraico - Si j'avais t prtre, j'aurais tudi - Il Sole 24 ORE

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L'arcobaleno dell'ebraico
GianfrancoRavasi

Si j'avais t prtre, j'aurais tudi fond l'hbreu et le grec afin de connatre la pense divine, telle que Dieu daigna l'exprimer en notre langage. A formulare questo desiderio di conoscenza delle lingue bibliche era la giovanissima Teresa di Lisieux, nota come santa Teresa del Bambino Ges, morta a soli 24 anni nel 1897, lasciando dietro di s una scia di spiritualit che affasciner anche l'ebreo Joseph Roth e il Santo bevitore della famosa sua "leggenda". Lo stesso desiderio devo riconoscerlo ancor oggi vivo nei molti che frequentano corsi biblici e che si rivolgono spesso a chi, come me, ha insegnato a lungo esegesi ed ebraico classico per aver consigli didattici e bibliografici. Oltre al suggerimento scontato di accedere ai vari cicli di lezioni che, al riguardo, vengono offerti dalle Facolt teologiche o dagli Istituti superiori di Scienze religiose e anche da alcune universit italiane, possibile indicare degli strumenti indispensabili, come una delle tante grammatiche disponibili e qualche dizionario di ebraico biblico. Ora, dopo quello di Philippe Reymond, pubblicato nel 1995 dalla Societ Biblica Britannica e Forestiera di Roma, abbiamo a disposizione un vero e proprio gioiello, il Dizionario di Ebraico Biblico, approntato originariamente in spagnolo da uno dei grandi maestri dell'esegesi contemporanea, Luis Alonso Schkel, cui anche chi scrive queste righe deve moltissimo come discepolo, prima, e amico, poi. Questo insigne studioso, coadiuvato da alcuni collaboratori, ha allestito con la genialit e l'acribia che egli sapeva intrecciare sempre nelle sue ricerche, una mirabile guida lessicale che l'edizione italiana a cura di Marco Zappella e Gian Luigi Prato ha ora adattato e perfezionato, colmando anche la distanza cronologica e il divario linguistico dalla prima elaborazione spagnola. un modo per celebrare i 15 anni dalla scomparsa di questo docente che sapeva affacciarsi con finezza anche sulla cultura secolare generata dal testo sacro nella letteratura, nell'arte, nella musica, nella filosofia e nell'ethos stesso dell'Occidente. Certo, il fervore attorno alle Scritture anticotestamentarie sempre stato vivo anche in un Paese cattolico e apparentemente alieno dal coltivare discipline teologiche come l'Italia: una ventina d'anni fa un esegeta francescano, Massimo Pazzini, elencava ben 36 grammatiche e non meno di 22 vocabolari ebraico-italiani a partire dagli inizi della stampa. Gli ultimi vent'anni sono stati ancor pi fecondi e l'opera di Alonso Schkel costituisce una sorta di vetta in un panorama piuttosto affollato, come abbiamo occasione di segnalare spesso su queste pagine. La "povert" lessicale dell'ebraico biblico (solo 5.750 vocaboli) non semplifica ma complica l'allestimento di un dizionario, proprio per la polisemia che non pochi termini assumono, soprattutto in contesti differenti. In questa linea, tuffandoci nella statistica, possiamo ottenere esiti sorprendenti. Se ovvio che la parola pi usata la congiunzione w- (poco pi di 50mila occorrenze), bisogna per subito aggiungere che essa espleta molteplici funzioni, alcune "rivoluzionarie" come quando preposta alle forme verbali, un dato ben noto a chi ha fatto anche solo qualche passo nello studio di questa lingua. Il nome pi reiterato naturalmente quello divino, Jhwh, che risuona 6.828 volte, ma il primo sostantivo curiosamente ben, "figlio", che ricorre 4.929 volte. Il primo verbo per presenze , in una cultura a matrice orale, 'amar, "dire" (5.282 volte) e, quindi, la preposizione pi usata l-, che segna il dativo e le relazioni fondamentali ("a, verso, di...") e che conteggiata circa 20.700 volte. Eppure l'avverbio dominante (5.200 volte circa) il negativo lo', "non", mentre il primo aggettivo kl, "tutto" (circa 5.400). Fermiamoci qui e, se sfogliamo le pagine del Dizionario di Alonso Schkel, scopriremo la complessit e
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L'arcobaleno dell'ebraico - Si j'avais t prtre, j'aurais tudi - Il Sole 24 ORE

l'originalit di una lingua che, a prima vista, sembra simile alle pietre della steppa in cui sorta, mentre in realt rivela finezze e raffinatezze soprattutto nei suoi sintagmi, morfemi o stilemi. Per non parlare poi delle oscillazioni creative a cui costringe la citata indigenza di vocaboli: cos, proprio una delle prime voci 'ab, "padre", se impostata in forme particolari, si trasforma in aggettivo ("paterno, paternale"), si allarga fino ad abbracciare i "nonni, progenitori, avi, antenati", scivola nel senso figurato divenendo ora "fondatore, pioniere, iniziatore", ora "patrono, protettore", ma trasformandosi anche in "principe" o "ministro" e persino in qualcosa di analogo al nostro "cappellano" (cos in Giudici 17,10; 18,19). Questa rifrazione semantica deve rendere, perci, sorvegliati i lettori del testo ebraico biblico che non possono inchiodarsi al primo significato, soprattutto quando si tratta di verbi che, col mutare delle varie forme della loro coniugazione sintattica, possono variare lo spettro interpretativo. Tanto per esemplificare, un verbo importante come brk, che ricorre 398 volte e che di solito reso con "benedire", in realt ammette un arcobaleno di applicazioni: augurare del bene, rallegrarsi per il bene dell'altro, congratularsi, lodare, celebrare, ringraziare, ricambiare, festeggiare, salutare, congedarsi, fino al nostro popolare "stammi bene!". Altre volte la presenza di un hapax rende pi sospesa e incerta la resa del vocabolo: con piacere vedo che, ad esempio, il golm che ricorre solo nel Salmo 139,16 tradotto come "embrione", secondo una scelta che nel 1983 avevo ipotizzato in un mio commentario al Salterio. Questo termine declinato col pronome di prima persona e, quindi, significa "il mio embrione"; nella tradizione giudaica successiva stato usato in forma assoluta ed divenuto il mitico golem, il fantoccio di fango che con la magia viene trasformato in mostruoso essere vivente, sfidando cos il Creatore, una realt mitica che divenne popolare con la leggenda del rabb Loew di Praga (si ricordi il romanzo Il Golem che lo scrittore austriaco Gustav Meyrink pubblic nel 1932). Il Salmo, invece, interpella Dio in modo mirabile: Il mio scheletro non ti era nascosto quando fui plasmato nel segreto, ricamato nelle profondit della terra. Anche il mio embrione (golm) i tuoi occhi hanno visto e nel tuo libro erano gi scritti i giorni che furono formati quand'ancora non ne esisteva uno. Tutto questo ci fa comprendere quanto sia ardua l'opera del traduttore nel suo trapasso da un sistema lessicale a un altro che appartiene a un diverso orizzonte genetico culturale. Per la versione dall'ebraico all'italiano della Bibbia risulta, allora, vero quanto scriveva Cervantes: Ogni traduzione come il rovescio di un arazzo. E la guida di un dizionario come quello di Alonso Schkel ci permette di avere pi spesso davanti ai nostri occhi il recto luminoso e colorato dell'arazzo della pagina biblica. RIPRODUZIONE RISERVATA Luis Alonso Schkel, Dizionario di Ebraico Biblico, edizione italiana a cura di Marco Zappella e Gian Luigi Prato, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi), pagg. 1.034, 110,00

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