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Filippo Carl

Usi ed abusi della terminologia monetale nellHistoria Augusta*

I termini utilizzati per indicare determinate monete o unit di conto monetarie allinterno della raccolta di biografie tardoimperiali che porta il nome di Historia Augusta sono numerosi, e finora relativamente poco considerati. Ad un lungo articolo di Menadier, 1 vecchio ormai di quasi un secolo, che analizzava questi nomi con il solo fine di individuarvi gli evidenti anacronismi, che confermassero una datazione dellopera alla seconda met del IV secolo, ha fatto seguito solo un breve contributo di Tomlin, 2 oltre a qualche considerazione sparsa e non sistematica. Si vorrebbe qui operare ancora una volta una catalogazione analitica e sistematica di questi termini, non solo per riconsiderarne la cronologia di utilizzo (rispetto allepoca di Menadier molte cose sono cambiate anche in numismatica, come ovvio), ma anche e soprattutto nel tentativo di individuare alcune modalit di redazione dellopera biografica, dal momento che da questa operazione forse possibile trarre qualche conclusione nuova. assai difficile scegliere il migliore ordine di elencazione e considerazione di questi termini.3 Si scelto pertanto di procedere su base metallica, cominciando dalla terminologia utilizzata per le monete doro, quindi per le monete espressamente indicate come argentee ed infine per il divi* Questo articolo nasce dalla rielaborazione di uno studio condotto nellambito di un progetto 60% sulle fonti dellHistoria Augusta svolto nella.a. 2005-2006 presso lUniversit di Torino sotto la guida della prof. ssa Silvia Giorcelli Bersani. A lei, alla dott. ssa Maria G. Castello, al prof. A. Marcone (Universit di Udine) e alla prof.ssa R. Marino (Universit di Palermo) vanno i miei pi sentiti ringraziamenti. 1 K. Menadier, Die Mnzen und das Mnzwesen bei den Scriptores Historiae Augustae, ZfN XXXI (1913), 1-139. 2 R.S.O. Tomlin, Fairy Gold: Monetary History in the Augustan History, in C.E. King (ed. by), Imperial Revenue, Expenditure and Monetary Policy in the Fourth Century A. D., Oxford 1980, 255-279. 3 Menadier, Die Mnzen cit., elenca in un primo momento i termini corretti, quindi le notizie che potrebbero avere un fondamento storico, le informazioni contraddette dal dato numismatico, gli anacronismi che aiutano a datare la redazione dell Historia Augusta; Tomlin, Fairy Gold cit., 258 adotta pi semplicemente una tripartizione tra informazioni sicuramente false, informazioni sicuramente vere, informazioni incerte.

o{rmoV 9 (2007), pp. 399-424

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sionale, in bronzo puro e bronzo argentato (questultima tipologia, si noti, non pi esistente nel momento della redazione dellopera, sia che la si collochi alla fine del IV secolo sia che la si ritenga invece, secondo lopinione pi diffusa, frutto del V).

Le monete doro Nella maggioranza assoluta dei casi le monete doro sono indicate nellHistoria Augusta con il termine aureus, inteso grammaticalmente come aggettivo di nummus e dunque maschile anche quando il sostantivo sottinteso. Luso di questo termine non ci d alcun tipo di informazione, dal momento che perfettamente attestato lungo lintero corso della storia della moneta romana, senza escludere il III secolo:4 anche se i numismatici tendono ad indicare con aurei le monete coniate fino a Costantino, e con solidi i tipici conii tardoimperiali, in realt luso era assolutamente indistinto. Cos, nelle fonti, aureus si riscontra a fine IV secolo in Ammiano Marcellino (XX 4, 18 e XXV 8, 15), ed presente nella forma aggettivale in Prud. Perist. II 96 ed in Sulp. Sev. Dial. I 5. Anche se il termine sembra mostrare un periodo di minore uso nella prima met del V secolo per riapparire poi con grande frequenza in testi giuridici posteriori al 472 (il primo Cod. Iust. I 3, 32) e nel VI secolo (ad esempio Greg. Tur. Franc. III 15), una tale continuit di utilizzo non permette molte considerazioni: lautore delle biografie poteva trovare sia il termine nelle sue fonti, dove queste fossero buone, o anche utilizzarlo perch a lui coevo (un cinquantennio di minore utilizzo non da ritenere indicativo nemmeno in questa prospettiva). Tutte le ricorrenze, qui di seguito elencate, non danno pertanto alcun elemento in pi: Uso come aggettivo: Pesc. 10, 7; Alex. 25, 9; trig. tyr. 31, 3 Uso come sostantivo: Hadr. 7, 3;5 Aur. 11, 4;6 Ver. 6, 5; Did. 4,
4 Alcuni esempi di ricorrenze del termine databili al III secolo: Cod. Iust. VII 4, 2 (et di Caracalla); VIII 29, 3 (223); II 4, 9 (241); IV 32, 15 (242); IV 57, 6 (293). 5 La cifra del congiarium qui indicata ritenuta credibile da R. Delmaire, Les donations imperiales dans lHistoire Auguste , in G. Bonamente-N. Duval (a cura di), Historiae Augustae Colloquium Parisinum , Macerata 1991, 147-159, in particolare 150-151. 6 Di questo passo stata evidenziata la relazione con lo scolio a Iuv. VII 243: ut in theatro solent petere quinque aureos: nam non licebat amplius dare : cfr. J. Schwartz, Arguments philologiques pour dater lHistoire Auguste, Historia XV (1966), 454-465, in part. 458; A. Cameron, Rec. a R. Syme, Ammianus and the Historia Augusta, JRS LXI (1971), 255-267, in part. 266; A.R. Birley, Indirect Means of tracing Marius Maximus, in G. Bonamente-G. Paci (a cura di), Historiae Augustae Colloquium Maceratense, Bari 1995, 57-74, in particolare 62-63. Secondo Schwartz lautore ha utilizzato lo scolio, prendendo la prima

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6;7 Sept. Sev. 6, 4; Alb. 3, 4; Diad. 2, 1; Heliog. 8, 3; 21, 3; 21, 7; 22, 3; 26, 5; 32, 9; Alex. 4, 24; 23, 8; 39, 6; Gall . 15, 2; Prob. 14, 2. In alcuni casi per specificato quale sia il volto imperiale impresso sulle monete. Il dato fornito in questo modo che non ha riscontri in altre fonti letterarie 8 spesso curioso: le monete doro infatti con ogni verosimiglianza non venivano demonetizzate, e continuavano ad avere legalmente il medesimo valore indipendentemente dal volto imperiale sopra raffiguratovi. In questa prospettiva si potrebbe spiegare allora il riferimento alle monete doro sui nominis di Gall . 16, 6 come alludente alla novit delle monete, veri e propri fior di conio appena usciti dalla zecca. Non chiaro per per quale motivo Valeriano conceda ad Aureliano monete doro di Caracalla ( Antoninianos) in ben tre luoghi diversi ( Aurelian. 9, 7; 12, 1; Prob. 4, 5).9 Linformazione si trova in due lettere fittizie ed certamente spuria: bisogna comprendere per se essa abbia qualche verosimiglianza, almeno per un lettore antico, e sia quindi un arricchimento volto a rendere pi credibile il testo o sia una vera e propria boutade. Dare una risposta certa, chiaramente, impossibile: sappiamo per oggi piuttosto bene che nella circolazione monetaria antica si innescavano meccanismi definibili come irrazionali che portavano il pubblico a prediligere, per svariati motivi, alcuni pezzi piuttosto che altri, causandone un aumento o una diminuzione di desiderabilit, e dunque di tasso di cambio, sul mercato nonostante che il loro valore legale fosse assolutamente il medesimo. 10 Questo dato, pertanto, fa rientrare tali indicazioni perfettamente nella generale predilezione, gi notata in storiografia, della Historia Augusta per il nomen Antoninorum: the name of the Antonines (that is, Pius and Marcus in the first instance) had a general relevance, for
frase e modificando a sua fantasia la seconda, ma potrebbe essere forse meglio pensare ad una fonte comune; secondo Cameron e Birley la fonte in questione sarebbe Mario Massimo. 7 Sulle fonti di questo passo cfr. F. Kolb, Literarische Beziehungen zwischen Cassius Dio, Herodian und der Historia Augusta, Bonn 1972, 67-68: si noti che lindicazione della promessa di aurei propria della biografia, mentre Cassio Dione parla di dracme. 8 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 30-31; A. Marcone, Moneta, svalutazione e soldo militare nell Historia Augusta, in G. Bonamente-F. Paschoud (a cura di), Historiae Augustae Colloquium Perusinum, VIII, Bari 2002, 355-363, in part. 363. 9 Queste ricorrenze sono per inserite da Menadier, Die Mnzen cit., 6-7, tra la terminologia corretta. In un quarto luogo, che vedremo meglio in seguito, quadr. tyr. 15, 8, Antoniniani saranno invece gli argentei. 10 Cfr. in particolare J. Lendon, The Face on the Coins and Inflation in Roman Egypt, Klio LXXII (1990), 106-134, in particolare 113-116. Si sostiene qui con ottimi argomenti che le monete, accettate per la loro associazione con limperatore ed il suo volto, innescassero un meccanismo di fiducia popolare che poteva rinsaldarsi o incrinarsi a seconda delle vicende storiche legate allimperatore stesso. In occasione della morte di un Augusto, ad esempio, sembra accertato che le sue monete perdessero di valore presso il pubblico.

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it symbolized good emperors.11 Ed il nome degli Antonini cos il pi ricorrente nella terminologia monetale della raccolta di biografie, accanto a quello di Filippo lArabo su cui ci soffermeremo a breve.12 difficile che vi siano qui riferimenti diretti alla storia monetaria, per la quale il regno di Caracalla fu momento non solo di grandi riforme legate alla moneta divisionale,13 ma anche della prima riduzione del piede di coniazione dellaureo da 1/45 di libbra ad 1/50, provvedimento che diede il via alla lunga serie di cambi di base ponderale della moneta doro nel III secolo, produttori di un vero e proprio caos ponderale, che termin solo con la decisione dioclezianea di produrre valuta aurea a 1/60 di libbra.14 La storia monetaria non sembra infatti interessare particolarmente il nostro autore, ma in ogni caso il nostro biografo ci mostra in atto, certo inventando nei dettagli, e volendo anche in forma scherzosa, un meccanismo che doveva essere tuttaltro che raro, ovvero la valutazione diversa di monete con nomi di differenti imperatori. Pi complesso il discorso relativo agli aurei Philippei che Aureliano avrebbe donato a Bonoso ( quadr. tyr. 15, 8): il termine Philippus, infatti, spesso utilizzato in relazione alle monete doro, derivato dal greco, allude alle produzioni monetarie di Filippo II di Macedonia e indica conii aurei di ottimo metallo in Plauto, Orazio, Livio.15 Si tratta di un termine ricercato, utilizzato esclusivamente in contesti poetici, ed in epoca tardoimperiale si riscontra, fuori dallHistoria Augusta, solo in Ausonio, nella cui produzione ricorre due volte (Ep. XIII 6 e XVI 19 Peiper) ed per in entrambi i casi evidente citazione oraziana. 16 In questo specifico caso luso del termine po-

11 R. Syme, Emperors and Biography. Studies in the Historia Augusta , Oxford 1971, 85. Cfr. anche P. White, The Autorship of the Historia Augusta , JRS LVII (1967), 115133, in particolare 116-117. 12 Cfr. Tomlin, Fairy Gold cit.., 256. 13 E infatti laggettivo Antoninianus compare anche in relazione allargento: quadr. tyr. 15, 8. 14 Cfr. ad es. K.W. Harl, Coinage in the Roman Economy, 300 B. C. to 700 A. D. , Baltimore-London 1996, 132: the aureus, which had been renowned for its consistent purity and weight for 150 years, lost its international reputation and disappeared from the far eastern trade soon after Caracalla lowered its weight. 15 Le ricorrenze plautine sono ben 35; il termine compare invece 5 volte in Livio (XXXIV 52, 7; XXXVII 59, 4; XXXIX 5, 15; XXXIX 7, 1; XLIV 14, 3); in Orazio invece si riscontra in Epist. II 1, 234: cfr. L. Nadjo, Largent et les affaires Rome des origines au IIe sicle avant J.-C., Louvain-Paris 1989, 57-62. 16 K. Regling, Zu Ausonius , Hermes XLIV (1909), 315-318, in particolare 316317. proprio la presenza del termine in Ausonio a rendere evidente lerroneit del ragionamento condotto da C.E. Van Sickle, The Salarium of Claudius Gothicus (Claudius XIV, 2-15) viewed as a Historical Document, AC XXIII (1954), 47-62, in particolare 55-56, secondo cui il fatto che philippus non sarebbe mai usato in riferimento al solido (presupposto, appunto, fallace) indurrebbe a datare la biografia a prima dellet costantiniana.

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trebbe essere ritenuto un analogo aulicismo: altrove per laggettivo ricorre in relazione al bronzo (Prob. 4, 5) ed allargento (Aurelian. 9, 7), ed in un quarto luogo appare evidentemente riferito non a Filippo II di Macedonia, bens a Filippo lArabo (Claud. 14, 3), senza esplicita indicazione del metallo in oggetto. 17 Viene il sospetto, quindi, che si tratti in questo caso di un utilizzo paraetimologico voluto, e direi con tutta evidenza parodico, di un termine perfettamente noto ai cultori delle lettere perch presente nella produzione poetica di un importante contemporaneo e soprattutto in un celeberrimo verso oraziano. Lintento dellautore delle biografie non sembrerebbe allora, in questo caso, quello di dare maggiore verosimiglianza alla propria opera attraverso linserimento di documenti circostanziati ancorch fittizi, ma al contrario quello di mostrare il gioco, tirare gi la maschera della propria ammessa mistificazione. 18 Le carte sarebbero svelate, anzi, proprio dalluso di philippeus, laddove Orazio, e Ausonio, riferendosi alle monete di Filippo II di Macedonia, utilizzano philippus.19 Delluso del termine solidus per indicare la valuta aurea stato invece a lungo discusso: questo vocabolo utilizzato in numismatica per indicare la moneta doro da 1/72 di libbra, la cui introduzione, da datare presumibilmente al 310, opera costantiniana, e per lungo tempo si ritenuto che non fosse utilizzato in antico prima del secondo quarto del IV secolo.20 Se questo fosse vero, 21 il termine sarebbe anacronistico; 22 in realt, per, lEditto dei prezzi massimi di Diocleziano parla di solidi gi nel 301, al

Die Mnzen cit., 28; Marcone, Moneta cit., 363. infatti, che il riferimento al bronzo di Filippo lArabo potrebbe spiegarsi analogamente alloro di Caracalla, perch solo dopo Filippo lArabo il sesterzio avrebbe perso il suo peso medio (cos secondo J.P. Callu, Les monnaies de compte et le monnayage du bronze entre 253 et 295, in Atti del Congresso Italiano di Numismatica (Roma, 11-16 settembre 1961), II, Roma 1965, 363-376, in part. 367), nessuna spiegazione per possibile fornire certo in merito alla moneta dargento, n se anchessa, come sembra, deve essere riferita a Filippo lArabo della moneta doro. 19 Cfr. Tomlin, Fairy Gold cit., 256-257. 20 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 40. 21 Il termine potrebbe in realt essere attestato anche prima: Apul. met . IX 18 e X 9 parla infatti di solidi aurei , senza che sia del tutto perspicua la distinzione tra il sostantivo e laggettivo. Ritengo pi verosimile che aureus sia qui sostantivo, e solidus solo aggettivo, col significato di puro, ma in caso contrario luso di solido per indicare la moneta doro sarebbe perfettamente corretto non solo in relazione alla fittizia epoca di redazione, ma anche per lepoca severiana. Cfr. gi Th. Mommsen, Die Scriptores Historiae Augustae, Hermes XXV (1890), 228-292, che a p. 242 pone il problema, ritenendo che il termine in Apuleio indicasse, in contrasto con triens, il pezzo intero. 22 Cfr. C. Lcrivain, tudes sur lHistoire Auguste, Paris 1904, 34 e 221. Secondo Mommsen, Die Scriptores cit., 242, che riteneva che solidus fosse il nome solo del pezzo costantiniano, la scarsit delle ricorrenze di solidus sarebbe prova della bont almeno della redazione originale delle biografie. Si gi detto, per, come la frequenza di aureus non debba essere ritenuta probante perch il termine era diffuso anche pi tardi.

17 Cfr. anche Menadier, 18 Se anche fosse vero,

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28, 1 (Giacchero), e rende evidente come lanacronismo valga al massimo rispetto allambientazione della biografia, ma non alla sua fittizia data di composizione in et tetrarchico-costantiniana. Nella raccolta il termine compare solo in due luoghi (39, 8;23 39, 10) della vita di Severo Alessandro. Si poi notato che troverebbe perfetta collocazione in epoca costantiniana il riferimento, in Sept. Sev. 6, 3, a doni agli ambasciatori del Senato di 720 monete doro, corrispondenti a 10 libbre secondo il piede di coniazione del solido, ritenendo che lautore trovasse nelle sue fonti lindicazione ponderale e la traducesse in un numero di monete secondo luso a lui contemporaneo.24 La biografia in questione, per, si dice scritta sotto Diocleziano, e il procedimento sarebbe pertanto anacronistico. Losservazione certamente vera, ma il dato, certo inventato, e forse inteso proprio come ammiccamento al lettore, non necessariamente evidente, dal momento che il numero delle monete, al di l delleventuale conversione in libbre non indicata nel testo, non pu dare indicazioni datanti. Hirschfeld, ad esempio, pur notando lequivalenza con 10 libbre secondo la coniazione costantiniana, non pens di dover mettere in questione per questo la bont della Vita, notando che poteva trattarsi anche di 12 libbre secondo la coniazione dioclezianea a 1/60 di libbra.25 evidente solo, ancora una volta, che lindicazione non sembra metrologicamente del tutto accettabile per let severiana. Pi complessi i riferimenti ai tagli frazionari della moneta doro. Il semisse, mezzo solido, menzionato in Alex. 39, 7, ove si sostiene che lImperatore severiano sarebbe stato il primo a produrre tali monete. I mezzi aurei esistevano in realt da epoca ben pi lontana, da et cesariana, 26 indicati con il nome di quinarii, mentre il termine semisse, usato in numismatica per indicare il mezzo solido, pezzo raro e di carattere esclusivamente celebrativo,27 non altrimenti attestato in riferimento alla moneta
23 In questo caso specifico il termine solidus indicherebbe, secondo Menadier, Die Mnzen cit., 8-9, non la moneta, ma lintero rispetto alle sue frazioni. In realt luso monetario, che ricorre senza dubbio anche in un altro luogo, e dunque non d particolari problemi, sembra il pi semplice e naturale. 24 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 45-46; J. Guey, Quelques textes paranumismatiques, BSFN XIX (1964), 355-356; M. Crawford, Finance, Coinage and Money from the Severans to Constantine, in ANRW II, 2, 560-593, in part. 588; Tomlin, Fairy Gold cit., 278. 25 O. Hirschfeld, Bemerkungen zu der Biographie des Septimius Severus, Wiener Studien VI (1884), 121-127, in part. 124. 26 Cfr. W. Thiele, De Severo Alexandro Imperatore, Berlin 1909, 41; Menadier, Die Mnzen cit., 18-19. 27 O. Ulrich Bansa, Note di numismatica teodosiana. Il solidus aureus dal 392 al 395, RIN LXVIII (1966), 101-123, in part. 312; S. Bourgey, L'volution du monnayage d'or aux Ve et VIe sicle aprs J. C., in R. Margolis-H. Voegtli (ed. by), Numismatics Witness to History, Wetteren 1986, 65-71, in particolare 66; Roman Imperial Coinage, X, 12; W. Hahn-

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aurea fino alla fine del V, o meglio al VI secolo, quando appare in testi di legge visigoti o burgundi.28 Esso indica per in et repubblicana (ad esempio in Cicerone), come reso evidente dalla sua stessa etimologia, il mezzo asse, dunque ununit di valore ridottissima. Semis inoltre vuole pi in generale dire met, e luso, come in questo caso, con il genitivo di specificazione aureorum , che sarebbe pleonastico se si fosse gi diffuso per indicare il mezzo solido, non ha quindi nessuna stranezza lessicale (al di l dellevidente erroneit del contenuto, come gi evidenziato), ed al massimo pu rispondere ad un gusto per laulicismo e larcaismo che si riscontra anche in altri luoghi dellHistoria Augusta. Resta da spiegare perch lautore inventi che Severo Alessandro fu il primo a coniare monete doro pari a met del taglio prevalente: la causa da ricercare sicuramente nel tipo di ritratto che di questImperatore, idolo dellaristocrazia senatoria, tracciato nella biografia. La produzione di mezze monete doro messa esplicitamente in connessione con una notevole riduzione fiscale, tanto grandiosa da rendere necessaria la produzione di pezzi di conio pi piccoli per permettere di pagare le tasse. Liperbole, evidentemente inverosimile per un lettore coevo, serve cio a mettere in evidenza la politica economica di Severo Alessandro, di riduzione delle imposte e di contenimento delle uscite, tracciata come ideale e imitabile.29 Di una riduzione dellammontare dei donativi, dunque di contenimento della largitas, topos ricorrente in questepoca (si pensi ad esempio a de rebus bellicis 2), daltronde, si parla subito dopo, quando si racconta che lImperatore decise di fondere i pezzi aurei di enormi dimensioni, fino a una libbra, prodotti da Eliogabalo, cum diceret plus largiendi hanc esse imperatori causam, si, cum multos solidos minores dare possit, dans decem vel amplius una forma, triginta et quinquaginta et centum dare cogeretur (39, 10). 30 Importa relativamente che pezzi cos grandi non siano noti per
M.A. Metlich, Money of the Incipient Byzantine Empire (Anastasius I-Justinian I, 491-565), Wien 2000, 9. 28 Si tenga presente, per, che luso del greco shmh vsion attestato per assai prima nelle fonti in nostro possesso: gi nel 346 in PRainCent 136, nel IV secolo anche in Inscr. Cret . I 22, 65 e 65 bis. 29 In generale, sulluso di riferimenti alloro nel tratteggiare i ritratti imperiali, ed in particolare sulla connessione tra eccesso di lusso e sperpero e Imperatori cattivi da un lato, tra risparmio e buoni Imperatori dallaltro, cfr. H. Brandt, Flagitium auri? Gold in der Historia Augusta, in G. Bonamente-M. Mayer (a cura di), Historiae Augustae Colloquium Barcinonense, Bari 1996, 99-110, in part. 101-102. 30 Cfr. S. Mazzarino, Aspetti sociali del IV secolo. Ricerche di storia tardoromana, Roma 1951, nuova ed. a cura di E. Lo Cascio, Milano 2002, 55-56; Brandt, Flagitium auri ? cit., 105-108. La proposizione immediatamente precedente, che spiega come a questi pezzi eccezionalmente grandi voluti da Elagabalo sia stato dato il solo nome del metallo, non di significato perspicuo: possibile che si alluda alla loro fusione, ed al fatto che non fossero quindi pi identificabili se non come genericamente oro.

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let severiana, e che il nostro autore incorra quindi in un anacronismo,31 perch la tematica di stretta attualit nella seconda met del IV secolo, quando lanonimo de rebus bellicis attacca la profusa largitio costantiniana, causa di rovina per le casse dello Stato. 32 Notiamo ancora che nello stesso luogo si parla anche della prima produzione dei tremissi, ossia monete doro pari a un terzo del taglio prevalente, perch le imposte furono ridotte a un terzo, e di una promessa, non mantenuta, di unulteriore riduzione e della coniazione di monete da un quarto, prodotte ma mai uscite dalla zecca. Il meccanismo narrativo dunque chiaro, come chiara la sua falsit storica; luso di quartarius non ha riscontri, n sono mai esistite frazioni cos piccole della valuta aurea, ma anche secondo lHistoria Augusta non furono per lappunto mai messe in circolazione.33 Anche in questo frangente, dunque, il gioco della falsificazione piuttosto scoperto, ma sembra basarsi su uneffettiva conoscenza, da parte dellautore, della monetazione romana e dei suoi tagli, al punto da dover spiegare la mancata comparsa in circolazione di monete che in realt non esistettero mai. Per quanto riguarda il tremissi, invece, il termine risulta effettivamente utilizzato per indicare quella moneta da un terzo di solido che fu coniata a partire dal 383, ed presente in fonti del tardo IV secolo (Cod. Theod. VII 6, 4, del 396; Lib. Pont. I 212; 221-222 Duchesne, relativi ai papi Damaso ed Innocenzo, se non sono informazioni rimaneggiate pi tardi), sicuramente di inizio V ( Cod. Theod. VII 11, 2, del 417). Si tratta dunque, questa volta s, di un anacronismo, che permette di datare non prima della fine del IV secolo la redazione delle biografie.34 La moneta da
31 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 9-11. Non mi sembra nemmeno che si possa attribuire allautore, come fa Menadier, Die Mnzen cit., 12, la conoscenza del piede di coniazione della moneta doro di epoca severiana, 1/50 di libbra. La scala ascendente riferita alle monete di Elagabalo (2 aurei 4 10 libbra 100) non richiede necessariamente una coincidenza della libbra con 50 aurei, e va benissimo anche con 60 (piede dioclezianeo) e 72 (solido); quando poco dopo si parla di dare in una sola moneta un importo corrispondente a 30, 50 o 100 aurei non vi , ancora una volta, alcun necessario riferimento allaureo da 1/50 di libbra, dal momento che anche il 30 estraneo alla scala poco sopra riportata e non trova spiegazione adeguata. meglio ritenere, allora, che siano qui indicate tre cifre tonde, grandi ma credibili. 32 Credeva allindicazione della Vita, e riteneva che Severo Alessandro avesse effettivamente voluto ridurre lammontare dei donativi, per distribuirli a pi persone, ad esempio il Godefroy, nel suo commento a Cod. Theod. IX 22, 1, in cui peraltro metteva in evidenza la consonanza del tema con la propaganda tardoimperiale. 33 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 32. 34 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 50-51; Mazzarino, Aspetti sociali cit., 292293; J. Straub, Le leggi di Severo Alessandro in materia di usura, in Atti del colloquio patavino sulla Historia Augusta, Roma 1963, 11-20, in particolare 12. I dubbi espressi in questo senso da A. Momigliano, An Unsolved Problem of Historical Forgery: the Scriptores Historiae Augustae, in Secondo contributo alla storia degli studi classici, Roma 1960, 105-143, in

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un terzo di aureo sembra per altrove indicata anche con triens; questo termine non fornisce per esattamente le stesse indicazioni di tremis . Se falso, infatti, che esso non mai utilizzato per il tremisse,35 per vero che con questo significato non compare prima di Gregorio di Tours (Franc. III 13; VII 45). Spostare la datazione dellHistoria Augusta al VI secolo solo su questa base per impossibile, e bisogna trovare pertanto unaltra spiegazione. Triente era detto in epoca repubblicana il terzo dellasse, moneta non pi coniata dall89 a.C., che compare per in svariate fonti, come Plinio il Vecchio o Giovenale. In nessuna delle due ricorrenze del termine nella biografia di Claudio, 14, 3 e 17, 7 si dice esplicitamente, a ben guardare, che si tratta di monete doro,36 e nulla esclude che sia qui evocata una antica valuta bronzea. Il gusto dellarcaismo si accompagna cio qui, ancora una volta, alla volont di smascheramento della propria finzione, resa ancora pi evidente, nel secondo caso, dalluso aggiuntivo dellaggettivo Saloninianos. Questultimo del tutto inverosimile non solo perch rientra in quellabitudine, riscontrabile solo ed esclusivamente nellHistoria Augusta, di assegnare alle monete nomi di sovrani, di cui abbiamo gi avuto qualche esempio, ma anche perch fa riferimento ad una sovrana o ad un principe di breve durata e pressoch insignificanti. Anche in questo caso potremmo quindi ritenere che siano il gusto erudito, ed il gioco compositivo, ad avere la meglio. Ancora pi difficile capire le motivazioni che stanno alla radice della notizia, assolutamente falsa, della coniazione, ad opera di Severo Alessandro, di monete in elettro (Alex. 25, 9).37 Lelettro, lega di oro ed argento, pu essere prodotto artificialmente mescolando i due metalli o essere naturale; il luogo dell Historia Augusta non permette per di capire quale delle due possibilit avesse in mente lautore nellinventare questa notizia. La possibilit che il provvedimento fittizio vada inquadrato sempre nel contesto di una riduzione delle uscite, e dunque dei donativi, per quanto debba essere presa in considerazione, non regge di fronte alla constatazione che si parla di unemissione monetaria composta in parte di monete di elettro, ma per la maggior parte auree.

part. 118-119, non ha in realt alcuna ragion dessere, proprio da un punto di vista lessicale: se anche erano esistite in precedenza frazioni dellaureo da 1/3, non prima attestato il nome tremissi per definirle. 35 Cos Van Sickle, The Salarium cit., 55-56. 36 Pi che legittimo, quindi, il punto interrogativo messo accanto a third-aureus da Tomlin, Fairy Gold cit. ., 279. Il termine collegato senza dubbio alloro invece da Menadier, Die Mnzen cit., 31 e 50-51. 37 Cfr. gi Thiele, De Severo cit., 40; Menadier, Die Mnzen cit., 23-24. Lelettro non fu mai usato nella monetazione romana: cfr. Tomlin, Fairy Gold cit., 261.

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Queste monete, in oro puro e legato con argento, sarebbero state per impresse, secondo la Vita, con il volto di Alessandro Magno (o dellImperatore rappresentato nelle vesti di Alessandro Magno?), in glorificazione dellomonimia con lAugusto:38 lautore era certamente a conoscenza della prassi greco-orientale di coniare monete in elettro, e delluso, nei regni ellenistici, di continuare a coniare a nome di Alessandro.39 Da ci pu essere nata la mistificazione di questo passo, senza che si possa escludere anzi, al contrario, piuttosto probabile che alcuni pezzi ellenistici fossero visibili nel IV-V secolo d.C., cos come che esistessero gi allora falsificazioni monetarie allinterno dei medesimi circuiti:40 su questo potrebbe cio innestarsi, ancora una volta, un gioco autoriale che, partendo da una buona conoscenza numismatica, occhieggia, falsificando, agli intenditori di pari livello. Per riassumere questa prima parte, le informazioni fornite dallautore delle biografie sulla valuta aurea, possiamo dire che luso terminologico solo in un caso (il tremisse) presenta un evidente anacronismo che svela la posteriorit dellopera rispetto alla datazione drammatica; gli altri usi lessicali sono perfettamente congrui o inquadrabili nelle categorie stilistiche dellarcaismo e dellaulicismo. Le notizie fornite, invece, certamente fasulle laddove indicano novit o caratteristiche particolari della coniazione, pi corrette, a seconda delle fonti su cui poggiano, quando forniscono dati numerici,41 non sembrerebbero, per, come si a lungo ritenuto, fornire pezze dappoggio alla narrazione storiografica, rendendola pi dettagliata e pi credibile o anche solo pi interessante per il lettore. Al contrario, sembrano talora inserirsi nellambito di dibattiti attuali nel momento della redazione delle biografie ( il caso, in particolare, della vita di

38 Secondo J.M.C. Toynbee, Greek Imperial Medallions, JRS XXXIV (1944), 6575, in particolare 71, sarebbero stati rinvenuti a Tarso tre medaglioni di Alessandro Magno in connessione con uno di Alessandro Severo. Sia che si sia effettivamente provveduto, sotto lultimo dei Severi, a coniazioni a nome del re macedone, sia che si trattasse di oggetti originali conservati, nulla toglie che la notizia della produzione di medaglioni in elettro sia del tutto fittizia. 39 Luso di produrre medaglioni, amuleti ed oggetti di oreficeria con il volto di Alessandro Magno peraltro diffuso soprattutto alla fine del IV secolo, e potrebbe dunque essere, ancora una volta, attualizzazione di una pratica dei ceti alti dellepoca contemporanea alla redazione, ed menzionato anche in trig. tyr. 14, 3-6: cfr. L. Cracco Ruggini, Un riflesso del mito di Alessandro nellHistoria Augusta, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium 1964/65 , Bonn 1966, 79-89, in particolare 79-81. 40 In Tac. 9, 3 la coniazione di monete di elettro indicata, in un passo ancora una volta denso di falsit storiografiche, come reato. 41 interessante notare come nell Historia Augusta manchino considerazioni di storia monetaria quali quelle presenti nel de rebus bellicis, ma vi sia abbondanza di notizie legate alla coniazione e di dati numerici precisi: cfr. Tomlin, Fairy Gold cit.., 258-259.

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Severo Alessandro), 42 ma nella quasi totalit dei casi risultano mirati ad introdurre elementi di completa inverosimiglianza, che mostrino tutte le carte, e svelino immediatamente al lettore che lopera scrittoria non si va svolgendo non sul piano della storiografia seria, ma piuttosto su quello della fantastoria, del romanzo, o meglio dello scherzo, ma di uno scherzo estremamente erudito, e basato in realt su una buona conoscenza della storia monetaria romana.43

Le monete dargento Una moneta in argento puro, assente nel corso del III secolo, fu reintrodotta da Diocleziano e dunque, quando la si trova menzionata nellHistoria Augusta, costituisce un anacronismo rispetto allepoca di cui si narra, ma non rispetto allepoca in cui fittiziamente collocata la redazione, quella tetrarchico-costantiniana. Il riferimento agli argentei per va messo in luce con estrema chiarezza non compare mai da solo, ma sempre accompagnato da quello a monete doro e di bronzo, a fornire un quadro completo dei due metalli preziosi o dei tre metalli monetati.44 Si tratterebbe, insomma, di fornire un dato numerico concreto rispetto allespressione, frequente nel IV-V secolo aurum argentumque per indicare genericamente la ricchezza, o della volont di offrire unesemplificazione ampia e dettagliata dei vari tipi monetali assai poco credibile. I pagamenti misti, talora ritenuti datanti perch ammissibili solo dopo la regolarizzazione costantiniana del sistema monetario,45 sono una prassi assolutamente inconsueta nel mondo tardoantico che indipendentemente dalla natura specifica del pagamento, che ovviamente non conosciamo mai contabilizza sempre in una sola unit di valore e dunque in un solo metallo, loro (solido-siliqua) o il bronzo (miriadetalento-denario-dracma). Queste indicazioni sono quindi da ritenere solo falsificazioni letterarie, probabilmente assai evidenti, proprio per questo motivo, anche ai contemporanei. Il caso pi evidente di falsificazione, su cui torneremo, nella vita di
42 Secondo quanto indicato da J. Burian, Fides historica als methodologischer Grundsatz der Historia Augusta, Klio LIX (1977), 285-298, che ha mostrato luso di una historische Schilderung per la discussione di problemi attuali. 43 Cfr. R. Syme, Ammianus and the Historia Augusta, Oxford 1968, 98-100. 44 O. Seeck, Zur Echtheitsfrage des Scriptores Historiae Augustae, RhM XLIX (1894), 208-224, in particolare 220-221, attribuisce a Flavio Vopisco questo particolare procedimento di menzionare per ogni somma in denaro una cifra in ognuno dei tre metalli monetali, e ritiene che simili formulazioni non si utilizzassero prima del 340. 45 Cos Menadier, Die Mnzen cit., 48-49.

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Aureliano, ove si parla di aurei, argentei e denarii (moneta tradizionalmente dargento o argentata) di bronzo. Questuso esclusivamente letterario dellargento si colloca perfettamente, inoltre, in unepoca, come il tardo IV-V secolo, in cui le monete in questo metallo erano assai rare, circolavano sulla base del solo intrinseco, ed erano utilizzate in modo pressoch esclusivo con intento celebrativo, come medaglioni. Gli stessi rapporti numerici che si trovano in queste elencazioni sono chiaramente fittizi, e rispondono ad esigenze geometriche del tutto evidenti:46 la formula pi ricorrente quella in cui il rapporto tra il numero di monete dei metalli (oro:argento:bronzo) sempre 1:10:100: cos in Heliog. 22, 3 troviamo 100 monete doro e 1000 dargento (i successivi 100 folles di bronzo, apparentemente contraddittori, si spiegano con lessere il follis un multiplo assai grande del denario, come vedremo pi avanti); Prob. 4, 5 parla di un salario di 100 aurei (Antoniniani), 47 1000 argentei, 10000 bronzei Filippei; quadr. tyr. 15, 8 di doni per 100 aurei Filippei, 1000 argentei Antoniniani, 10000 sesterzi di bronzo. Al di l del fatto che le ultime due elencazioni svelano il gioco dei nomi imperiali alle monete, rivelando unevidente unit di ispirazione, o una citazione diretta con spostamento dei nomi, nellinvenzione numerica il rapporto decimale evidentemente facile da costruire e credibile, pur non corrispondendo in alcun modo a reali rapporti di valore tra i metalli (in epoca dioclezianea il rapporto Au:Ar 1:12, poi oscilla fino a ca. 1:16, per essere infine stabilizzato, nel 396, dufficio, a 1:14,4).48 Due ulteriori ricorrenze si trovano nella Vita di Aureliano: nella prima (9, 7) il futuro Imperatore riceve ogni giorno 2 aurei Antoniniani, 50 argentei minutuli Filippei, 100 denarii di bronzo. Ancora una volta si tratta di unaffermazione senza ombra di dubbio falsa, dal momento che a quellepoca i denarii erano in bronzo argentato e monete in argento puro non esistevano; il richiamo ancora una volta alla situazione contemporanea allautore, fine IV-V secolo, quando alle monete argentee si affiancava un divisionale in puro bronzo. Il rapporto strano, ma perfettamente spiegabile: un noto passo di Cassio Dione (LV 12) rivela che in et altoimperiale laureo corrispondeva a 25 denarii. Questinformazione sembra ripre-

46 Cfr.

Marcone, Moneta cit., 362, che lo definisce un tipico elemento novelli-

47 senza motivo che Menadier, Die Mnzen cit., 7 corregge questo Antoninianos in Aurelianos. 48 Questultima osservazione non necessariamente pertinente, dal momento che l Historia Augusta non dice mai che le diverse quantit di denaro debbano avere pari valore. Se per il rapporto tra le quantit fosse stato coerente con la ratio dei diversi metalli avremmo avuto la possibile fonte dellinvenzione di queste cifre.

stico.

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sa dal nostro autore, che la applica per al rapporto tra oro ed argento, salvo poi riprendere, forse in modo non casuale, il termine denario subito dopo, in quello che potrebbe essere una sorta di ammiccamento al lettore per aver citato un dato noto e veritiero, ma storpiandolo ed alterandolo. Il rapporto tra argenteo e bronzo, di 1:2, semplice come quello decimale e non ha bisogno certamente di altre spiegazioni. Poco oltre, a 12, 1, ad Aureliano sono concessi, per lallestimento dei giochi, 300 aurei Antoniniani, 3000 argentei minutuli Filippei e 5 milioni di sesterzi. Si pu notare in primo luogo il recupero dei medesimi aggettivi imperiali,49 applicati questa volta agli stessi metalli, ed il recupero del rapporto 1:10 tra oro e argento. Pi curiosa lultima indicazione, che non rientra in rapporto numerico spiegabile n di suo, n convertita in denarii (1250000). Sulluso di denario e sesterzio, peraltro, torneremo pi avanti. Resta da chiedersi perch gli argentei di Filippo lArabo siano sempre definiti minutuli : il termine ricompare, senza indicazioni di metallo, anche in Alex. 22, 8, ove 8 minutuli sono il prezzo di una libbra di carne; per quanto sia possibile che si alludesse anche qui a pezzi dargento,50 non possibile averne completa certezza, e la coincidenza con gli 8 denarii che costa una libbra di carne bovina nellEditto di Diocleziano non necessariamente significativa.51 Lidea che il minutulus indichi il denario, sempre pi piccolo e svalutato, dellet di Filippo lArabo, detto piccolo rispetto al divisionale introdotto da Caracalla, deve essere abbandonata,52 soprattutto perch il denario compare, accanto al minutulus, nel primo passo della Vita Aureliani citato. Il minutulus sembra quindi, ancora una volta, una pura invenzione del nostro autore, forse condizionata, come sostiene Menadier, dallesistenza, ai suoi tempi, di pi monete dargento di tagli differenti (c.d. siliqua, miliarense grande, miliarense piccolo). In generale

49 Secondo Lcrivain, tudes cit., 59-60, i dati sarebbero stati tutti inventati, tranne i nomi delle monete, che lo studioso francese teneva per buoni. 50 Cos Seeck, Zur Echtheitsfrage cit., 221. 51 Cfr. J. Marquardt, Rmische Staatsverwaltung, II2, Leipzig 1884, 28, secondo cui il denario preseveriano sarebbe cos definito per distinguerlo dallantoniniano di Caracalla, postulando che i nomi imperiali delle monete nella raccolta siano in realt affidabili ed autentici, ed utilizzati per indicare la moneta di Caracalla esattamente nel medesimo modo in cui essa denominata nella numismatica moderna (su questa questione terminologica, cfr. anche Crawford, Finance cit., 565). Una connessione istituita anche da Seeck, Zur Echtheitsfrage cit., 221-222, ma Seeck ritiene che anche il denario dioclezianeo debba essere argenteo, perch 8 di essi possano acquistare una libbra di carne. Siccome le monete dellepoca di Severo Alessandro erano di valore maggiore, lo storico tedesco collega questa informazione ai pezzi argentei dellepoca di Onorio. Cfr. anche Mazzarino, Aspetti sociali cit.., 288-289, secondo cui lautore avrebbe utilizzato leditto dioclezianeo come fonte. 52 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 52-53.

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per difficile trarre da questo solo elemento indicazioni di carattere cronologico.53 Unultima considerazione da fare relativa ad un prezzo dellargento, fornito dallautore nella vita di Elagabalo (24, 3): si dice qui che 100000 sesterzii corrispondevano a 30 libbre del metallo prezioso. 54 Per la prima met del III secolo questa informazione del tutto inaccettabile.55 Sicuramente il sesterzio, come vedremo meglio pi avanti, un termine non pi in uso dalla fine del III secolo, pur se se ne mantenuta la memoria lessicale, ed utilizzato come sinonimo di denario. Sotto questa luce il prezzo appare molto basso rispetto ai canoni tardoantichi e deve essere considerato del tutto fittizio. 56 Lequazione non vale certamente per lepoca dioclezianea (lEditto dei prezzi d per i due metalli non monetati un rapporto 1:12,57 e con le vecchie erronee letture del testo, che davano loro a 50000 denarii la libbra anzich 72000 addirittura 1:8,3);58 Callu ha per proposto di mettere in connessione questo luogo con il giustinianeo Inst. III 7, 3, in cui si indica unequivalenza, per queste conversioni, 1000 sesterzii = 1 aureo.59 Ne deriva un rapporto oro:argento 1:15 che potrebbe essere credibile,60 e che in passato si tentato (in particolare Mommsen) di attribuire anche agli inizi del IV secolo.61 A questo punto si prospettano solo due soluzioni: o questa
53 Cfr.

N.H. Baynes, The Historia Augusta. Its Date and Purpose, Oxford 1926,

54 La cifra di 100000 sesterzi potrebbe derivare da Suet. Vit. 13, 2-3, fonte come vedremo anche di un passo della Vita Aelii, se pensiamo che lautore prendesse (per convinzione o per intenzionale storpiatura) i 400000 nummi l indicati per 400000 denarii. La derivazione del passo da Svetonio sostenuta, su base lessicale e non monetaria, da A. Chastagnol, LHistoire Auguste et les Douze Csars de Sutone, in Bonner Historia-AugustaColloquium 1970, Bonn 1972, 109-123, in particolare 116. 55 Cfr. J.P. Callu, Une glose montaire dans lHistoire Auguste , BSFN XLII (1987), 254-256, in particolare 254. 56 Questa la posizione pi diffusa: cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 34-37; Tomlin, Fairy Gold cit., 260. Lcrivain, tudes cit., 35, dopo una sintesi delle diverse posizioni storiografiche giudicava invece insolubile la datazione dellinformazione contenuta in questo passo. 57 Mazzarino, Aspetti sociali cit.. , 288 riteneva che proprio questa ratio fosse espressa in questo passo, postulando per che i 100000 sesterzi fossero sesterzi tradizionali, pari a 25000 denarii, e soprattutto ritenendo, in modo del tutto erroneo, che lEditto di Diocleziano riportasse un prezzo delloro pari a 10000 denarii la libbra. 58 Il rapporto di valore tra i due metalli monetati era invece, in epoca dioclezianea, come sappiamo dopo la scoperta dellEditto di Afrodisia, di 72000:9600, dunque 1:7,5. 59 Cfr. anche Delmaire, Les donations... cit., 152. Cfr. anche 149: anche linfor mazione di Diad. 2, 1 potrebbe essere derivata, attraverso luso di questa equivalenza, da Dione, che parla di 750 denarii di donativo, accettando unequazione 750 denarii = 3000 sesterzi = 3 aurei. 60 Cfr. Callu, Une glose... cit., 255. 61 Cfr. Th. Mommsen, Das diocletianische Edict ber die Waarenpreise, Hermes

38-39.

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conversione era gi in uso allepoca di redazione dell Historia Augusta, o di et giustinianea e il luogo in analisi una glossa, ipotesi che Callu stesso prende in considerazione. La moneta dargento, in sintesi, non presente nellHistoria Augusta in forma autonoma, ma unicamente in elenchi contenenti anche valuta aurea e bronzea, in una sorta di arricchimento retorico che nella specificazione della quantit di denaro per tutti e tre i metalli monetali mira a colpire e sorprendere lattenzione dello spettatore (si tratta sempre di cifre assai alte). La stessa distinzione tra valuta argentea e bronzea rende impossibile credere alla veridicit delle informazioni, dal momento che per tutto il III secolo vi fu solamente il bronzo argentato, ma si potrebbe collocare in et dioclezianea e post-dioclezianea. lassenza di reali notizie su questo metallo ad indicare lappartenenza dellautore ad un periodo pi tardo, a partire dalla fine del IV secolo, in cui le monete argentee furono sempre meno coniate ed ebbero sempre meno importanza, riducendosi a pezzi cerimoniali, per poi praticamente sparire nel corso della prima met del V. 62 In tutto questo periodo le monete dargento non compaiono come unit di conto, ed il loro valore commerciale doveva essere computato come multiplo del divisionale o come frazione del solido.

Il divisionale eneo Anche le monete divisionali si presentano nellHistoria Augusta con una variet di nomi, pi o meno propri rispetto allepoca di riferimento, di ambientazione e di reale composizione della raccolta biografica. naturalmente evidente, in primo luogo, che luso del termine sestertius (e di sestertium) del tutto idoneo fino alla prima met del III secolo; in seguito, anche se la moneta ed il termine tendono a sparire,63 il sesterzio resta come forma aulica per intendere una piccola moneta in bronzo, e dunque come sinonimo di denario ancora in et dioclezianea, quando lo troviamo in Eumenio.64 Almeno parte di queste informazioni e specialmente quelle
XXV (1890), 17-35, in particolare 27; Mommsen, Die Scriptores cit., 242-243. Secondo Mommsen, la sinonimia sesterzio-denario lascia intendere qui unequivalenza 30 libbre doro = 100000 denarii; questo dato viene per messo in relazione con lerronea lettura dellEditto dei Prezzi secondo cui 1 libbra doro sarebbe stata equivalente a 50000 denarii, diffusa prima della scoperta del frammento di Aezani che ha invece certificato un prezzo delloro pari a 72000 denarii la libbra. 62 Cfr. Harl, Coinage cit., 161-162 e 177. 63 J.P. Callu, Les monnaies de compte et le monnayage du bronze entre 253 et 295, in Atti del Congresso Italiano di Numismatica (Roma, 11-16 settembre 1961), II, Roma 1965, 363-376, in particolare 363-364. 64 Pan. Lat . IV (9), 11, 2; 14, 5; 16, 3. Mi risulta che solo G. Depeyrot, Eumne, Epi-

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relative al II secolo, che sembrano in generale credibili derivano di certo da buone fonti, e devono quindi essere ritenute attendibili, come mostrano anche, dove possibili, i confronti con Cassio Dione ed Erodiano. Ricorrenze: Hadr . 3, 8; 23, 14; Ael . 3, 3;65 Ver. 5, 5;66 Pert. 2, 4;67 7, Sept. Sev. 5, 2;69 Heliog. 24, 3; 31, 1; Tac. 10, 1.

6;68

Seguendo un uso perfettamente attestato nelle fonti altoimperiali, peraltro, lautore indica talora lammontare di importi destinati allesercito senza specificare quale sia lunit di valore di riferimento, sottintendendo che si tratti di sesterzi (Ael . 6, 3, ove lunit di misura confermata dal confronto con 3, 3; Sept. Sev. 7, 6; Did. 3, 2). 70 Non possibile altra soluzione, dal momento che in et tardoantica questa prassi decade completamente e tutte le indicazioni monetarie sono sempre accompagnate dallesplicita menzione dellunit. Luso quindi perfettamente proprio sia per quanto riguarda let di riferimento, sia per quanto riguarda let fittizia dellautore, e pu essere

phane, et le systme montaire de Diocltien, Mitteilungen der sterreichischen Numismatischen Gesellschaft XXVIII (1988), 37-40 (cfr. in particolare 37-38) abbia proposto di identificare nei sesterzi di Eumenio dei sesterzi reali, e che lo stipendio del retore fosse pari, quindi a 150000 denarii. Non solo, per, il successivo aumento a 600000 sembrerebbe eccessivo, ma il salario di partenza parrebbe un po basso rispetto ai prezzi attestati per lepoca tetrarchica. 65 Il passo ripetizione di Hadr. 23, 12-14 solo con qualche parola in pi e ter milies anzich quater milies (cfr. Lcrivain, tudes cit., 238), e costituisce dunque a typical variatio of the amount of the donative (T.D. Barnes, Hadrian and Lucius Verus, JRA LVII (1967), 65-79, a p. 77). Entrambi i luoghi potrebbero avere una derivazione svetoniana: cfr. Chastagnol, LHistoire Auguste cit., 112. 66 Il luogo dipende verosimilmente da Suet. Vit. 13: cfr. Barnes, Hadrian cit., 69; Chastagnol, LHistoire Auguste cit., 114. 67 Linformazione qui contenuta di uno stipendio ducenario per Pertinace come procuratore in Dacia molto probabilmente buona, e parrebbe confermata anche per via epigrafica se le integrazioni proposte per il titolo di Brhl sono corrette: cfr. O. Hirschfeld, Die kaiserlichen Verwaltungsbeamten bis auf Diocletian, Berlin 19052 , 428; H.G. Kolbe, Der Pertinaxstein aus Brhl, BJ CLXII (1962), 407-420, in particolare 416-419. Si sostiene qui che linformazione potrebbe essere arrivata al compilatore proprio per via epigrafica. 68 Su questo passo, da confrontare con Dio LXXIII 5, 4 e 8, 3, cfr. J. Straub, Cassius Dio und die Historia Augusta, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium 1970, Bonn 1972, 271-285, in particolare 281; Crawford, Finance... cit., 562. 69 Su questo passo cfr. A. Passerini, Gli aumenti del soldo militare da Commodo a Massimino, Athenaeum XXIV (1946), 145-159, in particolare 151-153. 70 Su Sept. 7, 6 cfr. Kolb, Literarische Beziehungen cit., 77-79. Su Did. 3, 2, la cui indicazione monetaria potrebbe derivare da Cass. Dio LXXIII 11, 5, cfr. Kolb, Literarische Beziehungen cit., 56-57; Delmaire, Les donations cit., 149. In precedenza, invece, H. Mattingly, Rec. a N. Baynes, The Historia Augusta, JRS XVI (1926), 137-140, in particolare 139-140, aveva ritenuto la cifra inverosimile, e da ritenere espressa in denarii dioclezianei.

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ritenuto una forma di arcaismo,71 non necessariamente voluto per dare maggiore credibilit al contenuto delle biografie, ma in generale per ricostruire un sapore di unepoca passata. Con il IV ed il V secolo, infatti, il termine scompare definitivamente, sostituito ove si tratti di rievocare cifre anticamente indicate in sesterzi da denarius o da nummus,72 fino a quando Giustiniano non provveder alla sua definitiva rimozione anche dal formulario giuridico, perch parola non pi corrispondente ad alcuna realt monetaria effettiva.73 Anche alcune ricorrenze di nummus nellHA mostrano apparentemente un utilizzo del termine per indicare il sesterzio, uso lessicale gi diffuso in epoca altoimperiale, tanto in latino quanto in greco:74 Marc. 7, 9; 75 Pert. 15, 7. 76 Un simile uso, probabilmente dovuto al riscontro delle fonti, per diffuso anche in epoca tardoantica,77 e non permette di stabilire alcuna connessione con lepoca in cui il nummo , in effetti, una piccola unit di valore monetario, e cio forse dopo il 379.78 In generale, risulta vero anche per la nostra raccolta di biografie che dans le language courante, pour dsigner les coupures les plus petites, on nutilise gure des termes nouveaux ou spcifiques (qui auraint fait la joie du numismate et de lhistorien de la monnaie).79

71 Mazzarino, Aspetti sociali cit., 290-291, ad esempio, riteneva che la necessit di un chiarimento sul sesterzio fosse situabile anche agli inizi del IV secolo, dopo le riforme costantiniane; gi prima E. Klebs, Die Scriptores Historiae Augustae (Schluss), RhM XLVII (1892), 515-549, in particolare 520, invece, aveva sostenuto che il termine non fosse da ritenere anacronistico perch divenuto desueto solo da una generazione ma, come si detto, non sembra necessario ricorrere neppure a questo argomento. 72 Si vedano ad esempio Macr. Sat. II 4, 26; 28; 29; III 16, 9; Porph. Hor. serm. I 3, 21. 73 Cod. Iust. VIII 53, 37. 74 Luso di nummus per indicare il sesterzio sembrerebbe essersi affermato gi nel II secolo a. C., ed essersi diffuso soprattutto dallet ciceroniana: cfr. Nadjo, Largent cit., 90 e 92-94. Esempi greci: Heron Geom. 23, 62; Plut. Sull. 1, 4, ma anche nelluso quotidiano dei papiri: P.L.Bat. XIII 14 75 Questo passo giudicato ancora una volta inattendibile da Mattingly, Rec. a N. Baynes cit., 139-140. Il numismatico inglese proponeva anche in questo caso di ritenere lunit monetaria il denario dioclezianeo. 76 Questo passo riporta un ammontare del congiario al popolo confermato da Cass. Dio LXXIV 5, 4, ma discorda da Cassio Dione invece in relazione al donativo dei pretoriani: cfr. Straub, Cassius Dio cit., 274-275; Delmaire, Les donations cit., 149. Anche se la seconda parte fosse inventata e non tratta da unaltra fonte per evidente che parte dellinformazione deriva da una fonte attendibile. 77 Porph. Hor. serm. I 3, 21; Paneg. IV (9), 11, 2; 14, 5; 16, 3; Macr. Sat. II 4, 26; 28; 29; III 16, 9; Prisc. De fig. num., Hultsch II 86, 21-22. 78 Cfr. J.P. Callu, Monnaies de compte et monnaies relles: lostracon 54 de Douch, ZPE LXXIX (1989), 73-79. 79 J.M. Carri, Aspects concrets de la vie montaire en Province , RN CLIX (2003), 175-203, in particolare 191.

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Le altre ricorrenze del termine nummus hanno invece il significato generico di moneta, pezzo di conio, senza che sia possibile capire esattamente di quale metallo ( Ver. 4, 7;80 quadr. tyr. 2, 1) o con aggettivo che lo chiarisca esattamente (Pesc. 10, 7; Heliog. 8, 3; 81 Alex. 25, 9; trig. tyr. 31, 3), o quello di denaro, contante (Claud. 14, 4; quadr. tyr. 8, 6). Entrambi questi significati sono assolutamente ricorrenti sia in epoca altoimperiale che in epoca tardoantica, e non offrono dunque alcun appiglio per ulteriori considerazioni. Non pu essere considerato datante, invece, nonostante passate indicazioni in questo senso,82 luso del termine follis , in Heliog. 22, 3. Se infatti un termine certamente improprio in epoca severiana, perfettamente acclimatato in et tetrarchica, come mostra la sua prima ricorrenza datata, in PBeattyPanop 2, 302, del 300.83 La sequenza numerica, 100 monete doro, 1000 dargento, 100 folles, infatti, lascia intendere che il follis sia ununit di misura molto grande, giacch non ci spiegheremmo altrimenti perch il numero degli argentei sia, al contario che in tutte le altre serie numeriche di questo tipo, come gi messo in evidenza, superiore a quello del divisionale. Dunque il follis del IV-V secolo, gi esistente, appunto, sotto Diocleziano, a quanto pare equivalente a 12500 denarii,84 assai pi adatto al contesto del follis post-Anastasio, una moneta da 40 nummi. interessante dunque notare, ancora una volta, la presenza di queste sequenze costruite con lindicazione oro-argento-bronzo, che appaiono a tutti gli effetti costruzioni retoriche, nel filone della tradizione dei tre metalli monetali, che arricchiscono di dati evidentemente fasulli la narrazione. Mentre delloro e dellargento, per, si specifica al massimo il nome imperiale, come gi detto, cos da inserire una caratterizzazione di colore, ma non si tocca il problema delle unit di misura, per il bronzo si indi80 Non mi chiaro come Tomlin, Fairy Gold cit., 276 possa desumere che in questo passo i nummi sono in base metal. 81 Anche in questo caso in Tomlin, Fairy Gold cit., 276 c un grave fraintendimento: nummos vel argenteos vel aureos da intendere come monete dargento o doro, non come monete di bronzo, o argentei, o aurei. 82 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 38. 83 Prima delledizione di questo papiro, Mommsen, Die Scriptores cit., 242, aveva sostenuto che questo passo non fosse utilizzabile per trarne indicazioni cronologiche, nellincertezza relativa alluso di questo termine. Klebs, Die Scriptores cit., 520, e Lcrivain, tudes cit., 34, invece, ritenevano gi che il vocabolo non fosse anacronistico. 84 Cfr. A.H.M. Jones, The Origin and Early History of the Follis, JRS XLIX (1959), 34-38; L. Ruggini, A proposito del follis nel IV secolo, RAL s. VIII, XVI (1961), 306-319; P. Bruun, Follis en penningpung i palatsperspektiv , Nordisk Numismatik Unions Medlemsblad IV (1978), 61-64 e da ultimo J.W. Ermatinger, The Fourth Century Follis, MBAH XIII 1 (1993), 84-88, ma lidea qui espressa che nel corso del IV secolo, divenuto semplice unit di conto (cfr. 86), il follis possa corrispondere a una libbra dargento assolutamente ingiustificata dalle fonti in nostro possesso.

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ca spesso anche lunit, o la tipologia di moneta (si vedano, oltre a questo caso e quello, di cui tratteremo a breve, dei denarii, anche le gi citate menzioni dei sesterzii in Aurelian. 12, 1; quadr. tyr. 15, 8). La spiegazione di questa caratteristica forse semplice, se pensiamo che oro e argento possano circolare su base esclusivamente ponderale, mentre il divisionale, che circolava con valore nominale superiore allintrinseco, era materializzato in diversi tipi di monete, ognuna con un valore facciale ben definito. Spieghiamo cos, sulla base del valore facciale della tipologia indicata, anche la formazione, appunto, della serie numerica, discendente (come nel caso del follis ) o ascendente. Nel caso dei sesterzi, inoltre, il moltiplicatore utilizzato per indicare il numero di monete di bronzo, conteggiate anche a milioni, incredibilmente alto, come a intendere che il sesterzio fosse ununit ridottissima. Questo dato non pu essere considerato certo datante con precisione, ma si situa bene, ancora una volta, in un contesto in cui il sesterzio non esiste pi ed percepito solo come sottomultiplo di ununit, il denario, che pure ha ormai assai scarso potere dacquisto. In merito interessante anche una delle ricorrenze del termine denarius , in una sequenza 2 aurei 50 argentei 100 denarii di bronzo che abbiamo gi menzionato (Aurelian. 9, 7): il denario, lunit pi piccola, menzionato in numero doppio rispetto agli argentei. Luso di un moltiplicatore di molto ridotto rispetto a quello dei sesterzi sembrerebbe indicare nellautore la nozione che il denario, unit di conto al suo tempo svalutatissima, aveva avuto nei tempi precedenti un potere dacquisto notevole: per indicare cifre arretrate nel tempo, quindi, potrebbe aver ritenuto opportuno indicare un numero di denarii superiore a quello degli argentei ma non troppo elevato. In relazione a questo, inoltre, estremamente interessante notare come i denarii siano detti aeris denarios. Come noto, infatti, i denarii nacquero e furono a lungo monete dargento. 85 Anche in questo caso, per, parlare di errore o anacronismo non sembra opportuno: in et dioclezianea il divisionale eneo si articolava in una serie di monete di taglio diverso, la maggiore delle quali argentata (ma non argentea) e quasi certamente di valore pari a 12,5 poi 25 denarii. Il valore facciale delle monete pi piccole, interamente bronzee, non certo, ma possibile che un pezzo da un denario non esistesse: se il taglio pi piccolo, diciamo 2 denarii, era in bronzo, lespressione denarii aeris non pu risultare erronea. Se possibile quindi che anche questuso derivi da un contesto monetario di tardo IV-V secolo, quando ormai stata abbandonata la pratica dellargentatura delle monete,

85 Cfr.

Menadier, Die Mnzen cit., 33-34.

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e tutto il divisionale esclusivamente bronzeo, non si pu per averne certezza. In altri due passi il termine denarius non accompagnato, invece, da indicazione del metallo (Comm . 16, 8; Pert. 15, 7): in questi casi si tratta pertanto di un uso corretto e perfettamente acclimatato allepoca trattata (fine II secolo), senza escludere leventualit che vi sia a monte luso di buone fonti. 86 Deve essere preso in considerazione ancora un altro uso lessicale: il primo quello di pecunia , che oltre ai consueti significati generici (ad esempio Aur. 23, 2) talora utilizzato nel senso di valuta divisionale, monete bronzee (Alex. 33, 3). Questuso, caratteristico dellepoca tardoantica, 87 ricorrente nel IV secolo, ed in particolare nella sua seconda met, e pu quindi rientrare nel novero dei termini anacronistici, postcostantiniani.88 importante, infine, mettere in evidenza un curioso passo della biografia di Tacito (9, 3) in cui viene attribuito a questImperatore un provvedimento relativo al reato di falsificazione monetaria: si quis argento publice privatimque auro miscuisset, si quis auro argentum, si quis aeri plumbum, capital esset cum bonorum proscriptione. La legge non ha nulla in s di implausibile: se Menadier la giudic verkehrt und unhaltbar,89 perch le monete vere del tempo di Tacito erano legate, cos non per nel IV secolo inoltrato e nel V, quando tutte le produzioni monetali sono pure. Inoltre le leghe indicate nel testo (oro-argento e bronzo/rame-piombo) sono leghe che non sono mai state in uso nella monetazione romana. Il problema della creazione di leghe metalliche adulterine, inoltre, presente, con termini che non sono poi cos distanti da quelli dellHistoria Augusta, nelle Sententiae pseudopaoline, redatte come noto in et costantiniana: quive aes inauraverit argentaverit, quive, cum argentum aurum poneret, aes

86 Questo non naturalmente in contrasto con uneventuale ispirazione svetoniana nella formulazione della frase: cfr. Chastagnol, LHistoire Auguste cit., 115. 87 Cfr. J.M. Carri, Leconomia e le finanze, in Storia di Roma , 3.I, Let tardoantica. Crisi e trasformazioni, Torino 1993, 751-787, in particolare 782-783. 88 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 38-40; Tomlin, Fairy Gold cit., 259. 89 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 15-16. In precedenza invece si era espresso almeno un dubbio sulla veridicit del provvedimento: cfr. E. Hohl, Vopiscus und die Bigraphie des Kaisers Tacitus, Klio XI (1911), 284-324, in particolare 297; H. Mattingly, The Imperial Recovery, in Cambridge Ancient History, XII, Cambridge 1939, 297-351, in particolare 312. Si a lungo pensato che Tacito avesse restituito al Senato lautorit sulla coniazione toltagli da Aureliano, e che un riferimento a questo soggiacesse al riferimento nella biografia alla legge sulla purezza metallica. Oggi invece sappiamo che il Senato non ebbe mai alcun diritto sullemissione monetale: cfr. ad esempio F. Beyer, Geldpolitik in der rmischen Kaiserzeit. Von der Whrungsreform des Augustus bis Septimius Severus, Wiesbaden 1995, 38.

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stannumque subiecerit, falsi poena coerceretur.90 Il publice privatimque allude naturalmente sia alla possibilit di falsari agenti privatamente, nelle proprie case, sia di monetieri delle zecche pubbliche che adulterassero la lega del conio per trarne un vantaggio. Nulla del genere ci noto a nome di Tacito, naturalmente, ma i termini di confronto nella letteratura giuridica a noi nota sono molteplici, e rimandano, ancora una volta, almeno alla seconda met del IV secolo: se la pena di morte per i falsari, infatti, fu introdotta gi da Silla,91 essa era riservata ai soli schiavi, e vigeva per il falso in moneta una differenziazione delle pene a seconda della appartenenza sociale che dur fino allet costantiniana.92 Lapplicazione invece della pena di morte indifferenziata da datare allepoca di Costanzo II; 93 in modo ancor pi evidente, il falso in moneta sar ufficialmente inserito nel novero dei reati di lesa maest nel 389,94 bench probabilmente vi fosse in qualche modo gi incluso. Lautore delle biografie, in sostanza, sembra conoscere bene i termini del diritto relativo alla falsificazione monetaria a lui coevo (sicuramente dopo Costanzo II), ed aver attribuito allindietro a Tacito una legislazione pi recente per creargli intorno unaura di rigore legalistico, di inflessibilit quali si prestano ad un Imperatore espressione dellaristocrazia senatoria tanto cara al redattore delle biografie. La citazione, immediatamente dopo, di uneventuale decisione di proibire la deposizione degli schiavi contro i padroni anche per i reati di lesa maest, evidentemente favorevole ai grandi proprietari terrieri, sembra riferirsi direttamente al diritto concesso, invece, agli schiavi, gi secondo Ermogeniano, 95 di smascherare i padroni rei proprio di falsificazione monetaria, ottenendone in cambio addirittura la libert.96 Se fosse davvero questa la fonte del biografo ed il passaggio mentale da lui effettuato dovremmo desumerne che scrivesse pensando ad una chiara caratterizzazione del falso in moneta come lesa maest e dunque forse dopo il 389.

Carbone, Druso e Gratidiano: la gestione della res nummaria a Roma tra la lex Papiria e la lex Cornelia, Athenaeum LVII (1979), 215-238, in particolare 235-236; B. Santalucia, La legislazione sillana in materia di falso nummario, AIIN XXIX (1982), 47-74, in particolare 51-55. 92 Cod. Theod. IX 21, 1 e IX 21, 2 (ove le pene per il falsario, non indicate chiaramente, devono essere le medesime della costituzione precedente: cfr. M. Sargenti, Economia e finanza tra pubblico e privato nella normativa del Tardo Impero, in AARC XII, 33-52, in particolare 41). 93 Cod. Theod. IX 21, 5, del 343, per i solidi; Cod. Theod. IX 23, 1, del 356, per le monete di qualsiasi metallo. 94 Cod. Theod. IX 21, 9. 95 Did. V 1, 53. 96 Cod. Theod. IX 21, 2.

90 Paul. sent. V 25, 5. 91 Cfr. E. Lo Cascio,

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Conclusioni: manie di un collezionista? Come si detto, lanalisi della terminologia utilizzata dallautore dell HA in campo monetale non permette di ottenere grandi risultati: alcuni anacronismi ci consentono di situare la redazione dellopera almeno nella seconda met del IV secolo,97 pi probabilmente tra gli ultimi anni di questo e gli inizi del secolo successivo; altri utilizzi mostrano alcune scelte retoriche ricorrenti, riscontrabili anche in autori coevi, prevalentemente allinsegna dellarcaismo e dellaulicismo, o anche il desiderio di inserire veri e propri calembour, quasi spie di un persistente substrato di ironia, di gioco, che soggiace alla redazione delle biografie.98 Nessun termine, per, usato in modo improprio: se a lungo si sostenuto che le indicazioni monetarie nella raccolta rivelassero una profonda ignoranza dellautore in merito,99 al contrario la capacit di costruire e di giocare su nomi di monete e di unit non pi in uso, di costruire neologismi partendo da dati reali, di creare sequenze numeriche spiegabili come invenzioni alla luce di una perfetta consapevolezza dei valori nominali dei tagli attestano una profonda conoscenza da parte del nostro autore del mondo della moneta, e della monetazione, cui rivolge unattenzione assolutamente senza riscontri in tutto il restante panorama letterario del mondo antico. 100 Sembra eccessivamente riduttivo evidenziare anche, come fa W. Hartke,101 che in generale i retori (come anche Temistio) facevano attenzione al dato numismatico: i riferimenti generici di Temistio alle dinamiche monetarie non sono affatto la conoscenza profonda dei nominali,

sembra dunque condivisibile completamente lidea che le indicazioni monetarie siano inserite, in modo pretestuoso, come dimostrazioni della veridicit della trattazione, come ritenevano, ad esempio, White, The Authorship cit. ., 123; B. Treucker, Kriterien der Aktualisierung in der Historia Augusta, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium 1964/65, Bonn 1966, 273-292, in particolare 290, su trig. tyr. 31, 3, di cui ci occuperemo a breve: vero che linserimento di dati monetari, come di iscrizioni o di presunti documenti, serve a sostenere che alle spalle della raccolta ci fosse un vero e proprio lavoro euristico, e non una semplice collazione di fonti, e funziona anche come forma di Texterweiterung (cfr. Burian, Fides cit., 294-295, che curiosamente non menziona per il dato numismatico), ma, come si detto, sempre allinsegna di un gioco, e di un impianto parodico, piuttosto scoperto. 99 Cfr. ad esempio Mattingly, Rec. a N. Baynes cit., 139-140. Cfr. invece Mazzarino, Aspetti sociali cit., 56, ove si definiscono ingiustificate le critiche degli studiosi i quali negano alla Historia Augusta ogni comprensione di fenomeni monetari. 100 estremamente diversa, ad esempio, lattenzione data alla moneta dallanonimo autore de rebus bellicis i cui consigli di risanamento non mostrano la conoscenza profonda di tagli e pezzi presenti e passati come invece i brani citati dellHistoria Augusta. 101 Cfr. W. Hartke, Rmische Kinderkaiser. Eine Strukturanalyse rmischen Denkens und Daseins, Berlin 1951, 43.

97 Cfr. gi Menadier, Die Mnzen cit., 59. 98 Cfr. Marcone, Moneta cit., 363. Non

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dei tagli, e della storia della moneta romana presenti in questa raccolta di biografie. Lo conferma in modo straordinario un passo unico, cui sarebbe necessario rivolgere assai pi attenzione: nella Quadriga Tyrannorum (2, 1) il nostro autore, in questo caso Flavio Vopisco, introduce una polemica storiografica, presumibilmente fasulla, che lo opporrebbe a Marco Fonteio, storico con ogni evidenza inventato,102 sulla definizione istituzionale di Firmo stesso.103 A Fonteio, che ritiene si sia trattato di un latrunculum, non principem, il nostro biografo contrappone il dato numismatico: Firmo coni delle monete, nelle cui legende fu definito Augusto. 104 Non sappiamo quanto ci sia di vero in questa questione, n se ci sia alcunch di vero: monete di Firmo non sono a noi note, e le notizie in nostro possesso su questo usurpatore sono irrisorie. Quel che conta per levidente identificazione della numismatica come disciplina ancella della ricerca storica, e le monete come fonte autorevole, dirimente in questioni di questo genere, come sono per noi oggi. Analogo un passo dei Tyranni Triginta (31, 3) in cui lusurpazione di Vittoria detta aver prodotto ( utilizzato il verbo cudere , vero e proprio termine tecnico della coniazione) monete doro, dargento, di bronzo, quorum hodieque forma extat apud Treviros. Fonte in questo caso non solo il pezzo di conio, ma addirittura il conio con il quale queste monete erano impresse, la cui menzione, chiaramente frutto di completa invenzione, smaschera una forma di interessamento dellautore con un approccio simulatamente storico anche per ci che sta alle spalle del pezzo di conio, per la sua produzione. Non solo, ma il gioco ancora una volta talmente scoperto da non poter non essere prodotto proprio per essere smascherato: monete di Vittoria non ne esistono ma, come noto, la dea Vittoria una delle iconografie pi tipiche della numismatica romana, anche allepoca dellImpero gallico,105 e lidentificazione non pu essere

102 Nel nome dello storico del tutto evidente la citazione ciceroniana, forse in diretta relazione con Amm. XV 12, 4: cfr. A. Chastagnol, Recherches sur lHistoire Auguste, Bonn 1970, 79-80. Difficile dire per se Chastagnol abbia ragione nel ritenere la disputa una parodia delle controversie tra ortodossi ed eretici (86). 103 Su questa praefatio, vera e propria parodia della ricerca storica, cfr. anche R. Syme, The Historia Augusta. A Call of Clarity , Bonn 1971, 110; D. Den Hengst, The Prefaces in the Historia Augusta, Amsterdam 1981, 140-146. 104 Il punto fondamentale , dunque, che la coniazione di monete uno degli insignia imperii, come gi aveva notato il Godefroy nel commento a Cod. Theod. IX 21, 3: cfr. anche Den Hengst, The Prefaces cit., 144-145. Pi in generale, sullattenzione dellautore an der Frage der Herrscherterminologie, cfr. A. Rsger, Zur Herrscherterminologie der Historia Augusta: princeps und purpuratus, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium 1977/78 , Bonn 1980, 179-201, in particolare 184-185. 105 Monete di Vittorino con la Vittoria sul verso sono schedate ad esempio in Roman Imperial Coinage V/2, 379-398.

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certo considerata un errore (come pure stato fatto, ma richiederebbe unimperizia ed unignoranza che certo il nostro autore non dimostra), 106 ma un ulteriore e sempre pi evidente ammiccamento al pubblico. Ancora una conferma in questo senso si pu trarre dallindicazione sulle monete di Vittoria: se vero che il riferimento pu rientrare nella generale polemica dellautore contro la citt di Treviri,107 capitale di unAugusta che, nella misoginia pi volte espressa nella raccolta, il segno pi evidente della degenerazione imperiale, 108 vero per anche che la zecca di Treviri coni effettivamente le monete dellImpero gallico, probabilmente a partire dal regno di Mario, poi di sicuro proprio con Vittorino, il figlio di Vittoria, ed ancora con Aureliano prima del trasferimento a Lione.109 Anche la localizzazione della zecca, dunque, tuttaltro che sintomo di una scarsa conoscenza del dato monetario, ma anzi lennesima conferma che il nostro autore aveva una buonissima competenza numismatica, utilizzata proprio con lo scopo di creare informazioni scopertamente distorte. Il nostro autore in grado, ancora, di spiegare storicamente, come fa la numismatica moderna, le tipologie monetali, che evidentemente conosce assai bene: Gallieno avrebbe fatto coniare una moneta in onore di Odenato, con la rappresentazione di questi che trascina dei Persiani prigionieri ( Gall . 12, 3). Poco importa, ancora una volta, che la tipologia descritta sembri pi di IV secolo che di III (ma si badi bene che, ancora una volta, non erronea, ed anzi completamente verosimile!), 110 quanto luso delliconografia del conio come fonte, e labitudine ad una sua lettura e classificazione. collegabile a questo tipo di approccio anche labitudine, che gi abbiamo messo in evidenza, di chiamare le monete con il nome dellImperatore il cui volto vi sia rappresentato,111 che troviamo solo nel nostro autore in et antica, ma ha fortemente condizionato la genesi dei nomina

106 Cos Hartke, Rmische Kinderkaiser cit., 43. Non parla di errore invece K.P. Johne, Kaiserbiographie und Senatsaristokratie. Untersuchungen zur Datierung und sozialen Herkunft der Historia Augusta, Berlin 1976, 171-172. 107 Cfr. Johne, Kaiserbiographie cit., 171-172. 108 Cfr. R. Syme, Historia Augusta Papers, Oxford 1983, 124; E. Frzouls, Le rle politique des femmes dans lHistoire Auguste, in G. Bonamente-F. Paschoud (a cura di), Historiae Augustae Colloquium Genevense, Bari 1994, 121-136, in particolare 135-136. 109 Cfr. J. Lafaurie, Lempire Gaulois. Apport de la numismatique, in ANRW II, 2, 853-1012, in particolare 893-895; I. Knig, Die gallischen Usurpatoren von Postumus bis Tetricus, Mnchen 1981, 152-156. 110 Cfr. Menadier, Die Mnzen cit., 55-57. 111 Sappiamo che la classificazione usata dallautore si basa sul volto raffigurato e non sullautorit emittente dal riferimento a Salonino o Salonina, le cui monete avrebbero dovuto, in una prospettiva esclusivamente istituzionale o di pura e semplice datazione, essere dette di Gallieno.

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convenzionali della numismatica moderna. Lunico termine di confronto per questuso in una fonte assai pi tarda, Gregorio di Tours: nel narrare la vita dei sette dormienti di Efeso, questi mette in luce come, risvegliatisi in et teodosiana, i santi tentassero di spendere le monete di Decio che avevano con s al momento della loro reclusione nella grotta.112 In questo caso, per, indicare il nome dellImperatore che emise le monete strumentale alla messa in evidenza della lunghezza del tempo trascorso, e dunque dello stupore del negoziante pagato con tale valuta. Questi, senza colpo ferire, crede immediatamente che i santi abbiano scoperto un tesoro di monete antiche. Dobbiamo ritenere, dunque, che la scoperta dei tesori fosse evento ricorrente anche in epoca antica; sappiamo peraltro con certezza che il mondo antico e tardoantico conobbe fenomeni vistosi di collezionismo monetario, come mostra Them. or. XXVII 335 a. Anche allImperatore Giuliano fu recata in dono ospitale da Filippo una sola moneta doro,113 che dobbiamo quindi ritenere, con ogni evidenza, una moneta rara, da collezione, di altissimo valore. Non solo: ancora una volta lHistoria Augusta stessa a scoprire direttamente il gioco, rivelando luso del collezionismo monetario presso i ceti sociali elevati: proprio in quadr. tyr. 2, 1 il contenzioso su Firmo risolto, infatti, non con la semplice menzione delle sue monete, ma cum etiam nummos eius Severus Archontius protulit. chiaro che Severo Arconzio deve avere attinto ad una vera e propria collezione: se le monete di Firmo fossero state comunemente in circolazione, anche nella falsificazione letteraria, i dubbi di Marco Fonteio non avrebbero avuto alcuna ragion dessere. Partendo da questi dati sembra, in sostanza, che lattenzione particolare rivolta dallautore dellHistoria Augusta al dato numismatico, la sua conoscenza, oserei dire impeccabile, della realt della moneta romana, evidente anche nel modo di costruirvi falsit e giochi, labitudine alla classificazione storica dei pezzi di conio attraverso lindicazione dellImperatore (o della persona di famiglia reale) rappresentatovi, ma anche delle tipologie iconografiche, e dei loro significati storici, in un modo che sembra un vero e proprio sistema di ordinamento, la conoscenza del diritto legato alla moneta ed anche del sistema della coniazione e della zecca collaborino ad individuare il biografo come un appassionato di raccolte numismatiche, un collezionista appunto, che ha trasfuso in numerosi segmenti narrativi il proprio hobby, la propria passione. Una conclusione di questo genere, che fa del nostro autore il cultore

112 Greg. Tur. Glor. 113 Iul. Epist. 40.

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di un passatempo certamente costoso e aristocratico perfettamente in sintonia con la sua caratterizzazione come appartenente al funzionariato imperiale, e dunque appartenente, se non direttamente allaristocrazia senatoria, a un ceto dlite connotato da ampia disponibilit economica e grande prestigio sociale.

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