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rima di leggere (intendo quando ancora non sapevo farlo), mi piaceva molto ascoltare chi lo faceva per me. Seguivo quelle parole con grande piacere, ma qualcosa mi mancava lasciandomi insoddisfatta. Cosera lho capito quando ho cominciato a leggere da sola. Mi mancava il tempo. Il mio.
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Quante volte dovremmo rileggerlo un libro per arrivare alla lettura definitiva? Questo un lusso che ci si concede con i libri della vita, quelli che ce lhanno pure cambiata un po. Ma sar stato davvero cos o stata solo cosa fortuita?
LETTURE
stanza sbagliata del palazzo. Abbiamo creduto di vederla in un certo punto, ma non era vero. Quando si trova, capace che la caparbiet della ricerca ne ha fatto dimenticare la ragione, ma non importa. Stavolta le due parole (quella che ci ha spinto indietro e quella ritrovata) le segneremo cerchiandole leggermente con
una matita. Prima o poi ci torner in mente la necessaria comparazione rimasta in sospeso, lintuizione che avrebbe rivelato ci di cui non eravamo nemmeno in cerca. Quando leggo ho sempre con me un quaderno. Il bello della lettura anche lardellare, ma mica si fa sul libro, sarebbe mancargli di rispetto.
n tempo che non mai lo stesso, che muta da libro a libro, ma che per me comunque un tempo rispettabile, insomma, mai una volata. Certo, a volte per lavoro un libro si deve bere tutto di un fiato (che strano, nel linguaggio giovanile, almeno a Roma, bersi qualcuno vuol dire fregarlo), ma quando per il puro piacere, allora meglio non mettersi a correre troppo. Il bello della lettura il trasporto. Siamo qui che leggiamo, ma siamo subito anche da unaltra parte. Le parole lette diventano una recitazione interna, fatta di pensiero, e intanto che ci si ascolta con il proprio ritmo si va avanti ma pure si deve tornare indietro. Il piacere puro richiede pazienza. Quando leggo so che non sono io a dover pretendere qualcosa dallo scrittore, ma lo scrittore che deve pretendere qualcosa da me. E al gioco ci sto, anzi, lo approvo in pieno. Dunque mi dedico, compongo e scompongo per capire, anzi, per capirci a mio modo che lunico in mio possesso: seguire chi scrive ma mettendoci quel tanto di me che alla fine attacca il suo filamento. Lo sappiamo, a ogni libro ogni lettore ci mette una giunta che solo la sua. E ogni tanto tornare indietro, magari anche di pi pagine, perch allimprovviso una parola pare ci faccia comprendere in maniera diversa e fatale ci che prima avevamo inteso in altro modo. E che pena non trovarla, ch mica facile ripescare una parole che avevamo fissato con la memoria, che so, su una pagina di destra, pi o meno a met. E allora ecco che si scorrono tutte la pagine precedenti gettando sempre lo sguardo a destra e quellaltezza, a volte pure inutilmente, ch magari si trattato di una memoria andata a finire nella
E allora sul quaderno metto il titolo e lautore del testo, e da l parto facendo ogni tanto qualche ragionamento, interpretando in pi maniere per poi sottolineare quella che convince di pi. Sar quella giusta? Deve esserci per forza? Certe volte, sfogliando i miei tanti quaderni, vado di corsa a riprendere un libro. Sul quaderno, per fortuna, il numero della pagina ce lo metto. Ma anche cos diverso, quello che ho scritto pu non combaciare con la rilettura. Avevo capito meglio prima o adesso? Ovviamente una questione di diversit: la mia. E allora un po ci si spaventa. Quante volte dovremmo rileggerlo un libro per arrivare alla lettura definitiva? Questo un lusso che ci si concede con i libri della vita, quelli che ce lhanno pure cambiata un po. Ma sar stato davvero cos o stata solo cosa fortuita? Magari, letto in altro momento, quel libro non sarebbe nemmeno stato tra i prescelti. E invece, visto che proprio in quel dato momento labbiamo letto, tra i prescelti ci resta per forza. Se ne fa una questione di principio, come a non voler tradire noi stessi. Nella lettura, la fretta non porta mai lontano. Allet di diciotto anni lessi un si aperse al posto di un si apr. Rimasi a pensarci molto, scrissi le due diverse forme su un foglio e le pronunciai pi volte. In quel si apr non cera tutto lo squadernamento che intravedevo nel si aperse. E me ne innamorai. Quando mi chiedono se la scrittura salvifica rispondo di no, che lo solo la lettura. Ci salva ci che ci sorprende e dunque, a meno che lego non sia un caso clinico, non ci si pu sorprendere da soli. Sono le parole degli altri a farlo. E donchisciottescamente sappiamo che un certo accumulo di stupori potr renderci leggermente pi saggi, o pi pazzi, un po meno o un po pi smarriti. Andr comunque bene perch le parole di chi ha scritto diventeranno nostre mentre le leggeremo e saranno cos destinate a salire, ad ascendere. Alla fine anche a convergere. Proprio come in quello straordinario titolo che Flannery OConnor and a prendere in una frase del filosofo e scienziato gesuita Pierre Teilhard de Chardin: Everything that rises must converge. Tutto ci che sale deve convergere (anche se in italiano stato tradotto La vita che salvi pu essere tua), perch solo avendo la pazienza di convergere che, al dunque, libro e lettore se la intenderanno proprio a dovere.