Sei sulla pagina 1di 17

Gianni Vattimo

Filosofia e cristianesimo
Vattimo: Questa trasmissione dedicata al tema Filosofia e Cristianesimo, e chi sta qui in mezzo, insieme ai ragazzi e alle ragazze del Liceo Genovesi, un filosofo. Mi chiamo Gianni Vattimo, sono professore di Filosofia teoretica all'Universit di Torino. Che cosa diavolo ho fatto, per essere qui a parlare di Filosofia e Cristianesimo? Mi sono sempre occupato, a partire dagli anni Cinquanta, quando ho cominciato a studiare filosofia, di filosofia tedesca, di filosofia otto-novecentesca. I miei autori sono stati Nietzsche, Heidegger, Schleiermacher. E avevo studiato filosofia, diretto da due esigenze fondamentali, che erano, secondo me, adesso retrospettivamente le posso individuare ancora meglio, una di carattere religioso, una di carattere politico. Negli anni Cinquanta eravamo nel clima della ricostruzione dell'Italia dopo la guerra, i noccioli intorno a cui la gente della mia et di allora e della vostra di adesso si muoveva era principalmente un impegno di tipo religioso e/o un impegno di tipo politico. Questi due moventi sono rimasti un po' costanti nel mio lavoro filosofico, che appunto si diretto per a quei filosofi che hanno pi profondamente criticato le idee dominanti della modernit. Quindi in qualche modo io ho studiato dei pensatori che hanno messo in discussione il dogma del moderno. Bisogna essere moderni a tutti i costi. Anzi, negli ultimi anni, ho parlato spesso di postmoderno. In tutto questo traffico venuto fuori anche, come dire, dopo molti anni di relativo disinteresse, un nuovo atteggiamento che riprende il mio vecchio interesse religioso e che si espresso in un libricino intitolato Credere di credere, libro per il quale credo di essere stato invitato qui. Questo, grosso modo, sono le mie credenziali - credo di avere delle credenziali per questo dibattito -, che adesso, per, seguendo lo schema di questi programmi, viene anche introdotto non soltanto dalle mie chiacchiere, ma da un insieme di altri riferimenti, che vediamo in una breve scheda filmata.

-Si visiona la scheda, divisa in quattro diverse parti: ABRAMO: Signore, mio Dio, Tu mi hai condotto qui, mi hai dato la terra che avevi promesso, ma perch Te la riprendi ora? Io ho portato qui le speranze del mio popolo, ma come li sfamer? Devo restare qui? Devo portarli via? Ma dove Signore, dove, dove? Dimmi cosa fare! Io sono il Tuo servo, ma come posso servirTi, come devo servirTi! -BAMBINA: Lui ci ha scritto una prece in suffragio della sua anima. Non mi hai mai parlato dell'anima. -UOMO: E' un modo di dire addio. L'anima non esiste. -BAMBINA: La zia dice che esiste. -UOMO: C' chi crede nell'anima per vivere meglio. -BAMBINA: Tu ci credi? -UOMO: Io? A dire il vero non lo so. -UOMO: Se la verit qualcosa da scoprire con la ricerca della ragione, allora la ricerca deve essere libera e senza impatti di sorta. Ma, se la verit viene intesa come qualcosa che ti viene rivelata dall'alto, allora la verit non deve pi essere scoperta, ma soltanto illustrata e sviluppata. Non v' dubbio alcuno che la nostra prima guida, il nostro primo strumento di indagine, deve essere la ragione. -PRESENTATORE: Fra Bonaventura Di Bagnoreggio vuol parlare. Che parli. -BAGNOREGGIO: La ragione, convengo, ma illuminata dalla fede. Che cosa pu dirci da sola la ragione sulle verit rivelate? Sarebbe una ragione che ha fede solamente in se stessa. E con quale autorit la ragione si attribuisce questa totale fiducia? Usare solo la ragione vorrebbe dire erigerla a sovrana anche contro Dio. -DONNA: Siamo stati educati in una famiglia cattolica. Tuo padre era pi piccolo di te quando ha scoperto che molte cose si possono calcolare, misurare. E poi ha cominciato a pensarlo di ogni cosa e per ora rimasto di quest'idea. Certe volte, magari, non sar del tutto convinto, ma non lo vuole ammettere. Certo appare pi ragionevole il suo modo di vedere la vita, ma questo non significa che Dio non c'. Anche per tuo padre. Capisci? -BAMBINA: Non molto. -DONNA: Dio esiste. E' molto semplice, se ci si crede. -Fine della sheda, inizia la discussione. Vattimo: Beh, come vedete, in queste, in questi pezzetti

montati, anche senza una grande continuit, ci sono alcuni degli elementi intorno a cui gira il nostro discorso, il discorso generale sulla religione. Il primo episodio, per cos dire, mi sembra alluda ad Abramo, che , nella tradizione, la figura di colui che fa un'esperienza della fede come salto fuori dalla razionalit. Vi ricordate l'episodio di Abramo, nella Bibbia, a cui Dio chiede di sacrificare suo figlio e lui non sa bene: sacrificare il figlio non normale, neanche all'epoca. E quindi deve decidere se accettare, accogliere la voce di Dio che parla, assurdamente o no. E Abramo accoglie, accetta questo comando, ma poi, diciamo fortunatamente o comunque Dio decide all'ultimo momento di non fargli uccidere Isacco. Poi viene il discorso sull'anima, nel secondo pezzettino, che stato montato qui. Sembra che nella problematica della religione sia la problematica della nostra anima e forse della sua sopravvivenza. Io vorrei sottolineare che forse nella religiosit contemporanea anche la predicazione delle Chiese parla sempre meno della sopravvivenza nell'al di l, parla se mai della resurrezione eccetera, ma che l'idea di anima, anche se non, non abbiamo una immagine tanto chiara di che cosa succede, quando esce, esala, con l'ultimo respiro, dal corpo. E' molto importante perch come l'unit della nostra vita. E che cosa serve all'uomo guadagnare tutto, se si perde l'anima, vuol dire che cosa serve avere molte cose, se poi non c' un senso unitario della vita, se non sappiamo perch cavolo stiamo al mondo, eccetera, eccetera. E questo mi sembra abbastanza importante. Poi c' tutto il pezzo del filmato su San Tommaso d'Aquino e San Bonaventura da Bagnoreggio: fede e ragione e che si lega all'ultimo pezzettino, quando la mamma o la signora, forse la zia, che dice al bambino: "Tuo padre stato educato in una famiglia cattolica". Cio il rapporto tra fede e ragione, per noi, si pone anche sempre come una relazione con qualcosa che abbiamo ereditato e che ci sembra di mettere in dubbio. Credo che soprattutto alla vostra et noi vecchi ormai siamo convinti che non si pu far molto per liberarsi dall'eredit, anche perch per i vecchi le eredit sono sempre pi importanti, quelle che hanno ricevuto via via nella vita, quelle che si preparano a lasciare -, mentre per voi, pi giovani, sembra che si tratta di sbaraccare tutto quello che vi trasmesso in favore di qualche cosa, trovata principalmente con la vostra ragione, con quello che... . E qui sulla ragione, per lo dovete tenere presente, almeno per quanto riguarda la filosofia contemporanea, che sulla ragione non ci sono pi

tante convinzioni selvaggiamente sicure, assolutamente apodittiche. Anzi si parlato spesso nella filosofia, negli ultimi decenni, di Cristo e della ragione, io stesso ho inventato una filosofia, di cui sono quasi l'ultimo cultore, che si chiama: Il pensiero debole. Cio, diciamo, che nello sviluppo, attraverso, nelle scienze speciali, molteplici, per cui ogni scienziato sa un pezzettino, ma nessuno quasi pi sa tutto, l'idea di ragione si un po' frammentata ed diventata meno perentoria di come appariva una volta, quando si diceva: "O c' la fede o c' la ragione". Questo non vuol dire naturalmente che si debba saltare nella fede. Vuol dire semplicemente che anche la ragione non pi cos sicura di s come era, forse, ancora ai tempi del positivismo nell'Ottocento. E adesso voi che dite? STUDENTE: Se c', qual' il limite che separa la religione dalla filosofia? S, ci sono, ci sono state molte, molte vedute su questo punto. Io non posso che dire la mia opinione. Voi sapete che la filosofia non come la fisica: non ci sono dei manuali, ma ci sono tante filosofie, tre volte tra di loro contraddittorie. A me sembra di dover pensare che la filosofia sempre pi, soprattutto da quando non crede pi nella ragione globale, totale, che risolve tutto, si sente come un'erede della religione, come qualcosa che... . Ecco perch la faccenda della famiglia mi sembrava importante. S, vero che noi dobbiamo rimpostare i problemi con i nostri mezzi, ma non possiamo mai davvero pensare che veniamo dal niente, che cominciamo da zero. Quindi io vedo piuttosto, oggi, nella filosofia che professo, un rapporto con la religione, che chiamo di "secolarizzazione", cio quello che dico un'interpretazione, non pi tanto orientata al trascendente, di certi contenuti, che, per, vengono dalla religione. Chi ha pi ragione, insomma, i teologi o i filosofi? Questo il problema: se quello che io dico proviene dalla religione, per esempio dal Cristianesimo, pi vero quello che dico come filosofo o pi vero quello che mi dicono i parroci, in chiesa, quando vado? Questo non lo so, ma credo che sia importante riconoscere il rapporto tra filosofia e religione non tanto come alternativo, ma come di continuit, come qualche cosa che la filosofia qualcosa che ha delle radici, di cui non pu completamente, da cui non pu completamente separarsi. STUDENTE: Ma l'avvento del Cristianesimo come si inserito e in che modo ha modificato il pensiero

filosofico preesistente? Eh, questa una bella, una bella domanda, intorno a cui molta filosofia si interrogata, perch effettivamente lo schema pi corrente, forse pi giusto, che l'avvento del Cristianesimo ha introdotto nella cultura l'attenzione alla soggettivit libera. Sia in Hegel sia in Dilthey, sia in molti filosofi, che hanno costruito un'immagine della storia della filosofia, il Cristianesimo apparso come l'elemento di attenzione al soggetto, alla libert, all'individualit, alla specificit di ciascuno, eccetera. Questo, secondo me, abbastanza vero: la filosofia moderna improntata dal Cristianesimo, perch fa pi attenzione alla soggettivit e alla libert. Anche questo ci deve avvertire sulla, diciamo, sui rapporti profondi che ci sono tra filosofia e Cristianesimo, che non sono solo di alternativa. Senza il Cristianesimo pu darsi che la filosofia sarebbe rimasta una filosofia puramente naturalistica, dove noi eravamo un pezzo di un universo totalmente meccanizzato, retto da regole immutabili, eccetera, eccetera. STUDENTE: Professore, secondo Lei, le correnti orientali sono da definire pi filosofie o religioni? Anche qui, non credo che in Oriente sia esistita la filosofia come l'abbiamo conosciuta noi esattamente. Cio, filosofia, se diciamo filosofia in generale ogni visione complessiva del mondo, del senso dell'esistenza, eccetera, probabilmente troviamo anche delle filosofie orientali. Nella nostra storia per la filosofia stata spesso una disciplina coltivata in certe scuole, nelle universit, con delle sue regole. Allora forse difficile parlare di filosofia all'interno.., per credo che sia pi giusto non, come dire, non formalizzarsi sul significato effettivo di chi un filosofo e chi non , anche perch le origini della filosofia greca eran pi vicine a questi, a queste figure di maestri di saggezza. Diogene, che va in giro cercando l'uomo, non tanto dissimile dai filosofi, o dai, diciamo, dai santoni che ci immaginiamo e talvolta ci sono davvero, nella tradizione ind, per esempio: il maestro di saggezza, che vaga con i suoi discepoli, eccetera. Quindi in realt probabilmente non c' una gran differenza. Possiamo cercare di imparare anche dalle filosofie orientali, sebbene, appunto, non si presentino talvolta formalmente come filosofie. Questo, tra l'altro, questa vicinanza conferma un po' quello che dicevo prima, cio che tra religione e filosofia c' stata molto spesso lotta, proprio perch commerciano, insomma trafficano, con gli stessi temi. E allora questa vicinanza

pu essere riconosciuta non solo polemicamente, diciamo noi la verit o la dite voi -, ma in termini di scambio, di collaborazione, una tematica che oggi meriterebbe di essere ripresa. STUDENTE: Professore, senta, il Cristianesimo una religione pi razionale rispetto alle altre? Ma, non so che cosa dice il Cristianesimo di s. Certo, per esempio, il Cristianesimo medioevale, come quello rappresentato da San Tommaso, si presentava davvero come una religione, in cui la rivelazione divina coronava un cammino della ragione umana. A me sembra che il Cristianesimo sia pi razionale delle altre religioni, soprattutto per un punto, che per non quello su cui ha insistito tanto la tradizione, e cio che in essa Dio si fatto uomo. Ci che pi razionale, per dal punto di vista di quello che noi chiamiamo razionalit, proprio l'idea che, diciamo, l'essere non diviso in un al di qua e un al di l, tra cui ci sono rapporti di conflitto, comunque di esteriorit, ma dove il senso dell'esistenza di Dio quello di avvicinarsi a noi, in qualche modo, di farsi altro da s. In questo senso probabilmente noi potremmo sostenere che il Cristianesimo pi razionale di altre religioni. STUDENTESSA: Professore? Noi abbiamo visto che il Cristianesimo esiste nei suoi principi da circa duemila anni, invece per quanto riguarda la filosofia, questa continua ricerca ha visto l'avvicendarsi di grandi sistemi filosofici, che nascevano e morivano, in breve tempo oppure in tempo pi dilatato. E' segno di superiorit del Cristianesimo? Beh, sai, in fondo, forse ci che dura di per s non ha un titolo maggiore, non pu pretendere una maggiore verit. Ci sono dei pregiudizi che durano da cinquemila anni e non sono pi veri, n pi veri del Cristianesimo, n pi veri della filosofia. Quindi, no, credo che..., come dire, pur vero per che, nella mia prospettiva, le filosofie non si succedono in maniera casuale. Non dico che c' una legge di sviluppo delle filosofie, ma c' un rapporto tra interpretazioni personali, individuali o di gruppi di scuole filosofiche e una specie di storia reggente che continua, che un po' la storia biologica, intanto. E' vero che le filosofie vanno e vengono, ma il sistema digestivo funziona oggi come funzionava tremila anni fa, pi o meno, nell'uomo. Quindi ci sono maggiori o minori stabilit, che per non sono tra di loro alternative. Noi elaboriamo

interpretazioni personali, quindi anche filosofie sempre diverse, sullo sfondo di alcune continuit. Certe continuit sono di tipo fisico, biologico, eccetera, altre sono di tipo mitologico, religioso, nel senso che stanno come sfondo, sullo sfondo del quale, su cui, noi possiamo elaborare dei pensieri. Senza questi sfondi non elaboreremmo un accidente, probabilmente. Quindi il rapporto non cos strano. E' vero che, per me almeno, la filosofia dell'Occidente europeo, ormai anche la filosofia mondiale, sta in piedi perch c' uno sfondo di tradizioni mitologiche e religiose, che in qualche modo regge, se no, come dicevo prima, la stessa credenza nell'individualit della persona, eccetera, senza un supporto religioso, probabilmente non reggerebbe, non ci sarebbe nemmeno venuta in mente. E questa, e questo insieme di tessuto "tessuto" voi sapete, vuol dire anche "testo", o meglio "testo" vuol dire "tessuto" -, e i "testi" della nostra tradizione sono il "tessuto", sulla base di cui noi poi elaboriamo delle, delle immagini pi determinate, pi precise, pi localizzate, anche pi effimere. Ma insomma c', c', la storia c', in qualche modo, nonostante che sia difficile stabilire come c', e se ci determina . No, secondo me non ci determina, ma una continuit di domande e risposte. Noi, quando pensiamo, rispondiamo gi a degli appelli, a delle domande. E questo ecco il "tessuto" della storia. STUDENTE: Professore, da che cosa nasce la Vostra filosofia, che Lei ha definito de Il pensiero debole? E adesso qui, se mi fate partire su questo punto, io non garantisco niente, poi, dove si va a finire. Nasce cos, che, dunque, uno dei filosofi a cui io mi sono pi intensamente richiamato, qui di fronte a me, lo guardo negli occhi e mi ispiro. Se riusciamo a mostrarlo, va bene. Ed Federico Nietzsche, dietro di voi, incombe sulle vostre teste. Federico Nietzsche uno che ha, che ha descritto la storia delle idee dell'Occidente come nichilismo. Nichilismo vuol dire che, nello sviluppo del pensiero occidentale, filosofico, scientifico, anche religioso, si andati verso un progressivo consumo di ci che sembrava sicuro, certo, perentorio. Per esempio, se gli scienziati credono di descrivere oggettivamente il mondo, abbiamo una forma di pensiero. Ma se gli scienziati prendono atto che ci che loro ci dicono del mondo, solo il risultato di un esperimento montato artificialmente, per interrogare le cose. Diciamo la forza dell'idea di oggettivit della scienza, un po' indebolita, perch, s, vero che tu naturalmente

incontri il mondo fuori di te, quando fai un esperimento, per l'esperimento l'hai montato tu, hai fatto tu delle domande, hai previsto tu dei calcoli, quindi c'entra molto di pi - ecco qui Nietzsche - c'entra molto di pi, diciamo, la soggettivit. Prendiamo, per esempio, la storia delle istituzioni politiche nella modernit occidentale. Si passati dalle monarchie autoritarie, dispotiche, ereditarie a delle democrazie in cui ogni tanto i cittadini vengono consultati, devono dire: "La penso cos", "Non la penso cos", eccetera, "Preferisco questo o quello". Queste forme di potere democratico sono pi giuste, ma sicuramente pi deboli. Tant' vero che i Romani, quando c'era una guerra, nominavano un dittatore, mica consultavano tutti, dicevano: "Come dobbiamo fare con l'esercito, andare, venire". Cio, il passaggio dalle forme di potere tradizionale alle forme di potere moderno in qualche senso un indebolimento. Se voi avete sentito parlare della psicoanalisi - magari qualcuno di voi va gi dallo psicoanalista, si sdraia sul lettino, parla dei suoi affari, eccetera -, ma, diciamo comunque abbiate sentito parlare della psicoanalisi -, potete anche l mettere questa teoria sotto il segno dell'indebolimento. Perch? Perch gli psicoanalisti, pi o meno, molto brutalmente adesso riassunti, dicono: "Tu credi che l'evidenza che senti nella tua coscienza sia certa, assoluta, totale, "piuttosto di negare quest'idea mi lascio uccidere su questa piastrella" e invece loro mi dicono: "Ma guarda che la tua coscienza la superficie di una serie di movimenti che ti sfuggono: l'inconscio, qualche ricordo infantile, rimosso che ritorna.". Cio anche il soggetto moderno, che pure stato appunto scoperto, in qualche modo, come dicevamo prima, dal Cristianesimo, poi si scopre, a sua volta, non pienamente padrone di s. Lo stesso, possiamo dire, un indebolimento della soggettivit. Allora il pensiero debole consiste nella proposta di interpretare la storia. Con Heidegger io dico la "storia dell'essere" - Heidegger un altro filosofo tedesco, da cui mi sono lasciato corrompere, insomma -, con Heidegger io dico che la storia dell'essere se ha un senso uno storia di indebolimento, cio di alleggerimento delle strutture che credevamo forti: l'essere, la soggettivit, il potere, eccetera, in un senso di minore perentoriet. E questo a me sembra anche l'unico senso possibile, sulla base del quale possiamo prendere delle decisioni. Meno perentoriet, meno violenza. STUDENTE: Volevo domandare se la fede un qualcosa che viene dall'animo oppure il frutto di riflessioni e quindi viene dalla ragione;

sinceramente, io credo nell'anima. Ma sa la fede difficile. La fede viene da risposte, anche ragionate, a delle domande che non provengono da noi. In questo senso si pu dire che la fede una questione di grazia. La grazia qualche cosa data gratis. Forse per tutto il pensiero questione di grazia. Cio, se io penso, diciamo, a come funziona, alla riflessione, anche filosofica, non solo in me, ovviamente in merito, perch questa l'esperienza pi vicina che ho, ma nella gente, nei filosofi che conosco li vedo sempre come rispondere a delle domande, a delle esigenze, eccetera, con cui si sono trovati a fare i conti, possiamo dire per grazia, in un senso molto generale, cio non per loro iniziativa. Quindi in qualche modo non vedo una grande differenza tra il pensare e il credere. Il pensare sempre una risposta ad una domanda che proviene, che proviene da qualche parte e spesso questa provenienza talmente remota, radicata, per esempio nella Bibbia, nei testi della religione, che si pu chiamare provenienza, come grazia insomma. Ma noi non pensiamo mai, non facciamo mai: o pensiamo o crediamo. In realt quando pensiamo, ci fondiamo su degli elementi ricevuti, accettati, accolti. STUDENTE: Allora, cio, Lei intende la fede come un'idea innata in noi? E' vero, lei poi ha ragione se mi stuzzica su questo, perch io non vedo una gran differenza tra pensare e credere. E quindi voi potete dire: ma come, ci sono i pensatori e ci sono i credenti. I santi sono piuttosto dei credenti e i filosofi spesso non sono santi. Mah, io questa differenza non riesco a immaginarla, perch non riesco a immaginare un pensiero che nasca da elementi puramente autonomi e non riesco a immaginare dall'altra parte una fede che sia solo uno stare l come degli allocchi a guardare ci che non contempliamo e non ne sappiamo nulla. Sempre il pensiero un dialogo, comporta, pi o meno, elementi di grazia, e pi o meno elementi di iniziativa. Ma l'iniziativa sempre, in noi, iniziativa iniziata. Se vuole, questo gi un modo di vedere il pensiero come un fatto religiosamente aperto, devo dire. STUDENTE: No, per tornare al problema dell'indebolimento, Lei non crede che il fatto che l'uomo moderno sappia di avere tutta questa serie di debolezze, cos come ce l'aveva anche l'uomo che non sapeva di averle nel passato, sia comunque un

punto di forza? Cio, se io so di avere dei punti deboli, posso anche cercare di risolverli, diciamo, mentre invece, se io credo di avere dei punti fermi, delle convinzioni radicali invece, posso continuare a sbagliare, senza saperlo. S, s certo, questo pu darsi sia anche un punto di forza, per non possiamo metterlo in termini cos statici? Quando io parlo di indebolimento parlo soprattutto di un senso della storia dell'umanit, perch, che senso avrebbe la storia dell'umanit? Mettiamo: c' chi l'ha pensata come una crescita progressiva verso un punto. Ma per pensarla come una crescita progressiva verso un punto, bisogna avere in mente che razza di punto vogliamo raggiungere. Allora, la perfezione umana che diede origine all'idea della storia come l'abbiamo ereditata dal passato, rischia sempre di essere una concezione ideologica. Gli Europei dell'Ottocento hanno a lungo pensato che loro erano il meglio dell'umanit raggiungibile e che tutti gli altri stavano dirigendosi verso quella, quella forma. Quindi ci sono molte, dicevo, ci sono molte ragioni per non credere pi tanto all'idea della storia come ascesa verso una perfezione. Quello che invece mi sembra importante nell'idea dell'indebolimento , non che se riconosco le mie debolezze, cos metto rimedio, ma, se riconosco il senso della storia come diminuzione, riesco a progettare una moralit meno violenta. Io preferisco l'idea dell'indebolimento, non perch cos, sapendo le debolezze, mi rafforzo, ma perch, sapendo che l'unico senso verosimile della storia il divenire meno rigidi - il che succede anche con Dio nella tradizione cristiana, perch Dio si fa uomo, cio si abbassa, scende, non che se ne sta sempre l, sul suo trono -, ebbene, se penso cos, ho, come dire, un orientamento etico, che quello che mi appare pi umanamente accettabile, quello della diminuzione della violenza nei rapporti interpersonali, in rapporto con la natura, eccetera, eccetera. Ci sono, diciamo, queste ragioni per preferire l'idea di indebolimento. Tuttavia, non necessariamente, chi crede nell'indebolimento come senso della storia, uno che si lascia andare. Anzi, si potrebbe dire, per essere deboli bisogna, per diventare deboli bisogna essere fortissimi. Per non dare uno schiaffo a uno che mi d uno schiaffo, devo trattenermi. La prima cosa naturale che mi viene di lasciargli andare una sberlona il doppio potente della sua. Quindi non sempre il debolista un debolone, per cos dire.

STUDENTESSA: Perch ha scelto di essere ateo? Ma, due risposte. Non ho scelto di essere ateo, lo sono di natura. Secondo: probabilmente non sono affatto ateo. Ho scritto un libricino, intitolato Credere di credere, dove la questione della fede affrontata nel senso che conferisce al termine "credere" un peso minore che al termine "sapere". A me non sembra di essere ateo. L'unico senso in cui posso parlare di ateismo quello che si esprime in quel detto popolare: "Grazie a Dio sono ateo", nel senso che, grazie al Cristianesimo, non credo pi a tante religioni superstiziose, compreso gli elementi superstiziosi eventualmente ancora presenti nel Cristianesimo. Ma questo solo perch Ges Cristo me ne ha liberato. STUDENTESSA: Ma quindi qual' la Sua definizione di ateo? Beh, appunto, ateo uno che non crede assolutamente ad una provenienza della propria vita da una realt trascendente. In questo senso io non sono ateo. Sono ateo nel senso che non credo alle divinit pensate naturalmente. Il Dio non qualcosa di naturalmente..., non il Dio dei filosofi, Dio. E' il Dio della o delle rivelazioni mitico-religiose, rispetto a cui noi ci articoliamo, pensiamo anche, interpretiamo, lasciando da parte certe cose e accentuandone certe altre. Ges Cristo stesso interpretava l'Antico Testamento, quello che Lui chiamava l'Antico Testamento o che i cristiani chiamano l'Antico Testamento, togliendone alcune cose e accentuandone altre. E ha dato alla chiesa il compito di reinterpretare quello che lui aveva detto, capendolo sempre meglio. Io, che cerco di interpretare l'eredit cristiana in termini non pi superstiziosi, non pi naturalistici, non mi cavo l'occhio, per esempio, anche se un po' mi scandalizzo ogni tanto, cerco magari di metterci una benda nera. Se no, lo strappo e lo butto via, per esempio. Io mi sento molto profondamente cristiano e in questo senso per anche ateo, cio nemico degli dei falsi e bugiardi della, della tradizione naturalistica in qualche modo, del dio punitore, giudice, che parla col fulmine, di cui non si sa mai bene cosa pensa, bisogna, poi bisogna sacrificare capre e vitelli, eccetera. STUDENTE: Ritornando al discorso di prima per cui c' continuit tra religione e filosofia, a questo punto Cristo pu essere considerato filosofo?

Ma sa, dipende. Lui certo non..., s la sua vita, la sua vita di maestro itinerante, per esempio, corrisponde abbastanza alla figura di certi filosofi tardo-antichi. E quindi, sotto questo aspetto, potrebbe anche essere chiamato un filosofo. Non so se i filosofi, come dire, si riconoscono tanto nella figura di Cristo, anche perch di filosofi resuscitati non ce n' nessuno. Io spero naturalmente di essere il primo, ma non sono cos sicuro che succeder. Poi, voglio dire, il tipo di insegnamento di Ges un tipo di insegnamento che ha pi il tono della religione. Primo, perch lui insegnava nella Sinagoga, era un maestro di religione, pi che di filosofia. E, d'altra parte, forse non poi un grande complimento dare del filosofo a Ges Cristo, quindi bisognerebbe anche sentire che cosa lui ne pensa. S, conclusivamente, vero che il modo di insegnare di Ges, che faceva dei discepoli e diceva delle cose che riguardavano il senso della vita, somiglia a quello di certi filosofi dalla saggezza tardoantica. Non so fino a che punto sarebbe utile comunque confondere il lavoro filosofico con l'insegnamento religioso di Ges Cristo, quindi, sebbene non sia una grave mancanza chiamarlo filosofo, non mi pare che ne venga poi gran che, insomma, non ne ricaviamo troppo. Dipende sempre da dove vogliamo arrivare. STUDENTE: Perch il punto che non pu essere una spiegazione il fatto che Cristo abbia divulgato il suo insegnamento presso il popolo, presso la massa. In questo modo il Cristianesimo ha attecchito in particolar modo sulla popolazione ed durato nel tempo, come abbiamo detto prima, mentre invece le correnti religiose, in un modo o nell'altro, sono morte, in quanto, in un primo tempo, sempre praticate dai ceti aristocratici e comunque viste dalla massa come qualcosa di irraggiungibile, di inarrivabile. S, lei quindi direbbe che il senso della sua domanda sarebbe: eh, gi, Cristo forse non era un filosofo proprio perch predicava alle masse, mentre la filosofia si sempre trasmessa tradizionalmente in circoli pi ristretti. S questa una differenza, che forse meriterebbe di essere superata, nel senso che la filosofia ha sempre per preteso anch'essa di parlare all'uomo in generale. E per pure circostanze contingenti forse non ce l'ha mai fatta. Credo che oggi, per esempio, con dei filosofi che parlano alla televisione, con delle classi di liceo, ci avviciniamo ad un rapporto pi articolato tra la filosofia, tra insegnamento

filosofico e popolarit, ma non possiamo mai prescindere troppo dalla tradizione da cui proveniamo. Tradizionalmente la filosofia stata una cosa e la religione un'altra. Oggi, pu darsi, che questi rapporti debbano essere un po' rimescolati. STUDENTESSA: Da questo dibattito non sono riuscita a comprendere una cosa. Cio se Lei ritiene che filosofia e religione abbiano le stesse, nascano dalle stesse istanze, cio se siano pi o meno la stessa cosa, o comunque abbiano un'origine comune. S, devo dire, lei mette il dito sulla piaga, nel senso che io sono profondamente convinto che filosofia e religione hanno un'origine comune e riguardano le stesse istanze, e che la loro distinzione, come dicevo poco fa, debba essere un po' rimescolata e ripensata, nel senso che, nella tradizione moderna soprattutto, si sono presentate spesso come due forme di pensiero antagonista. Il che risale anche abbastanza indietro, nel senso che i filosofi hanno preteso di essere dei maestri diversi dai poeti o dai mitologi, eccetera. Quest'epoca a me sembra finita. Mi sembra che l'epoca insomma della contrapposizione radicale tra filosofia e religione mi sembra finita, dal momento in cui non pi cos chiaro che l'essere fatto di strutture eterne, stabili, che il pensiero conoscerebbe nelle sue proposizioni razionali e definitive, e invece la religione sarebbe una storia di eventi, di miti, di parole rivelate, eccetera. A me pare che questi due mondi, oggi, non sono pi cos estranei tra di loro. Non so molto pi di questo. Cio ritengo soltanto che, da una quantit di buone ragioni, presenti nella cultura contemporanea, sia comune sia filosofica, che racconto un po' nel mio libro - faccio un po' di pubblicit, ma solo per abbreviare quello che dico qui -, da tutti questi elementi venga fuori l'esigenza di ripensare la relazione tra filosofia, e religione. Non perch abbiano ragione i teologi e torto i filosofi o viceversa, ma perch, come dire, si arricchiscono reciprocamente se riconoscono la connessione. STUDENTE: Professore, senta, secondo Lei, tutti quelli che si definiscono atei, hanno la Sua opinione di ateismo, cio che non credono in un mondo trascendente, oppure ne hanno un'altra, cio che hanno sfiducia appunto nella chiesa, che si occupa sempre pi di problemi terreni che di fede. Beh, questo naturalmente bisogna chiederlo a questi atei

qui. Io sono per, appunto, convinto abbastanza che molta dell'irreligiosit dipende dalla sfiducia nei modi storici in cui la religione si concretata. Io stesso, se vado poco in chiesa, non perch non credo in Dio o soprattutto perch non ami Ges Cristo - mi molto pi simpatico di tante altre figure nella nostra storia -, ma perch certe volte mi sento dire delle cose che mi fanno rabbrividire, mi fanno rizzare i capelli sulla testa. E allora il mio parroco potrebbe dire: "Giusto, quello che ti fa rizzare i capelli sulla testa, la verit, perch Dio trascendente, quindi cosa credi?". No, Dio trascendente, ma devo pensarlo come un essere razionale, non come un bizzarro zio, di cui non so mai bene cosa vuole. E quindi se cerco di rifiutare che Dio mi dica delle assurdit, mi sembra di fare un complimento a Dio, non mi sembra di essere un ribelle. Nel Cristianesimo ci sono i principi per criticare le superstizioni, le tante superstizioni, che ancora incrostano anche forse la predicazione ufficiale della religione. STUDENTESSA: Professore, senta, c' qualche aspetto nel Suo pensiero debole che non risulti, che sia eclettico? Eclettico vuol dire che raccoglie un po' da per tutto. Ora purtroppo mi piacerebbe che fosse completamente eclettico, ma c' un sacco di cose della filosofia contemporanea che non mi piacciono, che non raccolgo, che non... . Io lo trovo il pensiero debole uno sviluppo o un'involuzione - chiamiamolo come volete -, ma dentro una certa linea, che la linea del pensiero antimetafisico, di Nietzsche e di Heidegger, che recupera, per esempio, certi elementi della tradizione hegeliana, perch io sono alquanto storicista anche, se vogliamo dire. Cio per argomentare in filosofia traggo gli unici possibili argomenti dall'esperienza storica da cui provengo. Se lei mi domanda: ma perch pensa cos? Io dico: ma lei ha letto 'a', 'b', 'c', 'd'? E se ha letto questo e questo, come pu pensare diversamente da cos? Questi non sono argomenti di evidenza naturale, sono argomenti storici, di tramandamento del pensiero, di cultura. Io credo che si pu argomentare seriamente solo cos, perch se vogliamo invece dire: guardi, le faccio vedere qui che l'essere cos e cos, temo, spero che nessuno pensi pi davvero di poter mostrare col dito la vera struttura dell'essere. Capisce cosa voglio dire? Quindi in un certo senso raccolgo, soprattutto ascolto e rispondo ad una tradizione, per questa tradizione non la tradizione in generale, una determinata tradizione dentro cui mi sono trovato

coinvolto di pi e che, anche forse perch mi ci sono trovato coinvolto, mi sembra pi ragionevole, pi proponibile di altre. STUDENTE: Professore, premettendo che io sono cattolico e quindi credente, io penso, sotto sotto, penso che la religione non sia altro che un qualcosa a cui aggrapparsi, quando ci si pone delle domande tipo: "Che c' oltre l'universo? Che c' prima, che c' stato prima dell'umanit, del momento dell'uomo sulla terra?". Cio Lei che pensa? Lei d'accordo con me? S, sono convinto anch'io che, diciamo, le ragioni per pensare alla religione sono legate al problema del senso della nostra vita, anche alla domanda: se questa vita abbia un senso oltre i limiti della morte. Forse dobbiamo accettare - anche sulla base della predicazione della religione -, che la nostra vita oltre la morte sia profondamente diversa da quella che viviamo individualmente. Le grandi religioni, anche orientali, sono, diciamo, sono d'accordo nel pensare una sorta di sopravvivenza di tipo un po' meno individualistico. Anche se oggi ormai... . Il film Contact - che circola adesso, che io ho trovato molto commovente, perch avevo gi letto il libro, che era stato scritto da un astro-fisico accademico molti anni fa -, giustamente dice: beh, il posto per le anime, dopo la morte c', nel senso che l'universo con tutte le galassie, sottogalassie..., quindi non che come individui non potremmo avere ciascuno una sua piccola fattoria in qualche zona della galassia -, per possiamo anche immaginare che una sopravvivenza di qualche tipo accada, anche senza una stretta individualit, sebbene, appunto, il dogma cattolico sia piuttosto individualistico e io ci sono abbastanza affezionato. L'idea di risorgere, solo sotto forma di aria che respirano tutti, magari non mi interessa gran che. Per non ne so molto. Penso che qualche cosa di questo genere si pu tenere presente. ma come diceva il nostro filmato iniziale anche un modo di vivere meglio credere all'anima e alla sua possibile sopravvivenza. Non dico che allora siccome vantaggioso, allora crediamolo. Per noi, per dare un senso alla nostra storia, dobbiamo pensare che non sia terminabile con una specie di casualit, un mattone che cade e patapaf e basta. Allora tutto perde senso. Quindi la nostra progettualit si stende oltre i limiti della morte fisica. Che cosa ci sia di l, la filosofia non lo dice, la religione lo dice in immagini molto mitologiche e per legittimo pensarci.

Io credo che potremmo qui introdurre un filmato di un'intervista di Ionesco, un grande scrittore rumeno, morto da qualche anno, che allude un po' a queste cose, mi sembra anche un'ottima conclusione per il nostro dialogo. -Si visiona il filmato di Ionesco: INTERVISTATORE: Io credo che durante tutta la Sua vita, Lei abbia sempre cercato con il Suo linguaggio, Lei abbia seguito coerentemente la strada che la vita Le ha proposto. IONESCO: Spero che quello che ho fatto non abbia irritato il cielo, ma non ne sono per niente sicuro. Credo di avere perduto il mio tempo. Ma c' comunque, dico delle banalit, ma le banalit nascondono spesso delle verit, c' forse una consolazione nel dirsi che la realt irreale, perch tutto passa, tutto se ne va, non resta pi niente. E' per questo che irreale. E sono, come lo sono alcuni, come lo era il mio amico Eliade, morto poco tempo fa, alla ricerca di un punto fisso e immutabile, alla ricerca del sacro. Il sacro l'imputrescibile, ci che fondamentale e che rimane, tutto il resto sparisce ed la nostra tristezza, forse, ma soprattutto la nostra consolazione. -Fine del filmato. Beh, dopo questo appunto io non penso che si possano dare delle conclusioni. Forse, in quello che ha detto Ionescu, la cosa che mi piace di pi l'idea che ci che rimane molto poco. Quando io predico l'indebolimento, che non voglio, non voglio offrirvi come soluzione religiosa, universale, penso anche all'idea che, se ci possiamo salvare, solo nella misura in cui ci alleggeriamo molto. Chi si porta dietro troppe cose, come ha predicato la tradizione scettica, non solo cristiana, ma anche laica, difficilmente si salva. Si slava il nocciolo. "Il Regno dei Cieli - dice una pagina del Vangelo - simile a un uomo, a un mercante, che va cercando belle perle. Trovatane una particolarmente preziosa, vende tutto il suo e se la procura". Credo che questo faccia parte della problematica religiosa nel senso pi stretto: costruire la vita intorno ad un nocciolo, per riconoscere il quale dobbiamo lasciar fuori moltissima roba, che ci disturba, ci confonde e rende oscura e farraginosa la nostra esistenza.

Potrebbero piacerti anche