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L.B.G. IMPRENDITORI GIOVANI E VECCHI: POLITICA GIOVANE E VECCHIA Anna Gerometta ZONA CESARINI: LA REGIONE, LA QUALIT DELLARIA E LA PARTECIPAZIONE Umberto Vascelli Vallara LA RELAZIONE PAESAGGISTICA, UN INDISPENSABILE DIARIO DI BORDO
Giacomo Selmi e Antonio Sileo MILANO SMART CITY, TUTTO DA DIMOSTRARE Rita Bramante MARTINI: EULABEIA, PRENDERE BENE TUTTE LE COSE Guido Martinotti
PROLEGOMENI A OGNI FUTURA DEFINIZIONE DI AREA METROPOLITANA /1
Giuseppe Ucciero MARCHIONNE, RENZI, I SE E I MA Fiorello Cortiana CALCHI TAEGGI: COSTRUIRE SUI RIFIUTI Valentino Ballabio SELEZIONE, COOPTAZIONE, ROTTAMAZIONE Gianni Zenoni SAN CARPOFORO ANGOLO MADONNINA: ANDIAMO AVANTI? Giorgio Ragazzi AMBIENTE: COME LA REGIONE CI TARTASSA PER FIGURARE PRIMA DELLA CLASSE B. Ambrosi, F. Robbiati, L. Campoli DAGLI U.S.A. A MILANO: ALCUNI ASPETTI DI SANIT
VIDEO GIORGIO GORI: MATTEO RENZI TRA WEB E CAMPER COLONNA SONORA LA PREGHIERA DI DANTE canta Loreena Mckennitt
Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia www.arcipelagomilano.org
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gno che dovrebbe consentire loro di recepire e veicolare analisi specifiche competenti. Inoltre, i rigidi settori individuati per gli interventi, non paiono esaustivi delle problematiche che laria lombarda presenta e che richiederebbero di essere affrontate a monte per ottenere una pianificazione realmente efficace a proteggere la salute dei cittadini. Tanto per fare un accenno ad alcune di esse: 1) Trasparenza dellattivit amministrativa (e spese). Lattivit regionale in materia ben lungi dallessere trasparente e condivisa con il pubblico mentre dovrebbe esserlo in maniera sistematica e rigorosa. Un esempio: Regione Lombardia attualmente impegnata in una attivit di lobby a livello comunitario che, nellambito della revisione della Direttiva 2008/50/CE, chiede allEuropa di ridurre i livelli di tutela legislativamente previsti per i propri cittadini. I lombardi lo sanno? Vogliono che i soldi della regione e il lavoro dei funzionari da essi pagati siano impiegati cos? 2) Informazione al pubblico (e spese). Regione Lombardia influisce pesantemente su impostazione e diffusione delle informazioni sanitarie in materia di inquinamento atmosferico. Vari recenti casi hanno dimostrato che il Governo Regionale impegnato a controllare e ridurre il flusso delle informazioni sullimpatto dellinquinamento atmosferico sulla salute, invece che stimolarne la libera circolazione che viceversa favorirebbe la consapevolezza dei cittadini e quindi ladesione alle politiche. Un esempio per tutti. Il 7 rapporto del Centro Comune di Ispra sullinquinamento atmosferico conte-
nente pesanti conclusioni sullimpatto sanitario dellinquinamento in Lombardia stato reso accessibile da Regione Lombardia, con mesi di ritardo, solo il giorno successivo le ultime elezioni amministrative e integrato, su richiesta regionale, da un documento epidemiologico anonimo aggiuntivo (chi lha scritto e quanto lo hanno pagato?) inteso a ridimensionare le conclusioni degli scienziati europei. 3) Informazione e educazione (e spese). Ognuno dei settori di intervento necessita per poter portare a casa dei risultati il coinvolgimento attivo e informato dei cittadini. Negli ultimi anni abbiamo visto strepitose campagne regionali su tarlo asiatico ma nessun impegno nel mettere in opera campagne informative senza le quali difficile ottenere successo e condivisione delle politiche. Se linquinamento atmosferico materia di emergenza regionale, una quota percentuale del bilancio regionale dovrebbe essere destinata allinformazione dei cittadini, dai piccoli ai grandi. 4) ARPA Lombardia, che raccoglie i dati sullinquinamento che sono, in definitiva, la cartina tornasole dei successi (o dei fallimenti) delle politiche regionali, istituzionalmente sotto il tacco regionale. Tipico esempio di controllato che governa il controllore. La struttura di ARPA Lombardia, almeno per ci che concerne la funzione collegata alla lotta allinquinamento atmosferico, deve essere resa indipendente e terza rispetto lamministrazione regionale coinvolgendo centri universitari e associazioni ambientaliste. 5) Il monitoraggio dellimpatto delle misure la base della pianificazio-
ne, secondo quanto prescritto dalla Direttiva 2008/50/CE, ed ci che permette al piano di essere via via aggiornato in funzione delle sue carenze. In difetto, la programmazione priva di significato. Nei documenti di scoping e rapporto ambientale preliminare predisposti da Regione Lombardia manca ogni monitoraggio degli effetti delle misure oggi in vigore. 6) La valutazione degli scenari alternativi un punto centrale della pianificazione. Nei documenti regionali predisposti gli scenari alternativi a titolo esemplificativo in materia di mobilit sono totalmente inesistenti. 7) Il tema dellimpatto dellinquinamento sulla salute oltre che del costo che grava sulla popolazione e sulla pubblica amministrazione per effetto del medesimo oggi praticamente ignorato mentre deve costituire un punto di riferimento e analisi delle misure e dei loro costi. 8) Misure urgenti e a breve termine. Il territorio lombardo ha, soprattutto durante il periodo invernale, livelli di inquinamento cos alti da rendere indispensabile la pianificazione ex ante di misure a breve termine che possano ridurre lesposizione della popolazione agli inquinanti. 9) Impatto cumulativo. La valutazione dellimpatto cumulativo - in termini di carico aggiuntivo di inquinamento atmosferico - deve diventare la base di analisi e decisione di qualunque nuova struttura, impianto, pianificazione che sia nella sfera di azione regionale. Quali ulteriori contributi nei singoli settori possono essere oggetto di partecipazione in 5 minuti? .
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il quadro complessivo del territorio tutelato con singoli provvedimenti, spesso promossi su segnalazione locale per sventare trasformazioni devastanti per lassetto paesaggistico, riguardava molto spesso limitate estensioni territoriali, configurando un quadro di tutela a macchia di leopardo molto criticato da chi riteneva che si dovesse procedere con modalit sistematiche allindividuazione di unit paesaggistiche di rilevanza territoriale. Questa considerazione nel 1985 ha aperto la strada al metodo Galasso di individuazione automatica (da subito in forza della legge) di fasce di tutela di grande estensione legate ai principali sistemi geografici di caratterizzazione paesaggistica quali fiumi, coste dei laghi ecc. Qualcuno disse che si passava dalla distribuzione a macchia di leopardo a quella a strisce di zebra. Era unindividuazione automatica che avrebbe dovuto razionalmente essere ridefinita con la pianificazione paesistica (cos si chiamava allora). Alleffetto positivo di avviare per tutte le regioni una stagione di pianificazione del paesaggio, pi o meno lunga, si accompagnato leffetto moltiplicativo dellestensione del territorio vincolato (5 volte) e conseguentemente del numero di pratiche di autorizzazione (circa 30.000 allanno in Lombardia). La regione ha cercato di distribuire questo rilevante onere attribuendo a Comuni, Province e Parchi la competenza a rilasciare autorizzazioni paesaggistiche; il maggior numero dei soggetti istituzionali coinvolti poteva comportare una significativa contrazione dei tempi burocratici, ma con effetti spesso non positivi per il paesaggio. Il recente Codice dei beni culturali e del paesaggio (2004) che ha sostituito la legge del 1939, per porre rimedio a questo scadimento ha ritenuto che le Soprintendenze potessero effettuare una qualificata valutazione delle pratiche di autorizzazione paesaggistica che Comuni e Province destinatari della delega regionale devono farle pervenire in attesa di ricevere pareri vincolanti ai quali attenersi nel rilascio delle autorizzazioni di loro competenza. Il percorso macchinoso e inoltre lonere posto a carico della Soprintendenze veramente eccessivo per strutture che, particolarmente in Lombardia, dispongono di un organico perennemente sottodimensionato. Spes-
so vengono superati i tempi assegnati alla Soprintendenza per comunicare il parere vincolante e, in tal caso, le competenze al rilascio delle autorizzazioni tornano in capo agli enti locali. Se lelevato numero di pratiche rappresenta una condizione negativa per una sollecita attivit degli organi di controllo, questa ancor pi fortemente condizionata dalla scarsa qualit dei progetti e dalla loro inadeguata presentazione; il confronto con un tema complesso e rilevante come il paesaggio pu costituire per i progettisti un impegno che non sempre riescono ad affrontare convenientemente. Per farsi unidea basta osservare paesaggi urbani ed extra urbani per constatare come la maggior parte degli interventi si sovrapponga al contesto con indifferenza senza nessuna intenzione di contribuire alla valorizzazione della sua qualit paesaggistica, come richiede la Convenzione Europea del Paesaggio. Lo Stato e la Regione hanno formulato indirizzi per orientare il progettista nel percorso di analisi conoscitiva del contesto paesaggistico e nella conseguente definizione delle condizioni di compatibilit allinterno delle quali possibile formulare la proposta progettuale. Ovviamente questo non prefigura un meccanismo rigidamente deterministico basato su norme dettagliatamente precettive, a rischio di diffusione di morfologie stereotipate, mimetiche, o ispirate a modelli vernacolari responsabile della banalizzazione paesaggistica locale. Se il percorso di valutazione del contesto e lesposizione delle ragioni del progetto dintervento fossero ben analizzate nella relazione paesaggistica che accompagna obbligatoriamente la richiesta di autorizzazione, come se si trattasse di un diario di bordo del progetto, listruttoria degli organi preposti sarebbe pi spedita e conseguentemente i tempi pi brevi. Questa indubbiamente una formula che fa carico al progettista di costruire le condizioni per una corsia preferenziale nella valutazione del progetto, ma non sembra che al momento se ne profilino altre. Questa oltretutto presenta qualche altro vantaggio: occorre tenere conto che la proposta del progettista fortemente condizionata dalle richieste del committente raramente illuminato, la prefigurazione del percorso valutativo corretto permette al pro-
gettista di disporre di argomenti in difesa del proprio progetto premiando il committente con i tempi brevi per il rilascio dellautorizzazione e la garanzia di superare eventuali opposizioni che fossero sollevate nel corso di realizzazione delle opere. Tuttavia altre possibilit potrebbero presentarsi prossimamente. Il giorno 16 luglio la regione Lombardia ha organizzato un incontro tra i rappresentati del Ministero dei Beni e delle Attivit culturali (Ministro e Direttore generale) e rappresentanti di alcune regioni. Anche in questa occasione tra i temi trattati stata data particolare attenzione alle procedure autorizzative. Al fine di apportare qualche semplificazione stato deciso di programmare a Roma incontri congiunti per individuare livelli di intervento di minore impatto da sottrarre a percorsi procedurali complessi. A fronte di consimili iniziative occorre tenere sempre alta la guardia. Il paesaggio un bene collettivo che deve essere salvaguardato. Lo si ripete spesso, ma non deve essere un mantra ipnotico. Si ricordi che procedure semplificate non pu significare lasciare correre nelle fasi di controllo, questo ha generato progetti di grande impatto non sufficientemente valutati per le ricadute sul territorio e inoltre bene far tesoro dellosservazione nel tempo che ci insegna che le grandi trasformazioni dellimmagine dei paesaggi sono dovute allattuazione di piccoli interventi, che proprio perch di presunta lieve entit non sono stati adeguatamente considerati come sistematica aggressione del territorio. Rimane da sperare nel disegno legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo che pone un limite al tetto dei terreni agricoli convertiti in aree edificabili, inserisce il divieto di mutamento di destinazione per quelli che hanno ricevuto un aiuto dallUnione europea, e chiede labrogazione della normativa che concede luso degli oneri di urbanizzazione per il finanziamento delle spese correnti, presentato il 24 luglio dal Ministro Catania in una conferenza dal significativo titolo Costruire il futuro: difendere lagricoltura dalla cementificazione.
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felice accostamento per un raccordo con il tema delle nuove tecnologie. Infatti, di pari passo con la diffusione della motorizzazione privata, lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione ha dato una spinta decisiva alla formazione della nuova citt. Da un lato cambiando l'organizzazione del lavoro che si deistituzionalizza e distribuisce nello spazio, secondo un modello, ormai largamente noto, che va sotto il nome di economia post-fordista. Dall'altro per i cambiamenti indotti dalle "macchine per l'abitare": in parte si trattato di un processo simile a ci che avvenuto in fabbrica, con l'avvento di macchine time and labour saving, cio strumenti che servono a far risparmiare lavoro e tempo, soprattutto alle donne. Ora per questo tempo viene impiegato da beni time consuming, tutte quelle macchine che servono a consumare il tempo liberato e di cui noi ci riempiamo progressivamente la casa. Primo tra tutte il pi grande mangiatore di tempo che la televisione, ma anche lalta fedelt, le macchine fotografiche e il calcolatore e cos via. Le abitazioni diventano pi comode, ma contemporaneamente richiedono pi spazio e a parit di reddito lo spazio maggiore si trova pi lontano dai centri tradizionali. Cos una nuova citt, indistinta, confusa, temuta e poco conosciuta, cresce attorno al nucleo tradizionale delle citt industriali, sintrufola negli interstizi lasciati liberi dalla deindustrializzazione, li penetra (Zwischenstadt, la citt nel mezzo, che io chiamo la cittoltre) e li modifica, esattamente come circa mille anni orsono la citt medievale sorta attorno ai castelli feudali in disuso, li ha inglobati e vi si sostituita dando vita alle citt che rappresentano il modello urbano europeo originale, che oggi deve fronteggiare la nuova citt diffusa, disordinata e disarmonica ma "scoppiettante di energia". Va da s che questo scoppiettio costoso, tra laltro, proprio in termini di consumo energetico. E, ancora una volta, la nuova struttura sociale non irrilevante per la morfologia fisica: se si guarda larea di Milano si pu vedere che larea metropolitana non affatto una pi grande Milano, ma una nuova struttura urbana in forte interazione funzionale con la tradizionale citt comunale. 2) Pertanto dire citt metropolitana analiticamente sbagliato e indica il fatto che chi ha elaborato questo termine non era al corrente della vasta letteratura che a partire dagli anni 20 del secolo scorso. Il men-
tecatto burocrate, come lo chiama De Finetti, uccide lelaborazione teorica, anche quella internazionalmente consolidata. Possiamo naturalmente liberarci del problema con una scrollatina di spalle: al fondo si tratta solo di parole, basta intendersi. Ma le parole hanno un peso che va di l dalle nostre intenzioni, e nellArcipelagoMilano di settimana scorsa sollevavo proprio il problema delluso smodato delle parole con argomentazioni che non sto a riprender qui, ma che sono molto calzanti per questo tema. In particolare si dovrebbe stare particolarmente attenti per una procedura che anno dopo anno ha accumulato una quasi inaudita mole dinsuccessi (costosi). Alla radice degli insuccessi sta la profonda e colpevole ignoranza dimostrata dalla cultura pubblica italiana in un periodo cruciale delle trasformazioni insediative nel nostro paese. Negli anni in cui la trasformazione metropolitana si mangiava il territorio di mezzo paese e le citt venivano dissolte nelle terre sconfinate del periurbano, la cultura pubblica di questo paese si baloccava con lidea balzana di un ritorno alla campagna. Mentre le grandi trasformazioni urbane investivano la societ italiana con diverse successive ondate, nel grande ciclo di espansione capitalistica del secondo dopoguerra, fino alla crisi globale del primo decennio del XXI secolo i cicli intermedi hanno introdotto pause e distorsioni, ma lespansione urbana non si mai arrestata - la cultura pubblica del paese ha interpretato le trasformazioni in corso usando vecchi modelli di origine tardo-romantica sostanzialmente riferibili alla coppia toennesiana di Gemeinschaft (comunit) vs Gesellschaft (societ), elaborata per i fenomeni di trasformazione sociale e territoriale di un secolo prima. 3) Considerazioni anche pi negative si dovrebbero fare per il termine provincia metropolitana. Nel testo Dimensione metropolitana che ho curato per il CSS, Ettore Rotelli fa un illuminante racconto dei fallimenti della legislazione, ordinaria e costituzionale, sulle aree metropolitane, in un percorso abbastanza lungo che pu essere a posteriori datato al Convegno di Limbiate del 1957. Il risultato di ulteriori inani agitazioni che il fenomeno urbano pi nuovo viene incasellato in uno schema amministrativo tanto vecchio da essere anche in via di eliminazione: non sapendo pi che pesci pigliare facciamo coincidere la
metropoli con la provincia. Mi stato obiettato che le province possono essere rivedute; ma larea metropolitana di Milano, che in tutte le elaborazioni dalla met degli anni 50 in poi (Kingsley Davis) ricomprende zone come il verbano-cusio-ossola e il novarese, secondo il criterio della provincia-metropoli continuano a far parte di una diversa regione. Che cale al burocrate istituzionale il fatto che persino per il dialetto queste aree siano entro la koin milanese? Le regioni non si toccano e mai la provincia metropolitana ne potr inglobare, delle porzioni, anche se il loro tubi di scappamento scaricano ogni giorno a Milano. 4) Oggi poi, dopo mezzo secolo dinsuccessi inevitabile che persino loggetto che si vuole pianificare si sia ulteriormente modificato. Parlare oggi di area metropolitana (citt o provincia metropolitana) rimanda a un concetto, quello delle DUS (Daily Urban Systems) o FUR (Functional Urban Regions) che viene anchesso messo in discussione dellevoluzione, soprattutto dei sistemi di regolazione dei flussi. Non sono le citt che fanno le reti, sono le reti che fanno le citt, mentre i grandi insediamenti commerciali, che una volta erano alle periferie delle citt oggi diventano poli di nuovi insediamenti urbani. Laspetto pi rilevante della realt urbana contemporanea riguarda i cambiamenti nella morfologia fisica e sociale delle citt intervenuti nel corso del XX secolo. Risulta ormai evidente che, in ogni parte del mondo, la citt tradizionale e la metropoli di prima generazione (i), che hanno caratterizzato la vita urbana nella porzione centrale del secolo scorso, hanno ceduto il passo a un tipo del tutto diverso di morfologia urbana, che sta producendo una serie di quelle che i rapporti ufficiali delle Nazioni Unite chiamano Grandi Regioni Urbane (MUR. Mega Urban Regions) in cui forme diverse dinsediamenti umani si mescolano inestricabilmente, fino a costituire unentit urbana nuova, ma non ancora ben definita, di cui sono state date numerose definizioni o etichettature che non sto a riprendere per non confondere inutilmente il discorso. Per ragioni analitiche che accenno qui sotto, ho suggerito di chiamare questa nuova entit la meta-citt (ii). Nel triplice senso che questa entit andata al di l (meta) - e persino ben al di l - della classica morfologia fisica della metropoli di prima generazione che ha dominato il XX secolo con il suo core e suoi rings (polo e fasce concentriche); al di l
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(meta) del controllo amministrativo tradizionale di enti locali sul territorio e al di l (meta) del tradizionale riferimento sociologico agli abitanti, con lo sviluppo delle metropoli di seconda (e terza) generazione sempre pi dipendenti dalle popolazioni transeunti. (Vedi il mio Lo que el viento se llev. Espacios publicos en la metropolis de tercera generacin in Monica Degen, Marisol Garcia (eds) La metaciudad: Barcelona, Transformacin de una metrpolis, Anthropos, Editorial, Barcelona 2008; pp. 29-44). Questo mutamento ha dato luogo a notevoli fraintendimenti, non solo da parte della pubblicistica popolare, sempre pronta a impadronirsi anche del minimo sospetto di unapocalisse, ma anche della letteratura scientifica che dagli anni ottanta del XX secolo in poi non ha perso occasione per decretare la fine della citt (iii). A parte la stridente contraddizione dipotesi sulla fine della citt nel periodo di massima urbanizzazione della storia dellumanit, chiaro che la citt non finita, ma si trasformata in una nuova forma urbana che oggi sempre pi passa dal modello definito dalle varie Central Place Theories del XX secolo a modelli tendenzialmente lineari di Zwischenstadt. Il fenomeno pu essere rappresentato con molti esempi ma particolarmente evidente nel corridoio emiliano dove fino al 1999 si poteva ancora parlare di un arcipelago di aree metropolitane distin-
te, ma gi nel 2001 si era trasformato in corridoio continuo, come avvenuto in molte altre situazioni, rendendo ancora pi problematico il lego della costruzione di una unit governabile (non di governo) partendo dai tasselli delle istituzioni esistenti. Che dire per esempio di unarea metropolitana milanese senza Monza, oppure di Firenze senza Prato? Si rafforza sempre pi il dubbio che le componenti elementari del Lego istituzionale non siano pi quelle giuste. 5) E ancora, dopo mezzo secolo di insuccessi, perfettamente legittimo il sospetto che si stiano pestando nel mortaio degli oggetti sbagliati, per esempio pietre invece che mandorle, o aria fritta invece di concetti rigorosi, e che forse occorra ripensare radicalmente questo concetto. In particolare io mi sono convinto di due fatti, che mi sembra difficile contestare, e che se accertati hanno conseguenze rilevanti sul piano operativo. Intendiamoci bene, io non sono un planner n un esperto di questioni istituzionali e amministrative, non faccio parte di alcuna commissione incaricata di disegnare questa o quellarea metropolitana. Da tempo per mi occupo del fenomeno metropolitano partendo dallo studio del nuovo fenomeno insediativo, della comprensione delle dinamiche sociali (lato sensu) che lo caratterizzano e delle sue tendenze evolutive. Avendo decisamente af-
fermato ormai pi di un quarto di secolo addietro che lidentificazione di una area naturale (spiegher pi sotto come si debba intendersi questo antico termine) come il nuovo insediamento con un bacino elettorale non avrebbe portato a nulla, penso oggi che le ragioni teoriche su cui si basava questa esatta previsione ne escono rafforzate e possono aver la pretesa di suggerire qualche riflessione a chi invece il compito di disegnare un modello di governo per le nuove forme insediative ce lha. (segue)
(i) Per questa terminologia vedi il mio Metropoli, Il Mulino, Bologna 1993, Cap.III, passim. (ii) Uso il termine con un significato analitico diverso da quello che gli viene dato da F. Ascher cui devo tuttavia riconoscere una primogenitura del termine che mi era sfuggita. Ringrazio Jean Paul Hubert del DRAST per la segnalazione. Una buona approssimazione del concetto che user qui il termine di Zwischenstadt la citt tra le citt (vedi Thomas Sieverts, Cities Without Cities. An Interpretation of the Zwischenstadt, Routledge, London, 2003 (Vieweg, 1997). La commissione europea ha ricostruito questa citt tra le citt calcolando le aree del pianeta che si trovano in prossimit di centri urbani. (iii) Per una rassegna delle teorie della de-urbanizzazione vedi il mio gi citato Metropoli (1993), Cap.II. Pi di recente il tema stato ripreso anche da un autore solitamente bene informato ed equilibrato come Leonardo Benevolo, La fine della citt, Laterza, Roma 2011.
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www.arcipelagomilano.org intrecciati con il governo del pubblico? Il gioco ora si fa teso, e anche un governo che vede nel libero mercato la chiave dello sviluppo, ammette, sotto la spinta degli eventi, che qualcuno dovr pur rendere conto di qualcosa, e che non accettabile il tramonto della pi grande industria italiana. Soprattutto non accettabile che questo sia l'effetto di un disegno, cinico la sua parte, che ha usato il patrimonio tecnologico di Fiat come risorsa per incassare il mega assegno di Obama, prendere piede in USA, via via dismettendo per l'insediamento produttivo in Italia. Ora appare chiaro che Fabbrica Italia era solo una falsa rappresentazione per prendere tempo, completare la transizione americana, e infine chiudere in Italia, insomma uno specchietto per le allodole. Un Programma di investimenti mai presentato in dettaglio, un gioco di specchi che, mentre incassava ora e subito il guadagno (la riduzione drastica della condizione e rappresentanza operaia, la chiusura e il ridimensionamento produttivo di stabilimenti), procrastinava a un domani sempre reiterato il costo (gli investimenti). Un Programma Metafora di quello che vorremmo poter fare se... ci lasciate fare. Lasciare vi abbiamo lasciato, ma cosa avete fatto?, potrebbe dire ora uno dei sostenitori del Patto di Pomigliano. Un patto che ha spaccato le forze sindacali e politiche, sollecitando quelle che pi decisamente intendono, o intendevano, inoltrarsi nel disegno di nuove relazioni industriali, Bonanni e Angeletti certo, ma anche pezzi del PD, legittimati da una figura di grande spessore, come Andrea Ichino. Con Marchionne, senza se e senza ma, si spinse a dire Matteo Renzi, Io sto dalla parte di Marchionne, dalla parte di chi sta investendo sul futuro delle aziende, quando tutte le aziende chiudono. un momento in cui bisogna cercare di tenere aperte le fabbriche", aggiungendo " la prima volta nella sua storia che la Fiat, anzich chiedere i soldi degli italiani con la cassa integrazione, prova a mettere dei quattrini per agganciare alla locomotiva americana Mirafiori e anche la struttura italiana", concludendo ... spero che Bersani non chiacchieri di aria fritta ma dei problemi degli italiani.''. Son passati quasi due anni e quelle parole ora pesano, nel momento in cui Renzi si candida a guidare il futuro del Paese. Forse qualche se e qualche ma era d'obbligo. Certo, aveva creduto alla buona fede del manipolatore automobilistico, ma in realt pi che credere, ha voluto credere, fortemente credere, a un racconto che ci parlava di un'impresa che chiedeva solo la libert di operare sul mercato, delle auto e del lavoro, come se quel mercato potesse esistere davvero nei termini di un semplice svincolarsi dalle condizioni, e dagli obblighi, che fanno la grande produzione. Non c' grande industria senza scambio, senza politica, senza il riconoscimento pattizio, che le auto si fanno con gli operai e non nonostante gli operai. Oggi, Renzi scrive nel suo non programma: Proponiamo la sperimentazione, in tutte le imprese disponibili, per i nuovi insediamenti e/o le nuove assunzioni, di un regime ispirato al modello scandinavo: tutti assunti a tempo indeter-minato (tranne i casi classici di contratto a termine), a tutti una protezione forte dei diritti fonda-mentali e in particolare contro le discriminazioni, nessuno inamovibile; a chi perde il posto per motivi economici od organizzativi un robusto sostegno del reddito e servizi di outplacement per la ricollocazione. Forse l'esperienza FIAT chiederebbe un passaggio pi meditato, una riflessione pi articolata sull'attuabilit di questi concetti in una condizione drammatica che vede Mirafiori e tante fabbriche attendere invano investimenti e politiche industriali: non vorremmo trovarci di nuovo con qualche rimpianto di troppo e meritate contestazioni da parte degli inamovibili. Insomma diciamolo ora qualche se e qualche ma, ora che serve.
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umane, non proporzionate alla rilevanza delle bonifiche da valutare. Una virgola di una delle propriet chimico/fisiche dei dati in ingresso cambia i risultati finali di una AdR di diversi ordini di grandezza con conseguenze per i singoli funzionari: dallincubo di procedimenti giudiziari perch le Ditte potrebbero portare in tribunale i funzionari pubblici che hanno dato un diniego preventivo, con richieste milionarie di danni; alle pressioni sulle posizioni apicali direttamente di nomina della politica regionale. Pensiamo poi alla possibile corruzione e alle varie ndrine che, a fronte di un rifiuto, non si fermano alle minacce di trasferimento e penalizzazioni di carriera. Le modifiche in vigore hanno eliminato ogni riferimento al pericolo dinquinamento, che rimane estraneo alla sanzione penale e lelemento costitutivo del fatto illecito il fatto dinquinamento determinato secondo linnovativo sistema di superamento delle concentrazioni soglia di rischio, pi elevate delle concentrazioni di soglia della vecchia disciplina. Ora la procedura di bonifica attuata tempestivamente costituisce una clausola di esonero dalla pena, di pi: se il ripristino dellambiente ottenuto dal responsabile attraverso una procedura di pari efficacia di
quella prescritta, non potr essergli ascritta alcuna responsabilit penale per il mancato rispetto della procedura amministrativa. Ora la norma consente di evitare ogni implicazione penale a fronte della bonifica a prescindere dal tipo dillecito ambientale che ha dato origine alla contaminazione. Ora in unarea contaminata da veleni i valori di concentrazione soglia di contaminazione CSC sono quasi sempre superiori ai valori soglia di contaminazione, ma unanalisi AdR pu dare come risultato finale una contaminazione inferiore ai valori di concentrazione della soglia di rischio CSR. Quindi, avremo ai sensi dellArt. 240, un sito non contaminato! LArt. 242 nel progetto operativo degli interventi di bonifica consente, in alternativa, la messa in sicurezza, operativa o permanente che prevede di non allontanare dal sito i rifiuti e/o i terreni contaminati. Con le modifiche vigenti per condannare un inquinatore di terreni occorre avere entrambi i presupposti: un AdR che dimostri che linquinamento causato maggiore delle CSR; che ci sia un progetto di bonifica approvato dallautorit competente; che la bonifica non sia fatta. La bonifica si pu, quindi, approvare senza dover allontanare i rifiuti, ma almeno sar vietato costruirci
sopra una casa? No non espressamente vietato, la Ditta pu chiedere di edificare in aree contaminate o nelle immediate vicinanze e chi di competenza nella Pubblica Amministrazione deve valutare la richiesta. In questo caso, non esistendo un indirizzo univoco, valido per tutta la Regione, tutto dipende da un funzionario e lultimo che firma appartiene ad ARPA Lombardia. Cos ARPA diventata controllato e controllore e si carica anche di buona parte delliter amministrativo e delle relative responsabilit. Abbiamo autorizzato la costruzione di un quartiere sulla discarica? LARPA ci ha detto che era possibile . Le evidenze emerse anche in altre inchieste danno lidea di un sistema gelatinoso, borderline tra legalit, incompetenza e comportamenti dolosi. Un circuito folle nel quale le competenze tecniche vengono mortificate e intimidite, assolutamente permeabile allazione della malavita organizzata. Ora pi chiaro il perch di una edificazione su un sito contaminato non bonificato. Mancano indirizzi chiari e univoci, innanzitutto urbanistici e di valutazione dei territori in relazione alle funzioni che devono ospitare cos la questione diventa di ordine giudiziario e non di politica pubblica.
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non addirittura degenerata e perduta? Forse il modello storico da recuperare quello della Resistenza, nella quale furono principali protagonisti i nipoti e i nonni. I primi, tanti, furono i giovanissimi renitenti alla leva di Sal, colpiti e disgustati dalla guerra. I secondi, pochi, erano i vecchi antifascisti, gi esuli e confinati nel ventennio ma educati nella universit del carcere e provati da intense esperienze politiche e culturali spesso internazionali. Dal connubio tra queste due generazioni, senza escludere le significative eccezioni di quella di mezzo, allevata e custodita dal regime fino al tragico epilogo, trov seguito la Libera-
zione, la Repubblica e la Costituzione. Simile tragitto deve forse trovare sbocco nella fase finale della cosiddetta seconda repubblica (la storia quando si ripete la prima volta tragedia, la seconda farsa). Una intera generazione politica ha irrimediabilmente fallito. Non tanto una generazione anagrafica quanto politica, comprendendosi in essa i numerosi riciclati della prima. Tocca a quella successiva, possibilmente utilizzando la guida e lesperienza dei pochi - ma forse in Italia sono almeno diecimila - emarginati o auto-esclusi da questaltro non invidiabile ventennio, provare a rifonda-
re una terza repubblica che possibilmente recuperi il buono della prima ed espella il pessimo della seconda. La crisi come la guerra fortunatamente in forma assai meno violenta ma non di meno energica - ancora una volta levatrice della storia.
(*) In questa sede possiamo permetterci di ritenere prevedibili e scontate le malefatte del PdL laziale, lombardo, molisano, ecc. per concentrarci un po di pi sulle esperienze e prospettive di casa nostra.
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AMBIENTE: COME LA REGIONE CI TARTASSA PER FIGURARE PRIMA DELLA CLASSE Giorgio Ragazzi
A fine anno scorso la Regione Lombardia ha adottato una delibera (2601/11) per regolamentare gli impianti termici (residenziali). un testo di 42 pagine in perfetto burocratese, che istituisce un catasto regionale, un albo di ispettori e una lunga lista di dettagliatissimi adempimenti, per i quali sono previste ben 24 diverse possibili sanzioni. Tutto questo comporta costi molto elevati che finiscono ovviamente a pesare su tutti i condomini. Quale vantaggio potr ricavare lambiente da questo censimento e dalla nuova marea di carte richieste? Nella delibera non vi alcun riferimento a ricerche per stimare lentit dei benefici che potrebbero derivarne (di quanto si pensa di ridurre le emissioni di C02 con questa normativa?) n per stimarne il costo complessivo, diretto e indiretto, per la collettivit. Evidentemente non si neppure pensato a confrontare il costo sociale per ridurre per questa via una tonnellata di CO2 col costo di misure alternative. Non mi stupisco, questa classe politica pensa solo alla propria immagine (a poter dire: siamo allavanguardia) e non si pone nemmeno il problema dei costi per i sudditi. La delibera rende anche obbligatoria, tra laltro, listallazione di apparecchi per la termoregolazione e contabilizzazione del calore su tutti i caloriferi entro il 2014. Ogni valvola costa tra i 130 e i 150 euro per calorifero (+IVA), cui va aggiunto il costo annuo per il servizio di lettura e raccolta dati oltre ai notevoli costi per ladeguamento delle centrali termiche al nuovo regime del calore, nella maggior parte dei casi. Un grosso investimento che graver sulle spese condominiali (ben pi di mille euro per un appartamento mediopiccolo), aggiungendosi ai tanti altri rincari che gravano sulle famiglie in questi anni di crisi. Gli esperti stimano che listallazione di questi apparecchi possa ridurre i consumi del 5-7%. Facendo delle stime su casi concreti si arriva alla conclusione che per recuperare linvestimento col risparmio di consumo occorreranno tra i 40 e i 50 anni. Se si considerano anche gli interessi e gli inevitabili interventi di manutenzione loperazione comporta per lutente una perdita certa e notevole. In un precedente articolo ho commentato la propensione della Regione a governare per editti. Si sono chiesti, ad esempio, come potrebbero mai tutti i condomini della Lombardia dotarsi di queste apparecchiature entro il 2014? Ci sono sufficienti imprese in grado di fornire tanti apparecchi e tanti servizi, e stilare i relativi contratti? La Regione erogher sanzioni a tutti gli inadempienti o prorogher ulteriormente le scadenza, com malcostume in Italia? Daltronde questo non il solo caso di leggi regionali il cui principale intento sembra quello di primeggiare per sensibilit ambientale. Ricordiamo lintroduzione dellobbligo della certificazione energetica per tutte le unit immobiliari che vengano vendute o affittate. Ogni certificazione pu costare tra i 300 e i 1000 euro, cui va aggiunto il dispendio di tempo e, per lamministrazione comunale, lonere di protocollare, archiviare e gestire questenorme massa di carte. I parametri sono tali che praticamente tutte le vecchie case di Milano risultano in classe G, la pi bassa. Si tratta quindi di un esercizio assolutamente inutile nella maggior parte dei casi, che in altre Regioni stato evitato consentendo lautodichiarazione in classe G senza certificazione. La certificazione pu essere un utile incentivo per le nuove costruzioni; per i vecchi edifici sarebbe assai meglio spendere per interventi migliorativi piuttosto che per inutili pezzi di carta. Si obietter ovviamente sottolineando limportanza di abbattere le emissioni di CO2 e richiamando tutto larmamentario ideologico ambientalista. Ma il punto : dobbiamo affrontare questi problemi in una logica di mercato o con editti e burocrazia? Non esistono modi assai meno costosi per la collettivit per raggiungere certi obiettivi? I carburanti per riscaldamento domestico in Italia sono gi super tassati a confronto di altri paesi: perch non lasciare gli individui liberi di decidere se sia per loro conveniente o meno listallazione di apparecchi per la termoregolazione del calore? Mercato significa libert di ottimizzare scelte e investimenti sulla base dei prezzi relativi, e liberazione da tutto larmamentario burocratico di notifiche, ispezioni, verifiche, sanzioni. Imposte di carattere generale come quelle sullemissione di CO2 inducono a scelte dinvestimento ottimali per raggiungere lobiettivo, salvaguardando la libert e la funzione del mercato. Interventi burocratici su specifici settori rischiano invece di portare a veri disastri come nel caso degli incentivi alle fonti rinnovabili che hanno fatto crescere del 50% il costo della produzione di energia elettrica in Italia, a fronte di limitatissimi ed elusivi vantaggi per lambiente. In questo caso, come per gli editti della Regione Lombardia, sembra che la nostra classe politica si senta investita del potere di regolamentare a suo arbitrio leconomia e la nostra vita prescindendo del tutto dalla logica dei prezzi e del mercato. Il risultato limpoverimento progressivo del paese. Si continua a ripetere che uno dei maggiori freni alla crescita leccessivo peso della burocrazia e ogni nuovo governo proclama di impegnarsi per semplificare e alleggerire gli oneri burocratici, ma la cultura non cambia, nemmeno con questo governo, e le Regioni contribuiscono non poco ad aggiungere sempre nuove contorsioni al dedalo di norme, adempimenti e sanzioni.
DAGLI U.S.A. A MILANO: ALCUNI ASPETTI DI SANIT Bruno Ambrosi*, Federico Robbiati*, Luigi Campolo*
Pochi mesi fa il New England Journal of Medicine, la pi importante rivista medica internazionale, ha pubblicato un articolo (Fineberg HV, N Engl J Med, 366, 11, 2012), nel quale si sottolineano le inefficienze e i difetti del Sistema Sanitario USA. Il titolo suona Un sistema sanitario di successo e sostenibile - come arrivarci (partendo) da qui. Tralasciando numerosi aspetti che sono peculiari della struttura sanitaria americana - dal quale pure abbiamo importato in Italia il sistema di rimborso delle prestazioni ospedaliere (il famoso DRG) -, quello che ci preme sottolineare il lungo elenco delle cause di inefficienza sanitaria negli USA. Praticamente tutte le venti cause di inefficienza citate
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www.arcipelagomilano.org nellarticolo sono tranquillamente riscontrabili anche in Italia. Non questa la sede per fare un esaustivo elenco dei difetti segnalati, ma alcuni di essi sono cos eclatanti e di comune esperienza, che vale la pena ricordarli, per poi discutere possibili soluzioni migliorative. Anche in Italia ci sono limitate informazioni su spese, performance, qualit dellassistenza e risultati ottenuti, per non parlare di dati su efficacia e costi delle nuove tecniche diagnostiche: si pensi, per esempio, allabuso dei check up indiscriminati e del ricorso a tecnologie avanzate, quali RMN, PET, SPECT ecc. In molti casi labuso di tali metodiche pu indurre al rischio di ulteriori test e di trattamenti non necessari, come possibili conseguenze di uneccessiva medicalizzazione e dellindividuazione di nuovi limiti di malattia. In questo senso deve essere combattuto latteggiamento culturale, e suggerirei anche linsegnamento ai giovani, volto a ritenere che in medicina more care is better, concetto sempre pi dibattuto e ora contrastato dalla nascente opinione che less is more. La scarsa attenzione ai costi in genere delle prestazioni e ai risultati ottenibili a lungo termine, oltre che il modesto interesse per le cure primarie, quindi per i problemi basilari della salute della popolazione, favorisce lo scarso coinvolgimento dei cittadini stessi. In sostanza, si assiste a un insufficiente partecipazione dei pazienti nelle decisioni cliniche. A ci si aggiunga che le prestazioni assistenziali sono spesso frammentate e poco coordinate, in modo tale per cui ne deriva incertezza scientifica su costi ed efficacia dei nuovi approcci diagnostici e terapeutici. Ancora, fra le cause di inefficienza sanitaria (solo in U.S.A.?), il New England Journal of Medicine segnala le distorsioni conseguenti a conflitti di interesse, frodi, malpractice, oltre alle dannose competizioni fra strutture sanitarie di diverso livello (si pensi alle prestazioni fornite da diversi ospedali, ambulatori, medicina di base). Se questi sono solo alcuni aspetti generali che riguardano la crisi della sanit in genere, alcuni problemi estremamente concreti sono tornati alla ribalta, anche mediatica, negli ultimi mesi. Un punto riguarda il numero e la qualit degli accessi nei Pronto Soccorso italiani. Laffollamento e i tempi di attesa, e anche lutilizzo di prestazioni diagnostiche costose (v. TAC, RMN) fanno s che la permanenza dei pazienti sia non solo lunga, ma spesso inappropriata. Dati del Ministero della Salute riferiti ai primi tre mesi del 2011, indicano che numerose persone si rivolgono ai Pronto Soccorso, ma il 75% dei casi (3 persone su 4!) viene poi dimesso, mentre solo il 13% ricoverato. In sostanza, i veri codici gialli o rossi sono la minoranza e vi una distrazione del personale sanitario dallintervento veramente necessario, o addirittura urgente. Le carenze di personale medico e infermieristico, oltre alla sempre maggiore scarsit di posti letto, creano le situazioni di iperafflusso di pazienti, recentemente documentate su giornali e TV, e che si perpetueranno nei prossimi mesi invernali. La ricetta per ridurre gli accessi non certo quella di aumentare i servizi di emergenza, ma di intervenire prima, sul sistema delle cosiddette cure primarie, che mirino alla prevenzione, alla gestione delle malattie croniche secondo modelli che portino alla riduzione del bisogno di rivolgersi ai pronto soccorso. In tale direzione sembra indirizzarsi il decreto Balduzzi approvato dal Consiglio dei Ministri, ma che ancora, in sede legislativa, potr subire modifiche su pressione di partiti, sindacati, corporazioni. Al solito, accanto ad alcuni punti condivisibili, altri paiono di difficile realizzazione, in particolare ci riferiamo alla possibilit di creare mega strutture ambulatoriali, dove potranno lavorare per h 24 e 7 giorni su 7 (proposta assolutamente accettabile) ben 15-20 medici di Medicina Generale. Questo pare di difficile realizzazione sia nei piccoli centri e nei paesi, ma anche nelle grandi citt, dove i problemi di spostamento dei cittadini renderebbero difficile laccesso ad anziani, disabili ecc. A questo proposito diversa la proposta su cui si sta lavorando nella nostra citt, sullesempio di quanto gi realizzato in alcune regioni italiane, quali Toscana, Emila, Veneto. Da oltre un anno fra operatori sanitari si cominciato a parlare del progetto delle Case Mediche o Case della Salute, cio di un modo per ottenere una medicina di base pi efficace, pi moderna, pi vicina al cittadino e anche meno costosa. A Milano, infatti, si sta lavorando per far decollare le Case Mediche grazie a un disegno che prevede la collaborazione tra Comune, Medici di Medicina Generale, ASL e cittadini. Le Case Mediche saranno poliambulatori multifunzionali, gestiti da almeno 4 o 5 medici di famiglia, dove ci si occupa di prevenzione e cure primarie e, auspicabilmente, di assistenza socio-sanitaria. Infatti, possibile prevedere la disponibilit di altri operatori socio-sanitari (infermieri, fisioterapisti, assistenti sociali ecc.) e, magari anche di alcuni medici specialisti. Lapertura delle Case Mediche per 10-12 ore/giorno e il sabato potr costituire uno strumento in grado di produrre pi salute a minor costo, riducendo le ospedalizzazioni fino al 40% e i costi del 6-7% (a Milano: 100-150 milioni di /anno). Del progetto relativo alle Case Mediche, o Case della Salute, si parlato il 21 aprile durante un Convegno (Case Mediche: ancora utopia o realt percorribile?), organizzato da SEL e dai ComitatixMilano al Museo di Storia Naturale, e poi il 18 maggio nel corso della Settimana della Salute, promossa dallAssessorato alle Politiche Sociali e Cultura della Salute. Gruppi di lavoro composti da medici, operatori ed esperti sanitari, cittadini, che da oltre un anno si occupano del progetto, affronteranno a breve le prossime tappe di questo progetto innovativo per la nostra citt. Dovr essere confermata la disponibilit da parte del Comune di Milano (il cui Sindaco - lo ricordiamo - responsabile della salute dei propri cittadini) di spazi demaniali per gli ambulatori: a tal fine si gi svolto un primo positivo incontro con lAssessore alla Casa, Demanio, Lavori Pubblici. Inoltre, dovr essere approfondito il confronto con la ASL per favorire e programmare scelte nuove.
*per i ComitatixMilano
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www.arcipelagomilano.org Cercare di far tornare a un uso sobrio e appropriato della parola un atto di civilizzazione. Non importa ci sia letilismo al riguardo: ogni tentativo di migliorare un po sarebbe sempre vano in qualsiasi campo. Non stanchiamoci di provare e riprovare. Grazie e buona continuazione
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www.arcipelagomilano.org un paese e unepoca attraverso la lettura incrociata di musica e arte visiva. Il concerto allAuditorium era costruito su un programma compatto e intrigante: il Capriccio spagnolo opera 34 di Nikolaij RimskyKorsakov, laSinfonia spagnola opera 21 di Edouard Lal, la suite da Il cappello a tre punte di Manuel De Falla e ovviamente, per concludere, il Bolero di Maurice Ravel. Dei quattro autori, come si sa, solo De Falla autenticamente spagnolo, mentre Ravel basco-francese (nato nel delizioso borgo di pescatori di St-Jean-de-Luz, fra Biarritz e San Sebastian, proprio sul confine franco-iberico) e gli altri due sono uno russo di Novgorod e laltro francese del nord, di Lille, entrambi affascinati dai ritmi delle danze spagnole. Tutti, come Picasso, nati nellottocento e morti nel novecento, con leccezione di Lal che per pochi anni non ha fatto in tempo a superare il passaggio da un secolo allaltro. Nel programma di sala Enzo Beacco osserva giustamente che la musica colta spagnola come dicemmo qui qualche settimana fa a proposito di quella inglese scompare misteriosamente alla fine del XVII secolo per ricomparire solo verso la fine dellottocento, e il concerto di cui parliamo ha voluto rappresentare proprio questa rinascita, non solo proponendoci la produzione nazionale spagnola (De Falla) ma anche rivelandoci linteresse che i musicisti europei, francesi e russi in particolare, hanno mostrato verso di essa. La nuova musica spagnola costruita soprattutto su antiche danze popolari - alborade, fandanghi, seguidillas, farruche, jote, fino ai travolgenti flamenchi e boleri - intimamente legate alle tradizionali feste e celebrazioni che si svolgono ovunque nel paese (dallAndalusia alla Galizia, dallEstremadura alla Navarra) e che, nel concerto dellAuditorium, sono esplose con la loro gioiosit ma anche con quella vena di malinconia e di nostalgia che sempre le permea; sicch la relazione fra quelle musiche e le tele, i disegni, le sculture, le ceramiche di Picasso non poteva lasciare indifferenti coloro che poco prima avevano visitato lesposizione di Palazzo Reale. Ricordando peraltro che la scenografia della prima rappresentazione del balletto di De Falla (Londra 1919) fu realizzata proprio del grande artista andaluso! Musica deliziosa, dunque, ma una esecuzione non delle migliori; la necessit di sostituire allultimo momento Zhang Xian (si molto parlato del parto, anticipato e improvviso, che le ha fatto abbandonare il podio) ha costretto il bravissimo direttore Jader Bignamini a prendere in mano la bacchetta per un programma non suo, studiato in poche ore, e ciononostante realizzato con grande professionalit e impegno. mancato purtroppo quellsprit de finesse che nellesecuzione fa la differenza, e anche la giovane violinista nippo-canadese Karen Gomyo - che pure ha sfoggiato grinta e tecnica straordinarie - non ci apparsa una raffinata interprete di Lal; con eccessiva durezza ha tradito lo spirito spagnolo di unopera che, come si sa, pi un Concerto per violino e orchestra che una Sinfonia, e che Lal dedic al grande violinista e compositore navarrese, Pablo de Sarasate, noto per le sue romanticissime opere come la Fantasia dalla Carmen di Bizet, i Capricci baschi, le Danze spagnole, le Arie tzigane e le Serenate andaluse. *** A proposito di forfait dichiarati allultimo minuto, la sera successiva al Conservatorio per il festival MiTo, la English Chamber Orchestra avrebbe dovuto essere diretta da Sir Colin Davis in un programma che prevedeva il poema sinfonico Le Ebridi e la quarta Sinfonia (Italiana) di Mendelssohn, e al centro lottava Sinfonia (Incompiuta) di Schubert; ma il grande direttore inglese, che compie in questi giorni 85 anni, ha avuto un malore nel pomeriggio, stato ricoverato (speriamo che nel frattempo si sia gi ripreso) e lorchestra stata costretta a eseguire tutto il programma senza nessuno sul podio; il primo violino ha fatto s le veci del direttore ma seduto al suo posto e suonando, dunque in grado di dare solo gli attacchi essenziali, e tuttavia il concerto si svolto in assoluta tranquillit senza minimamente drammatizzare la situazione. Lesecuzione stata impeccabile, linterpretazione di grande intensit; vero che lECO unorchestra da camera, quindi non molto grande, che probabilmente era in tourne e che dunque direttore e orchestrali avevano studiato molto bene e per tempo il programma. Ma lo spettacolo dellorchestra che esegue due sinfonie tanto impegnative senza direttore ha lasciato incredulo il pubblico, costringendolo a riflettere molto attentamente. Potremmo dire, usando una parola particolarmente appropriata al caso, che stato un evento sconcertante ma evidentemente non troppo! DA NON PERDERE Domenica 28 ottobre alla Scala la Philharmonia Orchestra di Londra, diretta da Esa-Pekka Salonen, eseguir due grandi capolavori: la Sinfonia n. 7 di Beethoven e la Sinfonia Fantastica di Berlioz. Il concerto serve a raccogliere fondi a sostegno di Villa Necchi Campiglio (un gioiello di architettura degli anni 30, di Portaluppi, visitabile in via Mozart 14) e i biglietti sono gi in vendita: prenotazioni e informazioni: FAI, Fondo Ambiente Italiano, telefono 02.467615237, e-mail concerti@fondoambiente.it
ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Dal 1953 a oggi: Picasso a Milano
Picasso torna a Milano. I capolavori del genio spagnolo arrivano in citt con una grande ed emozionante retrospettiva. Le opere, pi di 200, arrivano dal museo pi completo e importante per quanto riguarda la produzione dellartista: il Muse Picasso di Parigi che, chiuso per restauri fino al 2013, ha deciso di rendere itineranti le sue collezioni e di presentarle in tutto il mondo. Prima della tappa milanese infatti le opere sono state esposte in America, in Russia, Giappone, Australia e Cina. Certo non la prima volta che Picasso arriva a Milano. Oltre alla grande mostra del 2001, ci fu unaltra kermesse, che fece la storia delle esposizioni museali in Italia, la grande mostra del 1953. Una mostra dalla duplice tappa italiana, prima Roma e poi Milano, ma che ha avuto nei suoi sviluppi meneghini una risonanza e unimportanza non
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www.arcipelagomilano.org paragonabile a quella romana. Voluta fortemente dal senatore Eugenio Reale, la mostra romana si presentava ricca s di opere, ma parzialmente oscurata per motivi politici. Ad esempio non compariva il Massacro in Corea (presente oggi in mostra). Ledizione milanese, organizzata dallinstancabile Fernanda Wittgens e dai suoi collaboratori, fu invece ancora pi ricca di opere, scelte dallo stesso Picasso, con addirittura larrivo, a mostra gi iniziata, di Guernica, celeberrimo dipinto del 1937, e manifesto contro la guerra franchista. Dipinto che per la sua importanza fu sistemato, su richiesta di Picasso, nella sala delle Cariatidi, che per contratto non doveva essere restaurata dopo le devastazioni della guerra, proprio per creare un connubio e un monito fortissimo a memoria degli orrori e delle devastazioni belliche. Proprio da questa stessa sala prende avvio oggi la mostra Picasso. Capolavori dal Museo nazionale di Parigi, che racconta in un percorso cronologico e tematico la vita e le opere dellartista. Insieme alle fotografie che ci mostrano attimi di vita, amori, amici e ateliers dellartista spagnolo, in mostra dipinti, sculture e opere grafiche create durante la sua lunghissima vita. La mostra, curata da Anne Baldassari, presidente del museo parigino, illustra le varie fasi e gli stili che Picasso us, spesso in contemporanea, durante la sua carriera. Si inizia con lapparente classicismo e malinconia dei periodi blu e rosa, di cui sono memorabili opere come La morte di Casagemas, dipinto dedicato allamico morto suicida, la misteriosa Celestina e I due fratelli. Ma gi dal 1906 si intuisce linfluenza che larte primitiva, africana e iberica, avranno su Picasso. Sono questi gli anni che vedono la nascita dei tanti disegni preparatori per il capolavoro assoluto, Les Demoiselles dAvignon, 1907 (conservate al MoMA di New York). Lautoritratto nudo, gli studi di donna, sono tutti dipinti in cui il Cubismo inizia a prender forma, semplificando e rendendo impersonali volti e sessi. Ma la rivoluzione vera arriva intorno al 1912, quando Braque e Picasso inventano i collage, e la forza dirompente delle loro sperimentazioni porta alla nascita del Cubismo, analitico e poi sintetico, in cui la figura viene prima scomposta, resa irriconoscibile, come nel Suonatore di chitarra e Il suonatore di mandolino, per poi tornare a inserire elementi di realt, come lettere, numeri, scritte o veri e propri elementi oggettuali. Ma Picasso non solo Cubismo. Negli anni 20 segue, a suo modo, il Ritorno allordine dellarte, con le sue Bagnanti e le sue donne enormi, deformate, possenti e monumentali, omaggi agli amici impressionisti come Renoir. Sono gli anni in cui conosce anche Breton e i Surrealisti, e in cui crea figure disumane e contorte, mostri onirici che ci mostrano le pulsioni sessuali e le ossessioni del pittore. La guerra per, sconvolge tutto. Oppositore della dittatura franchista, Picasso non pu far altro che denunciare gli orrori e la violenza della guerra con sculture e dipinti dai toni lividi, come Guernica, o nature morte popolate di crani di tori, capre e candele dalla fiamma scura. Non mancano i ritratti dei figli e delle donne amate: Fernande, Dora Maar, Marie Therese, Francoise, Jacqueline e la bellissima Olga in poltrona, dipinto che Picasso conserver fino alla propria morte, appeso sopra il letto. Ritratti ma anche autoritratti dellartista, dipintosi davanti al cavalletto, o con una modella nello studio, tema prediletto per dipingere la Pittura, il vero amore della sua vita. Picasso dipinse fino a poco prima di morire. Degli ultimi anni sono i dipinti che riprendono i maestri a lui pi cari, Matisse, Velazquez, Delacroix, ma anche un lucido autoritratto in cui lartista si rappresenta sempre pittore ma con un volto che sembra gi un cranio dalle orbite vuote (Il giovane pittore, 1972). Morir lanno seguente. Una mostra completa, che prende origine dallincredibile collezione del Museo Picasso di Parigi, forte di pi di 5.000 opere, donate in vari nuclei da Picasso stesso e in seguito, direttamente dagli eredi. Ieri come oggi le opere di Picasso potranno ancora insegnarci qualcosa, monito e delizia dei tempi moderni. Picasso. capolavori dal Museo Picasso di Parigi Palazzo Reale, fino al 6 gennaio 2013, orari: luned, marted e mercoled: 8.30-19.30 gioved, venerd, sabato e domenica: 9.30-23.30; biglietti: 9,00 intero, 7,50 ridotto
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www.arcipelagomilano.org pre armate di rossetto rosso, in questo improbabile Armageddon. Gli elementi per creare suspance ci sono tutti: pericoli e minacce ambientati nei deserti californiani, alieni che rapiscono lattore Fred Ward e la sua compagna, ma anche spiragli di set hollywoodiani non troppo nascosti allobiettivo della macchina fotografica. Immagini che sembrano davvero fotogrammi di un film, in un continuum sempre pi indissolubile tra queste due arti predilette da Lindbergh. Peter Lindbergh. Known and "The Unknown" - Galleria Carla Sozzani. Fino al 4 novembre Orari: Luned
LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Le stagioni delle scelte Lodovico Meneghetti Architettura e Scuola
a cura di Daniele Vitale Il Poligrafo Padova giugno 2011
L'occasione di questo libro stata linvito rivolto a Lodovico Meneghetti da Guido Canella e Daniele Vitale a tornare nella nostra facolt di architettura della Bovisa, dove aveva insegnato fino al 2001, per raccontare la sua storia, fatta non solo di una importante vicenda professionale, ma anche, e forse ancor pi, di insegnamento e impegno politico e culturale. Oltre al suo appassionato e documentato racconto, il libro raccoglie anche una serie di testimonianze di chi ha avuto e ha ancora con lui rapporti significativi. Tra gli altri, oltre a Canella e Vitale anche Antonio Monestiroli, Massimo Fortis, Giancarlo Consonni, Sergio Brenna e Federico Bucci, che sono stati colleghi del Politecnico, ma anche compagni di lotta politica come Fausto Bertinotti, Cesare Bermani e Sergio Rizzi, fino ad alcuni suoi ex studenti. Io stesso sono stato invitato a dare la mia testimonianza, e ci mi ha offerto l'opportunit di rievocare il momento per me particolarmente significativo della mia iniziazione allarchitettura, allorch nel 1958
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entrai come apprendista nello studio degli Architetti Associati, che egli aveva fondato qualche anno prima a Novara assieme a Vittorio Gregotti, con la successiva cooptazione di Giotto Stoppino. Nel periodo di permanenza nel loro studio ebbi la possibilit di assistere al passaggio dalla stagione degli esordi a quella dellaffermazione e del riconoscimento del loro lavoro anche a livello internazionale. Transizione alla quale corrispose una drastica conversione dei riferimenti di contenuto dei loro progetti da un colto razionalismo a un sofisticato storicismo. Questo passaggio cruciale corrispose per Meneghetti alla fase del suo pi coinvolgente impegno politico, come militante della sinistra del Partito socialista, che lo port a diventare assessore all'urbanistica di Novara dal 1956 al 1960, pur senza rinunciare a partecipare molto attivamente al lavoro dello studio, incarnando quella che a mio parere ha rappresentato un'intrinseca contraddizione ma vissuta, da marxista, in modo particolarmente significativo: essere al contempo un colto architetto impegnato nella ricerca di linguaggio e un politico di orientamento marcatamente progressista. Proprio in quella fase furono infatti progettati e realizzati alcuni edifici, arredamenti e mobili che si imporranno all'attenzione dei colleghi gi pi affermati, come Ridolfi, Albini e Rogers, e che porranno il loro studio a pieno titolo al centro del dibattito sul neoliberty. Ma fu anche la stagione del determinante contributo al fervore culturale che si era manifestato attorno alla Triennale di Milano, che gli offr lopportunit di partecipare alla progettazione della straordinaria sezione dedicata al tempo libero della tredicesima edi-
zione. in quello stesso periodo che Meneghetti, esaurito il suo mandato come assessore all'urbanistica, realizzer il nuovo piano regolatore di Novara ed altri piani di settore alla ricerca di una concretezza dell'azione politica e del proprio impegno che, nella prima met degli anni 60, l'urbanistica sembrava ancora consentire. La stagione successiva si era nel frattempo gi avviata nel 1963 con la scelta di trasferire lo studio a Milano, l'assunzione di impegni professionali di maggiore consistenza con gli interventi per le cooperative edilizie, tra i quali resta memorabile quello di via Palmanova che porta a compimento l'esperienza compositiva inaugurata a Novara con il complesso di via S. Francesco d'Assisi, depurato dalle inflessioni stilistiche e arricchito di un affinamento tipologico molto significativo. Milano sar anche lo scenario nel quale si esaurir l'esperienza professionale del sodalizio con Gregotti e Stoppino con la chiusura dello studio nel 1969 e la scelta di Meneghetti di dedicarsi completamente all'insegnamento nella Facolt di Architettura, dove gi dal 1964 aveva iniziato a collaborare come assistente di Franco Albini. Ma la scelta pi rilevante operata da Meneghetti in questo passaggio cruciale rappresentata dall'orientarsi verso la ricerca e linsegnamento dell'urbanistica che, riprendendo il filo del discorso avviato con l'esperienza di assessore e autore del piano di Novara, trova ora l'opportunit di riformularsi in termini scientifici basandosi sullo studio delle dinamiche sociali e del territorio in collaborazione con Piero Bottoni, figura emblematica del Movimento Moderno nel nostro paese, e intera-
gendo sempre da protagonista con il gruppo di vivaci assistenti che si era raccolto attorno a lui. A rendere pi significativa l'esperienza accademica ci fu la concomitanza con linizio delle agitazioni studentesche, che ad architettura anticiparono il Sessantotto fin dalla prima occupazione del '63. infatti nella Facolt di Architettura che Meneghetti, ottenuta in seguito la cattedra di urbanistica, ha certamente dato il meglio di s, esprimendo in modo diretto e senza mediazione le istanze di un impegno a tutto tondo, interagendo con le altre figure impegnate nella battaglia per il rinnovamento dell'urbanistica e dell'architettura nel nostro paese. Al di l della vicenda biografica di Meneghetti questo libro ripercorre mezzo secolo di storia del nostro paese e della lotta, purtroppo fallita, per affermare una cultura architettonica e urbanistica dei contenuti e dei valori, invece che di pura immagine e di consumo, con conseguente distruzione dell'ambiente. Una lotta alla quale egli non ha tuttavia mai rinunciato, riproponendone le tematiche e aggiornandole alle nuove contraddizioni che la storia ha fatto inesorabilmente esplodere davanti a noi e che le discipline del progetto appaiono sempre meno in grado di fronteggiare, surclassate, come sono, dal dilagante liberismo e economicismo. La sua collaborazione al sito web fondato nel 2003 e diretto da Edoardo Salzano (www.eddyburg.it), per il quale ha scritto decine di interventi, raccolti e pubblicati in quattro volumi, rappresenta oggi il terreno, praticato con efficacia, del suo impegno e del suo contributo al dibattito sullarchitettura e sullurbanistica. (Emilio Battisti)
TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org In attesa dellinizio delle stagioni 2012/2013
Il Piccolo Teatro dal 21 al 30 settembre ospita Trametissage, la XII edizione del Festival Trame dAutore, organizzato da Outis centro di drammaturgia contemporanea. Per chiudere il percorso intrapreso nelle ultime due edizioni anche questanno il festival dedicato allAfrica. Uno sguardo complessivo della prossima stagione dei teatri milanesi su http://lombardiaspettacolo.com/
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stato il figlio
di Daniele Cipr [Italia, 2012, 90] con Toni Servillo, Giselda Volodi, Alfredo Castro, Fabrizio Falco
Un uomo dimesso, dallo sguardo fisso e impietrito, ha una storia da raccontare. Una storia che sembra conoscere a memoria. Il ritmo della sua voce meccanico, quasi ipnotico per il pubblico casuale di un ufficio postale e per noi spettatori di stato il figlio di Daniele Cipr, opera cinematografica tratta dall'omonimo romanzo di Roberto Alajmo. Le parole del mesto cantastorie ricostruiscono un passato indefinito, in cui una famiglia vive nella fatiscenza di alte colate di cemento nella Palermo dei primi anni '70. Il capofamiglia Nicola Ciraulo (Toni Servillo) un uomo grezzo e intorpidito, si trascina quotidianamente in una disperazione che sembra ormai inesorabile. Solo l'indolenza apatica del figlio Tancredi (Fabrizio Falco) riesce ogni tanto a risvegliarlo. La moglie Loredana (Giselda Volodi) rispettosa e servile porta avanti la casa nell'ovvia tradizione patriarcale. La morte della piccola Serenella desta la famiglia da questa monotonia desolante. Nessuno in famiglia mostra per disperazione per la tragedia della piccola. Di nero c' solo la carrozzeria di una Mercedes luccicante acquistata con il denaro del risarcimento statale. Luccisione della bambina come un tappo che, una volta saltato, rivela la degenerazione morale della famiglia. Il breve lutto presto soppiantato dal desiderio di possesso e dal consumismo represso in anni di miseria. La volont di Nicola di nascondere la povert dietro lo sfarzo dell'auto nuova diventa simbolo di tutta un'Italia che insegue ossessivamente un bene. Un bene che diventa presto la nemesi del suo possessore. stato il figlio quindi il grido immaginario e corale di una famiglia cinica ed egoista. la fine di una storia tragicomica in cui una nonna, con una trasformazione brutale e selvaggia, chiude dietro una porta a vetri non solo il nipote innocente ma anche giustizia, verit e speranza. Marco Santarpia In sala a Milano: Anteo, Arlecchino, UCI Cinemas Bicocca
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