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COLLISE

D’ESTATE

DI GUIDO GERBONI
Indice

- JohnGiornoMajakovskij

- Ubu

- Storie a StAmpo

- Io

- Punta Panica

- Da Finto DiArio ( in disordine cronologico )

- 14 / 3 / 2010

- 19 / 2 / 2010

- 8 / 3 / 2010

- 1 / 4 / 2010

- 24 / 3 / 2010

- 22 / 2 / 2010

- 6 / 3 / 2010

- 17 / 2 / 2010

- 27 / 2 / 2010

- 18 / 11 / 2009

- 15 / 3 / 2010

- 20 / 5 / 2009

- CodA ( a Finto DiArio )

11 / 7 / 2010

- ALL'UrLo

- Il Grande Balzo

- Verde

- Ubriaco
Ghost Tracks

- Che un Dio

- Terzo MovImento

- Passaggi RiveRsi

- Standing on the Beach

- La Ballata del Coniglio


JohnGiorno Majakowsky !!!!

ma ti rendi conto che io non ho neanche il telefonino


e nessuno mi cerca,
e nessuno mi chiama,
e nessuno mi ama,
potrei sbattermi i denti al muro e vedere se funziona,
l'espettorato delle mie fuliggini
lo spasmo estivo ha folgorato
il campo d'identità scaduto da alcuni lustri
mi tengo a memoria chi sono fino a scordarmi
un fragile di un corpo unanime
mi faccio training autogeno di commiserazione,
rintocca il verso
precipitato
risale la collina

quale primo punto dell'alba,

mi sveglio sbiadito orfano dei sogni


che mi sono bruciati,

perchè la rivoluzione può attendere


e attenderà per sempre
UBU
Le parole che l'uomo tacita,
nei cui pressi si affanna e arrossisce,
e che si rigonfiano come onde mosse dal vento
e poi svaniscono come se mai fossero apparse,
meno della parvenza di un sogno,
meno di un miraggio nel deserto.

Si riguardano poi
come oscure trame di geroglifici,
come ammanchi di repertorio,
come impressioni d'acqua piovana
Punta Panica ( 18 / 8 / 2010 )

Serale questo silenzio che cade in brama di parole


anche se non sontuosi versi,
anche se non iperboli maestose,
un passaggio
un trasalire oltre ogni possibile congettura dei fatti,
un tentennamento che sente arrischiarsi un richiamo,
disorientato si brancola intorno,
un balbettio millimetrico tra una chiosa e l'altra di uno sfitto
di respiro
che non sa dove balenarsi,
che si intoppa in muse di cani raccattati dai padroni malmessi,
in bisbigli di amanti di metà agosto a sferragliarsi intimità di
baci
sulle panchine accolite,
in gente che si fa mentore del proprio tramandarsi ai posteri,
che si imbeve nel verde sfracelo degli alberi,
nel sole attingersi che si trapela sfolgorando in assortite di
riflessi,
nel mesto ghermire di conigli sul prato accomodati e le capre
che mangiano sempre,

e poi inesauditi incroci di volti noti mille anni dopo,


quasi riconoscendosi amico,
le tumefatte trame che si rapprendono
come stonate improvvise decapite misure delle fratture,

della dismisura
di questa mia anima a pezzi, porosa, dilapidata a crepe
che si ravVEDE
a sanguinare
StoRie a sTampo
che premono tra l'osso sacro e il cuore
pensieri a molla che tirano ad acciaieria,
tra vie scaracollando in transito
un gesto di poeta
nella rottura degli universi

da questo dirupo di gengive


che avevano del giudizio

denti
( Da FinTo DiArio ( in disordine cronologico ) )

14 / 3 / 2010

Quale inferno ci canterà la notte,


quale girone verrà ad abbracciarci, quale bolgia ci accoglierà
e noi incontro
senza la devozione di un Dante,
senza la filigrana di un Miller,
senza la rugiada di un Ungaretti,
soli
con la nostra speranza vegetale,
soli
con la nostra desolazione
in mano agli angeli.
Quale brace ci accenderà l'anima, ci illuminerà le ossa,
ci irradierà le vene fino ad
inverarci.
Cammino sul filo di lana,
cadono parole come costole d'adamo,
venire a meno di sazietà, approssimarsi all'apice, al terrapieno,
battaglie a vuoto,
facciate di cortesia, istinti bellici,
mani che sovrastano a improvvise rotture,
a irrompere di qualcosa che somigli alla morte,
che porti ancora,
che sappia ancora la leggerezza,
la freschezza
di una morte.

Uno sciame di farfalle


a questa scrittura
invaderà le strade
19 / 2 / 2010

Ho avuto una erezione plenaria questa notte, mi fecondo con le mie


parole,
mi ci vuole un infinito per compensarmi !

In questi giorni d'affranto, le oscure tralci del mio essere hanno


tremaato.
L'inchiostro scintilla dalla stilografica.
Strana gente i poeti, scarto assoluto dell'essere, se ne vanno
cianciando per vie sconnesse.
Il tempo è la misura del tempo, ci scrutiamo da diverse frontiere,
oscilliamo.
Mi riannodo alle vertebre. Mi declino a colloquio con l'angelo.
' oh angelo,
Mi capita le notti di sognare di essere sterminato,
di tornare ai giorni in cui speravo, in cui abitavo.
A volte invece come di risvegliarmi in grida di sapere,
di sapere che dimenticherò quello che ho appena sfiorato.
A volte di volare, di ritrovare.
Ricordi i giorni della pienezza, in cui il tuo spirito vibrava ?'
' Oh giovane anima, che in questo corpo del destino hai scelto di
mutarti
lungo il tuo crinale,
lungo il tuo cammino arretrante, l'angelo ben più antico di te,
perchè mai nato e sempre stato, ti esorta,
fatti passaggio e continua la tua lamentazione,
che l'angelo ti ascolta '

Allungo la via ai miei passi dall'Orsa Maggiore mi scaraventano


sulla spiaggia.
La pioggia ha attecchito la sabbia,
il mare è una canicola sbuffante lambisce l'aria,
lo sbalzo del panorama,
il verde steso
a terrazza,
la misura degli anni in fiamme.

Mi piove l'occhio sull'asfalto,


mi sgomenta la mia vita minimale,
i miei crolli a distanza,
il mio cielo in una stanza.
8 / 3 / 2010

Massimi sistemi e minimi pensieri.


Lucertole rampicanti scomparse d'edera
come coltri alcuni barlumi di frutta raggiante,
alle sfumature della luce ritempra lo sguardo
gli occhi sbiaditi
da monocorde di nuvole
a mitigare il cielo.

La Baldracca rinsavita lancia epiteti dal balcone


ai fuoriluogo
passanti
vacanti.

Questa morte silenziosa che ci vive nei giorni,


ci scava cheta l'acqua,
le notti.
1 / 4 / 2010

Mi sono protratto a letto fino ad allungarmi a mezzodì.


L'ora legale mi ha scosso le misure dei miei risvegli, dei miei
minutaggi.
Già anni addietro annotavo con grande turbamento viscerale,
accostando lo sguardo alla finestra,
al sole che brillava nella balconata a 200 metri in linea d'aria
di investiture vegetali,
al mandorlo che tra le graticole arrugginite raccontava la
fioritura nella bontà della Terra,
nel convergersi, nell'avvicendarsi, nel dileguarsi delle stagioni,
perchè l'AssOluto
che tanto ti aggrappa, quella speranza di sopravvivenza, di coitus
non interruptus,
quell'ammanco di felicità,
quel montepremi di ricognizione, di isole fenici,
Ricordo come mi guardavi sdraiato sulla poltroncina
e ti ho visto
del sorriso splendente turista alle hawai
riflettersi luminoso nella beatitudine balneare,
ed io avevo perlustrato in qualche angolo degli occhi il dire già
questa è la vetta,
è la beatitudine della salsedine,
del mare in crociera,
ma ora al racconto
di quali inferni ho percorso per giungervi mi hanno percosso, mi
percorrono,
come finito all'inferno degli ingenui, dei non abbastanza ingenui,
dei dimentichi sulla Terra.
Già anni addietro annotavo con grande epifania l'assoluto
Transito,
questa convenzione umana al risparmio energetico,
come se accelerando il moto dei minuti, fino a compassarlo per
intero in un ora,
fino a un ora a velocità a costo zero di tempo
a compiere a destra della circonferenza oraria
un arco a tenuta stante,
si spalancasse uninfinito.
E giù un palafittuario di gorgoni e mitologici risvegli,
come estrema rivelativa, come se per un attimo,
per un attimo in più in sovrappiù trapiantato nel tempo,
si illuminasse l'ossatura di questo corpo cagliostro di incastri
ad orologeria illusoria
ma non per questo irreale,
un illusorio che si fa meta, che si fa passaggio, che si schiude,
che si apre.
Che si lascia scrutare, scorgere,
intravedere....Tic,toc,Tic,toc.....
24 / 3 / 2010

Chi si è svegliato chi ? dove ? quando ?


chi si è svegliato chi ? dove ? quando ?

Se qualcosa accadde, accadde tutto in una notte, l'innamoramento,


il venir meno ai sensi,
i petali di rose ad ingrassare il rosso beduino di bivacchi senza
rimorso,
fitto di prese allo stomaco intorno al focolare,
al fuoco vibrare in fughe eliche
innalzandosi.
Se qualcosa accadde, accadde tutto in una notte,
sprofondando del tutto un volto eroso
all'alba di un mattino,
Se qualcosa accadde, accadde tutto in una notte,
a rinunce di attese, a mani di infiniti rilanci,
e non rimase all'alba di un mattino
su quel volto
che di un eroso mistero......

Chi si è svegliato chi ? dove ? quando ?


22 / 2 / 2010

Ci sono cose poggiate lasciate a segnare in casa mia, una idea di


movimento,
un residuo di azione,
una postura di accadimento.
La vita che sogno è quella che allungo le mani senza freni,
ogni parola una realizzazione, ogni accenno un poema.
Mi ritorno a volte a riscoprire vecchi acciacchi, pile a rendere
contenute di memorie,
pire ad accendere il moto immobile;
chissà cosa direbbe di me vedendomi Marianna ?
o gli altri che eravamo come parti di un corpo unico totalizzante,
di cui mi sento l'unico rimasto,
lo smembrato.
E le fiocine che tirano il bar,
gli incontri privilegiati, le mancate rassegnazioni, il conto dei
bilanci.
tirare funi a punti di disperanza che illuminino nel naufragio
spiagge cortesi,
apologie dello stare in piedi.
Quando ancora si era di mani dorate seminatori di belle
speranze,
corse sulle autostrade bagnate dal sole il mare scintilla a valle,
la quiete pallida tormento e memoria, gli attimi bui prima del
gallo, la fine dei giochi,
la fine dei goti.
Ed ora, ed ora rintocca l'ora, ed ora sempre bloccata ora da anni,
decenni,
da mutui in soccorso,
da anime spente recalcitranti.

Ed io con la mia bella posa da scaricatore di versi, da


manipolatore dei segni,
da inventore degli spazi,
da voce eccelsa dei cieli, da testimone degli inferni, mi chiedo
a quali attese attenda il Mio coniglio in mia assenza la notte
quando dormo,
e solo regna sovrano nel suo salotto savana.

Mi sparo in vena una confessione,


un canestro di rugiada,
un canestro di parole,
un capestro di parole
per il cantore che sono,
del fallimento.
Fallire come rubare caramelle ai bambini,
ogni cosa una reliquia, ogni cosa una religione.....
me lo aveva già mostrato in sogno mio fratello, il secondo di noi
tre,
le nove tappe, le nove carte
ognuna un fallimento sulla mia strada.
Nove, tre esponenziato a due, una corsa ad acceleratore pigiato in
retromarcia.
Eppure,
l'eppure che segna una distanza, una possibilità che apre un
varco,
Eppure stavamo,
stavamo accesi con gli occhi desti
ad osservarci piantagrane, piantadelizie, orpelli ed
ammenicoli dispense porte

sul davanzale.
6 / 3 / 2010

Aggiornarsi alla rinuncia, prendere le cose in spirito di attesa.


Come un nuovo esordio ripetuto alla dipartita
mi accomodo sul mio balcone letto a scivolarmi addosso
memorie di un sabato provinciale denuclearizzato.
Incubo scaccia incubo, sasso schiaccia sasso,
dissemino tracce ovunque delle mie scomparse
dei miei vuoti a venire,
delle ceneri danze.
Lo sconforto è la nota dolente è la nota ruotante,
gli accorsi in moltitudine a braccia aperte
a braccia conserte.

E l'inesorabile del fornello spiattella le sue ricette,


e l'inesorabile del già detto accura prevenendo,
e l'inesorabile del fiaschetto ci tracanna nel petto.

Come mani impavide a un pugno di polvere stringe.......


17 / 2 / 2010

Osservo
il gatto
che si gode
il suo pranzo netturbino,

rincasa il vicino.
27 / 2 / 2010

Note per cuori solitari.


Ricordo vedette affacciate sui muri nelle notti piene, abbordi di
silenzi,
ricordo me che mi appassionavo spiando
fuoricampo massimo.

Notte eburnea di dolori lancinanti


si stenta a prender sonno, e quando si trapassa,
vite di dannati da scontare in soluzioni rateali.
Fratelli nella dipendenza, arpie dietro la tendina,
un patto con un ombra che prende umano al muro
e ci rivela l'origine del giorno.

E non Mi resta che piangere o scrivere, che poi in fondo sono la


stessa cosa.
Sapevo allora quasi i FinTi abbagli delle rincorse altrui.
Sapevo quasi qualcosa di utile.
Mi trovo ora in una età di tardo incompreso figura dolente.
Avrei bisogno di accoppiarmi senza troppi fronzoli.
Sembra già primavera.

In questo meriggio assolato me ne sto accalcato a una sedia


seduto al balcone
a farmi verde abbronzato.
In questo silenzio assolato che è il giorno di sempre in continuo
ritorno
mi rispecchio nel verde la luce dei vasi.
In questo cielo spianato si trascina di lunghe premesse,
vedo un volo di uccelli lontano.
In questo vuoto di cose che non hanno parole affidate alla cura
del tempo
me ne sto come voce del vento.
In questa storia di assenze, mi abbandono alla vuota presenza,
ai miei segni su carta,
al passaggio da un niente a un nient' altro.
18/ 11 / 2009

La morte non è mai troppo lontana


come si erode la mia settimana
il mio tempo a scadere su questa terra,
.....l'acciottolato perdeva sassi e si poteva cadere......
nuvole all'orizzonte, il lontano ricordo dell'estate, degli
schiamazzi,
degli spruzzi d'acqua sulla battigia, le note degli sdentati,
le fuoriuscite dei cadaveri,
le barche appisolate sul bagnasciuga,
le scorribande
anime leste di lacrime……

15 / 3 / 2010

......i poeti sono davvero dei demoni


accompagnati da demoni, incalzati da demoni, perseguitati da
demoni, incantati da demoni,
nudi cercando, nudi svestendo, nudi desiderando,
nudi implorando della stoffa dei santi.

Vado in lavanderia a ritirare il mio abito in tinta amaro……

20 / 5 / 2009

……andando a stringer l' osso


di questo giorno senza fine
che non ha mai
avuto
inizio,
il sole è ancora in piena
sulle vetrate
a contemplarsi

Potrà questa bellezza

Spalancare il mondo ?
CoDa ( a FinTo DiArio )

11 / 7 / 2010

E mentre tornando a farsi da parte questo accenno di verdume


illuminato
dal medesimo errare di un sole cangiante,
io primo tra gli immacolati,
primo tra le voci per disappunto,
primo tra gli inquisiti del caso,
primo tra coloro che sperano di
ispirarsi,
primo tra le notti decedue,
primo tra i millantatori del giorno dopo,
primo tra i mancanti,
primo tra gli improvvisatori di qualsiasi,
vuoto vuoto,
in cerca di un minimo salariale di esistenza,
di confidenza,
di rapporto soddisfacente.
E mentre con riordino degli ultimi anni a radure ombrose,
venaturata d'ombra il sonno ha messo gli stipiti scassati,
e le mie membra come tacendo il respiro del verde che trama negli
alberi, un nero scoiattolo porta ambasce sul tetto dinoccolando
l'abete,
e mentre le spoglie accese del tribolato incarno,
smasticando a bocca conserta, a mietura fresca, a ventilata
azione,
un pianto muto che si adopra tra le rocce
e mi ricade addosso come un mutuo di inganni,
di solari a carezze, di contrade che si incastrano.
Progetto uscite a singhiozzo, a muta instabile,
all'utile della formica che si spiaccica la cicala,
il mugugno caldo dell'asfalto trasale serale
scolorando la mia tristezza gonfia
sillabata a vuoti corali di danze,
si allunga di riflesso a lunga gittata da quelle torri di vetro
che taciono perennemente di richiamo, in mio richiamo
uno spallato d'arancio che mi si inocula sfaldendomi
d'immagini a crepacuore
ALL'URLO *

Qui
prima d'oggi eravamo
nei cuori dove vivo
si ascolta il passaggio.

Albori di notti stagnanti,


affonda nei vicoli neri
la luce dell'immaginazione irradia nuove comete
( la tigre divampante fiamma nella foresta della notte),
la dinamo stellata del macchinario notturno
brucia le teste angeliche degli antichi cieli,

lascia che il ciclope dall'oscurità


tragga la prima visione.

Nelle umide vie


la cenere dei poeti
sui corpi nudi al vento
si apre il battito della strada,
una cascata di oscurità tira fino alle somme del cielo
un migrare di forme
barlumi nottetempo riemersi
corrono affari tra scimmie,
la vendita ambulante dei destini all'urlo dei mercanti,

sui tetti camminano i fati.

Come un carnefice caduto dal sogno


la vittima invoca il perdono
di chi è svanito nei campi di rose all'alba,
di chi ha vagato miglia di ferrovie
all'ombra del taciturno infranto
perdendosi,
di chi è crollato in pianti a dirotto di becchini messi a nudo,
teschi, prede vulcaniche,
sotterranei di metropoli urlanti,
ricomparse senza copione,
una ressa di volti a sparire.

Corpi in fiamme
i carrettieri dell'Assoluta realtà
traghettano alla città fantasma
la solitudine dei reami dorati
corpi fatti pietra,
il deserto chiama l'anima alla sete.

Collassa le briglie dei verdoni


l'occhio del potere
gli amanti legati al vecchio tronco
gli orologi scagliati in eternità di lancette
apri un varco
la veglia è un terremoto.

Trascinati con occhi di gemma,


di abissino,
ora che hai visto con occhio raddoppiato
le volte che il nero affonda
nella vescica della notte,
la pelle scavata
di questa carne al macello,
dei fuorilegge che bazzicano i bassifondi,
dilaniate le bolgie,
accese braci di cadavere
affogare nei marosi riarsi

i mille nomi di questo inganno,


i mille ignoti di questo canto.

II

La visione di ciò che ho visto


affonda
il fiume tace

angelici nudi
vuoti bardo
collane d’avorio

nei cortili di sempreverde


cimiteri nascenti,
voci per coro
bocche da sfamare
a fuoco avanza
la danza delle ore
la pallida idea

che nessuno possiede.

* liberamente ispirata a Howl di A. Ginsberg


Il grande balzo

I ripetuti sogni che hanno una spina nel fianco,


il rosso esploso delle foglie,

la vita piegata sul bancone della spesa,

le caduche dei rampicanti nei riverberi accesi


ed i tramonti

lo sguardo asciutto sulla mattina dei traversi,


l'intercorso dei passi
smisurato

si rimane così,
spopolati,
è questa piena di luce
che ci sparpaglia
Verde sprofonda
panchina di pietra
l'ombra
ubriaco
ritorno
a quei giorni
divelti
GHOST TRACKS
Che un Dio
ci selli una scienza

da cavalcare,

fin dove invecchiano i tremori,


fin dove discorre l'ultimo amore,

fin dove Morte batte candore


TerZo MovimEnto

Nei luoghi senza dimora


il passaggio regna sovrano.

Stava l'ulivo immobile


nel verde caduti
a farsi deriva
i giorni,

notte ritrovata notte,

nel verde chiarore che adombra


ad ogni muta disperazione
placa la sete,

una coltre di mani


è una selva,
un tamburo discende la sera

restiamo,

ma è una immensità
quest'ombra che si accresce
per eccesso
di luce.

Dove il mondo accade


ogni giorno sfinito

torno.
Passaggi RiVersi

Osservare tutto come una visione

a perdersi,

come una voce che si spegne.

Sulle lune tirate da questo sole cocente

una mandria di crune

sono luci di nudi,

i gabbiani a rigore del vento.

Smonta la notte il suo turno di guardia

è la promessa un ultimo lampo

sullo sguardo di pietra.

Quando in quegli occhi scavati

che affondo

non vedo più la mia anima,

mi ritrovo passato.

Di rovine ricordo

il frammento

la misura calante

il livore di strade spianate,

una piena di mani svuotate,


il costante inganno di questi giorni perpetui

ed è la dimenticanza

un amore incompreso,

pretesto ritorno

alle proprie ceneri.

'Quando venendo a mietere le proprie onde...'

Creature in formato umano

passanti lacere visioni,

è questa luce spinosa che taglia il cielo

è questo sole ingiurioso che abbraccia il cielo

in mille impiccagioni,

mozzi di pesce

gabbiani custodi,

' o voci che per troppo errare...'


Centellinato questo candore di sole

bucaneve di gocce,

il tempo è fuori asse di questi giorni divelti,

un silenzio vasto assedia il rigurgito serale,

pose di senza sosta,

via vai di fine corsa,

attese ore,

una nuvola

è il tirante del cielo,

pastorale degli uomini minimi

a mollo

nel grido del tramonto.

Trafuga città

cadrai come una pioggia che si infittisce

del temporale,

come una visione a perdersi,

come una voce che si spegne……


Standing on the beach

NIght of venture
the butterfly sing
in the dream mood
of flowers

waving clash,
waving clash

drafts of memories
rain gently
like a smooth touch of feelings
on snapshot windows drum
brighting light
strip of gold
jumping gate

nowhere
bridging
cover clouds
beyond
elbow boundaries
naked
uncanny

beatining
beatining
deep

full of grace
joy suffering
pain, love,
mirror feels

i'm sadness still


up to tears

leaves of life
dropping visions
glance my eyes

vacuum sailors

i've seen u,
i've seen u
catching the sun burn light
in the salt stone
sea born rainbow horse

we're coming,
we're coming back

sound the sea,

waving clash,
waving clash,

green tree wisdom


of cemetery departure
ash thundering child
in the mind dropping all
empty stone
rolling, rolling,
under go,
still go on,
under run,
roaring,
roaring,
louding echo
nowhere voice,

waving clash,
waving clash,

in the skyline border


we're,

we're born
again.

NIght of venture
the butterfly sing
in the dream mood
of flowers
La BalLata del ConIgliO

E la notte, rieccoci a vagare


sulle stesse tracce di mistero,

guardinghi e desiderosi
di sconfinare nelle tenebre
questo silenzio ricco,

io addietro alla tua corsa stentata


di saltelli fugaci
su binari,
che rendi dolci.

Quanti racconti,
se tu sapessi già solo ululare
o balbettare
o tessere un flebile sibilo
di farfalla.

E' invece,
che hai fatto del silenzio
la tua cava reale
dove ti svegli adone
nel canto della notte.

Mio dolce, indifeso,


compagno di ventura,

sappiamo noi cose


della solitudine,

che anche il deserto


tace

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