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di Guido
Gerboni
“ Distese libere a ridosso
Il mandorlo in fiore si ritaglia una fetta di cielo nel suo bagno di sole.
Scende grave ed odoroso abbandono dello schiudersi gemme d’avorio lungo le protuberanze
arboree. Si piegano docilmente alla luce grondante in questa intercapedine circoncisa di fil di
ferro e di margherite selvagge
cresciute in barba alle mille facezie metropolitane,
all’immondizia che a pochi metri di distanza , s’azzuffa di resti
di palme tropicali e di cartoni d’ufficio, di biciclette
all’ultima fermata. Il sole picchia una circoncisione collerica ,
amabile gestazione di saperi impraticabili. E come adempiente ad
una divina giustizia poetica, questo scorcio si desta come lontano
eco delle mura urlanti un desiderio di impiccagione,
E cosa c’è nei suoi quadri, se non la storia di ciò che un tempo,
si chiamò Anima ?
Tra le spire, leggero cade il pennello, travasa la bile,
come forbice che trancia la materia, verso un cocchio celeste.
Antico dei giorni, spacca in due la vita, per meglio illuminarla.
Una corposità esasperata rammenta le antiche narrazioni
dell’Anima, rimembra in rinnovata cosmogonia, il sale dei giorni,
presagi di temporali estatici, addensa la materialità agitata
mentre affonda lo sguardo pregno in questo crogiolo di colori
visionari, che ribolle pitturazioni oscene di banalità naturale
in limpidi misteri quotidiani.
“Bardo,
qual è la terra a cui aneli ?”