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Siamo solo al secondo numero dell’orizzonte degli eventi, e già si respira aria da finale di partita. Sarà il clima d’ottobre, i rannuvolamenti, le prime piogge; saranno le scuole che riaprono, o che ancora peggio quelle restano chiuse, perché di lavorare gratis non ha più voglia nessuno. Forse, è più semplicemente la concomitanza di queste circostanze autunnali, che ci ha spinti a scegliere come tema l’EX - come per volgere lo sguardo al passato; come se ci trovassimo all’ uscio della nostra epoca, e volessimo guardarci addietro prima di chiudere la porta-. E aprirne una nuova.
Questo numero sarà una gita fra cimiteri, fra album di famiglia polverosi; per riscoprire i volti e le storie passato, e percorrere i vicoli più sudici della Torino dell’ottocento. Per accompagnare con un canto malinconico l’avvento delle industrie, e lo spegnersi delle lucciole, esiliate dal fumo città; e, perché no, per sognare il loro ritorno. Ex vuole essere una riunione di famiglia per ricordare un passato che ci esorta a sperare, a riscoprire un capitale di speranza nelle scartoffie del passato, a raccogliere frammenti di storie per ricostruire il puzzle della nostra identità, e scorgere una via d’uscita dal labirinto della postmodernità.
In diversi noteranno in questo numero si alternano con nonchalance referenzialità e finzione, realismo e immaginazione, giornalismo e satira. Molti articoli - non dirò quali -ammettono un’interpretazione realistica e una fantastica. Alcuni detrattori del nostro giornale ci accuseranno di schizofrenia; altri, di mistificazione. Replicherò, in anticipo, che entrambe queste accuse sono false.
Questo numero dell’Orizzonte degli Eventi, è vero, abbonda della necessaria invenzione di Eventi contingenti, di cui esistono esempi splendidi nell’opera di Borges e di Domeq. Con questo giornale intendiamo infatti rivendicare la libertà di tornare a fingere, libertà di rappresentare la realtà attraverso l’immaginario. Se oggi il lettore indietreggia di fronte a questi esperimenti di giornalismo borderline, è a causa del potere mediatico perverso esercitato dal governo: la TV e la stampa di Arcore, con le loro grette bugie, il velato revisionismo, le vili manovre manipolatrici, ci hanno addestrati a diffidare della finzione, urlando a gran voce che fingere significa mistificare, manipolare, cooptare. Oggi la finzione è divenuta lo strumento par excellence del potere, e lo si vede bene nei residui del giornalismo indipendente che, per sopravvivere, è obbligato a rinchiudersi nelle convenzioni di genere, e a rattrappirsi nella più becera e schietta referenzialità. Noi intendiamo riappropriarci delle narrazione, e arrogarci il diritto di ricominciare a sperimentare e a sognare. Il nostro modello non saranno pseudotestate come il Fatto Quotidiano, ma gli avanguardismi veridittivi di Cuore, gli esperimenti situazionisti del Male.
La nostra aspirazione, è riaprire di una terza via fra il iperreferenzialità e informazione manipolativa, per mostrare che oggi c’è ancora spazio per raccontare il nostro mondo. Come non citare allora l’imperativo dell’altrettanto immaginario Morelli, che rivendica la necessità di “forzare la serratura dell’immaginario, per tornare a bussare alle porte dell’Utopia”?
Siamo solo al secondo numero dell’orizzonte degli eventi, e già si respira aria da finale di partita. Sarà il clima d’ottobre, i rannuvolamenti, le prime piogge; saranno le scuole che riaprono, o che ancora peggio quelle restano chiuse, perché di lavorare gratis non ha più voglia nessuno. Forse, è più semplicemente la concomitanza di queste circostanze autunnali, che ci ha spinti a scegliere come tema l’EX - come per volgere lo sguardo al passato; come se ci trovassimo all’ uscio della nostra epoca, e volessimo guardarci addietro prima di chiudere la porta-. E aprirne una nuova.
Questo numero sarà una gita fra cimiteri, fra album di famiglia polverosi; per riscoprire i volti e le storie passato, e percorrere i vicoli più sudici della Torino dell’ottocento. Per accompagnare con un canto malinconico l’avvento delle industrie, e lo spegnersi delle lucciole, esiliate dal fumo città; e, perché no, per sognare il loro ritorno. Ex vuole essere una riunione di famiglia per ricordare un passato che ci esorta a sperare, a riscoprire un capitale di speranza nelle scartoffie del passato, a raccogliere frammenti di storie per ricostruire il puzzle della nostra identità, e scorgere una via d’uscita dal labirinto della postmodernità.
In diversi noteranno in questo numero si alternano con nonchalance referenzialità e finzione, realismo e immaginazione, giornalismo e satira. Molti articoli - non dirò quali -ammettono un’interpretazione realistica e una fantastica. Alcuni detrattori del nostro giornale ci accuseranno di schizofrenia; altri, di mistificazione. Replicherò, in anticipo, che entrambe queste accuse sono false.
Questo numero dell’Orizzonte degli Eventi, è vero, abbonda della necessaria invenzione di Eventi contingenti, di cui esistono esempi splendidi nell’opera di Borges e di Domeq. Con questo giornale intendiamo infatti rivendicare la libertà di tornare a fingere, libertà di rappresentare la realtà attraverso l’immaginario. Se oggi il lettore indietreggia di fronte a questi esperimenti di giornalismo borderline, è a causa del potere mediatico perverso esercitato dal governo: la TV e la stampa di Arcore, con le loro grette bugie, il velato revisionismo, le vili manovre manipolatrici, ci hanno addestrati a diffidare della finzione, urlando a gran voce che fingere significa mistificare, manipolare, cooptare. Oggi la finzione è divenuta lo strumento par excellence del potere, e lo si vede bene nei residui del giornalismo indipendente che, per sopravvivere, è obbligato a rinchiudersi nelle convenzioni di genere, e a rattrappirsi nella più becera e schietta referenzialità. Noi intendiamo riappropriarci delle narrazione, e arrogarci il diritto di ricominciare a sperimentare e a sognare. Il nostro modello non saranno pseudotestate come il Fatto Quotidiano, ma gli avanguardismi veridittivi di Cuore, gli esperimenti situazionisti del Male.
La nostra aspirazione, è riaprire di una terza via fra il iperreferenzialità e informazione manipolativa, per mostrare che oggi c’è ancora spazio per raccontare il nostro mondo. Come non citare allora l’imperativo dell’altrettanto immaginario Morelli, che rivendica la necessità di “forzare la serratura dell’immaginario, per tornare a bussare alle porte dell’Utopia”?
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Siamo solo al secondo numero dell’orizzonte degli eventi, e già si respira aria da finale di partita. Sarà il clima d’ottobre, i rannuvolamenti, le prime piogge; saranno le scuole che riaprono, o che ancora peggio quelle restano chiuse, perché di lavorare gratis non ha più voglia nessuno. Forse, è più semplicemente la concomitanza di queste circostanze autunnali, che ci ha spinti a scegliere come tema l’EX - come per volgere lo sguardo al passato; come se ci trovassimo all’ uscio della nostra epoca, e volessimo guardarci addietro prima di chiudere la porta-. E aprirne una nuova.
Questo numero sarà una gita fra cimiteri, fra album di famiglia polverosi; per riscoprire i volti e le storie passato, e percorrere i vicoli più sudici della Torino dell’ottocento. Per accompagnare con un canto malinconico l’avvento delle industrie, e lo spegnersi delle lucciole, esiliate dal fumo città; e, perché no, per sognare il loro ritorno. Ex vuole essere una riunione di famiglia per ricordare un passato che ci esorta a sperare, a riscoprire un capitale di speranza nelle scartoffie del passato, a raccogliere frammenti di storie per ricostruire il puzzle della nostra identità, e scorgere una via d’uscita dal labirinto della postmodernità.
In diversi noteranno in questo numero si alternano con nonchalance referenzialità e finzione, realismo e immaginazione, giornalismo e satira. Molti articoli - non dirò quali -ammettono un’interpretazione realistica e una fantastica. Alcuni detrattori del nostro giornale ci accuseranno di schizofrenia; altri, di mistificazione. Replicherò, in anticipo, che entrambe queste accuse sono false.
Questo numero dell’Orizzonte degli Eventi, è vero, abbonda della necessaria invenzione di Eventi contingenti, di cui esistono esempi splendidi nell’opera di Borges e di Domeq. Con questo giornale intendiamo infatti rivendicare la libertà di tornare a fingere, libertà di rappresentare la realtà attraverso l’immaginario. Se oggi il lettore indietreggia di fronte a questi esperimenti di giornalismo borderline, è a causa del potere mediatico perverso esercitato dal governo: la TV e la stampa di Arcore, con le loro grette bugie, il velato revisionismo, le vili manovre manipolatrici, ci hanno addestrati a diffidare della finzione, urlando a gran voce che fingere significa mistificare, manipolare, cooptare. Oggi la finzione è divenuta lo strumento par excellence del potere, e lo si vede bene nei residui del giornalismo indipendente che, per sopravvivere, è obbligato a rinchiudersi nelle convenzioni di genere, e a rattrappirsi nella più becera e schietta referenzialità. Noi intendiamo riappropriarci delle narrazione, e arrogarci il diritto di ricominciare a sperimentare e a sognare. Il nostro modello non saranno pseudotestate come il Fatto Quotidiano, ma gli avanguardismi veridittivi di Cuore, gli esperimenti situazionisti del Male.
La nostra aspirazione, è riaprire di una terza via fra il iperreferenzialità e informazione manipolativa, per mostrare che oggi c’è ancora spazio per raccontare il nostro mondo. Come non citare allora l’imperativo dell’altrettanto immaginario Morelli, che rivendica la necessità di “forzare la serratura dell’immaginario, per tornare a bussare alle porte dell’Utopia”?
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