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Su Di Me

L’anima, nelle cose, nelle genti: cosa spiega la real natura di cotanto
astratto affare? Solo chimiche reazioni nel cervello nostro? Chissà…
Tali volte, anche un materiale adepto della scienza qual me, può creder
l’esistere di qualcosa di cui ancor scienza alcuna sia riuscita a sbrogliarne
trama.
Di fatto m’interrogo, su quel senso di vuoto che tanto in questi giorni
m’arroventa, dove m’ è sol concesso il malinconico ascoltar della fredda voce
dell’eco d’un tiepido ricordo, nel vuoto del cuor mio.
Come ancor la radiante sensazione di libertà che mi pervade alla vista sola
della natura, col suo severo manifestarsi di montagne e colli, quello infinito
senso di riverenza per tutto ciò che mi circonda, e di cui faccio parte, la
sacralità ed il misticismo che provo in un’invernale giornata di nebbia: può
tutto ciò davvero esister dentro me, o sol di ingannevoli miraggi io m’illudo?
Spesso una parte della mente mia, quella parte libera dalle catene del mio
esser stesso, parla, e mi trasmette sensazioni tanto dense quanto profonde,
ma mai mi fu concessa l’arte d’esternarle, mio grande tormento.
E quel demone che alberga in me, colui che di nome si fa appellar Orgoglio,
“cui prodest”? Cosa lo rende al cospetto mio tanto forte quanto altresì
debole?
Mi chiedo anche se saggio abbastanza sarà il futuro mio a smussar gli angoli
di tali miei modi d’essere. Di ciò non mi è dato saper; l’unico desiderio mio è
non esser tanto vano di mostrar, assieme ai difetti miei, anche ciò che di più
prezioso vi è in me… ed in cuor son consapevole che detta parte di me sia
solo imprigionata nell’esser mio, è così: mi spetterà dunque d’accettarlo o di
combatter?
Qualsivoglia sia il confine tra la mia austera inquietudine e la profondità
del mio esser sentimentale, che tanto mi turba, e tanto male m’arreca quando
sono, come in questo momento, solo con me stesso, esso è mia croce e delizia.
Se la mia essenza è dunque quella di far del male alle persone che più amo,
mai nessuna maledizione potrebbe sittanto uccidermi dentro, così come
questa sta bramando di fare.
Ma in pensier mio so di non esser tale… son dunque destinato ad amar solo
dopo, chi ho perduto per sempre, per mio errore o per stupidità?
O mia Monna Lisa, così mi piace ricordarti, capir mai potrai quest’uomo,
forse solo incapace di comprender egli stesso, e così, di manifestarsi degno
d’un miglior destino, quand anche il più caro amico suo, detto Buon Senso,
lo tradisce, e lascia indisturbato, tonante, l’ orgoglio agire, recidivo quanto
ottuso?
A Te vorrei ora rivolger un ultimo pensiero:
-“Tu sola hai aperto gli occhi miei su e dentro me, ed hai acceso un tenue
lume nel più recondito angolo di me stesso, che rende quella arcaica miope
visione un poco più chiara, tu, che hai portato un po’ di calore nel gelido
inverno del cuor mio, tu, che ti perdesti nel labirinto dell’oscurità mia”-
Tutti questi fantasmi del passato, presente e futuro volteggiano attorno alla
mia serenità, come avvoltoi su una carogna, e qui ancor m’interrogo su
quanto giusto sia esser trasparenti all’emozioni che in me si susseguono,
come lampi in una tempesta, trascinandoti in quel vortice, ora dolce ora
pungente, come di una rosa il fiore e le spine… ma forse io solo potrò trovar
la forza di perdonarmi, seppur tal perdono, ora come mai, sia solo un
evanescente spettro…

Vivaldi Valerio 30-Marzo 2007

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