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SCENA SECONDA
SCENA PRIMA
TOGNINO e dette
FLAMMINIA e EUGENIA TOG. Servo di lor signore.
EUG. Che cos'avete, signora sorella, che mi guardate così di mal EUG. Addio, Tognino, che fa il padrone?
occhio? TOG. Sta bene, la riverisce e le manda quel biglietto.
FLA. Eugenia mia, compatitemi; mi fate tanto venir la bile che FLA. E qui che ci avete?
oramai non vi posso più guardar con amore. TOG. Un po' di frutta.
EUG. Bella davvero! E che vi ho fatto che non mi potete vedere? EUG. Sentite come mi scrive!
FLA. Non posso sofferir quella maniera aspra, litigiosa, indiscreta, FLA. E' sdegnato?
con cui solete trattare il signor Fulgenzio. Egli è innamorato di voi EUG. Vorrebbe far lo sdegnato ma non lo sa fare. Sentite come
perdutamente; si vede, si conosce che spasima, che vi adora... e principia:"Crudelaccia...
voi non cercate che d'inquietarlo e corrispondergli con mala grazia. FLA. Via, via, è parola d'amore.
EUG. In verità mi fareste ridere; avete tanta compassione per il EUG. ...mi prendo la libertà di mandarvi due frutta perchè possiate
signor Fulgenzio? raddolcirvi la bocca che avete per solito amareggiata di fele...
FLA. Ho per lui quella carità ch'egli merita e che voi dovreste usargli FLA. E' amore, è amore!
per giustizia e per gratitudine. E' un uomo civile, è un uomo ricco, è EUG. ...sarei venuto in persona se non avessi temuto accrescere i
di buonissimo core! Considerate che voi avete pochissima dote; che vostri sdegni".
nostro zio, a forza di spendere in corbellerie ha precipitata la casa; FLA. Sentite?
che io mi sono maritata come il cielo ha voluto e che ho penato tre EUG. Ma ci verrà! "Vi amo teneramente e appunto per questo,
anni in povertà col marito e quando è morto ho avuto scarsa stando da voi lontano intendo unicamente di compiacervi".
occasione di piangere. Così e peggio potrebbe capitare di voi che FLA. Sentite?
non siete nel migliore stato del mio. Il signor Fulgenzio che vi ama EUG. Ma ci verrà! "Bramerei due righe di vostra mano per
tanto e che ha detto di volervi sposare, è l'unico, forse, che possa assicurarmi se vi è rimasta nel cuore qualche scintilla d'amor per
fare la vostra fortuna: ma voi, sorella cara, lo perderete, lo perderete me."
senz'altro. E ci sommetto che iersera si è più del solito disgustato, e FLA. Suvvia, rispondetegli e usategli un poco di carità.
starete un pezzo a vederlo! EUG. Siete molto compassionevole.
EUG. Ed io scommetto che non passano due ore che Fulgenzio è FLA. Oh. io non posso veder a penare nessuno.
qui, e mi prega, e se voglio mi domanda ancora il perdono. EUG. Con questi uomini non bisogna esser poi tanto corrive, e non
FLA. Voi l'avete ingiuriato ed egli vi domanderà il perdono? è sempre ben fatto far loro conoscere che si amano tanto.
EUG. Eh, non sarebbe la prima volta. FLA. Io non l'ho mai usata questa politica e non la saprei usare.
FLA. Vi fidate troppo della sua bontà. EUG. Scrivetegli voi per me.
EUG. E anch'egli si può compromettere dell'amor mio. FLA. Volete che lo faccia davvero?
FLA. L'amate, dunque, e lo trattate sì male? EUG. Sì, fatelo che mi farete piacere.
EUG. Ma che cosa finalmente gli ho fatto? FLA. Badate che io voglio scrivere a modo mio.
FLA. Niente! In tutto il tempo che viene qui, è mai passato un giorno EUG. Sì, scrivete come vi pare.
o una sera senza che voi l'abbiate fatto inquietare? FLA. Voglio scrivere per placarlo e non per irritarlo di più.
EUG. Son sempre io quella che lo fa inquietare? Parmi ch'egli sia EUG. Credete che io abbia piacere a disgustarlo? Signora no. Fate
sofistico e puntiglioso quanto me. anzi una bella lettera che lo consoli il mio caro coruccio bello.
FLA. Non è vero. FLA. In nome vostro.
EUG. Oh, voi sapete bene quello che vi dite. EUG. In nome mio, ci s'intende.
FLA. Specialmente poi lo tormentate sempre sul proposito di sua FLA. Aspettate, quel giovane, che or ora vengo con la risposta.
cognata. TOG. Dove vuole ch'io posi questo canestro?
EUG. Sua cognata io non la posso vedere. FLA. Date qui, date qui... guardate, Eugenia, che belle frutta; sa che
FLA. Ma cosa vi ha fatto quella povera donna? vi piacciono e ve le manda. Invece di star sulle sue vi manda le
EUG. Non m'ha fatto niente, ma io non la posso vedere. frutta! Un uomo come questo non lo trovate più. Io so che se avessi
FLA. Quest'odio è cattivo, sorella cara; il cielo vi castigherà. un amante simile lo vorrei propriamente adorare. (esce)
EUG. Io non le porto odio, ma non la posso vedere.
FLA. Eppure ella vi ha fatto delle finezze. SCENA TERZA
EUG. Si tenga le sue finezze: meno ch'io la vedo, sto meglio.
FLA. Ma che cosa vi siete cacciata in testa? Che Fulgenzio sia EUGENIA e TOGNINO
impazzito per la cognata? Sapete pure ch'egli la serve e l'assiste EUG. A che ora è venuto a casa, iersera, il vostro padrone?
perchè gli fu raccomandata da suo fratello! TOG. E' venuto prima del solito, non erano ancor suonate le due.
EUG. Sì? E che bisogno c'è ch'egli vada a spasso con lei e pianti EUG. Che ha detto sua cognata quando l'ha veduto venir sì presto?
me qui sola come una bestia? TOG. Ha mostrato di aver piacere.
FLA. Orsù, sorella, io vi consiglio, pel vostro meglio, abbandonare EUG. Aveva compagnia la signora Clorinda?
ogni cattivo pensiere e di quella donna vi prego a non ne parlare. TOG. Oh. da lei non ci vien mai nessuno; ella è di natural
EUG. Oh sì! Vi prometto di non parlarne mai più! melanconico. Suo marito è anche qualche poco geloso... è andato a
FLA. Se lo farete, farete bene. (dopo una pausa) Ma torno a dir, io Genova per affari, l'ha raccomandata al fratello ed ella non tratta
dubito che il signor Fulgenzio, per oggi almeno, non si lasci vedere. con nessun altro.
EUG. Possibile? Non è mai stato un giorno senza venire. EUG. E le fa buona compagnia il signor Fulgenzio?
FLA. Se non fosse in collera, a quest'ora sarebbe venuto. TOG. Quando è in casa procura di divertirla.
EUG. Anzi, l'aveva detto di venir questa mattina. EUG. E la diverte bene?
FLA. Oh, non viene assolutamente. TOG. La diverete, m'intendo, così: mangiano insieme.
EUG. Quasi quasi gli manderei a dir qualche cosa. EUG. Ridono, a tavola?
FLA. Vi dispiace, eh, che non venga? TOG. Qualche volta.
EUG. Sicuro che me ne dispiace... gli voglio bene davvero! EUG. E' grazioso veramente, il vostro padrone... mi ha detto che
FLA. E sempre lo disgustate! gioca, qualche volta, con sua cognata: ed è egli vero?
EUG. Ho questo temperamento! Per altro lui lo sa che io gli voglio TOG. Sì signora, giocano, qualche volta.
bene. EUG. E vanno a spasso la sera.
FLA. Un poco più d'umiltà, sorella. TOG. Questo io non lo so, veramente.
EUG. E voi che tenete sempre da lui. EUG. Perchè me lo volete negare? Persone mi han dato per certo
FLA. Io tengo dalla ragione! (guai se non facessi così, è una che li han veduti a spasso ancor ier sera.
vipera!). TOG. Può essere.
EUG. Chi viene? EUG. Mi fareste venir la rabbia, "può essere"? Dite che è di sicuro.
FLA. E' il servitore del signore Fulgenzio. TOG. Lo sa di certo?
EUG. Non ve l'avevo detto? Quanto credete che sia lontano il EUG. Fate conto ch'io l'abbia veduto.
padrone? TOG. Bene. Quando lo sa, perchè me lo domanda?
EUG. (Come ci casca bene il baggiano!) E a che ora son tornati?
TOG. A tre ore incirca. FABRIZIO, ROBERTO e dette.
EUG. Hanno cenato subito? FAB. Signore nipoti, ecco qui un cavaliere che vi vuol conoscere e
TOG. Subito. favorire, il conte d'Otricoli, una delle prime famiglie d'Italia, di una
EUG. E poi avranno giocato una partitina. ricchezza immensa.
TOG. Hanno giocato una partitina. ROB. Mi fa troppo onore il signor Fabrizio; io non merito nessuno di
EUG. (Venga da me che sta fresco). questi elogi.
FAB. Eh, non serve dire e non dire: questi è il primo cavalier del
SCENA QUARTA mondo. In materia di cavalleria non c'è altrettanto in tutta l'Europa;
fate il vostro dovere col signor Conte.
FLAMMINIA e detti. FLA. Signore, attribuisco a mia singolar fortuna l'onor di conoscere
FLA. Ecco qui la lettera bell'e fatta. La volete sentire? un cavaliere di tanta stima.
EUG. Date qui, non preme. ROB. Posso il consolarmi...
FLA. Signora no, ve la voglio far sentire. "Mio bene... FAB. Vede signor Conte? Questa è Flamminia, mia nipote...è
EUG. Ma bene! vedova, ma ha avuto per marito il primo mercante di Milano.
FLA. Cosa vorreste significare? FLA. (E' morto miserabile, il povero disgraziato).
EUG. Niente, dico che dite bene. FAB. E' una donna che per una casa non si dà la compagna. Non
FLA. Sentite: "Mi hanno tanto consolato le vostre righe, che non ho c'è in tutta Milano, non c'è in tutta Italia una donna come Flamminia.
termini sufficienti per ispiegarvi il giubbilo del mio cuore." ROB. Mi rallegro infinitamente con la signora.
EUG. Eh, che giubbilo? FLA. Mio zio si diverte, non ho questi meriti.
FLA. No, forse? FAB. Via, signora Eugenia, ditegli qualche cosa; fate conoscere il
EUG. Sì! vostro spirito la vostra vivacità. Non c'è, veda, non c'è in tutto il
FLA. "Mi pare un secolo che non vi vedo, caro il mio bene: venite a mondo una giovane come lei. Balla in un modo che i primi ballerini
consolare la vostra cara gioietta"... sono rimasti storditi; canta poi di un gusto, che chi la sente more;
EUG. Con quella bella grazietta! parla che non c'è stata mai, da che mondo è mondo, una parlatrice
FLA. Che modo è questo? compagna.
EUG. Ci fò la rima. ROB. E' ammirabile la signora, per la virtù e per il merito della
FLA. Mi fareste dir delle brutte rime! Finiamola! "Vedrete ch'io non bellezza.
son la crudelaccia, ma la vostra fedele, sincera amante. Eugenia EUG. Vi prego non secondare mio zio nel piacer di mortificarmi.
Pandolfi". Vi pare che non abbia scritto a dovere? ROB. E' ancora zittella la signora Eugenia?
EUG. Ottimamente. Date qui che la voglio sigillar io. FAB. Sì signora. M'è stata richiesta dalla prima nobiltà di Milano ma
FLA. Eh. la so sigillar da me. io non l'ho voluta dare a nessuno. Ho delle idee grandiose sopra di
EUG. La voglio consegnare io a Tognino acciò possa dir che l'ha lei.
ricevuta da me. ROB. In fatti ella merita una fortuna corrispondente alle sue rare
FLA. Fin qui non avete torto... eccola. prerogative.
EUG. Venite qui, Tognino. FAB. Al giorno d'oggi c'è poco da compromettersi, ci sono più debiti
TOG. Eccomi. che ricchezze. Dei Conti d'Otricoli non ve n'è che uno solo al
EUG. Dite al vostro padrone che mia sorella Flamminia in nome mio mondo.
gli ha scritto una bella lettera, e che io medesima, con le mie mani ROB. Io vaglio molto meno degli altri; le mie fortune sono assai
l'ho lacerata. limitate. Quelle di che mi pregio si è la sincerità e l'onore.
FLA. Che? Mi fate di queste scene?? Siete impazzita davvero? FAB. Nipoti mie, questo è l'esempio dei cavalieri onorati, è il libro
EUG. E ditegli che venga qui. Gli darò la risposta in voce. aperto che insegna agli uomini la sincerità.
TOG. Come comanda. FLA. Lo conoscerete da un pezzo, questo signore. (a Fabrizio)
FLA. Non glielo dite che ha stracciata la lettera. FAB. Quest'è la prima volta che ho l'onor di vederlo.
EUG. Anzi, glielo deve dire! Tognino, se glielo dite vi do un testone FLA. (E pare sieno trent'anni che lo conosce!)
di mancia. FAB. E' stato diretto a me da un amico mio di Bologna, che è il fior
TOG. Sarà per sua grazia, non mancherò di servirla. de' galantuomini, ed il più bravo pittore che sia stato al mondo, dopo
FLA. Dico che non gli dite nulla! Zeusi e Apelle. Signor Conte, ella si diletterà di pitture.
TOG. Perdoni, la sua signora sorella ha delle maniere obbliganti... ROB. Certamente, me ne diletto assaissimo.
un testone vale, in Milano, quarantacinque soldi di buona moneta. FAB. Eh, gli uomini grandi, gli uomini dal talento sublime come
(esce) quello del signor Conte, non possono non intendersi di ogni cosa.
Vedrà nella mia miserabile casa, nel povero mio tugurio, nella mia
SCENA QUINTA capannuccia, dei tesori, in materia di quadri delle cose stupende,
cose che non le ha il Re di Francia. Originali dei primi maestri
FLAMMINIA ed EUGENIA dell'arte. Vedrà, signor cavaliere, un quadro spaventosissimo del
FLA. E perchè avete fatto questa baggianata? Tiziani di cui mi hanno offerto due mila doppie ed io l'ho avuto per
EUG. L'avete mai letto il libro del Perchè? Leggetelo e lo saprete. cento zecchini! Che dice, eh? Per cento zecchini un quadro che
FLA. Sguaiaterie, vi dico! Ne son stucca, e ristucca. vale due mila doppie. Cosa vuol dire intendersi delle cose! Oh io poi
EUG. Gran premura aveva ieri sera il signor Fulgenzio di andare a per conoscerla non la cedo ai primi conoscitori del mondo.
casa. EUG. (Poveri danari gettati! Ha tutte copie e gliele fanno pagare per
FLA. E' andato via per la rabbia. originali!).
EUG. Eh, pensate...è andato via perchè aveva un impegno. ROB. Si vede che siete assai di buon gusto... avrò occasion
FLA. E con chi? d'ammirare.
EUG. Col diavolo, che se lo porti. FAB. Eh. picciole cose. Compatirà la miseria. Ehi, fategli vedere
FLA. Sorella, voi vi volete precipitare. quei quattro pezzi stupendi del Wandich, quelle due cene
EUG. Quando si tratta di quelle maledette bugie, non le posso singolarissime insigni del Veronese, quella meraviglia del Guercino,
soffrire. quell'aurora inimitabile di Michel'Angelo Buonarotti, quella notte
FLA. Vi ha detto qualcosa il servitore? inestimabile del Correggio. Tesori, signor Conte, tesori.
EUG. Niente. ROB. Voi a quel che sento avete una galleria da monarca.
FLA. Non istate a credere sì facilmente... FAB. Picciole cosarelle da pover'uomo. Si serva, favorisca di
EUG. O già, io non credo a nessuno. andare con le mie nipoti.
FLA. A Fulgenzio potete credere. FLA. Ma noi non ce n'intendiamo di quadri e non sapremmo
EUG. Peggio. distinguere come voi...
FLA. E a me? FAB. Che serve? Se non ve n'intendete voi se ne intende il signor
EUG. Peggio. Cavaliere. Ho un affare, per ora, che mi trattiene. Servitelo intanto,
FLA. Già, chi non dice a modo vostro ha il torto, presso di voi. (voci che poi verrò io pure e gli faro vedere di quelle cose che non avrà
esterne) Ecco qui nostro zio. mai vedute.
EUG. Chi diavolo c'è con lui? ROB. Mi sarà carissima la vostra compagnia (ma più quella delle
FLA. Un forastiere, mi pare. sue nipoti).
EUG. Ha sempre seco delle seccature. FLA. Anderò io, sorella, non c'è bisogno che voi ci venghiate! (a
FLA. Sì, chi sentirà lui sarà qualche gran personaggio, sarà di costa Eugenia)
di re; egli magnifica tutte le cose e si fa burlare da tutti. EUG. Anzi io ci voglio venire. (a Flamminia)
FLA. E se arriva il signor Fulgenzio?
SCENA SESTA[154q
EUG. Che importa a me ch'ei mi trovi col forastiere! (Oh bella! Va FAB. C'è vino?
egli a spasso con sua cognata? Voglio ancor io trattar con chi SUC. Gnor no.
m'aggrada!) FAB. Che tu sia maledetto. Gnor sì, che tu sia bastonato!
FLA. (Gran testa originale è costei!) (escono) SUC. Gnor no.
FAB. Vada, signor Cavaliere, s'accomodi. FAB. Io non so come vada. In casa mia non vi è mai il bisogno e
ROB. Mi prevalerò delle vostre grazie. (in atto di partire) ormai ho dato fine a tutto. Ma non importa. Io ho da avere delle
FAB. Eh favorisca. fortunaccie. I gran soggettoni ch'io tratto, i principi, i cavalieri ch'io
ROB. Che mi comandate? servo mi faran cavalcare con le staffe d'oro. Semino per raccogliere
FAB. Oggi avrà la bontà di restare a mangiare una cattiva zuppa e il grano della mia testa m'ha da rendere il cento per uno.Che si
con noi. impegni e che si spenda: e poi?... in carrozza, in carrozza.
ROB. Oh questo poi... SUC. In carretta.
FAB. Oh, non c'è risposta. FAB. Il diavolo che ti porti. (gli corre dietro e parte)
ROB. No certo.
FAB. Per sicurissimo. SCENA OTTAVA
ROB. Ne parleremo.
FAB. Mi dà parola? LISETTA e RIDOLFO
ROB. Contentatevi... LIS. Che mi comanda il signor Ridolfo?
FAB. Mi dà parola? RID. Ho necessità di parlar con una delle vostre padrone.
ROB. Non so che dire. LIS. Dica pure a quale di esse ho da far l'ambasciata.
FAB. Compatirà la miseria, ma sentirà un paio di piatti, che i simili RID. Veramete l'affare appartiene alla signora Eugenia, ma io
non li avrà la tavola dell'Imperadore, e saranno fatti dalle mie mani. parlerei più volentieri alla signora Flamminia.
ROB. Non posso ricusar le vostre grazie. (Egli ingrandisce tutte le LIS. Perdoni la curiosità. So che V.S. è amico molto del signor
cose, ma non credo si dia un pazzo più grande di lui). (esce) Fulgenzio: ci sarebbe forse qualche novità tra lui e la padroncina?
RID. Per l'appunto vi è una novità non indifferente.
SCENA SETTIMA LIS. (La prima l'ho indovinata; vo' un po' veder se indovino ancor la
seconda).Viene forse per trattare il come e il quando per concludere
FABRIZIO e SUCCIANESPOLE queste nozze?
FAB. Sono in impegno di farmi onore. Voglio che tutti possan dir RID. Tutto al contrario. Vi dirò quel ch'io son per fare perchè
bene di me. Se vado anch'io per il mondo mi verranno incontro con Fulgenzio m'ha detto di dirlo pubblicamente: l'amico, per mezzo
le carrozze, coi tiri a sei, con le trombette. Mi dispiace che non ci ho mio, si licenzia dalla signora Eugenia. Desidera farlo con civiltà, ma
altri che un servitore solo, vecchio e stordito. Ma farò io. I buoni qui non lo vedrete mai più.
piatti li farò io. Ehi, Succianespole. LIS. Ma perchè una risoluzione di questa natura?
SUC. Signore. RID. Questo poi non l'abbiamo a cercar nè voi nè io; Fulgenzio e la
FAB. Come stiamo in cucina? signora Eugenia sapranno eglino la cagione.
SUC. Bene. LIS. Oh, è facile indovinare il perchè... avranno gridato insieme.
FAB. E' acceso il foco? RID. Può essere.
SUC. Gnor no. LIS. E se han gridato faranno la pace.
FAB. Perchè non è acceso il foco? RID. Mi par difficile.
SUC. Perchè non c'è legna. LIS. L'hanno fatta tante altre volte!
FAB. Non mi star a far lo scimunito che oggi ho da dar da pranzo a RID. Questa volta l'amico è risolutissimo. Per quanto gli abbia io
un'Eccellenza. suggerito di pensarvi, di star a vedere, di non precipitare una
SUC. Ci ho gusto. risoluzione di questa natura ha battuto sodo, mi ha risposto come
FAB. Succianespole, che cosa daremo oggi da pranzo a sua un cane arrabbiato e fino con le lagrime agli occhi mi ha pregato per
Eccellenza? (ridente con confidenza) carità ch'io venissi a disimpegnarlo.
SUC. Tutto quello che vorrà Vostra Eccellenza. LIS. Non ci credo e non ci crederò mai... ne ho vedute tante di
FAB. Qualche volta mi faresti arrabbiare con questa tua flemmaccia queste scene, che non ci credo.
maledetta. RID. Ad ogni modo io mi vo' disimpegnar dalla mia commissione:
SUC. Io son lesto. parlar con una di esse, spiegar l'intenzione dell'amico Fulgenzio, e
FAB. Lo sai fare il pasticcio di maccheroni? nasca quel che sa nascere, io non vò strolicar d'avvantaggio.
SUC. Gnor sì. LIS. Se voi parlate di ciò alla signora Eugenia, la fate cascar morta:
FAB. Un fricandò alla francese? almeno usatele carità. Non le date il colpo tutto ad un tratto.
SUC. Gnor sì. RID. Credetemi, io lo faccio mal volentieri. Ho anche detto all'amico
FAB. Una zuppa con le erbucce? che mi lagnerei se, dopo di aver fatto io questo passo, lo
SUC. Gnor sì. riconoscessi pentito. Ma tant'è, è costantissimo, vuol ch'io lo faccia.
FAB. Con le polpettine? Chiamatemi la signora Flamminia.
SUC. Gnor sì. LIS. E' di là ora con un forastiere che per ordine di suo zio gli fà
FAB. E coi fegatelli arrostiti? veder certi quadri.
SUC. Gnor sì. RID. E la signora Eugenia dov'è?
FAB. Hai denari per ispendere? LIS. Ella pure si è messa della partita. Oh, aspettate! Che il signor
SUC. Gnor no. Fulgenzio abbia saputo del forastiere e che si sia sdegnato per
FAB. T'ho pur dato uno zecchino! questo?
SUC. Quanto giorni sono? RID. Oibò, mi ha detto di certa lettera, ma non l'ho capito. Orsù,
FAB. L'hai speso? fatemi un poco parlare o coll'una o coll'altra.
SUC. Gnor sì. LIS. Povera padrona. Andrò, signore...oh! Chi è qui?
FAB. Eh, il tuo salario, che ti ho dato, l'hai speso? RID. Per bacco! E' qui Fulgenzio.
SUC. Gnor sì. LIS. Non ve l'ho detto?
FAB. E non hai più un quattrino? RID. Verrà a cercar di me.
SUC. Gnor no. LIS. Eh sì, verrà a cercar di voi!
FAB. Maledetto sia il gnor sì e il gnor no! Si sente altro da te che
gnor sì e gnor no? SCENA NONA
SUC. Insegnatemi che cosa ho da dire.
FAB. Bisogna pensare a trovar denari. FULGENZIO e detti.
SUC. Gnor sì. FUL. (Una parola). (a Ridolfo, chiamandolo in disparte con ansietà)
FAB. Quante posate ci sono? RID. (Non l'ho ancora potuta vedere). (piano a Fulgenzio)
SUC. Sei, mi pare. FUL. (Non le avete parlato?)
FAB. Sì, erano dodici. Sei le ho impegnate, restano sei. Siamo in RID. (No, vi dico).
quattro, impegnamone due. FUL. (Non sa niente la signora Eugenia di quello che vi avevo
SUC. Và al monte e spicciati. raccomandato?)
FAB. E non mi far aspettare due ore. RID. Ma se non ho veduto nè lei nè la sorella.
SUC. Gnor no. FUL. (Lisetta è informata di nulla?)
FAB. Andremo a spendere quando torni. RID. (Sì, qualche cosa le ho detto).
SUC. Gnor sì. FUL. Caro amico, compatitemi per carità. Dopo che da me partiste
FAB. C'è pane? mi sono sentito gelar il sangue. Sarei caduto per terra se il sevitore
SUC. Gnor no. non mi sosteneva. Ah, quell'indegno del servitore è la causa di tutto.
La povera Eugenia è gelosa, e l'eccesso della sua gelosia è FUL. Eh, signora Eugenia, ci conosciamo.
partorito da un eccesso di amore. Buon per me che non le avete EUG. Prendete anche ciò in mala parte?
parlato. Lisetta, per l'amor del cielo, non dite niente alla vostra FUL. Ci conosciamo, vi dico, ci conosciamo.
padrona. Tenete queste poche monete, godetele per amor mio, e EUG. Sì, ci conosciamo e ci conosciamo.
voi, Ridolfo amatissimo, perdonate le mie debolezze, e ricevete le FUL. Ma il mio servitore in casa vostra non ci verrà più.
mie suse in questo tenero sincero abbraccio. EUG. Che importa a me che ci venga nè il servitor, nè il padrone?
LIS. (Mi pareva impossibile che non avesse ad esser così). FUL. Eh già; queste sono le solite sue buone grazie.
RID. Amico, vi compatisco ma non mi mettete più in tali impegni. EUG. Ha tabacco?
FUL. Avete ragione. Ringraziamo il cielo che è andata bene. Lisetta, FUL. Se sono andato a far quattro passi con mia cognata...
dovè la signora padrona? EUG. Che cosa c'entra vostra cognata? Che importa a me di vostra
LIS. E' di là che si veste (non gli dico niente del forastiere). cognata?
FUL. Se volesse favorir di venire... FUL. So quel che dico; e non avrete più il divertimento di tirar giù
LIS. Glielo dirò, signore. quel balordo del mio servitore.
FUL. Ehi; è in collera? EUG. Mi maraviglio di voi, che parliate così. Vi torno a dire, non
LIS. Oh, non mi pare. m'importa nè di lui, nè di voi.
FUL. Via via, chiamatela. FUL. Nè di me? Non v'importa di me? Nè di lui nè di me? Non ve
LIS. (Oh, questi si amano daddovero!) (esce) n'importa?
EUG. Fermatevi, che mi fate girar il capo.
SCENA DECIMA FUL. Nè di lui, nè di me? (si dà un pugno nella testa)
EUG. Facciamo scene?
FULGENZIO e RIDOLFO FUL. Nè di lui. nè di me?(si batte il capo a due mani)
RID. Amico, a rivederci. EUG. Animo; finiamo queste sguaiaterie. (fra lo sdegno e l'amore)
FUL. Andate via? FUL. Non posso più. (si abbandona sopra una sedia)
RID. Volete ch'io resti? EUG. Avvertite che siete pazzo davvero.
FUL. No, no, se vi preme, andate pure. FUL. Son pazzo, son pazzo?(seguita a battersi)
RID. Sì, vado. Conosco benissimo che il restar solo non vi dispiace. EUG. Non la volete finire?(con un poco di tenerezza)
Vi conpatisco, ma permettetemi che qualche cosa vi dica, per FUL. Cagna! Crudele!
amicizia. Seconoscete che la persona che amate meriti l'amor EUG. Bell'amore! A ogni menoma cosa subito si sdegna, và in
vostro, disponete l'animo a sofferir qualche cosa. Tutti in questo bestia, non può soffrir niente il signor delicato. Finalmente chi vuol
mondo ci dobbiamo compatire l'un l'altro, e specialmente la donna bene ha da compatire; e ad una donna le si deve donar qualche
merita di essere un poco più compatita. Se poi vi sembra aver cosa. Bella maniera di farsi amare!
giusto motivo di dolervi di lei, pensateci prima di risolvere, ma FUL. Sì, avete ragione. (placato)
quando avete pensato, ma quando avete risolto, non fate che la EUG. Ogni giorno siamo alle medesime.
ragion v'abbandoni, e che l'affetto vi acciechi, vi trasporti, e vi FUL. Compatitemi, non farò più.
avvilisca a tal segno.(parte) EUG. Non mi fate di queste ragazzate, che non ne voglio.
FUL. Andrete a spasso questa sera?(ridente amoroso)
SCENA UNDICESIMA EUG. Se mi parerà.(scherzando con amore)
FUL. Con chi anderete?
FULGENZIO, poi EUGENIA. EUG. Eh!
FUL. Dice bene l'amico, dice benissimo. Dalle donne qualche cosa FUL. Con me anderete.
convien soffrire; quando si sa specialmente che una donna vuol EUG. Sicuro! (ironica)
bene, non serve il sofisticare, non conviene pesare le parole con la FUL. Non volete venire con me? (un poco sdegnato)
bilancia dell'oro, e guardare i moscherini col microscopio per EUG. Se ci veniste volentieri.
ingrandirli. Son troppo caldo, lo conosco da me; ma in avvenire FUL. Ma cara Eugenia, possibile che ancora non siate certa
voglio assolutamete correggermi, vo' moderarmi. Già so che mi vuol dell'amor mio? In un anno incirca che ho la consolazione della
bene. Se vuol dire, lasciarla dire. Eccola. Voglia il cielo ch'ela sia di vostra cara amicizia, v'ho dato io scarse prove d'amore? Ancora mi
buon umore. Mi pare ilare in volto. Ma qualche volta sa fingere. Non volete fare il torto di dubitarne? So che vi sta sul core quella povera
vorrei che dissimulasse. Orsù, non principiamo a sofisticare. mia cognata. Ma sapete il debito che mi corre. Mio fratello, che
EUG. Serva umilissima, signor Fulgenzio.(affettando allegria) l'ama teneramente, me l'ha con calore raccomandata. Sono un
FUL. Quest'umilissima si poteva lasciar nella penna. galantuomo, sono un uomo d'onore. Non posso abbandonarla, non
EUG. Mi scappò, non volendo. La riverisco. Che fa? Sta bene? posso trattarla con inciviltà; se siete una donna ragionevole,
FUL. Eh! Sto bene io. Ed ella come sta? (intorbidandosi un poco) appagatevi dell'onesto, compatite le mie circostanze, e per l'amor
EUG. Benissimo. Ottimamente. del cielo, Eugenia mia, non mi tormentate.
FUL. Me ne consolo. E' molto allegra questa mattina. EUG. Via, avete ragione. Non vi tormenterò più. Compatitemi;
EUG. Quando sono in grazia sua sono sempre allegrissima. conosco che ho fatto male...
FUL. (C'è del torbido: non mi vorrei inquietare, ma ho paura non FUL. Basta cosi, che mi si spezza il core per la tenerezza.
potermi tenere). (da sè) EUG. Mi vorrete sempre bene?
EUG. Che dice ella di queste belle giornate? FUL. Credetemi, che domandandomi questa cosa, voi mi offendete.
FUL. Con questo ella, con questo ella mi ha un pochino sturbato, EUG. Ve la domando, perchè vorrei sentirmelo replicare ogn'ora,
signora mia. ogni momento.
EUG. Questa mattina sono stata in complimenti, e mi è restato il lei FUL. Sì, cara, ve ne vorrò in eterno; e se il cielo vuole, non passerà
fra le labbra. gran tempo che sarete mia.
FUL. In complimenti con chi? EUG. E che cosa aspettate?
EUG. Con certe amiche che son venute a favorirmi. Anzi mi hanno FUL. II ritorno di mio fratello.
detto, che vogliono venir questa sera, per condurmi a spasso con EUG. Non potete maritarvi senza di lui?
loro. FUL. La convenienza vuol ch'io l'aspetti.
FUL. E che cosa avete risposto? EUG. Io lo so, perche differite.
EUG. Che ci anderò volentieri. FUL. E perchè?
FUL. Senza di me? EUG. Perchè avete paura di disgustare vostra cognata?
EUG. Sicuro. FUL. Maladetta sia mia cognata; maladetto sia quando parlo.
FUL. Mi piace. S'accomodi. EUG. Eccolo qui, non si puo parlare.
EUG. Oh bella! Mi avete mai condotta una sera a spasso? FUL. Ma se sempre mi provocate.
FUL. Non vi ho condotta, perchè non mi avete comandato di farlo. EUG. Mi voglio mettere a non dir più una parola.
EUG. Eh, dite perchè avete degli altri impegni. FUL. Non potete parlare senza dire delle sciocchezze?
FUL. Io? Che impegni? EUG. Le sciocchezze le dite voi, signor insolente.
EUG. Eh via, che serve? Se avete in casa qualche mazzo di carte FUL. Or ora vi faccio vedere un qualche spettacolo.
che vi avanzi, favorite portarmelo, che mi divertirò un poco dopo EUG. Ehi, chi e di là?
cena a giocare una partita con mia sorella. FUL. Non chiamate. (arrabbiato)
FUL. Che novità è questa? Che discorso è questo? Cosa c'è sotto a EUG. Pazzo.
questo vostro ragionamento? FUL. Anderò via
EUG. Niente, signore. Faccio per non andare a letto sì presto. Voi EUG. Andate.
avete fretta di partire la sera, e vi compatisco, perchè avete i vostri FUL. Non ci tornerò piu.
interessi, avete degli affari importanti, ed io starò a divertirmi con EUG. Non m'importa.
mia sorella, o anderò a spasso con le mie amiche. FUL. Diavolo, portami. Portami, diavolo. (parte correndo)
EUG. Che vita è questa? Che amor maladetto! non posso resistere, FAB. Cosa vuoi? (accostandosi)
non posso più. (parte) SUC. (E le posate?) (piano a Fabrizio)
FAB. (E' vero. Non importa; darai a me una posata di stagno;
-------------------------------------------------------------------------------- mettila bene sotto la salvietta, che non si veda).
SUC. Gnor sì .
ATTO SECONDO FAB. Presto, va' in cucina a lavorare.
SUC. Gnor sì (s'incammina adagio)
FAB. Fa' presto.
SCENA PRIMA SUC. Gnor sì (come sopra)
FAB. Ma spicciati.
FLAMMINIA e RIDOLFO SUC. Gnor sì. (come sopra, e parte)
FLA. Scusate, signor Ridolfo, la libertà che mi sono presa. FLA. Signor zio, a quel ch'io vedo, vogliamo andar a tavola molto
Perdonatemi, se vi ho incomodato. tardi.
RID. Anzi è onor mio il potervi obbedire. FAB. Eh, non dubitate di niente. Se vado io in cucina in tre quarti
FLA. Quant'è che non avete veduto il signor Fulgenzio? d'ora fò da mangiare per cinquecento persone.
RID. L'ho veduto qui, non sono ancora due ore. Mi figuro che si FLA. Ih che sparata!
saranno pacificati colla signora Eugenia. FAB. Per modo di dire, per modo di dire.
FLA. Oh caro signor Ridolfo, sono cose da non credere, e da non FLA. E non andate a mutarvi?
dire. Si erano pacificati, e tutto ad un tratto sono andati giù di bel FAB. Sì, c'e tempo. Dov'e Eugenia?
nuovo, e il signor Fulgenzio è partito gridando, chiamando il diavolo, FLA. Nella sua camera.
che pareva un'anima disperata. FAB. E il signor Conte dov'è?
RID. Possibile che abbiano sempre a far questa vita? Si amano o FLA. A guardare i quadri.
non si amano? FAB. Lo compatisco: non si può saziare. Andatelo a chiamare il
FLA. Sono innamoratissimi, ma sono tutti e due puntigliosi. Mia signor Conte, che favorisca di venir qui.
sorella è sofistica. Fulgenzio è caldo, intollerante, subitaneo. FLA. E perchè ha da venir qui? Non istà bene dov'egli sta?
Insomma si potrebbe fare sopra di loro la piu bella commedia di FAB. Ditegli che venga qui. Gli voglio far conoscere questo degno
questo mondo. galantuomo del signor Ridolfo. Vedrete un gran cavaliere, signor
RID. E che cosa posso far io per servire la signora Flamminia? Ridolfo: un pezzo grosso; uno di quelli, che fanno tremare. Ma via,
FLA. Vi dirò, signore. Io sono naturalmente di buon core, portata a chiamatelo. (a Flamminia)
far del bene a tutti, se posso. Specialmente per mia sorella che FLA. Senza che m'incomodi, eccolo ch'egli viene da sè.
l'amo come mio sangue, e che fuori di certe picciole debolezze FAB. E' un'arca di scienze, è un mostro di virtù. Resterete
prodotte da questo suo amore, è la piu buona ragazza di questo maravigliato. (a Ridolfo)
mondo. Mi dispiace vederla afflitta. Dopo che è partito il signor
Fulgenzio con quella manieraccia, come vi ho detto, è andata nella SCENA TERZA
sua camera, si è messa a piangere dirottamente, e non vi è stato
caso di poterla quietare. Supplico pertanto il signor Ridolfo volersi ROBERTO e detti, poi LISETTA
prender l'incomodo di ricercar Fulgenzio, e con bel modo ROB. Queste signore si sono annoiate di me; le compatisco, hanno
persuaderlo di tornar qui, per consolare questa povera figlia; e gli pensato meglio lasciarmi solo.
dica pure che piange, che si dispera, e lo persuada ad essere un FAB. Dov'è Eugenia? Presto, chiamatela. (a Flamminia)
poco piu umano, un poco piu tollerante, e sopra tutto vi supplico, FLA. Voglio far altro io, che chiamarla.
per amor del cielo, insinuargli di ommettere ogni riguardo, di FAB. Uh siete pure svenevole. Lisetta. (chiama)
superare ogni difficoltà, e di concludere queste nozze; e vi prego LIS. Che comanda?
dirgli altresì, che mia sorella ha promesso a me che sarà più cauta FAB. Di' subito ad Eugenia, che venga qui.
per l'avvenire, che non gli darà più disgusti, che non parlerà più di LIS. Se mi domanda il perchè?
quella tal persona che egli sa: anzi fatemi il piacer di dirgli... FAB. Dille che venga qui, che una persona la vuol vedere, e le vuol
RID. Adagio, signora mia, che di tante cose non me ne ricorderò più parlare.
nessuna. LIS. (Può essere che il signor Ridolfo le abbia a dir qualche cosa
FLA. Torniamo da capo. per parte del signor Fulgenzio. Con questa speranza la farò venire).
RID. Non basterebbe ch'io gli dicessi che venga qui? (da se, e parte)
FLA. Si; ma vorrei che fosse da voi prevenuto... FLA. (Andate, signor Ridolfo, a ritrovare il signor Fulgenzio, e fatelo
venir qui, e ditegli tutto quello che vi ho detto). (piano a Ridolfo)
SCENA SECONDA RID. (Sì, se me ne ricorderò). (piano a Flamminia) Con sua licenza,
signor Fabrizio.
FABRIZIO, SUCCIANESPOLE colla sporta, e detti. FAB. Come? Andate via? Non mi avete dato parola di restar con
FAB. Flamminia, preparatemi una camiscia, che son tutto sudato. noi?
(Ridofo lo saluta) RID. Tornerò verso l'ora del pranzo.
FLA. Ditelo a Lisetta, signore. Ella è appunto nella vostra camera. FAB. Vi aspetto. Non si dà in tavola senza di voi. Signor Conte,
FAB. Riverisco il signor Ridolfo. questi e il primo causidico di Milano, il primo curiale del mondo, il
RID. Ho fatto già il mio dovere. più bravo legale di tutto il regno della Giurisprudenza.
FAB. Compatitemi. Ho tanto camminato,. ho tanto faticato, che mi ROB. Me ne rallegro infinitamente.
gira la testa. Ma ho fatto poi una spesa, che ne anche il RID. L'amicizia che ha per me il signor Fabrizio, lo fa trascendere in
governatore... Succianespole, è vero? soverchie lodi.
SUC. Gnor sì. FAB. Ha qualche causa in Milano il signor Conte?
FLA. Andate a mutarvi. (a Fabrizio) ROB. Ne avevo una, per dirla, ma siamo per convenire cogli
SUC. Ch'io vada? (a Fabrizio) avversari, e terminarla amichevolmente.
FAB. Aspetta. FAB. No, non la termini amichevolmente. Si lasci servire dal signor
SUC. Con questo peso... (a Fabrizio) Ridolfo, dal principe dei curiali; gliela farà guadagnare senz'altro.
FAB. Aspetta. Lasciami veder quel cappone. Osservate. Si è mai ROB. Ma se già ho i miei legali.
veduto da che mondo è mondo un cappone compagno? Lasciami FAB. Che legali? che legali? Sono tutti ignoranti. Questi è il legale,
vedere quella vitella. Ah? Che dite? E' da dipingere? E' cosa rara? e non ve n'è altri fuori di lui. Faccia a mio modo, si metta nelle di lui
Eh, la vitella che ho io in questo paese non l'ha nessuno. Signor mani. Signor Ridolfo, vada a casa del signor Conte, si faccia
Ridolfo, questa vitella è un butirro, è un balsamo. Resti a mangiarne informare, e si faccia consegnar le scritture.
un pezzetto con noi. RID. Ma se sta per accomodarsi... (a Fabrizio)
RID. Vi ringrazio, signore... FAB. Non vi ha da essere accomodamento. Il signor Conte vuol
FAB. No, no, assolutamente. Guardate queste animelle: che roba! essere servito da lei, e con chi crede vossignoria aver a che fare?
che piatto! che esquisitezza! Ne avete da mangiar una anche voi. Col primo cavaliere dello Stato Romano, che ha feudi con
RID. Vi supplico dispensarmi... padronanza assoluta, ch'è conosciuto da tutta l'Europa, e stimato e
FAB. Non mi fate andar in collera. Io poi... io poi... Ah? che piccioni! venerato da principi e da potentati.
Avete mai veduti piccioni simili? Signor no, e signor no. Questi sono ROB. Basta, basta, signor Fabrizio. Non mi mettete in ridicolo.
piccioni, che li salvano solamente per me. E sentirete che salsa FAB. Parlo con ogni rispetto. So quel che dico e la verità s'ha da
ch'io ci farò. Io, io, colle mie mani. E il Signor Ridolfo resterà a dire.
favorire con noi. FLA. (Andate, che si fa tardi). (a Ridolfo)
RID. Siete tanto obbligante, che non si può dire di no. RID. Con vostra permissione. Vado per ritornare tra poco. (a
SUC. Una parola. (a Fabrizio) Fabrizio, e parte)
LISETTA e detti.
SCENA QUARTA LIS. (Signora, ho veduto venire il signor Fulgenzio). (a Eugenia)
EUG. (Come l'hai veduto?) (a Lisetta)
FLAMMINIA, FABRIZIO e ROBERTO, poi SUCCIANESPOLE LIS. (Dalla finestra).
FAB. Grand'uomo! grand'uomo! Si chiamerà contento di lui.(a EUG. (Era solo? )
Roberto) LIS. (Parlava col signor Ridolfo).
ROB. (Dica quello che vuole, io non voglio far una lite per dargli EUG. (Parveti che fosse sdegnato?)
gusto).(da sè) LIS. (Anzi mi parve allegro, e l'ho veduto venire saltellando verso la
FLA. E così, signore zio, non vi siete mutato? casa).
FAB. Mi muterò. Voglio andare in cucina a lavorar per il mio EUG. (Sia ringraziato il cielo. Ridolfo lo avrà placato. Ha fatto bene
padrone: il signor conte d'Otricoli. Dica: gli piace la salsa verde? mia sorella a servirsi di lui).
ROB. Si signore, mi piace. ROB. (Ha degl'interessi la signora Eugenia?). (piano a Flamminia)
FAB. Bene, si farà la salsa verde per il mio padrone. Dica: gli piace FLA. (Credo sia venuto l'amico). (piano a Roberto)
lo stufato? EUG. Flamminia. (con bocca rilente)
ROB. Anzi moltissimo. FLA. E' venuto? (ad Eugenia)
FAB. Si farà lo stufato per il mio padrone. Succianespole. EUG. Sì. (come sopra)
SUC. Signore. ROB. Lode al cielo, vi vedo pure colla bocca ridente.(ad Eugenia)
FAB. Lo stufato e la salsa verde per il mio padrone. FLA. Chi sa se ha veduto il signor Ridolfo. (ad Eugenia)
SUC. Gnor si. (parte) EUG. Sì, l'ha veduto. E' allegro. Non è egli vero, Lisetta?
FAB. Succianespole poi e un uomo di garbo. Non fò per dire, ma un LIS. Verissimo.
servitore come lui non si trova. Fidato, attento, sollecito, pontuale, EUG. Eccolo, eccolo. (ridente) RO . (Fa invidia un sì bell'amore).
bravo cuoco, buono spenditore: è l'oracolo dei servitori. (da sè)
SCENA TREDICESIMA
Gl'innamorati | 1ª ed. Carlo Goldoni
FLAMMINIA, LISETTA e detti. Brossura | 194 | Marsilio | 2002 | ISBN: 8831780344
FLA. Che cos'è? Contenuto:
LIS. Cos'è stato? La commedia racconta l'insofferenza di due giovani attori
FUL. Soccorretela. 'innamorati'. Nel sistema teatrale del tempo era quello un ruolo
FLA. Sorella. impegnativo e vincolante. Gli attori che lo interpretavano erano
LIS. Signora padrona. obbligati a recitare su toni alti, enfatici, letterari. Il pubblico voleva da
FUL. Ah! se non mi amasse... Ma oh cieli! potrebbe fingere? E' loro posture monumentali, convenzionali, di maniera. Goldoni
perchè fingere, se non mi amasse? approfitta della presenza nella compagnia del San Luca di una
LIS. Via, via, è rinvenuta. giovane diva, Caterina Bresciani, particolarmente bizzosa e
FLA. Ah, sorella mia, ve l'ho detto. Siete nemica di voi medesima. indisciplinata, per mettere in discussione quel sistema. La storia di
EUG. Deh lasciate ch'io mora. un matrimonio continuamente rimandato diventa la trama utile a
FUL. Ah no, vivete; il cielo mi vuol infelice. Pazienza. Vi amerò da evidenziare un simile talento, che per tutta la commedia cerca di
lontano, benchè mia non sarete. imporre il suo protagonismo femminile improvvisando scenate ad
FLA. E perchè non ha da esser vostra? (a Fulgenzio) effetto. Anche lo zio Fabrizio deve recitare per nascondere la sua
povertà agli altri e a se stesso. Si convince di essere un grande
cuoco e un grande collezionista di quadri. Tutti quelli che avvicina
gli appaiono grandi, straordinari, irripetibili, unici. Per questa parte
Goldoni non sceglie - come dettava la regola professionale - un
attore specializzato nel ruolo di vecchio: non fa di Fabrizio un
Pantalone spiantato, come forse il pubblico si sarebbe aspettato.
Promuove in quella parte Brighella, un primo zanni, particolarmente
adatto alle tirate e ai monologhi culinari. In questo modo sfrutta in
chiave psicologica le qualità mimetiche del ruolo, confermando l'atto
di nascita del moderno 'caratterista', un attore che doveva essere
capace di usare le doti di improvvisazione e trasformismo della
Commedia dell'Arte per fabbricare i nuovi ritratti realistici cavati
dalla società del tempo.