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Un Uomo Una Donna
Un Uomo Una Donna
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Lei non serba memoria delle prime parole, ma ascolta, la testa appoggiata
all’omero minuto, il suono del verso: “…in lei dormiva o Dio canoro! / Così l’hai
tu perfetta, che non brama / più ridestarsi? Dal suo nascere dorme…”
Non ricorda il resto, solo l’alzare lento della sua testa e gli occhi chiusi e la
fuga precipitosa.
LUI
Accomodato sempre in panchina con quell’edificio di fronte, guarda un’altra
finestra e un capo biondo è chino sul testo.
Ma poi alza gli occhi celesti e con ciglia intriganti l’invita a una festa.
Giovani uomini e ragazze spavalde accolgono l’uomo con sorrisi stuzzicanti.
Leggono frasi ammiccanti, suonano canzoni struggenti con chitarre
appassionanti.
Qualcuno beve liquore, qualcuno bacia una donna, qualche altro si apparta,
allora anche lui segue la moda, in accordo.
Poi, con fare riservato ed animo insolente scende le scale in tutto contento
della prestazione appagante.
LEI
Altri corpi, altre braccia, altre parole risuonano ancora.
E… il suo sguardo accarezza l’uomo d’affari, i vestiti perfetti, il busto eretto,
lo sguardo acuto di chi valuta, scruta, riassume.
L’andatura sicura, la parola diretta, il gesto asciutto.
L’abitudine agli incontri importanti rende il suo fare conveniente in ogni
momento.
Entra in un bar ed ordina con gesto imperioso due aperitivi sfiziosi.
Poi, escono.
Raggiungono l’auto lì parcheggiata. Lei siede alla sua destra, il viso infuocato,
gli occhi brillanti.
Appoggia la testa allo schienale e calde lacrime fanno brillare finestre e
palazzi.
Un raggio batte sul vetro e tutto si infuoca e colora, fibrilla, sfavilla…
LUI
Il caldo incrina cornicioni e finestre. Lo sguardo vacilla. Si blocca.
Al portone d’ingresso del solito palazzo una giovane donna dall’andatura
elegante ancheggia ammiccante.
Il corpo è abituato ad indossare vestiti dall’alta moda forniti.
Le labbra perfette, di rosso squillante, con smorfia aggraziata proferiscono
fonemi imprudenti.
Ma lui è stato sempre fascinoso e nessuna richiesta ha mai eluso.
Si alza con passo deciso e corre incontro alla creatura meravigliosa.
Lei con dolce sorriso lo invita in un bar a bere un liquore.
Lui forte e sicuro ordina Whisky scozzese, lei Cherry colore rubino.
Bevono in amabile conversazione, poi, escono insieme e si avviano dentro
l’androne.
Lei sale le scale ed apre la porta.
Lui, pronto, entra in salotto. Si siede in poltrona. Appoggia la testa, certo
sicuro dell’incontro fatale.
Ma l’alcool, ancora una volta, manda ad effetto il tradimento.
… Un attimo prima di chiudere gli occhi un sibilo attraversa la mente: “Son io
un uomo fatale! Ma è anche lei una donna importante, elegante, benestante!”
Poi… un dolore lancinante….
LEI
3
Il respiro ampio e profondo. Lo sguardo più acuto. I nervi scoperti.
La mente percepisce l’abisso e dentro l’abisso lei sola e sperduta a
brancicare tra lisce pareti d’acciaio, senza punti di appiglio.
Gli occhi, prima confusi per la luce troppo soffusa, si avvezzano presto a quel
colore perlato, seguono un tragitto…
Un ingresso ampio e lucente si apre in fondo a quel tunnel.
Pesanti porte di bronzo, dai battenti rotondi ornati da teste di cani dalle
bocche spalancate, annerite dal tempo, si stagliano grevi.
Con sforzo indicibile solleva quel peso e con suono fragoroso scuote il
battente.
Si spalanca la porta…
LUI
Un dolore lancinante… fa male la catena a polsi e caviglie.
Inchioda.
Ogni movimento è precluso.
Ogni via di fuga offesa.
Fibrillano luci. Abbagliano, quasi accecano… e il dolore svanisce.
Penetrante la vista.
In un tempio sontuoso, con porte e finestre stranamente sigillate, si eleva, al
centro, uno scranno alto tre metri di legno indurito dal tempo.
Porta in cima un chierico scuro.
Una testa calva e rotonda, due occhi di carbone infuocato e una bocca larga e
carnosa dice parole taglienti.
Il dolore dell’architetto è cessato preso dall’insolita scena.
Ai piedi del chierico una sedia molto più bassa, in tutto normale, in plexiglas
forgiata.
Sul bordo superiore della spalliera e tutt’intorno al sedile, come raggi
luminosi, triangoli acuti rimandano l’iride in tutti i colori.
Come spostare una simile sedia? Eppure sta lì.
Vi siede una donna esile e diafana proprio ai piedi dell’alto scranno del
chierico scuro.
Ha la donna il volto scavato, gli occhi brillanti, le mani inquiete, le braccia
frementi, la tunica nera.
Ascolta. Ascolta…
LEI
Spalancata la porta, vede un vano vastissimo.
Un tempio dalle alte colonne dal fusto elegante, su cui poggia direttamente
un architrave istoriato da immagini non sempre evidenti.
Un alito fresco l’investe.
Rianimata, guarda una scena stupefacente.
Sul pavimento apparentemente inchiodati, legati polsi e caviglie, uomini e
donne.
Solo la loro testa è svincolata da lacci e catene.
Appunta gli occhi per scandagliare la visione di esseri per età, ordine e sesso,
molto diversi.
Qualcuno è giovane e forte, qualche altro molto anziano, ma tutti giacciono a
terra uniti alla rifusa.
Guarda ancora più attentamente, ma vede che il giovane aitante prima alla
sua destra s’è spostato a sinistra e la ragazza dal pantalone sdrucito, che le
stava davanti, s’è sistemata tre metri più avanti. E l’uomo, dal vestito gualcito
all’entrata, ora le è troppo vicino, quasi la sfiora.
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E il suo corpo…
LUI
Ascolta il chierico scuro che dice parole sicure:
“Oggi è il giorno propizio per immolare l’allodola al pellicano, il lupo
all’agnello, il leone alla dolce gazzella, il pescecane al delfino più bello, il
coccodrillo all’ibis tranquillo…
Oggi è giorno di lavacri e purificazioni.
La Legge infallibile ha aperto il suo Libro e annota nomi e cognomi con
minuzia e grande perizia.
La Giustizia – tuona ancora il chierico - la Giustizia… scinde coppie affiatate,
figli e genitori, deboli e potenti, sapienti ed ignoranti, ladri e signori, giudiziosi e
scriteriati, oziosi ed operosi…”
Ma l’architetto già si chiede di quale Giustizia e potere il chierico scuro dice e
sproloquia.
Ma tuona la voce…
LEI
… anche il suo corpo sente leggero.
E’ molto agevole muoversi e incamminarsi.
Crede opportuno raggiungere presto l’angolo destro, ma la donna vestita di
rosso incatenata alla sinistra già giace più avanti di almeno tre posti.
Nessuna catena risuona. Nessun fruscio si percepisce. Nessuno spostamento
si nota.
In un angolo remoto, romito un chierico bruno dagli occhi scavati ed arditi
scruta difeso la massa brulicante e strisciante.
Lei nota il chierico che pensa un intruso ma poi rivolge la vista al centro della
stanza.
Una sedia di alto schienale munita, di gambe affusolate provvista, brilla di
triangoli aguzzi.
Essi diffondono luci cangianti come bagliori iridescenti che dal centro del
vano vastissimo si perdono verso gli angoli oscuri.
Come prendere con mano sapiente quella sedia importante senza ferirsi
gravemente?
Eppure sta lì, forse da millenni, con quella donna esile e smunta sopra
seduta, il volto scavato, gli occhi brillanti, le mani inquiete, le braccia frementi,
la tunica nera.
Lei vede muovere le sue labbra di rosso brillante, ma non sillaba alcuna sente
l’udito appuntato.
Troppo lontana da quell’essere arcano!
Dall’angolo destro si fa forza. Con delicatezza scavalca la fluida massa sotto i
suoi piedi stipata.
A qualche metro da quella donna, ora, le sillabe assumono senso.
“…incatenati…”
LUI
Tuona la voce, ferisce l’udito e la donna dagli occhi brillanti, dalle braccia
frementi, ascolta.
Accanto al corpo del nostro uomo, un altro corpo giace inchiodato da più
strette catene e stille di sangue zampillano da polsi e caviglie.
Un rigagnolo rosso segna con ritmo incerto il pavimento lustrato.
Lui distoglie lo sguardo, lo porta alle sue di caviglie.
Non c’è segno d’offesa. Eppure, ora dolgono più di mille ferite spalancate e il
dolore allo stomaco sale.
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Un respiro profondo.
Muove la testa, un attimo apre gli occhi senza visione.
Li chiude e ripensa: “Sono sveglio, sono sveglio. Gli occhi aprire… fallire,
fallire … fallire, morire.
Il giorno fallisce, l’ora fallisce, il minuto fallisce.
Sono incatenato al fallimento per un whisky a digiuno bevuto.
Via! Via! Via! Il chierico e la donna, l’assise e gli sguardi, i giudizi…”
Muove ancora il suo capo.
Vuole che il dolore faccia effetto.
A stento la mente raccoglie: “Sono il passato. Il presente perenne follia. Il
futuro mistero insondabile. Impossibile l’attimo tra futuro e passato.”
Inchioda la catena e la donna, la tunica nera, sta ancora lì…
LEI
“… incatenati al movimento cercate, altro cercate.
Perennemente cercate, e mai vedete quello che occhio comune constata.
Catena il fluire, meta il passare.
La gioia oscilla e tentenna, esita e indugia e, poi, indubbiamente fallisce.
Dualità eterna: gioia e fallimento, attrazione e allontanamento.
Tra i due estremi ponete la seduzione, triangolo aguzzo.
Lusingare. Abbandonare. Desiderare.
Blandizie e distacco, voglia ed oltraggio, rinuncia ed affetto, e l’eterna ricerca
dappertutto.
Se cerchi non trovi, se trovi non cerchi…”
“Oscure parole.” Pensa la donna del negozio importante e non segue il
discorso.
Vuole capire l’enigma, ma ha un braccio in-dolente, formicolante…
LUI
Sta ancora lì la donna minuta, la tunica nera e guarda il chierico scuro che
dice:
“Alzatevi! Il riscatto a lungo agognato ora s’è manifestato!
Rompete con forza lacci e catene, venite ai gradini dello scranno elevato
liberi e nudi.”
La donna minuta, il volto scavato, gli occhi brillanti, le mani inquiete, le
braccia frementi, fortemente irritata, ritma parole:
“Il tempo, umana invenzione, macina e mastica un divenire apposta creato,
un movimento apposta inventato, un ritmo lento o accelerato a seconda del
caso…”
Attento il chierico.
Spiazzato!
Come osa la femmina sparuta interrompere un giudice dai giudizi generato
da uomini forti e temprati?
Ma lei sicura continua la frase: “Macina e mastica, inghiotte e rivomita sillabe
e fonemi, frasi, pensieri e concetti.
Mondi costruiti e distrutti, riedificati e schiacciati da bulldozer pesanti in
costante aumento.
Il rullo vi passa e tutto cancella ma il tempo fallace ricomincia la corsa…
E… il tempio è già in piedi, le colonne perfette, e il chierico sapiente separa
tutto e tutti… ”
A questo punto, le finestre prima chiuse si aprono. La luce abbagliante
mostra tutto: il lupo e l’agnello, l’allodola e il pellicano, il leone e la dolce
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gazzella, il pescecane e il delfino aggraziato, il coccodrillo vorace e tante
persone in tensione ed attenzione.
Sotto l’effetto dell’illuminazione nessuno ascolta, ma, rotti lacci e catene,
figli, genitori, ladri, galantuomini, uomini, donne, colti, ignoranti e poi… delfini e
gazzelle, leoni e pescecani, allodole, pellicani… in bell’ordine appaiono e sotto
chiari cartelli: “Giusti”, “Malvagi”, “Mediocri”, “Onesti”, “Abili”, “Rissosi” …
come negli ordinati supermercati: “Profumi”, “Casalinghi”, “Detersivi”,
“Giocattoli”…
LEI
Un braccio in-dolente, formicolante nel chiaro salotto dell’architetto
importante.
Sulla sua spalla possente arreca dolore il capo appoggiato e la mente è presa
da grande spavento.
Schiude gli occhi la donna ancora un poco intontita e la luce l’inonda.
Guarda stranita suppellettili e mobili.
Sente il profumo costoso dell’uomo in sonno soporoso.
Lo fissa turbata.
Assomiglia in modo incredibile al chierico scuro che aveva visto nell’angolo
buio del vano fuor di misura.
Ancora l’osserva: la bocca leggermente carnosa su labbra appena dischiuse
mettono in mostra una buona chiosa di denti.
La carnagione perennemente abbronzata e lievemente avvizzita evidenzia un
naso camuso dalle narici dispettose.
Una canizie appena incipiente screzia di bianco qua e là i capelli ricciuti.
La camicia è un poco gualcita, forse per la sua testa appoggiata.
I pantaloni stirati a puntino.
Solo le scarpe sono un po’ larghe.
Torna a quel viso e osserva le palpebre chiuse. Gli occhi sotto si muovono.
Seguono forse nel sonno dei sogni.
Lo guarda!
Lo guarda!
Lo guarda stranita e straniera.
Poi, piano, piano, trattenendo il respiro per non disturbare, si alza decisa e si
dirige precipitosa verso l’uscio ancora socchiuso.
Apre un battente e la luce la bacia.
Scende di corsa col fiato alla gola tutte le scale.
Respira profondo e felice riabbraccia l’azzurro del cielo, il verde del mare.
LUI
A quel punto, la donna minuta sussulta, vuole afferrare qualcuno e grida a
squarciagola:
“Il reale si perde… la parola etichetta, macina concetti, guida l’umano che
accetta la guida.
Percorre una strada, svolta a sinistra, la destra si perde.
Ritorna sui passi. E’ proprio meglio la dritta, ritorna sui passi… ma il gruppo
segue sicuro. Ciascuno nel tempo affannoso trova un appiglio: basta un
cartello.”
Il chierico scuro, con gesto seccato, non ascolta la donna importuna.
Guarda con occhi di brace i gruppi in bell’ordine come lui aveva stabilito.
Poi, con schiocco di dita apre porte e finestre.
Un vento leggero rinfresca la mente.
Vorticano le alate targhette. Ognuna diretta verso il proprio spiraglio.
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Miliardi di fili iridescenti appesi ai cartelli portano in punta ora un uomo
minuto, ora una donna paffuta, ora un leone, ora una dolce gazzella, ora…
Ognuno diretto verso un’ apertura che chiara li inghiotte in ordine perfetto.
In ultimo, il chierico scuro con balzo fulmineo afferra l’ultimo filo e con occhi
radiosi si libra nel cielo luminoso.
“Basta un cartello!” Sembra dire vittorioso.
E la donna, il volto scavato, gli occhi brillanti, le mani inquiete, le braccia
frementi, la bocca scarlatta pronuncia parole nel vuoto assoluto di quel tempio
ora luminoso ma sgombro della massa grandiosa.
… uno spasimo acuto blocca il collo all’architetto affermato.
Scuote sogni e pensieri con fare incurante.
Poi… con gesto ammaliante volge gli occhi alla donna affascinante.
Ma non vede nessuno, scorge la porta socchiusa e pensa indolente che la
compagna abbia voluto con sensibile grazia accordare il riposo tonificante in
vista di amplessi molto spossanti.
Si alza molto sicuro, stira muscoli e membra, allunga una mano alla ricerca
del cellulare…