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http://univaq.it/x
~engel
( = %7E)
Note scritte in collaborazione con il prof. Fabio Camilli, Universit`a La Sapienza, Roma
iii
Indice
Capitolo 0. Concetti Fondamentali
Insiemi
Propriet`
a dei Numeri Reali R
Funzioni
Fattoriale e Coefficienti Binomiali
Formula del Binomio di Newton
Principio di Induzione
1
1
2
4
5
6
7
10
10
12
15
18
20
20
23
26
29
29
30
32
36
41
41
42
45
47
48
48
51
55
58
60
63
64
66
71
80
81
88
88
iv
INDICE
92
95
103
106
107
108
109
116
116
117
118
119
122
123
123
128
130
131
135
135
137
140
144
Testi consigliati
150
Appendice A.
151
152
152
153
Appendice C.
154
155
CAPITOLO 0
Concetti Fondamentali
In questo capitolo introduttivo raccoglieremo alcuni concetti di matematica che servono
successivamente ed inoltre stabiliremo le principale notazioni.
Insiemi
Intuitivamente un insieme `e una raccolta di oggetti (chiamati elementi ) distinguibili tra
di loro che formano una totalit`
a. Per indicare uninsieme si usano generalmente lettere
maiuscole A, B, C,. . . , X, Y , Z, per gli elementi invece lettere minuscole a, b, c,. . . , x,
y, z.
Prima di fare esempi introduciamo alcune
Notazioni.
= esiste
0. CONCETTI FONDAMENTALI
vale sempre A B = B A e A B = B A;
in generale A \ B 6= B \ A e A B 6= B A;
se A ha n elementi e B ha m elementi, allora A B ha n m elementi;
definiamo A2 := A A.
Consideriamo un
Esempio. Se A := {1, 2, 3}, B := {2, 7, 8}, allora A B = {1, 2, 3, 7, 8}, A B = {2},
A \ B = {1, 3} =: C, A C = {(1, 1), (1, 3), (2, 1), (2, 3), (3, 1), (3, 3)} con 3 2 = 6
elementi.
Insiemi Numerici. Definiamo i seguenti insiemi numerici
N : = {n : n `e un numero naturale} = {0, 1, 2, 3, 4, 5, . . . } = insieme dei numeri naturali ,
Z : = {n : n `e un numero intero} = {. . . , 2, 1, 0, 1, 2, . . . } = insieme dei numeri interi ,
n
o
Q : = {r : r `e un numero razionale} = pq : p, q Z, q 6= 0 = insieme dei numeri razionali ,
R : = {x : x `e un numero reale}
= p, 0 1 2 3 . . . : p Z, k {0, 1, 2, . . . , 9} k N = insieme dei numeri reali.
Esempi.
2 R \ Q ( corso di Algebra e Geometria), 2 = 1, 414213 . . ., cio`e
qui abbiamo p = 1, 0 = 4, 1 = 1, 2 = 4, 3 = 2, 4 = 1, 5 = 3.
Oppure per R \ Q vale
= |{z}
3 , |{z}
1 |{z}
4 |{z}
1 |{z}
5 |{z}
9 |{z}
2 |{z}
6 ...
=p
=0 =1 =2 =3 =4 =5 =6
Propriet`
a dei Numeri Reali R
(1) In R valgono per le operazioni somma + e prodotto tutte le regole dellalgebra,
per esempio x, y, z R vale
x + y = y + x,
x (y z) = (x y) z,
x (y + z) = x y + x z.
Pi`
u precisamente si dice che (R, +, ) `e un campo corso di Algebra e Geometria.
(2) In R esiste unordinamento totale <, cio`e per x, y R vale una ed una sola delle
relazioni
x = y,
x<y
oppure y < x.
0. CONCETTI FONDAMENTALI
Esempi.
A := {x R : x2 < 2} `e superiormente limitato. Per esempio, s = 1, 5 `e
un maggiorante poiche se x `e tale che
x > 1, 5 x2 > (1, 5)2 = 2, 25
cio`e x 6= A. Quindi la completezza
di R implica che esiste s0 = sup A. Ora si pu`o
verificareche s20 = 2, cio`e s0 = 2.
Sia A = 1 + n1 )n : n N, n 1 Q. Usando la formula del binomio di Newton
(cfr. pagina 6) si pu`
o verificare che s = 3 `e un maggiorante di A. Quindi esiste
s0 = sup A =: e.
Osservazioni.
e = 2, 7182818 . . .
/ Q viene chiamato numero di Nepero.
Il secondo esempio dimostra che in Q la propriet`a (3) non vale, cio`e Q non `e
completo. In
parole povere questo significa che la retta razionale ha buchi, per
esempio in 2 oppure in e.
Analogamente ai concetti di maggiorante ed estremo superiore possiamo introdurre i
concetti di
Minoranti ed Estremo Inferiore. Sia =
6 A R.
(a) Se r R tale che r a per ogni a A, allora r si chiama minorante di A.
(b) Se r0 R `e un minorante di A tale che r0 r per ogni minorante r di A, allora r0
si chiama estremo inferiore di A. Notazione: inf A := r0 = minorante pi`
u grande di
A.
(c) se r0 = inf A A allora r0 si chiama anche minimo di A. Notazione: min A := r0 =
elemento pi`
u piccolo di A.
Osservazioni. Valgono le seguenti caratterizzazioni:
(
r0 a a A (cio`e r0 `e un minorante)
r0 = inf A
> 0 a A tale che r0 + > a (cio`e r0 + non `e pi`
u un minorante),
(
r0 a a A
r0 = min A
r0 A.
Esempi.
Se A = [0, 1], allora inf A = min A = 0.
Se A = (0, 1], allora inf A = 0
/ A quindi min A non esiste.
Osservazione.
Non tutti gli insiemi hanno minoranti, per esempio A = Z non ha
minoranti poiche non esiste r R tale che r n per ogni n Z. In tal caso si
scrive inf A = .
Nellipotesi che =
6 A R abbia un minorante (e in tal caso ne ha infiniti), allora
si dice che A `e inferiormente limitato. Per esempio A = (0, +) `e inferiormente
limitato poiche s = 1 `e un minorante di A.
Se A `e superiormente e anche inferiormente limitato, allora si chiama limitato. Per
esempio A = (0, 1] [3, 5) `e limitato mentre N non lo `e.
Funzioni
Definizione 0.1. Se A, B 6= sono insiemi, allora una funzione da A a B `e una legge
(spesso in forma di una formula) che ad ogni a A associa un unico b B. In breve si
scrive
f : A B, f (a) = b.
Inoltre si chiama
A il dominio di f ,
B il codominio di f ,
f (A) := {f
di f ,
(a) : a A} limmagine
G(f ) := a, f (a) : a A A B il grafico di f .
Esempio. Il modulo: Per x R definiamo il suo modulo (oppure valore assoluto) come
(
x se x 0,
|x| :=
x se x < 0.
Per esempio |3| = 3, | 4| = (4) = 4. Quindi f (x) := |x|, x R definisce una
funzione f : R R con immagine f (R) = [0, +). Il grafico G(f ) R2 `e riportato
nella Figura 1.
|x|
3
2
1
3
00
x
1
0. CONCETTI FONDAMENTALI
Le prime due regole si possono utilizzare per calcolare coefficienti binomiali con il triangolo di Tartaglia. La terza regola stabilisce la simmetria di questo triangolo.
n
k=0 =1 =2 =3 =4
k
n=0
1
1
1
=1
per esempio 21 + 22 = 32 .
1
2 + 1
=2
=3
=4
1
1
3
4
3
6
1
4
Per esempio
n
P
k = 1 + 2 + 3 + . . . + n.
k=1
ak =
ai = . . .
al .
k=m
n
X
ak =
k=m
n
X
k=m
n
X
k=m
l=m
ak1 .
k=m+1
n
X
ak =
k=m
n
X
i=m
n+1
X
ak =
ak +
r ak per ogni r R.
k=m
l
X
k=m
n
X
k=m
ak +
bk =
n
X
k=l+1
n
X
(ak + bk ).
k=m
PRINCIPIO DI INDUZIONE
Per esempio per n = 4 troviamo i coefficienti binomiali necessari nella 4. riga del triangolo
di Tartaglia e quindi risulta:
(a + b)4 = 1 a0 b4 + 4 a1 b3 + 6 a2 b2 + 4 a3 b1 + 1 a4 b0
= b4 + 4 ab3 + 6 a2 b2 + 4 a3 b + a4 .
Principio di Induzione
Passiamo a un principio che `e collegato ai numeri naturali. Dato un numero fisso n0 N
supponiamo che per ogni n N con n n0 sia data unaffermazione A(n).
Problema. Verificare che A(n) sia vera per ogni n n0 , cio`e verificare un numero
infinito di affermazioni.
Esempio. Per n 1 =: n0 sia A(n) laffermazione che vale la formula
1 + 2 + 3 + ... + n =
n (n + 1)
.
2
ipotesi dellinduzione
n(n+1)
2
per ogni n 1.
n (n + 1)
2
quindi risulta
n (n + 1)
+ (n + 1)
2
(n + 1) (n + 2)
=
2
(1 + 2 + 3 + . . . + n) + (n + 1) =
che `e esattamente A(n + 1), cio`e la formula che si ottiene sostituendo in A(n) il
numero n con (n + 1).
In un certo senso il principio di induzione formalizza leffetto domino: La base fa cadere
il primo pezzo mentre il passo induttivo afferma che con un pezzo cade anche sempre
quello successivo. Quindi se facciamo cadere il primo pezzo alla fine cadranno tutti i
pezzi. Consideriamo altre due esempi.
0. CONCETTI FONDAMENTALI
per ogni n N.
()
1 + (n + 1) x
che era da verificare.
Esempio (Progressione Geometrica). Sia 1 6= q R, allora
n
X
qk =
k=0
1 q n+1
1q
per ogni n N.
1 q 0+1
che `e vera.
1q
k=0
Passo induttivo: Supponiamo che per un certo n N vale
n
X
(#)
qk =
k=0
qk = q0 =
1 q n+1
.
1q
Sotto questo ipotesi dobbiamo verificare la formula che si ottiene sostituendo n con
n + 1. Perci`
o sommiamo su entrambi i lati di (#) la quantit`a q n+1 e otteniamo
n+1
X
qk =
k=0
n
X
q k + q n+1 =
k=0
1 q n+1
+ q n+1
1q
PRINCIPIO DI INDUZIONE
CAPITOLO 1
Successioni Numeriche
Lo scopo di questo capitolo `e di studiare il comportamento di unespressione dipendente
da un parametro naturale n per n sempre pi`
u grande, cioe per n tendente a +.
Iniziamo con la definizione rigorosa di una successione.
Definizione 1.1. Una successione numerica `e una funzione a : N R, cio`e una regola
che fa corrispondere ad ogni n N ununico a(n) R.
Generalmente si usa la notazione an := a(n). Inoltre si rappresenta una successione
elencando tutti i valori assunti in ordine crescente oppure attraverso una formula che
definisce gli elementi an .
Esempio. a : N R, a(n) :=
come
(an )nN
1
n+1
Pu`o accadere che una formula che definisce gli elementi an di una successione non ha
senso per alcuni valori di n, cio`e il dominio di a non `e tutto N = {0, 1, 2, 3, 4, . . .} ma
soltanto un sottoinsieme della forma {n0 , n0 + 1, n0 + 2, n0 + 3, . . .}. Comunque anche
in questo caso si parla di successioni.
1
Esempio. La formula an := n(n3)
definisce una successione a : {4, 5, 6, 7, . . .} R (il
problema `e che qui il denominatore si annulla per n = 0 e n = 3 e quindi non sono
definiti gli elementi a0 e a3 ). In questo caso si scrive
1
(an )n4 =
n (n 3) n4
` PER SUCCESSIONI
CONVERGENZA, DIVERGENZA E IRREGOLARITA
11
Definizione 1.2 (Successione convergente). (i) Si dice che la successione (an )nN `e
convergente al limite l R se per ogni > 0 esiste n0 N tale che
|l an | < per ogni n n0 .
In questo caso si scrive
lim an = l
n+
an l per n +
oppure
= 0.
Perci`o `e da verificare che per > 0 esiste n0 tale che per ogni n n0 segue che
0 1 = 1 < n > 1 .
n
n
1
Quindi, se scegliamo n0 N tale che n0 > allora
0 1 < per ogni n n0 ,
n
cio`e lim n1 = 0, in altre parole n1 n1 `e infinitesima.
n+
e lim an = l2
n+
con l1 , l2 R e l1 6= l2 . Allora :=
|l1 l2 |
4
n+
1
2
|l1 l2 |
2 .
n
n+ 2n+5
= 12 .
n+
oppure
an + per n +;
diverge a , se per ogni M < 0 esiste n0 N tale che an < M per ogni n n0
e in questo caso si scrive
lim an =
n+
oppure
an per n +.
infinito (cio`e se diverge), allora si dice regolare. Rimane quindi la classe delle successioni
che non ammettono limite.
1Per i tre principali modi di dimostrazioni cfr. pagina 151.
12
1. SUCCESSIONI NUMERICHE
M 1
q1 .
q n 1 + n (q 1) 1 + n0 (q 1) > 1 +
M 1
(q 1) = M
q1
per ogni n n0 .
n+
e M := max{l + 1, a0 , a1 , . . . , an0 1 }
Il contrario della proposizione precedente non vale, cio`e una successione limitata non
deve essere convergente, basta considerare la successione ((1)n )nN che `e limitata ma
non converge.
Cerchiamo ora modi per semplificare lo studio della convergenza di una successione senza
dover verificare direttamente la definizione.
Regole per il Calcolo dei Limiti
Problema. Data una successione complicata (an )nN , studiare la sua convergenza.
Una soluzione parziale per questo problema fornisce il seguente risultato
Proposizione 1.7 (Regole per il calcolo dei limiti ). Siano (an )nN , (bn )nN due successioni convergenti con an l1 e bn l2 per n +. Allora per n +
(i) an bn l1 l2 ;
(ii) an bn l1 l2 ;
13
}|
{
z
|l1 l2 an bn | = (l1 l2 an l2 ) + (an l2 an bn )
| l1 l2 an l2 | + | an l2 an bn |
= |l1 an | |l2 | + |an | |l2 bn |
/2
/2
|l2 | + M
M + |l2 |
M + |l2 |
M
|l2 |
+ /2
= /2
M + |l |
M + |l |
| {z 2}
| {z 2}
/2 + /2 = n n0 ,
cio`e an bn l1 l2 per n +.
Esempi.
7n2 2n + 3
.
n+ 3n2 + n 1
Lespressione rappresenta il rapporto di due successioni ma scritto cos` non si pu`o
ancora utilizzare la regola per abnn poiche sia il numeratore sia il denominatore
divergono. Comunque basta mettere in evidenza nel numeratore e nel denominatore
la quantit`
a che cresce pi`
u rapidamente, in questo caso n2 . Utilizzando le regole per
somma, differenza, prodotto e rapporto otteniamo
lim
720+302 = 7
}|
{
2
3
(7 + 2 )
7n2 2n + 3
7
n n
=
2
1
1
3n + n 1
3
n2 (3 + 2 )
n
n
|
{z
}
n2
3+002 = 3
n+
n+3
n.
Non si pu`
o applicare direttamente la regola per le differenze poiche i due termini
divergono entrambi. Per procedere si sfrutta la formula (a b) (a + b) = a2 b2 :
n+3+ n
n+3 n=
n+3 n
n+3+ n
n+3n
3
3
=
=0
=
+
n+3+ n
n+3+ n
Qui lultimo passaggio viene giustificato dalla seguente
14
1. SUCCESSIONI NUMERICHE
Osservazione. Le regole per il calcolo dei limiti si possono estendere alle successioni
regolari se al limite si ottiene una delle seguenti forme determinate: Per ogni a R
definiamo
(
se a > 0
a
+ a :=
a :=
:= 0
se a < 0
() + () :=
(
+ se q > 1
q + :=
0
se 0 < q < 1
() () := +
(
0
se q > 1
q :=
+ se 0 < q < 1
() () :=
q 0 := 1 se q > 0
limitata
=0
limitata 0 = 0.
cos(n2 )
1 n
3
0.
n + e
1 n
3
0 per n +.
0 ()
()0
a
per ogni a R
0
00
0
0
1
Quindi se per la composizione di due successioni (an )nN e (bn )nN al limite otteniamo una forma indeterminata, allora non si pu`o dire nulla sul comportamento della
composizione avendo soltanto informazioni sulla convergenza o divergenza di (an )nN e
(bn )nN .
Esempio. Verifichiamo che (+) (+) `e indeterminata, cio`e sapendo soltanto che
an + e bn + non si pu`
o dire nulla sul comportamento di an bn per n +.
Basta considerare bn := n e
an := n an bn = 0 0, cio`e la differenza converge;
an := n2 an bn = n2 n = n2 (1 n1 ) + 1 = +, cio`e la differenza
diverge;
an := n + (1)n an bn = (1)n , cio`e la differenza `e irregolare.
Le regole per il calcolo dei limiti manifestano che il concetto di limite `e compatibile con
le operazioni algebriche.
LIMITI E ORDINAMENTO
15
n+
q
5 5 n2 .
(Risultato l =
5
5 ).
per n +
2
4
3 + cos(n )
2
| {z }
| {z }
=:an 0
=:bn 0
e di conseguenza lim cn = 0.
n+
Verifichiamo che
lim
| {z }
n }
| {z
n+
=a
a=1
1
1
n
n
a
1
a=
=1
per n +.
n
1
a
Osservazione. Il concetto di limite per una successione (an )nN `e collegato al comportamento degli elementi an per n sempre pi`
u grande. Quindi i primi elementi non
influiscono sulla esistenza oppure sul valore del limite. Nel seguito diremo che una propriet`a per una successione vale definitivamente, se esiste un n0 tale che tale propriet`a
vale per n > n0 . Per esempio la successione (an )nN = (n 1000)nN `e positiva definitivamente poiche an > 0 per ogni n > 1000 =: n0 . Invece ((1)n )nN non `e positiva
definitivamente.
Osservazioni.
Dal teorema del confronto segue che per una successione (an )nN
convergente al limite l e con an [, ] definitivamente vale l [, ]. In particolare
segue il Teorema della permanenza del segno: Se (an )nN `e positiva definitivamente
e lim an = l allora l 0.
n+
16
1. SUCCESSIONI NUMERICHE
Non vale losservazione precedente per intervalli aperti oppure disuguaglianze strette. Per esempio, se an > 0 per ogni n N e lim an = l allora NON segue l > 0!!
n+
per n +.
6>0
>0 nN
0
0
Inoltre abbiamo
a
a
: = 0 se a > 0,
: = 0 se a < 0.
Con queste definizioni le regole per il calcolo dei limiti restano validi. Per esempio
an 2, bn 0 abnn 02 = ,
1
an 1, bn + abnn +
= 0 .
Problema. Per studiare la convergenza di una successione abbiamo finora avuto bisogno di avere almeno un candidato per il suo limite.
Per esempio, come vedremo tra poco la successione (an )nN = (1 + n1 )n nN converge
ma ci`o non si pu`
o dimostrare usando la definizione oppure le regole per il calcolo dei
limiti.
Per risolvere questo problema cerchiamo quindi criteri che implicano la convergenza
senza fare riferimento al limite. Prima ci serve una
Definizione 1.9. Una successione (an )nN si dice
crescente, se an+1 an per ogni n N,
decrescente, se an+1 an per ogni n N,
monotona, se `e crescente oppure decrescente.
Il seguente risultato `e molto importante.
Teorema 1.10 (Regolarit`
a delle successione monotone). Se (an )nN `e monotona, allora
ammette limite. Questo limite `e finito, cio`e (an )nN converge, se e solo se (an )nN `e
limitata. Inoltre vale
(
sup{an : n N} se (an )nN `e crescente,
lim an =
n+
inf{an : n N}
se (an )nN `e decrescente.
LIMITI E ORDINAMENTO
17
Dimostrazione. Verifichiamo soltanto che una successione crescente e limitata converge. Per la completezza di R esiste l := sup{an : n N} R. Sia > 0. Allora usando la
caratterizzazione dellestremo superiore segue che
an l 0 l an n N
e
an0 tale che l < an0 l an0 < .
Usando inoltre la crescenza di (an )nN otteniamo
0 l an l an0 < per ogni n n0
e quindi |l an | < per ogni n n0 , cio`e lim an = l.
n+
xn+1
xn
--a
n+
converge. Per calcolare r notiamo che anche lim xn+1 = r e poi usiamo le regole per
n+
quindi
r=
a
1
(k 1)r + k1
k
r
rk = a
18
1. SUCCESSIONI NUMERICHE
= radice k-esima di a.
n+
(an )nN diverge (bn )nN diverge e in tal caso lim an = lim bn ;
n+
n+
an
bn
a0n
b0n
per n +.
Quindi in prodotti e rapporti si possono sostituire successioni con altre successioni asintotiche senza cambiare il comportamento asintotico, in particolare senza cambiare il
limite se esiste.
Esempi.
19
2n3 5n2 3n + 11
5
3
11
=1
2 + 3 100+0=1
per n +.
3
2n
2n 2n
2n
n + 5 n poiche n+5
= 1 + n5 1 per n +. Quindi per il principio di
n
sostituzione segue che (n + 5)3 n3 e
2n3 5n2 3n + 11
2n3
2n3 5n2 3n + 11
=
2
2
=
lim
.
n+
(n + 5)3
n3
(n + 5)3
` doveroso fare la seguente
E
Osservazione. Il principio di sostituzione !!! NON !!! vale per somme, differenze
o potenze, cio`e se an a0n e bn b0n allora
6 an + bn a0n + b0n per n +,
6 an bn a0n b0n per n +,
0
6 (an )bn (a0n )bn per n +,
Controesempi.
(per la somma) an := n + 1 n =: a0n e bn := n n =: b0n
ma an + bn = (n + 1) n = 1 e a0n + b0n = n n = 0 non sono asintotiche in quanto
ammettono limiti diversi.
(per la potenza) an := 1 + n1 1 =: a0n e bn := n n =: b0n ma (an )bn = (1 + n1 )n
0
e (a0n )bn = 1n = 1 non sono asintotiche sempre poiche ammettono limiti diversi.
Concludiamo questo capitolo con un criterio che `e utile per studiare limiti che coinvolgono radici n-esime.
Proposizione 1.13. Se (an )nN `e una successione tale che an > 0 definitivamente e
lim an+1 =: q esiste, allora segue che anche
n+ an
lim n an = q.
n+
an+1
an
n+1
n
= 1 + n1 1 e quindi
lim n n = 1.
n+
n
lim nn! .
n+
(Suggerimento: n =
nn )
CAPITOLO 2
Serie numeriche
Consideriamo il seguente
Problema. Sommare tutti gli elementi di una successione (an )nN , cio`e dare senso alla
somma infinita
+
X
a0 + a1 + a2 + a3 + . . . =
ak .
k=0
Lidea per risolvere questo problema `e di considerare prima le somme parziali (oppure
ridotte) n-esime
sn := a0 + a1 + a2 + . . . + an =
n
X
ak ,
nN
k=0
e poi mandare n +.
Convergenza e prime Propriet`
a
Definizione 2.1. Diremo che la serie numerica
+
P
ak
k=0
+
P
ak = s;
k=0
+
P
ak = ;
k=0
+
P
k=0
(sn )nN .
Esempi.
1q
q k = 1 + q + q 2 + q 3 + q 4 + . . . = +
k=0
`e irregolare
+
X
se |q| < 1,
se q 1,
se q 1.
1
q
1 q n+1
=
qn.
1q
1q 1q
La tesi ora segue dal comportamento della successione geometrica, cfr. pagina 12
20
`
CONVERGENZA E PRIME PROPRIETA
21
Serie armonica.
+
X
1 1 1 1
1
= 1 + + + + + . . . = +.
k
2 3 4 5
k=1
1+
4 18 = 12
1
= 12
8 16
1 1 1 1
+ + + + . . . = +.
2 2 2 2
s
= baricentro
1--x x
1--x x
spigolo 3 gradino
22
2. SERIE NUMERICHE
1--x x
spigolo (n+1) gradino
(n-1) grad.
n gradino 1/(n-1)
(n+1) grad. 1/n
sn
X
1
1
1
1
1
+
+
+
... =
= 1.
12 23 34 45
k (k + 1)
k=1
Solo in casi rari `e possibile trovare una formula esplicita semplice per le somme parziali
di una serie. Di conseguenza si pone il seguente
2In alternativa si pu`
o usare il seguente trucco:
=1
z
}|
{
n+1
n
n
n
X
X
X
(k + 1) k
1
1
1 X1
1
sn =
=
=1
k (k + 1)
k
k+1
k
k
n+1
k=1
k=1
k=1
k=2
|
{z
}
=somma telescopica
23
+
P
ak senza conoscere
k=0
+
P
k=0
Dimostrazione. Sia s :=
+
P
ak , cio`e s =
k=0
n+
lim sn1 = s e
n+
Evidentemente questa condizione `e soltanto necessaria ma non sufficiente per la convergenza come si vede dalla serie armonica. Come vedremo nel seguente paragrafo lordine
in R ci aiuta a risolvere il problema posto sopra.
Serie a Termini Positivi
Se ak 0 per ogni k N, allora sn+1 = sn + an+1 sn cio`e (sn )nN `e crescente. Quindi
possiamo usare il teorema sulla convergenza delle successioni monotone (cfr. pagina 16)
+
P
per studiare il comportamento della serie
ak . In questa maniera otteniamo
k=0
= serie esponenziale
k=0
1
k!
1
2k1
=2
1 k
2
22...2=2k1
n
X
k=0
1
k!
n
X
k=0
1 k
2
+
X
1 k
2
k=0
2
1
+
P
k=0
1
k!
1
2
=4
per ogni n N.
24
2. SERIE NUMERICHE
+
X
converge
bk
k=0
converge
ak
k=0
| {z }
| {z }
maggiorante
minorante
oppure
+
X
ak
+
X
diverge
diverge
bk
{z }
|k=0
{z }
|k=0
minorante
maggiorante
+
X
1 .
k
k=1
+
X
1
k
k=1
Visto che
1
k
la divergenza di
+
X
1
k
1 .
k
k=1
bk converge
k=0
+
X
ak converge
k=0
oppure
+
X
ak diverge
k=0
+
X
bk diverge
k=0
ak converge
k=0
+
X
bk converge
k=0
oppure
+
X
ak diverge
k=0
+
X
bk diverge
k=0
+
X
1
.
k2
k=1
la serie di Mengoli
+
X
1
k(k+1) .
Allora
k=1
1
k2
1
k(k+1)
k (k + 1)
1
= 1 + 1 = l 6= 0
2
k
k
per k +.
25
+
X
1
.
k2
k=1
Problema. Data una serie, trovare una serie minorante divergente oppure una serie
maggiorante convergente per applicare il Criterio del Confronto.
Una possibilit`
a per affrontare questo problema `e di usare come seconda serie la serie
+
P k
q per q > 0. Sfruttando questa idea si possono dimostrare i seguenti due
geometrica
k=0
criteri.
Proposizione 2.6 (Criterio del Radice). Sia ak 0 definitivamente. Se esiste q :=
+
P
k=0
converge se q < 1,
diverge se q > 1,
non si pu`
o concludere nulla sul comportamento della serie se q = 1.
Esempio. Sia ak :=
ak
kk
e quindi la serie
+
P
ak =
a
0=q<1
k
per k +
ak converge.
k=0
k=0
converge se q < 1,
diverge se q > 1,
non si pu`
o concludere nulla sul comportamento della serie se q = 1.
Esempio (Serie Esponenziale). Sia ak :=
ak+1
=
ak
ak+1
(k+1)!
ak
k!
ak
k!
ak+1 k!
a
=
0=q<1
k
k+1
(k + 1)! a
| {z }
per k +
=k!(k+1)
e quindi la serie
+
P
k=0
ak
k!
converge.
1
k
26
2. SERIE NUMERICHE
1
k
1
k2
1
k
cio`e
1
k
cio`e
+
X
1
k
k=1
+
X
`e un minorante divergente,
1
k2
`e un maggiorante convergente
k=1
converge
>1
k=1
1
k
in avanti si
1
+ 12
+ 13
+ 41
+ 15
+ 16
! +1
0
k=1
:::
-1+ 21
- 31
-1
27
n + 1 pari
an+1
|ssn |
sn
|ssn |
n + 1 dispari
sn an+1 =sn+1
sn
Esempio. Sia ak :=
1
k
+
X
1
(1)k
k
k=1
+
X
ak converge
|k=0 {z
}
convergenza (semplice)
Infatti per ak = (1)k k1 la serie
+
X
k=1
+
P
|ak | converge
|k=0
{z
}
convergenza assoluta
ak converge mentre
k=1
X
+
X
+ 1
k 1
|ak | =
(1) k =
k
k=1
diverge.
k=1
+
P
k=0
+
P
ak , cio`e la conver-
k=0
+
P
k=0
quindi pu`
o essere studiata con i criteri per tale serie. Per esempio, applicando il criterio
+
P
del rapporto e della radice a
|ak | otteniamo la seguente
k=0
Proposizione 2.11. Se
ak+1
<1
q := lim
k+
ak
allora
+
P
k=0
oppure
q := lim
k+
p
k
|ak | < 1
28
2. SERIE NUMERICHE
k
e quindi la serie
+
P
ak converge.
k=0
k!
= ea
per ogni a R.
CAPITOLO 3
o
x, f (x) : x X R2 ,
cio`e si pu`
o disegnare nel piano xy.
Esempio. Definiamo A(r) := area di un cerchio di raggio r 0. Questa regola definisce
und funzione A : [0, +) R con immagine A([0, +)) = [0, +). Inoltre A(r) = r2
e quindi il grafico G(A) R2 `e dato da (parte di) una parabola:
A(r)
25
20
15
10
5
0
0.5
1.5
2.5
30
Propriet`
a di Funzioni Reali
Elenchiamo in seguito alcune propriet`a importanti di funzioni reali.
Funzioni Invertibili.
Definizione 3.2. Una funzione f : X Y si dice
iniettiva, se per ogni x1 , x2 X, x1 6= x2 si ha f (x1 ) 6= f (x2 ), cio`e se per ogni
y Y esiste al pi`
u un x X con f (x) = y;
suriettiva se per ogni y Y esiste almeno un x X con f (x) = y;
biettiva se f `e iniettiva e suriettiva, cio`e se per ogni y Y esiste un unico x X
con f (x) = y.
Esempio. Consideriamo la funzione fk : Xk Yk , fk (x) := x2 per diverse scelte di
Xk , Yk R (k = 1, 2, 3, 4):
(a) X1 = R, Y1 = R. In questo caso
(d) X4 = [0, +), Y4 = [0, +). In questo caso per ogni y Y4 x := + y `e lunico
x X4 con x2 = y. Quindi
f4 `e iniettiva;
f4 `e suriettiva.
Riassumendo f4 `e biettiva.
Osservazioni.
Al livello del grafico G(f ) per una funzione reale f : X Y vale:
f `e iniettiva ogni retta orizzontale attraverso un punto y Y interseca
G(f ) al pi`
u una volta;
f `e suriettiva ogni retta orizzontale attraverso un punto y Y interseca
G(f ) almeno una volta;
f `e biettiva ogni retta orizzontale attraverso un punto y Y interseca
G(f ) ununica volta;
cfr. Figura 12
Una funzione f : X Y `e biettiva se e solo se esiste una funzione g : Y X tale
che
(g f )(x) = g f (x) = x per ogni x X, e
(f g)(y) = f g(y) = y per ogni y Y .
In questo caso g `e unica, si chiama funzione inversa di f e si scrive f 1 := g.
Dal fatto che f (x) = y x = f 1 (y) segue che i grafici G(f ) di f e G(f 1 ) di
f 1 sono simmetrici rispetto alla bisettrice y = x, cfr. Figura 13.
Esempio. Abbiamo visto nellesempio precedente che la funzione f : [0, +) [0, +),
f (x) := x2 `e invertibile.
In questo caso la funzione inversa f 1 : [0, +) [0, +) `e
1
1
data da f (x) = x. In particolare, f 1 (x) 6= f (x)
= x12 !!!
` DI FUNZIONI REALI
PROPRIETA
(a)
(c)
(b)
f1(x)
x2
x1
f4(x)
y>0
y>0
x2
(d)
f3(x)
f2(x)
y>0
x1
31
x2
y<0
y>0
y<0
Figura 12. Funzione (a) non iniettiva, non suriettiva; (b) non iniettiva
ma suriettiva; (c) iniettiva ma non suriettiva; (d) iniettiva e suriettiva
cio`e biettiva.
f (x) = x2
f 1 (x) =
x.
f1
f2
f1 =p
p
d
=d
d
p
32
f dispari
f pari
f (x)
g(x)
`e dispari.
con x R
2x 1
Esempio. r(x) = 2x5 10x
e una funzione razionale di grado 2 5 = 3 e con
3 +8x `
dominio X = R \ {2, 1, 0, 1, 2}.
FUNZIONI ELEMENTARI
33
Potenze ed Esponenziali.
Problema. Come si pu`
o definire ar per a > 0 e r R, per esempio quanto vale
2 = ?
Per risolvere questo problema, cio`e per dare una definizione rigorosa di ar , useremo
alcuni risultati del Capitolo 1 procedendo in 2 passi:
1 Passo: r = pq Q. Se p Z e 0 6= q N, allora usando le radici (introdotte con il
metodo di Erone a pagina 17) definiamo
p
1
p
ar = a q := (ap ) q = q ap = q a
Per esempio
3
a 4 :=
a3 =
4a
3
23,141 :=
1000
23141 =
3141
2
.
1000
n+
1
x2 = x x oppure (8) 3 = 3 8 = 2.
34
r>1
r=1
0<r<1
1
r=0
r<0
1
0<a<1
ex
a>1
4
3
2
a=1
x
1,5 1 0,5
0,5
1,5
, x R.
Coseno Iperbolico cosh(x) := e +e
2
ex ex
Seno Iperbolico sinh(x) :=
, x R.
2
sinh(x)
Tangente Iperbolico tanh(x) := cosh(x) , x R.
10
cosh(x)
5
tanh(x)
2
0.5
0.5
sinh(x)
10
FUNZIONI ELEMENTARI
35
Q
x
#
1
tan(x)
sin(x)
x
1
cos(x)
/2
3/2
cos(x)
3/2
/2
--2
3
----
1
0
1
--2
3
---2
tan(x)
---
3
---2
--2
3
---2
36
I primi 2 punti si possono brevemente scrivere come (xn )nN X \ {c}. Quindi c `e un
punto di accumulazione di X se in X \ {c} si pu`o avvicinare al punto c.
Esempi.
c = 3 non `e un punto di accumulazione di N in quanto non esiste una
successione (xn )nN N \ {3} con lim xn = 3.
n+
n+
xc
oppure
f (x) l per x c .
Osservazioni.
Il limite, se esiste, `e unico.
Se nel seguito scriviamo lim f (x) supponiamo sempre che c sia un punto di
xc
37
Il concetto di limite per le funzioni come definito sopra si basa su quello del limite
per le successioni. Esiste anche unaltra possibilit`a di introdurre limiti per le funzioni che non fa riferimento alle successioni. Questa alternativa dipende per`o dal
fatto se c ed l sono finiti oppure infiniti e quindi servono molti casi per coprire tutte
le possibilita, cfr. pagina 154 nellAppendice.
Esempi.
lim sin(x) = 0. Dal grafico su pagina 35 si vede che 0 | sin(x)| |x| per
x0
per n +
e per il teorema dei Carabinieri segue sin(xn ) 0 per n +. Allora lim sin(x) =
x0
0 per definizione.
lim cos(x) = 1. Per la formula di prostaferesi (cfr. pagina 36) segue
x0
1 cos(x) = cos(0) cos(x) = 2 sin2 x2 .
Allora per ogni successione (xn )nN R \ {0} con lim xn = 0 risulta
n+
2 xn
1 cos(xn ) = 2 sin 2 2 02 .
Quindi lim 1 cos(x) = 0 cio`e lim cos(x) = 1.
x0
lim |x|
x0 x
x0
|x|
x
per x 6= 0. Allora
f (x)
1
(
1
f (x) =
1
se x > 0,
se x < 0.
x
1
Figura 22. Funzione segno.
f (x) l R per x tendente a c da destra, se per ogni successione (xn )nN X \{c}
con xn c+ segue f (xn ) = l per n +. In questo caso usiamo la notazione
f (x) l per x c+ oppure lim f (x) = l.
xc+
38
lim f (x) = l e lim f (x) = l si dicono limite destro e limite sinistro rispettivamente.
xc
xc+
Esempi.
lim
x0+
lim
x0+
1
1
x = 0+ =
Osservazioni.
|x|
x
|x|
x = 1.
x0
lim x1 = 01 = .
x0
= +1, lim
+,
xc+
xc
Il concetto di limite destro e sinistro si possono definire anche senza lutilizzo delle
successioni. Per`
o facendo cos` si devono considerare vari casi secondo le possibilit`a
c, l R, c, l = , cfr. pagina 154 nellAppendice.
Limiti ed Asintoti.
Se lim f (x) = con c R, allora si dice che f ha unasintoto verticale x = c.
xc()
Esempi.
La funzione tan(x) ha asintoti verticali nei punti xk = 2k+1
2 per k Z,
cfr. il grafico a pagina 35.
La funzione tanh(x) ha asintoti orizzontali nei punti y = 1, +1, cfr. il grafico su
pagina 34.
Come nel caso delle successioni esistono anche per i limiti delle funzioni
Regole per il Calcolo dei Limiti. Se lim f (x) = l1 e lim g(x) = l2 con c R e
xc
xc
l1 , l2 R, allora
lim f (x) g(x) = l1 l2 ;
xc
lim f (x) g(x) = l1 l2 ;
xc
f (x)
l1
=
se l2 6= 0;
xc g(x)
l2
g(x)
lim f (x)
= (l1 )l2 se l1 > 0;
lim
xc
Queste regole seguono direttamente dalle regole corrispondenti per le successioni. Inoltre
valgono anche per il limite destro e sinistro e anche per l1 , l2 R se al limite si ottiene
una forma determinata.
In sostanza il risultato precedente manifesta il fatto che le operazioni algebriche sono
compatibili con il concetto di limite. Cio`e non ha importanza se si fa prima loperazione
e poi il limite oppure viceversa, se tutte le forme ottenute sono determinate.
Anche i risultati riguardanti limiti e ordinamento per le successioni si generalizzano
facilmente alle funzioni.
Limiti e Ordinamento. Se f, g : X R R tale che f (x) g(x) per ogni x X e
f (x) l1 , g(x) l2 per x c, allora
l1 l2 (Teorema del Confronto);
se inoltre per h : X R vale f (x) h(x) g(x) per x X e l1 = l2 , allora anche
h(x) l1 per x c (Teorema dei Carabinieri).
Come gi`
a per le successioni anche per calcolare limiti di funzioni il Teorema dei Carabinieri `e spesso molto utile. Lidea per la sua applicazione `e di incastrare lespressione
che si vuole studiare (= h(x)) tra due carabinieri (= f (x) e g(x)) che sono pi
u semplici
da studiare e ammettono lo stesso limite. Consideriamo alcuni esempi.
39
sin(x) x tan(x)
sin(x)
cos(x)
1
Figura 23. Relazione tra x, sin(x) e tan(x).
dividendo per sin(x) > 0 segue
1
x
1
sin(x)
cos(x)
quindi per gli inversi otteniamo
1
|{z}
1
Inoltre
sin(x)
x
sin(x)
cos(x)
| {z }
x
per x 0+ .
x0
1.
sin(x)
x
=
1 cos(x)
1
=
2
x0
x
2
(2) lim
z
}|
{
1 cos(x) 1 + cos(x)
1 cos2 (x)
1 cos(x)
=
= 2
x2
x2
1 + cos(x)
x 1 + cos(x)
1
1
1
sin(x) 2
=
1 =
x }
1 + cos(x)
2
2
| {z
| {z }
1
| {z } | {z1 }
12 =1
1
1+1
= 12
per x 0.
ex 1
=1
x0
x
(3) lim
(1 + nx )n
x
n
=1+x
se
x
n
n+
1 cio`e n x
n+
40
1
ex
1| {z
x}
1
|{z}
se 1 > x > 0:
1 per x0+
ex 1
1
x}
|1 {z
1
1
| {z x}
lim
ex 1
=1
x
lim
ex 1
=1
x
x0+
1 per x0+
se x < 0:
1
|{z}
1 per x0
ex 1
x0
1 per x0
Anche il teorema sulla convergenza delle successioni monotone (cfr. pagina 16) si generalizza facilmente alle funzioni.
Teorema 3.8. Se f : X R R `e monotona allora
lim f (x) =: l R
xc
lim f (x) =: l+ R
xc+
se f `e crescente,
se f `e decrescente.
Passiamo ora ai
Limiti per le Funzioni Composte. Se per f : X R Y R e g : Y R e
c, l, y0 R vale
lim f (x) = y0 ,
xc
lim g(y) = l,
yy0
esiste > 0 tale che f (x) 6= y0 per ogni x X con 0 < |x c| <
allora
lim g f (x) = l.
xc
Questo risultato non vale senza la terza condizione che riflette il fatto che per lesistenza
e il valore del limite il valore della funzione nel punto limite `e indifferente.
Esempio. Sappiamo che
lim sin(x) = 0 (qui f = sin, c = 0 e y0 = 0),
x0
sin(x) 6= 0 per ogni x R con 0 < |x| < (quindi possiamo scegliere := )
Con il risultato precedente risulta che
lim cos sin(x) = 1
x0
CAPITOLO 4
42
4. FUNZIONI CONTINUE
Funzioni razionali: Ogni funzione razionale `e continua (nel suo dominio!), essendo
il rapporto di due polinomi che sono continui.
Modulo: f (x) = |x| per x R `e continuo (usare lultima osservazione a pagina 5).
Funzioni circolari : Per la formula di prostaferesi vale per ogni x, x0 R
0
z }| {
0
sin(x) sin(x0 ) = 2 sin x 2 x0 cos x+x
0
2
|
{z
} | {z }
0
per x x0 ,
limitata
quindi sin `e continua. Similmente segue che anche cos `e continua e quindi anche
sin
`e continua.
tan = cos
Funzione esponenziale: Per ogni x, x0 R, x 6= x0 e h := x x0 vale x x0
h 0. Quindi
ex ex0 = (x x0 ) ex0
exx0 1
x x0
eh 1
0 ex0 1 = 0
per h 0.
h
per x x0 e di conseguenza la funzione esponenziale `e
= h e x0
ex +ex
2
x0
x0
sin(x)
= 1 = f (0) = l
x
43
f(x)
a1+ b1
b3
= b2
a0+b0
a=a0
=a1 = a2 = a3
b=b0 = b1
n+
lim bn =: c2 .
n+
Da (ii) segue
bn = an +
|{z}
|{z}
c2
c1
ba
n
| 2{z }
per n +
ba
=0
+
Quindi
f 2 (c)
f (c)
Osservazione. Il teorema degli zeri non soltanto stabilisce lesistenza di uno zero c per
f ma la dimostrazione d`
a anche un modo per trovare un valore approssimativo di c. In
casi come questo si dice anche che la dimostrazione `e costruttiva.
Dal Teorema degli zeri segue facilmente la seguente generalizzazione.
Teorema 4.5 (Teorema dei Valori intermedi ). Sia I R un intervallo qualsiasi (non
necessariamente chiuso), f : I R continua e siano
m := inf f := inf f (x) : x I ,
M := sup f := sup f (x) : x I .
Allora per ogni y (m, M ) esiste x I tale che f (x) = y. In altre parole, f assume
tutti i valori tra m = inf f e M = sup f .
La dimostrazione si fa applicando il Teorema degli Zeri alla funzione f(x) := f (x) y.
Questo teorema ha delle applicazioni molto importanti. Come esempio dimostreremo
lesistenza dei
44
4. FUNZIONI CONTINUE
Logaritmi. Sia 0 < a 6= 1. Allora per ogni y > 0 esiste un unico x R tale che ax = y.
Questo valore x si chiama logaritmo di y in base a e si scrive
x =: loga (y).
Per la base a = e useremo la notazione ln(y) := loge (y).
Dimostrazione. Procediamo in 2 passi:
1 Caso: a = e. Abbiamo visto (cfr. pagina 40) che ex 1 + x per ogni x R e quindi
sup{ex : x R} sup{1 + x : x R} = +
M := sup{ex : x R} = +.
Inoltre,
0 < ex =
1
x
e
|{z}
1
=0
+
per x
m := inf{ex : x R} = 0.
ln(y)
.
ln(a)
a>1
loga(x)
ax
ax
ln(x)
loga(x)
1
1
x
0
-1
1
-2
x
-3
-4
45
Teorema 4.6. Sia I R un intervallo e sia f C(I). Allora anche J := f (I) = {f (x) :
x I} `e unintervallo e
f : I J `e invertibile f `e strettamente crescente oppure strettamente
decrescente;
se f `e invertibile, f 1 : J I `e continua.
Il teorema precedente non vale se il dominio di f non `e unintervallo.
Esempio. Consideriamo f : [1, 0] (1, 2] [0, 2], f (x) = |x|. Allora f `e continua e
invertibile ma non `e strettamente monotona e f 1 : [0, 2] [1, 0] (1, 2] `e discontinua
in x = 1.
2
f(x)
2
f -1(x)
1
1
x
1
1
continua e data da f 1 (x) = n x = x n .
xn
xn
n
ex
ex
(n dispari)
(n pari)
46
4. FUNZIONI CONTINUE
1
inf f = , sup f = + cio`e `e invertibile
con f 1 : R R, f 1 (x) = n x = x n .
In altre parole,
per n dispari la radice n x `e anche definita
per argomenti x < 0, per
3
n
esempio 8 = 2. Invece
per n pari e x < 0 la radice x non ha senso nel campo dei
numeri reali, per esempio 1 non `e pi`
u un numero reale ma complesso. Al livello della
funzione f : R R, f (x) = xn ci`
o si rispecchia nel fatto che f : R R per n pari non
`e suriettiva (e neanche iniettiva, cfr. pagina 30).
1
Potenze. Dal paragrafo precendente sappiamo che x n = n x, x 0 definisce una
funzione continua per ogni n = 1, 2, 3, 4, . . .. Pi`
u in generale vale che
r
xr = eln(x) = erln(x) , x > 0
come composizione di funzioni continue `e continua.
Inverse delle Funzioni Circolari. (Cfr. Figura 28) Considerando il grafico della funzione sin : R R (cfr. Figura 21) si vede che non `e invertibile non essendo ne suriettiva ne iniettiva. La suriettivit`
a, per`o si ottiene considerando come codominio linsieme
[min sin, max sin] = [1, 1] mentre per ottenere liniettivit`a basta considerare soltanto
una parte del dominio R in cui la funzione sin `e strettamente monotona. Perci`o ci sono infinite scelte ma generalmente si ristringe il dominio allintervallo [ 2 , 2 ]. Quindi
consideriamo ora
sin : [ 2 , 2 ] [1, 1]
che cos` diventa invertibile. Nella stessa maniera, considerando
--1.5
2
arcsin(x)
arccos(x)
3
tan(x)
sin(x)
2
--2
0.5
1.5
0.5
0.5
1.5
0.5
1
arctan(x)
2
--2 2
1.5 --2
cos(x)
tan : ( 2 , 2 ) R
sinh(x)
arcsinh(x)
2
cosh(x)
tanh(x)
arccosh(x)
arctanh(x)
47
u
1 + e sin x+2
3
t
f (x) := ln
2 + cos9x 12 + arctan (e + x2 )
`e una composizione di funzioni continue e quindi continua. Per Weierstra ammette
minimo e massimo che, per`
o, saranno quasi impossibili da determinare. Quindi
Weierstra `e un risultato di esistenza ma non aiuta per trovare x0 , x1 e min f =
f (x0 ) e max f = f (x1 ).
CAPITOLO 5
t
sh
f (x0 +h)
Ph
f (x0 )
P0
x
x0
x0 +h
f (x0 + h) f (x0 )
(x x0 ).
h
|
{z
}
= pendenza di sh
=: rapporto incrementale
Quindi solo il rapporto incrementale dipende da h che, nel passo successivo, mandiamo
a 0.
Derivata: Definizione e prime Propriet`
a
Considerando il limite del rapporto incrementale per h 0 arriviamo alla seguente
Definizione 5.1. Se per f : (a, b) R e x0 (a, b) converge
f (x0 + h) f (x0 )
=
|{z}
h0
h
lim
lim
xx0
x=x0 +h
f (x) f (x0 )
=: f 0 (x0 ) R
x x0
`
DERIVATA: DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETA
49
=nx0 n1 h
=x0
}|
{ z }| {
n
n
n
n
n1 1
0 n
1 n1 + . . . +
n2 h2 +
h + nn x0 n h0 xn0
0 x0 h + 1 x0 h
n1 x0
n2 x0
h
n
0
x0
0 hn1
n
1
x0
1 hn2
+ ... +
=
=
n
n2
x0
n2 h1
+ n x0
n1
h
h
n
0
x0 0 hn1 +
n
1
x0 1 hn2 + . . . +
n x0 n1 = f 0 (x0 )
n
n2
x0 n2 h1 + n x0 n1
per h 0.
per h 0.
50
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
cos(x0 )
f (x0 + h) f (x0 )
f (x) f (x0 )
= lim
=: f+0 (x0 ) = derivata destra
+
h
x
x
0
xx0
lim
f (x0 + h) f (x0 )
f (x) f (x0 )
= lim
=: f0 (x0 ) = derivata sinistra
h
x x0
xx0
h0+
oppure
h0
f (x) f (x0 )
(x x0 ) f 0 (x0 ) 0 = 0
| {z }
x x0
|
{z
}
0
f 0 (x0 )
per x x0 .
51
xx0
Osservazione. Non vale il contrario cio`e f continua 6 f derivabile, per esempio f (x) =
|x| `e continua ma non derivabile in x0 = 0.
Esercizio. (Metodo di Erone, cfr. pagina 17) Sia f (x) := xk a per a > 0 e k N,
k 2.
Calcolare lequazione della retta tangente t al grafico di f nel punto x0 > 0.
Verificare che lintersezione tra t e lasse x `e data da
1
a
x1 := (k 1)x0 + k1 .
k
x0
Regole per la Derivazione
Cerchiamo ora modi per semplificare il calcolo delle derivate.
Derivazione di Somme, Prodotti e Rapporti di Funzioni.
Siano f, g : (a, b) R derivabili in x0 , allora
(i) per ogni , R anche f + g `e derivabile in x0 con
( f + g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) + g 0 (x0 )
(ii) f g `e derivabile in x0 con
(f g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) g(x0 ) + f (x0 ) g 0 (x0 )
(iii) se g(x0 ) 6= 0 anche
f
g
`e derivabile in x0 con
f 0
g (x0 )
In particolare
1 0
g (x0 )
0)
= gg2(x
(x0 )
g(x) g(x0 )
f (x) f (x0 )
g(x) +f (x0 )
|{z}
x x0
x x0
|
|
{z
} g(x )
{z
}
f 0 (x0 )
g 0 (x0 )
per x x0 .
52
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
Esempi.
Visto che ogni monomio xk per k = 1, 2, 3, . . . `e derivabile, per le prime
due regole ogni polinomio `e derivabile con
p0 (x) = (an xn +an1 xn1 +. . .+a1 x+a0 )0 = nan xn1 +(n1)an1 xn2 +. . .+2a2 x+a1 .
Per esempio, (3x4 7x3 + 2x2 11)0 = 12x3 21x2 + 4x.
Per lesempio precedente e la terza regola, ogni funzione razionale `e derivabile. Per
esempio per ogni n = 1, 2, 3, . . . vale
0
0
n1
n
xn = x1n = nxx2n = xn+1
= n xn1
Quindi, per ogni n Z vale
(xn )0 = n xn1
Infatti questa regola abbiamo visto precedentemente per n = 1, 2, 3, . . . (cfr. pagina 49), per n = 0 vale poiche la derivata di una funzione costante = 0, mentre per
n = 1, 2, 3, . . . `e stata appena dimostrata.
sin
`e derivabile con
Visto che sin e cos sono derivabili anche la funzione tan = cos
tan0 (x) =
1
cos2 (x)
1 + tan2 (x)
ex +ex
2
x 0
)
sono derivabili con sinh0 (x) = (e ) (e
= e +e
= cosh(x). Similmente
2
2
0
segue che cosh (x) = sinh(x). Infine, utilizzando la regola di derivazione per un
sinh
rapporto segue che anche tanh = cosh
`e derivabile con
(
1
cosh2 (x) sinh2 (x)
2
0
cosh
(x)
tanh (x) =
=
2
cosh (x)
1 tanh2 (x)
x
tanh (x) =
1
cosh2 (x)
1 tanh2 (x)
53
2 2x+1)
f 1
t
r
f
f 0 (x0 )
1
f 1 (y0 )
f 0 (x0 )
f (x0 )
y0
x0
pendenza di t =
f 0 (x0 )
1
= f 0 (x0 )
pendenza di r =
1
f 0 (x0 )
= (f 1 )0 (y0 )
f 1 (y) = 0
f (x)
Esempi.
Sia f (x) = ax , x R per 0 < a 6= 1 che `e derivabile con f 0 (x) = ln(a)ax 6=
0 per ogni x R. Inoltre abbiamo visto (cfr. pagina 44) che f `e invertibile con
1Quando si considerano sia f e f 1 conviene, per non confondersi, usare sempre x come variabile per f
e y come variabile per f 1 .
54
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
f 1 (y) = loga (y), y > 0. Quindi loga `e derivabile e per y := f (x) = ax vale
loga 0 (y) =
1
1
1
x =
0 =
x
ln(a) |{z}
a
ln(a) y
(a )
=y
1
ln(a)x
in particolare per a = e
ln0 (x) =
1
x
xn
1
1
=
.
0
sin (x)
cos(x)
Per ottenere una rappresentazione di arcsin0 (y) nella variabile y dobbiamo esprimere ora cos(x) in funzione dipy = sin(x). Perci`o utilizziamo la relazione sin2 (x) +
p
cos2 (x) = 1, cio`e cos(x) = 1 sin2 x = 1 y 2 . Per decidere il segno +
oppure basta osservare che x ( 2 , 2 ) e quindi cos(x) > 0. Quindi dobbiamo
scegliere il segno + e sostituendo y con x otteniamo finalmente
arcsin0 (x) =
1
1x2
x (1, 1)
55
1
1x2
arctan0 (x) =
1
1+x2
x (1, 1)
xR
arcsinh0 (x) =
1
1+x2
xR
arccosh0 (x) =
1
x2 1
x>1
arctanh0 (x) =
1
1x2
x (1, 1)
b
V(x)= x(a-2x)(b-2x)
x
b -2x
a -2x
x
Figura 32. Contenitore.
Quindi cerchiamo x0 0, a2 tale che Vmax := V (x0 ) V (x) per ogni x 0, a2 .
Torneremo a questo problema a pagina 58.
Prima di affrontare problemi di questo tipo generalizziamo il concetto di minimo e
massimo per una funzione.
Definizione 5.4. Sia f : X R R una funzione reale, allora
x0 X si dice punto di minimo locale, se esiste > 0 tale che f (x0 ) f (x) per
ogni x X con |x x0 | < ; se x0 `e un punto di minimo locale, f (x0 ) si dice
minimo locale;
x0 X si dice punto di massimo locale, se esiste > 0 tale che f (x0 ) f (x) per
ogni x X con |x x0 | < ; se x0 `e un punto di massimo locale, f (x0 ) si dice
massimo locale;
se x0 `e un punto di minimo o di massimo locale, allora si dice punto di estremo
locale mentre f (x0 ) si chiama estremo locale.
56
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
f
M
x0
x1
x2
x3
x4
f 0 (x0 ) =
}|
{
z
0
f (x0 + h) f (x0 )
0
f+ (x0 ) = lim
h
h0+
|{z}
>0
}|
{
z
f
(x
+
h)
f
(x
0
0)
f0 (x0 ) = lim
0
h
h0
|{z}
<0
Quindi 0
f 0 (x
0)
0 che implica
f 0 (x
0)
= 0.
x0
x1
x2
x3
x4
57
se x = 0,
se x (0, 1].
x
= exln(x)
x0+
x0+
Usando la sostituzione
ln(x) = t +
t2
2
t3
3!
per x 0+
lim x ln(x) = 0.
et lim t2 /2 = 0
e visto che et = 1 + t +
t+
x0+
t+
x0+
x0+
x = 1e ,
cio`e x0 :=
1
e
58
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
Quindi sappiamo:
i candidati per i punti di estremo locale sono gli estremi dellintervallo a = 0, b = 1
e il punto critico x0 = 1e ,
f ammette m := min f e M := max f nellintervallo [0, 1],
1
1
f (0) = f (1) = 1, f (x0 ) = ( 1e )( e ) = e e < 1.
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0.2
1/e0.4
0.6
0.8
a
Usando il fatto V (0) = V 2 = 0 risulta che x0 = x2 = 16 a + b a2 ab + b2 . Per
esempio se scegliamo un cartoncino di formato A 4, cio`e di dimensione 21 cm29, 7 cm,
allora otteniamo x0 4, 04 cm e Vmax = V (x0 ) = 1128, 5 cm3 , cfr. Figura 36. In
particolare si pu`
o costruire un contenitore il cui volume `e pi`
u di un litro.
Vmax
V(x)=x(21-2x)(29,7-2x)
1000
800
600
400
a/2 =10,5
x1
200
x0
10
15
- 200
59
f(x)
f(a)=f(b)
c1
c2
c3
f (b) f (a)
a }
| b {z
t1
f(x)
s
t2
x
a
c1
c2
60
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
Prima di dimostrare il test osserviamo che nel punto 3 e 4 non vale lequivalenza, basta
considerare f (x) = x3 per x R che `e strettamente crescente nonostante che f 0 (x) = 3x2
si annulla per x = 0.
Dimostrazione. Dimostreremo soltanto il primo punto. : Se f `e crescente, allora
f (x)
z }| {
f (x + h) f (x)
0
0
0.
f (x) = f+ (x) = lim
h
h0+
|{z}
>0
: Sia f 0 (x) 0 per ogni x (a, b). Allora per x1 , x2 [a, b] con x1 < x2 esiste
c (a, b) tale che
f (x2 ) = f (x1 ) + f 0 (c) (x2 x1 ) f (x1 ),
| {z } | {z }
0
>0
cio`e f `e crescente.
per ogni x R
1
f 0 (0)
1
= .
6
f 0 (x) g 0 (x)
max locale
61
min locale
f 0(x)>0 )
f 0(x)<0 )
f 0(x)<0 )
f 0(x)>0 )
--
--
f crescente
f decrescente
f crescente
f decrescente
x0
x0
ln(x)
x .
1
x
1 ln(x)
1 ln(x)
=
.
2
x
x2
Quindi f 0 (x) = 0 ln(x) = 1 x = e, cio`e x0 = e `e lunico punto critico di f .
Inoltre,
ln(x) < 1 per x (0, e) f 0 (x) `e positiva prima di x0 = e,
ln(x) > 1 per x (e, +) f 0 (x) `e negativa dopo x0 = e
cio`e f 0 (x) cambia in x0 = e segno da + a x0 = e `e un punto di massimo locale.
f 0 (x) =
ln(x)/x
1
0
ln(x)
x .
62
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
Questa caratterizzazione sembra banale ma tuttavia `e utile per dimostrare risultati che
non sono cos` ovvi.
Esempio. Definiamo f : R \ {0} R,
f (x) := arctan(x) + arctan
1
x
x 6= 0.
1
1
1
1
1
+
2
=0
2 2 =
2
2
1
1+x
x
1+x
x +1
1+ x
per ogni x 6= 0.
Per calcolare le costanti c1 , c2 (che, come vedremo sono diversi) basta scegliere un valore
opportuno x1 > 0 e x2 < 0 poiche in ogni caso f (x1 ) = c1 e f (x2 ) = c2 . Per la funzione
f possiamo per esempio scegliere x = 1 e x2 = 1 e cos` risulta
arctan(x) + arctan x1 = f (x) =
(
f (1) = arctan(1) + arctan(1) = 2 4 = 2
=
LE REGOLE DI DE LHOSPITAL
63
Le Regole di de lHospital
Partiamo con il seguente importante
Problema. Calcolare il limite
lim
xx0
f (x)
g(x)
0
0
oppure
Per esempio
sin(x)
0
ln(x)
+
=
oppure
lim
=
.
x+ x
x0
x
0
+
Nonostante i due limiti precedenti si possano calcolare anche direttamente, le seguenti regole ne semplificano molto lo svolgimento. Non presentiamo la dimostrazione che
comunque si basa sempre sul Teorema di Lagrange.
lim
xa+
Allora anche
f (x)
= l.
xa+ g(x)
La stessa conclusione vale anche per limiti del tipo lim e lim per x0 (a, b).
lim
xb
xx0
Se lim
xa+
f 0 (x)
g 0 (x)
xa+
f (x)
g(x)
non esiste. Cio`e lHospital offre soltanto una condizione sufficiente ma non necessaria per lesistenza di un limite. Per verificare ci`o consideriamo
limitato
z }| {
x + sin(x)
sin(x)
= lim 1 +
=1
lim
x+
x+
x
x
|{z}
+
x+
0
x + sin(x)
1 + cos(x)
= lim
0
x+
(x)
1
non esiste.
LHospital non si deve applicare a forme determinate. Per esempio
1+x
1
(1 + x)0
1
= 6= lim
= lim = 1.
0
x0 2 + x
x0 1
2 x0 (2 + x)
lim
Consideriamo ora alcuni esempi in cui il simbolo = significa che abbiamo applicato
lHospital, cio`e derivato numeratore e denominatore.
Esempi.
1
x+ x
x+ x
x+ x
64
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
Usando piccoli trucchi si possono anche studiare limiti che allinizio non sono della
forma indeterminata 00 oppure
. Per esempio, per > 0 vale
ln(x)
lim x ln(x) = 0 () = lim =
x0+
x0+ x
= lim
x0+
1
x
x1
= lim
x0+
x
= 0.
Puo succedere anche che dopo unapplicazione di lHospital si ottiene nuovamente una forma indeterminata ammessa. In questi casi si pu`o provare ad applicare
lHospital pi`
u volte. Per esempio
1 cos(x) 0 H
sin(x) 0 H
cos(x)
x sin(x)
1
0 H
=
=
lim
=
=
lim
= 0 = lim
= .
lim
0
0
3
2
x0
x0 6x
x0
x0
x
3x
6
6
Qui la seconda e terza applicazione di lHospital si potrebbe evitare ricordando i
limiti notevoli (1) e (2) a pagina 39. Per`o confrontando i procedimenti si vede che
le regole di lHospital hanno semplificato notevolmente il calcolo di questi limiti.
Per calcolare limiti del tipo lim f (x)g(x) si procede come segue:
xx0
lim f (x)
g(x)
xx0
g(x)ln f (x)
= lim e
xx0
= exx0
Allora
ln x + ex ln(0 + e0 )
ln(1)
0 H
=
=
=
lim
= lim
x0
x0
sin(x)
sin(0)
0
0
1
x+ex
(1 + ex )
=2
cos(x)
e quindi
lim x + ex
x0
1
sin(x)
= e2
r(x)
|{z}
resto (o errore)
65
= r(x)
f(x0 )
x0
f (x) f (x0 )
r(x)
=
f 0 (x0 ) 0
x x0
x x0
|
{z
}
per x x0 .
f 0 (x0 )
f (x)
=0
g(x)
allora si dice che f `e o-piccolo di g per x x0 e in questo caso si scrive f (x) = o(g(x))
per x x0 o pi`
u brevemente f = o(g) per x x0 .
lim
xx0
Osservazioni.
o() si chiama simbolo di Landau.
f = o(g) per x x0 significa per
infinitesimi che f (x) 0 pi`
u rapidamente che g(x) 0 per x x0 ;
infiniti che f (x) pi`
u lentamente che g(x) per x x0 .
ln(x) = o(x) per x + poiche
Esempi.
1 cos(x) = o(x) per x 0 poiche
1 cos(x)
1 cos(x)
=
|{z}
x
2
x
| x
{z } 0
ln(x)
x
1
2
0 per x +.
0=0
per x 0.
12
66
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
Esempi.
Se f (x) = ex e x0 = 0, allora la derivabilit`a di f implica
x
e = f (0) + f 0 (0) x + o(x) = e0 + e0 x + o(x), cio`e
ex = 1 + x + o(x) per x 0
Se f (x) = sin(x) e x0 = 0, allora la derivabilit`a di f implica
sin(x) = f (0) + f 0 (0) x + o(x) = sin(0) + cos(0) x + o(x), cio`e
sin(x) = x + o(x) per x 0
Se f (x) = ln(1 + x) e x0 = 0, allora la derivabilit`a di f implica
1
ln(1 + x) = f (0) + f 0 (0) x + o(x) = ln(1) + 1+0
x + o(x), cio`e
ln(1 + x) = x + o(x) per x 0
La Formula di Taylor
Abbiamo quindi risolto anche il problema dellapprossimazione lineare, cio`e di approssimare il valore f (x) di un funzione (possibilmente molto complicata) vicino al punto x0
con un polinomio t(x) (cio`e con una funzione molto semplice) di grado 1.
A questo punto si pu`
o avere lidea di limitare il grado dellapprossimazione non a 1 ma
a un numero n N qualsiasi. Cio`e si pu`o generalizzare il problema dellapprossimazione
lineare nel seguente modo:
Problema. Data f : (a, b) R, x0 (a, b) e n N, approssimare f (x) per x vicino a
x0 con un polinomio Tn (x) di grado n
Per n = 1 abbiamo visto che T1 (x) = t(x) `e la migliore scelta possibile. Per risolvere il
problema per n N dobbiamo prima introdurre le
Derivate Successive.
Definizione 5.14. Se f `e derivabile e tale che f 0 `e nuovamente derivabile, allora
possiamo definire
f0
0
=: f 00 = derivata seconda =: D2 f =:
d2 f
.
dx2
dn f
.
dxn
LA FORMULA DI TAYLOR
67
Tn (x0 ) = f (x0 ),
(n)
(n)
Tn (x0 ) = f (x0 ).
Visto che questo sistema consiste da n + 1 equazione e il polinomio Tn da determinare
ha n + 1 coefficienti a0 , . . . an R come incognite, il seguente risultato `e plausibile.
Proposizione 5.15. Se f Cn (a, b) e x0 (a, b) allora esiste ununico polinomio Tn
di grado n che ha un contatto di ordine n in x0 con f . Questo polinomio si chiama
polinomio di Taylor di ordine n con centro x0 generato da f ed `e dato da
Tn (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x x0 ) +
=
n
X
f (k) (x0 )
k=0
k!
f 00 (x0 )
f (n) (x0 )
(x x0 )2 + . . . +
(x x0 )n
2!
n!
(x x0 )k .
(x x0 )3
T3 (x0 ) = f (x0 ),
T30 (x0 ) = f 0 (x0 ),
Esempio. (Cfr. Figura 42) Sia f (x) = ex . Allora f Cn (R) per ogni n N con
f (k) (x) = f (x) = ex per ogni 0 k n. Quindi risulta per x0 = 0 che f (k) (x0 ) = e0 = 1
per ogni 0 k n e di conseguenza
n
X
x2
x3
xn
xk
Tn (x) = 1 + x + 2 + 3! + . . . + n! =
k! .
Prima di considerare altri esempi ci poniamo il seguente
k=0
68
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
ex
20
T5(x)
T9(x)
T13(x)
T17(x)
T1(x)
T4(x)
15
T3(x)
sin(x)
10
T2(x)
5
T1(x)
T0(x)
-3
-2
-1
-2
x
-4
T3(x)
T7(x)
T11(x)
T15(x)
T19(x)
Rn (x) = o (x x0 )n
per x x0
(Resto di Peano)
f (n+1) (c)
(x x0 )n+1
(n + 1)!
(Resto di Lagrange)
Osservazioni.
Per la formula di Taylor con il resto di Peano basta che f
Cn (a, b).
La Formula di Taylor con il
Resto di Peano `e un affermazione qualitativa, cio`e afferma soltanto con che
velocit`
a il resto Rn (x) tende a 0 per x x0 ;
Resto di Lagrange `e un affermazione quantitativa, che permette anche valutare
la grandezza del resto (si noti tuttavia che c non `e noto).
Se per un polinomio p(x) di grado n vale
f (x) p(x) = o (x x0 )n
per x x0 ,
allora p(x) = Tn (x). In altre parole Tn (x) `e lunico polinomio di grado n che
lascia un resto che tende pi`
u rapidamente a 0 per x x0 che (x x0 )n . In questo
senso la scelta di Tn (x) come approssimazione di f (x) per x vicino a x0 `e ottima.
Questa osservazione ci permetter`a in seguito di calcolare Tn (x) senza calcolare
alcuna derivata.
Una rappresentazione esplicita del tipo f (x) = Tn (x) + o((x x0 )n ) si chiama
sviluppo di Taylor di f di ordine n e centro x0 .
Calcoliamo appunto alcuni sviluppi di Taylor.
LA FORMULA DI TAYLOR
Esempi.
69
x2
2
x3
3!
+ ... +
xn
n!
+ o(xn ) =
n
X
xk
k!
+ o(xn )
per x 0.
k=0
3
Ci`o implica
n
T2n+1 (x) = x
X
x3 x5
x2n+1
x2k+1
+
. . . + (1)n
=
(1)k
3!
5!
(2n + 1)!
(2k + 1)!
k=0
e quindi
sin(x) = x
=
x3 x5
x2n+1
+
. . . + (1)n
+ o(x2n+1 )
3!
5!
(2n + 1)!
n
X
(1)k
k=0
x2k+1
+ o(x2n+1 )
(2k + 1)!
per x 0.
Osservazione. Siccome per ogni n N vale f (2n+2) (0) = 0 segue T2n+2 (x) =
T2n+1 (x) e di conseguenza
f (x) = T2n+2 (x) +o(x2n+2 ) = T2n+1 (x) + o(x2n+2 ).
| {z }
=T2n+1 (x)
n
X
(1)k
k=0
x2k+1
+ o(x2n+2 )
(2k + 1)!
per x 0.
=0
z }| {
3
x
f (4) (0) 4
T4 (x) = x
+
x = T3 (x)
3!
4!
x3
sin(x) = x
+ o(x4 ) per x 0.
6
e quindi
70
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
Come gi`
a sopra indicato vale per f (x) = cos(x) (= funzione pari) e x0 = 0 che
T2n (x) = T2n+1 (x). Quindi
cos(x) =
n
X
x2k
(1)k
+ o(x2n+1 )
(2k)!
per x 0.
k=0
sinh(x) =
per x 0,
k=0
cosh(x) =
n
X
x2k
+ o(x2n+1 )
(2k)!
per x 0.
k=0
x3
6
+ o(x4 ) e cosh(x) = 1 +
x2
2
x4
24
+ o(x5 ) per x 0.
Per f (x) = arctan(x) (= funzione dispari) e x0 = 0 vale T2n+1 (x) = T2n+2 (x).
Quindi
arctan(x) =
n
X
x2k+1
(1)k
+ o(x2n+2 )
2k + 1
per x 0.
k=0
n
X
xk
(1)k+1
+ o(xn )
k
per x 0.
k=1
1
se k = 0
:= ( 1) ( 2) . . . ( k + 1)
k
altrimenti.
1 2
3 ... k
1 1
1
( 2 1)
Per esempio 22 = 2 12
= 18 . Allora per f : (1, +) R, f (x) := (1 + x)
per R e x0 = 0 si ottiene
(1 + x) =
n
X
xk + o(xn )
per x 0
k=0
che `e una generalizzazione della formula del binomio di Newton (cfr. pagina 6) per
esponenti R. Per esempio, scegliendo = 12 e n = 2 otteniamo
1
1
1
1
1 + x = (1 + x) 2 = 02 x0 + 12 x1 + 22 x2 + o(x2 )
=1+
x x2
+ o(x2 )
2
8
per x 0.
71
f (n) (x0 ) 6= 0.
z
}|
{
(n)
f (n1) (x0 )
0
n1
f (x) = f (x0 ) + f (x0 ) (x x0 ) + . . . + (n1)! (x x0 )
+ f n!(x0 ) (x x0 )n
+
o (x x0 )n
|
{z
}
=piccolo errore trascurabile
f (x0 ) + c (x x0 )n
per x vicino a x0
(n)
p(x)
p(x)
c>0
f (x0 )
f (x0 )
f (x0 )
c<0
x0
x0
x0
(3) n dispari
72
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
xx0
g1
g2
per x x0 , in particolare
per x x0 ,
in particolare
xx0
f1 (x)
f2 (x)
lim
= l lim
=l
xx0 g1 (x)
xx0 g2 (x)
Quindi in prodotti e rapporti si possono sostituire espressioni con altre espressioni asintotiche senza cambiare il comportamento asintotico, in particolare senza cambiare il limite
se esiste.
Esempi.
x0
1 cos(x)
x2
2
sin(x)
= 1.
x
per x 0 poiche
lim
x0
1 cos(x)
x2
2
1
1
2
1 cos(x)
1
= 2 = 1.
2
x0
x
2
lim
Come gi`
a per le successioni, il principio di sostituzione !!! NON !!! vale per somme,
differenze o potenze, cio`e se f1 f2 e g1 g2 per x x0 allora
6 f1 (x) g1 (x) f2 (x) g2 (x) per x x0 ,
g (x)
g (x)
6
f1 (x) 1 f2 (x) 2 per x x0 .
Quindi come gi`
a detto in prodotti e in rapporti si possono sostituire espressioni (complicate) con altre espressioni asintotiche (pi`
u semplici) senza cambiare lesistenza e il
valore del limite. Come vedremo ci`
o permette di facilitare il calcolo dei limiti. A questo
punto, per`
o, si pone il seguente
o trovare per una funzione f1 (possibilmente complicata) una
Problema. Come si pu`
funzione f2 (semplice) tale che f1 (x) f2 (x) per x x0 ?
Per risolvere questo problema usiamo la seguente
Proposizione 5.19. f1 (x) f2 (x) per x x0 f1 (x) = f2 (x) + o f2 (x) per
x x0 .
Esempi.
ln(1 + x) = x + o(x) per x 0 ln(1 + x) x per x 0.
f (x) = an (xx0 )n +o((xx0 )n ) per x x0 (con an 6= 0) f (x) an (xx0 )n
per x x0 .
73
Come nel secondo esempio lidea `e ora di rappresentare f1 (x) e g1 (x) usando la Formula
di Taylor con resto di Peano in maniera tale che f2 e g2 diventeranno monomi 6= 0.
Pi`
u precisamente dal principio di sostituzione e dalla proposizione precedente segue per
x x0
n+m
)
n
n
f1 (x) g1 (x) an bm (x x0 )
f1 (x) = an (x x0 ) + o (x x0 )
f1 (x)
an
g1 (x) = bm (x x0 )m + o (x x0 )m
(x x0 )nm
g1 (x)
bm
Quindi nel caso del rapporto segue
lim
xx0
f1 (x)
an
(x x0 )nm
= lim
g1 (x) xx0 bm
se n > m,
0
an
= bn
se n = m,
se n < m.
f (x)
g(x)
(1) Si cerca lo sviluppo del denominatore del tipo g(x) = b(xx0 )m +o((xx0 )m ) con
b 6= 0, cio`e b (x x0 )m `e il primo polinomio di Taylor di g che non `e identicamente
= 0.
(2) Si sviluppa il numeratore f fino allo stesso ordine m. Non `e necessario superare
oltre allordine m per ottenere un polinomio di Taylor del numeratore 6= 0 poiche
se f (x) = 0 + o((x x0 )m ) il limite del rapporto `e in ogni caso = 0.
Consideriamo alcuni
Esempi.
Studiamo
sin(x) x
.
x2 sin(x)
Come dalla regola generale iniziamo sempre con il denominatore. Qui non `e necessario svilupparlo con Taylor, `e invece pi`
u semplice semplificarlo usando il principio
di sostituzione: sin(x) x per x 0 e quindi
lim
x0
sin(x) x
sin(x) x
.
2
x sin(x)
x3
Ora visto che il denominatore `e di 3 ordine dobbiamo quindi sviluppare anche il
numeratore fino al 3 ordine:
sin(x) = x
x3
6
+ o(x3 )
sin(x) x = x6 + o(x3 ) x6
per x 0.
Cos` risulta
3
x6
sin(x) x
1
=
x3
x3
6
e quindi
sin(x) x
1
= .
2
x0 x sin(x)
6
lim
Studiamo
sin(2x) ln (1 + x)2
lim
.
x0
cos x2 1
Iniziamo sempre con il denominatore: Sappiamo che per t 0
2
2
(t= x2 )
( x2
2
2
2
t2
x
cos(t) = 1 2 +o(t )
=
cos( 2 1 =
+o x2
= x8 +o(x2 ) x8
2
(x = 2t 0)
74
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
Visto che il denominatore `e di 2 ordine dobbiamo ora sviluppare anche il numeratore al 2 ordine. Perci`
o notiamo prima che ln((1 + x)2 ) = 2 ln(1 + x), quindi
(t=2x)
2
2
2
sin(t) = t + o(t ) (t 0)
=
sin(2x) = 2x + o (2x) = 2x + o(x )
2
x2
2 ln(1 + x) = 2 x + o(x ) = 2x x2 + o(x2 )
2
sin(2x) ln (1 + x)2 = 2x + o(x2 ) 2x x2 + o(x2 ) = x2 + o(x2 ) x2
(x 0)
Cos` risulta
sin(2x) ln (1 + x)2
x2
2 = 8
cos x2 1
x8
e quindi
sin(2x) ln (1 + x)2
lim
= 8.
x0
cos x2 1
Abbiamo gi`
a visto in questi esempi semplici che per procedere servono delle regole per
il calcolo con gli o() come per esempio o(x2 ) o(x2 ) = o(x2 ) oppure o(4x2 ) = o(x2 ).
Per calcolare limiti pi`
u complicati servono ulteriori
Regole per il Calcolo con gli o(). Per x x0 con x0 R vale
o(f ) = o(f ) per ogni R, per esempio 2 o(xn ) = o(xn );
o( f ) = o(f ) per ogni 0 6= R, per esempio o(4 xn ) = o(xn );
o(f ) o(f ) = o(f ), per esempio o(xn ) + o(xn ) = o(xn );
f o(g) = o(f g), per esempio xm o(xn ) = o(xm+n );
o(f ) o(g) = o(f g), per esempio o(xm ) o(xn ) = o(xm+n );
o(o(f )) = o(f ), per esempio o(o(xn )) = o(xn );
o((x x0 )m ) = o((x x0 )n ) se m n, per esempio o(x4 ) = o(x2 ) per x 0.
(x x0 )m = o((x x0 )n ) se m > n, per esempio x5 = o(x4 ) per x 0.
se f g allora o(f ) = o(g), p.e. sin(x) x e quindi o(sin(x)) = o(x) per x 0;
se f (x) g(x) per x x0 e (t) x0 per t t0 allora f ((t)) g((t)) per t
t0 , p.e. ln(1 + x) x (x 0) e sin(t) 0 (t 0) allora ln(1 + sin(t)) sin(t) t
(t 0).
Qui, come sempre, con o(f ) si deve immaginare la qualit`
a di un resto di tendere pi`
u
velocemente a 0 di f e non come una quantit`a. In particolare in generale si ha
o(f ) = o(g) 6 o(g) = o(f ),
f + o(h) = g + o(h) 6 f = g,
o(f ) o(f ) 6= 0.
Esempi.
Calcolare, se esiste,
p
x
e 2 1 + sin(x)
lim
.
x0
ln cos(x)
Soluzione. Tutti gli sviluppi si intendono per x 0. Iniziamo con il denominatore. Visto che si tratta di ununica espressione `e pi`
u semplice usare lultima regola
e il principio di sostituzione anziche svilupparlo con Taylor (che comunque faremo
nel prossimo esercizio). Allora, prima serve un piccolo trucco
=:t0
z
}|
{
x2
ln cos(x) = ln 1 + cos(x) 1 t = cos(x) 1 .
2
Abbiamo verificato lultima equazione (con segno opposto) gi`a a pagina 72. Si
potrebbe, per`
o, anche ragionare usando lo sviluppo
cos(x) = 1
x2
2
+ o(x2 )
cos(x) 1 = x2 + o(x2 ) x2 .
75
Inoltre ponendo ora t := sin(x) segue (per lo sviluppo della radice 1 + t cfr.
pagina 70)
2
1 + t = 1 + 2t t8 + o(t2 )
x2
=1+
sin(x)
2
sin2 (x)
8
z }| {
p
+ o(sin2 (x)) = 1 + sin(x).
Per la penultima regola o(sin2 (x)) = o(x2 ) e usando lo sviluppo sin(x) = x + o(x2 )
segue
2
p
x+o(x2 )
x+o(x2 )
1 + sin(x) = 1 +
+ o(x2 )
2
8
=o(x3 )=o(x2 )
=1+
x+o(x2 )
2
=o(x4 )=o(x2 )
z }| {
z }| {
2
2 2
x2 + 2x o(x ) + o(x )
8
+ o(x2 ) = 1 +
x
2
x2
8
+ o(x2 ).
Quindi
x
e2
p
1 + sin(x) = 1 +
=2
x
2
x2
8
x2
8
+ o(x2 ) 1 +
+ o(x2 ) =
x2
4
x
2
+ o(x2 )
x2
8
+ o(x2 )
x2
4 .
Qui `e importante osservare che soltanto dopo aver sviluppato tutto il numeratore si
usa lasintoticit`
a, farlo prima significherebbe usare il principio di sostituzione per
una differenza (che `e gravemente sbagliato!!). Quindi per il principio di sostituzione
per rapporti risulta
p
x
x2
e 2 1 + sin(x)
1
42 =
x
2
ln cos(x)
da cui
p
x
e 2 1 + sin(x)
1
lim
= .
x0
2
ln cos(x)
Calcolare, se esiste,
1 cos(x) + ln cos(x)
lim
.
x0
x4 + x5
Soluzione. Tutti gli sviluppi si intendono per x 0. Iniziamo come sempre con
il denominatore: Visto che x5 = o(x4 ) risulta
x4 + x5 = x4 + o(x4 ) x4 .
Quindi il numeratore `e da sviluppare fino al 4 ordine.
cos(x) = 1
x2 x4
+
+ o(x4 )
2
24
1 cos(x) =
x2 x4
+ o(x4 ).
2
24
2
z
}|
{
ln cos(x) = ln 1 + cos(x) 1
76
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
con
ln(1 + t) = t
t2
+ o(t2 )
2
e
x2
x2 x4
+
+ o(x4 ) = + o(x2 ).
2
24
2
Non `e necessario sviluppare ln(1 + t) fino a t4 poiche t = cos(x) 1 `e di ordine
2 e di conseguenza t2 espresso in x diventa di 4 ordine. Inoltre, nello sviluppo di
ln(1+t) dobbiamo sostituire t con cos(x)1 sviluppato fino al 4 ordine mentre nel
2
espressione t2 basta come vedremo lo sviluppo fino al 2 ordine. Non `e sbagliato
usare anche l` lo sviluppo fino al 4 ordine, soltanto i conti si complicheranno
leggermente. La cosa importante `e che alla fine non ci saranno resti o(xk ) con
k < 4. Quindi
2 2 x4
= 4
x2
2
z
}|
{2
cos(x) 1
ln cos(x) = cos(x) 1
+ o cos(x) 1
2
|
{z
}
cos(x) 1 =
=o(x4 )
2
x2
2) 2
+
o(x
x4
x
2
+ o(x4 )
+ o(x4 )
= +
2
24
2
=o(x4 )
x2
}|
{
2 z 2
x o(x2 ) + o(x2 )2
+ o(x4 )
2
x2 x4
+
2
2
24
x2 x4 x4
= +
+ o(x4 )
2
24
8
x2 x4
=
+ o(x4 ).
2
12
Cos` per il numeratore segue
2
2
x
x4
x
x4
4
4
1 cos(x) + ln cos(x) =
+ o(x ) +
+ o(x )
2
24
2
12
x4 x4
=
+ o(x4 )
24 12
1
1
= x4 + o(x4 ) x4 .
8
8
Per il rapporto segue con il principio di sostituzione
1 cos(x) + ln cos(x)
81 x4
1
=
4
5
4
x +x
x
8
e quindi
1 cos(x) + ln cos(x)
1
lim
= .
4
5
x0
x +x
8
Calcolare, se esiste,
esin(x) sin(x)
x
x
lim
.
2
x0
tan (3x)
=
sin(t)
t
=t
cos(t)
1
(t=3x)
77
esin(x) = 1 + sin(x) +
Inoltre
sin(x) = x
x3
+ o(x3 )
6
quindi
=o
1 3
x
x
=o(x2 )
z }| {
1
o(x3 )
x
x3
sin(x)
=1
+
x
6x
x2
=1
+ o(x2 ).
6
Notiamo che qui era necessario sviluppare sin(x) fino al 3 ordine poiche la divisione
per x abbassa lordine per 1. Cos` risulta
sin(x)
x2
x2
sin(x)
e
x=1+x+
1
x + o(x2 )
x
2
6
2
2
= x2 + o(x2 ) x2
3
3
e quindi
2
2
esin(x) sin(x)
x
2
x
3 x
=
2
2
9x
27
tan (3x)
che implica
esin(x) sin(x)
x
2
x
= .
lim
2
x0
27
tan (3x)
Concludiamo questi esempi con una
Osservazione. In questo esempi abbiamo calcolato sviluppi di Taylor di diverse funzioni usando sviluppi noti e le regole per il calcolo con gli o() senza fare alcuna derivata.
Usando la terza osservazione su pagina 68 in questa maniera abbiamo anche calcolato i
polinomi di Taylor. Per esempio
p
2
2
f (x) := 1 + sin(x) = 1 + x2 x8 + o(x2 )
T2 (x) = 1 + x2 x8 ,
x2 x4
x2 x4
f (x) := ln cos(x) =
+ o(x4 )
T4 (x) = ,
2
12
2
12
2
x
x2
f (x) := esin(x) = 1 + x +
+ o(x2 )
T2 (x) = 1 + x + ,
2
2
dove il polinomio di Taylor si riferisce alla corrispondente funzione f e il centro x0 = 0.
78
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
Mentre le prime due applicazioni della Formula di Taylor usavano il resto di Peano, la
terza fa uso del resto di Lagrange.
Calcolo Numerico.
Problema. Data una funzione (possibilmente complicata) f : (a, b) R e x (a, b),
trovare un valore approssimato per f (x), per esempio calcolare cos( 21 ) con un errore
< 103 .
Lidea per risolvere questo problema `e di usare la Formula di Taylor con resto di
Lagrange: Esiste c tra x e x0 tale che
n
X
f (n+1) (c)
f (k) (x0 )
f (x) =
(x x0 )k +
(x x0 )n+1
k!
(n + 1)!
{z
}
|k=0
{z
} |
=Tn (x)
=Rn (x)
|x x0 |n+1
(n + 1)! |x x0 |
(n + 1)!
e cos` si pu`
o valutare la precisione dellapprossimazione. Rimane la scelta del centro
x0 (a, b) che deve rispettare i seguenti principi:
(i) in x0 si devono conoscere valore e tutte le derivate di f fino al n-esimo ordine, cio`e
f (k) (x0 ) per k = 0, 1, . . . , n, altrimenti non si pu`o calcolare Tn esplicitamente;
(ii) tra tutti i punti in (i) si sceglie quello che sta pi`
u vicino a x in maniera che il fattore
|x x0 |n+1 = (distanza tra x e x0 )n+1 sia pi`
u piccolo possibile.
Se, fortunatamente, |x x0 | < 1, allora le potenze |x x0 |n+1 0 per n + e quindi
contribuisce, insieme al fattoriale (n + 1)! nel denominatore, a diminuire lerrore |Rn (x)|
fatto.
Consideriamo alcuni esempi concreti:
Calcolare cos 21 con un errore < 103 .
Esempi.
Soluzione. Qui f = cos e x = 12 . Visto che qualsiasi derivata di f `e data da sin(x)
oppure cos(x) vale
(k)
f (s) 1 =: M
per ogni k N ed ogni s R.
Passiamo alla scelta del centro x0 . Il punto pi`
u vicino a x = 21 nel quale si conoscono
tutte le derivate di f = cos `e x0 = 0. Cos` otteniamo la stima3
n+1
!
1
1
Rn (x)
12 0
=
< 103
n+1
(n + 1)!
(n + 1)! 2
Questo `e una disuguaglianza in n che `e equivalente a
(n + 1)! 2n+1 > 1000.
Per trovare il valore n N pi`
u piccolo che verifica questa relazione si deve procedere per
tentativi:
n
1
2
3
4
(n + 1)! 2n+1
24=8
6 8 = 48
24 16 = 384
120 32 = 3840 > 1000 X
!
3qui il simbolo <
103 significa che deve essere <.
79
1
< 103 .
3840
Infine T4 `e dato da
1 4
1 2
337
x2 x4
+
T4 12 = 1 2 + 2 =
.
T4 (x) = 1
2
24
2
24
384
Riassumendo abbiamo verificato che
337
1
3
1
cos
2 384 3840 < 10 ,
cio`e la soluzione `e
337
384 .
Usare
uno sviluppo di secondo ordine per calcolare un valore approssimativo di
2
30 valutando anche lerrore fatto.
Soluzione. Il numero quadrato pi`
uvicino a x = 30 `e 25= 52 e quindi scegliamo
come centro x0 = 25 (le derivate di 2 x contengono ancora 2 x, pertanto questa scelta
semplificher`
a i calcoli). Per la Formula di Taylor con il resto di Lagrange esiste poi un
c [x0 , x] = [25, 30] tale che
f 00 (25)
f 000 (c)
f (x) = x = f (25) + f 0 (25) (x 25) +
(x 25)2 +
(x 25)3 ,
2!
3!
|
{z
} |
{z
}
T2 (x)
R2 (x)
dove
1
f (x) = x 2
1
1
f 0 (x) = x 2
2
3
1
f 00 (x) = x 2
4
5
3
f 000 (x) = x 2
8
e quindi sostituendo x = 30 risulta
f (25) = 5,
1
1
f 0 (25) =
= ,
25
10
1
1
f 00 (25)
=
=
,
3
2!
45 2
1000
5
5
f 000 (c)
3
1
=
c 2 =
c 2
3!
86
16
1
1
c 2 3
30 = 5 +
5
52 +
5
10
1000
16
5
219
c 2 3
=
+
5
40
|{z}
|16{z }
=valore approssimativo
con c [25, 30]. Per stimare lerrore osserviamo che la funzione c 2 `e decrescente in c e
quindi segue
5
5
c 2 3 25 2 3
1
R2 (30) =
5
5 =
.
16
16
400
1
1
Esercizio. Calcolare e con un errore < 1000
. (Suggerimento: e = e 2 .)
Osservazione. In entrambi gli esempi la funzione f ammetteva derivate di qualsiasi
ordine. Ci si pu`
o chiedere che cosa succede con lapprossimazione Tn (x) di f (x) se
n +. Per studiare questo problema definiamo dapprima per un intervallo I R
\
C (I) :=
Cn (I).
nN
80
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
per n +.
=:rn
0 =: q < 1.
rn
(n + 2)! |x x0 |n+1 M n+1
n+2
P
Ci`o implica che per il criterio del rapporto la serie +
n=0 rn converge e quindi il criterio
necessario per la convergenza di una serie implica rn = Rn (x) 0 per n +.
Di conseguenza
0
f (x) = lim
n+
z }| {
Tn (x) + Rn (x) = lim Tn (x)
n+
n+
n
X
f (k) (x0 )
(x x0 )k =
k!
|k=0
{z
+ (k)
X
f (x0 )
|k=0
k!
(x x0 )k
{z
=: Serie di Taylor
+ (k)
X
f (x0 )
k!
k=0
(x x0 )k
Esempi.
sin C (R) con | sin(k) (x)| 1 =: M = M k per ogni x R ed ogni
k N e quindi dallo sviluppo a pagina 69 segue (con x0 = 0)
+
X
sin(x) =
(1)k
k=0
x2k+1
(2k + 1)!
per ogni x R
+
X
x2k
(1)k
(2k)!
per ogni x R
k=0
ex =
+
X
k=0
xk
k!
per ogni x R
STUDIO DI FUNZIONE
sinh(x) =
+
X
x2k+1
(2k + 1)!
81
per ogni x R
k=0
+
X
x2k
cosh(x) =
(2k)!
per ogni x R
k=0
+
X
xk
(1)k+1
k
ln(1 + x) =
k=1
(1 + x) =
+
X
xk
k=0
arctan(x) =
+
X
x2k+1
(1)k
2k + 1
k=0
+ 2k+1
X
x
arctanh(x) =
2k + 1
k=0
sin(x2 )
.
2ln(x2 2)
x 2>0
2 ln(x2 2) > 0
p
x e2 + 2, 2) ( 2, e2 + 2 .
82
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
(v) Calcolo dei limiti (da destra/sinistra) alla frontiera di X: Si calcolano i limiti (da
destra/sinistra) di f (x) negli estremi finiti, se esistono, del dominio X e si deducono
gli eventuali asintoti verticali, cfr. pagina 38. Se X `e illimitato, si calcolano inoltre
i limiti limx f (x) =: l, determinando se vi sono asintoti orizzontali y = l (se
l R), cfr. pagina 38. Se invece l = si procede con la
(vi) Individuazione degli asintoti obliqui: Se esistono m 6= 0 e q R tale che
lim f (x) [m x + q] = 0
e/o
lim f (x) [m x + q] = 0
x+
mentre
lim f (x) = +
x+
x+
x+
e3x+2 + 5
e3x+2 + 5 H
3 e3x+2
= lim ln
=
ln
lim
=
ln
lim
x+
x+
x+ 3 e3x
e3x
e3x
3 e3x e2
= ln lim
= ln e2 = 2.
3x
x+ 3 e
Pertanto la retta di equazione
y = 3x + 2
`e asintoto obliquo per x + della funzione data, cfr. Figura 44.
14
ln(e3x+2+5)
12
10
8
6
4
y=ln(5)
y=3x+2
STUDIO DI FUNZIONE
83
(vii) Studio della derivata prima (crescenza/decrescenza, punti critici ed estremi locali):
Si calcola la derivata prima f 0 (x) e il corrispondente dominio. Risolvendo lequazione f 0 (x) = 0 si calcolano i punti critici x0 di f . Eventualmente, studiando il
cambiamento del segno di f 0 (x) in x = x0 si pu`o classificare la natura del punto
critico (minimo o massimo locale, cfr. pagina 61). Infine si studia il segno di f 0 (x)
per ottenere informazioni sulla monotonia di f .
(viii) Studio della derivata seconda (estremi locali, concavit`
a/convessit`
a, punti di flesso):
Si calcola (se non si ottiene un espressione troppo complessa) la derivata seconda.
Se i punti critici non sono gi`
a stati classificati nel punto (vii) si calcolano i valori
di f 00 nei punti critici per poi applicare il criterio per estremi locali, cfr. pagina 71.
Definizione. Sia f : X R R derivabile in (a, b) X. Se f 0 (x) in (a, b) `e
crescente, allora si dice che f `e convessa (oppure concava verso lalto) in (a, b),
decrescente, allora si dice che f `e concava (oppure concava verso il basso) in
(a, b).
f concava
f convessa
xx0
f (x) f (x0 )
R.
x x0
3
Sia f (x) = x. Allora f ammette una retta tangente verticale in x0 = 0. Inoltre
1
2 1
84
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
p
3
x3
jxj+x3
x
flesso
flesso
x
non flesso
Seguendo questo schema `e utile tracciare il grafico gradualmente, inserendo le informazioni via via raccolte anziche raccogliere tutto e poi fare il grafico: i processi graduali
aiutano a controllare la coerenza del procedimento e a capire quali informazioni `e ancora
utile raccogliere.
Consideriamo ora un esempio completo.
1
z }| {
+
1
z }| {
lim f (x) = lim e x 3 |x + 3| = e0 (+) = +,
1 =
1 =+
+
z0}| {
6
1
z }| {
lim f (x) = lim e x 3 |x + 3| = e 6 = 0,
x3
x3
z0}| {
6
1
z }| {
lim f (x) = lim e x 3 |x + 3| = e+ 6 = +.
x3+
x3+
z}|{
1
f (x)
e x3 |x + 3|
|x + 3|
m : = lim
= lim
= lim
= 1,
x x
x
x
x
x
STUDIO DI FUNZIONE
85
e
1
q : = lim f (x) m x = lim e x3 |x + 3| x
e0 3=3
x
x
z }| {
1
1
1
lim e x3 (x + 3) x = lim
nel caso +,
e x3 1 x + e x3 3
x+
x+
1
1
1
=
lim e x3 (x 3) + x = lim
nel caso .
1 e x3 x e| x3
{z 3}
x
x
e0 3=3
lim
1
x3
e x3 1
1 x = lim
1
x
x3
1
x3
et 1
x
x
= lim
lim
= 1 1 = 1,
x x 3
x 3 t0 t
q = 1 3 = 4
e quindi y = x + 4 e y = x 4 sono asintoti obliqui per x + e x ,
rispettivamente.
(vii) Studio di f 0 (x): Visto che |x + 3| `e derivabile per ogni x 6= 3, la funzione `e
derivabile per ogni x X con x 6= 3. Inoltre per il rapporto incrementale nel
punto x0 = 3 vale
1
f0 (3)
1
e x3 |x + 3| 0
|x + 3|
f (x) f (3)
= lim
lim e x3
= lim
x (3)
x+3
x+3
x3
x3
x3
1
= e 6 (1) = e 6 .
Quindi f0 (3) 6= f+0 (3) e di conseguenza f non `e derivabile in x0 = 3.
Calcoliamo ora f 0 (x) per x 6= 3: per x > 3, x 6= 3 vale
0
0
1
1
1
1
1
f 0 (x) = e x3 |x + 3| = e x3 (x + 3) = e x3
(x + 3) + e x3 1
2
(x 3)
2
2
1
1
(x 3) (x + 3)
x 7x + 6
= e x3
= e x3
.
(x 3)2
(x 3)2
Similmente segue per x < 3
0
0
1
1
1
x2 7x + 6
f 0 (x) = e x3 |x + 3| = e x3 (x 3) = e x3
(x 3)2
e quindi
1
e x3
0
f (x) =
1
e x3
x2 7x+6
(x3)2
x2 7x+6
(x3)2
se x > 3, x 6= 3,
se x < 3.
Calcoliamo ora i punti critici di f : Visto che la funzione esponenziale non ammette
zeri, segue che
7 72 4 6
75
0
2
f (x) = 0
x 7x + 6 = 0
x = x1,2 =
=
2
2
x = x1 = 6 opp. x = x2 = 1.
Studiamo ora la monotonia di f attraverso il segno di f 0 (x): Visto che
1
e x3
> 0 x 6= 3
(x 3)2
x2 7x + 6 = (x 6) (x 1)
86
5. CALCOLO DIFFERENZIALE
segue che
e x3
(x 6) (x 1) < 0
(x3)2
e x3 (x 6) (x 1) > 0
(x3)2
f 0 (x) =
1
e x3
2 (x 6) (x 1) < 0
(x3)
e x3 2 (x 6) (x 1) > 0
(x3)
per x < 3,
per 3 < x < 1,
per 1 < x < 6, x 6= 3,
per 6 < x.
Di conseguenza
f `e strettamente crescente in (3, 1) (6, +),
f `e strettamente decrescente in (, 3) (1, 6) \ {3}.
(viii) Studio di f 00 (x): f 0 `e derivabile per x 6= 3. Inoltre per x > 3, x 6= 3 vale
1 x2 7x + 6 0
f 00 (x) = e x3
(x 3)2
1
1
1
(x 3)2 (2x 7) 2(x 3) (x2 7x + 6)
(x2 7x + 6)
x3
= e x3
+
e
2
(x 3)2
(x 3)2
(x 3)2
1
e x3
2
2
2
(x
3)
(2x
7)
2(x
3)
(x
7x
+
6)
(x
7x
+
6)
=
(x 3)4
1
e x3
=
13x
33
.
(x 3)4
Similmente per x < 3 si ottiene
1
x2 7x + 6 0
e x3
f (x) = e
(13x 33).
=
2
(x 3)
(x 3)4
Quindi risulta
1
e x3 (13x 33) se x > 3, x 6= 3,
(x3)4
00
f (x) =
1
e x3 (13x 33) se x < 3.
(x3)4
00
1
x3
e
Visto che (x3)
4 > 0 per ogni x X segue che
segno f 00 (6) = segno 13 6 33 > 0 x1 = 6 `e un punto di minimo locale,
segno f 00 (1) = segno 13 1 33 < 0 x2 = 1 `e un punto di massimo locale
1
1
con f (6) = 9 e 3 = 9 3 e, f (1) = 4 e 2 = 4e . Per trovare eventuali flessi
risolviamo
33
f 00 (x) = 0
13x 33 = 0
x0 := x = .
13
Inoltre per x (3, 3) vale
33
f 00 (x) 0
x ,
cio`e f `e convessa in 33
,
3
13
13
33
33
cio`e f `e concava in (3, 13
f 00 (x) 0
x ,
13
33
e quindi risulta che x0 = 13 `e un punto di flesso.
STUDIO DI FUNZIONE
87
y=x+4
4
y= -x-4
x
-3
1
-4
33
13
x=3
1
CAPITOLO 6
Definizione 6.1.
se
n
X
i=1
n
X
i=1
f (x)
f (x)
S(f,P )
s(f,P )
m
m
a=x0 x1
x2
x3
x4
x5 =b
a=x0 x1
x2
x3
x4
x5 =b
`
INTEGRALE: DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETA
89
x
a=x0
x1
x2
x3
x4
x5 =b
Rb
a
i=1
Consideriamo alcuni
Esempi.
Se f `e costante, cio`e f (x) = c per ogni x [a, b] allora s(f, P ) = S(f, P ) =
Rb
c (b a) per P = {a, b} e quindi f `e integrabile con a f (x) dx = c (b a).
1Ci sono altri modi per affrontare questo problema che portano a definizioni diverse, per esempio quella
di Lebesgue.
90
6. CALCOLO INTEGRALE
(disuguaglianza triangolare).
per ogni , , [a, b] si ha
Z
Z
f (x) dx +
f (x) dx =
f (x) dx
(additivit`
a dellintegrale rispetto agli estremi di integrazione)
f (x)
Z
f (x) dx :=
f (x) dx
se > ;
R0
R1
per esempio 1 f (x) dx := 0 f (x) dx.
Se la funzione integranda e il dominio di integrazione hanno qualche simmetria, allora
lintegrale si semplifica nella seguente maniera.
`
INTEGRALE: DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETA
91
f (x) dx = 0 se f `e dispari,
a
a
f (x) dx = 2
f (x) dx se f `e pari,
f(x) pari
f(x) dispari
+
=0
-a
a
=2
-a
1 n+1
2
(
1
1
h
se x 1
se x = 1
f(x)
1 n
2 ,1
1 n+1
2
e
g(x) := x2 2
sin(2x)
2
se x [0, 1),
se x [1, 2),
se x [2, 3],
g(x)
1.5
0.5
0.5
0.5
1.5
2.5
0.5
0.2
0.4
0.6
0.8
92
6. CALCOLO INTEGRALE
f(x)
=
f (x) dx = f (c) (b a)
f(c)
M := max f.
Z
m (b a)
f (x) dx M (b a)
Z b
1
f (x) dx
ba a
|
{z
}
min f = m
M = max f.
Quindi per il teorema dei valori intermedi (cfr. pagina 43) esiste c [a, b] tale che
Z
`e derivabile con
F 0 (x) = f (x)
93
f (s)
F (x)
per h 0,
94
6. CALCOLO INTEGRALE
zZ
}|
=0=F (a)
zZ
f (x) dx
f (x) dx =
a
}|
f (x) dx
a
= F (b) F (a) = G(b) + c G(a) + c
= G(b) G(a).
Abbiamo scritto basta tra virgolette poiche come vedremo trovare una primitiva di
una funzione f (si dice anche integrare f ) generalmente non `e un compito semplice.
Tuttavia possiamo ora calcolare i primi integrali non banali.
R2
3 0
3 2
Esempi.
Visto che x3 = x2 segue 1 x2 dx = x3 1 = 13 23 13 = 73 .
4
y=x2
7
_
1
dx = ln |x| + c
x
ln(x)
METODI DI INTEGRAZIONE
xr dx =
xr+1 0
r+1
ln |x| + c
xr+1
r+1
se r = 1
+ c se r 6= 1
ex dx = ex + c
Z
1
1+x2
e quindi
Z
sin(x) dx = cos(x) + c
95
cos(x) dx = sin(x) + c
Z
sinh(x) dx = cosh(x) + c
cosh(x) dx = sinh(x) + c
In questi esempi era semplice di indovinare la primitiva di una funzione integranda data
(per esempio per xr con r 6= 1) oppure siamo partiti con una funzione derivabile G
che poi per definizione diventa la primitiva della sua derivata f = G0 . Nelle applicazioni
invece `e in generale data una funzione integranda f per la quale non `e immediato
indovinare una primitiva. Quindi ci poniamo il seguente
o trovare una primitiva di una funzione pi`
u complicata?
Problema. Come si pu`
Per esempio, il logaritmo ln `e continuo e quindi integrabile ma come si pu`o calcolare
Z
ln(x) dx =?
Per risolvere questo problema studiamo ora alcuni
Metodi di Integrazione
Lidea per trovare una primitiva di una funzione `e che, grazie al Teorema Fondamentale
del Calcolo Integrale, la derivazione e lintegrazione sono operazioni inverse, cio`e: Se h
`e derivabile con continuit`
a (brevemente si dice h C1 ), allora
Z
()
h0 (x) dx = h(x) + c.
Cos` una regola di derivazione implica una regola associata di integrazione.
Integrazione per Parti. Sappiamo che se f, g sono C1 allora anche h := f g `e C1 con
h0 (x) = f 0 (x) g(x) + f (x) g 0 (x).
Quindi da () segue
Z
Z
Z
0
0
f (x) g(x) dx + f (x) g (x) dx =
f 0 (x) g(x) + f (x) g 0 (x) dx = f (x) g(x) +c
| {z }
|
{z
}
=h0 (x)
=h(x)
96
6. CALCOLO INTEGRALE
per r 6= 1. A questo punto dobbiamo decidere quale dei fattori `e f 0 (x) e quale
g(x). Ma visto che con la scelta f 0 (x) = ln(x) non si pu`o continuare non conoscendo
la primitiva del logaritmo, lunica possibilit`a `e xr = f 0 (x) e ln(x) = g(x) e quindi
r+1
(siccome r 6= 1) f (x) = xr+1 e g 0 (x) = x1 . Cos` risulta
Z
Z r+1
1
xr+1
x
r
ln(x)
dx
x ln(x) dx =
|{z}
| {z }
| {z }
r
+
1
r
+
1
x
| {z } g(x)
| {z } |{z}
f 0 (x) g(x)
f (x)
xr+1
g 0 (x)
f (x)
1
xr dx
r+1
r+1
xr+1
1
xr+1
=
ln(x)
+c
r+1
r+1 r+1
xr+1
1
=
ln(x)
xr+1 + c
r+1
(r + 1)2
xr+1
1
=
ln(x)
+ c.
r+1
r+1
In questo esempio il metodo integrazione per parti funziona poiche il logaritmo
g(x) = ln(x) `e una funzione complicata con derivata g 0 (x) = x1 semplice.
Quindi passando la derivata da f (x) a g(x) lintegrale si semplifica. Inoltre possiamo
dire che per r = 0 otteniamo g(x) = x0 = 1 per ogni x e quindi abbiamo anche
calcolato
Z
ln(x) dx = x ln(x) 1 + c.
=
ln(x)
Z z
Z
ln(x) dx =
x ln(x)
1 ln(x) dx = |{z}
|{z}
| {z }
| {z }
f 0 (x)
f (x)
g(x)
g(x)
{
1
x
dx
|{z}
x
|{z}
f (x)
}|
g 0 (x)
= x ln(x) x + c.
Anche lintegrale
Z
ex cos(x) dx
si pu`
o calcolare usando integrazione per parti. Perci`o scegliamo f 0 (x) = ex e g(x) =
cos(x) (ma funzionerebbe anche viceversa). Allora f (x) = ex e g 0 (x) = sin(x) e
quindi
Z
Z
x
x
e cos(x) dx = |{z}
e cos(x) |{z}
ex sin(x) dx.
|{z}
| {z }
| {z }
| {z }
f 0 (x)
g(x)
f (x)
g(x)
f (x)
g 0 (x)
METODI DI INTEGRAZIONE
97
Sembra che non `e cambiato molto, invece il trucco `e di integrare unaltra volta per
parti, dove usiamo u, v invece di f, g per non confonderci
Z
Z
x
x
e cos(x) dx = e cos(x) + |{z}
ex sin(x) dx
| {z }
u0 (x)
v(x)
= e cos(x) + |{z}
e sin(x)
| {z }
u(x)
ex cos(x) dx.
|{z}
| {z }
u(x)
v(x)
v 0 (x)
Cos` siamo tornati allintegrale iniziale e a prima vista il procedimento risulta essere
inutile. Invece abbiamo trovato unequazione del tipo
I =E+I
per lintegrale I in questione con unespressione E nota e, molto importante,
= 1 6= 1.
Nel caso = 1 lintegrale si semplifica e quindi tutto era infatti inutile. Per 6= 1
E
invece lequazione si risolve facilmente come I = 1
cio`e (visto che qui 1 = 2)
Z
ex sin(x) + cos(x)
x
e cos(x) dx =
+ c.
2
Consideriamo
Z
cos2 (x) dx.
Allora, con f 0 (x) = g(x) = cos(x) otteniamo f (x) = sin(x) e g 0 (x) = sin(x) e
quindi
Z
Z
cos(x) cos(x) dx = sin(x) cos(x) sin(x) sin(x) dx
| {z } | {z }
| {z } | {z }
| {z } | {z }
f 0 (x)
g(x)
f (x)
g(x)
f (x)
g 0 (x)
1 dx cos2 (x) dx
Z
= sin(x) cos(x) + x cos2 (x) dx
= sin(x) cos(x) +
98
6. CALCOLO INTEGRALE
`e derivabile con
h0 (t) = F 0 (t) 0 (t) = f (t) 0 (t).
Sostituendo queste espressioni nellequazione () a pagina 95 risulta la formula chiamata
Integrazione per Sostituzione (versione indefinita)
Z
f (t) 0 (t) dt = F (t) + c.
dove F `e una primitiva di f , cio`e F 0 = f .
Sostituendo nella versione indefinita gli estremi t = e t = segue dal corollario sul
Teorema Fondamentale a pagina 93
Z
t=
f (t) 0 (t) dt = F (t) t=
= F () F ()
x=()
= F (x)x=()
Z ()
f (x) dx.
=
()
()
Z z }| {
sin(t)
=
dt
cos(t)
| {z }
(t)
= lncos(t) + c.
Se nella versione indefinita della formula integrazione per sostituzione scegliamo
2
f (x) = x con la primitiva F (x) = x2 e per una funzione C1 allora segue
Z
(t)2
(t) 0 (t) dt =
+c
2
Un esempio concreto di questo tipo `e
Z
sin2 (t)
sin(t) cos(t) dt =
+ c.
| {z } | {z }
2
(t)
0 (t)
METODI DI INTEGRAZIONE
99
dx = 0 (t) dt
Z
z}|{
0
f (t) (t) dt = f (x) dx = F (x) + c = F (t) + c.
| {z } | {z }
=dx
=f (x)
x = (t) = (), e
x = (t) = ()
()
f (x) dx.
()
Calcoliamo
Z
t 1 dt.
In questo caso lidea `e far sparire la radice ponendo x := t 1 (= (t)). Visto che
anche il fattore t
nellintegrale deve essere espresso nella nuova variabile risolviamo
lequazione x := t 1 per t:
x2 = t 1
t = x2 + 1.
dt = 2x dx
t = 1 x = 1 1 = 0, e
t = 2 x = 2 1 = 1.
3se () < (), altrimenti t [(), ()]
100
6. CALCOLO INTEGRALE
Quindi risulta
Z
1
t t 1 |{z}
dt =
|{z}
| {z }
x2 +1
(x2 + 1) x 2x dx
2xdx
Z 1
(x4 + x2 ) dx
=2
h 50
3 1
= 2 x5 + x3 0
h 5
16
3
= 2 15 + 13 0 =
.
15
Nellesempio precedente si trattava di un integrale definito in t per il quale abbiamo
calcolato gli estremi nella nuova variabile x. Anziche calcolare gli estremi in x, dopo
la integrazione si pu`
o anche tornare alla variabile iniziale (che per integrali indefiniti `e
sempre necessario) e poi sostituire gli estremi originali. Cos` faremo nei prossimi esempi.
Calcoliamo
Z
dt.
Allora, per fare sparire la radice procediamo come prima e poniamo x := t cio`e
dt
= 2x e quindi dt = 2x dx. Ora non calcoliamo gli estremi in
t = x2 . Ci`
o implica dx
x ma li sostituiamo con . . . intendendo che non ci interessano in questo momento.
Cos` risulta
Z 4
Z ...
t
e dt =
ex 2x dx.
1
...
Questo `e un tipico integrale che si risolve per parti e quindi dobbiamo individuare
chi `e f 0 e chi g. Qui la scelta giusta `e f 0 (x) = ex e g(x)
R = x poiche se facciamo
viceversa lintegrale non si semplifica ma diventa tipo x2 ex dx che `e ancora pi`
u
difficile. Allora
Z ...
Z ...
x
x ...
x
2
x |{z}
e dx = 2 x e ...
1 e dx
|{z}
...
g(x)
...
f 0 (x)
...
x
x
=2 xe e
(x =
...
t)
h
i 4
=2 e t t1
1
2
= 2 e (2 1) e1 (1 1) = 2 e2 .
In questo esempio abbiamo visto che pu`o capitare che si devono usare entrambi i
metodi, cio`e integrazione per sostituzione e anche integrazione per parti.
Consideriamo ora lintegrale indefinito
Z
cos ln(t) dt.
In questo esempio facciamo sparire il logaritmo ponendo x := ln(t) cio`e t = ex . Ci`o
implica
dt
= ex dt = ex dx.
dx
Quindi otteniamo
Z
Z
cos ln(t) |{z}
dt = cos(x) ex dx
|{z} x
x
e dx
METODI DI INTEGRAZIONE
101
2
sin(ln(t)) + cos(ln(t))
=t
+c
2
Ripetiamo che in questo esempio, come per tutti gli integrali indefiniti, dopo la
sostituzione `e necessario tornare alla variabile iniziale, in questo caso t.
Mentre negli esempi passati era abbastanza semplice indovinare la sostituzione (cio`e trovare il (t) che poi viene chiamato x) ci sono integrali dove la sostituzione `e abbastanza
difficile da trovare.
Calcoliamo larea A di un cerchio di raggio 1 data dallequazione
x2 + y 2 = 1.
Risolvendo lequazione nel primo quadrante si ottiene y =
segue
1 x2 e per simmetria
1p
1 x2 dx
A=4
0
1p
1 x2 dx =
{
zq }|
2
1 sin (t) cos(t) dt
Z
=
2
cos (t) dt =
= .
2
4
0
0
Quindi risulta
= .
4
Nella stessa maniera si pu`
o verificare che larea A(r) di un cerchio di raggio r 0
`e data da
A(r) = r2 .
A=4
Calcoliamo
Z
arctan(x) dx
Allora visto che arctan(x) (come anche ln(x)) `e una funzione complicata con
1
una derivata 1+x
u semplice, lidea per risolvere questo integrale e usare
2 molto pi`
102
6. CALCOLO INTEGRALE
g(x)
Z
= |{z}
x arctan(x)
| {z }
f (x)
g(x)
1
x
dx
|{z}
1+
x2}
|
{z
f (x)
g 0 (x)
0 (x)
= x arctan(x)
1
2
z}|{
2x
2 dx
1| +
{zx}
(x)
ln(1 + x2 )
+ c,
2
dove per lultimo integrale abbiamo usato la formula a pagina 98. Altrimenti si
potrebbe anche utilizzare la sostituzione t := 1 + x2 e procedere come negli altri
esempi.
= x arctan(x)
Osservazione. Gli esempi che abbiamo visto dimostrano chiaramente che integrare una
funzione pu`
o essere difficile ed impegnativo mentre in confronto derivare `e una semplice
procedura che si pu`
o fare abbastanza meccanicamente. In effetti ci sono funzioni continue
(che quindi, per il teorema fondamentale, possiedono una primitiva) composizione di
funzioni elementari tali che le primitive non possono essere espresse usando solo funzioni
elementari. Per esempio
f (x) = ex
f : R R,
ex dx
ex dx
e questo fatto dimostra che integrare esplicitamente una funzione pu`o essere addirittura
impossibile.
Esempio. Calcolare il limite
Rx
lim
x0
2
1 es ds
=: l.
sin(x3 )
Soluzione. Come indicato sopra non possiamo calcolare lintegrale. Per`o, grazie alle
Regole di lHospital e il Teorema Fondamentale del calcolo integrale ci`o non `e neanche
necessario! Prima di derivare sostituiamo sin(x3 ) con lespressione x3 che `e asintotica
per x 0 e possiede derivate molto pi`
u semplici. Quindi, per il principio di sostituzione,
vale
Rx
s2 ds
0
0 1e
l = lim
=
0
x0
x3
2
2
1 ex
1
ex 1
H
= lim
= lim
x0 3x2
3 x0 x2
1
= .
3
103
Per esempio
Z 4
Z
Z
x 2x2 + 10
9x
2
dx = x + 3x + 5 dx +
dx
2
2
x 3x + 2
x 3x + 2
Z
x3 3x2
9x
=
+
+ 5x +
dx.
3
2
x2 3x + 2
3 passo: Si calcola
Z
r(x)
dx.
q(x)
Consideriamo soltanto il caso grado(q) = 2 cio`e q(x) = ax2 + bx + c, r(x) = dx + e.
Ci sono 3 casi secondo il segno del discriminante di q(x):
(i) b2 4ac > 0, cio`e q(x) ha due zeri reali distinti x1 , x2 .
(ii) b2 4ac = 0, cio`e q(x) ha soltanto uno zero reale x0 .
(iii) b2 4ac < 0, cio`e q(x) non ha zeri reali.
Caso (i): I due zeri distinti di q(x) sono date da
b b2 4ac
x1,2 =
.
2a
Allora si possono trovare due costanti A, B R (uniche) tali che
Z
r(x)
A
B
r(x)
=
+
dx = A ln |x x1 | + B ln |x x2 | + c.
q(x)
x x1 x x2
q(x)
104
6. CALCOLO INTEGRALE
3 32 4 1 2
3 1
x1,2 =
=
= 1 opp. 2.
21
2
Inoltre r(x) = 9x e quindi cerchiamo costanti A, B R tale che
9x0 ! A
B
(A + B) x (2A + B)
=
+
=
.
3x + 2
x1 x2
(x 1) (x 2)
x2
2A + B = 0
B = 18
e quindi otteniamo
9
18
9x
=
+
2
x 3x + 2
x1 x2
Cos` risulta
Z 4
x3
x 2x2 + 10
dx
=
+
x2 3x + 2
3
Caso (ii): Lunico zero di q(x)
Z
x2
9x
dx = 9ln |x1|+18ln |x2|+c.
3x + 2
3x2
+ 5x 9 ln |x 1| + 18 ln |x 2| + c.
2
`e dato da
b
2a
Allora si possono trovare due costanti A, B R (uniche) tali che
Z
r(x)
A
B
r(x)
B
=
dx = A ln |x x0 |
+
+ c.
q(x)
x x0 (x x0 )2
q(x)
x x0
x0 =
2 22 4
x=
= 1 = x0 .
2
Quindi cerchiamo A, B R tale che
3x+0 ! A
B
A x + (B A)
+
=
=
2
2x + 1
x 1 (x 1)
(x 1)2
x2
BA=0
B=3
e quindi otteniamo
3
3
3x
=
+
2
x 2x + 1
x 1 (x 1)2
x2
3x
3
dx = 3 ln |x 1|
+ c.
2x + 1
x1
Caso (iii): In questo caso q(x) non ha zeri reali. Allora si possono trovare due
costanti A, B R (uniche) tali che
Z
Z
r(x)
A q 0 (x)
B
r(x)
1
=
+
dx = A ln |q(x)| + B
dx,
q(x)
q(x)
q(x)
q(x)
q(x)
R 0 (x)
dove abbiamo usato la formula qq(x)
dx = ln |q(x)| (cfr. pagina 98). Rimane da
calcolare lintegrale
Z
Z
1
dx
=
dx.
2
q(x)
ax + bx + c
105
Usando la sostituzione
x+
dt
1
t :=
=
dx = dt
dx
risulta
Z
Z
dx
dx
=
2
q(x)
1 + x+
Z
dt
= arctan(t) + c
=
1 + t2
x +
= arctan
+ c.
dove
A q 0 (x) + B
r(x)
=
e
q(x) = 1 +
q(x)
q(x)
Come esempio concreto consideriamo lintegrale
Z
4x
dx.
2
x 4x + 13
x+ 2
}|
{
z
2
0
(x
4x
+
13)
+B
2A x + (4A + B)
A
4x+0
!
=
.
=
2
2
x 4x + 13
x 4x + 13
x2 4x + 13
Confrontando i coefficienti ci`
o vale se e solo se
2A = 4
A=2
4A + B = 0
B=8
e quindi
Z
Z
4x
1
2
dx = 2 ln x 4x + 13 + 8
dx.
x2 4x + 13
x2 4x + 13
Inoltre vale
2
x2 4x + 13 = (x 2)2 + 9 = 9 1 + x2
3
cio`e = 2, = 3 e = 9 e cos` con la sostituzione t := x2
3 dx = 3dt risulta
Z
Z
1
1
dx
dx =
2
2
x 4x + 13
9
1 + x2
3
Z
3
dt
1
=
= arctan(t) + c
2
9
1+t
3
1
x2
= 3 arctan 3 + c.
Riassumendo otteniamo il risultato finale
Z
4x
dx = 2 ln x2 4x + 13 +
2
x 4x + 13
8
3
arctan
x2
3
+ c.
106
6. CALCOLO INTEGRALE
dove, per`
o, larea sotto lasse x `e negativa. Quindi per calcolare larea A di una funzione
che assume sia valori positivi sia negativi si deve dividere il dominio in sottointervalli in
cui f (x) non cambia segno:
f (x)
f (x)
=A1 A2 +A3
A=
c
c
Z
f (x) dx
A=
a
d
d
Z
f (x) dx +
mentre
f (x) dx
d
Pi`
u in generale, se vogliamo determinare larea A compresa tra i grafici di due funzioni
f, g : [a, b] R integrabili, cfr. Figura 59, allora
f (x)
A=
a
R b
a f (x) g(x) dx
g(x)
x
x2
A = 1/3
h 3
( x x2 ) dx = 32 x 2
i1
x3
3 0
2
3
1
3
= 13 .
107
Se invece i grafici si intersecano, allora bisogna calcolare le ascisse dei punti di intersezione e poi spezzare il dominio di integrazione come sopra.
Esempio. Calcolare larea A tra i grafici di f (x) := x3 2x e g(x) := x2 , cfr. Figura 61.
Soluzione. Per cominciare dobbiamo calcolare i punti di intersezione tra f e g. Allora
x3 2x = x2
0 = x3 x2 2x = x (x2 x 2)
x = 1, 0, 2.
Inoltre vale
f (x) = x3 2x g(x) = x2
x [1, 0] [2, +)
e quindi
Z
A=
(x3 2x) x2 dx =
0
3
(x 2x) x
x2 (x3 2x) dx
dx +
x2
x3 i0
h x3
i2
x4
+ x2
4
3 1
3
4
0
2
1
1
24
23
= 0 (4 1 + 3) + 3 4 + 2
37
=
12
=
h x4
f(x)
g(x)
-1
A=
0
= 37/12
dy
dx
108
6. CALCOLO INTEGRALE
per la lunghezza dalla curva data dal grafico di una funzione f : [a, b] R che `e
derivabile con continuit`
a.
Esempio. Calcoliamo la lunghezza l della curva data dal grafico di f (x) = cosh(x) per
2
x [a, b] (cfr. la catenaria, pagina 34). Allora 1 + f 0 (x) = 1 + sinh2 (x) = cosh2 (x).
Visto che cosh(x) > 0 per ogni x R risulta
Z b
Z bq
2
l=
cosh(x) dx = sinh(b) sinh(a).
cosh (x) dx =
a
y=f(x)
dV
dx
z
e quindi risulta
Z
V =
f 2 (x) dx
a
4Ricordiamo che questi conti sono puramente formali ma portano, grazie ad una notazione ingegnosa,
ad un risultato giusto.
INTEGRALI IMPROPRI
109
Esempi.
Calcoliamo il Volume di un cono di altezza h e raggio r della base.
Allora f (x) = hr x per x [0, h] e quindi
Z h
r2 x3 h r2 h
r 2
V =
x dx = 2 =
.
h
h
3 0
3
0
Calcoliamo il Volume
di una sfera di raggio r.
1
ex
1
x2
esiste nel senso improprio oppure che converge 5. Una definizione analoga si ha per f :
(a, b] R, con a R {} e b R:
Z b
Z b
f (x) dx := lim
f (x) dx.
a
ca+
etc.
110
6. CALCOLO INTEGRALE
Esempi.
c+ 1
cio`e lintegrale
Z
diverge.
r 6= 1: Allora
Z c
cr+1
xr+1 c
1
r
=
x dx =
r+1 1 r+1 r+1
1
1
dx = +
x
(c+)
(
1
r+1
+
se r + 1 < 0 r < 1,
se r + 1 > 0 r > 1.
Quindi risulta
+
Z
1
(
1
r+1
xr dx =
+
se r < 1,
se r 1.
1
x
2
+1
1
x2
1
cio`e lintegrale
Z
0
diverge.
6qui il limite `
e solo necessario se r < 0.
1
dx = +
x
INTEGRALI IMPROPRI
r 6= 1: Allora
Z 1
xr+1 1
cr+1
1
r
x dx =
=
r + 1 c
r+1 r+1
c
(c0+ )
111
1
r+1
se r + 1 > 0 r > 1,
se r + 1 < 0 r < 1.
Quindi risulta
Z
1
r
x dx =
0
1
r+1
se r > 1,
+ se r 1.
1
x
1
ex
3
+1
2
1
2
1
pu`
o studiare la convergenza di una serie senza avere una formula esplicita per le somme parziali, cfr.
pagina 23.
112
6. CALCOLO INTEGRALE
Z
Esempi.
ex dx.
x2
x2
dove il primo integrale `e unintegrale definito e quindi esiste finito, basta che tale
funzione sia maggiorante soltanto per x 1. Allora, per x 1 vale
2
|f (x)| = ex 2x ex =: g(x)
e
Z
1
2x ex dx =
2x ex dx
1
c
x2
= e
=e
1
c2
e1
per c +.
R +
R +
Quindi 1 g(x) dx converge e per il criterio del confronto converge anche 1 f (x) dx
R +
e di conseguenza anche f (x) dx.
Osservazione. In seguito (cfr. pagina 143) dimostreremo che
Z +
2
ex dx =
INTEGRALI IMPROPRI
Z
Verifichiamo che
0
1
113
sin(x)
dx converge.
x
sin(x)
x
0.5
10
20
30
f (x)
= cos(1)
|
{z
g(x)
cos(c)
c }
f0
Z
1
cos(x)
dx.
x2
cos(1) per c+
114
6. CALCOLO INTEGRALE
+
X
k=1
k = 1, 2, 3, 4, . . .
f
f(1)=a1
f(2)=a2
f(3)=a3
f(4)=a4
...
f(5)=a5
x =k
ak =
+
X
f (k)
f (x) dx.
1
k=1
k=1
f (x) dx converge.
1
k=1
Dimostrazione. : Se la serie
+
X
k=1
...
1
2
a1
a2
4
a3
a4
x =k
6
a5
f (s) ds
F (c) :=
1
+
X
ak
per ogni c 1.
k=1
INTEGRALI IMPROPRI
115
f
a1
...
1
2
a
4
a
x =k
6
a
Inoltre la serie
+
X
k=1
+
X
1
, cfr. pagina 25.
Esempio. Per R consideriamo la serie armonica generalizzata
k
k=1
Allora per 0 la successione k1 n1 non `e infinitesima e quindi la serie diverge a
+. Se invece > 0, allora la funzione f (x) = x , x 1, e derivabile con
f 0 (x) = x1 < 0
per ogni x 1.
dx converge
k
x
1
> 1.
k=1
(s) :=
+
X
1
ks
k=1
che si chiama la funzione zeta di Riemann ed `e legato allipotesi di Riemann, uno dei
problemi aperti pi`
u importanti della matematica.
CAPITOLO 7
i=1
i=1
117
z=x2-y 2
1
x
1
x
1
0.5
0.5
0.5
0.5
0.5
0.5
0.5
0.5
` VARIABILI
7. FUNZIONI REALI DI PIU
118
Un vantaggio delle curve di livello rispetto ai grafici cartesiani `e che, essendo definite
nello stesso spazio RN dove `e definita la funzione, consentono di guadagnare una
dimensione. Infatti, mentre non possiamo visualizzare il grafico di una funzione f :
R3 R, ne possiamo visualizzare le sue curve (o, meglio, superfici) di livello essendo
sottoinsiemi di R3 .
Esempio.
p
2
2
z= (1-x )(1-y )
3
2
1
2
2
p
Figura 74. Grafico di f (x, y) = (1 x2 )(1 y 2 ) e le linee di livello
c per (x, y) [2, 2] [2, 2] e c =0, 0.2, 0.4,. . ., 2.6 , 2.8, 3.
Limiti di Funzioni Reali di pi`
u Variabili Reali
Lidea che seguiremo per introdurre la definizione di limite in RN `e molto simile a quella
seguita in R (in fondo basta sostituire il modulo con la norma) ed `e basata sulluso delle
successioni approssimanti il punto in cui vogliamo calcolare il limite.
Definizione 7.2 (Limiti per i vettori ). Data una successione di vettori (xn )nN RN ,
diremo che (xn )nN converge a x0 RN se kxn x0 k 0 per n +. In questo caso
scriviamo
lim xn = x0
oppure
xn x0 per n + .
n+
119
n+
n+
Cio`e una successione (xn )nN di vettori converge se e solo se converge componente per
componente al vettore x0 .
Con la definizione precedente di convergenza per una successione di punti (vettori) di
RN , possiamo estendere facilmente le definizioni date in R.
Definizione 7.3. Un punto c RN si dice punto di accumulazione dellinsieme X RN
se esiste una successione (xn )nN RN con
xn X per ogni n N,
xn 6= c per ogni n N,
lim xn = c.
n+
n+
xc
oppure
f (x) l per x c .
Osservazioni.
Si osservi che la definizione di limite per funzioni di pi`
u variabili
pu`o essere data solo per c RN , cio`e al finito, poiche, a differenza di R, non essendoci un ordinamento naturale in RN non si pu`o definire una direzione privilegiata
secondo cui raggiungere in RN
Il concetto di limite per le funzioni come definito sopra si basa su quello del limite
per le successioni. Come nel caso di una variabile esiste anche unaltra possibilit`a di introdurre limiti per le funzioni di pi`
u variabili che non fa riferimento alle
successioni:
lim f (x) = l
xc
` VARIABILI
7. FUNZIONI REALI DI PIU
120
lim
f (x, y) esista
(x,y)(0,0)
`e necessario (ma non sufficiente) che esistano e siano uguali i limiti lim f (x, mx) al
x0
variare di m R.
lim
f (x, y).
(x,y)(0,0)
Infatti se tale limite esiste, esso deve coincidere con il limite lungo le rette.
Il seguente esempio mostra come la condizione precedente sia solo necessaria, ma non
sufficiente a garantire lesistenza del limite. Consideriamo
x2 y
.
(x,y)(0,0) x4 + y 2
lim
Si ha che
mx3
=0
per ogni m R.
x0
x0 x4 + m2 x2
Quindi tutti i limiti al variare di m R esistano e sono uguali. Pertanto se il limite di
f esiste, deve essere uguale a 0.
Consideriamo ora la curva y = x2 . Tale curva passa per il punto di accumulazione (0, 0),
quindi fornisce un altro modo per avvicinarsi ad esso. Consideriamo la restrizione di
f a tale curva e calcoliamone il limite per x 0, cio`e muovendoci verso il punto di
accumulazione. Allora si ha
1
x4
lim f (x, x2 ) = lim 4
= 6= 0 !!
x0
x0 x + x4
2
Quindi abbiamo trovato una curva passante per il punto di accumulazione, muovendoci
lungo la quale troviamo un diverso valore del limite. Possiamo pertanto concludere che
2
il lim(x,y)(0,0) x4x+yy 2 non esiste.
lim f (x, mx) = lim
P =(x,y)
P =(,#)
121
in coordinate cartesiane
in coordinate polari
#
x
y
x
2x2 y
.
+ y2
Innanzitutto osserviamo che limx0 f (x, mx) = 0 per ogni m R, quindi se il limite l
esiste deve essere 0. Riscriviamo la funzione f in coordinate polari utilizzando le relazioni
precedenti, cio`e
22 cos2 () sin()
f (x, y) = f cos(), sin() =
= 2 cos2 () sin().
2
lim
(x,y)(0,0) x2
per 0.
Si noti che
0
equivale a dire
(x, y) (0, 0).
Quindi abbiamo maggiorato |f (, ) l| con una quantit`a che dipende solo dalla distanza dallorigine (cio`e ) e non dalla direzione di avvicinamento (cio`e ) allorigine. La
propriet`
a precedente consente di concludere che il limite esiste e vale l = 0.
Riassumiamo: Per dimostrare che
lim
f (x, y) = l
(x,y)(0,0)
`e sufficiente, avendo espresso la funzione in coordinate polari, ottenere una disuguaglianza del tipo
f cos(), sin() l g()
ove g() 0 per 0.
Esempio. Si consideri
sin(x2 y) + x2 + y 2
.
x2 + y 2
(x,y)(0,0)
lim
` facile verificare che limx0 f (x, mx) = 1 per ogni m R, quindi se il limite l esiste
E
3
2
sin())+2
deve essere l = 1. Si ha f (, ) = sin( cos ()
e quindi
2
sin(3 cos2 () sin())
|f (, ) l| =
2
Se procediamo utilizzando come prima | sin(t)| 1, si ottiene
1
z
}|
{
sin(3 cos2 () sin())
1
f (, ) l =
2 6 0
2
per 0.
122
` VARIABILI
7. FUNZIONI REALI DI PIU
Quindi non possiamo concludere lesistenza del limite. Tuttavia possiamo ricordare che
| sin(t)| |t| per t R, quindi per t = 3 cos2 () sin(),
1
z
}|
{
3
2
f (, ) l | cos () sin()| = | cos2 () sin()| 0
2
per 0.
Continuit`
a
Come conseguenza della definizione di limite si pu`o dare la definizione di continuit`a
Definizione 7.6 (Continuit`
a). Una funzione f : X RN R si chiama
continua in x0 X se per ogni successione (xn )nN X con xn x0 segue
f (xn ) f (x0 ) per n +;
continua, se `e continua in ogni x X.
Denotiamo con C(X) := {f : X R : f `e continua} linsieme delle funzioni
continue su X.
Valgono molte delle osservazioni fatte nel caso di R.
La continuit`
a si pu`o anche definire senza fare riferimento alle sucOsservazioni.
cessioni: f `e continua in x0 per ogni > 0 esiste > 0 tale che |f (x)f (x0 )|
per ogni x X con kx x0 k < .
Se x0 X `e un punto di accumulazione di X, allora f `e continua in x0
limxx0 f (x) = f (x0 ).
Se x0 X non `e un punto di accumulazione di X (in questo caso si dice anche che
x0 `e un punto isolato di X), allora f `e sempre continua in x0 .
Somme, differenze, prodotti, rapporti e composizione di funzioni continue sono
continue.
Esempio. Si consideri la funzione f : R2 R definita da f (x, y) = sin(xy + x2 ).
Essa risulta continua in quanto composizione delle funzioni continue p(x, y) = xy + x2
(polinomio in due variabili) e g(t) = sin(t) (funzione continua su R).
CAPITOLO 8
f
xi (x0 ).
124
8. CALCOLO DIFFERENZIALE
z=f(x,y)
y0
x0
y
P =(x0,y0)
x=x
y=
y0
h(y)=f(x0,y)
g(x)=f(x,y0)
x
fx (x0,y0)=g 0(x0)=tan()
y0
x0
fy(x0,y0)=h0(y0)=tan()
f
z (x, y, z)
2x3 2y + 3x
= xz sin(xyz),
= xy sin(xyz)
Se pero le funzioni che intervengono non sono derivabili, bisogna passare attraverso la
definizione di derivate parziale. Sia f (x, y) = |x|y, allora in un punto del tipo (0, y), non
possiamo derivare direttamente rispetto x, ma dobbiamo passare attraverso la definizione
f (h, y) f (0, y)
|h|y
fx (0, y) = lim
= lim
=
h0
h0 h
h
@ se y 6= 0,
0 se y = 0.
Definizione 8.3. Sia f : X RN R e x0 X interno a X. Se f `e derivabile parzialmente rispetto xi in x0 per ogni i {1, . . . , N }, allora f si dice derivabile (parzialmente)
` IN RN
I CONCETTI DI DERIVABILITA
125
f
y (0, 0)
= 0.
h0
converge.
per x x0
per x x0 .
In particolare segue
differenziabilit`
a derivabilit`
a
Si dimostra come nel caso di R che la
differenziabilit`
a continuit`
a
Quindi derivabilit`
a e continuit`a sono condizioni necessarie ma non sufficienti per
la differenziabilit`
a (si veda losservazione sulla pagina 125)
126
8. CALCOLO DIFFERENZIALE
f(x,y)
x0
y0
(x0,y0)
f continua
=
=
6
f derivabile parzialmente
=
6
6=
=
=
6
=
=
6
f
v (x0 ).
` IN RN
I CONCETTI DI DERIVABILITA
127
Osservazione. La derivata direzionale rispetto x corrisponde a fare la derivata ordinaria (cio`e rispetto una variabile) della funzione F (t) = f (x0 + tv), t R, che `e la restrizione della f alla retta y = x0 + tv. Quindi essa fornisce informazioni sul comportamento
(crescenza/decrescenza) della f lungo tale retta nellintorno del punto x0 . i-esimo
z}|{
Se v coincide con i-esimo vettore della base canonica di RN , cio`e v = (0, . . . , 0, 1 , 0, . . . , 0)
f
allora f
v (x0 ) coincide con la i-sima derivate parziale xi (x0 ), cfr. Figura 78.
F(t)=f(P0 +tv)
z=f(x,y)
Dv f(x0,y0)=F (0)=tan(')
'
y0
x0
x
)
v=(v 0,v 1
P0=(x0,y0)
f
12
(1, 1) = Df (1, 1) 12 , 12 = (9, 3) 12 , 12 = 92 + 32 =
=6 2
2
v
Osservazione. Diamo ora due significative propriet`a geometriche del gradiente.
1) Dal teorema del gradiente si ha che
f
Df (x0 )
(x0 ) = max Df (x0 ) v = Df (x0 )
kDf (x0 )k
v: kvk=1 v
v: kvk=1
max
visto che il prodotto scalare tra due vettori `e massimo se i due vettori sono paralleli e
concordi. Quindi la derivata direzionale `e massima nella direzione del gradiente. Ricordando linterpretazione della derivata direzionale come misura del tasso di crescita di f
in una data direzione, possiamo concludere che il gradiente Df punta nella direzione di
massima crescita di f . Inoltre, Df punta nella direzione di massima decrescita di f .
2) Consideriamo ora la curva di livello di f per il punto x0 , cio`e
f (x0 ) = x X : f (x) = f (x0 ) .
Supponendo che f (x0 ) sia una curva regolare (potrebbe non essere vero), sia il versore
tangente a f (x0 ) in x0 . Poiche f `e costante su f (x0 ) e muoversi lungo la direzione
corrisponde, a meno di termini di ordine superiore, a muoversi lungo la curva f (x0 ) , si
ha euristicamente
f
(x0 ) = 0.
128
8. CALCOLO DIFFERENZIALE
Ricordando che il prodotto scalare tra due vettori `e nullo solo se i due vettori sono
perpendicolari, concludiamo che Df (x0 ) `e ortogonale alla curva di livello di f per x0 ,
cfr. Figura 79.
f
2f
=:
= derivata seconda di f rispetto xi e xj =: Dx2i ,xj f =: fxi ,xj
xj xi
xi xj
.
.
2f
2f
xN x1 (x0 ) xN x2 (x0 )
2f
x1 xN (x0 )
2f
x2 xN (x0 )
..
.
2f
xN xN (x0 )
129
Quindi nelli-esima riga abbiamo le derivate seconde fatte prima rispetto alla variabile
xi e poi rispetto alle altre variabili (in ordine crescente). La matrice Hf (x0 ) `e detta
matrice di Hesse (oppure semplicemente Hessiana) di f in x0 .
Dal teorema di Schwarz segue che la Hessiana `e simmetrica.
Si vedr`a nel corso di Analisi Matematica 2 che questo fatto ha importanti conseguenze
nella ricerca degli estremi locali di funzioni di pi`
u variabili.
Esempio. Sia f (x, y) = 2x3 y y 2 + 3xy, allora
12xy
6x2 + 3
Hf (x, y) =
.
6x2 + 3
2
CAPITOLO 9
per x x0 i = 1, . . . , M.
131
Osservazione. Introduciamo una notazione matriciale, che risulter`a utile anche in seguito, per riscrivere la precedente definizione di differenziabilit`a. Consideriamo f come
vettore colonna
f1 (x)
..
f (x) =
,
.
fM (x)
allora la matrice M N , detta matrice di Jacobi (o
f1
Df1 (x0 )
x1 (x0 )
..
.
..
Jf (x0 ) =
=
.
fM
DfM (x0 )
x1 (x0 )
Jacobiana) di f in x0 `e data da
f1
. . . x
(x0 )
N
..
..
.
.
.
...
fM
xN (x0 )
M N
per x x0 .
Derivata della Funzione Composta. Adesso diamo una regola per la Jacobiana della
funzione composta, che generalizza al caso delle funzioni a valori vettoriali la regola della
catena (cfr. pagina 52) per la derivata della funzione composta.
Teorema 9.6. Sia f : X RN Y RM differenziabile nel punto x0 X e
sia g : Y RM RK differenziabile in y0 := f (x0 ). Allora la funzione composta
g f : X RN RK `e differenziabile in x0 con
Jgf (x0 ) = Jg f (x0 ) Jf (x0 )
Questa formula si chiama Regola della Catena.
Osservazione. Ovviamente per N = M = K = 1 ritroviamo la regola della catena per
le funzioni reali di una variabile.
Esempio. Sia f : R R2 , g : R2 R, allora g f : R R, g f (s) = g(f1 (s), f2 (s)) e
0
f1 (s)
g
g
0
(g f ) (s) = x (f1 (s), f2 (s)), y (f1 (s), f2 (s))
f20 (s)
g
g
=
f1 (s), f2 (s) f10 (s) +
f1 (s), f2 (s) f20 (s)
x
y
Trasformazioni Regolari di Coordinate
Un caso particolarmente importante delle funzioni a valori vettoriali `e quello in cui spazio
di partenza ed arrivo coincidono, cio`e M = N .
Definizione 9.7. Una funzione f : X RN Y RN si dice una trasformazione di
coordinate.
Un esempio di trasformazione di coordinate `e lapplicazione lineare (cfr. Corso di Geometria) f : RN RN , f (x) = A x, ove A `e una matrice N N (vedremo pi`
u avanti
altri esempi significativi). Sappiamo che se det(A) 6= 0, la trasformazione f si pu`o invertire, cio`e si pu`
o definire una trasformazione f 1 : RN RN (nel caso in questione
1
1
f (y) = A y) tale che f 1 (f (x)) = x e f (f 1 (y)) = y per ogni x, y RN .
Problema. Data una trasformazione di coordinate f : X RN Y RN , sotto
quali condizioni su f essa si pu`
o invertire? Cio`e sotto quali condizioni esiste la funzione
1
N
inversa f : Y R X RN ?
132
y V (y0 )
x RN .
#
x
Figura 80. Coordinate polari.
Sia
f : [0, ) [0, 2) R2
(, ) 7 cos(), sin()
T
cio`e essa fa corrispondere alla coppia (, ) il punto del piano di coordinate cartesiane
(x, y) = ( cos(), sin()). Per questa trasformazione si ha
cos() sin()
Jf (, ) =
sin() cos()
quindi det Jf (, ) = cos2 () + sin2 () = . Quindi lorigine, che corrisponde a = 0
`e lunico punto singolare della trasformazione e di conseguenza le coordinate polari sono
una trasformazione regolare di coordinate.
2Per chiarire il significato di alcuni punti andrebbe introdotta una misura su RN . Basti sapere che la
condizione `e verificata se tali punti sono un insieme di dimensione N 1.
133
z=t
P=(x,y,z)
P=(,#,t)
y
#
x = cos(),
y = sin(),
z = t.
Come nel caso delle coordinate polari, possiamo vedere le coordinate cilindriche come
una trasformazione di coordinate in R3 definita nel seguente modo
f : [0, ) [0, 2) R R3
T
(, , t) 7 cos(), sin(), t
Per questa trasformazione si ha
cos() sin() 0
Jf (, , t) = sin() cos() 0
0
0
1
quindi det Jf (, , t) = e in questo caso linsieme dei punti singolari, che corrisponde
a = 0, `e lasse z. Di conseguenza le coordinate cilindriche sono una trasformazione
regolare di coordinate.
Esempio (Coordinate sferiche). Concludiamo infine con le coordinate sferiche in R3 .
Esse sono date dalla terna (, , ) [0, ) [0, 2) [0, ], cfr. Figura 82. Il passagio
da coordinate sferiche e coordinate cartesiane `e dato dalle seguenti relazioni
x = sin() cos(),
y = sin() sin(),
z = cos().
Le coordinate sferiche inducono la trasformazione di coordinate in R3 definita nel seguente modo
f : [0, ) [0, ] [0, 2) R3
T
(, , ) 7 sin() cos(), sin() sin(), cos()
134
P=(x,y,z)
P=(,',#)
'
y
#
x
CAPITOLO 10
i = 1, . . . , n, j = 1, . . . , m.
n X
m
X
i=1 j=1
S(f, Pxy ) :=
n X
m
X
i=1 j=1
136
z
y
1
x
|X|
Figura 83. La misura di uninsieme.
TEOREMA DI FUBINITONELLI
137
1 dx dy
= misura (= area) di X
(disuguaglianza triangolare).
Se |X| = 0, allora
ZZ
f (x, y) dx dy = 0
X
Se X = X1 X2 e |X1 X2 | = 0, allora
ZZ
ZZ
ZZ
f (x, y) dx dy =
f (x, y) dx dy +
X
X1
f (x, y) dx dy
X2
(additivit`
a dellintegrale rispetto alla misura di insiemi)
A questo punto, come nel caso di una funzione f : R R di una variabile, si pongono
due
Problemi. (i) Quali funzioni f : X R2 RRR sono integrabili?
(ii) Se f `e integrabile, come si pu`o calcolare X f (x, y) dx dy ?
Si tenga conto che, per il fatto che la geometria di X R2 pu`o essere molto complicata,
la risposta non sar`
a cos` semplice come nel caso di R.
Teorema di FubiniTonelli
Una prima risposta ai problemi precedenti si pu`o avere quando X ha due lati paralleli
agli assi cartesiani.
Definizione 10.4. Un insieme X R2 , limitato, si dice
(i) y-semplice se esistono due funzioni continue g1 , g2 : [a, b] R tali che
X = (x, y) R2 : x [a, b], g1 (x) y g2 (x)
(ii) x-semplice se esistono due funzioni continue h1 , h2 : [c, d] R tali che
X = (x, y) R2 : y [c, d], h1 (y) x h2 (y)
(iii) semplice se `e y-semplice o x-semplice
138
x-semplice
g2(x)
h1(y)
h2(y)
X
a
g1(x)
c
x
(ii) se X `e x-semplice
ZZ
g1 (x)
f (x, y) dx dy
f (x, y) dx dy =
X
h2 (y)
h1 (y)
A(x) rappresenta larea della regione contenuta nel piano (x, y, z), x fissato, e sottesa al
grafico della funzione F (y) := f (x, y) per y [g1 (x), g1 (x)], cfr. Figura 85. La quantit`a
z
F(y)=f(x,y)
A(x)
dx
a
b
g1(x)
y
X
g2(x)
TEOREMA DI FUBINITONELLI
139
variabile
x. Integrando rispetto x [a, b], riotteniamo il volume complessivo e quindi
RR
f
(x,
y)
dx dy.
X
Esempio. Calcolare
ZZ
2x2 y dx dy
X = (x, y) R2 : x [0, 1], x + 1 y 2 .
ove
ove
Anche in questo caso, il dominio si presenta gi`a nella forma di un dominio y-semplice,
tuttavia se applichiamo la formula per domini y-semplici
ZZ
Z 1 Z 1
3
3
sin(y )dy dx
sin(y ) dx dy =
sin(y 3 )
la funzione integranda
non `e integrabileelementarmente rispetto y. Osserviamo
che il dominio `e anche x-semplice, infatti X = (x, y) R2 : y [0, 1], 0 x y 2 .
y-semplice
x-semplice
g2(x)=1
1
h1(y)=0
p
g1(x)= x
h2(y)=y2
y2
3
sin(y )dx dy =
0
1
= cos(y 3 )
3
1
0
2
[x]y0
sin(y )dy =
y 2 sin(y 3 )dy
1
= (1 cos(1))
3
140
1
2
, abbiamo
1
w1 := u du =
u
2
u
du
du
1
w2 := v dv =
v
2
v
dv
dv
.
'
(u,v+dv)
'(u,v+dv)
(u+du,v+dv)
'(u+du,v+dv)
dA=dudv
0
dA jdet(w1,w2)j
w2 'vdv
'(u,v)
w1'udu
(u,v)
'(u+du,v)
(u+du,v)
141
Come abbiamo visto a pagina 132, nel caso specifico delle coordinate polari otteniamo
det J = e quindi
dA0 = d d
come dimostra anche Figura 88.
y
d#
dA0 dd#
d
d#
#
+d
Esempio. Calcolare
ZZ
xy dx dy
ove
X = (x, y) R2 : x2 + y 2 1, 0 y x .
1
/4
X0
X
-1
x2+y21
yx
-1
[0,1][0, 4 ]
142
1 4 1 sin2 () 4
1
=
=
4
2
16
0
0
Esempio. Calcolare
ZZ
(x + y) dx dy
ove
X = (x, y) R2 : 1 xy 2, 1
y
x
2 .
Si osservi che non `e facile esprimere X come dominio semplice. Invece `e pi`
u facile introdurre le variabili u = xy, v = xy . Cos` si ottiene che il dominio di integrazione nelle nuove
variabili (u, v) `e dato da X 0 = {(u, v) R2 : 1 u 2, 1 v 2} = [1, 2] [1, 2],
quindi `e un quadrato nel piano (u, v).
y
y/x=1
y/x=2
'
X0
X
xy=2
xy=1
x
0
r
u
+ uv
v
1
du dv
2v
[1,2][1,2]
#2
Z 2 r
3
Z 2
Z 2"
1
u
2 u2
2 3
+ u 2 v dv
=
+ uv du dv =
v
3 v 3
1 2v
1
1
1
Z 2 1
2
2
1
2
1
=
81
8 1 2 1 + 2 v
3 +
1 dv =
3
3
1 v2
v2
v2
1
1
= ... =
4 2
3
143
Altri Esempi.
Calcolare la misura |X| del dominio X R2 che in coordinate
polari `e data da
X 0 = (, ) : [0 , 1 ], 0 R()
per una funzione continua R : [0 , 1 ] [0, +), cfr. Figura 91.
'
X0
R(#)
=R(#)
X
#1
#0
x
#
#0
#1
X0
X
1 Z R()
Z
d d =
1
=
2
1 h 2 i=R()
=0
R2 () d.
'
/2
2
2
x
X0
3/2
144
Per risolvere lintegrale passiamo alle coordinate polari. Visto che il cerchio XR in
0 = [0, R] [0, 2] in coordinate
coordinate cartesiane corrisponde al rettangolo XR
polari risulta (usando losservazione a pagina 140)
Z 2
Z R
Z R Z 2
2
2
d
e d
e d d =
IR =
=
Osserviamo che
0
2
R
2
2 0 = 1 eR .
2
lim IR = . Visto che per R + (in un certo senso)
R+
(,+)(,+)
ex dx
ey dy =
Z
ex dx
2
.
ex dx =
che non `e possibile usando una primitiva di ex , cfr. losservazione a pagina 102.
Invece, passando alle coordinate polari, grazie al fattore = det(J ), si passa da
2
2
ex a e che `e molto semplice da integrare.
Integrali Tripli
In questa sezione ci occupiamo del calcolo degli integrali tripli
ZZZ
f (x, y, z) dx dy dz
X
R3
INTEGRALI TRIPLI
145
f (x, y, z)dz
f (x, y, z) dx dy =
D
dx dy
g1 (x,y)
g1(x,y)
a
y
(x,y)
D
Esempio. Calcolare
p
1 x2 + y 2 }. Si ha
RRR
X
z dx dy dz ove X = {(x, y, z) R3 : x2 + y 2 1, 0 z
ZZZ
ZZ
z dx dy dz =
x2 +y 2
zdz
{(x,y)R2 : x2 +y 2 1}
Z
=
{(x,y)R2 : x2 +y 2 1}
dxdy =
p
1
(1 x2 + y 2 )2 dxdy
2
Per risolvere lultimo lintegrale possiamo utilizzare il cambiamento di variabili in coordinate polari. In coordinate polari il cerchio {(x, y) R2 : x2 + y 2 1} corrisponde al
quadrato {(, ) : 0 1, 0 2}. Quindi
Z
Z 1
Z 2
p
1
1
2
2
2
2
(1 x + y ) dxdy =
(1 ) d
d =
{(x,y)R2 : x2 +y 2 1} 2
0 2
0
Z 1
1
(3 22 + ) d =
12
0
146
Vediamo ora unaltra tecnica di riduzione per il calcolo degli integrali tripli. Assumiamo
che il nostro insieme X si possa rappresentare nella forma
X = {(x, y, z) R3 : z [a, b], (x, y) Dz }
ove per ogni z fissato , Dz (strato) `e un insieme del piano su cui f (x, y, z) `e integrabile
rispetto (x, y). In altre parole X `e lunione degli strati Dz al variare di z [a, b].
Teorema 10.9 (Integrazione per strati ). Sia f : X R3 R una funzione continua e
X = {(x, y, z) R3 : z [a, b], (x, y) Dz }. Allora
Z b Z
ZZZ
f (x, y, z) dx dy dz.
f (x, y, z) dx dy =
a
Dz
b
Db
z
Dz
X
y
a
Da
{(x,y): x2 +y 2 z 2 }
Lintegrale tra parentesi tonde si pu`o facilmente risolvere attraverso le coordinate polari.
Quindi
ZZZ
Z 1 Z 2
Z z
x2 + y 2 dx dy dz =
d
3 d dz =
X
Z
0
0
1
z4
z5
2 dz =
4
10
1
=
0
10
Consideriamo unaltro esempio che risolveremo sia con integrazione per fili sia per strati.
Esempio. Calcolare la massa m di un tetraedro con i vertici (0, 0, 0), (1, 0, 0), (0, 1, 0) e
(0, 0, 1) e la densit`
a f (x, y, z) = 1 z nel punto (x, y, z).
INTEGRALI TRIPLI
147
m=
X
z=1-x-y
y
x=1-y
Z Z Z
1xy
(1 z) dz
m=
D
0
1 Z 1y
dx dy =
Z Z
D
z 2 z=1xy
z
dz
2 z=0
dx dy
(1 x y)2
=
1xy
dx dy
2
0
0
Z 1
(1 x y)2 (1 x y)3 x=1y
+
dy
=
2
6
x=0
0
Z 1
(1 y)2 (1 y)3
(1 y)3 (1 y)4 y=1
=
dy =
2
6
6
24
0
y=0
1
1
1
=
= .
6 24
8
Z
Soluzione con integrazione per strati . Come si vede dal grafico il dominio X si pu`o
scomporre negli strati
Dz := (x, y, z) R3 : y [0, 1 z], 0 x 1 y z , z [0, 1].
148
Dz
z
x=1-y-z
1
y
1-z
1
(1 z) dx dy
Dz
1z
1Z
1 Z 1z
1yz
(1 z) dx dy dz
dz =
0
x (1
x=1yz
z)|x=0
dydz
1Z
0
1z
(1 y z) (1 z) dy dz
=
0
0
1
Z
(1 y z)2 y=1z
(1 z)2
=
(1 z)
dz
dz
=
(1
z)
2
2
0
0
y=0
(1 z)4 1 1
=
= .
8
8
0
Z
Ricordiamo infine che anche in R3 vale la formula di cambiamento delle variabili per
integrali tripli
Teorema 10.10. Sia f : X R3 R integrabile e sia
: X 0 R3 R3
(u, v, w) 7 (x, y, z) = (u, v, w)
una trasformazione regolare di coordinate tale che (X 0 ) = X. Allora
ZZZ
ZZZ
f (x, y, z) dx dy =
f ((u, v, w)) |det J (u, v, w)| du dv dw
X0
Z
=
Z
d
2 d
sin()d = 2
0
[ cos()]0 = 4
R3
3
INTEGRALI TRIPLI
149
d
0
!
dt
Z
d =
0
3 r
h 2
h
hr3
d = 2
2
r
r 3 0
3
Testi consigliati
Teoria.
A. Marson, P. Baiti, F. Ancona, B. Rubino: Corso di Analisi Matematica 1, Carocci
editore;
C.D. Pagani, S. Salsa: Analisi Matematica 1. Zanichelli;
Esercizi.
P. Marcellini, C. Sbordone: Esercitazioni di Matematica, Liguori Editore;
S. Salsa, A. Squellati: Esercizi di Matematica, Zanichelli.
150
APPENDICE A
151
APPENDICE B
1
lim q n =
n+
lim n = 1
n+
n
a=1
lim
n+
lim n n = 1
se
se
se
se
se > 0,
se = 0,
se < 0
n+
ln(n)
=0
n+ n
n
lim n = 0
n+ q
qn
lim
=0
n+ n!
n!
lim n = 0
n+ n
n
lim 1 + n1
=e
n+
xn
= ea
lim 1 + xan
lim
n+
n+
q > 1,
q = 1,
|q| < 1,
q 1
pi`
u in generale
se |xn | + per n +
se an a > 0 e bn b per n +
152
(1 + x)r 1
=r
x0
x
loga (x)
lim
=0
x+
x
lim x loga (x) = 0
lim
x0+
lim xx = 1
x0+
pi`
u in generale
per ogni a > 0
pi`
u in generale
per ogni 0 < a 6= 1
per ogni t R
per ogni r R
per ogni 0 < a 6= 1, > 0
per ogni 0 < a 6= 1, > 0
153
APPENDICE C
xx0
f (x) > M
f (x) < M
lim f (x) = l
xx+
0
xx
0
5
5
17
21
21
22
22
26
26
27
29
31
31
32
34
34
34
34
35
35
35
37
39
43
44
45
45
46
47
48
53
55
56
56
58
58
59
59
61
61
65
68
71
82
156
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
96
83
84
87
88
88
89
90
91
91
92
93
94
94
106
106
106
107
107
108
109
110
111
112
113
114
114
115
117
117
118
121
124
126
127
128
132
133
134
136
138
138
139
140
141
141
142
143
143
145
146
147
148