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presenta

WORKERS
Rotte della Globalizzazione

di

Tommaso d’Elia

durata: 52’

Sviluppato con il supporto del Programma Media


ALANG - Stato del Gujarat. India occidentale

La sicurezza è il nostro motto.


Questa è la scritta che campeggia
all'ingresso del porto di Alang.
Con i suoi 127 cantieri, Alang
Gujarat è il più grande bacino
del mondo per lo smantellamento
delle navi.
Qui, ogni giorno, circa 80.000 lavoratori scarnificano le
carcasse metalliche di immensi natanti.

Le navi, che provengo dai luoghi più disparati della terra,


sono accompagnate da rimorchiatori fino all'imbocco della
baia per poi essere abbandonate alle onde che ne trascinano
lo scafo a riva, dove una marea di minuscole "formiche" le
assale per smembrarle. A mani nude o comunque con strumenti
rudimentali e senza l'ausilio di alcun presidio sanitario
minimo gli operai svolgono la loro attività di demolizione.
Amianto, diossine, olii esausti, Pcb… molte delle
imbarcazioni che arrivano contengono sostanze tossiche,
radioattive, nonostante i divieti. Gli incidenti sono
all'ordine del giorno.

ITW - GANESH NOCHUR.


Green Peace India
Alang è come l’inferno :
c’è un rumore assordante e
tutto intorno fuoco, gas,
ferro incandescente.
Il ritmo del lavoro è
indiavolato.

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Paneikon © 2009
Non c’è nessuna sicurezza per il lavoratori, fino a poco
tempo c’era la media di un
morto al giorno. E
comunque i caporali fanno
sparire anche gli uomini
feriti, tolgono loro la
tessera e li rimandano a
casa. Non c’è nessun piano
di assistenza per loro … vengono gettati via.

Non solo Alang, altri centri di ship-breaking in India sono


nelle stesse condizioni.
I sindacati indiani per la prima volta provano a fare
qualcosa.

ITW - SANJAY AVHAKAR: segretario generale dello SMEFI


(Lavoratori metalmeccanici).
Le autorità locali chiudono gli occhi. Per molto tempo
nessuno si è occupato dei metalmeccanici in India, noi ci
stiamo provando. Siamo partiti dall’acqua potabile che
mancava del tutto e poi stiamo organizzando un sistema per
le emergenze sanitarie … ad Alang ogni giorno ci sono
feriti gravi, fino a poco tempo fa anche 360 morti l’anno.
I cantieri di ship-breaking sono spariti dall’Europa e
dagli Stati Uniti. I costi sono troppo alti, la
meccanizzazione delle operazioni di smembramento e la messa
in sicurezza del lavoro comportano investimenti cospicui e
la manodopera specializzata
è altamente remunerata.
Così gli armatori hanno
lasciato l’occidente e si
sono rivolti altrove, dove
la manodopera costa poco e
la sicurezza non è una
priorità.

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Paneikon © 2009
La rottamazione delle navi è un business miliardario fatto
di catene di intermediari e prestanome e di tracce che si
perdono e si ritrovano in terre di nessuno come Alang.

Gauda Gorakhpur – Stato dell’Uttar Pradesh

La gente che lavora ad Alang per la maggior parte non viene


dal Gujarat, ma dalle zone più povere dell’India.
Gauda Gorakhpur è un piccolo villaggio nell’Uttar Pradesh
al confine con il Nepal. E’ un paese poverissimo e molte
famiglie per non morire di fame hanno dovuto mandare i loro
uomini a Alang, a lavorare nei cantieri.

Panmati è una delle tante vedove che lo abitano è lei a


raccontarci la morte di suo marito.

ITW - Panmati
Mio marito Laljee è morto ad Alang, come tanti altri uomini
del nostro paese. Fu scaraventato a terra da un cavo che si
era staccato da una macchina … è morto dopo poco. Non
avevamo scelta … è andato a lavorare in quel cantiere
perché non riusciva a trovare un altro lavoro.

Mentre parla, Panmati è circondata dalle altre vedove,


alcune giovanissime che hanno perso il loro marito ad
Alang.
Gli uomini che sono riusciti a tornare a casa sono per la
maggior parte feriti, alcuni così gravemente che non
potranno tornare a lavorare. Molti di loro hanno passato
lunghi periodi in ospedale. Sono desiderosi di parlare, di
raccontare l’inferno che per pochi spiccioli (un dollaro al
giorno) sono stati costretti a vivere.
Eppure il tasso di disoccupazione è talmente alto a Gauda
che i giovani continuano a partire per Alang.

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Paneikon © 2009
Satya Sivaram è un giornalista indipendente e un professore
della Canberra University che da anni si batte per i
diritti umani in India. Chiediamo a lui il perché della
situazione in cui versano alcune classi di lavoratori e il
ruolo che i grandi capitali occidentali hanno in questa
vicenda.

SATYA SIVARAMAN –
giornalista e professore
alla Canberra University
Oggi i territori non si
conquistano con le armi
ma con i grandi
investimenti.
Quando le grosse compagnie occidentali riversano i loro
capitali su uno Stato indipendente come L’India è come se
ci fosse uno Tsunami. I governi locali rimangono abbagliati
dall’idea delle risorse future di cui credono potranno
disporre e aprono tutte le porte a questi signori pieni di
soldi … ma è come cavalcare uno Tsunami, è un gioco
pericoloso. Sono in pochi a guadagnarci e tutti gli altri
ne vengono travolti, sommersi.
I grandi capitali distruggono tutto. L’agricoltura è stata
molto danneggiata per esempio, i piccoli agricoltori
Indiani si sono dovuti indebitare per stare al passo… i
centocinquantamila suicidi fra i piccoli proprietari
terrieri negli ultimi quindici anni la dicono lunga sulla
situazione attuale del
paese.
E’ una corsa al ribasso.
L’India compete con la
Cina, la Cina con il
Vietnam, il Vietnam con il
Bangladesh.

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Paneikon © 2009
L’india invoglia i grandi capitali stranieri creando le
cosiddette SEZ, zone speciali di espansione economica, aree
privilegiate con regole ambientali spesso tolleranti,
standard lavorativi bassissimi e diritti umani inesistenti.

Gorai – Stato del Maharashtra.

Un lungo corteo di
persone sfila per le
strade Goari nel
Maharashtra.
E’ la parte finale di una
lunga marcia partita da
Nandigram in Bengala.
Sono uomini e donne, lavoratori che protestano contro la
creazione di una nuova SEZ dedicata all’industria
dell’intrattenimento. Sono soprattutto pescatori e
contadini a cui il governo ha espropriato ettari di terra
per far spazio all’industria straniera, persone che
vivevano dignitosamente del proprio lavoro e che ora non
hanno più nulla su cui contare.

L’attivista indiana Medha Paktar parla alla gente che ha


smesso di marciare e si è radunata intorno ad un palco.
Il concetto di SEZ è anticostituzionale è contro la carta
dei diritti umani che l’India ha approvato sin dalla sua
indipendenza. Queste operazioni sono illegali e
antidemocratiche. L’india ha intrapreso la strada del
capitalismo più sfrenato, che non fa leva su capitali
locali ma quelli senza bandiera.
Noi siamo la terra di Ghandi, equità e giustizia sono le
colonne portanti della nostra costituzione, non possiamo
assistere impotenti …

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Paneikon © 2009
La manifestazione è finita, striscioni e bandiere vengono
ripiegate la gente se ne va. Molti a piedi, qualcuno con la
sua barchetta torna a casa.
Oggi solo il 7% dei lavoratori indiani sono iscritti ad un
sindacato.
Le grande industrie spezzettano il lavoro e lo affidano a
compagnie più piccole sparse per il paese che garantiscono
loro di poter tenere lontani i sindacati.

Alcune volte l’organizzazione del lavoro è addirittura


affidata alla malavita locale che d’accordo con le imprese
si impegna a far rispettare ai lavoratori condizioni e
orari massacranti senza la minima forma di previdenza
sociale o sicurezza. Il minimo salariale è un sogno, i
turni anche di 12/14 ore.

In India si prepara ad essere la terza potenza mondiale


eppure dei suoi 1.100.000 abitanti solo 200.000 vivono in
condizioni decorose. Più di 300.000.000 persone vivono 30
centesimi di dollaro la giorno, un quarto dei bambini è
malnutrito.
L’india è ad un bivio, deve decidere se aiutare i suoi
figli più poveri, oppure se lasciarli indietro …

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Paneikon © 2009

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