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Associazione Ortonese di Storia Patria Quaderno di ricerca storica - agosto 1999 Documenti sul Secondo Settecento in Ortona Patrocinio: a Consiglio Regionale dell'Abruzzo Arcidiocesi Lanciano - Ortona Comune di Ortona Sommario Elio Giannetti - 1765: Borghesia e popolo prendono il sopravvento in Ortona Pag Magda Perini - Scienza e fede nel pensiero e nelle opere di Tommaso Maria Verri Pag. Emilia Polidoro - Tl Seminario di Ortona nel settecento Pag. Antonio Falcone - Attivita commerciali artigianali Pag. Paride Di Lullo - 40 anni per ricostruire la Chiesa di S. Tommaso Pag. Nicola Serafini - Il declino dell'Aristocrazia Pag. Emilia Polidoro - Settecento ortonese e scuola pubblica Pag. Antonia Faleone - Una tapide det 1755 Pag. Elio Giannetti - La bibliografia ortonese del XVIII secolo Pag. Antonio Falcone - I toponimi Pag. Paride Di Lullo - Arte ed artist in Ortona nel ‘700 Pag. Paride Di Lull - I ritrovamenti archeologici del settecento Pag. Documenti da manoscritti della Biblioteca Diocesana "S. Domenico” di Ortona Pag. Document dell'Archivio di Stato di Napoli Pag. Lredditi pid alti nel 1751 Pag Professionisti e impiegati a meta settecento Pag. Barche di Ortona nel 1751 Pag. Vita associ Prefazione L’Associazione ortonese di Storia patria ha curato questo quaderno di ricerca storica sul Secondo Settecento in Ortona, il tema di questo 1999. L’argomento & trattato ampiamente anche nella Mostra nella Chiesa di $, Caterina, aperta dal Tal 21 agosto, Il Secondo Settecento fu un periodo di svolta nella organizzazione civile, politica ed economica in Ortona. Dopo secoli di predominio, le famiglie nobili persero il controllo del Consiglio dell" Universita, che aveva sempre guidato la citta. Nel 1765, venne scelto per sorteggio un Consiglio formato dai tre ceti: nobili, borghesi, popolani, con duc sindaci che dovevano essere sempre uno borghese © uno popolano. Ai nobili rimaneva la pur prestigiosa carica di Mastrogiurato. Sul piano economico, si diffuse molto la coltivazione della vite de vino; com i “‘contratti a vignare” i bracciali, pur con qualche “peso” da pagare alle Chiese, 2 Conventi ¢ a nobili, di fatto erano proprietari delle terre che com le vigne tendevano. Il vino si esportava dal porto, I'unico “costraito™ salle costa abruzzese. Accanto agli articoli sui vari aspetti dell’epoca in Ortona, abbiamo pabblicato documenti pit diversi, tratti dagli Archivi di Stato di Napoli, @ Chieu. di Lanciano, dalla Biblioteca Diocesana e Comunale ¢ da privati. I documenti pubblicati sono esempi, colti tra una massa notevole di “carte” Gisponibili. E” un contributo di ricerca per conoscere un’epoca molio interessante ¢ uno stimolo a ricercare sempre pid e meglio. ~ Amtomio Falcone ener 1765: BORGHESIA E POPOLO PRENDONO IL SOPRAVVENTO IN ORTONA di Elio Giannetti “Nel 1671 Giovancarlo barone Santi, visitatore degli stati Farnesiani, si permise di ordinare, con un Decreto, che il primo sindaco dovesse essere nobile ex origine paterna, ed il secondo anche nobile ex dignitate...”. Da questo decreto prende inizio, secondo Giovanni Bonanni, la disputa tra le famiglie nobili ortonesi per la copertura dei posti di maggior prestigio nell’amministrazione della citta, disputa che durd 32 anni ¢ si concluse con un accordo che riconosceva a 32 famiglie nobili il diritto di veder eletto un proprio componente alla carica di primo Sindaco, Questo accordo, perd, non garanti a lungo la serenita tra i cittadini ortonesi. Infatti la nuova classe: emergente, quella borghese, composta da ricchi commercianti e professionisti, mal sopportava i privilegi di esclusiva competenza della classe nobile che, fra l’altro, andava sempre pil perdendo il predominio economico nei confronti di quelle famiglie che praticavano i commerci, specialmente quelli di mare. Tali rivendicazioni videro schierato anche il terzo ceto che, secondo una memoria a stampa dei patrizi ortonesi, mirava “a introdurre nelle Universita una piena ed abominevole democrazia”. In uno dei tanti ricorsi diretti al re, 47 cittadini del popolo chiesero (Deliberazione del 30 dicembre 1757) che venissero istituite nuove cariche per un.maggior controllo amministrativo “... e che sia inteso anche il Popolo nell’amministrazione del Governo di questa citta acciocché tutte le cose del pubblico abbia andare a dovere per utile di questa Universita ...”. I nobili, naturalmente, resistevano alle richieste del Popolo anche se alcuni di essi ritenevano legittime tali richieste. E’ il caso del barone Armidoro de Sanctis che nella seduta dell’11 dicembre 1760 dichiara “che debbasi condiscendere a far intervenire ne’ pubblici parlamenti 25 0 30 altri cittadini tra civili e del popolo, con condizione perd che questi debbono godere solamente la voce attiva nelle prime cariche, cioé di Camerlengo, Mastrogiurato, e Procure onorifiche, e la voce attiva e passiva per Ualtre cariche ed uffici, perché siccome tutti egualmente soffrono i publici pesi, cosi é anche giustizia che tutti egualmente siano intesi ed abbiano parte nei publici interessi e nell'amministrazione”. L’assenso del re alle richieste avanzate dai borghesi-e dal popolo viene comunicato al marchese Antonio Castiglione, Sovrintendente degli Stati Farnesiani d’ Abruzzo, con dispaccio della Real Segreteria di Stato del 26 marzo 1765 a firma del Segretario di Stato Bemardo Tanucci. Le innovazioni previste dal nuovo regolamento sono per certi versi radicali in quanto per la prima volta vengono messi in discussione i privilegi del ceto nobile ¢ viene concesso il diritto ad accedere alla cariche amministrative dell’Universita al ceto borghese ¢ al popolo. Il marchese Castiglione, appena ricevuto il dispaccio, si affretta a convocare il Consiglio Generale della Citta nel cortile di “questo Ser.mo Real Palazzo Farnesiano, luogo destinato per il presente publico generale Parlamento, coll’intervento del Popolo ... invece del luogo solito, incapace a ricevere una tal moltitudine di Gente per il giorno di domenica prossima ventuno del corrente mese di Aprile del corrente anno 1765 ad ore 17”. Alla riunione partecipano complessivamente 326 cittadini ai quali viene letto dal marchese Antonio Castiglione il dispaccio della Real Segreteria di Stato ¢ la raccomandazione da parte del re, allo stesso Marchese Castiglione, di “procedere alla riforma del Governo economico di questo Publico, ed alla Creazione de nuovi Decurioni di Tre distinti Ceti, che in avvenire rappresentar dovranno il Corpo, el 'autorita di questa intiera Universita”. I nuovo regolamento, articolato in nove punti, prevedeva fra l'altro: - la variazione del numero dei decurioni da 26 a 45; - il Decurionato era diviso in tre classi € cosi ripartito: 15 decurioni al primo ceto (nobili), 15 al secondo ceto (civile), 15 al terzo ceto (popolo); - la durata del decurionato eletto era determinato in cinque anni; - dei due Sindaci, uno doveva appartenere al ceto civile e uno al popolo; = le figure di Camerlengo e Mastrogiurato venivano assegnate al primo ceto; - i due Deputati della Salute dovevano appartencre uno al primo ¢ uno al secondo ceto; - i Razionali (revisori dei conti) potevano appartenere a qualunque ceto ma dovevano essere scelti al di fuori dei Decurioni e non potevano essere parenti degli amministratori; - Vabolizione dell’abuso “che ogni barca peschereccia debba dare mezzo rotolo di pesce ag! ‘amministratori annuali”’. Per quanto riguardava la consuetudine di nominare i Decurioni quali amministratori dei luoghi pii, Cappelle, Confraternite, il nuovo regolamento Io vietava espressamente riservando al Consiglio decurionale la sola facolta di nominare un Procuratore con il solo compito di presiedere le riunioni degli amministratori delle comunita religiose. Alla fine della riunione vengono eletti i 45 Decurioni previsti dal nuovo regolamento e quindi il marchese Castiglione rinvia la seduta al 23 aprile otdinando ai Decurioni di “doversi congregare in presenza di esso Sig. Sopraintendente delegato ad ore 17 nel publico Palazzo dell’Universita, per potersi dal medesimo Sig. Delegato porre nel possesso detti quarantacinque Decurioni”. Alla riunione del 23 aprile furono eletti i nuovi Sindaci, il Camerlengo, il Mastrogiurato e tutte le cariche pubbliche previste dai regolamenti e dalle consuetudini locali. Il ceto nobile, che si era visto privare di una larga fascia di potere, cerca di attenuare la mancanza di prestigio derivante dall’applicazione del nuovo regolamento ma, alla fine, é costretto a fare buon viso a cattivo gioco giacché gli ordini del re sono precisi e abbastanza perentori. Cerca perd di mantenere il suo prestigio se non nella sostanza, almeno nella forma, ¢ alla prima riunione del Consiglio decurionale i suoi rappresentanti occupano sedie di color oro, riservando ai civili sedie semplici e ai popolani semplici banchi. Qualche giorno dopo (11 maggio 1765) arriva da Napoli un Real Dispaccio, a ‘firma di Bernardo Tanucci che scrive a nome del re. II contenuto e il tenore del dispaccio ci fanno capire quanto fosse cambiato i] clima nella Corte di Napoli dove la democrazia prendeva a larghi passi il posto di un’autorita che fino a poco tempo prima era riservata solo a pochi privilegiati. Venuto a conoscenza di come si era svolta la seduta del Consiglio Decurionale di Ortona, il re, infastidito per l’affronto riservato dai nobili agli altri due ceti, rivolgendosi al marchese Castiglione, esprime meraviglia “per quel che da Lei si @ permesso accordando aj Decurioni Nobili sedie colorate con oro aj Nobili, sedie semplici senza colore, e senza doratura ai Civili, e semplici banchi ai Popolani. Essendo questa una distinzione contraria a tutte le leggi, e anche all’uso, e alla prattica di altre simili Universita del Regno, vuole, e Comanda il Ré, che la S. V. Ill.ma in vista del presente subito s’abolisca, e disponga sistema, che tutti j Decurioni del primo, del secondo, e del terzo Ceto sedano egualmente”. Il Marchese di Castiglione, che aveva dovuto subire un timprovero dal re per non aver impedito l’abuso dei decurioni del primo ceto, emette una ordinanza con la quale ribadisce quanto gia disposto dal re, disponendone la trascrizione nel Registro dei Verbali Decurionali: “... aboliamo la distinzione delle sedie & j Decurioni Nobili, aj Civili, ed a i Popolari, e disponiamo, che tutti i Decurioni del primo, secondo e terzo Ceto sedino egualmente, senza che nelle sedie si permetta la minor distinzione, 0 particolarita’. Questa ordinanza, che concedeva pari dignita a tutti i decurioni, metteva fine alle lotte e rivendicazioni che erano iniziate oltre un secolo prima e avviava nella nostra citt4 quel processo di democratizzazione che il popolo francese riusci ad ottenere soltanto con la rivoluzione 24 anni dopo. SCIENZA E FEDE NEL PENSIERO E NELLE OPERE DI TOMMASO MARIA VERRI di Magda Perlini Nella seconda meta del 1700, Ortona ebbe un ruolo importante nel movimento culturale italiano, grazie all’affermarsi, anche nel nostro paese, di una nuova sensibilita, dello spirito critico, del desiderio di riforme, in una esigenza ampia di rinnovamento. Diffusore di queste nuove idee, che costituiscono uno degli aspetti interessanti dell’illuminismo, @ stato Tommaso Maria Verri, studioso del pensiero filosofico del Genovesi, attento alle esigenze della vita civile. Verri nacque ad Archi nel 1743 e mori ad Ortona nel 1814. Studid nel Collegio dei Gesuiti prima e nel Seminario Diocesano di Chieti, dove Portale ‘Casa Palazziata’’ di don Annibale de Sanctis (attuale Palazzo Rosica a Piazza S. Tommaso) insegnd, una volta ordinato sacerdote. Chiamato ad Ortona da monsignor De Dominicis, fu Vicario generale del Vescovo e Rettore del Séminario; educatore brillante per ingegno e apprezzato da tutti per il grande amore per ia cultura, con il quale formé i giovani a lui affidati Verri riclabord in maniera personale e critica le idee del pensiero contemporaneo e le inseri in una visione cristiana della vita; in una integrazione tra cattolicesimo e dottrine scientifiche, in una ammirazione del progresso, nella consapevolezza che il creato rivela la saggezza del suo Creatore. Il pensiero filosofico & contenuto nella unica opera da lui pubblicata, le “Animadversiones criticae in doctissimi clasissimique viri a genuensis elementa metaphisicae”, che raccoglie le sue lezioni. La sua produzione spazia da opere di carattere religioso, opere poetiche, ad opere di contenuto storico-politico. Nel “Breve commentario italiano al Pentateuco” ¢ nelle sei lezioni sulla Bibbia il Verri vuole dimostrare come la Sacra Scrittura, in quanto Parola ispirata da Dio, diventa fonte di verita per Puomo. Nei “Soneit’” riflette sulla potenza infinita di Dio e sulla aspirazione alla saggezza per l’uomo, alimentata da sincero fervore morale. L’impegno civile é presente nelle “Canzoni” di contenuto storico-politico,.in particolare nella canzone in memoria di Carlo III scritta tra il 1778 e il 1798. In essa il Verri esprime la sua apertura alle istanze del rinnovamento promosse dagli intellettuali europei ed alla politica di riforme da essi sollecitata. Egli fa propri i valori della liberta e della dignita dell’uomo e si oppone ad ogni forma di “dispotismo”. L’esaltazione dell’ideale di bellezza, da intendere non solo come armonia di perfezione stilistica, ma soprattutto come traguardo morale lega il Verri al patrimonio della lingua e dello stile della poesia classica. Il vigore espressivo si unisce alla concretezza della esperienza, in un coinvolgimento della persona nella sua integrita. Onesta intellettuale, purezza di fede, interesse per i problemi sociali si fondono in un impegno morale, per la realizzazione di un reale progresso civile. Sono proprio questi elementi, caratterizzanti del Vern e delle sue opere, che fanno di lui un autore attuale anche in questo momento della storia, in un’epoca articolata e complessa ed alla ricerca della Verita, qual é la nostra. IL SEMINARIO DI ORTONA NEL SETTECENTO di Emilia Polidoro Il Concilio di Trento nel suo terzo ed ultimo periodo porté a termine (sessione XXI-XXIV, 1562-63) la dottrina dei sacramenti ¢ in particolare la riforma della Chiesa, esamind in particolare il governo dei vescovi, il conferimento degli ordini sacri, i] dovere di residenza per i rettori di chiese ed altri. Di vasta portata fu il decreto riguardante la erezione dei seminari diocesani per T’educazione e la formazione dei futuri sacerdoti. Il decreto, nella intenzione dei padri conciliari, non doveva compromettere e tanto meno abelire lo studio della teologia nelle Universita, ma inserire una idea di seminario come scuola, chiesa e collegio (K. Bihlmeyer — H. Tuelchle — 3 pag. 323). Quando Giovanni Vespoli Casanatte nel 1675 venne eletto vescovo di Ortona dal papa Clemente X, trovd inutilizzati i beni degli Agostiniani e dei Celestini soppressi nel 1653 con Decreto Inter Coetera. Pensd bene di impegnarli subito per la istituzione di un Seminario in Ortona, che avrebbe potuto disporre di una rendita annua di 750 ducati provenienti da circa 400 ettari di terreno, pit Vampio edificio dell’ex monastero agostiniano, pil ancora un numero rilevante di animali (v. 8. Maria di Costantinopoli in Ortona, monastero celestino. Ortona, 1991). Secondo i decurioni ortonesi invece (v. delibera 11 marzo 1856) il vescovo Bonafaccia fu promotore e sostenitore del seminario ortonese, che poi Vespoli Casanatte avrebbe portato a compimento. In ogni caso il seminario ebbe come sede i] monastero degli agostiniani, ma la frequenza e I'andamento nell'insieme non dovettero procedere molto bene se lo stesso Vespoli Casanatte chiese al Papa nel 1715 che durante il restauro della cattedrale il Seminario restasse chiuso e le relative rendite si spendessero per Vedificio. Ed ecco il perché. In seguito alla morte del canonico D. Tommaso Barisci, il vescovo Casanatte nomind come sostituto D. Giacomo Peresini della terra di Notaresco, ma domiciliato in Ortona in qualita di maestro comunale. Sacerdoti e chierici fecero ricorso al Consiglio Municipale “accid che il pane stabilito dagli antenati non venisse distribuito ai ferestier?”. Il Consiglio apri un contenzioso a Roma, ritird la patente di maestro al Peresini e la concesse al sacerdote Don Nicola Stanzini. Tl Regio uditore della provincia si recd a Campli, dove risiedeva il Vescovo otttenne la conclusione de] dissidio (G. Bonanni, Amministrazione municipale della Citta di Ortona a Mare'sec. XVI-XVIU-XVII). ll Consiglio nella seduta del 28 aprile 1716 abbandond il giudizio, scrisse agli avvocati e al Nunzio Apostolico in Roma, ringrazid il Vescovo e D. Pietro del Pezzo per la composizione pacifica della vertenza. Le sorti del seminario negli anni successivi non migliorarono molto, perché la presenza delle truppe non lasciava possibilita di una vita tranquilla nella zona. Ecco alcuni esempi. Nel 1743 giunsero in Ortona due battaglioni svizzeri di Beffer ¢ altri due di Wirtz, a cui segui nel 1745 il primo battaglione del reggimento regale borbonico. Soldati ¢ ufficiali furono ospiti della vedova di Don Giuseppe Saverio Bernardi e di Don Domenico Corvo, le cui case erano confinanti non solo tra loro, ma anche col seminario. I militari si rifornivano di acqua dalla cisterna di casa Bernardi, poi salivano ai piani superiori, distruggevano soffitte in legno, scardinavano porte ¢ finestre ¢ le bruciavano per riscaldarsi d'inverno. Furono tanti i danni che subi la nobildonna Maria Camilla Bernardi che fu costretta a rivolgersi prima al Consiglio Municipale di Ortona e poi alla Regia udienza di Chieti per ottenere il risarcimento dei danni quantificati in 1500 ducati pid gli affitti di quattro anni. Tutte le richieste, dopo un’opportuna verifica, furono puntualmente accolte. I danni dunque non erano frutto di fantasia (Arch. St. Ch. Regia Ud. Busta XCV fasc. 2976, b. LXIX, fase. 2040- 1760). Secondo Giuseppe Maria Galanti i seminari abruzzesi sono pochi e troppo trascurati, percio molti giovani vanno a studiare in quelli dello stato pontificio (Aquila: 3 seminari: Aquila, Pescina e Civitaducale, Teramo: 3: Teramo, Atri, Penne; Chieti: Chieti, Lanciano, Ortona): A far rifiorire il seminario ortonese ci prova ancora il vescovo Domenico De Dominicis. E ci riesce, soprattutto per merito di Tommaso M. Verri, che a soli 31 anni viene nominato professore di filosofia ¢ successivamente rettore. Egli opera una sintesi originale tra [lluminismo e Cristianesimo, inserisce nel piano di studi oltre il latino, il greco ¢ l’ebraico anche scienza del diritto naturale civile e canonico. Il seminario é frequentato da aspiranti sacerdoti provenienti anche da citta vicine. Infatti un giovane seminarista di Penne dell’eta di 16 anni, colpito da grave malattia, muore il 4 giugno 1786 e viene sepolto in cattedrale (Registro dei morti 1779-1793 — Biblioteca diocesana). Uno degli alunni pit illustri del seminario ortonese é Fulgenzio Lavalle noto scultore ortonese, che a Tommaso M. Verri dedica nel 1837, un monumento andato poi distrutto (La Nuova Fiaccola, 29-11-1928). Il seminario fu definitivamente chiuso nel 1798, come risulta da una lettera dello stesso Tommaso M. Verri inviata al Preside di Chieti, che aveva chiesto informazioni sulle case di educazione presenti in cittd, Questa una parte del testo: “... in questa picciolissima diocesi non esiste nessun collegio, nessun convitto € nessuna casa di educazione, a riserva del solo seminario che fin dall’anno 1798 trovasi chiuso, per essersi voluto da questa Universita convertire in quartiere militare e nel quale non vi sono mai stati né alunni, né piazze franche a disposizione del Governo ...” (borse di studio erogate dallo stato) ... (Arch. St. Ch., Presidato, 6-1). Comunque i decurioni ortonesi ogni volta che nelle varie sedute si occupano dell’argomento riconducono la soppressione o al 1813, anno in cui le rendite del seminario di Ortona furono incorporate a quelle di Lanciano o al 1818, anno del Concordato tra Santa Sede e Regno delle due Sicilic (Ortona. Delibere decurionali 11.e 28 novembre 1843; 11 marzo 1856; 25 aprile 1857). In tutto VOttocento infatti i decurioni conservano sempre vivo il desiderio di riaprire Vantico ¢ prestigioso seminario, ma la diocesi é piccola e ha solo 8 seminaristi a studiare a Lanciano (E. Polidoro, Scuola primaria e secondaria nel territorio ortonese, Ortona 1987, delibere decurionali 10 settembre 1850; 21 giugno 1851; 15 aprile 1855), Una delle parole definitive viene dal Vescovo Giacomo De Vincentiis, il quale sottolinea i criteri fondamentali per la istituzione del seminario: numero dei frequentatori, beni stabili ¢ totale indipendenza dall’autorita civile (Archivio diocesano di Lanciano, 19 novembre 1850). Il giurisdizionalismo va estinguendosi ¢ a fatica va facendosi strada una nuova mentalita. Comunque il prestigio, ricercato dai decurioni ortonesi nel seminario € non ottenuto, viene raggiunto in pieno da una scuola privata legata al nome di Domenico Pugliesi, professore di lettere al seminario di Lanciano ed ex deputato al Parlamento napoletano del 1848. Basta citare i nomi degli alunni ¢ della carriera successiva: Francesco Auriti, deputato, senatore, procuratore generale della Gran Corte di Cassazione in Roma, Francesco Paolo Bruni, rettore del soppresso collegio medico ¢ regio prowveditore agli studi; Gianvincenzo Pellicciotta, letterato, poeta e direttore di due giomali: la Maiella e Monte Amaro; Nicola ¢ Pasquale Castagna, letterati; Filoteo Pellicciotti, noto avvocato; Antonio D’Orazio, poeta (D. Pugliesi a cura di V. Borianni, 1896). ATTIVITA’ COMMERCIALI E ARTIGIANALI di Antonio Falcone Dall’Onciario del 1751, dai documenti contabili delle suore cistercensi di S. Caterina e da altri scritti, possiamo ricostruire in linea di massima la presenza di botteghe situate tutte nell’area centrale di Ortona, all’intemo delle mura. L’Onciario ci indica anche I’entita del valore delle merci della bottega o del commercio. A Porta Caldari c’era una bottega di un “salsicciaro, Carlantonio Ciarcio della Serravalle di Norcia”, di 49 anni; un altro “salsicciaro” pure di Norcia presente in Ortona era Benedetto Cionci. In piazza (forse l’attuale Piazza della Repubblica), una bottega per uso di pizzicaria, con salumi, casci et oglio, con un capitale di 150 ducati, di Filippo Cruciani, pizzicarolo Nella strada grande di Terranova (l’attuale Corso), c’era una bottega con negozio di diverse merci, del magnifico don Gregorio Draghi, di 26 anni, che era anche dottore in legge: 400 ducati impegnati nelle merci ¢ 200 ducati nei grani. Un’altra bottega, piuttosto grande, era nella strada grande di Terravecchia, per la vendita di panini, telerie, ferrarecce, droghe e cera, con un capitale di 420 ducati; il proprietario era il magnifico don Domenico de Mattheis, negotiante di merci varie, Un’ altra bottega di merci era tenuta da Giovanni Mengoni della citta di Ancona di 56 anni, nella publica piazza, non facilmente identificabile. In piazza grande c’era un’altra bottega di merci varie, di Giacobbe Nanni, di 73 anni, con capitale impegnato di 30 ducati in merci ¢ 60 in grano. Nella publica piazza c’erano altre botteghe come quella del falegname Giuseppe Villante di 30 anni, e quella di un orefice, Tommaso Ruggieri di 31 anni. Un altro orefice viene citato dall’Onciario, Giacinto Sabbatini di 52 anni, che esercita la sua professione con il figlio Saverio, anch’egli orefice; la botiega @ in via delli Giudei, ed hanno un capitale di 100 ducati in compravendita di argento eoro. La via delli Giudei, Vattale via Giudea, nel Settecento é una delle pit importanti di Ortona. Ci sono varie botteghe: Donatangelo Primavera ha una bottega di macellaro, Francesco A. Piccomerli, di 53 anni, & negotiante di merci varie, che ammontano a 450 ducati di valore. Vi @ anche un’attivita di confettaro, quella di Simone Romagnolo. Diversi i forni. Forse il pid importante era quello del paneitiere Giuseppe Vita . Colonna, con bottega nella strada grande di Terranova. Nella pubblica piazza cera anche il forno di Giovanni Nasuto della terra di Guardiagrele. Un’attivita forse “turistica” svolgeva probabilmente Tomaso Santuccio che ha in affitto una cantina del Convento di S. Matteo nella strada grande di Terravecchia e “si affitta a diverse persone”. Altro negotiante é Tomaso Pugliese di 31 anni, in Terravecchia, con un capitale di 150 docati, impegnato nel commercio di oglio vino grano ed altre vettovaglie. Altre piccole botteghe erano per i tanti artigiani: sartori, ciabattini o solachianello, o conciapelle, cuscitore, matarazzaro; nel Colle di $. Giacomo, attuale via Cadolini, c’era una Bottega per uso di conceria col caldaro e suoi ordigni, dei canonici Agostino e Pasquale Taffiorelli. Tuttavia, le botteghe che svolgevano anche un ruolo sociale di incontri tra le persone erano le spezierie di medicina. L’Onciario ne cita tre: nella strada maestra (forse i] Corso) c’era quella di Gennaro Bellasante, speziale in medicina, di 57 anni, con capitale impegnato di 50 docati per la sua spezieria. Antonio Cavallini di 55 anni aveva invece la sua spezieria di medicina in piazza grande, con 60 docati impegnati Un’altra bottega di spezieria era in publica piazza (forse Piazza della Repubblica) che operé per tutto il secondo Settecento; apparteneva a Giosafatto del Gengo di 27 anni, di Chieti, sposato a Felicia Anna Valignani, con ducati impegnati 50. Aveva un rapporto particolare con il Convento cistercense di S Caterina, per cui forniva medicine a prezzo scontato alle suore, in cambio dell’ affitto dei locali. Fuori delle mura, oltre alle attivita agricole, quelle artigianali erano le fornaci concentrate nella zona,dei Saraceni; una apparteneva a Bonomo Ciampoli, fornacaro di 56 anni, altre appartenevano a Carlo Nervegna di 62 anni e a suo figlio Leonardo di 23 anni, che pagavano un affitto al Convento di S. Caterina. Altra fornace era di Tomaso Ciampoli di 38 anni. Nella zona di S. Leonardo, in contrada Pozzolana, esisteva una cava di pietre che spesso venivano portate in Ortona via mare. C’erano poi i molini a acqua per macinare grano. Due esistevano in zona di Abruzzini di $. Leonardo, lungo il Fosso del Molino, di proprieta dell’ Abate Filippo Valignani di Chieti, che dimorava nella casa palazziata di don Pietro Corvi. Altri molini erano lungo |’Arielli; uno, di proprieta di Tomaso de Pizzis, era a Passo di Civita. I rrappeti per macinar olive erano in genere a piano terra dei palazzi della citta. Nella zona del porto, oltre i magazzini per i traffici, c’era una conceria diruta del marchese Giacomo de Pizzis. 40 ANNI PER RICOSTRUIRE LA CHIESA DIS. TOMMASO di Paride Di Lullo II XVIII secolo fu anche l’epoca di una radicale trasformazione della Basilica di S. Tommaso Apostolo. La bella volta, o meglio — a detta del de Lectis- la “ ... miracolosa lamia, delle quali credo che in Italia ce ne siano poche pitt mirabili, e questa pare che V'aere miracolosamente la sostenga ...”, costruita dopo l’incendio dei turchi del 1566, agli inizi del ‘700 mostrd chiari segni di cedimento, probabilmente a causa delle gravi lesioni sorte a seguito delle forti scosse di terremoto del 1703. Tra la fine del primo decennio ¢ l’inizio del secondo decennio del ‘700, queste lesioni divennero man mano sempre pili pericolose causando, secondo il manoscritto de Pizzis, il crollo di parte della volta verso la porta d’ingresso. E forse proprio a seguito del crollo che il problema, in tutta la sua gravita, giunge sui banchi del consiglio dei decurioni: “Si propone alle SS. VV. come essendosi Jatta riconoscere Ia lamia maggiore della Chiesa Cattedrale del nostro Protettore S. Tommaso Apostolo, la quale si ritrova ruinosa, e cadente, é stato giudicato di darci un pronto riparo, e sollecito ... “ (verbale del 19 luglio 1713). La condizione statica dell’edificio € dunque precaria, urgono interventi immediati ma mancano i fondi. Gli amministratori cominciano quindi a reperire i ducati necessari in tutti i modi possibili per la ‘'... compra de materiali per dar principio alla detta riparatione ...”. Alla direzione dei lavori venne chiamato architetto e stuccatore lombardo Giovanni Battista Gianni o Ginni, attivo in diverse localita della provincia e gia presente in Ortona per alcuni lavori alla chiesa di S. Caterina. Il Gianni, rispettando l'imposizione di“... non mutare la cappella del nostro Glorioso Apostolo S. Tommaso, di non indurre pregiuditio al campanile, e di non variare la tribuna canonicale....” redasse il suo progetto di restauro “... che riusci di sodisfattione Universale ...” consentendo quindi l’inizio dei lavori. Nella seduta decurionale dell’8 luglio 1719, quando il lavoro era “... ridotto quasi nella meta nella guisa che apparisce”, alcuni decurioni fecero delle “osservazioni” al progetto Gianni, rilevando “... che la chiesa non venga disposta colla dovuta simmetria, a riguardo della cupola designata verso il fine di essa ...” & siccome in citta era capitato l’architetto milanese Carlo Buratti, si chiese una sua consulenza in proposito. Intanto i lavori erano stati sospesi. Nella sua relazione il Buratti “... stimd, che si dovesse riformare dalla parte inferiore dell'istessa chiesa, ordinando come tali, per li quali li fondamenti fatti col disegno del Ginni vengono a restar perduti con una nuova, e grande spesa per buttare altri fondamenti, atti a sostenere le nove colonne, o Arcate da lui designate, colla mutazione della parte dell'istessa chiesa, che corrisponde al Piano ...”. I decurioni furono quindi invitati a scegliere tra i due progetti “... Jasciandosi alla loro consideratione di ponderare che ... l’avanzamento della spesa che hoggi perdendosi col riformato disegno, ci costituisce in necessita di raddoppiarla, et in conseguenza di portare in lungo la Ristrutturazione tanto desiderata, perché in quanto alla Cuppola, che guasti la simmetria nella parte inferiore perd ( ... ), et facendosi in luogo di essa una tazza o proportione, si rimedierebbe la sconvenienza ...”. Nasce quindi I’idea della cupola a tazza. Sulla base di queste considerazioni, il Consiglio dei decurioni decise di proseguire la “fabrica” secondo il disegno di Gianni, e realizzare la cupola a tazza come si osservava sino al dicembre 1943. I lavori, quindi, riprescro, ma procedevano molto lentamente e solo per alcuni periodi. La Cattedrale tuttavia veniva profondamente trasformata con modifiche della volta, la creazione delle strutture atte a sorreggere la volta stessa, la “tazza”, la facciata ¢ la creazione del secondo campanile. Nell’agosto del 1731, infatti, il Capomastro della Fabrica di detta Chiesa Pietro Antonio Angostone (o Augustone) fu chiamato a verificare la possibilita di continuare il rivestimento a mattoni, iniziato nel 1688, dell’antica torre dell’orologio, ormai in precarie condizioni statiche. L’Angostone esegui la sua perizia, ma constatd che la stabilita della parte pitt alta dell’antica torre era ormai compromessa. Non convinti di cid i Sindaci chiamarono da Penne mastro Domenico Poma “espertissimo Architetto, e fabricatore milanese”, per una ulteriore verifica. L’esito del sopralluogo fu perd identico, anzi Varchitetto Poma “... minutamente riconoscevasi tutta la Fabrica, col passeggiarvi esso cosi dentro, che fuori, ha ritrovata in peggior stato di quello che era stata descritta dal Capomastro, non dando alcuna speranza ne colla Scarpa, ne con qualunque altro riparo al di dentro di potersi pit mantenere in piedi il mentovato campanile, ma d'esser indispensabilmente necessario di demolire il detto Tamburro, 0 Piramide, o sia guglia con Valtra fabrica sotto d'essa per fine a dove si stimarra opportuno per evitare il principio imminente, et il danno notabilissimo, che potrebbe apportare alla chiesa, e Fabriche vicino ...”. La torre dell’orologio viene cosi abbassata, la guglia visibile in tutte le piante di Ortona viene demolita e le campane vengono trasferite nel secondo campanile eretto probabilemnte in quell’occasione, forse su una struttura pid piccola gia esistente. Questi ed altri lavori imprevisti facevano comunque lievitare le spese, tanto che nella seduta del 16 marzo 1739 si legge che “a fabrica della Chiesa per li grossi debiti contratti con Maestri Fabricatori non possa ridursi alla meditata perfetione ...” ed ancora che all’ epoca la chiesa era “... non solamente mezza rustica, et imperfetta, ma anche contraria ad ogni buon ordine di perfetta architettura, co’ stupore di qualunque Forastiere Spettatore ...”, pertanto si decide di destinare alcuni introiti “alla detta fabrica della chiesa, che sta imminente a riprincipiarsi altrimenti sarebbe cosa impossibile di vederla proseguita, nonché terminata a nostri tempi ...”. Ma nonostante le buone intenzioni, le opere procedevano a passo di lumaca. II 13 gennaio 1750, il consiglio torna sull’argomento: “... per il proseguimento, e fine della gran fabrica in essa fattasi, la quale non pud ridursi al bramato fine, et alla dovuta perfettione per la diversita de’ pareri, che regnano in questa nostra Citta, ed intanto sono passati gl'anni senza farsene parola, nonche venirsi all’effetuatione di essa, restando la detta fabrica tuttavia imperfetta...”. Il problema era sempre il solito: alcuni cittadini, approfittando dei lavori in corso, volevano modificare l’assetto della chiesa. Fu proposto allora di far venire in Ortona un “buon architetto ingegnere” da Roma, Milano 0 Napoli, ma valutato il costo di una tal consulenza, stimato intorno ai 200-300 ducati, si decise di far redigere da un architetto locale —probabilmente Michele Clerici- tre disegni della cattedrale, di cui uno da conservare in archivio, e due da inviare rispettivamente al Marchese Ascolese a Roma, e l’altro a Giuseppe Bernardi a Napoli, “... per farla cosiderare, da uno delli primi Architetti, o Ingegneri, che vi sono in dette due Principali Citta ...”, e sulla base delle indicazioni di questi ultimi “mettersi il tutto in pronta esecuzione, e proseguire, e Jinire ia detta Chiesa a Gloria di Dio...”. L’ipotesi di un nuovo assetto non era perd condiviso dalla famiglia de Pizzis, che temendo di vedere demolita 1a loro cappella gentilizia avevano inoltrato ricorso. Nel frattempo tomarono in Ortona le risposte degli architetti interpellati a Napoli ¢ a Roma, che furono analizzate e discusse nel consiglio del 2 giugno 1750: “... ritornati in questa Citta li pareri di detti Architetti, si son trovati contrarij I'uno all’altro. Che peré furono i di loro disegni, e pareri portati all'Ill.mo Mons. Vescovo, per sentire il suo parere sopra la contrarieta de 13 sudetti Architetti egli rispose di non approvare ne I'uno, ne laltro, ma che la chiesa si lasciasse come se trovava’’. L’edificio quindi andava terminato come stabilito fin dall’inizio, ma almeno la facciata andava rifatta. Ma solo tre anni dopo, nel 1753, fu commissionato il disegno —sicuramente a Michele Clerici che in quegli anni operava spesso in Ortona- del nuovo fronte principale, approvato poi durante la seduta del 15 agosto dello stesso.anno: “... dalli Sig. Proc. E Deputati del Venerabile Edificio di S. Tommaso Apostolo ci é stato passato il disegno del compimento della nuova Facciata, e della nuova Porta detto Santo Apostolo nella parte del Piano che intendono proseguire in conformita del disegno, che loro Sig. vedranno; Pertanto risolvino. II parere de Sig. Sindici ¢, che trovandosi gid fatta la meta di detta facciata, si debba quella proseguire prima d’ogni altra opera, che dovra farsi dentro la detta Chiesa, considerandosi la detta Facciata essere di maggior decoro di questa nostra Citta, e dell’istessa chiesa, tanto maggiormente, che quella trovasi gia principiata, e fata quasi la meta, non sarebbe convenevole di tener rustico il restante, ma doversi tutto ridurre alla totale perfettione...”. © Dopo circa 40 anni i lavori volgevano dunque a conclusione. La facciata principale assumeva la forma visibile fino all’ ultimo conflitto mondiale, mentre all’interno, anche con il concorso delle principali famiglie, pian piano venivano eseguiti i lavori di ormamento. La chiesa esteriormente si era mutata radicalmente, con l’abbassamento della Torre dell’Orologio, la nascita di un nuovo campanile, una nuova facciata, e soprattutto con la realizzazione di una caratteristica cupola a tazza che sostituiva la lamia tanto cara al de Lectis. eee 4g Palazzo Vescovile, Secondo Settecento IL DECLINO DELL’ ARISTOCRAZIA di Nicola Serafini Il Settecento ortonese é stato caratterizzato dalla decadenza, parzialmente economica a vantaggio di chiese e conventi, ma certamente politico-culturale di quel ceto oligarchico composto dalle residue famiglie dell’antica nobiltd originaria, ossia feudale. Quei casati — de Pizzis, de Sanctis, Bernardi, de Thinis e de Letto — formavano una specie di “pentapartito” nel governo della cosa pubblica, almeno fino alla seconda meta del XVII secolo. Infatti nel 1671 iniziarono i primi conflitti di preminenza tra le famiglie nobili quelle borghesi, seguiti, di li a poco, da controversie che coinvolsero il Duca di Parma, |’ Universita (Municipalita), il Governatore, i sindici ed alcuni decurioni (consiglieri) ¢ cittadini ortonesi. A nulla valse la chiusura aristocratica perpetrata sul finire del ‘600, se il dissidio tra le famiglie regimentarie riesplose pid cruento proprio agli inizi del Settecento e -salvo una tregua nel 1742- aggravato dalla rivolta popolare per il pane del 1764, si risolse l’anno seguente, auspice il Segretario di Stato Tanucci, con la riforma strutturale del Decurionato, che tornava democraticamente suddiviso in tre ceti: il Primo comprendente sia le famiglie nobili ex origine che quelle nobili ex dignitate, il Secondo dei Civili costituito da medici, notai, giudici ai contratti e dalla recente borghesia ¢ finalmente il Terzo Ceto del Popolo. Ma esaminiamo, sommariamente, le vicissitudini degli ultimi esponenti delle antiche casate nobiliari presenti ancora ne] ‘700 in Ortona. Il secolo non era iniziato nel migliore dei modi per i de Pizzis, che pure avevano ottenuto il titolo marchionale sul feudo di San Martino (sulla Marrucina) e conservato quello baronale su Filetto. Impelagati nelle lotte preminenziali, mal sopportati dal clero e dalla cittadinanza per alcuni loro atteggiamenti arroganti, si videro, nel 1703 contestare l’affresco di uno stemma sulla volta dell’androne del proprio palazzo, poiché recava anche le armi dei duchi Celaja di Canosa ¢ dei marchesi Alfieri di Poggio Picenze, il tutto sormontato da una corona principesca. Sicuramente queste ripicche tra famiglie pit o meno nobili si inserivano nelle suddette lotte per il governo della citta, dissapori conditi, appunto, anche da atti vandalici contro gli stemmi nobiliari in Cattedrale e da furti di documenti comprovanti nobilta. Inoltre i Marchesi nel 1717 si videro rifiutati come Cavalieri nel rigido ed esclusivo Ordine di Malta e questa bocciatura la dice lunga sull’effettivo status della nobilté ortonese. Infine, come se non bastasse, i de Pizzis si erano messi in urto anche con il novello Presule, Mons. Falconio, per la costruzione di un loggiato con due torrette ‘laterali nella parte del proprio palazzo confinante con le mura della Cattedrale. L’8 giugno 1720 il Vescovo di Ortona li ammoniva, pena la scomunica, di procedere alla demolizione del nuovo manufatto, mettendo in dubbio il diritto del casato ad avere la propria abitazione attaccata dalle fondamenta alla Cattedrale. Evidentemente con tale provvedimento si voleva colpire anche il privilegio dei de Pizzis ad affacciarsi da una finestrella, per le orazioni, direttamente in Chiesa. I proprietari del palazzo non si persero d’animo, ricorsero alla Sacra Congregazione di Roma, ed almeno in questo caso ebbero partita vinta. Nella meta del secolo, la famiglia era divisa in due rami: di Tommaso ¢ del marchese Giacomo. II primo abita in casa propria palazziata, sita in contrada di S. Pietro (all’incirca tra gli attuali Largo Farnese e Corso Garibaldi; nel 1782 una frana di notevoli proporzioni interessd proprio quell’area), palazzo, oggi, sicuramente scomparso. I] marchese, invece, abita in casa propria palazziata con cortile e cisterna d’acqua, sita nella strada grande di Terravecchia, contigua alla chiesa cattedrale, si tratta del palazzo avito gia citato ¢ tuttora esistente, anche se completamente modificato. I due rami de Pizzis, possedevano, inoltre, un Villino attiguo alla chiesa del Carmine, diverse abitazioni dentro e fuori le mura, magazzini, un mulino sull’Arielli e notevoli appezzamenti di terreno, comprese Villa S. Nicola (con la chiesa omonima) ¢ Villa Bravari. In quel periodo, 1a personalita culturalmente di spicco risultava essere ancora l’anziano abate Tommaso, Suddelegato Apostolico contro i Simoniaci, dimorante a Napoli ed erudito cultore di materie storico-letterarie (“La Gara delle Muse”, Napoli 1747), oltre che noto estensore di memorie familiari. Allo scadere del secolo, un'altra guerelle vide protagonisti i de Pizzis ed il Capitolo della Cattedrale. Il nobile casato nel 1645 aveva istituito l’Arcidiaconato, ovvero la prima dignita in seno al Capitolo, e la tenne per sé sino all’estinzione, tanto che una delle ultime rampolle, la marchesa Antonia sposata al barone Benedetti di Coppito, pretendeva di arrogarsi il diritto di nomina del nuovo arcidiacono essendosi estinta la linea maschile del suo casato. Anche i de Sanctis uscivano malconci dal XVII secolo, un loro esponente infatti, Andrea Matteo castellano di Ortona, nel 1680 era stato incriminato di furto di armi. Ma in compenso iniziavano meglio quello entrante, separandosi nettamente, durante le lotte preminenziali, dalle altre famiglie nobili originarie e assumendo una posizione di imparzialita, addirittura uno dei tre rami in cui i] casato era diviso, quello rappresentato da Francesco veniva annoverato tra le famiglie nobili ex dignitate (borghesi). I de Sanctis, nella’meta del ‘700, risultavano ancora suddivisi nei tre rami citati. Quello baronale di Andrea Matteo (1697-1755, la cui lapide tombale trovasi affissa sotto il portico della 16 Chiesa della SS. Trinita al Cimitero), dimorante in una casa palazziata di propria abitazione con due cortili e cisterna d’acqua, sita in strada grande di Terravecchia, giusta d’avanti la strada maestra, da dietro la strada Bonelli, da un lato la casa del R.do Giuseppe Zuccaro, dall'altro lato la casa dell'Edificio di S. Tomaso Ap. (\’attuale Palazzo Grilli in Corso Matteotti); ma il barone, negli stessi anni provvedeva al restauro dell’antico palazzo di famiglia, di cui si pud ancora ammirare il bel portale quasi di fronte alla Torre dei Riccardi. L’altro ramo nobile rappresentato dai fratelli Giuseppe, Pietro, Gaetano, Nicola e Silvestro, possiede una casa propria sita in contrada del Piano di San Tommaso, & la casa dove si spense madama Margarita d’ Austria (1586), ma gia alla fine del secolo risultava divisa con la famiglia Mancini, attuale proprietaria. Il ramo, diciamo borghese, era invece rappresentato da Annibale ed abita in casa palazziata con cortile e cisterna d'acqua, sito nel piano di S. Tomaso Ap., confinante d'avanti il detto Piano, da dietro le strade publiche, e dall’altro it Magnifico Don Nicola de Letto (1’attuale Palazzo Rosica sulla Piazza). Inoltre, complessivamente, i de Sanctis possedevano alcune case dentro e fuori le mura, una cantina con vasca di pietra, un giardino e vasti appezzamenti di terreno compreso il Piano de Sanctis tra le attuali Vie Monte Maiella, Roma e Giro degli Ulivi. Dalla seconda meta del ‘700 fino agli inizi del secolo seguente la figura pitt rilevante del casato risulta essere senza dubbio quella di Gaetano Armidoro. Nacque nel 1731 dal barone Andrea Matteo e da Anna Leognani- Ferramosca Patrizia Capuana, e Baronessa di Civita Aquale (discendente del famoso Ettore protagonista della disfida di Barletta nel 1503). Armidoro entrd a far parte del Consiglio dei Decurioni nel 1759 e l’anno dopo gia si fece notare per il suo spirito democratico affermando che debbasi condiscendere a far intervenire ne’ pubblici Parlamenti 25 0 30 altri cittadini tra civile e del popolo .. perché siccome tutti egualmente soffrono i pubblici pesi, cosi é@ anche giustizia che tutti egualmente siano intesi ed abbiano parte nei pubblici interessi e nell’amministrazione. Veramente lui qualche privilegio ce l’aveva se nel 1797, in qualita di Cavaliere dell’Ordine Costantiniano di S. Giorgio, tisultava esente dal peso catastale, per gli statuti di detto Ordine. Ma V’immagine che noi ortonesi dobbiamo ricordare del barone Armidoro é quella dell’uomo-chiave durante la sommossa antifrancese del 1799, Né giacobino né sanfedista, fu l’organizzatore di una rivolta di stampo municipalistico. Tra gli altri de Sanctis impegnati nel tumulto troviamo i due figli di Annibale, Giovanni: e Ignazio, rispettivamente capitano ¢ tenente della Guardia Civica, yennero carcerati e poi indultati. Anche Armidoro subi la stessa sorte, mentre Luigi de Sanctis che con lui era stato membro della Municipalita durante quei giorni tragici subi tre anni d’esilio. Armidoro, destinato tra gli altri a ricevere 7 Re Giuseppe Bonaparte nel 1807, perse il titolo baronale e si spense nel secondo decennio dell’800. Agli inizi del ‘700 i Bernardi erano divisi in tre rami, uno di questi si estinse nel 1725 con l’avvocato Giacomo Antonio. Doveva essere una famiglia molto litigiosa al suo interno se uno dei tre rami nel 1713 aveva abbandonato I’avito palazzo in Terravecchia spostandosi nell’altro, seicentesco, ancora visibile lungo Corso Vittorio Emanuele, e dove si estinse con Porzia nel 1820. Questo ramo affittd la propria parte dell’antico palazzo abbandonata alle truppe di passaggio e, nel 1780, con la torre duecentesca, fu venduta ai marchesi Salzano- de Luna, per poi passare agli inizi dell’800 ai conti Baglioni. Nella met del “700 i due rami superstiti, quello di Camilla e di Tommaso, quest’ultimo ancora dimorante nell’avito palazzo nel rione di Terravecchia, confinante colli beni del Seminario, della Magnifica Donna Maria Camilla Bernardi, d’avanti le strade pubbliche, ed altri confini, e sotto di esso palazzo vi é un orticino per uso proprio, possedevano inoltre diverse abitazioni dentro e fuori le mura, due botteghe, una cantina con vasca di pietra, un giardino, un orto, una stalla, un mulino sull’Arielli ¢ due barche da pesca ed infine vastissimi possedimenti di terreno comprese Villa S. Elena (con la chiesa omonima e la torre) ¢ Villa Grande (con la Chiesa di S. Antonio) in comune col Monastero di Santa Caterina. Nel 1769 dal matrimonio di Francesco Bernardi con Maria Teresa Patrizii di Montorio baronessa di Montepagano, vide la luce Tommaso — capostipite del ramo Bernardi-Patrizii — avvocato, giudice in Ortona, ufficiale di cavalleria agli ordini del Generale Murat e comandante della piazza militare di Ortona nel 1809; si spense nel 1815. Un altro Bernardi, Giuseppe presidente della Municipalita creata dai Francesi nel 1799, fu condannato a 4 anni di esilio. L’antico palazzo Bernardi in Terravecchia, che sorgeva a fianco al Convento degli Agostiniani (poi Seminario Vescovile) e che aveva ospitato nel ‘500 i Principi de Lannoy feudatari di Ortona, venne parzialmente distrutto nel corso dell’ultimo contflitto bellico. Per quanto riguarda i de Thinis ¢ i de Letto nel Settecento vi & ben poco da dire. Dei primi, dei diversi rami, nella meta del secolo ne sopravviveva solo uno rappresentato da Domenico che abita in casa propria palazziata, con cortile e cisterna d'acqua, sita nel Piano di S. Tomaso Ap., giusta d‘avanti detto Piano, da dietro e da due lati le strade publiche, proprietario anche di diverse case, un forno, una bottega, un orto e pochi ettari di terreno. I secondi invece erano stati tanto nobili nel Medio Evo, quanto erano decaduti nel ‘700, oltre che sprovvisti culturalmente visto che uno di loro, Carlo, nel 1707 non era stato eletto ad una pubblica carica perché analfabeta. La loro situazione finanziaria non migliord alla meta del secolo, visto che Nicola abitante in casa propria palazziata, con 18 cortile e cisterna d'acqua, sita nel Piano di S. Tomaso Ap., giusta li beni del Magnifico Don Annibale de Sanctis e da tre lati le strade publiche, possedeva solo una casetta e pochi ettari di terreno (rispetto agli altri nobili, ovviamente). Inoltre, alla fine del secolo fu pure costretto ad affittare il palazzo avito. Palazzo de Thinis occupava la meta dell’attuale Piazza S. Tommaso, mentre Palazzo de Letto era situato a fianco dell’attuale Palazzo Rosica. Entrambi sono stati completamente distrutti durante gli ultimi eventi bellici. In conclusione, gia dopo l’esilio dei Riccardi (inizi XVI sec.), l’aristocrazia locale non fu pid in grado di risollevarsi, di rendersi autonoma, dibattuta tra Vopportunismo, rivelatosi controproducente, dei de Pizzis ¢ il servilismo dei vari Bemardi, de Sanctis, de Thinis, de Apruzzo e Quatrari (questi ultimi casati estinti nel XVII sec.) nei riguardi dei Lannoy (1526-1582) prima e dei Farnese (1582-1734) dopo. E non c*é da stupirsi se la nobilté originaria non seppe emanciparsi e, ormai in via di estinzione, nel 1765 dovette cedere le redini del govemo locale al ceto sociale in ascesa: la ricca borghesia mercantile. Era ormai barricata dietro un blasone sbiadito. Se politicamente tra i nobili, nella seconda meta del ‘700, come s’é detto, l’unico personaggio degno di rilievo era Armidoro de Sanctis, culturalmente parlando |’unico riferimento invece era ancora l’anziano abate Tommaso de Pizzis, troppo legato alla capitale partenopea. Nessun’aliro. Infatti alla fine del secolo, la punta di diamante della cultura ortonese cra certamente Mons. Tommaso Maria Verri, filosofo e letterato, non ortonese. Nostri concittadini erano invece Giuseppe Antonio de Fabritiis, autore di opere di argomento religioso (1702 - 1713), e Mons. Giuseppe Antonio Bucciarelli, memorialista degli eventi del °99, esponenti di antiche famiglie, ma non nobili. Oggi dei nobili originari resta ben poco, solo qualche edificio risparmiato dalla guerra e pure rimaneggiato. Nella Cattedrale i restauri agli inizi del ‘700 fecero scomparire diverse cappelle gentilizie con le lapidi sepolecrali, gli antichi-epitaffi ed i sedili di distinzione. Scomparvero anche le armi scolpite lungo la navata centrale. I nobili accusarono di questo sopruso il Capitolo ¢ le famiglie borghesi, allora in ascesa. Nel 1833, con il rialzo del pavimento della Basilica, le antiche memorie patrizie sparirono definitivamente. Restano solo tre lapidi, due (del 1504 e del 1556) in quella che fu una delle Cappelle dei de Sanctis ed una (del 1604) dei de Pizzis proveniente dalla Cappellina dell’Immacolata Concezione distrutta nel 1968. La nobilta originaria ortonese ospito monarchi napoletani, principesse austriache e duchi spagnoli, clargi somme ingenti per la costruzione o il restauro di chiese e conventi che poi abbelli con la sua committenza artistica. Govemd la citta prendendo decisioni importanti in momenti difficili, ma anche facendo, all’ occorrenza, i propri_ interessi economici: nihil sub sole novum, Attualmente queste famiglie non sono pii tra noi. I de Pizzis ed i de Letto si estinsero proprio alla fine del ‘700, i de Sanctis risiedettero in Ortona fino all’Unita, mentre l’ultima de Thinis si spense nel 1907. Il ramo Bernardi- Patrizii si ¢ stabilito a Roma agli inizi del secolo. Ma nella capitale risiede anche un Armidoro de Sanctis, i cui avi erano originari della provincia di Chieti. Si tratta forse di un discendente dell’omonimo personaggio ortonese. SETTECENTO ORTONESE E SCUOLA PUBBLICA di Emilia Polidoro Il Settecento abruzzese é caratterizzato da scontri militari, repressioni ¢ saccheggi dovuti a passaggi di truppe per le guerre di successione, rivolte per fame o insurrezioni contro le istituzioni politiche. A Ortona le truppe sono presenti nel 1708, nel 1716, nel 1734, nel 1742 fino al 1748, come risulta da varie fonti archivistiche, quali la Regia Udienza e da storiografi locali, quali Bonanni ed altri, Ogni volta c’erano spese da affrontare, danni da riparare, campagne devastate da bonificare e rendere nuovamente produttive. Solo con Carlo III di Borbone, divenuto re delle Due Sicilie nel 1734 ¢ re di Spagna nel 1759, ha inizio una certa evoluzione politico-sociale e amministrativa del regno. Il re & fiancheggiato da una borghesia pit consapevole e da una classe intellettuale aperta alle nuove istanze. In Abruzzo, perd, la cultura illuministica si respira solo nella seconda meta del ‘700. Si allontana l’eco delle truppe, nei centri urbani i pochi intellettuali locali, in maggior parte preti ¢ seminaristi, riescono a trovare la possibilita di sintesi tra illuminismo e cristianesimo sul nodo del cosmopolitismo, inteso come fratellanza universale, che accomuna clerici ¢ colti, indipendentemente dalla fede politica o religiosa a cui essi appartengono. Giuseppe Maria Galanti (1743-1806), discepolo di Antonio Genovesi, & autore di uno studio, documentato ¢ polemico, sulle ingiustizie di origine feudale, che inceppano la vita economica e sociale. Secondo Iui il Regno é ormai, con i Borboni, avviato felicemente al superamento di tutte le disparita sociali. In una 20 telazione del 25 marzo 1792 a Ferdinando IV, sottolinea che in Abruzzo mancano le scuole e proliferano le confraternite. In realta scuole, seminari e confraternite rappresentano quasi lo stesso volto nel panorama abruzzese e ortonese. Le scuole fin dalla fine del 1600 erano affidate a Gesuiti ¢ Scolopi, monasteri ed episcopi. | " In particolare la congregazione delle Scuole Pie, fondata a Roma da S. Giuseppe Calasanzio e dichiarata Ordine nel 1621, aveva come obicttivo primario |’educazione ¢ l’istruzione dei giovani. Per tutto il Settecento ogni governo municipale fa a gara per avere presso di sé almeno qualche rappresentante. dell’Ordine, soprattutto dopo l’espulsione dei Gesuiti dall’ Abruzzo nel 1767. Proprio in quegli anni 1’Universita di Napoli istituisce la prima cattedra di economia politica ¢ chiama a reggerla il professor Antonio Genovesi il quale, infrangendo ogni consuetudine, offre agli studenti le proprie lezioni in italiano e non in latino. Inoltre prepara, dietro incarico regale, un vasto progetto di istruzione pubblica, che mira ad elevare culturalmente le classi popolari. Nel quadro di una riforma economica, che tende ad eliminare tanto i privilegi baronali ed ecclesiastici quanto le terre improduttive, propone |’obbligatorieta dell’istruzione elementare, difende I’utilita della storia e delle scienze, sostiene infine la funzione sociale delle lettere. L’insegnamento di Genovesi genera un fermento innovatore straordinario, fatto talora di utopia o semplice ansia riformistica. Purtroppo, dopo 1a sua morte nel 1769, nessuna delle idee da lui concepite diviene concreta pratica quotidiana, Le uniche forme di legislazione e controllo centrale restano alcune giunte ¢ V’Azienda di Educazione, che si limita a riportare lettere di risoluzioni reali e a dare qualche borsa di studio (piazza franca). Ogni decurionato continua per la sua strada, cerca quando pué I'intesa con il Vescovo, addirittura interviene negli affari ecclesiastici, cadendo in un bieco giurisdizionalismo. I nobili si pagano il pedagogo in casa. A Ortona infatti si verifica quanto succede un po’ in tutto il Regno, ma con qualche privilegio in pitt, essa dispone di una sede vescovile e di un seminario. Nella prima meta del secolo, quando il Seminario ¢ in crisi per le truppe, i decurioni tentano di far venire gli Scolopi. A tentativo non riuscito, cercano altre strade, accordi cioé con il Vescovo. Lui dovra fornire i maestri, di solito sacerdoti, che garantiscono diligenza e integrita morale. Il decurionato assicura un sussidio annuo attinto dalla gabella della farina, un alloggio per il maestro, un edificio per gli scolari. I] fondo, perd, non é garantito per sempre, perché le entrate sono condizionate in modo negativo da morbi e 2 carestic, Se le spese sono insostenibili, il primo taglio si abbatte sulla scuola, che ritorna a disposizione dell’autorita religiosa. Tre nobili cittadini ortonesi: Giovanni Gervasoni, Zaccaria Berardi e Tommaso Caraceni si offrono di riparare a loro spese il mulino comunale del Foro per rimpinguare i] fondo destinato alla “Scola Publica”, ma devono superare non poche difficolta. Uno dei Sindaci (1742) si rifiuta perfino di firmare la supplica al Re, ma resta in minoranza e la votazione passa. Se poi la supplica abbia raggiunto il Re e se lui abbia risposto con una sua risoluzione é un altro discorso, purtroppo da verificare nel fondo archivistico di qualche segreteria, dell’azienda per l’educazione o in qualche archivio episcopale. In ogni caso la Scuola, pur con i limiti, tagli ¢ problemi ad essa connessi, insegna quasi le stesse discipline dei seminari: grammatica, umanita, retorica, filosofia e continua a funzionare. Infatti l’Onciario del 1751 registra i seguenti studenti: Giovanni Baitista Margiotti di 10 anni, clerico studente, fighio di Mattia Margiotti, calzolaio; Vincenzo Castiglione, studente di 15 anni, figlio di Tommaso Castiglione; ‘Donato Ferro, scolaro a 14 anni, figlio di Tommaso, vasaro; Donato Nicodemo, studente di 20 anni, figlio di Tomaso, giudice a contratti; Donato Cavallini, studente a 18 anni, figlio di Tommaso Antonio Cavallini che vive “del suo”; Tomaso di 17 anni, Berardino di 13 anni, studenti, figli di Vincenzo Rossi, camparolo; Ferdinando di 15 anni, ‘‘studente maggiore”’, figlio di Antonio Costantino, misuratore di sali; Tomaso, 17 anni, studente e Antonio di 14 anni scolaro figli di Bonomo Ciampoli, fornaciaro; Carlo Fonzi di 39 anni, scrivano, ha come figliastro Federico La Valle, 23 anni, studente; Domenico Madrigale 20 anni ha i fratelli Tomaso di 18 anni studente e Pasquale 15 anni scolaro; Antonio di 15 anni, studente, figlio di Domenico Politi, fornaro e proprietario di barche; Filippo Cruciani pizzicarolo dii8 anni ha un fratello di 16 anni, studente. UNA LAPIDE DEL 1755 di Antonio Falcone Sul muro esterno della Chiesa della SS. Trinita al Cimitero, sotto il porticato, é apposta una lapide funeraria, collocata li diverse decine di anni or sono. In precedenza copriva una tomba. 22 La lapide misura 79 centimetri di base per 131 di altezza, corrispondenti a tre palmi, per Ja base, ¢ a cinque palmi, per l’altezza. La pietra é ben conservata, anche se il tempo ha consunto alcuni particolari. Nell’orlo intorno é incisa questa frase: BARON. ANDR. MATT. DE SANCTIS HUNC SIBI ELEGIT TUMULUM. OBIIT IV OCT MDCCLV I barone Andrea Matteo de Sanctis scelse per sé questa tomba; mori il 4 ottobre 1755. - Nella parte centrale della lapide, in alto, c’é lo stemma baronale dei de Sanctis, un leone barrato con la scritta PPP (pro patria pugnare, combattere per la patria). Nella parte inferiore appare questa scritta: D. O. M. LIMEN II LIMEN TETIGI NUNC LIMINE TANGOR, QUI TANGIT LIMEN LIMEN ET OSSA PREMAT. d.o.m. @ l’invocazione a Dio (Deo Optimo Maximo, a Dio Ottimo Grandissimo) “sono andato verso la soglia, toccai la soglia, ora sono toccato dalla soglia. Chi tocca la soglia prema la soglia e le ossa”. Il barone Andrea Matteo de Sanctis fu uno degli uomini pid rappresentativi di Ortona per la prima meta del Settecento. Nato nel 1697, all’epoca della scomparsa aveva 58 anni. Fu padre di Armidoro de Sanctis, il protagonista della sommossa antifrancesc del febbraio 1799. Lapide De Sanctis 1755, sita nel portico delia Chiesa di S, Trinita al Cinmitero 23 LA BIBLIOGRAFIA ORTONESE DEL XVIII SECOLO : di Elio Giannetti Le opere riguardanti la nostra citta pubblicate nei secoli XVI e XVII sono solo poche unita ¢ sono quasi sempre legate alla figura di S. Tommaso ¢ alla traslazione delle sue reliquie in Ortona. Nel XVIII secolo invece vediamo ” fiorire una serie di pubblicazioni che direttamente o indirettamente riguardano la citta. I libri ed opuscoli editi in quel periodo sono stati stampati a Napoli, Roma, Chieti e Teramo giacché, dopo la breve parentesi della tipografia di Girolamo Soncino che aveva operato nella cittd nel 1518, si doveva arrivare al 1874 perché in Ortona venisse impiantata una nuova officina tipografica, quella dei Fratelli Bacher che avevano trasferito in quell’anno la loro attivita dalla cittadina marchigiana di Fermo ad Ortona. Quattordici sono le opere che riguardano la nostra citté date alle stampe nel corso del XVIII secolo e due di queste sono di Giuseppe Antonio de Fabritiis, patrizio ortonese, pubblicate all’inizio del secolo. La prima, Vita traslazione, e miracoli di S. Tomaso Apostolo, con alcune notizie de’ corpi d’Apostoli, e d’aliri Santi, che si conservano nella Citta d’Ortona @ mare, venne stampata a Napoli nel 1702; la seconda, L ‘Apruzzo ossequioso al Mistero della Immacolata Concezione di Maria Nostra Signora (Napoli, 1713), un’opera principalmente teologica ma con notizie su alcune famiglie nobili abruzzesi e sull’artista ortonese Tommaso Alessandrini. Nello stesso periodo (1702-1703), sempre a Napoli, videro la luce i tre volumi de II regno di Napoli in prospettiva... di Giovan Battista Pacichelli che sul finire del secolo precedente era stato per alcuni anni ad Ortona quale Cappellano nella chiesa di S. Margherita Nuova. Alle pagine 11-17 del terzo volume della sua opera il Pacichelli fa una descrizione storica di Ortona riportando anche notizie di attualita sulla citta ¢ alcune informazioni sulle chiese, sui monasteri ¢ sulle famiglie nobili della citta. In esso, inoltre, & tiprodotta una mappa della citta con l'intera cinta muraria e l'indicazione degli edifici pit importanti. I] disegno ¢ dedicato “All 'Mlustrissimo Sig. Barone Gio. Battista de Pizzis Patrizio d’Ortona”. Nell’anno 1713, oltre all’opera del de Fabritiis, viene anche pubblicato un oratorio dal titolo San Francesco di Paola scritto e‘composto dal canonico e Maestro di Cappella della Cattedrale di S. Tommaso, D. Angelo Maria Amici. Loratorio “da cantarsi nella chiesa del Suffragio dell’Ilustrissima citta di Ortona a mare”, era “dedicato al merito impareggiabile dell’ill.mo e rev.mo 24 signore D. Giovanni Vespoli Casanatte, degnissimo vescovo della medesima citta d’Oriona e di quella di Campli”. La famiglia de Pizzis, per rimarcare il diritto ad avere la finestrella di comunicazione tra il suo palazzo e la Cattedrale di S. Tommaso, apertura che permetteva ai componenti della famiglia nobile ortonese di assistere alle funzioni religiose direttamente dalla loro abitazione, da alle stampe a Roma, nel 1721, presso la tipografia Zinghi ¢ Monaldi, un volumetto di 23 pagine dal titolo Sacra Congregatione Immunitatis Ecclesiasticae R. P. D. Lercario ponente Ortonen nullitatis Censurarum. Pro Ill.mis DD. Abb. Thoma, e Ludovico Fratribus de Pizzis. Summarium. Nell’opuscolo vengono riportati anche numerosi documenti atti a dimostrare la nobilta della famiglia de Pizzis, Una disputa tra il] Governatore della Citta di Ortona e il Maestro Portolano d’Abruzzo Don Nicold Saizano De Luna, da modo a Giuseppe Carnevale di pubblicare, nel 1723, un opuscolo di undici pagine dal titolo Dimostrazione della giurisdizione che s’appartiene al Magnif. D. Nicolé Salzano de Luna come Regio Maestro Portolano delle Provincie d’Abruzzo per la quistione che verte con §. A, il Granduca di Parma. In esso l’autore sostiene la giurisdizione del Maestro Portolano d’Abruzzo contro le pretese del governatore di Ortona il quale, reggendo Ia citta per conto del Granduca di Parma, tentava di sottrarla alla giurisdizione del regio Portolano. Nel 1735 viene pubblicato a Chieti un dramma sacro da cantarsi nella chiesa delle monache dell’Ordine di S. Benedetto nella festivita del 13 giugno. Del dramma, dal titolo Ortona ristabilita depo l’invasione de’ Turchi sotto la protezione della Miracolosa Immagine del SS. Crocifisso che si venera in detta citta entro il coro dei venerabile monistero delle Ill.me signore monache dell’Ordine di S. Benedeto, non si conosce |’autore del testo, mentre l’autore della musica é Gaetano Pachetti di Chieti. L’opuscolo, di 20 pagine, parla dell’evento miracoloso verificatosi il 13 giugno 1566, un mese e mezzo prima dell’invasione dei turchi comandati da Piali Pascia, nell’oratorio delle Monache Cistercensi. Nella prima meta del XVII secolo il ceto borghese che andava-sempre pit. consolidando la sua indipendenza economica nei confronti dei nobili, comincia a rivendicare una parte attiva nel governo della citta. Della controversia viene investito il Supremo Consiglio di Stato. In quell’occasione (1740) i nobili fanno stampare a Napoli un volume di 108 pagine dal titolo Giustizia preminenziale per gli Illustri Nobili d’Origine della Citta di Ortona sopra gli altri Deeurioni del publico Consiglio in cui si sostiene il diritto del ceto nobile ad eleggere tra i suoi membri il Primo Sindaco. Il volume contiene anche una descrizione 25 dettagliata delle consuetudini ¢ statuti che regolavano ta nomina dei “publici Official” di competenza del Decurionato. Nel 1747 viene pubblicato a Napoli, nella Stamperia di Domenico Langiano, un volume dell’abate D. Tomaso de Pizzis dal titolo La gara delle muse. Per celebrare il Glorioso nome del Re Nostro Signore Carlo di Borbone ed il Jfelicissimo Nascimento del Real Principe Filippo suo Primogenito. V1 volume comprende “Componimenti di prose, e Versi in tre Idiomi, coll Epilogo Istorico della Regia Stirpe di Francia, Angioina, e Normanda, e di altri Re delle Sicilie fin’oggi” ed & “dedicata alla Sagra Real Maesta della Regina Nostra Signora Maria Amalia Walburga Principessa Regale eleitorale di Sassonia, e C.”. Sul finir del secolo grande importanza per lo sviluppo culturale della citté ebbe il Seminario, specialmente dopo I’arrivo di Tommaso Maria Verri chiamato ad insegnare filosofia e matematica. Il Verri, che ricopri anche la carica di Rettore dell’Istituto, riusci a coinvolgere positivamente tanti giovani studenti che diedero poi alla citta, sotto I’aspetto intellettuale, una spinta notevole. Furono allievi del Verri: Giovanni Antonio de Virgiliis di Ripa Teatina che alla morte de] maestro lo sostitui nell’insegnamento della filosofia e della matematica, Gian Vincenzo Pellicciotti di Gessopalena apprezzato letterato ed autore di numerosi drammi, Giuseppe Maria Bucciarelli Canonico delia Cattedrale ed autore di una cronaca sulla rivolta antifrancese, Nicola Castagna, teramano, autore di numerosi saggi storici, Domenico Pugliesi, ortonese, insegnante ¢ rettore per diversi anni de] Seminario di Lanciano nonché fondatore ad Ortona di una scuola privata, Deputato al primo Parlamento napoletano nel 1848. Nella seconda meta del secolo vedono la luce tre interessanti pubblicazioni di Giovanni Bucciarelli, di carattere storico-giuridico, tendenti principalmente a sostenere le ragioni del Capitolo della Cattedrale di Ortona 0, come nel secondo caso, a far conoscere le grandi doti morali ¢ culturali di Tommaso Maria Verri. Viene dato cosi alle stampe, nel 1784, Per la nomina del Real Capitolo Cattedrale di Ortona mare, wna \wnga dissertazione storico giuridica sulla facolta di nominare, da parte de] Capitolo di Ortona, i propri Canonici. Questo diritto, secondo il Bucciarelli, era stato accordato al Capitolo da Ferdinando il Cattolico nel 1507 ¢ proveniva dalla concessione che Papa Pio II aveva accordato a Ferdinando I con bolla pontificia del 13 agosto 1462. Ancora Bucciarelli, nel 1791, pubblica Per Ia elezione del Teologo, e di altro Canonico della Cattedrale di Ortona. L’opuscolo, di 39 pagine, & una difesa in favore della nomina a Teologo della Cattedrale di Ortona di D. Tommaso Maria Verri contro il ricorso presentato da altri tre aspiranti all’importante carica, ¢ precisamente: D. Emanuele Primavera, D. Giuseppe Castiglione, D, Carmelo Moresco. Dopo aver controbattuto le argomentazioni avverse secondo il diritto 26 e secondo le consuctudini della chiesa locale, il Bucciarelli sostiene che “... a fronte di una superiorita di merito, e di dottrina, giustizia vuole che alla vacante Teologale di Ortona sia prescelio D. Tommaso Verri” che non poteva egli essere posposto “a giovani tanto inferiori a lui di eta, di sapere, di credito, e di servizio in quella Chiesa medesima”. L’anno successivo (1792), sempre Giovanni Bucciarelli, pubblica Pel Real Capitolo Cattedrale d’Ortona coll’illustre Marchesa D. Antonia de Pizzis- Benedetti, una breve dissertazione giuridica di 18 pagine in cui non figurano le note tipografiche. Nell’opuscolo si parla del diritto a nomina di Arcidiacono della Cattedrale di Ortona di un membro della “linea mascolina” della famiglia de Pizzis, diritto detenuto dalla nobile famiglia ortonese fin dal 1645. Con la morte di D, Francesco de Pizzis, Arcidiacono della medesima Cattedrale ed ultimo maschio della’ famiglia, il Capitolo di S. Tommaso aveva riacquisito il “dritto del Padronato” ossia il diritto alla nomina dell'Arcidiacono. Tale interpretazione venne impugnata dalla Marchesa D. Antonia de Pizzis la quale sosteneva di poter subentrare, come unica erede della famiglia, al “dritto del Padronato”. L’opuscolo sostiene le ragioni del Capitolo della Cattedrale. Nello stesso anno 1792 viene pubblicato a Teramo L'arcadia de Filopisti Freniani ossia congresso accademico filologico degli alunni del Seminario d'Ortona mare celebrato nel tempio di S. Tommaso Apostolo della stessa Citta in occasione della felice esaltazione al trono vescovile delle Chiese di Ortona e Campli dell'Il.mo e Rev.mo Mons. D. Antonio Cresij Patrizio Aquilano. Il volumetto (80 pagine) contiene una raccolta di poesie latine, italiane e francesi con le quali , oltre a farsi le lodi del novello vescovo, si tracciano, specialmente nelle note, brevi profili storici di Amiterno e di Ortona. Un altro Bucciarelli, Giuseppe Maria, pubblica a Chieti, nel 1796, un opuscolo di 50 pagine,dedicato a Mons. Antonio Cresij Vescovo di Ortona ¢ di Campli, dal titolo Orazione estemporanea recitata nella Caitedrale di Ortona da G. M. Bucciarelli Patrizio, e Canonico della Medesima la prima domenica di Giugna del corrente anno 1796. Per eccitare il Popolo alla Penitenza, ed alla Guerra. Giuseppe Maria Bucciarelli & anche autore di una cronaca della, rivolta antifrancese del 1799 pubblicata da Coppa Zuccari nella sua monumentale opera su Z 'invasione francese negli Abruzzi tra il 1928 e i] 1939. Dal!’analisi delle opere pubblicate nell’ultimo ventennio del XVIII secolo, alla luce anche della produzione letterale dell’inizio del secolo successivo ¢ considerando altresi le personalita che hanno frequentato ii Seminario di Ortona, possiamo asserire, senza tema di essere smentiti, che esso fu veramente Ja fucina di numerosi professionisti abruzzesi che, oltre a distinguersi nel loro 27 campo di attivita, contribuirono alla crescita morale e intellettuale della nostra cittd nel periodo a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. Palazzo Gervasoni (Via Cavour) 28 I TOPONIMI di Antonio Falcone I nomi dei luoghi, 0 toponimi, sono frequenti nell’Onciario del 1751 e in tutti i documenti del Settecento, poiché erano essenziali per la identificazione di case, terreni ed altro. : Nel centro urbano, che consisteva essenzialmente negli attuali quartieri di Terravecchia ¢ Terranova, questi due nomi sono i riferimenti pit comuni. La strada grande di Terranova corrispondeva all’attuale Corso Vittorio Emanuele, Ja strada grande di Terravecchia corrispondeva a Corso Matteotti. La publica piazza o piazza grande poteva essere o Piazza della Repubblica o la Piazza di Porta Caldari. Spesso si indicava la zona intorno ad una Chiesa, con il termine contrada; ad esempio, S. Biase (nell’attuale via delle Speranze), S. Lorenzo (chiesa sita nell’area dell’attuale Comando dei Vigili Urbani in Piazza S. Francesco), S. Angelo (forse la piazzetta di S$. Michele), 8. Francesco (area dell’ Ufficio postale principale), S. Bartolomeo (all’incrocio tra il Corso e via del Giglio), S. Domenico. Altre vie citate: S. Caterina (Via Garibaldi), strada deli Giudei (Via Giudea), Ripa grande (parte dell’Orientale), Ripetta, S. Sofia nuova e vecchia (Via Sofia e Via Sapienza), via del Giardino (Via Cespa), Strada di S. Paolo (un tratto di via Cavour), contrada di torre mozza di Terravecchia ( all’incirea presso l’antica chiesetta di S$. Angelo), Collo di S. Giacomo (Via Cadolini), Piano di S$. Tomaso, contrada S. Agostino (largo castello), via S. Pietro, Via Bonelli, contrada di S. Maria Maddalena, Strada del Macello, strada di S. Margherita al Carbonaro, contrada del Purgatorio. Molte ville avevano i nomi attuali: Caldari, §. Leonardo, S. Tommaso, Rogatti, Villa Torre si chiamava S. Agata, Villa S. Nicola si chiamava Villa Bravari, Villa Deo aveva anche il nome di Fonte Liberti. Sono citati molti nomi di contrade: Foro, S. Martino, Feudo, Riccio, Moro, S. Donato, Casone, S. Andrea, acqua bella, Alboreto, S. Antonio Abate (arca dell’attuale Via Margherita d’Austria), contrada dell’ara maturata, Apruzzini (presso S. Leonardo), Bavi, Bucciante, Ciavoca (dovrebbe essere |’area dell’attuale parco Ciavocco), Caseita, Ciampino, Colle Cristofaro Croce di Bavi, Croce Vecchia dei Cappuccini, contrada della Castagna, Carmine (area dell’attuale quartiere), contrada del coculo (Cucullo), contrada di casa brugiata, Fontegrande, Villa Fenizia, Fonte di Bavi, contrade delle Fossate, S. Giuliano, Gagliarda, S. Liberata, S. Lucia, S. Maria degli Angeli, contrada di S. Maria di Costantinopoli, Madonna dell’Olivastro, Madonna delle Grazie, 29 Mucchia, contrada delli Prodi, contrada del porto e lido del mare, Patricelli, Peticcio,. S. Pietro in Vinculis, Piani delle Vaschie, Quercia d’Antinucci, Contrada S. Sebastiano, contrada di Spartimoglie, Schiavi, contrada dello Scalo, Saraceni, Selvetta, Tamarete, contrada di Tobbia, contrada della Valle secca, contrada di S. Vincenzo, contrada della Torre del marchese de Pizzis. ARTE ED ARTISTI IN ORTONA NEL ‘700 di Paride Di Lullo L’intcressante attivita artistica del XVIII secolo sta venendo alla luce solo da pochi anni e ancora tanto resta da chiarire. Tuttavia, gid da adesso pud essere tracciato un primo, seppur parziale, resoconto. L’inizio del secolo diciottesimo presenta agli ortonesi un grande avvenimento artistico: la riapertura della chiesa di S. Caterina d’ Alessandria che, tra il 1698- 99 ei primi mesi del ‘700, era stata completamente trasformata con stucchi e pitture. Sulla scia di questa trasformazione, anche in altri edifici religiosi di Ortona, qualche anno pili tardi, saranno eseguiti dei rinnovamenti, anche grazie alla presenza di alcuni architetti-stuccatori “lombardi”, quali Carlo Piazzolla. Girolamo Rizza, e maggiormente Giovan Battista Gianni e Michele Clerici. Donato Teodoro Sul finire della prima meta del ‘700, il francescani della chiesa di S. Maria delle Grazie, chiamano da Chieti il pittore Donato Teodoro, che adorné la volta della chiesa con quattro pregevoli affreschi rappresentanti: S. Francesco che riceve Vindulgenza della Porziuncola, Maria Santissima incoronata in Cielo, Maria Santissima che risuscita, Maria che porta la cinta a S. Tommaso Apostolo. Nel secondo affresco, in una targa, l’artista firmd le sue opere (oggi tutte distrutte): DONATUS TEODORI TEATINUS PINGEBAT 1747. Nella stessa occasione il Teodoro realizzo anche un quadro per la parete di fondo dell’abside, anch’esso distrutto, osservato e descritto da Francesco Verlengia nel 1935: l’Adorazione del Bambino. “Eniro ambiente architettonico, sul gradino di una scalinata siede Maria in tunica rossa e manto azzurro col Bambino ignudo sulle ginocchia, a cui bacia il piede S. Giovanni battista fanciullo mentre la Vergine stessa porte le mani a S. Elisabetta, che arriva a 30 destra, In primo piano sono un pastore e due angeli. Dietro, §. Giuseppe e S. Anna.” Pasquale Bellonio Tn un articolo non firmato apparso su “La Nuova Fiaccola” del 1924, per la prima volta viene menzionato I’unico pittore ortonese del XVIII secolo, Pasquale Bellonio, che nel 1735, sempre per la chiesa di S. Maria delle Grazie, avrebbe dipinto il quadro della “Concezione”, mentre nel 1756 restaurd il quadro di “Santa Margherita” di Tommaso Alessandrino. Pasquale Bellonio nacque ad Ortona nel 1698, come puo rilevarsi dall’Onciario del 1751 in cui fu regolarmente registrato con l’eta di 53 anni. Sposato, con cinque figli, il Bellonio é l’unico cittadino ortonese che nell’Onciario del 1751 viene qualificato pittore, quindi sicuramente un professionista con una propria bottega, nella quale, forse, imparava arte il giovane ortonese Pasquale Cauto, di 22 anni, figlio di Giuseppe, definito dall’Onciario “Javorante in pittura”. Pasquale Bellonio mori in Ortona il 31 marzo 1786. Dei suoi lavori attualmente si conoscono un quadro a Casoli e una “Crocefissione” posta sul lato sinistro della Cappella di S. Tommaso Apostolo, firmata e datata 1762. Palazzo Corvo (Carso Matteotti) abitato nel 1751 dall Abate Filippo Valignani di Chieti a1 Aiseciaxione rtonese de Storia polria Oona 1757 Ricosbusione Ubanistion a cura dé Gisrgie Zandeginasne Srchitetlura Rebigiosa ¢- Sen Tommaso 2. Sen Domentoo 3+ Sau Michele Apoangete 4. San Fanceseo 5- Chiesa del Purgatoris 6- Fanta Coberina 7-00 Sento Spirite ora Senta Ma- v2 dé Costantirgpole 8- San Koco s 9- Santa htwia delle Goasie 10- San Bartolomes 1- Seen Biagio 18- San Giovanni d: Dire S Matteo - Meypidale 13-Madenna del Carmine t4- Chiesa delle Drinite 15- Fan Lorenao 23- Seminario Diocesano 24. Convento Suore Cistercens 25° Convente Prati Minoré £6- Convento. Frat: Conventuale 16- Senta Sofia Nuova PO ree Fok te ~& 3 0. Santa Maria Mrddalena 5 Te & 28- Convento Carmelltani Bae eyes 22- Convento Celestins 19. Santa Croce o Aanunsiata 50- Convento Domenicani 20- Episeapio De Dorainicis 91. San Gaetano 28-62 Sant Ugoilind orci wlochiteltura Civile 31- Castells Abagonese 38-Mura Colderiane } 38- Tore Sticcardls | 34- Sone Bernardipot Baglion : 85- Paberre Coro 36 MPalecio Decale - Farnese 57- Palasve De Fegetis 38- Pabewcce De Feexts 59- Palares Be 10- Palacio De Senctis, oggi Grilli 41 - Palace De Aprussee lane Vent - Castiglione 46- Palesvo Gervasoni 4 Palace Vervatti 18- Palate Bucciaelée 49- Pabexte De Leotis 50- Pabaxve dell Carcert 5t- Pabexie De Fabritic t8- Palarac dell Université e debits 53- PoP Da Sanetis tanibale 54- Pabasan Mancini 55- Palasxo Copa 56- Palazzo Lavalle I7- Paleve Bomard Camille £8- Palesxe Berardi I9- Case Mignotté 60- Villian De Peexis Altre opere Altre tele riferibili al XVIII secolo sono oggi conservate nel Museo Capitolare ma, in attesa di essere studiate, risultano al momento di ignoto autore. Tra queste un “S. Rocco” proveniente dalla chiesa omonima, “L’estasi di 8. Teresa” del 1738 dalla chiesa del Carmine, il “Signore Mio e Dio Mio” del 1731 dalla chiesa di §. Tommaso, la tela dell’ ex-voto del Crocifisso Miracoloso. Nel 1711, sulla volta della Congregazione del SS. Rosario, venne eseguito un pregevole affresco, ora distrutto, che-come si legge in un documento del 1843 “... per la sua naturalezza di rilievi figurati, e pel vivo colorito che tuttavia mantiene. Merita di comprendersi tra le opere degne di commendarsi”. All iniziativa del P. Guardiano dei Cappuccini, Giuseppe d’ Ascoli, nel 1745, il Francia fa invece risalire |’altare ligneo col bel tabernacolo della chiesa della SS. Trinita, probabile opere dei frati marangoni Pietro d’Ascoli e Serafino Bonini da Nembro. Ancora nella chiesa di S. Maria delle Grazie, infine, é riferibile al XVIII secolo la statua lignea, forse di scuola orsognese, de] Cristo in Croce. Un quadro di Marcantonio Franceschini Da molti atti notarili appare con chiarezza che le abitazioni delle nobili famiglie ortonesi, erano ricche di quadri, e pertanto dobbiamo supporre che anche nel XVIII secolo molte siano state le committenze, anche se, purtroppo, non documentate. Per certo sappiamo invece che agli inizi di ottobre del 1703 i de Pizzis fecero dipingere al ferrarese Giuseppe Lamberti uno stemma nobiliare sulla volta del portone del proprio palazzo (la cui traccia ¢ tuttora visibile benché coperta di vernice bianca). Dal testamento del marchese Giuseppe de Pizzis, del 1727, (AdS Lanciano, notar Santangelo) viene fuori invece una notizia molto interessante. Tra le sue ultime volonta il de Pizzis dispose che alla sua morte tre quadri: “S. Maria”, “S. Francesco d'Assisi”, ¢ “quello che rappresenta Nostro Signore quando fu levato dalla Croce” dovevano essere donati alle “Nepote monache del Venerabile Monastero di S. Caterina” e il quadro “coll’amorino del Franceschino, figura sola tutta intera” doveva essere inviato dai suoi eredi alla principessa di Croi (?) residente a Bruxelles. Un chiarimento importante. Il de Pizzis in questo caso specifica il nome dell’artista, ¢ quindi pienamente cosciente che si trata di un quadro di valore. Marcantonio Franceschini (1648-1729), pittore italiano, era un artista impegnato soprattutto a Bologna, Modena, Piacenza, ed anche in altre localita, tra cui Roma, “I suoi dipinti, improntati ad un classicismo affine alle tendenze 34 della grande accademia francese, ebbero particolare fortuna presso i collezionisti europei”. [1 collezionismo: questo spiega perché il quadro interessava tanto alla Principessa belga, ma come mai un quadro del genere si trovava proprio in Ortona? E’ ipotizzabile che l’opera sia stata acquistata dai de Pizzis in qualche altra citta del nord, forse a Venezia, e poi portata nel palazzo di Ortona a far bella compagnia alle altre opere gia presenti, tra cui le tele-del nostro Alessandrino e dello Spinelli. Tuttavia non ¢ da escludere un breve soggiorno di Marcantonio Franceschini qui ad Ortona, come sosta di un viaggio pitt lungo verso Roma o Napoli. LA CAPPELLA MUSICALE ... Dopo alterna vicenda, vi dev’essere stato un periodo di tempo piuttosto lungo in cui la Cappella non funzioné (certo per mancanza di fondi), se con istrumento del 9 aprile 1740- il signor Carlo Massari disponeva un ricco legato a favore della Cappella “da installarsi quanto prima nella Cattedrale’, affidandone la gestione all’ Edificio di San Tommaso, antico ente che aveva il compito di amministrare i beni di proprieta della chiesa e di provvedere ai servizi sacri. Secondo l’Onciario, compilato nel 1751, la Cappella godeva di una rendita ... per quei tempi considerevole. Con risoluzione del Parlamento cittadino dell’anno 1797 la Cappella venne riformata, e, da allora, al mantenimento del direttore e del coro dei musici concorsero —pro rata- V Edificio di S. Tommaso, \e Cappelle del Sacramento e di S. Onofrio, ¢ le confraternite laicali di S. Maria della Neve, di S. Maria della Croce ¢ di S. Maria di Costantinopoli. Il Consiglio della citta, nella tornata del 16 agosto 1767, ammonisce: “ maestri di cappella facciano che non si sentano sempre le stesse composizioni, cantate per lo spazio di pitt anni, ma che si eseguano almeno tre composizioni diverse di ogni anno’. Basta; quel che ci interessa notare é che i nostri dovevano essere, in pari tempo provetti direttori ¢ buoni compositori. Meritano di essere ricordati: il padre Borti (1702); l’ortonese Lodovico Petronio (1703); Angelo De Amicis (1709); Domenico Antonio Rotellini (1735); Domenico Torrecchia, che era anche tenore (1751-1758); Gennaro Errichelli, napoletano (1761-1768). Con deliberazione del 17 gennaio 1769 veniva, dal parlamento ortonese, chiamato alla direzione della cappella il maestro Vincenzo Bellini di Torricella Peligna, omonimo ed avo del glorioso musicista catanese. Anche nella scelta dei cantori ¢ dei suonatori, che dovevano prestare servizio permanente nella cappella, si aveva gran cura. S’intende che — 35 anche per ragioni di economia — gli elementi locali erano in prevalenza, ¢ spesso erano dilettanti; ma spesso venivano dalle altre citta d’ Abruzzo, dalle Marche ¢ da Napoli. Poiché ne riuscirebbe fastidiosa la elencazione, bastera ricordame taluni che, per la loro valenza e per il lungo servizio prestato, han lasciato di sé fama duratura. Cosi, dei cantori ricorderemo: il sac. Don Giacomo Rossetti, soprano e poi tenore; il maestro don Filippo Lattanzio, contralto; levirato Ubaldo Di Iorio, di Lanciano, soprano; l’ortonese Francesco Antonio Bonanni, tenore, e poi ... notaio; Francesco Recchini, pure di Ortona, basso; tutti del secolo XVIII. Dei suonatori rammenteremo I’esimio violinista Francesco Corcilli, di Lanciano (secolo XVIII). Da: T. R. Grilli — La Cappella Musicale di Ortona. In “La Tribuna”, maggio 1938, - Coben Ped thal 3 GT oor Er Pie et te Uy peda i adda taah dada rap mths sends) ppt Plan Sing laser ata cealsr fen ae Cn ES ge) Co iS fo Mae Sa Life ltenaywni, | “4 9h Rl fs pala y sppefits AF sy & tl eben S| Siatig & li j , ~“ ei 1 Disegno del porto, il primo che si conosca (1777) 36 IT RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI DEL SETTECENTO di Paride Di Lullo Nel corso dei grandi lavori eseguiti nella prima meta del ‘700 nell’area dell’edificio di S. Tommaso, sono venute alla luce testimonianze storico- archeologiche di notevole interesse. Di queste perd non abbiamo nessuna testimonianza, nessun reperto, né tantomeno documenti ufficiali, ma abbiamo notizie di uno scrittore del ‘700, Pietro Pollidori. Perd il fatto che questo illustre studioso secondo alcuni- abbia falsificato dei documenti, Teodoro Mommsen io defini senza mezzi termini homo fraudolentus (CIL IX, pag. 278), ha fatto si che tutti i suoi scritti venissero ritenuti poco attendibili, e quindi accantonati. Effettivamente, riferendoci al capitolo di Ortona, alcuni punti lasciano dei dubbi; tuttavia ¢ anche vero che molte delle notizie citate dal Pollidori, e inizialmente ignorate, poi hanno trovato conferma, come quella della permanenza di Papa Gregorio XII in Ortona nel 1409, confermata da un documento vaticano rintracciato solo negli ultimi anni. : Nel capitolo di Ortona il Pollidori, che scriveva nel 1720-30, cita pil volte i lavori di ricostruzione della chiesa di $. Tommaso, che effettivamente erano in corso, menzionando a tale proposito alcune scoperte. Una di queste, una iscrizione riferita ad una fonte battesimale, “... fir ritrovato dai muratori tra i ruderi dell'antico edificio nel diciottesimo anno di questo secolo (1718), mentre preparavano le fondamenta pi grandi del nuovo tempio della caitedrale”. In realta in quell’anno tali lavori si stavano compiendo e proprio di quella portata, come scrive l’arch. Carlo Buratti nella sua relazione letta 1’8 luglio 1719: “... li fondamenti fatti col disegno di Ginni ...”. Una notizia quindi abbastanza precisa, scritta negli anni in cui si era verificata. Anzi, quasi ad avvalorare la sua credibilita, Pollidori aggiunge che la notizia, insieme con i reperti, gli fu inviata a Napoli dal Vescovo di Ortona, Giuseppe Falconio, suo contemporaneo e superiore, visto che Pollidori era sacerdote. Vien da supporre che se anche avesse voluto fantasticare, era pid logico per lui inventare notizie riferite a vecchi ritrovamenti, che notizie di attualita (per i suoi tempi) verificabili, implicando addiritiura i] Vescovo Falconio. Esiste allora qualche piccolo elemento che potrebbe indurci a dar fiducia a Pollidori, che poco oltre scrive ancora — sempre in relazione alla comunicazione del Vescovo Falconio, che durante gli stessi lavori “... if Juego stesso, dove i cristiani, secondo il primitivo costume della chiesa, attraverso 37 V'immersione del corpo, prendevano il sacramento del Battesimo ..., fu trovato a quasi cinque palme sotio terra, rispetio all attuale livello (da notare che nel *700 la pavimentazione era ad un livello pik basso dell’attuale), nella parte occidentale dell’antica Basilica, ora eguagliata al suolo, vicino al portico della pitt antica chiesa, per quanto dagli altri ruderi molto antichi, ¢ giudizio degli esperti, é lecito supporre. Era di forma rotonda, con un’opera ad arco, adorno di pitture sacre: resti di questi apparivano non oscuri ma rozzi, per la cittd, nelle pareti rovinate dalla vecchiaia e dall’umido”. Una descrizione precisa, particolareggiata, di antiche strutture poste a cirva 1,50 metri di profondita rispetto alla pavimentazione di allora. E la presenza di strutture sotterrance ha trovato in seguito conferma nel periodo anteguerra, con la scoperta della Cappella sotterranea, affrescata, di S$. Maria Maddalena, e il rinvenimento di strutture murarie durante lo scavo delle fondamenta del nuovo campanile. Comunque, ecco il-testo dell’iscrizione ritrovata: “Voi che desiderate la vita eterna e i premi del cielo, venite a nascere qui per Cristo, con animo fedele, gui muore il vecchio Adamo con il peccato ¢ le arti di Satana; seppellito con Cristo, egli stesso nuovo, per 'acqua (santa) risorge, splemdente nel corpo e nell’anima, da qui tutto desidera Cristo: Il Vescovo Martiniano servo di Cristo dedico nel sabato di Pasqua, essendo consoli Turcio Asterio e El. Presidio”. Nei suoi scritti il Pollidori accenna anche al rinvenimento di“... un’altra pietra letteraria, poco tempo fa scoperta a Ortona, mentre si scavavano le fondamenta della nuova Cattedrale, di cui questo é il testo: TI. DIDIO. Q. F. QUI IL. VIL, D. COLON. AUG TON. PATRON. COL. BRUM. LANARIO NAVICULARIOR. VI DECURIONES OB L.D. Stando al giudizio del Mommsen questa lapide é falsa. Rimane il dubbio se il Mommsen abbia definito le iscrizioni di Ortona, tutte false, sulla base di prove concrete, o se invece —dopo aver rilevato in qualcuna di esse elementi discutibili- per essere certo di non sbagliare, non ha esitato a definire tutto un falso. Infine, sempre in riferimento ai lavori in corso nella chiesa di S$. Tommaso, il Pollidori (nato nel 1687) scrive che “da ragazzo vidi frammenti di una statua gigantesca dello stesso Dio (Giano) vicino alla cattedrale di S. Tommaso”, anche qui mancano clementi per valutare in modo positive o negativo, 38 comunque senza dubbio il “gigantesco” é frutto di una interpretazione personale. E’ interessante perd ii commento —molto verosimile- che aggiunge poi: “per questa (la chiesa di S. Tommaso), rimessa su dalle Sfondamenta, Jurono adoperati molti frammenti di antiche opere: pur non essendo stata approvata da motti questa decisione”, DOCUMENTI DA MANOSCRITTI DELLA BIBLIOTECA DIOCESANA “S. DOMENICO” DI ORTONA UN INCIDENTE SUL LAVORO NEL 1789 Lorenzo figlio di Giuseppe di Paolo Basti, abitante nel Feudo della Citta di Ortona di 22 anni il 3 Ingho 1769 fu travolto da una crudele morte causataghi dal violento furore dei buoi ¢ dal carro, cosicché in quel momento privo di necessati sacramenti mori e 1l giorno seguente il suo corpo fu seppellito in questa Chiesa Cattedrale. Carmelo Moresco curato. (Testo in latino dal Libro dei Morti 1763 1779, Biblioteca Diocesana — Ortona) 11 16 novembre 1770 io don Nicola Dolce curato di questa Chiesa Cattedrale di S. Tommaso Apostolo della Citta di Ortona a mare, servatis servandis secondo il Concilio di Trento e il Hiuale romano, oitenuta Ia licenza della reverendissima Curia Vescovile ho congiunto in matrimonio "illo don Giuseppe Vezzani delle Carceri ¢ T'ill.ma sig.ra Carlotta Saizano de Lung nella chiesa di S. Francesco alla presenza di testimoni a quest'atto chiamati e rogati, il sig. d. Michele Massari e il sig. Donacchino Verratti ed altri. Nicola Dolce Curato (Registro dei Matrimoni 1743-1800, Biblioteca Diocesana - Oriona) In un verbale di morte del maggio 1790 compare un nome di una persona identificata con un soprannome: “Giuseppe Motimoccica” della citta di Ortona. (Libro dei Morti, Biblioteca Diocesana — Ortona). LA SCOMPARSA DI UN FORESTIERO Simone Loja della citta di Grottamare dello Stato Pontificio éa pochi giorni qui dimorante il 17 luglio 1786 diede fa sua anima 2 Dio e il suo corpo fu seppellito nella Cattedrale (Libro dei Morti, Biblioteca Diocesana — Ortona) Pasquale Bellonic, vedovo della q. Dorotea Ferri a 87 anni circa il 31 marzo 1788 nella comunione di 8. Madre Chiesa mori e il suo corpo fu seppellito nella Chiesa di S. Domenico. (Libro dei Morti, Biblioteca Diocesana ~ Ortona) SCOMPARSA DI UN NAUFRAGO Antonio Marotta vedovo ¢ marinaio naufrago dello Stato austriaco di 44 anni circa, sbattuto Presso Vabitato della Citti di Ortona sul lato dei mare, visse per alcuni giorni; quindi confessatosi ¢ rifociflato con il SS. Sacramento della Comunione da me sottoscritto Curato, ¢ , dall’unzione dell’ olio santo rinforzato, il 2 ottobre 1785 ... mori e il suo-corpo fa seppellito nella Cattedrale di S. Tommaso. Gio. Batt. Margiotti curato. (Testo in latino, Libro dei Morti 1779-1793, Biblioteca Diocesana — Ortona) D. Michele de Luna della Cité di Ortona a 88 anni il 29 marzo 1799, confessatosi, mori ... ¢ fu sepolto nella Chiesa di S. Domenico. (Libro dei Morti, Biblioteca Diocesana — Ortona) UN MATRIMONIO NEL PALAZZO VESCOVILE Il giomo 6 ottobre 1777 I’Illmo ¢ Rev.mo Domenico de Dominicis Vescovo di Ortona € Campli Abate e Barone nell’Oratorio della sua residenza episcopale uni in matrimonio il Magnifico don Ferdinando Brandarelli della Terra di Bellante in Abruzzo ¢ la Magnifica donna Vittoria Teresa Castiglione di questa Citta, presenti i testimoni Can. Don Nicola.de Fabritiis e il Mag.co Portolano don Michele Salzano de Luna ¢ il parroco ... (Testo in latino. Libro dei Matrimoni 1745-1800, Biblioteca Diocesana — Ortona) LA SCOMPARSA DEL VESCOVO DE DOMINICIS L'Mllustrissimo ¢ Reverendissimo Signore Don Domenico de Dominicis, Vescovo di Ortona ¢ Campli, della citta di Teano in Campania, per una sua lunga malattia, per respirare aria salubre, dimorando nel Convento di §. Maria dell’Ordine dei Carmelitani sito fuori le mura, a circa 80 annisdi eta, ¢ a 25 di episcopato, 1’8 marzo 1790 ... con 'assistenza del Rev. Giuseppe da Vasto dell’Ordine dei Minori Osservanti di S. Francesco rese l'anima a Dio, confessato dallo stesso Rev. Priore per l'urgente pericolo di morte ... il cui cozpo il giomo seguente dal suddetto Convento fu portato soleanemente nella Cattedrale di $. Tommaso ¢ Ii fu sepolto. Canon. Giuseppe Castiglione parroco. (Testo in latino. Libro dei Morti, Biblioteca Diocesana — Ortona) I NEONATI ABBANDONATI ‘Tra i registri anagrafici della Biblioteca Diocesana uno é molto particolare: il Libro dei Proietti Battezzati, ossia il registro dove venivano annotati tutti i neonati che venivano ritrovati abbandonati in luoghi diversi; essi venivano raccolti e battezzati e poi affidati a famiglic che li allevavano. La formula é quasi sempre la stessa. Questo l’elenco dei neonati abbandonati dal 1792 al 1799: sono ben 18, in otto anni, in una citta che aveva circa 5500 abitanti: una precisa ¢ drammatica testimonianza della realta sociale di quegli anni. oe * Il 2 dicembre 1792 io sottoscritto Curato della Cattedrale di S. Tommaso ho battezzato un bambino esposto nella masseria di Antonio Marino, involto ne’ panni di lino bianco, a cui é stato imposto il nome di Tommaso. 11 20 gennaio 1793 io curato della cattedrale di S. Tommaso ho battezzato un bambino proietto involto in una fascia di color bianco ¢ nigro di lana, con una cuffietta di color negro e rosso a cui sono stati imposti i nomi di Giovanni, Francesco, Tomaso. Il 2 febbraio 1793 io curato ... ho battezzato una bambina proietta trovata vicino la casa di Nobile Ant. di vacri nella strada del Colle di S. Giacomo involtata in una cuffia di color bianco con un pezzo di panno torchino ¢ con una cuffietta di color bianco, a cui é stato dato il nome di Maria ... 40 A di 4 febbraio 1793 io curato ... ho battezzato una bambina proietta trovata vicino alla Masseria di Basilio Dolce nel Feudo di questa Citta involta con panni bianchi lordi e con cuffietta bianca lorda, a cui & stata posta il nome di Maddalena. Pasquale Primavera curato. A di 20 agosto 1793 io curato ... ho battezzato un bambino proietto trovato vicino alla Chiesa delli Carmelitani involto con pani bianchi lordi e senza cuffia a cui é stato imposto il nome di Bartolomeo. Basilio Caccavone curato. 4 A di31 gennaio 1794 io curato ... ho battezzato una bambina proietta trovata alla Villa Grande tenimento di questa Citta di Ortona involta con panni bianchi vecchi ¢ Jordi colla cuffia di color rosso a cui & stato imposto il nome di Carolina. A di 27 settembre 1794 io curato ... ho battezzato un bambino proietto involto in panni rossi e colla cuffia bianca a cui é stato imposto il nome di Vincenzo. Il compare fu Tomaso Gradari ¢ comare Anna Rapino. A di 26 gennaio 1795 io curato ... ho battezzato un bambino proietto involta con fascia di lana bianca, colla’cuffia rossa, a cui é stato imposto il nome di Luigi Fortunato ... Il 22 febbraio 1795 io curato ... ho battezzato una bambina proietta involta con fascia di lino bianca ¢ colla cuffia rossa 2 cui é stato imposto il nome di Santa ... I compari ferono Tom. Gradari e Anna Rapino, onde in fede .. A di 25 agosto 1795 io curato ... ho battezzato un bambino proietto trovato vicino alla casa di Campacampa involta con fascia di lino bianco e cuffia bianca a cui @ stato imposto il nome di Luigi Bartolomeo. I compari (furono) Giustino Ciampoli e Vittoria Ciecognino. A di IS novembre 1795 io curato ... ho battezzato una bambina proietta trovata vicino alla casa di Anna Francesca Carinci mammara, involta in una fascia bianca con una cuffietta bianca, a cui é stato imposto il nome di Santa, A di 5 novembre 1796 io curato ho battezzato una bambina proietta involta in una fascia di lino bianca e con una cuffia rossa, a cui é stata imposta il nome di Santa. A di 13 gennaio 1797 io curato ... ho battezzato una bambina proietta involta con fascia rigata con una cuffia rossa vecchia di seta ritrovata vicino la casa di ... a cui é stato dato il nome di Maria, A di 11 ottobre 1797 io curato ... ho battezzato un bambino proietto trovato dentro alla porta della casa del turchetto Giorgio Grilli con panni bianchi ¢ cuffia bianca a cui é stato imposto il nome di Casato. A di 5 del mese di agosto 1798 io curato ... ho battezzato una bambina proietta trovata con panni bianchi e cuffia bianca a cui é stato imposto il nome di Antonia. A di 24 del mese di agosto 1798 io curato ... ho battezzato un bambino proietto trovato nella casa di Agostino Cirmignani con cuffia bianea e panni bianchi a cui stato imposto il nome di Antonio. A di 24 del mese di settembre 799 io curato ... ho battezzato un bambino proietto trovato nella casa di Anna Francesca Carinci mammara aggravato con una cuffia bianca e panni bianchi a cui é stato imposto il nome di Tomaso. La comare ¢ stata maria Colaiezzi di questa citta. A di 23 ottobre 1799 io curato ... ho battezzato una bambina proietta trovata fuori della Citta propriamente nella masseria del sig. Antonio Caccavone awviluppato con una fascia rossa a cui stato posto il nome di Fortunata, Tomasa ... al UNA SUPPLICA PER RIAVERE SPESE PER COSTRUIRE UN FORTINO Gli aituali rappresentanti della Vostra Citta di Ortona in Abruzzo Citeriore in Provincia di Chieti supplicando espongono come da militari comandi sono stati coartati alla formazione di un Fortino per la sutuazione di due cannoni di sopra il Porto di quella di loro citta & all'accomodo delle Torri di quel Littorale e di fornirlo del bisognevole. I supplicanti, sebbene senza rendite di quella di loro Comune, le quali rattrovansi in buona parte esaurite dalle continue ingenti spese che stanno sofitendo e le poche rimaste sequestrate da’ Regi Demanj, pure tuttavolta non han mancato di adempire in buona parte a’ suddetti Militari comandi, con contrarre de’ debiti in proprio nome. Ricorrono percid dalla M(aesté) V(ostra) ¢ Ja suplicano ordinare il rinfranco di tali spese a supplicanti ¢ lo riceveranno a grazia singolarissima ut Deus. Giuseppe Vezzani sindaco supplica come sopra Tomaso De-Luca primo eletto supplica come sopra Essi sono gli attuali Amministratori di questa Comune della Citta di Ortona, a me ben noti, € che li medesimi sono tali quali si sano, l’attesto ¢ ne fo" fede io publico Regio Notarjo per sregno Cataldi di detta Cittd,richiesto, I’ho segnato, lode a Dio sempre (Propr. Walter Travaglini) TLIBRI CONTABILI DELLE CISTERCENSI ll Convento delle Suore Cistercensi di Ortona per tutto il Settecento fu una vera “potenza economica”: tra case, locali, terreni, prestiti, ete. probabilmente amministrava indirettamente ; un quinto delle attiviti economiche della sovieta locale. Testimonianza di questa realta sono i Libri Contabili che anno dopo enno riportava le uscite € le entrate de] convento. Nella Mostra ne vengono esposti tre, del collezionista Walter Travaglini: quello del 1762, quello del 1773, quelio del 1774-1785. Molto interessante quello del 1774-85 che & un libro contabile di una vera banca. I depositi in parte erano Je doti per le gioveni che si facevano suore di clausura. Esse provenivano da varie citta d’ Abruzzo. Un esempio (pag. 4): “Oggi 20 aprile 1781. Ortona. Sig. don Diomede Tedeschini della Cita del Vasto ha depositato in questa Cassa del Deposito ducati 250 per la dote di sua Sorella che professa in questo Venerabile Monastero ...”. Questa stessa somma veniva poi data a prestito. “Li dacontri ducati 250 delle doti della Sig.ra d. ufrasia Tedeschini del Vasto Monaca Professa in questo Venerabile Monistero di S. Caterina ... si sono estratti da questa Cassa di, Deposito ¢ dati al censo alli Magnifici coniugi Giuseppe Magnarapa e Giuseppa Nicodemo da Ortona alla ragione del 5 per cento ...”. (Propr. Walter Travaglini) 42 Accademia recitata a di 6 settembre 1767 in Ortona in cui ricorreva Ia gran festivité del nostro glorioso Protettoreed Apostolo S. Tommaso. Addi 6 settembre 1767. Ortona - Agostino Orlandi Raccolta di sonetti, egloghe, idilli in italiano ¢ latino, (Propr, Walter Travaglini) Regole che si osservano nel Seminario di Oriona sotto il governo del Rev.mo Vicario Capitolare d. Tommaso Maria Verri (Propr, Walter Travaglini) j Libretto con una satira anonima, intitolata: Liborio Romano, 1794, Di ispirazione illuministica, ironizza su certi atteggiamenti conservatori di parte del clero locale. (Propr. Walter Travaglini) Satira anonima di ambiente illuministico contro i Vicario Generale di Ortona. Fine Settecento. (Propr. Walter Travaglini) Mandato di procura di Michele Salzano de Luna per una causa a Napoli. 17 ottobre 1788. Notaio Nicola Margiotti. (Propr. Walter Travaglini) Aprutium, Topografia, Exametron. Ceterius. Aprutiom. Teatinum, Frammento di carme in latino, sulla topografia abruzzese, seguito da un lungo commento storico-geografico molto critico verso alcune definizioni dell’autore del carme. Fine Settecento, Anonimo. (Propr. Walter Travaglini) Copia manoscritta del notaio Eusebio de Luca di un atto di vendita di una casa in via del Giardino dai coniugi Agostino Pierangelo ¢ Maria Cearinci di Ortona a Vincenzo Onofij di Ortona. 16 settembre 1773. L’atto contiene anche una perizia sui lavori di miglioria fatta dai maestri fabricatori Leonardo Nervegna ¢ Donato Gradara, su una casa nella “strada grande” di proprieta del Convento di S. Giovanni di Dio, data in enfiteusi ad Agostino Pierangelo. Altra perizia é dei maestri falegnami Gaetano de Angelis e Michele Guida. (Propr. Walter Travaglini) Dichiarazione fata 1°11 febbraio 1778 dal Notaio Niccold Crocetti in Ortona relativa ad un codicillo del Vescove Marcantonio Amalfitani, Vescovo di Ortona e Campli, redatto I'11 novembre 1765, con cui, tra l’altro, lasciava 500 ducati dovutigli dall Universita del Treglio sua Abbazia “per fondo di due eddomadarti da farsi in questa chiesa caitedrale di S. Tomaso Ap. Col peso della cura elle anime...”. “Esecutore del codicillo @ il Can. Francescantonio Bucciarelli, con il Rev.mo Capitolo di questa Citta” (Propr. Walter Travaglini) Gruppo di lettere di Lionardo Nelli, 1784-86, amministratore in Napoli, referente di un Barone ortonese (probabilmente de Sanctis) su una lunga causa civile con il Capitolo della cattedrale su diritti di passaggio di terre. (Propr. Walter Travaglini) 43 DOCUMENTI DELL’ ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI Copia della risposta del Marchese Castiglione del 16 giugno 1753 ad una telazione del rappresentante dell’ Universita di Ortona Tomaso Antonio Pistoni, su alcuni crolli che hanno coinyolto la “met delle mura del giardino unito” al Palazzo Farnese. Si dispongono i lavori ma “col maggior possibile risparmio”. I crolli erano dovuti alle infiltrazioni ‘d’acqua coinvolgevano le fondamenta del Palazzo. toe Stima dell'ing. Michele Clerici, su ordine del Marchese Antonio Castiglioni, con lindicazione della spesa occorrente per evitare crolli ulteriori che coinvolgano Palazzo Famese. 23 Novembre 1755: Archivio Farnesiano, Fasc. 1213, vol. 23. UNO STORIONE PESCATO A ORTONA Lettera da Ortona al marchese Fogliani, 31 Dicembre 1754. “Essendo il dovere ch'habbia il Sovrano cid che di pik pregiato si rinviene nei suoi Stati, mi do lo spirito per mezzo dell'E(ccellenza) Mostra) wmiliare alla Regal Mensa della M(acsta) del Re N(ostto) Signore un Storione che in questo punto fortunatamente viene pescato in questa Marina e che mi lusingo possa anche giunger vivo. ...”. Archivio Farnesiano. Fasc. 1213, vol. 24. Lettera a Teofilo Mauri residente del Serenissimo Real Stato di Parma Domenico de Lectis della Citté di Ortone, offte dieci ducati l’anno per ottenere l’affitto dell” “ufficio di Doganiere del Porto di questa Citta, poiché il porto & “sfornito di Negoziazione, con qualche poco solo traffico di piccole barche ...” Archivio Famesiano. Fasc. 1213, vol. 23 30 Aprile 1755. Il Marchese Castiglione raccomanda al Mastrogiurato, Caporali ¢ Soldati ¢ Portinari nella Cit di Ortona di chiudere le porte delle Mura “ogni sera a tempo debito” e di far “correre [a solita ronda” con “la dovuta vigilanza”. Archivio Famesiano. Fasc. 1213, voll. 23-37. Progetto di un altare ¢ della decorazione dell’abside della chiesa di S, Margarita presso il Palazzo Farnese, firmato dall’arch. Michele Clerici, 1755. Lraltare era lungo 10 palmi (2,5 metri); l’abside dietro I'altare era alto circa 10 metri con una larghezza alla base di sette metri, Nella decorazione, in alto, lo stemma dei Farnese; fregi e stucchi di stile settecentesco-neoclassico OFFERTA PER LA STUCCATURA DI S. MARGHERITA 18 Novembre 1755. Santino Burgonzoli “milanese dimorante in questa Provincia d’Apruzzo sapendo che si debba interiormente rimodernare di pulito l'Oratorio addetto al Real Palazzo di questa citti di Ortona (la chiesa di S. Margherita presso il Palazzo Farnese) offerisce Uopera di mano sua ... sul piede dell’offerta esibitasi dal maestro Pietro Pistone, migliorando tm primo luogo la qualité del lavoro per essere il Burgonzoli stuccatore di quadratura ed anche mediocre d’'intaglio 44 se * 1756 CIRCA. Santino Bergonzoli prega il marchese Antonio Castiglioni ministro della Real Casa Farnese di pagarlo per il lavoro di stuccatura della "lamia” della Chiesa di S. Margarita, costruita dal'arch. Michele Clerici, come fu riconosciuto dal perito Giuseppe Ciampoli della Terra di Francavilla. ars Foglio con la distinta delle spese per arredi della Chiesa di S, Margarita. rare . Dedica in latino del 1589, 11 Giugno, Si ricorda che Margarita d’ Austria signora di Ortona ha dedicato a S. Margarita Vergine la chiesa che ordind di costruire dalle fondamenta e la insigni di due Cappellanie, Alessandro Farnese duca di Parma, Piacenza e Ortona curd che ogni lavoro di cmamento fosse eseguito come da testamento della madre. Tl Vescovo di Ortona Dom. Rebiba consacré la chiesa solennemente, La dedica del’“Sacellum” rovinata dall'eta fu rinnovata a cura del Marchese Antonio Castiglione. A. D.-1756, : Archivio Farnesiano, Fasc. 1212, vol. 28. 4 Luglio 171. Lettera agli Amministratori della Citta di Ortona del marchese Antonio Castiglioni con cui si autorizza la spesa di 807 ducati per la riparazione del porto con i fondi dell’avanzo di bilancio; la spesa é riferita alla perizia del costruttore Giov. Batt. Banderati di Sinigaglia. Elenco dei pagamenti effettuati da ‘Tommaso Pugliese, depositario del denaro destinato al Porto, Archivio Famesiano. Fase. 1214, vol. 6, n. 28. “Seandaglio della scogliera da farsi alla porzione del molo fatto oggi 18 marzo 1777 di mio ordine dal sindaco Petrosemolo coll'assistenza e direzione del M. Ant. Balani dal Parone detto il Turco”. UL disegno é il primo che si conosca di una struttura portuale di Ortona. Secondo le misure, la Junghezza della parte organizzata era di 344 palmi, pari a circa 90 metri, ma si intravede che la struttura mutaria prosegue verso il mare. I! progetto prevedeva la reali¢zazione di pannelli verticali al molo con scogliere: la prima di palmi 84 (circa 22 metri), la seconda in totale di palmi 97 (circa 25 m.), la texza di palmi 120 (circa 30 m.). La profondita dell’acqua compresa Paltezza del moto andava da palmi 16 (circa 4,10 m.) a palmi 10 (m. 2,5) a palmi 13 (m, 3,40) Archivio Famesiano, Fasc. 1214, vol. 6. 8 ottobre 1792. Risposta alla supplica del maestro di grammatica e lingua latina nelle regie scuole di Ortona, Pasquale Draghi, con cui si ottiene la “provvidenza” che convenga a proposito della “cattedra”, Archivio Famnesiano. Fasc, 1211, f. 50. IL DEBITO DEL COMUNE VERSO LE SUORE Copia di un atto notarile del 14 giugno 1753. ‘Le monache cistercensi del Monastero di S. Caterina di Ortona, guidate dalla Badessa Anna Leonora Ramignani, rivendicano la concessione di un grosso prestito fatto alla Universita di 45 Ortona di 11.320 ducati al due per cento di interesse, ma gli interessi annui non yengono pagati. Atto del notaio Nicola Crocetti di Ortona. PRIMO ATTO DI UNA CONTROVERSIA SU UN CARICO DI OLIO Copia di un atto del notaio Francesco Pierangelo, presso I’ Archivio di Stato di Chieti, Data: 22 maggio 1766, in Ortona. Nella boitega di Giosafatto Orlandi il padrone di barca Raimondo Ottolina di Chiozza afferma di essere venuto in Ortona con il suo “trabaccolo” nominato S. Raimondo per “fare un carico d'oglio chiaro e lampante della qualitt mercantile”. I\“trabaccolo” aveva “diversi bottami per empirli e fare il pieno carico di detto oglio”. Dichiara di aver potuto caricare solo $00 mitri Polio (pari a 105 quintali) ma ne aspettava altri 1500, solo in parte consegnati tardi, mentre servivano altri 700 mitri (ogni mitro é 21 litri di olio) per compiere “I'ordinato intero carico”. Per cui, non avendo avuto l’intero carico, dichiara di “non essere pitt in tempo di noleggiare da Venezia secondo il solito i colli per la vicina fiera di Lanciano di diversi mercantili, colli quali 6 solito ricavarne pitt centinaia di ducati”. Chiede pertanto i danni per il mancato carico. Il sig. Francesco Farina della Citta di Chieti (che doveva fornire il carico) dichiara davanti al giudice, al notaio e ai testomoni, di “non conoscere affatto il padvon Raimonto Ottolina”, ma il sig. Alesandro Bernardi di Venezia, “e per le contingenze della qualita dell’oglio ohe accadono in questo anno, non si é potuto disbrigare”. 8 ACQUISTO DI META’ DI UNA PARANZA Atto del 22 agosto 1776. Notar Francesco Pierangelo di Ortona. Presso Archivio di Stato di Chieti. L'atto @ redatto nella bottega di Tomaso Paolini. Il sig. Tomaso Grilli che possiede due “parchette dette paranze per uso di cocchia alla pesca”, perché “non gli tiene comodo di tenerle interamente” cede meta di una di esse ai fratelli Pasquale e Ferdinando Cieri di Ortona “colla meta dei suoi attrezzi” al prezzo di 150 ducati. IL CAPITOLO DI S. TOMMASO POSSIEDE LE TERRE DI CALDARI Il Capitolo “possiede corpo di terreno deito della Villa Caldari parte arbustato e vignato e si tiene da varij coloni a coltura, quale corpo di terreno si stende di la e di qua dal flume Moro: il pezzo di Ia del detto Moro, che dicesi la selva grande ¢ arbostato di molti alberi di cerro, e poche quercie, di capaciti di solo tomoli 545 in circa (oltre 160 ettari), confinante da piedi detto fiume Moro ... E il pezzo di qua dal detto fiume Moro, @ di capacitd di tomoli 1302 in circa, (circa 390 ettari) comprensivi li territorij di mazza Ferregna della Carbonara e del Cuculo ...” (segue l’elenco dei confinanti) L’ATTUALE PIAZZA DELLA REPUBBLICA NEL i754 Nel 1754 l'architetto Michele Clerici, incaricato dal governatore farnesiano per una perizia per una lite su una bottega in piazza, disegna quella che forse é la prima pianta dell’attuale Piazza della Repubblica (originale nell’ Archivio Famesiano di Napoli). Essenzialmente Iimpianto della Piazza settecentesca é identico a quello odiemo, anche se Pallora piazza cra molto pill stretta dell’attuale. A desira per chi guarda, il Palazzo 46 dell’'Université (il Comune nel cui interno cera anche la Corte (amministrazione della Giustizia). Da notare Ja scala esterna da cui si accedeva al palazzo dall’attuale inizio di Corso Matteotti. In basso, oltre al “comprensorio di case di diversi particolari”, si nota il Palazzo Famese (Serenissimo Regal Palazzo). L’attuale costruzione su Largo Farese-Corso Garibaldi @ stata realizzata sul sito della Chiesa di S. Margherita nuova, che era il “regal oratorio del regal palazzo”. Nell’attuale isolato Caldora, case di diversi, Case della Regal Camera, botteghe della Camera; mancava l'ingresso in Via delli Gfudei dalla Piazza, ma probabilmente c’era un Passaggio con angiporto; c'erano case e forno della Regal Camera (ossia possesso dei Famese), con la nuova bottegola, per cui c’era un contenzioso. La Chiesa del Purgatorio gia esisteva, con ingresso dall’attuale via Cavour, ma con una sporgenza maggiore rispetto all’impianto attuale. Le distanza tra il rauro della Chiesa e il Palazzo dell’ Universita (Comune) era di 26 palmi, circa sei metri e mezzo. 5 OTTOBRE 1795: OMICIDIO A S. LEONARDO CON ESAME NECROSCOPICO DEL CADAVERE Un documento dell’ Archivio di Stato di Napoli (Giunta degli Allodiali, serie II, fase. 280-281) € una relazione di polizia e medica su un omicidio avvenuto a S. Leonardo il 5 ottobre 1795, con successive esame necroscopico del cadavere. La relazione é diretta al Segretario di Stato per la Grazia e Giustizia, Simonetti, a Napoli, da parte di Giuseppe Colombo, rappresentante della Giustizia in Ortona, che scrive il 23 ottobre 1795. Questo il testo della relazione: Nella mattina de cinque del corrente ottobre portossi da me in questa Corte Caterina Smellica di S. Lionardo, villa soggetta a quesia Giurisdizione e mi dedusse che a circa le ore wre dellantecedente notte era stata col mavito Francesco assalita nella propria vigna, mentre quella guardavano, da due persone, una alta, e Valtra bassa, che non conobbe per P’oscurilaé dell'aria e sospett6 essere i due fratelli Pietro e Sabatino Civirarese di lei paesani, dapoiché col primo aveva avuto attacco di parole nell’antecedente giorno de’ quattro, ¢ per cui si avea morsicato un dito, e che all’assalto il marito fuggisse, ed essa a colpi di asta di legno rimanesse gravemente ferita; onde dopo quaiche tempo ricondotta a casa, e raccontato il Ffunesto successo alle sue figlie, si ponessero le medesime ad andare in traccia del proprio padre, e maigrado le pitt esatte diligenze praticate, per tutta quella notte nei luoghi convicini a detta loro vigna, non gli era riuscito di ritrovarlo, ma lo rinvennero al far del giorno disteso in terra ucciso da vicino i terreni vignati di Filippo Brighella ed altri, in qualche. distanza dal tuogo dell'assalto. All'awiso disposi incontinente la ricognizione e sezione dell'ucciso Francesco, e dell ‘offesa sopravivente Caterina di lui moglie per la sicurezza della ragion fiscale, e si trove da’ Professori che il Francesco tenea esternamente molte, e diverse contusioni, cioé una sull’osso Parietale destro larga ¢ lunga d'intorno a quattro dita trasverse di mano d’uomo: pitt contusioni unite insieme sull'osso parietale sinistro e sulla parte petrosa dell'osso temporale sinistro, larghe circa tre dita, e lunghe quatiro; una contusione sul capo dell'omero sinistro, larga circa un dito e lunga circa tre, qual contusione era accompagnata da slogatura del medesimo omero. In mezzo alle contusion! esistentt sull osso parietale sinistro vi era una ferita larga quanto un dito auricolare, lunga circa due e profonda sino all'asso. 47 Olire delle mentovate contusioni, rinvennero tutto l’addome contisionato e gonfio. Le accennate contusioni, slogatura e ferita stimarono cagionate tutte da colpi di strumento contundente, come a dire sagliocca, palo, testa d’accetta e simile. Quindi divenutosi alla sezione del cadavere, segato in prima il cranio, trovarono sangue stravasato e sopra e in mezzo alla sosianza del cerebro e rotta in parte la duramadre. Aperto in seguito l’addome, rinvennero tutte le intestina gonfie, e di colore preternaturale, cioé di colore tivido. ¥ Osservato tutto cid, giudicarono esser nata la morte del menzionato Francesco dagli additati colpi lanciati con violenza sul capo, per mezzo de’ quali agitata e scossa la tenera sostanza del cerebro, si ruppero i di lei vasi e si stravasé il sangue. Questo premendo l’anzidetta sostanza, impedi Iinflusso del fluido nerveo del cerebro alle parti; e la mancanza di un tale influsso cagiond Ia perdita del senso e del moto, giacché dall'influsso di quel fluido dipendono ic funzioni del senso e del moto nel corpo animale. Ma nel senso e nel moto sta tutto il fondamenio delta vita, onde abolito if senso e il moto per la mancanza dell ‘influsso del fluido nerveo, nata dalla pressione del cerebro, fatia dal sangue stravasato per gli accennati colpi, ne segui la morte, a produrre la quale concorsero ancora i colpi lanciati sull'addome, poiché per mezzo di essi si arrest nei vasi delle intestina il sangue, il cui perenne circolatorio moto costituisce la vita; conché le offese della sostanza del cerebro e quelle dell ‘intestina debbono riputarst la cagione della morte di detio Francesco Smellica. Alla sopravivente Caterina moglie dell'ucciso gli rinvennero due ferite unite insieme sulla testa e propriamente nell'osso frontale destro, lunghe d'intorno a tre dita trasverse, larghe uno e profonde sino all’osso che giudicarono fatte da colpi pur di strumento contundente, come palo, sagliocca, ¢ simile, e con pericolo di vita per i sintomi che l’accompagnarono, come febbre, stordimento, ed altro Si divenne nel punto medesimo all arresto del menzionato Sabatino come indiziato dalt offesa Caterina e ritrovasi tutt'ora ristretto in queste carceri. Sard questa Vostra Corte tutta intenta per l'esatia amministrazione della Giustizia. Per mio indispensabile dovere rassegno l’accaduto a Vostra Eccellenza, cui pien di rispetto fo umilissima riverenza, Ortona li 23 ottobre 1795 Dev. Ed obb. Ser, vero osseg. Giuseppe Colombo Ecc.mo Sig. Intendente Simonetti Segretario di Stato, Grazia e Giustizia Napoli TRAFFICI PORTUALI 1799 1 waffici portuali erano regolati da un Portolano, una specie di Comandannte di Porto-Ufficiale di Dogana, La Regia Portolania degli Abruzzi, Citra et Ultra, andava sino a Termoli di Capitanata, Nella seconda meta del Settecento furono Portolani membri della famiglia Salzano de Luna, oriunda spagnola, da tempo dimorante in Ortona, che era sede della Regia Portolania. Tra i Salzano de Luna ci furono Michele e i fratelli Fortunato ¢ Gaetano. Al Portolano spettava una parte degli introiti della Dogana (fruttato). Da un documento presso I'Archivio di Stato di Chieti, relativo ad una controversia sul “fruttato”, possiamo cogliere come esempio un estratto dei traffici del porto di Ortona dal 6 ontobre 1799 al 22 gennaio 1800. Il traffico era di esportazione (il termine & estrae) verso aree fuori dal Regno di Napoli (extra). Le merci erano: vino, vino guasto, aceto, fichi secchi, feccia brugiata, tartaro di botte, galla, Le 48 galle sono piccole sfere come noci che si formano sulle querce: erano usate in conceria e in tintoria, Non @ possibile conoscere la quantiti in libri di una “botte": probabilmente corrispondeva a due moggia, pari a 700 litri.Il cantaro nel Settecento era una misura per pesi * corrispondente a 90 chili. II termine pad. (padrone) si riferisce al padrone di barca 6 ottobre 1799. Il pad. Angelo Giulietti di Recanato estrae da Ortona sopra sua barchetta vino guasto botti otto. 8 ottobre. Pad. Felice Tonitti della Grottamare estrae da Ortona Sopra sua barca vino guasto botti trenta. 10 ottobre. Pad. Domenico Ragnoli della Grottamare estrae da Ortona sopra sua barchetta Jichi secchi cantara 45 14 ottobre. Giacomo Bonaldi di Fiume estrae da Ortona sopra la barca del da. Andrea Moretti di Trieste aceto botti quindici e 50. cantari di fichi secchi, 17 ottobre. Giacomo Bonaldi di Fiume estrae 50 cantari di fichi secchi. 23 ottobre, Giacomo Bonaidi di Fiume estrae da Ortona sopra la barca del pad. Andrea Moretti sei cantari di feccia brugiata e suecessivamente altri sei. 1° novembre. Filippo Agnelli della Grottamare estrae da Ortona sopra la sua barca fichi secchi cantari 30, 4 novembre. Francesco Paolo Nasuto di Lanciano estrae da Ortona sopra la barca del pad. Filippo Agnelli della Grottamare feccia brugiata cantari 5, sei cantari di galla e 5 cantari di tartaro di botte. 4 novembre. Pad. Angelo Giulietti di Recanato estrae da Ortona sopra sua barchetta vino guasto bout otto. 14 novembre e 28 novembre: Domenico Bernardini della Grottamare estrae da Ortona sopra sua barca in tutto 140 cantari di fichi secchi. 6 dicembre. Pad. Luigi Fazzini di Marano estrae da Ortona sopra sua barchetta vino botti quattro e vino guasto botti quattro. 7 dicembre. Pad. Palinario Rocco della Grottamare estrae da Ortona sopra sua barca galla due cantari e 110 cantari di fichi secchi. 10 dicembre. Pad. Domenico Albasese di Ortona estrae da esso luogo sopra sua barchetta aceto botti cingue. 14 gennaio 1800. Tommaso Capista d'Ortona estrae da esso luogo sopra ia barchetta del pad. Pasquale Cappella 'Ortona vino botti sei 22 gennaio. Pad. Antonio Maoni di Marano estrae da Ortona Sopra sua barchetia vino botti sei ed aceto botti tre. 49 UN’ACCUSA FORSE FALSA DEL 1788 Il Priore del Convento di $. Mateo, Ospedale di S. Giovanni di Dio, dei Fate bene Fratelli, fu protagonista di una calunnia nel 1788 Due atti notarili del 5 ¢ 6 dicembre 1788, redatti dal notaio Francesco Recchini, testimoniano la stima che padre Torrio aveva da numerosi esponenti della societi ortonese, mentre altre persone lo calunniavano. 115 dicembre, Luigi de Sanctis, Michele Brunetti ¢ Giosafatte del Gengo, esponenti delle borghesia ortonese, si riuniscono nella “publica spezieria” di Giosafatte del Gengo, “nella publica piazza” e davanti a testimoni affermano di conoscere fra’ Raffaele Torrio, priore del Convento di $. Giovanni di Dio, “stanziante nel Convento di questo luogo”. Egli “ha effettuato ed effetiua publicamente la professione di chirurgio medicando gli infermi ortonesi, anche nelle loro rispettive case con ogni attenzione, e vigilanza, dimostrando questa Cittadinanza ne sia pienamente soddisfatta e ben contenta”, Ma questi rappresentanti di rilievo della citt& non si limitano a dare pubblica stima di un frate in un atto notarile, ma affermano anche che altre sei persone (non citiamo i loro nomi e cognomi, alcuni sono ancora esistenti) sono “persone miserabilissime ... abituati a mentire ea dire ciancie” ¢ in particolare una donna, Teresa ... “alias Cicirinella” essendo “donna di partito ... la medesima viene da tutti come prostituta riputata donna capace di dire qualunque menzogma” ... Evidentemente costoro, ¢ in particolare la donna, dovevano aver calunniato o accusato il frate di azioni turpi, magari girando di notte. Cid si evince dal secondo atto dello stesso notaio Francesco Recchini, del 6 dicembre. II Mastrogiurato in carica, Luigi de Sanctis e quello dell’anno precedente, Tommaso Fabrizi, affermano davanti a testimoni di non aver mai incontrato di notte fra’ Torrio, priore del Convento. Il Mastrogiurato, eletto ogni anno dall Universita tra le persone pitt responsabili, aveva V'incarico di girare di notte per il centro urbano, controllare le porte della citta, vedere se alcuni uscissero 0 tentassero di commettere azioni violente, etc. Costoro giurano di “non essersi mai incontrati con il reverendo priore del Convento di S. Giovanni di Dio, fra’ Raffaele Torrio ... if quale sebbene sia esperto in chirurgia ed usi la carita di andare medicando anche nelle proprie case i cittadini ortonesi, non & stato mai visto che il tempo di notte andava per aleuna casa di questa citts, avendo sempre dimostraio di essere di vita e costumi esemplari e di ottima morale”. I due: atti notarili dimostrano come il priore godesse di publica stima; ci indicano come il religioso, quale “chirurgo”, visitasse anche malati nelle loro case, ma non di notte. L'attivita sociale dello “Spedale” di S. Giovanni di Dio aveva causato probabilmente qualche voce calunniosa. LA SALUTE Neila seconda meta del Settecento, in Ortona, la salute delle persone era tutelata da uno o due medici, che per i parti erano aiutati anche da una “mammara”. Nel 1751 chirurgo cra Francesco Fonzo, di 32 anni; mammara era Antonia Busacchio. I! medico era pagato direttamente dall’ Universita, aveva I'obbligo di visitare tutti i malati gratuitamente, non poteva allontanarsi dalla citti. Lo stipendio annuo si aggirava mediamente sui 170 ducati l'anno. Continud ad operare nel Secondo Settecento I’Ospedale intitolato a S. Giovanni di Dio, presso il Convento di S. Matteo tenuto da aleuni religiosi dei Fate Bene Fratelli. L’Ospedale, con circa 4-6 posti letto, eta sinuato in un edificio presso l'attuale Piazza Plebiscito. In genere i religiosi erano tre, come nel 1776: Cataldo Pricci, priore, Leopoldo Quatrini, sacerdote, Donato Caproli, 50 religioso, oppure due come nel 1789: Raffaele Torrio, priore ¢ Giulio Petrelli, religioso (da atti notarili presso I’ Archivio di Stato di Lanciano). Per la tutela della salute delle collettivita Universita emanava spesso ordinanze affinché le vie non fossero sporcate eccessivamente. 23 FEBBRAIO 1782: FRANA ALL’ORIENTALE ‘L’area antistante l’attuale Largo Farnese — primo tratto del Belevedere Tosti fu soggetta ad una grossa frana il 23 febbraio 1782. Cosi la descrive Domenico Romanelli nei primi anni del 1800 “Altre mura ella aveva una volta dalla parte di mare, le quali poi caddero con porzione della cinta istessa, per la mobilita del terreno argilloso, e cretaceo, di cui il colle @ camposto, e per Te acque della lunga pianura qui sotterra colanti, che minacciano tuttavia nuove ruine, ed altri disastri. Qui il lunghissimo taglio a perpendicolo della rovinata rupe sulle onde del mare colle case 0 intere, 0 smantellate poste sull ‘orlo riempie di spavento” Il fronte di frana coinvolse anche la “Porta Carbonara, che metteva in una strada bastamente larga e comoda, addena al traffico ed a! passeggio nelli tiepidi giorni dell invernata” (dalla perizia dell’ing. Gaetano Cassano ¢ dell’arch. Giovanni Fontana, del 2 agosto 1782 — Archivio di Stato di Napoli). Secondo i tecnici la frana fu causata da una “copiosa neve precedentemente caduta”. Cosi venne descritto il fronte della frana: Portione di detta collina voltata a Mezzogiorno, e proprio quella dove sono situati il Reg(ale Palazzo con parterre, fatto edificare con grandioso principio dalla felice memoria di Madama S(erenissijma Margarita d’Austria; la pred(ett)a Porta carbonara; Valtra Casa del Re addetta al Regio Portolano; quelle deila Chiesa di S. Tommaso Appostolo Tutelare del Luogo; de' Sig(no}ri delle Carceri; de’ Sig({no)ri Bucciarelli; e di alcuni altri particolari ci a presentato tl suo compassionevole aspetto ( ... ) per la estensione di canne centottantotto per iraverso e di canne centouna per lo ngii dalla Citta alla Marina, altro non offerisce alla veduta, se non il terreno staccato dalle pedamenta de d(ett)i Reg(io) Palazzo, parterre e Case de’ Particolari, prominenze e valli, tufi scissi e sdrucciolati nelle acque della sottoposta ‘Marina; fessure aperte, ed alberi rovesciati e secchi, in guisa che niente corrisponde alle notizie sparsesi di essersi aperto un fosso presso l'estremita dell 'Abitato, e che potea riempirsi ed appianarsi facilmente”. Il fronte di frana era quindi lungo circa 380 metri (pari a 180 canne) con una profondita di terreno interessato di 210 metri circa (101 canne) ed un’altezza di 30 metri (14 canne ¢ 1/4), Le cause furono addebitate alle acque delle sorgenti e quelle piovane che scorrevano libere su terreni non saldi. Nell'Onciario del 1798, ci sono testimonianze di questa ¢ di altre frane, Giuseppe delli Carceri figlio di Prospero delli carceri “ha una casa palazziata in contrada di S. Caterina (attuale Belvedere) che é diruta perché resta al colle slamato”. Gaetano Bellonio, figlio di Pasquale ha un terreno “di tomoli due nella contrada dell’acqua bella che é dilamato”. S51 TREDDITI PIU’ ALTI NEL 1751 Dall’Onciario del 1751 & possibile dedurre i principali redditi degli ortonesi. Elenchiamio le persone con i 58 redditi maggiori espressi in once. Accanto al nome e cognome sono indicati la condizione sociale, il luogo ove abita ¢ il reddito. “Camparolo” nell’Onciario indica il proprietario-coltivatore diretto di terreni; “bracciale” & il fittavolo che hail possesso dell tere, mua paga un “peso” ad un proprietaio, spesso Chiesa 0 Convento o nobile. L’elenco evidenzia come, accanto alle famiglie di antica nobilta, altre, con diversa condizione sociale, abbiano conseguito redditi elevati. Il processo di imborghesimento, proprio del Settecento, é in atto. Tomaso de Pizzis nobile strada S. Pietro 1009 Tomaso de Berardis nobile strada del Giardino 64 Urbano Grilli nobile strada S. Caterina 516 Tomaso Bemardi nobile Terranova 512 Prospero delli Carceri propr. strada S. Caterina 484 Andrea M. de Sanctis nobile strada grande di Terravecchia 441 Maria Camilla Bernardi nobile strada grande di Terravecchia376 Gioacchino Verratti nobile strada della Giudea342 Tomaso Petronij nobile strada della Giudea325 Tomaso Caraceni nobile strada grande di Terravecchia3 18 Giovanni Santacecilia camparolo Villa Grande313 Tomaso Castiglione nobile Piazza Grande278 Pietro Civitarese camparolo S, Leonardo267 Giacomo de Pizzis marchese strada grande di Terravecchia249 Sabatino di Deo camparolo Villa Deo-Fonte Liberti239 Matteo Toscano camparolo Villa S, Tomaso231 Tomaso Cichelli agrimensore strada della Giudea217 ‘Tomaso Costanzo camparolo strada della Giudea218 Vincenzo Rossi camparolo strada della Giudea213 Maria Urbisci vedova 202 Domenico Mené camparolo Villa Bravari199 Getolima Vesij vedova nobile strada S. Domenico199 Nicola Riccio camparolo strada S. Angelol96, Filippo de Berardis nobile strada del Giardino190 Giov. Batt. Gervasoni barone strada grande di Terranoval83 Gregorio Draghi dott. in legge strada grande di Terranova181 Domenico de Thinis barone Piano S. Tommaso177 Nicola Rapini Domenico Scaricaciotti camparolo strada $. Caterinal73 Silvestro de Sanctis nobile strada $. Domenico172 Domenico A. Primavera macellaro strada della Giudea163 Francesco A. Piccomerli negoziante strada del Giardino158 Giuseppe Zuccaro canonico 156 Domenico de Lectis nobile Piazza Grande152 Giovanni Massaro nobile Porta Caldaril51 Domenico Viscio 52 Giuseppe Dragani (di Paolo) camparolo Caldaril46 Nicola della Pietra camparolo Villa S. Tommaso 143 Mare’Antonio Rocco nobile strada grande di Terranova 139 Tomaso Mosca funaro Porta Caldari 133 Gaetano de Fabritiis canonico strada §. Caterina 131 Tomaso Staniscia camparolo Rogatti 130 Giuseppe Priori padr. di barche- strada grande 125 Felice Santolino camparolo Villa S. Agata 125 Tomaso Salvatore camparolo Rogatti 123 Pasquale Fabrizio padr, di barche ~ strada S, Angelo 121 Giustino Dragano (di Rocco) camparolo Caldari 121 Giuseppe di Lucia camparolo Caldari 118 Nicola Marchisciano bracciale Villa S, Agata 117 Giacinto A: Mazzoccone camparolo Caldari 117 Francesco de Zelis nobile Piazza Grande 115 Gesualdo Mencarelli camparolo S. Leonardo 112 Francesco di Deo camparolo Villa Deo-Liberti 110 Giuseppe Napolione funaro Piazza Grande 108 Carlo Moro bracciale strada del Giardino 107 Antonio Garzarelli bracciale collo $. Giacomo 103 Domenico de Mattheis negoziante Terravecchia 103 Francesco Sav. delli Carceri canonico strada S. Caterina 101 PROFESSIONISTI E IMPIEGATI A META’ SETTECENTO Gennaro Bellafante speziale di medicina Antonio Costantino misuratore di sali Antonio Cavallini speziale di medicina Marca’ Antonio Caiola publico balivo Amodeo de Mattheis notaro Giovanni Draghi scribente Gregorio Draghi dottore in legge Michele Salzano de Luna portolano Prospero delli Carceri dottore dell’una ¢ l’altra legge Carlo Fonzi scrivano Giovanni Fonzo scribbente Francesco Fonzo chirurgo Antonia Busacchia mammara Giosafatto del Gengo speziale di medicina Berardino d’ Angelis maestro d’atti della Corte Serafino Orlando credenziere della Regia Dogana delle merci Tomaso Cichelli agrimensore Tomaso Nicodemo Regio Giudice a contratti Gioacchino Petrosemolo Regio Giudice a contratti Paolo.G. Piotti dottore in legge, genovese Domenico Torrecchia maestro di cappella 33 BARCHE DI ORTONA NEL 1751 Tipo di barca Valore in ducati Proprietari Barca peschereccia 350 Urbano Grilli 1/3 Raimondo Massaro 1/3 Domenico Politi 1/3 Barca peschereccia 320 Tomaso de Berardis Barca peschereccia 320 Tomaso de Berardis % Donato Mastrangelo % Barca peschereccia 200 Tomaso Bernardi Barca peschereccia 200 Tomaso Bernardi 11/12 Angelo Colonnello 1/12 Barca peschereccia 200 Gio, Batt. Cermignani 1/3 Nicola Ricchino 2/3 Barca peschereccia 250 Giuseppe Priori % Niccol6 Crocetti 4 Barca peschereccia 150 Tomaso Donatuccio 2/3 Tomaso Sturlazzo 1/3 Barca peschereccia Una braceiera da pesca coll’ami Una bracciera per carreggiar pietre 350 Pasquale Fabrizio Una fratta da pesca Un battello colle sue reti Una felluca 130 Felice Musciano Felluchetta 15 Alfonso Gentile Felluchetta 15 Rocco di Silvio MELCHIORRE DELFICO E IL PORTO NEL 1784 Melchiorre Delfico, storico, filosofo ¢ uomo di Stato, di Teramo, nel 1784 visitd Ortona, nell’ambito di un suo viaggio sulla costa, Tra l’altro, lascié uno scritto sul porto, che era l'unico “costruito” sul litorale abruzzese. “... vi st fece un braccio (un molo), che si trova in cattive condizioni, ma che meriterebbe quel miglioramento del quale per localitd sarebbe suscettibile, L’essere questa citta quasi nel punto medio del litorale della provincia di Chieti e la migliore qualita del sito avrebbe dovuto renderla il vero emporio di quella Provincia ... prima della meta di questo secolo, si faceva da questo sito grande estrazione di vini, essendo quel territorio attivissimo per la coltivazione delle vit, ma l'inopportuno accrescimento delle dogane averso quest'esportazione la fece rifluire nelle gole dei beoni. Nel passato anno si vede nuovamente imbarcarsi questo genere, perché | eccessiva raccolta aveva ridotto il vino al bassissimo prezzo di due quaitrini o sia sei cavalli la carafja; ma perché sia un soggetio di commercio non bisogna attendere i miracoli della natura”. Da: C. Felice — Portie scafi. 34 - UNA PERIZIA PERI LAVORI AL PORTO Nel 1771 venne presentata all’ Universita (il Comune) di Ortona una perizia per la riparazione delle strutture portuali, Questo é gran parte del testo della perizia (originale in Archivio di Stato di Napoli, Archivio Farnesiano, fasc. 1211-12, vol. 8/1). Oggi 21 giugno 1771. Perizia fatia da Maestro Battista Banderati di Sinigaglia per lo ristauramento di questo Porto e da richiesta della Citta medesima colla spiega di qunt’occorreri per detto risarcimento, ritrovandosi estremamente bisognoso d’aiuio. Principiano dal muro in piedi unito alla Colonna di S. Niccola, che riguarda la Tramontana, i Greco, Levante e Seiroceo, essendo tutto caudato e diroceato, necessita per il suo ristauramento tuttocié che qui sotto viene da me spiegato. In primo luogo ci vogliono Pali 80 dalla parte di Scirocco e ivi farvi una Scogliera a Castello i quali devono essere di lunghezza piedi 12 romani e di grossezza in testa de’ Pali un palmo romano riquadrato e nella punta mezzo palmo, si é considerato di suo valore (due,) 15: Tavoloni per il di dentro de’ Pali n. 80 di langhezza piedi otto romani, di larghezsa un piede e di grossezza oncie quattro romane posti ag. 15 l'uno ... 15: Paraschini e catene di rovere che servono per legare ed incatenare la fabbrica nelle sue occorrenze n. 160 piedi, di grossezza once cinque romane e di larghezza once nove squadrati 20: c Per ferrareccie cioé chiavie grosse, piccole, chiodi ed ogni altr’occorrente per detto tenere lib. 300 23: Per la scogliera intorno a tutto il lavoro si deve fare perché necessarissima di farsi prima di porsi mano cann. N. 200 pietre a ragione di :80 la canna fra pietre e trasporto (duc. 160: (totale) 233 docati. s+ 8 1+... romani della grossezza in cima del Palo di un palmo romano in guadro ¢ nella punta mezzo palmo per fattura e trasporto in qualunque luogo se I'assesto a nel tenimento di questa Citta il legname gratis per ducati quindici, 2- Per n. 80 tavoloni per la deita scogliera a castello nella parte interna di detto molo nella lungheza di piedi ottanta romani, di tunghezza di tavoloni piedi otto romani di larghezza un piede e di grossezza oncie quattro per faitura e trasporto come sopra ducati quindici. 3 ~ Per cenio sessanta piedi romani di travi di rovere in pitt pezzi tutti di grossezza di once cingue romane e di larghezza oncie nove squadrati che servir debbano per paraschini e catene per incatenare la fabbrica, per fatura e trasporto come sopra ducati vert. 4 — Per ferrarecci, cioé chiavi grosse e picciole ed ogni altro occorrente di ferro, di peso in circa di libre trecento per trasporto e fattura dei lavori che bisogna di detto ferro ducati ventitre. 5 - Per canne duecento pierre al luogo ove bisognano offerisce prowvedersi per il prezzo di ducati centosessania e per tuite le altre che bisogneranno per detta scogliera esterna a detto molo stimata, come sopra necessaria detto Maestro Ingegnere si obliga prowvederlé tutte a suo conto per il prezzo convenuto di altri ducati cinquanta 6 - Per n. sessanta pietre lavorate a scarpello di lunghezea di piedi cinque, di larghezca di piedi tre e di grossezza di piedi due per legare e fare la facciata dove batte il mare nella parte di Greco e Levante per la fattura e conduttura ducati trentacingue. 7 — Per mighaia dieci di mattoni di buona qualita e cottura in deta punta di molo, e condotti, ducati ventisette 55 8— Per moggia trenta calce composto ciascun moggio di some dicioto alla ducati quaranta e grana cinquanta. 9 — Per some trecento sessanta pozzolana condotta ducati ortantasei e grana 40. 10 — Per legnamo di abeto che serviranno per fabbricare, cioé n. 24 Bordonali, n. 12 sestacchini, n. 12 di travi da una al Carro, n. 40 da tre al Carro en. 100 tavole pianine per provista di detto legname che resterd a di lui conto e vantaggio servizi che se ne avra si contenta di provedere tutti detti legnami colla condizione come sopra per ducati trentacinque beninteso perd che questa provista de’ medesimi debba |' Universita anticipargli in conio della sua Mastria tutto il pitt che gli bisognasse per la compra di detti legnami. 11 ~ Per un cartoceio di ferro di acciaio ad uso d’arte. Per un Capo nuovo di scassi trenta Per una Grippia fanta ad uso d'arte per far correre i sassi in quella situazione che dovranno essere destinati; e per un paranco e funi necessarie per tutto detto lavoro offerisce provedersene per suo conto per il prezzo di ducati trent'uno con condizione che avwedutasene per detto lavoro e fabrica, debba detto Cartoccio Capo Grippa Paranco e Funi rilasciare a beneficio dell’Universita nella guisa si troveranno dopo detto lavoro; ben inteso pure che per Ia compra e fattura di dette robe debba I Universita anticipargli il conto della sua Mastria di ducati trent ‘uno e tutto il di pi che mai bisognasse, si obliga provederlo detio Giambattista Baldarata senza punto in altro interessare questo Pubblico perché cosi tra loro si sono convenuti. Quali cose, come sopra espressate e dichiarate, esse Parti promettono rispettivamente averle per rate e ferme e di punto controvernirne anzi in tutto osservarlo; cosicché per maggiore validezca si é firmato rispertivamente la Pianta fatia per questo detto lavoro perché cosi e non altrimenti e per maggior cautela e sicurezca di esso Maestro Ingegnere Giambattista Banderati. Elenco dei cittadini ortonesi intervenuti al Pubblico Generale Parlamento della Citta riunito il 21 aprile 1765 nel cortile del Real palazzo Farnesiano su convocazione del Marchese D. Antonio Castiglione Soprintendente Generale dei Serenissimi Reali Stati Farnesi degli Abruzzi Sindaci: D. Giuseppe d’ Andrea ~ D. Urbano Grilli Mastrogiurato: D. Nicola Tomaso Villimagni Decurioni. D. Annibale de Sanctis D. Antonio Rocco D. Domenico de Thinis D. Marcandtea Menna D, Pietro de Sanetis D. Tommasantonio D, Angelo M.a Bucciarelli Vezzani D. Giovanni Massari D. Giovanni Antonio D. Michele Massari Gervasone D. Ammidoro de Sanctis D. Tomasantonio Petronij D. Giacomantonio D. Tomaso Berardi Berardi D. Francesco de Zelis D. Saverio de Fabritiis D. Michele de Luna D. Dor Lecti menico de Lectis se Delli Civili destinati per il Secondo Ceto sono intervenuti li seguenti: Dottor di legge D Tl Giudice a contratti Gregorio Draghi Tomaso Paolini Dottor Fisico D, Tomaso M.co Tomaso Madrigale Castiglioni M.co Antonio Borasca Notar Nicold Crocetti M.co Tomaso Valentini Notar Francescantonio Mo Falco Santuei Bonanni M.co Tomaso Pugliese Notar Domenico de Luca M.co Giacobbe Nanni Notar Francesc, M.co Gennaro Bellafante Pierangelo M.co Giosafatte del Gengo ll Giudice a contratti M.co Domenico Nicodemo Gioachino Petrosemolo M.co Federico La Valle M.co Giovanni Draghi Delle Persone del Popolare destinate per il Terzo Ceto, sono intervenute le seguenti. Antonio Garzarella Giuseppe Tatascioro Giuseppe di Rossimarrone Nicola Alferio Cannaruto Pasquale Fabrizio Domenicantonio Pietro Pistone Piccorosso Ludovico Cespa Domenico Scaricaciottoli Tomaso di Bartolomeo Domenico Primavera Cieri Giammarco Falcone Domenico Moresco Leonardo Rapini Francescantonio Rossi Paolo Falcone Anazario Primavera Simone Romagnoli Tomasantonio Moro Salvatore Tragiia Domenico Nervegna Tomaso Carrafa Carmine di Viscio Tommaso Massari Filippo Rossimarrone quattrocavalli Giuseppe de Seccia Tomaso Pellegrini Tomasi di Riceio Carluecitto Pasquale Melatti Andrea della Guardia Rajmundo Borzerti Fedele Ciampoli Domenico Albanese Tomasantonio Tucci Domenico Costanzo Domenico Tatascioro Tomaso Musciani Emanuele Fonzi Altre persone che oltre le sudette degli destinati per i Tre rispettivi Ceti, sono intervenute Te seguenti: Giovanni Piccomerli M.co Giovanni Antonio Salvatore Fornaro Mancini Pasquale Polidoro Domenico di Bartolomeo Tomaso Ruscitti Cieri Domenico Tatascioro Felice di Ottavio Cristofaro de Seccia Gaetano de Angelis Tomaso di Egidio Tomaso Costanzo Ciampoli Agostino Pierangelo Donato Gradara Pietro Palermo Domenico Cieri Temisonno Francescantonio Falcone Domenico Caraceni Domenicantonio Tuccio ‘Andrea Cieri Liborio Cerrone Pietro Dragani Gesualdo Mincarelli Domenicantonio di Menna Carlo Castelnovo Marcantonio Primavera Domenicantonio Storto Tomaso Colonnello Antonio Costantini Tomaso de Seccia Romualdo Cichelli Francescantonio di Lorenzo Colajezzi Domenico Rapini Marzio Safini Domenico Crescenzij Saverio de Blasij ‘Tomasantonio Cacciacarne Saverio Tenisci ' Giuseppe Giampuzzo Felice Antonio Rapini Domenico de Angelis Domenico di Nanni Salvatore Sanvitale Nicola Brunetti Francescantonio Fuciletto Alessio Scarinci Domenico Nanni ‘Tomaso Castelnovo Domenico Castelnovo Antonio Storto Pietro Mancini Angelo Santo di Deo Tomaso Nanni Carlo Civitarese Ludovico Cacciacame Andrea Massari M.co Agostino Morrone 58 ‘Tomaso Falcone Tomasantonio Sgammella Ferdinando de Beratdinis Saverio di Berardino Pasquale di Ottavio Berardino Umile Tomaso Zianni Tomaso Giampuzz0 Berardino Alberini Nicola Cieri Lorenzo Bellasame Nicola Mazzoccone Sabatino Dragani Urbano Rapini Agostino Bisignani Domenico Trojano Nunziato dell’ Olivastro ‘Angelantonio di Viscio Tomaso Sfetini Domenicantonio de Seccia Tomaso di Nobile Ciampoli Pietro della Scorciosa Daverio di Lucia Gaetano Petrosemolo Leonardo Nervegna Leonardo della Morella Tomaso Tenisci Pietro Colajezzi Tommaso di Francescantonio Falcone Nicola Cantona Felice Valerio Bartolomeo Napoleone Tomasantonio Toso Mattia Panico Tomasantonio Santacecilia Antonio Costanzo Rapini Rosato Dragani Angelo Staniscia Tomaso Damiani Tomaso d’Intino Francesco Petrosemolo Saverio Castiglione Nicola Mené Vincenzo Santorelli ‘Tomaso di Giuseppe Polidoro M.co Giacinto Paolo Bellonio Domenico Napolione Berardino Croce Gesué di Marzio Tomaso Pierfelice ‘Tomaso Teniscio Domenico Sanvitale Agostino de Seccia Giuseppe Donatuccio Andrea Tucci Sante Garzarelli Costantino di Gregorio Domenico Budani Carlo Pacaccio Francesco Castelnuovo Giuseppe Rapini Simone Napolione Innocenzo Rapini Andrea Staniscia Tomaso Castelnovo Guardaportoni Antonio di Giuseppe Dragani Bonomo Umile Francesco Mosca Biase Ciampoli Giuseppe di Tello ‘Tomaso Nerone ‘Tomaso Bellafante Domenicantonio Baldazone Donato Napolione Francesco Ciampoli Giuseppe d’ Adamo Tomaso Marchesino Benedetto Spinelli Bartolomeo Cieri Alesandro Costanzo Antonio Di Salvatore PasqualeRapini Domenico Nervegna Tinaro Pasquale Costanzo Pasquale di Minco di Tollo Tomaso Bellomo Onofrio Colasanti Tomaso di Giuseppantonio 59 Filippo Cruciani Saverio Colajezzi Nicola Manciécco Andrea d’ Adamo Berardino Garzarelli Carlo Tortello Carlo Marini Giuseppe Sanvitale Marco di Lullo Tomaso Ruggieri Barone Francesca Barisci Giuseppe Ciampoli Santi Fornaro Matteo Budani Domenico Carrafa Angelantonio Iannucci Francesco di Carlo Francescantonio de Seccia Falcone Matteo Dragani Nicola Scaricaciottoli Tomaso di Giuseppe Rasiccio Michele Rapini Antonio Fornaro Domenico della Pietra Ferdinando Cieri Domenico Polidoro Francesco Ciminiera Agostino Crescenzij Francesco Caccavone Giuseppe Belloni Berardino Pacaccio Filippo d’ Alessandro Saverio Piermatteo ‘Tomasantonio di Natale - Felice Basti Annibale lezzi Andrea Martini Andrea Menna Fedele Moro Agostino d’Intino Liborio Bozzelli Bartolomeo Vallozzo Tamasantonio Albanese Tomasantonio Pennacchione Giuseppe de Menna Massaro Tomaso di Andrea Falcone Biase Crescentij Pietro Tezzi Pasquale Massaro Donato Budani Giuseppe Antonio lezzi Tomaso Orlandi ‘Tomaso Mastrangelo Domenico Colangelo Stefano Rapini Tomaso Garzini ‘Tomaso Budani Giovanni Castelnovo Tomaso di Tello Pasquale Cespa Biase Pompilio Sabbatino Turisci Giacomo Polidoro Domenicantonio d’Anelli Giuseppe Bellasame Giland Basta Berardino Tatacco Donato Nerone Matteo di Addario Nicola Dragani Francesco Tintuecio Tomaso di Amario Nicola Cieri Tomaso Ciminiera Domenico Massaro Pietro Merié Vincenzo Tiberio. Carlo Busacchio Giuseppe di Vacri Tomaso Colasanti Giovanni Mosca Tomaso Susini Giuseppe Scoscetta Tomaso Cajola Saverio Polidoro Aloisio Cantona Cosimino Teti Francesco Musciani Pasquale Staniscia Domenicantonio Villante Giacinto Polidoro Pasquale Ciampoli Francescantonio d’Intino Giovanni di Gregorio Tomaso Storto Carlo Piermatteo Giacomo di Riccio Andrea Ciampoli Giovanni Santacecilia ‘Tomaso Brusciato Domenico Fon7i Pasquale Caceiacare Libro Della Cassa def Deposito del Venerabile.. a CManistero : 4S Giterinadell 6 rine, (isferciense diquestaltil Oy. f Oe lane tele me di Ortena, nel quale si natane tule /c some dt f ; \ danarg che si degesfene e laorevensenza di eso enelle aging di rincontro 5 nutes edusodid danaretil 4 caging t- sine alfa pagina. ee se he a9 C _— A Dia fragina pois in agpresse sinota dell stesso cS «? ak! gualungue altro danave che cola Lcensa A tas '5 Jy om) ! suo i Dicario accartert denositare, dt raed trian, “cialmense cel Jefe Seminariodi questa Citta. - 61 ‘A. FARNESIANO ASN Wr 1212 VOL. 8 N'9 FLO 5 Disegno dell'abside di S. Margherita nuova, di Michele Clerici, 1754. 62 UN ELENCO DI 56 CRESIMATE DEL 1790 Costume diffuso nel Settecento, come nel Seicento, era quello di cresimare o “confermare” giovani tutti insieme, in una solenne cerimonia. Pagine intere con elenchi di cresimati e compari sono nel Libro dei Cresimati (1767-1843) presso la Biblioteca Diocesana. Ne diamo un esempio, con alcune pagine di donne cresimate. La cerimonia avvenne nell'Oratorio del Palazzo Vescovile (edificio ancora esistente dietro l'abside della cattedrale). Le donne erano seguite dal nome del padre. I nomi non sono sempre leggibili bene. Anche le donne dall’Ill.mo ¢ Rev.mo D. Domenico de Dominicis Vescovo di Ortona e Campi nella sua residenza furono cresimate il 24 Maggio e poi nello stesso luogo il 28 giugno 1790. Cresimate Madrine Fiorentina figlia di Luigi de Sanctis D. Rosa Vigezza mediante mandato di procura in persona di D. Luisa Petronj Giuseppa di Giacomo Ruggeri Teresa Soia Grazia di Diego Garzarelli Teresa Soia Felice di Tomaso Barisci Anna Felice Ruggieri Emanuele di Nicola Paolini Luisa Petronj Anna Domenica di Carlo Petrosemolo Domenica Tosto di S. Vito Teresa di Andrea Perenich della citta di Fiume Concetta Montani Angela di Tommaso Petrosemalo Domenica Testo di S. Vito Antonia di Gius. Ant, Fornaro Rosaria Gentile Angela di Giovanni Tatasciore Maria Martino Anna gaetana di Giustino Rotta di Chieti Francesca Paola Nobile di S. Vito Barbara di Giuseppe Falcone D. Antonina Bucciarelli Anna Caterina di Giorgio Perenich della Citta di Fiume Marianna Margiotti Maddalena di Agostino Rapino Domenica Visci Carmela di Francesco Pugliesi Rosa Donatucci Candida Rosa di Domenico Rossi D. Giuseppa Macchini Gaetana di Domenico Carrafa Maria Alessandrino Maddalena di Dom. Ant. Serafino Teresa Napolione Maddalena di Gioacchino Costanzo Maddalena Romagnoli Catterina di Vincenzo Ricci M. Giuseppa Macchini Lucia di Matteo Tucci Smeralda de Luna Agata di Tommaso Costanzo Caterina di Gio. Marco Falcone Anna Elisabetta di Ant. Garzarelli D. Chiara de Lectis Maddalena di Pietro Tatasciore Anna Teresa Mosca Silvia di Gaetano Bituro Rachele Fortunati Maria di Carmelo Marchesani Elisabetta di Santa Cecilia Ann’ Antonia di Giovanni M. Buzzelli Pasqua del Castiglione 63 Dorotea di Pasquale Racanati Domenica di Giuseppe Valentinetti Nobilia di Domenico de Proprio Nicola di Tommaso Primavera Maria Giulia di Fedele Basti Antonia di Tommaso Budani Bernardina di Tommaso Narcisi Maria Vittoria di Nicola Natdiechio Giovanna di Domenico Giannario Anna Luisa di Domenico Bisignani ‘Antonia di Antonio Cieri Francesca di Tommaso Iarlori Maria di Bernardino Santovitale Carmela di Tommaso Capista Giovanna di Bernardo d'Ottavio Palma di Bernardino Cavaliere Rosa di Francesco Ricci Vincenza di Andrea Cieri ‘Anna Felice di Arcangelo Motesco ‘Angela di Antonio Cellini Concetta di Tommaso di Gregorio Generosa di Saverio Massari Domenica di Biagio Ricci Domenica di Domenico Piermatteo Serafina di Giuseppe Corona Rosalia di Arcangelo Moresco Maria Eleonora di Tomaso Bernabeo Giovanna di Domenico Costanzo In fede io Giuseppe Castiglione parroco. 64 Rosa Pincione Domenica d’ Addario Camilla Garzarelli Catterina Busacchio Antonia Recchini Giustina 4” Addario ‘Anna di Clerico Anna Patara dell’ Aquila Catterina Marchesani Clementina Coccia Palma Rosa Cavuti ‘Anna Maria Tenisci Giacoma Basti Domenica di Gregorio Concetta Umile Antonia Racanati Barbara di Tomaso R. Tomascia de Berardi Margherita Tucci Rosa d’Addario Angela Rosa de... Margherita Bucciarelli Maria Gradari Anna Francesca Carinci Leonarda Busacchio Vincenza Cespa Teresa Soja Teresa Soja Vita associativa In questo 1999 l’Associazione di Storia Patria ha continuato il suo impegno di ricerca, di sollecitazione della difesa dei beni monumentali e artistici, di promozione della conoscenza storica, In particolare, é stata curata una conversazione, con i soci Antonio Falcone ed Emma Davino, sulla sommossa antifrancese del febbraio 1799, tenuta il 18 febbraio a Palazzo Corvo, con una commemorazione tenuta esattamente dopo due secoli dall’evento. A cura dell’Amministrazione Comunale, sollecitata dall’ Associazione, é stata apposta una lapide commemorativa alla porta del Carmine, incrocio Via Cavour e Via Monte Maiella. E’ stata anche celebrata una S. Messa in ricordo dei Caduti. Sul tema “Ortona nel Secondo Settecento” é stata organizzata una Mostra-a S. Caterina-Oratorio de] Crocifisso Miracoloso, dal I° al 21 agosto, con la pubblicazione del presente opuscolo. Dal 25 luglio all’11 agosto @ stata curata una Mostra su “I tesori d’arte della Chiesa di $. Maria di Costantinopoli’”. La mostra, tenuta nella Chiesa, aperta me museo dalle 19 alle 23,30, é finalizzata alla conoscenza delle tele quecentesche, dell’affresco del Trecento e dell’architettura della Chiesa ‘essa, un grande patrimonio artistico-culturale di Ortona. ottobre-novembre |’Associazione organizzera una serie di conversazioni di storia locale, dirette soprattutto alla conoscenza tra i giovani di temi riguardanti il nostro passato. L’ Associazione si basa sul volontariato culturale; é aperta a tutti. ° Sono oggi soci: Enrico Coletti, Emma Davino, Tommaso de Flaviis, Paride Di Lullo, Andrea Di Marco, Emilia Durante, Antonio Falcone, Elio Giannetti, Roberto Licini, Claudio Orlandi, Giorgio Rapini, Antonio Seccia, Nicola Serafini, Giorgio Zandegiacomo.

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