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L’albergo dei misteri

E’ arrivato Maggio in quel piccolo villaggio di montagna. Strade strette, aria pulita, gente tranquilla.
Il tutto nel cuore di una vallata di montagna. Alleghe, nel bellunese, è un luogo incantevole. Ad
Alleghe non succede mai niente. Fino a quel Maggio 1933. Fino a che il cadavere di Emma De
Ventura non viene ritrovato nella camera numero 6 dell’Albergo Centrale, di proprietà della
famiglia da Tos. Emma è una giovane cameriera. Una lavoratrice onesta. Una brava ragazza. A
trovarla è la figlia del padrone, Adelina da Tos, che verso le undici e trenta scende le scale
dell’albergo ed esce in strada. Per dare l’allarme. Per avvertire tutti che c’è bisogno d’aiuto, che è
successo qualcosa di terribile. E se non proprio tutti, sul posto arrivano almeno le autorità più
importanti del villaggio: gli ufficiali di polizia, il medico condotto, il segretario politico del Fascio.
E poi, non possono certo mancare i proprietari dell’albergo, i da Tos al gran completo: il patriarca
Fiore con la moglie Elvira, la figlia Adelina col marito Pietro De Biasi, il figlio minore Aldo.
Accanto al cadavere, c’è una bottiglietta di tintura di iodio. Macchie di iodio si notano anche sul
viso della morta che poi, ha anche la gola tagliata da parte a parte. Suicidio, sì. Non c’è dubbio.
Prima una sorsata di veleno e poi, per accelelare la propria fine, un unico, terribile fendente. Così ha
deciso d’andarsene, la giovane Emma.

Suicidio, sì. Però è strano. Il coltello è sul comodino, ad una certa distanza dal cadavere. Ci si può
tagliare la gola , allontanarsi per posare ordinatamente il proprio pugnale per poi tornare al centro
della stanza? Quantomeno strano. Ma poi, perchè uccidersi? Vent’anni, un bel viso, un fidanzato
affettuoso, un carattere allegro. L’ipotesi del suicidio per amore vacilla, e non poco. Ma nessuno
sembra aver voglia di approfondire, di andare oltre le apparenze. Suicidio. Emma, la cameriera ai
piani dell’Albergo Centrale, s’è uccisa. Caso chiuso.

Passano i giorni, i mesi. Ad Alleghe arriva Dicembre e con lui il freddo pungente, che ghiaccia il
lago. Due ragazzini ne approfittano, per andare a pattinare su quelle acque che ormai sono una
patina gelida. È il 4 Dicembre 1933. I bambini sono tranquilli, finché uno dei due non nota
qualcosa. Qualcosa che sporge, dalle acque ghiacciate. Incuriosito, il bambino s’avvicina. Pochi
secondi: il tempo d’uno sguardo veloce. E poi, sono urla di terrore, una corsa a perdifiato per
avvertire qualcuno. Nell’acqua, nell’acqua ghiacciata, c’è un cadavere. Si tratta di una donna, si
tratta di Carolina, la moglie di Aldo da Tos che è il figlio minore dei proprietari dell’Albergo
Centrale. Aldo e Carolina- sposi novelli- sono tornati soltanto il giorno prima dal viaggio di nozze.
Suicidio, sì. Non c’è altra spiegazione. Una donna depressa s’allontana da casa nel pieno della
notte e si getta in un lago. Sucidio, sì. Il secondo in pochi mesi, il secondo collegato in qualche
modo ai da Tos. Ma nessuno sembra aver voglia di approfondire, di andare oltre le apparenze.
Carolina Finazzer, coniugata da Tos, s’è uccisa. Caso chiuso.

Passano i giorni, i mesi, gli anni. Ne passano ben tredici. È il 18 Novembre 1946. Ad Alleghe è
notte fonda. Notte tranquilla, notte di paese. Finchè- a rompere il silenzio- ci pensano due forti
spari,quasi simultanei. A farne le spese sono Luigi e Luigia Del Monego, che vengono freddati in
una stradina stretta, senza che nessuno si preoccupi d’andare a controllare. Ma, del resto, la guerra è
finita da poco e di “buontemponi” che ogni tanto imbracciano ancora il fucile, ce n’è tanti. E così, i
cadaveri del “Gigio” e di sua moglie vengono scoperti solo la mattina. Ed è tutto chiaro: è stata una
rapina! I due avevano con sè l’incasso della loro attività, che è sparito. La polizia mette anche le
mani su due sospetti rapinatori, che vengono acciuffati e poi rilasciati quasi subito. Gli indizi a loro
carico sono insufficienti. E poi, c’è qualcos’altro che non torna. I due cadaveri sono distanti l’uno
dall’altra. Piuttosto distanti. Ma gli spari sono stati simultanei. Insomma, più che una rapina con
inseguimento…questo sembra un agguato. Un agguato vero e proprio. Ma nessuno sembra aver
voglia di approfondire. È una rapina, dicono gli inquirenti. A carico di ignoti ,ma pur sempre una
“banale” rapina. Caso chiuso. Ma i del Monego avevano un amico. Un amico che si chiama Sergio
Saviane e fa il giornalista. Un amico al quale “Gigio” aveva confidato qualche paura, qualche
sospetto, passeggiando assieme a lui davanti all’Albergo Centrale durante le vacanze estive del
giovane Sergio. Che ora torna ad Alleghe ma non per campeggiare, no. Torna perchè vuole vederci
chiaro sui “suicidi” e sulla “rapina”. Il risultato è un’ inchiesta accurata per il Lavoro Illustrato,
un’inchiesta che “insinua” che dietro quelle morti violente ci sia un’unica mano. Ancora libera,
libera di colpire di nuovo ed aiutata da un clima di omertà e paura. È il 1952, quando i da Tos
querelano Saviane. I loro nomi non sono mai venuti fuori ma loro, in qualche modo, si son sentiti
chiamati in causa ed hanno la meglio: il giovane giornalista è infatti condannato, per diffamazione a
mezzo stampa. Sembra che su Alleghe debba tornare il silenzio. E il mistero.

E invece no. Perchè l’articolo di Saviane finisce tra le mani di un giovane e intraprendente
brigadiere, Ezio Cesca, che assieme al maresciallo Domenico Uda, decide di vederci chiaro. Ma
tutt’intorno ci sono paura ed omertà. E allora Cesca si finge operaio, lavora in cantiere e si fa amici
in paese. Chiacchiere, bevute, confidenze, una frequentazione femminile che si rivela importante: la
ragazza che Ezio Cesca corteggia è un’anziana donna che, quella notte del ‘46, ha sentito gli spari.
Gli spari che hanno uccisoi due coniugi del Monaco. E lei, dalla finestra, lo ha visto: ha visto un
certo Giuseppe Gasperini. Una fortuna che il Gasperini sia ancora in circolazione e che Cesca-
sempre vestendo i panni dell’operaio- possa offrirgli un bicchiere di vino e proporgli un “affare”, in
cui si potrebbe anche dover metter mano alla pistola.

Non c’è problema, lo rassicura Gasperini. Lui sa spareare e certe cose le ha già fatte. I due si
mettono d’accordo per vedersi l’indomani. Un cenno, un saluto, poi Cesca rivela la sua identità: non
è un operaio, è un carabiniere. Gasperini dapprima nicchia, fa il vago, cerca di depistare. Alla fine,
però, fa i nomi: tutti i nomi. Vengono arrestati per primi Aldo da Tos e Pietro de Biasi. Poi tocca ad
Adelina,. L’accusa è quella di omicidio. Ma poi, perchè? Cos’è successo veramente? Innanzitutto,
ad uccidere Emma è stata Adelina.Adelina ha afferrato Emma da dietro, le ha chiuso la bocca, le ha
tagliato la gola. Per gelosia, confesserà poi Adelina da Tos. Tutto è messo a tacere, le autorità
parlano di suicidio. Tutto tranquillo eccetto che per Aldo, il fratello d’Adelina, che sa di
quell’omicidio e ne è colpito. Per tenerlo buono, per distrarlo si decide d’ammogliarlo con
Carolina, una ragazza perbene, di famiglia ricca. Aldo si confida con la moglie, le racconta di quella
cameriera. Carolina fa finta di niente ma medita la fuga da quell’albergo maledetto. Carolia finge sì,
ma non abbastanza bene da ingannare i da Tos che- in qualche modo- sanno che lei sa. Carolina
deve morire. Al delitto partecipano Adelina, Aldo e Pietro, il marito d’Adelina. La finiscono in
fretta, la povera ragazza, e poi decidono di buttarla nel lago. Ci pensa Aldo, al cadavere. Aldo però
non è troppo sveglio e finisce col farsi vedere, corpo in spalla, da due fidanzati che a tarda notte
rientrano da una festa. Quei due fidanzati sono Luigi e Luigia del Monego. Quei due fidanzati,
tredici anni dopo, vanno eliminati. Forse hanno deciso di parlare, di rompere quel muro di silenzio e
allora, a farli tacere per sempre ci pensano Pietro, Aldo e il Gasparini.

Nel 1960 nizia un lungo processo-spettacolo, che riempie le pagine dei giornali e monopolizza le
chiacchiere dal barbiere. L’8 giugno 1960, la Corte di Assise di Belluno condanna all’ergastolo i
titolari dell’Albergo Centrale e trent’anni il complice Gasparini. Per l’omicidio di Emma De
Ventura nessuna condanna: il delitto era caduto in prescrizione all’epoca del processo. Già. Ma poi,
perchè viene uccisa Emma? Perchè si compie qul primo delitto, da cui poi scaturisce la successiva
catena di morte? Forse è questo il vero mistero, ancora non del tutto chiarito. Al movente della
gelosia, addotto da Adelina, credono in pochi. Più probabile è che Emma abbia visto qualcosa che
non avrebbe dovuto, qualcosa di terribile. Forse, un cadavere. E non uno qualsiasi, no. Il cadavere
sarebbe appartenuto a Giovanni, figlio “bastardo” di Evelina da Tos. Abbandonato dopo la nascita,
il figlio “della colpa” un giorno sarebbe venuto a reclamare parte dell’eredità ma, ad attenderlo,
avrebbe trovato solo patrigno e fratellastro pronti a farlo a pezzi. E forse, proprio di Giovanni era
quella mano che alcune signore giurano d’aver visto, nella macelleria che- accanto all’albergo- i da
Tos gestivano. Ma oltre alle voci, per quanto insistenti, mai nessun prova concreta è stata trovata.
Di Giovanni, il figlio della colpa, nessuna traccia, neppure un certificato di nascita. E allora,
perchè? Forse, l’unico a sapere la verità è il lago di Alleghe. Bellissimo.

E silenzioso.

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