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LA QUESTIONE JUGOSLAVA NELLA POLITICA ESTERA DELLITALIA REPUBBLICANA

(1945-1999)

INTRODUZIONE

La questione jugoslava che riguardava linsieme dei problemi politici territoriali etnici della Jugoslavia stata un tema
presente nella politica italiana nel 1900 che ha condizionato i rapporti tra le due sponde adriatiche e la politica balcanica del
governo di Roma.
La politica italiana sempre stata divisa di fronte allunificazione delle popolazioni jugoslave, una divisione derivante dalle
incomprensioni polemiche di concezioni e visioni di politica estera che hanno segnato le relazioni politiche e diplomatiche tra
Italia e Jugoslavia nel periodo delle guerre mondiali.

1. ROMA E BELGRADO: TRA GUERRA FREDDA E DISTENSIONE
La questione di Trieste alla fine della 2 guerra mondiale
Alla fine della 2 guerra mondiale, le relazioni politiche e diplomatiche tra Italia e Jugoslavia erano caratterizzate da
incomprensioni e polemiche dovute alla questione di Trieste del 1945-1975, una citt contesa che per anni divise i due paesi e
alla contrapposizione ideologica determinata dallaffermazione politica e militare del movimento di liberazione nazionale
jugoslavo impegnato nella trasformazione della Jugoslavia in una repubblica federale socialista e anticapitalista.
Fu proprio in questo scontro ideologico che nacque la questione di Trieste nel 1945 nel quale le forze partigiane jugoslave
tentarono di occupare Trieste per mettere a conoscenza il governo italiano del fatto compiuto e anticipare cosi le decisioni della
conferenza della pace.
I comunisti jugoslavi guidati da Tito fecero leva sui sentimenti nazionalisti degli sloveni e croati facendo appello a tematiche
antitaliane. Cosi la conquista di Trieste rappresent uno dei principali obiettivi della Jugoslavia: dopo aver conquistato la
Dalmazia nel 1944, Tito si impegn a conquistare Trieste fra lo sgomento degli italiani, incapaci di difendere la propria citt.
Questazione non piacque n agli USA n alla GB in quanto erano interessati ad avere il controllo di Trieste per assicurare i
collegamenti in Austria e non erano convinti che gli jugoslavi lavessero occupata per motivi etnici.
Cosi, gli anglo-americani si insediarono a Trieste per stabilire un governo militare alleato con lobiettivo di eliminare la presenza
militare jugoslava per non compromettere le decisioni sul destino di Trieste, portando ad una crisi con la Jugoslavia.
Sebbene Tito non volesse ritirare le sue truppe da Trieste e definire una linea di demarcazione tra la zona occupata e quella
jugoslava, Truman e Churchill si rivolsero a Stalin chiedendogli di intervenire per convincerlo ad accettare la soluzione proposta
da Washington e Londra: ovvero dividere le 4 province della Venezia Giulia (Gorizia Trieste Pola Fiume) da una linea di
demarcazione (linea Morgan) in 2 zone doccupazione: zona A angloamericana e zona B quella jugoslava.
Era una soluzione temporanea in attesa delle decisioni prese dalle grandi potenze alleate durante la conferenza della pace.
Nel 1947 lItalia firm il trattato di pace che stabiliva che tutto il territorio della Venezia Giulia orientale fosse assegnato alla
Jugoslavia ad eccezione di Trieste, occupata dagli anglo-americani e costrinse lItalia a ridimensionare la sua presenza politica
economica e culturale sottolineata dalle perdite territoriali e dallesodo degli italiani.
Ma non sembr rassegnarsi al distacco di Trieste il cui recupero fu lobiettivo principale.

Ma anche dopo la firma del trattato di pace, incomprensioni e polemiche continuarono tra Italia e Jugoslavia.
Nel 1947 la Jugoslavia us la forza per mettere al corrente le grandi potenze della debolezza dellItalia ancora in via di
riorganizzazione dopo la guerra, non rispettando la linea Morgan stabilita dagli anglo-americani, i quali chiarirono che in base
al trattato di pace il TLT sarebbe stato governato dagli alleati dalle loro zone doccupazione. Tutto ci avvenne proprio quando
lEuropa si stava dividendo in blocchi politici diversi a causa della rottura della coalizione che aveva sconfitto il nazifascismo e
dello scontro tra USA e Russia. La questione di Trieste divenne un problema adriatico. Alla politica di contenimento americana,
Usa e GB decisero di impedire la nascita del TLT per non subire pressioni dalla Jugoslavia, rimandando la nomina del
governatore del TLT per permettere alle proprie truppe di rimanere a Trieste per un tempo indefinito.
Francia, GB e Usa decisero di rivedere il trattato di pace affinch il TLT fosse ritornato allItalia, dimostrando agli italiani di
essere sensibili nei confronti dei loro interessi e di essere disposti a difenderli, ma cosi rendevano impossibile creare il TLT.
Tuttavia la frattura verificatasi allinterno del mondo comunista tra Tito e Stalin rese pi difficile la soluzione alla questione di
Trieste. Il partito comunista jugoslavo attu una politica aggressiva finalizzato allespansione del movimento comunista e della
Macedonia jugoslava e al rafforzamento della posizione e del ruolo internazionali di Tito, attraverso la creazione della
Federazione balcanica composta da Jugoslavia Bulgaria Albania Grecia, nei confronti dei paesi confinanti come lURSS,
Austria e Grecia.
I paesi balcanici avrebbero risolto le dispute etniche e territoriali relative al possesso del Kosovo, Tracia e Epiro.
Stalin era contrario alla creazione della federazione balcanica poich avrebbe potuto ostacolare laffermazione del potere
sovietico nellEuropa danubiano-balcanico, difficile da manovrare da parte di Mosca.
Nel 1948 Stalin accus Tito di deviazionismo ideologico e nazionalismo scomunicandolo attraverso lespulsione del partito
comunista jugoslavo dal Cominform del 1947 (organo di info e di raccordo dei partiti comunisti europei).
La Jugoslavia fu cosi costretta a chiedere aiuto agli USA beneficiando dei loro finanziamenti per lassistenza militare in cambio
Tito doveva porre fine allintervento nella guerra civile greca, dando vita con la Grecia e la Turchia al Patto Balcanico del 1953
attraverso il quale la Jugoslavia si legava indirett allAlleanza Atlantica. Era un vantaggio strategico poich allentava le pressioni
con la Russia sui confini meridionali dellAlleanza e faceva della Jugoslavia uno stato cuscinetto tra i 2 blocchi.

Per lItalia, la Jugoslavia rimaneva un paese comunista e nemico a cui non dovevano concedere aiuti. Fu De Gasperi (presidente
del Consiglio dal 1945-1953) a chiarire che lItalia non poteva cooperare militarmente con la Jugoslavia e che non era favorevole
alla collaborazione di altri paesi confinanti con il regime di Tito e minacci di mettere in discussione la politica di solidariet
con il Patto di Bruxelles ipotizzando un possibile ritiro italiano dalla Comunit europea di difesa. Questo comportamento
rispecchiava le posizioni degli italiani.
Tuttavia, la questione di Trieste dipendeva dagli USA e GB, la cui posizione cambi rispetto agli impegni presi con la
dichiarazione tripartita del 1948 invitando a negoziare da entrambe le parti per giungere alla spartizione del TLT.
Il fallimento del negoziato spinse gli Usa e GB ad agire, dando luogo alla spartizione del TLT, facendolo governare dal governo
italiano.
Di conseguenza, da parte anglo-americana e jugoslava, si decise di ritirare le truppe inglesi e americane dalla zona A e di cedere
lamministrazione della zona A al governo italiano e di far amministrare la zona B al governo di Belgrado.
Ci permetteva da parte jugoslava di rafforzare il paese, rivolgendo le attenzioni verso il blocco sovietico.
Si iniziarono a normalizzare i rapporti italo-jugoslavi con laccordo di Udine del 1955 che regolava il traffico di persone e merci
fra Trieste e le zone confinanti, cosi che gli scambi commerciali da entrambi i paesi adriatici tornarono ad intensificarsi.

Nonostante i rapporti fossero normalizzati alla fine degli anni 60, non si riusc a stabilire quel clima di cordialit e
collaborazione indispensabile per porre fine alla questione di Trieste, in quanto vennero in parti ostacolati dalla politica
jugoslava in campo internazionale, determinata dal riavvicinamento allUnione Sovietica. Ma dopo la morte di Stalin nel 1953
port alla conclusione dellintesa tra Jugoslavia e Unione Sovietica. Il riavvicinamento al blocco sovietico e la politica contraria
agli interessi del blocco occidentale resero problematici i rapporti con lItalia.
Fu solo nel 1953 con il governo italiano di centro-sinistra che i 2 paesi tornarono a dialogare per superare lo stallo raggiunto
nella questione di Trieste e nella collaborazione politica in ambito internazionale. I 2 governi si impegnarono a risolvere il
problema del TLT e a chiarire lo status delle zone A e B. Ma il tentativo jugoslavo port al fallimento del negoziato con lItalia
ancora una volta. Furono solo gli avvenimenti internazionali a riavvicinare i due paesi adriatici; da parte italiana, si cerc di
aiutare la Jugoslavia a rimanere indipendente e integra. La questione cambi a tal punto che i governi tornarono a parlare
anche della questione di Trieste e del confine settentrionale sulla base di alcuni presupposti:
da parte italiana = si accett la connessione tra la delimitazione della frontiera, leliminazione delle sacche e la spartizione del
TLT;
da parte jugoslava = si accett di inserire il problema territoriale in un negoziato politico ed economico per ottenere benefici e
vantaggi.

Il nuovo approccio del governo di Roma era caratterizzato dal processo di distensione dei rapporti tra Usa e URSS e dalle
rinunce territoriali della Germania nel quadro della Ostpolitik e dallavvio di un negoziato tra i 2 blocchi. Nonostante ci, la
Jugoslavia continu a chiedere la collaborazione militare italiana dovuta allinstabilit venutasi a creare in Croazia nel 1971.
Mentre il paese sembrava non tornare alla normalit, le truppe del Patto di Varsavia si impegnarono a esercitarsi in Ungheria,
destando timori e paure in Jugoslavia.
Il governo italiano diede una risposta positiva in quanto si era consapevoli dellimportanza strategica e politica del regime di
Tito, soprattutto perch avrebbe assicurato una sicurezza internazionale e una stabilit interna allItalia. Era di fondamentale
importanza che la Jugoslavia dovesse sopravvivere.
Tuttavia, lItalia si rendeva conto che lalleanza con la Jugoslavia avrebbe comportato unenorme responsabilit e dei rischi, con
il probabile coinvolgimento dellAlleanza Atlantica.
La Jugoslavia era un paese sullorlo della crisi che avrebbe potuto avere ripercussioni globali.
LItalia ritenne opportuno individuare un percorso intermedio, suggerendo una cooperazione tecnica, uno scambio di info e
lavvio di contatti tra gli Stati maggiori, sufficiente a garantire alla Jugoslavia gli aiuti necessari per non crollare. Tutto ci
contribu al miglioramento dei rapporti italo-jugoslavi perch resero evidente che tra i 2 paesi era in atto un processo di
distensione.
Il risultato a cui entrambi giunsero con la conclusione degli accordi di Osimo del 1975 in base ai quali veniva riconosciuto
lassetto territoriale stabilito nel 1954, fu la protezione dei gruppi etnici e si posero le basi per il rafforzamento della
collaborazione economica attraverso la costituzione di una zona franca per Trieste.

























2. IL PROBLEMA DEL CONFINE ORIENTALE NELLA POLITICA ESTERA DI ALDO MORO: ORIGINE E
SVILUPPI DEGLI ACCORDI DI OSIMO
Moro e il problema dei rapporti italo-jugoslavi alla fine degli anni 60
Alla fine degli anni 60, il miglioramento dei rapporti italo-jugoslavi preparava il terreno politico e diplomatico di Aldo Moro,
tornando alla guida della Farnesina (Palazzo del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Italiana) nel 1969.
Moro si era gi occupato dei rapporti italo-jugoslavi in passato, preoccupandosi di rafforzare la cooperazione in campo
economico e culturale e di favorire la collaborazione tra i 2 paesi per le questioni internazionali (Vietnam, Medio Oriente, disarmo)
senza affrontare direttamente la questione dassetto della zona A e B del TLT.
Nel 1965 Moro era stato il 1 Presidente del Consiglio a recarsi in visita ufficiale in Jugoslavia, per discutere con Spiljak i settori
dintervento politico ed economico, escludendo la questione di Trieste.
Tuttavia, alla fine degli anni 60 Moro decise di impegnarsi, per il bene dei rapporti italo-jugoslavi, per la soluzione del
contenzioso territoriale italo-jugoslavo, dando vita a un negoziato, che caratterizz il quadro internazionale caratterizzato
dallavvio del processo di distensione tra i 2 blocchi, culminato con la firma del trattato di Helsinki del 1975 e delle rinunce
territoriali della R.f. di Germania seguendo la Ostpolitik.
I cambiamenti nella politica int. favorirono il progetto di Moro di concludere la questione di Trieste per migliorare le relazioni
con lAustria e la Jugoslavia, con cui esistevano delle tensioni risalenti agli anni della 2 guerra mondiale.
Moro decise che era il momento di creare una societ fondata sui principi di solidariet uguaglianza pace capace di porre
fine agli squilibri esistenti in campo economico demografico culturale militare.
Migliorare i rapporti con la Jugoslavia significava per andare incontro alle richieste dei socialisti e comunisti italiani, sostenitori
del regime di Tito e interessati a rafforzare il suo regime soprattutto dopo quello che successe a Praga e dopo la dottrina di
Breznev (linea di politica estera sovietica nel quale nessuna nazione era consentito di lasciare il Patto di Varsavia, n di turbare gli equilibri
dei regimi a partito unico nei paesi appartenenti al blocco orientale).
Moro era convinto che la sistemazione territoriale stabilita dal Memorandum di Londra del 1954 (un protocollo dintesa tra Italia,
GB, USA, Jugoslavia riguardante il TLT determinato dal Trattato di Parigi del 47, nel quale si stabiliva che la zona A era italiana e la zona B
jugoslava. Il trattato di Osimo del 75 confermava il confine tra i 2 paesi) non fosse modificabile con la forza o con il consenso.
Per Moro si rese conto che bisognava avere una soluzione rapida per la questione di Trieste attraverso il riconoscimento della
spartizione del TLT, ma che avrebbe suscitato reazioni negative sia a livello locale che nazionale, proprio mentre lItalia
attraversava una fase delicata.
In altre parole, Moro voleva evitare che per ottenere un successo immediato si rovinassero i rapporti con la Jugoslavia e decise
di presentare laccordo con la Jugoslavia come lacquisizione definitiva di un vantaggio territoriale, politico ed economico,
attraverso il rilancio dellamicizia tra i 2 paesi chiedendo per da parte jugoslava di inserire la questione di Trieste in un
negoziato politico ed economico per ottenere benefici e vantaggi: una proposta articolata in 18 punti accolta positivamente dalla
Jugoslavia che avrebbe dovuto portare alla conclusione definitiva di un accordo tra i 2.

Tuttavia, il negoziato si rivel piuttosto complesso. Secondo Ducci bisognava accettare il Memorandum di Londra e
formalizzare le frontiere; mentre Ferretti riteneva che la zona B concessa alla Jugoslavia doveva avere un prezzo, individuato
nella restituzione delle sacche e nellampliamento verso sud della zona A e nello spostamento del confine marittimo del Golfo di
Trieste.
Tutto ci contribu a rendere ancora pi difficile il raggiungimento di unintesa definitiva.
La Jugoslavia invece capiva che il riconoscimento italiano della zona A dipendeva dal riconoscimento jugoslavo della zona B,
altrimenti si rimetteva in discussione lappartenenza di Trieste allItalia.
La conclusione port ad una crisi dei rapporti italo-jugoslavi, aggravati dalle critiche avanzate del governo dovute alla
pubblicazione di notizie relative ai contatti tra i 2 governi, provando proteste e polemiche, con cui si chiedeva conto al governo
delle notizie circolanti su questioni inerenti alla sovranit italiana della zona B del mancato TLT.
Moro non rinunci ai legittimi interessi nazionali, cosa che suscit un irrigidimento da parte jugoslava, che si colm con la non
venuta di Tito in Italia, che significava il fallito tentativo da parte di Belgrado di operare una forzatura nei contatti segreti in
corso.
Nonostante ci, Tito torn a chiedere con insistenza linserimento del problema territoriale nei temi di discussione per esigenza
di politica interna e per lopinione pubblica slovena e croata che iniziavano a sospettare che lItalia non volesse concludere
laccordo.
La Jugoslavia voleva almeno il riconoscimento del confine adriatico, anche perch era stata proprio lItalia a dichiarare nel 1968
di essere interessata alla sopravvivenze e integrit jugoslava.
Cosi lItalia diede qualche prova concreta avanzando 2 proposte:
Impegno per la prosecuzione delle conversazioni segrete finalizzate alla chiusura dei problemi confinari
La decisione dei 2 governi di studiare entro il 1971 delle misure atte a migliorare il benessere della jugoslava.
Le stesse proposte furono mandate al governo di Roma, ma la risposta fu negativa. Fu lindisponibilit italiana a provocare
lirrigidimento del governo jugoslavo, che approfitt a ritirarsi dalla situazione di stallo in cui si era messo.
Tuttavia la crisi fu superata dopo qualche settimana grazie al colloquio chiarificatore tra Moro e Prica, precisando che il
riferimento ai legittimi interessi doveva essere inteso come unaffermazione di carattere generale, ovvero valutato alla luce della
soluzione globale delineatasi nei corso dei contatti privati.
Risolta la crisi, Moro precis che laccordo doveva essere raggiunto senza provocare polemiche nella vita pubblica italiana, era
necessario dare una soluzione globale a tutte le questioni ancora pendenti (sacche, accordi economici) e non solo al problema di
Trieste e Capodistria attraverso un negoziato segreto.
In seguito fu possibile dar seguito alla visita di Tito in Italia nel 1971, un viaggio positivo rispetto a quanto era accaduto nei
mesi precedenti. Tuttavia la nuova amicizia italo-jugoslava dava limpressione di 2 paesi deboli e instabili che avevano bisogno
di concessioni per sopravvivere.
La Jugoslavia premeva per la rapida chiusura della questione di Trieste attraverso la sua spartizione nella speranza di
riconquistare il consenso sloveno e croato; lItalia invece vedeva nella collaborazione con la Jugoslavia, un terreno dintesa per
creare un rapporto duraturo, unica via duscita per superare linstabilit politica.

Tuttavia, ci fu lennesima crisi nei rapporti italo-jugoslavi in quanto ancora una volta gli Jugoslavi premevano di ottenere il
riconoscimento della zona B del TLT; mentre da parte italiana si premeva per far decorrere le intese della data di entrata in
vigore del futuro trattato. In questo modo gli indennizzi si sarebbero rivalutati e si sarebbero poste le basi per poter esigere un
prezzo per la zona B in termini politici economici e territoriali.
Si stabili che per linteresse degli jugoslavi e della politica di buon vicinato e di amicizia, nel caso qualcosa fosse andato storto o
di rottura del trattato di pace, si sarebbe attivato un canale segreto rappresentato da Carbone (direttore gen. del Ministero
dellIndustria) e Snuderl (presidente del Comitato federale per i rapporti economici).
Nel 1973 gli jugoslavi proposero un contro-progetto nel quale non tenevano conto n del documento italiano e rappresentava
un passo indietro rispetto ai 18 punti stabiliti nel 1968, e venivano eliminati dal punto di vista territoriale-marittimo vantaggi
per Trieste e Gorizia che avrebbero potuto giustificare la rinuncia italiana alla zona B; ma nellultimo incontro di quello stesso
anno, da parte jugoslava ci furono delle difficolt di negoziazione sulla base di un pacchetto presentato come aut aut prendere
o lasciare da parte italiana, studiato come una soluzione equilibrata in grado di andare incontro alle esigenze di entrambe le
parti.
Il contro-progetto venne rifiutato dalla parte italiana perch prevedeva la completa nazionalizzazione in cambio di un
indennizzo forfetario (somma a titolo di risarcimento pattuita a forfait, ovvero con un compenso globale, valutato in base alle prestazioni).
Era evidente che la Jugoslavia mostr un ulteriore motivo di mettere in crisi i rapporti con lItalia, minacciando di rendere
pubblico il contenuto e lesistenza stessa delle trattive in corso.
La Jugoslavia non aveva fatto un solo passo concreto in avanti nella soluzione del contenzioso territoriale. Lennesimo insuccesso
negoziale diede a vita nel 1974 a polemiche alimentate dalla decisione degli jugoslavi di forzare lo stallo delle trattative
apponendo la scritta Repubblica federativa socialista di Jugoslavia nei punti di transito delle zone A e B.
LItalia rispose con una nota al Ministero degli Esteri con cui si aggiungeva che la linea Morgan era sotto sovranit italiana, non
pi sotto unamministrazione civile provvisoria.
Ma leffetto fu disastroso poich ci venne interpretato come la conferma dei sospetti delle reali intenzioni italiane.
La Jugoslavia era ancora in crisi con lItalia alla fine degli anni 60, dest le preoccupazioni del governo americano che da tempo
che non si interessava pi alla questione di Trieste non ritenendolo importante nella loro agenda politica. Fu il segretario di
Stato Kissinger ad intervenire come messaggero da parte italiana a chiedere la vertenza nel senso desiderato da Belgrado, a
condizione che ci avvenisse alla fine di un negoziato globale su tutti i punti di contestazione per dare una soluzione globale ad
entrambi. Fu necessario che si attivasse il canale informale come linea di sicurezza e di sblocco in caso di fallimento del
negoziato.
La proposta globale di Carbone e Snuderl prevedeva:
Restituzione allItalia delle zone occupate dalle truppe jugoslave
La spartizione del TLT lungo la linea Morgan definita dal Memorandum di Londra
La ripartizione delle acque territoriali del Golfo di Trieste
La decadenza del Memorandum
Lindennizzo forfetario considerato equo dalle 2 parti per tutti i beni confiscati dal 1945
Il mantenimento di un certo numero di propriet
La conclusione di un accordo di cooperazione economica in certi settori

Il negoziato giunse alla fine nel 1975 e dava soluzione a 3 problemi:
sistemazione della frontiera italo-jugoslava
miglioramento dei rapporti bilaterali
trattamento delle rispettive minoranze nazionali dellex TLT.

La Jugoslavia riconobbe lassetto territoriale, rendendo definitivo il confine tra le zone A e B. Entrambi i paesi dichiararono di
voler migliorare i rapporti con un salto di qualit della collaborazione economica e culturale decidendo una zona franca che
avrebbe favorito la Jugoslavia nel Mercato Comune Europeo e lItalia in quello balcanico-orientale.

Tra i primi e significativi risultati della collaborazione tra Italia e Jugoslavia vi fu la creazione della COMUNITA DI LAVORO
DEI LANDER, DELLE REGIONI E DELLE REPUBBLICHE DELLE ALPI ORIENTALI denominata poi COMUNITA ALPE ANDRIA
nel 1978 per iniziativa italiana: era un raggruppamento regionale comprendente di territori situati nella parte nord-orientale
delle Alpi, allincontro tra le frontiere italiana jugoslava austriaca, e formata da Carinzia, Stiria, Austria Superiore, Veneto e
Friuli Venezia Giulia, Croazia e Slovenia con lo scopo di rilanciare il ruolo dellItalia allinterno dellEuropa centro-orientale,
rendendolo presente nella determinazione assetti politici ed economici dellarea, importante per gli interessi del Nord-est
italiano e per Trieste.
Ma questa organizzazione non si mosse in ambito politico per risolvere i problemi di politica estera e interna del paese. Nel
1988 si decise di riconoscere limportanza politica della collaborazione regionale della Comunit Alpe Andria.
Fu un passo significativo per lItalia e un ruolo non marginale nello svolgimento delle vicende jugoslave degli anni 90.









3. LITALIA E LA CRISI DELLA JUGOSLAVIA
Il governo di Roma di fronte alla crisi jugoslava
Dopo la morte di Tito nel 1980, la coesione della Federazione jugoslava cominci ad incrinarsi e il declino dei regimi comunisti
nel resto dellEuropa orientale favori le pressioni per una maggiore democrazia e autonomia.
Agli inizi degli anni 90 la Jugoslavia abbandonava il sistema di potere a partito unico e il suo socialismo autogestito. Di l la
profonda e violenta crisi interna attravers la Jugoslavia provocandone la completa disgregazione: una dopo laltra, Slovenia,
Croazia, Macedonia e Bosnia-Erzegovina nel 1991-92 che non avevano sopportato il predominio serbo, si dichiararono
indipendenti.
Nel 1989 lItalia per aiutare la Jugoslavia, decise di costituire unassociazione mitteleuropea a cui far partecipare lAustria, la
Jugoslavia, lUngheria e lItalia stessa, che prese il nome di Quadrangolare, successivamente Esagonale con laggiunta della
Cecoslovacchia e della Polonia, per poi prendere il nome definitivo di Iniziativa centro-europea, con lintento di superare la
divisione dei blocchi e rafforzare i rapporti di collaborazione tra stati di diverso orientamento politico economico culturale.
Era uno strumento adatto per favorire la partecipazione dei paesi che si erano confrontati per 45 anni alla costruzione di una
nuova Europa, basata sul rispetto della democrazia e delle libere elezioni, in grado di rimuovere ostilit tra culture limitrofe.
Faceva seguito a questo progetto liniziativa adriatica del 1989 un accordo di cooperazione concluso tra Italia e Jugoslavia con lo
scopo di trasformare lAdriatico in una risorsa comune per affrontare problemi e mettere a frutto una serie di opportunit in
settori importanti come il turismo ambiente comunicazioni e di anticipare la crisi jugoslava gettando le basi di una nuova
Jugoslavia.
Sloveni e croati chiesero la liberalizzazione della vita politica ed economica, ma in realt il governo di Belgrado non era capace
di decidere o agire dopo la scomparsa di Tito, poich lasciata dal suo eroe la Jugoslavia era un paese frammentato e colpito da
una grave crisi economica.
LItalia con le sue iniziative politiche cerc di aiutare la Jugoslavia ad affrontare il passaggio da regime socialista a liberal-
democratico e per impedire la secessione di Croazia e Slovenia doveva accorpare a s anche lAustria e lUngheria per
corresponsabilizzarli verso una nuova Jugoslavia.
Moro fece di tutto pur di bloccare le dichiarazioni di indipendenza per una soluzione globale della crisi jugoslava.
I governi europei invece avevano paura che la crisi e la secessione era un effetto domino, ovvero la dissoluzione della Jugoslavia
avrebbe potuto dar vita a un processo di disgregazione di tutti i paesi attorno ad essa e che avrebbe avuto conseguenze pi
gravi per la pace in Europa; mentre lItalia aveva timori sul fatto di essere vicina ad un paese con cui aveva ancora problemi per
il contenzioso territoriale.

Nel 1991 di fronte alla guerra in Croazia, dopo una serie di scontri violenti e disumani episodi di pulizia etnica, i governi
europei vennero meno e lItalia si orient verso il riconoscimento delle 2 repubbliche secessioniste.
Non potendo mantenere lintegrit territoriale della Jugoslavia, era necessario preservare lunit della nazione serba attraverso
lannessione delle province croate popolate da comunit serbe con relativa secessione della Craina e Slavonia (2 regioni croate)
che sarebbe stato il passo concreto verso lunione con la Repubblica serba e la formazione di uno Stato unico capace di riunire
tutta la popolazione serba.
Tuttavia, le forme violente assunte dalla guerra croata e linsuccesso dei piani di pace spinsero i paesi della CEE a riconsiderare
la politica adottata fino a quel momento.
Che la Jugoslavia stava per scomparire era un dato di fatto, ma fu la Germania a rompere il fronte comunitario per farsi
apprezzare dopo la riunificazione e per dare un taglio definitivo alla guerra in Croazia.
La GB e la Francia daltro canto erano contrarie ai riconoscimenti delle 2 repubbliche poich temevano che potessero condurre
ad un ulteriore guerra in Bosnia e Macedonia.
LItalia aveva cambiato il suo atteggiamento e si era schierata verso il riconoscimento delle capitali slovena e croata, dovuto sia a
fattori internazionali che a motivi di carattere interno, ma fin da subito oggetto di critiche da parte dellopinione pubblica e del
mondo politico.
Si diedero vita a iniziative volte a sostenere lindipendenza croata e slovena e si fece in modo che agli avvenimenti jugoslavi
fosse dato risalto attraverso una copertura mediatica con cui poter diffondere le notizie provenienti dai politici sloveni e croati.
Infatti fu stabilito laccordo di collaborazione transfrontaliera per facilitare lingresso delle 2 repubbliche nella Comunit
europea dopo la proclamazione della loro indipendenza.
Tuttavia ci che preoccupava ai politici italiani, tedeschi e austriaci era che il riconoscimento delle repubbliche secessioniste in
assenza di una soluzione della questione jugoslava avrebbe portato ancora una volta ad una crisi e causato lestensione del
conflitto alla Bosnia e al Kosovo.
Quindi dovevano tutelare i diritti delle comunit serbe e albanesi e modificare le frontiere tra le repubbliche per stabilire un
nuovo assetto politico e territoriale se necessario.
Per questo la questione jugoslava venne messa da parte per favorire quella croata e slovena.
Nel 1992 la CEE riconobbe lindipendenza della Slovenia e della Croazia.

Contemporaneamente al riconoscimento internazionale delle 2 repubbliche veniva firmato da Susak e Raseta laccordo di
attuazione del cessate il fuoco concordato grazie alla mediazione delle Nazioni Unite.
Loperazione di peace-keeping delle Nazioni Unite pose momentaneamente fine al conflitto in Croazia, ma non alle violenze
nella ex Jugoslavia, poich pochi mesi dopo fu la Bosnia Erzegovina ad essere travolta da una feroce guerra interetnica tra
popolazioni serbe croate slavo musulmane.
Lassedio di Sarajevo (capitale BE) da parte delle truppe serbe divenne il simbolo di una guerra atroce e assurda, eliminando
qualsiasi presenza estranea nelle zone in cui prevaleva la propria etnia.
Terminata in Croazia, anche la Bosnia e la Macedonia proclamarono lindipendenza, chiedendo alla CEE di essere riconosciute,
ma non arriv subito il riconoscimento affinch non si fossero chiarite le questioni.
Per preservare lequilibrio tra i vari gruppi nazionali, si decise di assegnare le cariche politiche in funzione delle 3 etnie.
Ma constatata limpossibilit di mantenere in vita la Jugoslavia, i musulmani e croati proclamarono lindipendenza della Bosnia
nel 1992 nella speranza che potesse prevenire altri futuri scontri da parte serba e lindipendenza della Erzegovina riconosciute
dalla CEE e dagli USA, spezzando cosi il legame territoriale e politico della nazione serba.
I combattimenti nel frattempo avevano raggiunto forme violente e feroci tra le 3 etnie e la comunit internazionale non riusc a
trovare una soluzione alla crisi e non fu capace di proteggere le popolazioni.
Soltanto nel 1995 grazie allintervento diplomatico e militare degli USA fu possibile un accordo di pace tra le 3 etnie per la
difesa dellintegrit territoriale della Bosnia e per la costituzione di una federazione croato-musulmana favorendo la
riorganizzazione delle truppe croate e musulmane e consentendo unoffensiva per riconquistare il territorio perso.
Lintervento americano fu realizzato in collaborazione con la Russia GB Francia Germania interessate alle vicende
jugoslave, con le quali nacque il GRUPPO DI CONTATTO in grado di superare lUE e NU ritenute responsabili delle fallimentari
mediazioni internazionali.
A questo gruppo lItalia rimase fuori per fattori internazionali e problemi di politica interna, gravi difficolt economiche e
grandi cambiamenti politici e la problematica evoluzione dei rapporti con i governi di Lubiana e Zagabria e perci non avrebbe
dato un contributo sostanziale in queste vicende.
Il momento pi difficile nella disputa con Lubiana venne nel 1944 quando il governo di Silvio Berlusconi decise di imporre il
veto allavvio del negoziato per lannessione della Slovenia alla UE, suscitando reazioni negative soprattutto dalla Germania
poich era uno dei suoi principali obiettivi di politica estera.
Come sottoline Fassino, si rendeva necessaria una politica di integrazione e cooperazione nei confronti della Lubiana e
Zagabria in quanto continuare a condurre una politica di conflitti e tensioni sarebbe stato contradditorio con gli obiettivi
principali politici e gli interessi economici.

Stabilizzata la regione balcanica dopo la fine della guerra in Bosnia e normalizzati i rapporti con la Slovenia e Croazia, lItalia
torn a svolgere una politica pi attiva in Europa orientale, avviando con Prodi dal 1996-98 una serie di iniziative con lo scopo
di fare dellItalia il partner di riferimento per i paesi dellarea e in Europa per 2 motivi:
Rilanciare leconomia del paese
Rafforzare il ruolo politico in ambito internazionale dopo la guerra.
Inserendo nella sua strategia anche lintervento politico e militare in Albania per favorire la stabilit e la democratizzazione.
Tuttavia la nuova dirigenza albanese non era in grado di orientare il paese verso leconomia di mercato e la democrazia, poich
i risultati delle elezioni politiche vennero contestati dai socialisti che accusavano il governo di brogli elettorali e soprusi ai danni
dei loro candidati e elettori.
Il fallimento delle elezioni sfoci in una rivolta armata nel 1997 e il governo italiano fu costretto ad intervenire per aiutare le
forze politiche albanesi a formare un governo di unit nazionale in grado di ripristinare ordine e autorit su tutto il paese.
Loperazione denominata ALBA venne affidata allItalia la cui missione si concluse dopo lo svolgimento delle elezioni vinte dal
partito socialista, ma limpegno politico militare economico del governo di Roma prosegui.
Infatti tent di contribuire alla normalizzazione della vita economica serba incoraggiando il ritorno delle imprese italiane a
Belgrado come Telecom Italia, e della vita politica serba con lavvio del processo di democratizzazione.
Tuttavia, tutto ci fu interrotto dalla crisi del Kosovo, ultima questione jugoslava irrisolta.
Le autorit serbe tentarono di riconquistare la regione per ristabilire il predominio politico facendo della popolazione albanese
una delle tante minoranze nazionali allinterno di una Serbia stabilizzata e democratica.
Nel 1990 il parlamento locale proclam la costituzione della Repubblica del Kosova, indipendente dalla Federazione jugoslava
attraverso un processo graduale e pacifico ricorrendo alla battaglia politica sulla base del principio di nazionalit e
autodeterminazione e rifuggendo dalluso della violenza.
Un anno dopo la firma degli accordi di Dayton nel 1996 in cui non si era fatta menzione del problema del Kosovo, lopinione
pubblica inizi a criticare la politica di Rugova che non aveva portato risultati positivi se non quello di garantire la pace e la
sicurezza alla popolazione locale.
Fu cos che si cre legemonia politica e militare dellEsercito di liberazione nazionale del Kosovo UCK per impegnare le autorit
serbe con una serie di attacchi terroristici dando inizio ad un processo di isolamento ed eliminazione degli esponenti albanesi
disposti a collaborare con i serbi, dando inizio ad una rivolta che avrebbe dovuto liberare la regione dai serbi.
Gli USA decisero di intervenire per evitare lallargamento del conflitto e il coinvolgimento della popolazione civile.
Anche la NATO era pronto a impedire una nuova catastrofe umanitaria e autorizz il bombardamento aereo di obiettivi
allinterno del territorio jugoslavo, diventando uno strumento in grado di prevenire conflitti e crisi internazionali.
Il Gruppo di Contatto propose un accordo che avrebbe limitato la sovranit serba sul Kosovo e sul territorio jugoslavo
assicurati dallinvio di truppe militari internazionali KFOR composte da Truppe dellAlleanza Atlantica e sotto il comando del
Consiglio Atlantico. Le autorit serbe avrebbero dovuto assicurare alle truppe della NATO accesso libero e illimitato a tutto il
territorio jugoslavo (+ spazio aereo e marittimo). Era una soluzione provvisoria che sarebbe diventata permanente con una
conferenza che avrebbe dovuto stabilire lassetto finale della regione in base alla volont del popolo.
Lintervento della NATO fu deciso dallAlleanza Atlantica su pressione degli USA GB e Germania con la presenza delle forze
aeree italiane. Si combatteva una guerra nuova combattuta per affermare un ideale di ordine internazionale fondato sui diritti
umani libert tolleranza tanto forte da prevaricare la sovranit nazionale e motivata dal bisogno di assumersi la
responsabilit nella gestione della crisi, per non indebolire il paese e per non essere estraniati dalle grandi decisioni di politica
internazionale e per avere la possibilit di contare su altri paesi.
Nel 1999 la Serbia accett la pace dei russi europei e americani durante la riunione dei paesi del G8 in Germania che
prevedeva la cessione delle ostilit in Kosovo il ritiro delle truppe serbe e la smilitarizzazione dellUCK.
Terminata la guerra con la Serbia per il Kosovo e riportata la pace nei territori dellex Jugoslavia, era necessario favorire la
stabilizzazione politica ed economica della regione balcanica.
Linteresse dellItalia nella pacificazione e nello sviluppo dei Balcani vitale: altrimenti lAdriatico, ponte in grado di rafforzare i
legami politici culturali economici tra le 2 sponde, sar sempre considerato un vettore di tensioni.

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