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Aesthetica Preprint

Dire lesperienza estetica


a cura di Rita Messori
Centro Internazionale Studi di Estetica
Il Centro Internazionale Studi di Estetica
un Istituto di Alta Cultura costituito nel 1980 da un gruppo di studiosi di Estetica. Con
D.P.R. del 7-1-1990 stato riconosciuto Ente Morale. Attivo nei campi della ricerca scien-
tica e della promozione culturale, organizza Convegni, Seminari, Giornate di Studio,
Incontri, Tavole rotonde, Conferenze; cura la collana editoriale Aesthetica

e pubblica
il periodico Aesthetica Preprint

con i suoi Supplementa. Ha sede presso l'Univer-


sit degli Studi di Palermo ed presieduto n dalla sua fondazione da Luigi Russo.
Aesthetica Preprint

il periodico del Centro Internazionale Studi di Estetica. Afanca la collana Aesthetica


(edita da Aesthetica Edizioni, commercializzata in libreria) e presenta pre-pubblicazioni,
inediti in lingua italiana, saggi, bibliograe e, pi in generale, documenti di lavoro.
Viene inviato agli studiosi impegnati nelle problematiche estetiche, ai repertori biblio-
graci, alle maggiori biblioteche e istituzioni di cultura umanistica italiane e straniere.
80
Agosto 2007
Centro Internazionale Studi di Estetica
Aesthetica Preprint
Il presente volume viene pubblicato col contributo del Dipartimento di Filosoa
dellUniversit degli Studi di Parma.
Dire lesperienza estetica
a cura di Rita Messori

Indice
Presentazione
di Rita Messori 7
Il rapporto fra poetica e retorica
di Emilio Mattioli 11
Dire lesperienza: alle origini della letteratura
di Giovanni Lombardo 17
Rappresentazione pittorica e rappresentazione poetica
in Tommaso dAquino
di Fabrizio Amerini 27
De la posie comme rponse la nuit
Lunion du dire et du voir
di Baldine Saint Girons 39
Ricostruire lesperienza stessa della genialit
Il problema del genio in Joseph Louis Segond
di Fabio Rossi 51
Descrivere larte, descrivere il mondo: Diderot promeneur
di Rita Messori 63
Stile e stili
di Elio Franzini 75
sthetische Arbeit: lestetica atmosferica di Gernot Bhme
e lattualit della retorica
di Salvatore Tedesco 83
7
Presentazione
di Rita Messori
Da pi di un decennio a questa parte, si assistito a una vera e
propria svolta in ambito estetico: la messa in discussione della identi-
cazione estetica-losoa dellarte e la riproposizione dellesperienza
estetica quale questione centrale della disciplina. La ricerca, sia teorica
sia storiograca, si dunque maggiormente concentrata sul signicato
e sul ruolo che la sensibilit e laffettivit, nelle loro varie e mutevoli
declinazioni, assumono in unottica generale di ricerca e formazione
del senso.
Questa svolta, in concomitanza con alcuni fattori che hanno avuto
in ambito estetico una signicativa ripercussione perdita di spinta
propulsiva dellermeneutica, ma anche della cosiddetta rivalutazione
della retorica, argomentativa o gurale ha visto un afevolirsi
dellinteresse nei confronti di questioni legate al linguaggio, che, come
noto, ha costituito uno dei nodi problematici su cui la losoa del
Novecento si dibattuta.
A tal punto pare necessario un ripensamento del signicato del lin-
guaggio in ambito estetico a partire dal rapporto che si viene a instaura-
re tra linguaggio ed esperienza estetica: come dire lesperienza estetica?
In che modo rendere testimonianza del reale esperito? In denitiva:
quale relazione tra sentimento del mondo e articolazione del senso?
nel tentativo di dare una risposta a tali interrogativi che si svolto
a Parma nel novembre del 2006 il convegno Dire lesperienza. Nuove
prospettive tra estetica e retorica di cui il presente volumetto raccoglie gli
atti. Mi auguro che il vivace confronto iniziato durante lo svolgimento
dei lavori possa procuamente proseguire.
A unire i vari contributi la consapevolezza che sia da un punto
di vista teorico, sia da un punto di vista storiograco, determinante
appare lapporto della tradizione retorico-poetica, e non soltanto per-
ch costituisce un percorso genetico della nascita dellestetica: per se-
coli ha presentato modalit di espressione la cui pregnanza richiede
una adeguata riessione in grado di esplicitarne il signicato losoco.
Come ribadisce Emilio Matttioli, ripensare lunit di sentire e parlare
possibile solo a partire da una ritrovata coappartenenza di poetica e
8
retorica. Studi recenti sulla retorica dellantica Grecia mostrano il ruo-
lo fondamentale giocato dal genere epidittico derivato dalla tradizione
poetica; se la poesia diviene un atto pubblico attento al sentire comune,
il discorso retorico esprime i sentimenti e le passioni del soggetto par-
lante. Nella stessa direzione si muove quella teoria del linguaggio che,
rifacendosi alla poetica di Meschonnic, vede nel duplice ripiegamento
autistico di retorica e poetica un segnale evidente della separazione tra
linguaggio e vita.
Inserendosi in un dibattito storiograco attualissimo, lintervento di
Giovanni Lombardo mostra come nellepos arcaico le tecniche lingui-
stiche della narrazione, ovvero le forme verbali che il logos assume per
dire lesperienza, esprimano fondamentalmente due modalit diverse
di rapportarsi al reale. O, mediante luso dellimperfetto, noi ci muo-
viamo verso i fatti, consapevoli del continuum temporale a cui essi ap-
partengono, o, mediante luso dellaoristo, i fatti si avvicinano a noi in
una indenita momentaneit. Si tratta di due modi della visualizzazione
del linguaggio poetico che vanno a costituire due schemi interpretativi
dellesperienza dellarte, sia a livello produttivo sia a livello fruitivo.
Se vi una storia del dire lesperienza certamente il Medioevo ne
rappresenta un momento ancora poco preso in esame dagli estetologi.
Mentre ad esempio alcuni tratti dellestetica tommasiana concernenti
la poetica e la retorica sono stati studiati, altri rimangono in ombra.
Secondo Fabrizio Amerini molto lavoro rimane da fare sulle teorie
della rappresentazione applicate al campo pittorico e poetico, e sulle
teorie dei colori rispetto alla percettibilit sensoriale e alla conseguente
relazione del colore col sentimento del bello. Ci potrebbe gettare una
nuova luce sul rapporto tra poesia e pittura.
Ed sulla poesia come risposta allesperienza della vita nella sua
fuggevolezza che si concentra il saggio di Baldine Saint-Girons. Resi-
stendo al rischio di sacralizzare la lettera e di far dimenticare il reale,
la poesia moderna afferma il qui e ora del miracolo evanescente della
presenza. Ancora una volta la tradizione retorica, con Longino, ci offre
un paradigma interpretativo: le immagini evocate divengono apparizio-
ni. Le phantasiai poetiche rappresentano le cose nel momento del loro
nascere, del loro emergere dal buio della notte che diviene qui gura
dellaltro. La poesia continua sperimentazione, modo di pensare in
atto, le cui tecniche precise rendono conto del continuo movimento
tra ci che si rivela e ci che si nasconde; quanto a noi si nega rimane
sempre al di l di ogni nostra esperienza e di ogni nostro dire, pur
costituendone la condizione di possibilit.
La produzione artistica, nel suo essere creazione spirituale e inventio
di nuove modalit espressive, frutto di una personalit geniale. Sulla
teoria del genio di Joseph Louis Segond, pensatore della prima met
del Novecento, quasi sconosciuto in Italia e forse presto dimenticato
in Francia, si concentra il contributo di Fabio Rossi. Poich fondamen-
9
talmente naturale e corporea, quella del genio potenza di sentire al
di l di ogni riduzione intelletualistica o mistico-sentimentale. Potenza
che, attualizzandosi, si concreta in una tecnica, e nelloperare si rende
immanente.
E di genio della critica si deve senza alcun dubbio parlare a proposi-
to di Diderot salonnier che nella Promenade Vernet conduce il rapporto
tra parola e immagine sino allapice della sperimentazione. Facendo
riferimento ai visual studies, in cui il tema dellekphrasis gioca un ruo-
lo di primo piano, nel mio intervento ho tentato di mostrare come il
racconto-descrizione dellattraversamento ttizio dei paesaggi di Vernet
conduca a una messa in questione dellequivalenza evidentia-enargeia.
Dire lesperienza del manifestarsi delle cose come se qui e ora venis-
sero alla presenza signica coglierle nel passaggio dalla potenza allatto.
La subiectio sub oculis dunque a un tempo visualizzazione (enargeia)
e attualizzazione (energeia).
Utilizzando un termine goetheano, Husserl chiama stile la capa-
cit di cogliere quel usso oscillante dellapparire che il mondo
della vita; capacit che si traduce in rappresentazioni dotate di senso
e tendenti allunit. Come dimostra Elio Franzini, in quanto fenomeno
originario lo stile diviene la matrice di un senso espressivo, il nucleo di
possibilit che d luogo alla variet degli stili. In tal modo la pluralit
delle forme non mera frammentazione ma morfogenesi che, come
voleva Goethe, ha nel simbolo, cio nel legame tra le parti, nella
ricerca della trama del mondo che tiene provvisoriamente insieme le
cose che via via ci si presentano, il proprio fondamento di unit.
Il sentore della presenza diviene levento percettivo fondamentale
su cui si costruisce la nuova estetica (Aisthetic), in quanto teoria genera-
le della percezione, di Gernot Bhme. Come mette in evidenza il saggio
di Salvatore Tedesco, esplicito il richiamo alloperazione baumgarte-
niana e non soltanto riguardo ai contenuti. Se linteresse conoscitivo si
orienta sulla manifestativit occorre concentrarsi su fenomeni intermedi,
come latmosfera, che si situano al di qua della separazione di polo sog-
gettivo e polo oggettivo. soltanto a partire dai problemi estetici che
diviene possibile una terminologia adeguata e un impianto concettuale.
In tal senso la retorica pu fornire un modello di argomentazione della
teoria estetica nella misura in cui avviene larticolazione del nesso delle
percezioni sensibili.
11
Il rapporto fra poetica e retorica
di Emilio Mattioli
Il rapporto fra poetica e retorica ha subito negli ultimi tempi un
riassetto e una modicazione. Impossibile tracciarne il quadro com-
pleto, mi limiter ad alcuni momenti problematici e, particolarmente,
a due periodi: lantichit e la contemporaneit. In realt il problema
storiograco si intreccia a quello teorico. In primo luogo va notato che
la separazione fra poetica e retorica ha effetti rovinosi, proprio nel
rapporto fra le due discipline che se ne scoprono le radici profonde
e le ragioni. noto come la rinascita novecentesca della retorica, che
pure un fenomeno estremamente importante, sia avvenuta in maniera
autonoma ed anzi il rapporto fra le due discipline sia stato considerato
unindebita confusione. Nella cultura italiana si sentito presto il bi-
sogno di ripensare il rapporto e di ricostituirlo, probabilmente anche
perch la scuola neofenomenologica italiana aveva creato con il suo
lavoro sulle poetiche il terreno adatto anche ad un approccio vitale
alla retorica. Aveva scritto Luciano Anceschi, il maggior studioso di
poetica del secolo scorso, nel 1957: Quanto alla Retorica, poi, sem-
bra davvero che non giovi indugiare nella nozione che ne ebbero e
contro la quale polemicamente si posero, condannandola, i romantici
e i realisti del secolo XIX; fu questa una interpretazione ovviamente
unilaterale per motivi strumentali; invece, c da pensare che la Retori-
ca sia una disposizione storicamente variabile che, volta a volta, vuole
rilevare e signicare in leggi, in norme, in avvertimenti le ragioni del
rinnovamento letterario e artistico dei diversi tempi, movimenti
1
. E
non evidentemente un caso che Renato Barilli, scolaro di Anceschi,
abbia pubblicato un libro davvero originale come Poetica e Retorica
2
,
in cui lunit fra poetica e retorica era vista come unit fra sentire e
pensare, come antidoto alla divisione delle due culture. Ma direi che
su questa strada si sono fatti degli ulteriori passi avanti. Per questi
recenti svolgimenti prender come testo di riferimento Jeffrey Walker,
Rhetoric and Poetics in Antiquity
3
.
Walker smantella lopinione vastamente diffusa, cui gi accenna-
vamo, secondo la quale poetica e retorica sono due discipline incom-
patibili e sostanzialmente differenti che lantichit ha indebitamente
confuse e cerca di dimostrare che sbagliata lidea secondo la quale
12
la retorica sorta come unarte di pratica oratoria civile nelle corti di
giustizia e nelle assemblee dellantica Grecia, mentre la retorica epidit-
tica, poetica o letteraria, sarebbe unarte, puramente formale di secon-
daria importanza. Altrettanto sbagliata, secondo Walker, lidea secondo
la quale il passaggio dalloratoria civile a quella epidittica segna una
decadenza. La separazione fra la retorica intesa come dottrina delle
gure e la retorica dellargomentazione e della persuasione si ritrova,
con conseguenze negative, nella teoria letteraria moderna. La revisio-
ne che Walker fa della storia della retorica nellantichit comporta
unidea della retorica intesa come unarte di argomentazione/persua-
sione epidittica che deriva originariamente dalla tradizione poetica e
che si estende ai discorsi pratici della vita pubblica e privata. Walker
riconnette questa impostazione alla riabilitazione dei sosti compiuta
negli anni novanta (in Italia il grande lavoro di Untersteiner sui sosti
cominciato molto prima) e alla revisione della nozione convenziona-
le del discorso epidittico inteso come mero ornamento e limitato alla
elencazione rituale delle credenze e dei valori tradizionali.
Inoltre questo discorso si fonda su di un esame dellantica poesia,
principalmente la lirica greca arcaica, intesa e praticata come unargo-
mentazione epidittica che si rivolge ad un uditorio. Walker costruisce
quella che pu essere chiamata una storia sostica della retorica che
include poesia e poetica come parti centrali del dominio retorico. Se-
condo lo studioso la poetica grammaticalizzata della tarda antichit e
del medioevo ha reso pi difcile cogliere lidea di retorica poetica
che la lirica arcaica incorpora.
lecito chiedersi quale fondamento lologico abbia questa impo-
stazione cos profondamente innovativa del rapporto fra poetica e re-
torica e della storia della retorica stessa: largomentazione ricchissima
e non riassumibile, evidentemente, ma il presupposto primo e fondante
sta nellabbandono dellidea anacronistica che la poesia antica e la
lirica in particolare sia espressione di sentimenti soggettivi ed escluda
la dimensione argomentativa. Particolarmente signicativa in questo
senso lelaborazione del concetto di entimema lirico, inteso come lar-
gomentare specico della poesia. Da sottolineare ancora che il legame
fra poesia e quindi poetica e retorica esiste gi prima che la retorica
assuma la sua denominazione tecnica
4
, a partire da Esiodo che nella
Teogonia (vv. 81-104), ne d, secondo Walker, la prima indicazione,
parlando delleloquenza del re e di quella dellaedo
5
. Il termine rhe-
torik, per altro non risulta univoco, come denominazione equivoca o
sineddoche per larte del logos in senso ampio o generale comprende
implicitamente nel suo dominio tutte le forme del logos, incluso il logos
poetico e il pensiero interno come anche tutte le variet di prosa.
Cos leloquenza persuasiva della poesia contemporaneamente un
sottoinsieme dellarte generale della retorica e il suo antenato. Inol-
tre in quanto quella epidittica la forma primaria e centrale della
13
poesia, e in quanto la poesia a sua volta la forma originaria e nale
della forma epidittica (o come tale viene intesa), la poesia anche la
forma originaria e nale della retorica
6
.
Walker sottolinea come le implicazioni di questa situazione si espli-
citino nella tarda antichit e si capisce anche cos come Elio Aristide
possa affermare che la miglior poesia sia quella che si avvicina di pi
alla retorica
7
.
Walker non cita il poderoso lavoro di Laurent Pernot, La rhtori-
que de lloge dans le monde grco-romain
8
, ma necessario tenerne
conto, perch d due apporti fondamentali che per altro si legano alle
posizioni di Walker, non le contraddicono: interpreta in modo radical-
mente innovativo il genere epidittico, mostra il legame profondo fra
poesia e oratoria e quindi fra poetica e retorica. Far due citazioni da
questo testo che non si pu in alcun modo ignorare, se si vuol parlare
del genere epidittico con consapevolezza:
Lanalyse traditionelle de lloquence pidictique ne doit donc pas
tre totalement rejete, puisquelle fait apparatre deux aspects im-
portants, la dimension esthtique et la dimension rituelle. Mais cette
analyse reste insufsante, parce quelle ne tient pas compte du con-
tenu des discours. Il est vident que lart de lenkmion ne peut tre
apprhend indpendamment de tout message, et quun discours ne
se rduit pas laccomplissement dun crmonial. Contrairement
la musique, le discours pidictique fait appel au sens. Contrairement
au rite, il nest pas entirement codi et dtermin lavance. Con-
trairement lnonc performatif, il ne se rduit pas une formule
strotype; lorateur ne se contente pas de dire Je te loue, mais il
ajoute parce que, et dans les considrants de lloge, sengouffrent
la signication et la persuasion. Il faut donc rompre avec la tradition
du ddain. Pour comprendre lloquence pidictique antique, il faut
refuser lexplication paresseuse de lart pour lart et identier les buts
et le effets des discours, plus clairement que les anciens nont su le
faire
9
. Lanalisi dei valori veicolati dal discorso epidittico ne mostra
la ricchezza di contenuti e Pernot pu ben a ragione affermare che
la fonction pidictique est un phnomne anthropologique qui se re-
trouve avec dimportantes variations, naturellement dans beaucoup
de socits humaines
10
.
Laltra citazione essenziale per il mio discorso questa: Il est im- Il est im-
possible dtudier la rhtorique pidictique sans relever, chaque ta-
pe, des rapprochements avec la tradition potique, en particulier avec
la tradition de la posie encomiastique. Lhistoire du genre montre que
les orateurs ont progressivement pris en charge des formes hrites
des potes. La tekhne trahit limportance des prcdents potiques
dans le domaine de la typologie, avec la clbration plurielle et lex-
pression des sentiments et des passions, et dans le domaine du style,
avec lesthtique de la douceur, lasianisme, les tropes et les gures, les
14
rythmes. Ce nest pas tout, la tradition potique faisant encore sentir
son poids dans la terminologie de lloge, dans certains topoi, dans les
procds de composition, parfois dans les conditions de prononciation
et dans les titres. En ce qui concerne lexigence morale, Pindare dj
revendique la vrit de ses loges. La mission de porte-parole a t
assume par des potes; enn, on vient de relever le thme, potique
par excellence de linspiration religieuse. Le bilan de ces rapproche-
ment [...] savre donc extrmement riche. Il tablit, au-del de toute
contestation, lexistence dune continuit entre la tradition potique et
lloquence pidictique
11
.
Si pu a questo punto ritornare a Walker e precisamente alla inter-
pretazione che egli d della I Olimpica di Pindaro. Bloom, che ritiene
che la I Olimpica celebri il poeta e Pegaso e non Ierone e Ferenico,
decontestualizza lode e ignora che cosa sia la poesia epidittica, dan-
done una lettura romantica falsicante. Lepinicio non prescinde da
vincitore e pubblico, poggia sui valori della societ cui appartiene;
solo in questa prospettiva la poesia diventa comprensibile. Ecco un
esempio fra molti altri: nel rapporto fra poetica e retorica che si
possono cogliere i valori della letteratura antica.
Ma sembra che ormai questa svolta sia in atto; Eugenio Amato lo
testiomonia efcacemente in un resoconto
12
di un volume di Enrico
Rebuffat dedicato alle Tecniche di composizione poetica negli Halieutica
di Oppiano
13
; il punto di partenza di Eugenio Amato proprio il supe-
ramento della separazione che compie Walker fra retorica e poesia.
Se, dunque, per lantichit la revisione storiograca ormai operan-
te e i due frutti pi vistosi sono il riallineamento di poetica e retorica
e la valorizzazione del genere epidittico, resta da esaminare come si
ponga il rapporto fra poetica e retorica nel dibattito attuale.
Far riferimento, per questo aspetto, ad Arnaud Bernadet, La rhto-
rique en procs. Un point de vue critique: la potique de Henri Meschon-
nic. Approches et perspectives
14
; scrive lautore: La poetica una delle
maggiori proeccupazioni della retorica oggi
15
. Occorre chiedersi come
mai. La rinascita della retorica che un fenomeno vistoso del secolo
appena trascorso, avvenuta, per lo pi, senza rapportarsi alla poetica e
questo ha comportato delle conseguenze gravi, la pi vistosa delle quali
stata lesasperazione formalistica evidente nellidea che la retorica fosse
soltanto la dottrina delle gure da riprendere dalla tradizione o da riscri-
vere in termini semiotici come, per esempio, ha fatto il gruppo nella
Retorica generale. Le gure della comunicazione
16
. Certamente c stato
anche un ricupero diverso che ha privilegiato largomentazione, quello
di Perelman, che ha dato luogo ad una nuova retorica fondata, come
noto, su basi logiche. Ma, mentre da una parte la crisi del formalismo
ha inevitabilmente travolto la retorica delle gure, dallaltra la nuova
retorica, la retorica dellargomentazione, non poteva prestarsi ad un rap-
porto esauriente con la poetica. Vale la pena allora osservare, seguendo
15
Bernadet, come uno studioso della poetica del rango di Meschonnic sia
giunto a porsi il problema della retorica. Meschonnic, per cui la poetica
lo studio del valore di unopera, ritrova la retorica, liberando la poetica
dallascendenza strutturalista. Secondo Bernadet il rinnovamento della
retorica non deve aver luogo senza tener conto delle obiezioni critiche
che la poetica le muove. Un primo punto il riuto della teoria dello
scarto, la separazione fra lingua poetica e lingua quotidiana un non
senso che comporta la separazione del linguaggio dalla vita. Ma non
per questa via che si afferma la specicit di un testo.
Il taglio fra retorica e poetica non pu che favorire un duplice
ripiegamento autistico che ha per conseguenza il pi spesso una for-
malizzazione tecnica e descrittiva delloggetto letterario senza teoria del
soggetto, della societ, senza etica. [...] lannessione della poetica da
parte della linguistica che ne fa una retorica neo-classica delle gure.
Ricollegando la retorica alla poetica, questa identicazione non pi
possibile al contrario, e permette di delimitare il campo specico di
applicazione delle due discipline
17
. Poich la retorica una delle
strategie del segno, uno degli effetti del paradigma linguistico
18
, un
pensiero del discontinuo, c la possibilit effettivamente di includere
la retorica nella poetica, di includere il discontinuo nel continuo, senza
annullare la specicit di questa disciplina. Se questa trasformazione
del retorico in poetico si manifesta principalmente nella scrittura let-
teraria, essa ugualmente presente nel discorso scientico
19
.
Questo si spiega non dimenticando che una dimostrazione anche
la scrittura di una dimostrazione; che la scienza anche una retorica,
perch essa non mira solo a dimostrare e a provare, ma a persuadere
della prova e della dimostrazione
20
. E cos la specicit poetica e re-
torica del discorso vero la leva attraverso la quale possibile e anche
legittimo mettere in discussione la validit delle verit prodotte dalle
scienze
21
. diventando poetici che la gura, lanalogia, il ragiona-
mento diventano pensiero. Si manifesta cos una forte correlazione tra
il valore di un pensiero e il valore del discorso di questo pensiero,
cio un discorso e un pensiero portati al valore
22
.
Di straordinaria importanza il discorso relativo al rapporto fra
poesia e gure. La modernit della gura la scomparsa della gura.
Integrata al sistema della poesia, essa non appartiene pi allo stile ma
diventa un linguaggio soggettivo in quanto esso la storicit delle
trasformazioni del vedere, del pensare, del sentire, del comprende-
re
23
, tutte categorie di coscienza trasformate in categorie etiche. La
degurazione della forma retorica non unantiretorica ma consacra
il transfert dal retorico al poetico di cui lantiretorica non costituisce
che un caso particolare. La gura di una poesia poetica soltanto
se mette in risalto lattivit soggettiva di questa poesia. [...] Il valore
sistematico di una gura dipende dal suo carattere unico, essa non ha
valore questo valore qui che in questa poesia qui
24
.
16
In conclusione a me preme sottolineare che soltanto in una rinno-
vata prospettiva del rapporto fra poetica e retorica, sia a livello sto-
riograco che teorico, questi studi possono ritrovare un senso e uno
slancio.
1
L. Anceschi, Barocco e Novecento, Milano, Rusconi, 1960, p. 231; gi in Aut
Aut, n. 30 (1957).
2
R. Barilli, Poetica e Retorica, Milano, Mursia; 1969, n, ed. 1984.
3
J. Walker, Rhetoric and Poetics in Antiquity, New Jork,Oxford University Press,
2000.
4
La rhtorique avant la rhtorique per usare lespressione di Laurent Pernot sul
quale ci soffermeremo fra poco.
5
Gi prima di Walker, Friedrich Solmsen aveva segnalato che Esiodo considera la
retorica come sorella della poesia e che questa concezione non era rimasta senza eco, ma
Walker non cita il contributo di Solmsen The Gift of Speech in Homer and Hesiod, in
Kleine Schriften, Hildesheim, 1968, pp. 1-15, ben presente invece a Giovanni Lombardo
in Il genio del cantore Poetica e Retorica nella supplica di Femio (Hom.,Od., XXII 344-
353), Helikon, XXXV-XXXVIII, 1995-98, pp. 3-54, in cui lautore dimostra che Femio
d un bellesempio dellarcaica sorellanza fra poetica e retorica: Femio il professionista
della poetica si rivolge a Odisseo, il professionista della retorica.
6
J. Walker,cit., p. 41, trad. nostra.
7
Contra Platonem, 427-428.
8
L. Pernot, t. I, Histoire et technique, t. II Les valeurs, Paris, Institut dtudes
augustiniennes, 1993.
9
L. Pernot, cit., pp. 660-61.
10
Ivi, p. 796.
11
Ivi, pp. 635-36.
12
http//www.plekos.uni-muenchen.de./2003/rrebuffat.html.
13
E. Rebuffat, Tecniche di composizione poetica negli Halieutica di Oppiano, Firenze,
Olschki, 2001.
14
www.hatt. nom. fr/rhetorique/art 12c.htm.
15
A. Bernadet, cit., p. 42.
16
Gruppo , Retorica generale. Le gure della comunicazione, Milano, Bompiani,
1976.
17
A. Bernadet, cit. p. 22.
18
H. Meschonnic, Politique du rythme Politique du sujet, Lagrasse, Verdier, 1995,
p. 384.
19
A. Bernadet, cit., p. 27.
20
Ibid., rimaneggiato.
21
Ivi, p. 29. Ivi, p. 29. , p. 29.
22
Ivi, p. 30. Ivi, p. 30. , p. 30.
23
H. Meschonnic, cit., p. 551.
24
A. Bernadet, cit., pp. 35-36.
17
Dire lesperienza: alle origini della letteratura
di Giovanni Lombardo
In questo mio intervento, vorrei affrontare il tema del nostro incon-
tro, Dire lesperienza, dal punto di vista dei pi remoti iniz della
letteratura: quelli che ci vengono attestati dallepos omerico. Infatti
le prime testimonianze relative a unesperienza estetica (intendendo
qui per esperienza estetica lesecuzione di un testo poetico e la sua
simultanea ricezione da parte di un pubblico) ci vengono proprio dalla
prassi dei pi antichi cantastorie: gli aedi omerici. Nellepos arcaico,
dire lesperienza signica anzitutto raccontare una storia. Lespres-
sione raccontare una storia pu essere riferita alla realt o allinven-
zione. Raccontano storie coloro che espongono eventi realmente acca-
duti, ma raccontano storie anche coloro che espongono eventi possibili
o addirittura fantastici. Vedremo appunto che lalternativa tra verit e
nzione (destinata a diventare un motivo ricorrente nella plurisecolare
vicenda dellestetica letteraria) gi chiara a Omero, quando al canto
veritiero dei cantori contrappone il canto menzognero delle Sirene.
Ma il bisogno di oggettivit precede linclinazione fantastica e investe
il senso primevo dellattitudine a raccontare una storia. Che signica,
infatti, originariamente, raccontare una storia? La risposta al nostro
quesito ancora custodita dalletimo dei termini che, in italiano, de-
niscono questa attivit. Lespressione raccontare una storia consta
di una parola discesa dal latino (raccontare) e di una parola discesa
dal greco (storia). Cominciamo a interrogare la parola di derivazione
latina. Il verbo raccontare un composto del verbo contare e indica
propriamente, attraverso il presso iterativo ri-, il ripetersi di un proce-
dimento di calcolo applicato agli eventi, in modo che la loro verbaliz-
zazione proceda secondo un certo ordine. Questa esigenza di ordine si
deve al verbo latino da cui litaliano contare deriva: il verbo computare,
composto tardo del verbo putare, che signica propriamente pulire,
con riferimento alla mondatura degli alberi, e quindi sfrondare o,
per lappunto, potare. Laccezione materiale del mettere ordine nel
fogliame di una pianta o di un albero genera laccezione traslata del
mettere ordine nei pensieri e nelle parole ovvero il signicato di cal-
colare, fare il conto o, pi in generale, giudicare. Spiega Varrone
nel de lingua latina (6.63):
18
putare valet purum facere [...] ideo putator, quod arbores puras facit. Ideo ratio
putari dicitur, in qua summa t pura: sic is sermo in quo pure disponuntur verba,
ne sit confusus atque ut diluceat, dicitur disputare.
putare signica rendere pulito [...] perci si dice potatore: perch rende puliti
gli alberi. Perci si dice anche che risulta potato [pulito] quel calcolo in cui si
ottiene una conclusione netta. Cos quel discorso in cui le parole vengono disposte
in maniera pulita, in modo che riesca non gi confuso ma chiaro, si dice disputare.
(Lascio tra parentesi agli esperti di informatica il piacere di
constatare come lurgenza ordinatrice del verbo putare e dei suoi com-
posti sia ancora evidente nel pi famoso fra i discendenti moderni del
verbo computare: il termine computer).
La stessa alternanza fra un senso materiale e un senso intellettua-
le, propria del verbo latino putare, si ritrova nel verbo greco legein,
da cui deriva il termine logos, uno dei vocaboli greci per indicare il
racconto. Il verbo legein discende da una radice ie. leg- indicante
latto del raccogliere e attiva anche nel latino legere. E appunto il
verbo legein signica anzitutto raccogliere, sia nel senso di unicare
cose inizialmente disperse, sia nel senso di individuare, in un insieme
disparato, gli oggetti appartenenti a una determinata classe, separan-
doli dagli oggetti appartenenti a una classe diversa. Nei due casi,
evidente un bisogno di ordine che genera, per traslato, il signicato,
poi pi diffuso, di dire, parlare ovvero un signicato in cui gli
oggetti non sono pi raccolti e ordinati materialmente, ma sono uni-
cati attraverso un enunciato verbale, nella rappresentazione di colui
che parla. Questo enunciato pu avere anche la forma di un discorso
interno e cio di un logos nel senso di un pensiero. (La radice leg- si
ritrova, come ho accennato, anche nel verbo latino legere col signica-
to iniziale di raccogliere, scegliere, e con il signicato traslato di
leggere, disceso probabilmente dalla locuzione legere oculis, racco-
gliere, trascegliere con gli occhi [le lettere dellalfabeto]). Il racconto
si congura dunque originariamente nella forma di un calcolo, di
unoperazione intesa a mettere ordine. Ed certo signicativo che, in
Omero, la comunicazione linguistica, considerata dal punto di vista
del chiedere e del dare informazioni, sia espressa da un composto del
verbo legein: il verbo katalegein, che vale propriamente enumerare
(donde il termine katalogos che appunto una enumerazione): ka-
talegein un oggetto, una situazione, un evento signica per lappunto
fornirne un rendiconto verbale afdabile e dettagliato.
Veniamo ora al secondo termine della nostra formula raccontare
una storia: il termine storia. Questo termine risale, attraverso il latino
historia, al greco histore, in cui si riconosce la radice ie. *wid-, indican-
te latto del vedere e riscontrabile, per es., nei termini greci oda, io
so, iden, vedere, ida, forma visibile, edos, specie visibile, ei-
dolon, immagine, e nel latino video. Rientrando nel campo semantico
19
del verbo oda, io so in quanto ho visto, la historie, propriamente
linchiesta, lindagine compiuta attraverso losservazione diretta delle
fonti. Nel v sec. a. C., accingendosi a raccontare le guerre della Grecia
contro la Persia, Erodoto (ca. 484-425 a.C.) il grande loggraphos,
cio il grande scrittore di racconti, che viene spesso salutato come
il padre della storiograa e talvolta anche come il padre delletnogra-
a dichiara di concepire il suo lavoro come una histories apdexis,
ovvero come lesposizione di ci che egli ha visto, come il racconto di
unindagine condotta con la curiosit del viaggiatore infaticabile che,
nello spirito della scienza ionica, ricerca le cause degli eventi serven-
dosi, per quanto possibile, di una verica personale delle fonti.
La nostra rapida analisi etimologica ci dimostra dunque che, in prin-
cipio, raccontare una storia non signica altro che dire lesperienza
ovvero imporre un ordine verbale a una serie di cose e di eventi che il
narratore ha visto con i propr occhi. Questa dimensione autoptica del
racconto si ritrova appunto nella poetica degli antichi aedi, co come
ci permettono di ricostruirla i dati estraibili dai poemi di Omero. Nel-
lOdissea ci viene presentata lesibizione di due cantori: Femio, che canta
davanti ai proci, i pretendenti di Penelope, a Itaca; e Demodoco, che
canta davanti ai Feaci, alla corte del re Alcinoo. Assistito dalla Musa
(simbolo della memoria sociale e garanzia, insieme, della discendenza
sovrannaturale e dellattendibilit del canto), il cantore celebra le imprese
degli uomini e degli di in modo da perpetuarne il klos, cio la fama,
la gloria (anzitutto nel signicato del sentore: il termine klos ri-
manda al verbo klyein, ascoltare). Queste imprese possono riferirsi ai
miti tradizionali: per esempio, gli Amori di Ares e Afrodite (oggetto del
secondo dei tre canti di Demodoco); o possono prendere la forma di una
aoid neotte, cio di un canto novissimo, suggerito dalle vicende della
storia contemporanea: per esempio, i fatti della guerra troiana (Troik)
o i ritorni (nstoi) degli eroi greci da Ilio. Temi di grande attualit, che
avvincono straordinariamente lattenzione degli astanti inducendoli in uno
stato di trpsis (cio di diletto) e di thlxis (cio di fascinazione).
Non sempre per lascolto aedico genera la spensieratezza dellin-
trattenimento aproblematico e fascinatorio. Se i proci godono quando
Femio rievoca il luttuoso rimpatrio degli eroi, Penelope straziata da
quel canto (che le ricorda lincerto destino del consorte ancora lontano)
e invita perci laedo a intonare unaltra storia. Se i Feaci si compiac-
ciono quando Demodoco ricorda i fatti di Troia, Ulisse prorompe in
singhiozzi alludire quelle storie che lo coinvolgono in prima persona.
Ignorando che il naufrago ospitato alla corte di Alcinoo il famoso re
di Itaca, Demodoco rievoca un episodio della guerra troiana che vede
Achille a diverbio con lo stesso Ulisse. Ma Ulisse, bench turbato da
questo racconto, loda laedo e lo invita a cantare un altro episodio
troiano di cui egli stesso stato protagonista: lo stratagemma del cavallo
ligneo. Leggiamo i versi di Omero (Od. 8.487-98):
20
Demodoco, al di sopra di tutti i mortali io ti lodo:
ti ha addestrato la Musa, glia di Zeus, oppure Apollo,
perch davvero secondo un bellordine tu canti il destino
degli Achei:
quanto fecero, quanto subirono, quanto gli Achei soffrirono.
Come se tu stesso fossi stato presente o lo avessi sentito da
altri che furono l.
Ma suvvia, cambia argomento e canta lallestimento [il kosmos]
del cavallo
di legno, che Epeo fabbric con Atena:
linganno che un giorno Ulisse condusse sullacropoli,
avendolo riempito dei guerrieri che distrussero Ilio.
E se anche queste cose come si deve racconterai,
io certamente dir a tutti gli uomini
che un dio propizio ti ha concesso il canto divino.
A giudizio di Ulisse, il canto di Demodoco bello, dilettevole e
affascinante perch risponde a un criterio di appropriatezza insieme
formale e morale: esso infatti costruito nel rispetto di un ksmos e
di una mora, cio secondo un bellordine compositivo e secondo
una pertinente destinazione contenutistica e pragmatica. Ulisse si
compiace che lordine verbale del racconto aderisca allordine reale
degli eventi ed elogia laedo per la maestria con cui riferisce certi fatti
come se egli stesso ne fosse stato testimone oculare o come se ne
avesse avuto notizia da un testimone oculare. La prospettiva del come
se rinvia alle tecniche della mimesis e presuppone che la realt e la
narrazione non siano perfettamente isomorfe e sovrapponibili: anche ai
livelli pi elementari, rappresentare la realt con un racconto equivale
gi a interpretarla, a ltrarla attraverso un meccanismo selettivo che
sappia estrarne gli elementi signicativi per ricomporli in un nuovo
ordine mimetico. Perci il come se implica anche che la realt possa
essere rappresentata o per quello che essa oppure per quello che essa
potrebbe essere. Implica cio la differenza tra il vero e il verosimile e
dunque la possibilit dellillusionismo poetico. Esaminiamo brevemente
i due aspetti di questa differenza.
Nel caso di una poetica del vero, dire lesperienza ovverosia rac-
contare una storia risponde a quel bisogno di verica diretta che ab-
biamo pocanzi estratto dalla nostra analisi etimologica. Tra il pubblico
di Demodoco, nessuno quanto lideatore dellastuzia del cavallo sar
in grado di vericare se sia stato fornito un racconto fedele. Questa
precisione autoptica peraltro il segno di una specialissima assistenza
sovrannaturale: le Muse o addirittura Apollo sono garanti dellattendi-
bilit di un aedo che sappia intonare una aoid neotte, un canto dat-
tualit, perch i soggetti tratti dalla storia contemporanea richiedono
un impegno poetico molto strenuo. Tant vero che lIliade e lOdissea,
esemp supremi di canti ispirati dallattualit, si aprono invocando il
soccorso della Musa nellardua esposizione di alcune importanti vi-
21
cende della storia nazionale (non diversa la funzione della preghiera
alle Muse nelliliadico proemio del Catalogo delle navi). Ispirato da
unenergia divina, il cantore rafforza i poteri immaginici della sua arte
e coinvolge immediatamente luditorio negli eventi evocati dal canto,
mettendoli sotto gli occhi mentali dei suoi ascoltatori attraverso quei
procedimenti stilistici che poi i trattati di retorica registreranno fra
le tecniche di visualizzazione proprie dellenrgeia, cio dellevidenza
realistica ovvero della subiectio sub oculos. Tecniche che implicano, per
cos dire, la capacit di far vedere con le orecchie: perch, proprio
mentre colgono con lorecchio la magica afnit tra il corso delle pa-
role e il corso delle cose, gli ascoltatori provano le medesime emozioni
che proverebbero se gli avvenimenti raccontati si svolgessero realmente
davanti ai loro occhi.
Sennonch, mettere un evento sotto gli occhi dellascoltatore signica
trasportare lascoltatore nel passato in cui quel certo evento accaduto
oppure trasportare levento nel presente in cui esso viene evocato per
lascoltatore. A detta di Ulisse, il cantore bravo perch racconta i fatti
di Troia come se egli stesso ne fosse stato testimone diretto (cio
come se egli stesso si fosse avvicinato a quei fatti) o come se li aves-
se appresi da qualcuno che ne sia stato testimone diretto (cio come
se i fatti si fossero avvicinati al cantore). Nel primo caso, gli occhi del-
lascoltatore vanno verso levento, nel secondo caso levento viene sotto
gli occhi dellascoltatore. Alcuni stud recenti hanno tentato di spiegare
come queste due possibilit di visualizzazione mentale dipendano dal-
laspetto dei tempi verbali pi frequenti nella narrazione limperfetto
e laoristo e hanno ricollegato luso dellimperfetto alloggettivit del
racconto storiograco, luso dellaoristo alla soggettivit del racconto
poetico (cfr. E. J. Bakker, Pointing to the Past. From Formula to Perform- From Formula to Perform-
ance in Homeric Poetics, Cambridge, Ma., 2005). Considerati in rapporto Considerati in rapporto
alla categoria morfologica dellaspetto (cio in rapporto alla categoria
afferente alledos di unazione ovvero al modo in cui essa viene per lap-
punto vista attraverso il linguaggio), limperfetto e laoristo deniscono
la durata o la momentaneit di un certo fatto. Laspetto durativo del-
limperfetto implica che lazione sia vista come se si stesse svolgendo
in un passato pi esteso del testo che la descrive e che pu ritagliarne
solo la fase registrata da un testimone: qui la visione dei fatti d luogo
al loro racconto. Laspetto momentaneo dellaoristo implica invece che
lazione sia vista come se accadesse in una dimensione assoluta, in
un tempo indenito (o per lappunto aristos, indeterminato), che
pu anche essere il tempo passato, ma senza alcuna precisazione rela-
tiva alla durata e allorigine (recente o remota) dellazione stessa: qui il
racconto dei fatti d luogo alla loro visione e lazione tende ogni volta
a riattualizzarsi e a coestendersi nel testo che la descrive. Cos, quando
prevale limperfetto, il presente si immerge nel passato; quando invece
prevale laoristo, il passato riemerge al presente.
22
Che, anche a prescindere dalluso di questi due tempi verbali, la
subiectio sub oculos possa realizzarsi secondo questa doppia modalit
indubbio; ma lipotesi che su questa base il linguaggio dello storico
venga poi a distinguersi dal linguaggio del poeta non sempre trova sicu-
re conferme nella precettistica antica in tema di visualizzazione mentale.
Vero che, per esempio, Aristotele, attribuendo alla poesia, protesa
alluniversale, un valore pi losoco della storia, legata al particolare,
sembra riproporre la differenza tra la dimensione assoluta del discorso
poetico e la dimensione relativa del discorso storico; ma anche vero
che i precetti aristotelici sullatto del pro ommton tithesthai, cio del
mettere sotto gli occhi, riconoscono alla poesia entrambe le possi-
bilit di visualizzazione. Nella Poetica, Aristotele vuole che il dram-
maturgo, accingendosi a comporre il suo testo, provi a pregurarsene
gli effetti scenici ed emotivi (Aristot. Poet. 17.1-2, 1455a 22-33). Una
mimesis che intenda infatti catturare gli spettatori alla vicenda messa
in scena esige che il poeta sappia dosare la carica immaginica delle
sue parole, saggiando anzitutto su s stesso la tecnica dellenrgeia.
Conferendo allo stile una grande forza icastica, questa tecnica permette
di dire lesperienza in modo che lascoltatore colga con locchio della
mente quanto viene descritto. Prima che il linguaggio poetico, latto
del pro ommton tithesthai denisce per, pi in generale, il processo
psicologico denito per solito phantasa. Correlato al verbo phainesthai,
apparire, il termine phantasa indica limmaginazione: non gi, ov-
viamente, nel signicato moderno dellintuito creativo del genio, ma nel
signicato antico di una facolt rappresentativa dipendente dalle sensa-
zioni. Pi precisamente, la phantasa una sorta di movimento attivato
nellanima dalla percezione (aisthesis) in modo da generarvi un usso di
phantsmata, di apparizioni ovverosia una serie di precise ancorch
immateriali immagini delle cose percepite (aisthmata). Queste im-
magini permettono alla mente di pensare e non v mbito conoscitivo
che possa farne a meno. Il movimento della phantasa spiega Aristote-
le pu essere volontario o involontario (Aristot. de an. 327b 17-20; de
insomn. 460b 9-19). Facciamo un uso attivo e deliberato della phantasa
quando, per es., richiamiamo alla memoria unimmagine passata; ne
facciamo invece un uso passivo e non calcolato quando per esempio
nei sogni o nei delir della febbre la nostra mente abitata da visioni
che possono facilmente ingannarci. Nel primo caso, noi andiamo verso
unimmagine passata (secondo lo schema che, per comodit, possiamo
chiamare imperfettivo, anche se in Aristotele non c alcun riferimento
alluso dei tempi verbali); nel secondo caso, unimmagine, per cos dire,
si attualizza, venendo verso di noi (secondo lo schema che possiamo
chiamare aoristico).
Per prelibare mentalmente gli effetti duna scena in corso di com-
posizione, anche il poeta deve ricorrere alla sua facolt immaginati-
va: e pu farlo volutamente, attivando gli strumenti del suo ingegno,
23
oppure spontaneamente, secondando le spinte della sua ispirazione.
Lalternativa tra un uso cosciente e governabile e un uso spontaneo
e irriesso della phantasa viene infatti illustrata mediante i due pi
tradizionali modelli del poeta in quanto personalit creativa: il mo-
dello del poeta euphys cio del poeta che trae le sue doti dal talento
naturale, e il modello del poeta maniks, cio del poeta che deve il
suo canto a una sorta di divina follia (di mana). Il poeta di talento
detto euplastos, duttile, perch sa piegare le sue facolt alle esigenze
della composizione; il poeta ispirato detto ekstatiks, fuori di s,
perch secondo la vecchia equazione tra la poesia e lenthousiasms
compone come posseduto da un dio. La differenza tra questi due tipi
creativi emerge quando i poeti devono, appunto con il soccorso della
phantasa, sperimentare su s stessi le emozioni che la loro parola, con-
fortata dal gesto scenico, accender negli spettatori: se il sobrio poeta
euphys ricorre alla facolt immaginativa per ngersi (come capita nei
processi della memoria) un certo stato emotivo, lebro poeta maniks
abita gi in uno stato emotivo tale da nutrire (come avviene nei sogni o
nelle allucinazioni) la facolt immaginativa. Ritorna anche qui la doppia
modalit di visualizzazione che gi conosciamo: o la mente delleuphys
va verso limmagine (secondo lo schema imperfettivo) oppure limma-
gine viene verso la mente del maniks (secondo lo schema aoristico).
In entrambi i casi, abbiamo per da fare con lattivit poetica, non
gi con lattivit storiograca. E in entrambi i casi (ma soprattutto nel
caso del poeta maniks) la phantasa collegata al pathos, allemozione.
Questo collegamento proposto da Aristotele anche nella Retorica,
dove anzi i processi di visualizzazione sembrano piuttosto privilegiare
la modalit aoristica. Occupandosi delle strategie discorsive adatte ad
accendere le passioni delluditorio, Aristotele tratta della paura (phobos)
e della piet (eleos), cio dei pathe propr dellesperienza tragica (Rhet.
2.5.1, 1382a 21-22, 2.8.3, 1385b 13-16). Chi voglia muovere gli ascol-
tatori alla paura o alla piet deve attivarne la phantasa, in modo che
essi possano ngersi una sventura (kakn) imminente e, sentendosene
atterriti o commossi, possano poi vivere lesperienza della catarsi. Gli
oratori capaci di una recitazione tale da accompagnare, con unacconcia
gestualit, le nervature emotive del linguaggio, fanno apparire (phaine-
sthai) vicino il male, dice Aristotele, mettendolo sotto gli occhi (pro
ommton poiontes) dellascoltatore: un pathos che si mostri davanti
agli occhi (en ophthalmos phainmenon) infatti condiviso pi pronta-
mente (Rhet. 2.8.14-15, 1386a 33-34, 1386b 8). E qui appunto sembra
prevalere la modalit di visualizzazione aoristica: limmagine si appros-
sima agli occhi della mente e provoca una forte risposta emotiva.
Un altro antico trattatista che contempla la doppia modalit della
visualizzazione mentale nellmbito della poesia Longino. Nel cap.
15 del Per hypsous, egli si occupa della phantasa (detta anche eido-
lopoia, fabbricazione di immagini) e la denisce un pensiero che,
24
comunque si presenti alla mente, genera un discorso (phantasa pn
to hoposon ennema gennetikn logou paristmenon). Ma distingue
lenrgeia, levidenza realistica, tipica della fantasia oratoria, pi le-
gata alloggettivit e alla verisimiglianza, dallekplexis, lurto emotivo,
proprio della fantasia poetica, pi libera e pi proclive al meraviglioso.
Questa distinzione sembrerebbe riproporci la differenza tra la visua-
lizzazione durativa o storiograca (nella quale la nostra vista mentale
si avvicina ai fatti) e la visualizzazione momentanea o appunto poetica
(nella quale i fatti si avvicinino alla nostra vista mentale). Sennonch
Longino adduce come esempio di fantasia poetica un passo dellOre-
ste di Euripide (vv. 255-57) in cui il protagonista, ossesso dalle Furie
anguicrinite, invoca la madre perch lo liberi dalla morsa delle sue
persecutrici:
Madre, timploro, non aizzare contro di me
quelle giovani con gli occhi di sangue, serpentiformi:
sono loro, sono loro: e mi saltano intorno.
Qui spiega Longino il poeta stesso ha visto le Erinni e ha qua-
si costretto anche i suoi ascoltatori a guardare ci che la sua fantasia
gli ha rafgurato. Nel comporre la scena, Euripide visualizza dun-
que mentalmente langoscia di Oreste, trasferendosi nellantico mito
e identicandosi con il suo personaggio. Ma quando Longino afferma
che cos anche gli ascoltatori di Euripide sono portati a guardare (a
thesasthai) ci che il poeta ha immaginato, pensa alla lettura del testo,
piuttosto che alla sua messa in scena: chiaro infatti che in teatro
questa situazione viene fruita anzitutto come spettacolo per locchio
della vista. Quando Euripide e, con lui, i suoi lettori simmedesimano
nello stato danimo del personaggio, si verica una subiectio sub oculos
di tipo imperfettivo, che disloca lascoltatore dal piano del suo qui e
ora al piano del l e allora, proprio dellevento visualizzato; quan-
do invece gli spettatori, a teatro, fruiscono del testo attraverso la sua
concreta rappresentazione, si verica una subiectio sub oculos di tipo
aoristico, che disloca levento visualizzato dal suo l e allora al qui
e ora della messa in scena.
Torniamo a Omero e agli elogi di Ulisse a Demodoco. Esponendo
i fatti come se vi avesse preso parte, il cantore si dimostra abile a
governare quelle tecniche della verosimiglianza che potrebbero ingan-
nare gli ascoltatori impossibilitati a controllare leffettiva attendibilit
di un racconto. Siamo cos giunti al secondo aspetto dellalternativa tra
verit e nzione entro cui, come abbiamo preavvisato, si dibattono le
antiche tecniche per dire lesperienza. A questo punto, infatti, la nostra
formula raccontare una storia si allontana dal signicato etimologico
che la vincolava al rendiconto autoptico delle cose e si avvicina a uno
dei signicati che, ancora oggi, il linguaggio comune le afda allorch
25
dice raccontare storie per intendere raccontare favole o addirittura
raccontare fandonie (per cui, quando abbiamo limpressione che il
nostro interlocutore voglia raggirarci, lo invitiamo a non raccontarci
storie). Avendo partecipato allimpresa troiana, Ulisse pu attestare
che Demodoco un cantore fededegno. Ma ove ai fruitori non sia
dato di controllarne la corrispondenza al vero, un prodotto mimeti-
co trae efcacia fascinatoria da quella che, in termini aristotelici, si
denisce la sua apergasa, cio la sua lavorazione in quanto kosmos
capace di rispecchiare, con i fatti reali, anche i fatti possibili: e dunque
in quanto kosmos capace di mentire. Tale sar, secondo Parmenide,
il kosmos epon apatels, lingannevole universo verbale della doxa,
dellopinione, che, allestendo una seduzione illusionistica pronta a
distrarre i mortali dalla via verso la altheia, verso la verit, impone
al losofo di riconsiderare con un pi vigile rigore teoretico la tensione
tra un impiego attendibile e un impiego maldo del linguaggio, cos
che i suoi uditori non si lascino irretire dalle nzioni di chi tramuta la
realt nelle sue immagini fallaci.
Lestremizzazione leggendaria degli effetti illusor del canto d luogo
ai miti della seduzione musicale: per esempio, il mito di Orfeo, il canto-
re che con la sua voce piega le ere, le selve e le rocce. O il mito delle
Sirene che, nellOdissea, attirano i naviganti con una melodia irresistibi-
le e fatale. Esse tentano anche Ulisse, promettendogli il piacere assoluto
e, insieme, il sapere assoluto. Lintegrazione di piacere e di sapere il
postulato fondamentale della poetica autoptica: la poesia non pu ga-
rantire alcun godimento vero se non si pregge di raccontare fatti veri.
Ma le Sirene smentiscono questo postulato nellatto stesso in cui sem-
brano confermarlo: giacch alla dolcezza delle loro voci non saccoppia
lautenticit delle loro affermazioni. Ai naviganti esse offrono scienza
e ritorno in patria: di fatto come diceva Marziale (3.64) esse non
dnno che un crudele gaudium e una blanda mors, una gioia crudele
e una morte carezzevole. La sola verit del loro canto ammaliante
sta appunto nel piacere dellascolto, nella lusinga sica di un orecchio
tutto atteso a una melodia bellissima e inesorabile.
Lintuizione omerica dellautonomia formale della poesia e dei suoi
poteri illusionistici anticipa una problematica che verr poi sviluppata
nella retorica dei Sosti e soprattutto di Gorgia. E appunto in mbito
retorico la nozione di kosmos si affermer con il signicato decisa-
mente estetico di ornatus, abbellimento stilistico. Ma con i Sosti
ci troviamo ormai in una fase avanzata della storia letteraria. Una fase
in cui la problematica relativa ai modi di dire lesperienza porta a
maturazione quellalternativa tra una poetica della pura invenzione e
una poetica del racconto attendibile che, come ho cercato di suggerire,
trova le sue radici, gi alle origini della letteratura, nellarte omerica
di raccontare una storia.
27
Rappresentazione pittorica e rappresentazione poetica
in Tommaso dAquino
di Fabrizio Amerini
Parlare di estetica medievale non facile oltre che storiogra-
camente discutibile
1
. Come stato sottolineato da pi studiosi, il
principale motivo di difcolt e di perplessit storiograca risiede nel
fatto che durante il Medioevo i canali di accesso e di trattazione delle
questioni che oggi noi consideriamo di pertinenza dellestetica sono
stati molteplici e hanno preso forme differenti a seconda del tempo e
del luogo in cui vengono studiati. In generale, le riessioni di estetica
che possono essere rintracciate in epoca medievale devono essere ri-
cavate da contesti spuri. Nel Medioevo problemi di estetica non sono
stati esplicitamente riconosciuti e tematizzati, non essendoci stata una
disciplina di studio autonoma qualicabile come estetica n qualcosa di
pur lontanamente assimilabile allestetica come dal Settecento ad oggi
viene intesa. Per di pi, raramente sincontrano in epoca medievale
osservazioni su che cosa sia una teoria artistica o su quali condizioni
debba soddisfare una teoria per essere considerata una teoria estetica.
Le riessioni sono tutte, per cos dire, pre-teoriche e riguardano in-
tuizioni differenti su che cosa sia il bello e su quali rapporti debbano
intercorrere tra la bellezza e la sua rappresentazione artistica. In epoca
medievale, cio, ci simbatte di frequente in forme di estetica descrit-
tiva, saltuariamente in esempi di estetica normativa, piuttosto sporadi-
camente in considerazioni meta-estetiche. Neppure unattenzione pri-
vilegiata viene rivolta allestetica come ricerca sulle condizioni del pia-
cere o della contemplazione estetica, nonostante che la sensibilit nei
confronti del bello e il tema del diletto giochino un ruolo importante
nelle meditazioni estetiche dei maestri medievali
2
. Lattenzione sembra
essere tutta rivolta al rapporto che si pu instaurare tra esperienza,
artista e opera darte. Quale esperienza, tuttavia, unopera darte deve
intercettare ed esprimere, per un losofo medievale? evidente che
a seconda che si scelga di privilegiare il rapporto tra lopera darte e
il soggetto o tra lopera darte e loggetto, scaturiscono due immagini
dellestetica molto differenti. Seppur in modo non troppo esplicito, i
maestri medievali hanno esplorato entrambe queste connessioni. In
ci che segue mi limiter a mettere in risalto alcuni punti di queste
esplorazioni che considero rilevanti per una ricostruzione losoca del-
28
lestetica nel Medioevo, concentrando lattenzione soprattutto sul basso
Medioevo e, pi in particolare, su Tommaso dAquino
3
.
In generale, stato notato che i loso medievali sviluppano ri-
essioni di estetica prevalentemente allinterno di una pi generale
riessione sulla bellezza e sul bello (pulchrum). Tale inclusione spiega
le difcolt che lestetica ha incontrato nel corso del tempo per gua-
dagnare la propria autonomia rispetto ad altre discipline. Il legame tra
estetica e teoria del bello fa emergere infatti i debiti che la cosiddetta
estetica medievale ha avuto nei confronti di altri campi del sapere,
come letica (per i rapporti tra bello e bene), la teologia (per i rapporti
tra bello creaturale e bellezza divina), la metasica (per la connessione
tra bello, essere e vero), lottica (per i rapporti tra bello, colore e fe-
nomeno della luce), le scienze del quadrivio in genere (per i rapporti
tra bellezza e proporzionalit numerica e geometrica).
Il concetto di bello viene connesso dai loso medievali, in modo
piuttosto condiviso, a quello di ordine (ordo) e questultimo la chiave
che consente loro di proporre una fondazione teologica e scritturale,
quindi oggettiva, del bello, dal momento che lordine uno degli at-
tributi che Dio ha impresso al mondo allatto della creazione. Come
spiega esemplarmente Bonaventura nel suo Itinerarium mentis in Deum
(1259), riassumendo una lunga tradizione interpretativa, specialmente
di ascendenza agostiniana, Dio ha creato il mondo in peso, numero
e misura (Sapienza, 11, 20). Il peso indica lubicazione delle cose nel
mondo, il numero il principio della loro distinzione sostanziale e quan-
titativa, la misura il fattore della loro delimitazione formale e qualitati-
va. Numero e misura sono la radice dellintelligibilit del reale, che si
delinea come il risultato della piena corrispondenza tra la misura e il
misurato, tra il modello e la copia. Queste due relazioni esemplari
non sono troppo diverse tra loro: le cose sono misurate nellessere da
Dio, ma sono state anche create ad immagine e somiglianza del loro
Creatore, ed un tratto essenziale delle creature quello di essere in
un rapporto proporzionato di somiglianza (similitudo) con Dio e, di
riesso, con le altre creature. Dal numero e dalla misura delle cose
scaturisce quindi lordine, che altro non esprime che un rapporto di
proporzione, per cui, come aveva precisato gi Agostino nel De musica
e nel De civitate Dei, la bellezza non altro che uguaglianza numeri-
camente proporzionata [...] una certa disposizione delle parti, accom-
pagnata dalla soavit del colore
4
. Questa idea agostiniana di bellezza,
che si arricchir nel corso del tempo di sollecitazioni provenienti da
altre tradizioni losoche, aristoteliche e soprattutto neo-platoniche
(e.g. Pseudo-Dionigi), godr di larga fortuna in epoca medioevale e
sar ripresa, tra gli altri, anche da Tommaso dAquino, il quale ricorda
come, basilarmente, la bellezza richieda due cose, lo splendore [del
colore] e la proporzione delle parti
5
.
29
Queste concise denizioni, proposte da Agostino e riprese tra gli
altri da Bonaventura e da Tommaso, rivelano alcune cose. In prima
istanza, da queste denizioni emerge come il concetto cardine di una
teoria del bello resti quello classico di proporzione (proportio) delle
parti in un tutto, che a sua volta dipendente dal concetto di accor-
do tra il tutto e il suo esemplare ideale. Tommaso sintetizza questo
concetto attraverso la nozione tecnica di consonantia, che impiegata
originariamente in ambito musicale a indicare la melodia e armonia dei
suoni, viene generalizzata a regola universale per denire larmonica
proporzione delle parti in un tutto, che ci che spiega qualunque
stato soggettivo, sensoriale o emozionale, che scaturisce dalla relazione
tra il soggetto e loggetto
6
. In seconda istanza, il successivo riferimen-
to al colore e allo splendore (splendor) o chiarezza (claritas)
7
allarga
lorizzonte dindagine sul bello, permettendo una caratterizzazione del
bello non solo in termini intrinsecamente o estrinsecamente oggettivi,
ma anche per cos dire soggettivi, grazie alla connessione del bello a
una teoria generale della percezione sensibile. Infatti, il colore con-
siderato una propriet reale delle cose, ma il colore in quanto visibile
richiede, nei termini del processo percettivo che Aristotele illustra nel
De anima, la presenza di un soggetto percettore e di un fattore atti-
vante questo processo. Il soggetto identicato con il singolo indivi-
duo, mentre il fattore di attivazione identicato con la luce, la quale
permette la trasformazione dei visibili in potenza in visibili in atto e
quindi in visti in atto. Rispetto al processo percettivo di ricezione di
una forma sensibile, la bellezza viene a esprimere, cos, sia larrangia-
mento armonico delle parti di una cosa colorata (in questo senso un
colore bello un colore che conveniente alla vista per vedere e
tale un colore che a sua volta possiede una gradazione cromatica
armoniosa)
8
, sia la corrispondenza che si ha tra la forma del ricevente
e la forma del ricevuto. La riproduzione a livello percettivo della forma
e del colore di una cosa sono a fondamento dellesperienza del bello,
il cui indicatore dato dal sentimento di piacere che la cosa colorata
suscita nellanima.
stato fatto notare come linsistenza agostiniana sulle cose come
immagini di Dio, effetti-segni che rinviano alla loro causa-esemplare,
sia alla base di gran parte del simbolismo e dellallegorismo medievale.
Non occorre soffermarsi troppo qui sulla connessione tra bello e ordi-
ne, e tra bello, luce e colore, essendo queste connessioni un common-
place del pensiero estetico medievale che stato comunque esaminato
dalla storiograa del secolo scorso. In questa sede mi limiter a richia-
mare due aspetti di queste connessioni che considero particolarmente
signicativi e su cui, ritengo, ci sia ancora del lavoro da fare.
Il primo aspetto da rimarcare che il processo di ricezione della
forma di un oggetto da parte di un soggetto conoscente garantisce una
saldatura tra le due connessioni di unopera darte allesperienza che
30
abbiamo distinto allinizio. Per quanto ci possano essere eventi o pro-
duzioni artistiche la cui funzione esclusivamente quella di esprimere
stati emozionali di un soggetto, o anche di suscitare stati emozionali
simili in un altro soggetto (si pensi alle rappresentazioni teatrali o alla
poesia, di cui parleremo pi avanti), in genere unopera darte deve
essere valutata rispetto alla sua capacit di rappresentare o imitare
un certo oggetto, e nel caso specico di rappresentazioni pittoriche,
di rappresentare la proporzione armonica delle parti e del colore che
un oggetto possiede, riproducendo cos una certa forma che loggetto
ha impresso nel soggetto conoscente. Da questo punto di vista, de-
gno di nota che molte riessioni sulla rappresentativit dei dipinti si
trovino allinterno dei dibattiti epistemologici sulla natura e funzione
delle rappresentazioni mentali. Siccome molti loso medievali, tra cui
Tommaso dAquino, ritengono, sulla scia di Boezio, che una rappre-
sentazione mentale naturale rappresenti le cose non come sono in s
stesse, al di fuori della mente, ma cos come sono state ricevute dalla
mente, ne consegue che anche la bellezza di unopera darte viene a
risiedere nella capacit che lopera darte possiede di mimare la debita
proporzione delle parti e del colore di una cosa rispetto al modo in
cui tale proporzione stata ricevuta dalla mente. In questo senso, il
processo rappresentativo richiede non solo una somiglianza qualitativa
tra ci che rappresenta e ci che rappresentato, ma anche una loro
adeguazione proporzionale, che il frutto di un intervento di ricosti-
tuzione dei dati percettivi operato dalla mente.
Il secondo aspetto che ritengo utile sottolineare si collega in qualche
misura al primo. Soprattutto nel corso del XIII secolo, la fondazione
teoretica del bello e la determinazione del suo valore cognitivo emergo-
no nel contesto di quella che i medievali presentano come unindagine
sui cosiddetti trascendenti, ovvero su alcune nozioni transcategoriali,
come ens, unum, bonum, verum, aliquid, res, cui qualcuno aggiunger
per lappunto pulchrum
9
. Tommaso dAquino, ad esempio, che propo-
ne una spiegazione tutto sommato chiara e condivisa della natura dei
trascendenti, osserva che i concetti di bello e di bene (ma il discorso
vale anche per il rapporto tra il bello e gli altri trascendenti), sono
realmente identici se considerati rispetto a un dato oggetto di cui si
predicano, perch si fondano su una stessa cosa, cio sulla forma di
questo oggetto. Differiscono tuttavia concettualmente. Mentre il bene
riguarda la facolt appetitiva delluomo e si pone come la causa nale
rispetto allagire pratico, il bello riguarda la facolt conoscitiva e si
pone come la causa formale rispetto alla percezione delloggetto. Belle,
infatti, sono dette quelle cose che piacciono una volta viste (pulchra
dicuntur qu visa placent) e la vista una facolt conoscitiva; ma sic-
come la conoscenza avviene per assimilazione delloggetto conosciuto
al soggetto conoscente, e lassimilazione dipende dalla forma, allora il
bello riguarda propriamente la forma delloggetto
10
. Stando a queste
31
osservazioni di Tommaso, mentre uno stato emozionale di tipo etico
si perfeziona completamente nel raggiungimento di ci che bene per
la facolt appetitiva, uno stato emozionale di tipo estetico si realizza
pienamente nellacquisizione cognitiva (apprehensio, cognitio) di una
forma e quindi nel piacere di questa acquisizione, e questa compete
solamente a quelle che sono le pi nobili facolt conoscitive sensoriali,
ossia la vista e ludito
11
.
Laccentuazione del valore cognitivo del bello e della sua connes-
sione al processo percettivo costituisce il lo rosso della riessione
estetica di Tommaso e di gran parte dei loso del basso Medioevo,
nelle varie forme in cui essa si articola. evidente che assumendo que-
sto punto di vista compito dellestetica viene a essere, per Tommaso,
quello di ssare le condizioni alle quali lesperienza del bello possa
essere data e, quindi, riprodotta. Unopera darte non sembra avere
altro compito che quello di rappresentare un oggetto o un evento bello,
ossia di re-presentare la sua forma alla mente del soggetto conoscente.
Allinterno di questo processo ricettivo e riproduttivo, Tommaso as-
sume che non solo unopera darte possa essere detta bella, ma anche
un evento o un oggetto, nonostante che bello si dica di un oggetto,
di un evento o delle loro rappresentazioni in modo diverso. Mentre
un oggetto o un evento bello, infatti, se in virt di una distribuzione
armonica delle parti e dei colori induce un sentimento di piacere in chi
lo percepisce, una rappresentazione bella se in grado di ri-suscitare
un sentimento di piacere rispetto al modo in cui essa rappresenta la
forma di quel determinato oggetto o evento. Non possibile scorge-
re ancora in Tommaso una distinzione precisa tra bello e sublime, il
cui termine per altro impiegato da Tommaso, seppur connato a
indicare leccellenza di uno stato o di una funzione. Stando ai testi di
Tommaso, il sublime non sembra esprimere nientaltro che una forma
intensa di bellezza o una bellezza cui corrisponde un piacere intenso.
Esso scaturisce dal sentimento di admiratio o contemplazione com-
piaciuta e timorosa che si prova di fronte a oggetti o eventi maestosi,
rari o insoliti, che eccedono cio le nostre facolt conoscitive e di cui
si ignora la causa
12
.
Riassumendo. In termini oggettivi, il criterio intrinseco di denizio-
ne del bello continua ad essere dato, per Tommaso, dalla debita pro-
porzione delle parti e del colore di una cosa, mentre il criterio estrin-
seco dato dalla corrispondenza tra la cosa e il suo esemplare divino.
Estrinsecamente una cosa bella se partecipa della bellezza ideale e
una cosa ne pu partecipare a vari gradi, a seconda del modo in cui
lidea di bellezza in Dio che altro non che Dio stesso considerato
in quanto bello partecipabile dalle creature
13
. In termini sogget-
tivi, invece il criterio denitorio del bello risiede nella capacit di una
cosa, una volta vista, di suscitare un sentimento di piacere. Unopera
darte al contrario bella se rappresenta il bello, che considerato da
32
Tommaso, sulla scorta dello Pseudo-Dionigi, un ne universalmente e
naturalmente ricercato dalluomo
14
.
Una rappresentazione pittorica, dunque, ha come ne la rafgura-
zione del bello e non pu tendere che a questo ne. Ciononostante
Tommaso precisa che, sebbene unopera darte sia detta bella se rap-
presenta il bello, tuttavia, in quanto rappresentazione, essa deve essere
detta bella se rappresenta una cosa in modo perfetto, anche se la cosa
in s non-bella. Come nel caso delle cose, anche nel caso delle rappre-
sentazioni la perfezione o bellezza deve essere valutata, da un punto di
vista formale, esclusivamente in termini della capacit di rassomigliare
in modo vero una certa cosa. Ne risulta che il processo rappresentativo
pittorico del bello, anche terminologicamente, descritto da Tommaso
come in tutto e per tutto simile al processo rappresentativo di una
cosa da parte di una rappresentazione mentale naturale
15
. Questo col-
legamento non deve stupire, se si pensa che nel De anima Aristotele
aveva caratterizzato lintelletto come una tabula su cui possono esse-
re impresse pictur differenti. In denitiva, come le rappresentazioni
mentali, anche la rappresentazione pittorica ha lo scopo di ripresentare
una forma, riproducendo cos il processo sensoriale che ha suscitato
un certo piacere
16
.
Se sul versante delle rappresentazioni pittoriche un certo approfon-
dimento storiograco stato portato avanti, decisamente pi scoperto
appare il versante della poetica, intesa non tanto come teoria della com-
posizione letteraria, ma come disciplina che studia lutilizzo di rappre-
sentazioni di tipo segnatamente linguistico, vocale o scritto, o teatrale.
Unattenzione maggiore, invece, stata rivolta alla retorica
17
.
Mi sembra che i motivi principali che hanno determinato nel Me-
dioevo una svalutazione della poetica losoca siano stati due. Il pri-
mo storico e riguarda la sistemazione della poetica allinterno della
classicazione delle scienze e il suo inserimento tardo nel curriculum
di studio universitario. Il secondo invece teorico e riguarda il fatto
che la poetica tende a prescindere da un criterio stretto di rappre-
sentazione mimetica, concernendo principalmente il rapporto tra una
rappresentazione e il suo fruitore rispetto a un determinato effetto che
si vuol indurre nel fruitore.
Non indugio troppo sul primo motivo, essendo noto che la sistema-
zione operata dai commentatori neo-platonici tardo-antichi, soprattutto
alessandrini, delle opere aristoteliche aveva comportato linclusione del-
la Retorica e della Poetica tra le opere dellOrganon. Come tale questa
sistemazione era giunta al mondo arabo e di qui, tramite le varie tratta-
zioni de divisione scientiarum, era giunta al mondo latino occidentale
18
.
Questo fatto aveva avuto ripercussioni sul dibattito circa la natura e
la scienticit della retorica e della poetica, cos come sullinsegna-
mento, poich la Retorica e la Poetica erano considerati comunemente
33
i libri conclusivi dellOrganon e venivano perci letti solo dopo aver
commentato gli altri libri; di fatto, la loro lectura era facoltativa. In
particolare, la poetica losoca ebbe uno sviluppo piuttosto limitato,
non essendoci una tradizione poetica consolidata (a differenza della re-
torica) alternativa a quella aristotelica con cui i medievali erano venuti
in contatto prima dellarrivo della Poetica aristotelica. Questa, com
noto, venne tradotta dal greco da Guglielmo di Moerbeke solo molto
tardi (1 marzo 1278), mentre no a quella data lunica via di accesso
alla poetica aristotelica era costituita dalla traduzione dallarabo del
Commento Medio alla Poetica di Averro, che molti, tra cui Tomma-
so, erroneamente citano come traduzione dellopera aristotelica. Tale
traduzione fu portata a termine da Ermanno il Tedesco a Toledo, il 17
marzo 1256, dopo che, nel 1250, in seguito alla traduzione dallarabo
della Retorica, Ermanno aveva rinunciato a tradurre direttamente la
Poetica a causa della sua oscurit e del disaccordo tra metrica araba e
metrica greca
19
. Nonostante che il Commento averroista abbia avuto
una certa diffusione (siamo a conoscenza di almeno 23 manoscritti che
lo conservano), la Poetica fu un testo poco commentato. A tuttoggi
sono sopravvissute in un manoscritto parigino solo alcune glosse e una
breve esposizione letterale, databili al 1307, del maestro Bartolomeo
da Bruges
20
.
Di maggiore interesse losoco il secondo motivo. Linclusione
della poetica e della retorica, tanto quella argomentativa quanto quella
epidittica, nella logica secondo laccezione larga di logica che i me-
dievali avevano ereditato dai commentatori neoplatonici tardo-antichi
ne ha determinato inevitabilmente lo statuto. Nella distinzione delle
opere dellOrganon che Tommaso propone nel prologo del suo Com-
mento agli Analitici Secondi
21
, ad esempio, la retorica e la poetica sono
accomunate dal fatto di far uso di procedimenti discorsivi, rientrando
cos, a giusto titolo, nella losoa razionale
22
. Tommaso giustica que-
sta conclusione osservando che ogni arte riguarda atti della ragione,
essendo unarte nientaltro che un certo ordinamento della ragione,
nel modo in cui attraverso determinati mezzi gli atti umani giungano
a un debito ne
23
, e la retorica e la poetica riguardano specici atti
razionali. In particolare, entrambe le discipline vengono incluse in ci
che, sulla base della tradizione, Tommaso chiama lars inventiva, in
quanto contrapposta allars iudicativa. Seguendo larticolazione propo-
sta da Tommaso, emerge con chiarezza la subordinazione della poetica
e della retorica alla logica, ma anche, di riesso, la rivalutazione che
Tommaso compie di queste discipline. Modicando la divisione tradi-
zionale, seguita ad esempio da Avicenna e Alfarabi, che collocava la re-
torica e la poetica a completamento dellOrganon, Tommaso preferisce
seguire Simplicio, Gundissalino e Averro, collocando di conseguenza
la retorica e la poetica tra la topica e la sostica. Cos facendo, Tom-
maso riconosce al ragionamento retorico e poetico un grado, seppur
34
minimo, di razionalit e certezza conoscitiva. I procedimenti poetici
e retorici risultano, cos, discorsivi sebbene non assertivi (a differenza
di quelli sillogistici) e incapaci di suscitare una credenza od opinione
stabile nelluditore (a differenza di quelli topici), ma non per questo
puramente sostici
24
.
Accomunate per il comune procedere razionale e la comunque mar-
ginale scienticit, le due discipline sono distinte da Tommaso per il
grado di certezza i cui ragionamenti possono determinare. Tommaso
collega la retorica, in ossequio alla tradizione, al parlare correttamente
al ne della persuasione (la retorica non quindi una disciplina prima-
riamente morale n giurisprudenziale)
25
e stabilisce che essa perviene
a suscitare non pi che una debole adesione, una sorta di difdenza
(suspicio), nelluditore, per quanto questi sia portato a inclinare pi
verso una che non verso laltra parte di unalternativa contraddittoria
26
.
La poetica, invece, pu suscitare nelluditore solo una certa valutazione
soggettiva (stimatio) rispetto a una delle due parti della contraddizio-
ne, in virt della sua rappresentazione, cos come se si rappresenta un
cibo sotto forma di cosa riprovevole questa rappresentazione suscita
un senso di riprovazione nelluomo
27
. A differenza di una rappresenta-
zione pittorica standard, quella poetica prescinde da un criterio stretto
di somiglianza. I poeti mirano alla rappresentazione in quanto tale,
rappresentano per il gusto di rappresentare, essendo il diletto della
rappresentazione determinato dalla pratica di fare inferenze (collatio-
nes) dalla rappresentazione al rappresentato e viceversa radicato nella
natura umana
28
, e nel contempo svolgono, come i retori, una funzione
educativa ed etico-politica nella misura in cui inducono i fruitori delle
loro rappresentazioni a seguire la virt e ci che decoroso e ad ab-
bandonare il vizio e ci che turpe
29
. Come aveva notato Averro, il
linguaggio poetico non assertivo ma immaginativo e rappresentativo
30
,
quindi chi si trova di fronte a un enunciato poetico si limita a reagire
con una sorta di semplice valutazione soggettiva rispetto allalternativa
posta dalla contraddizione
31
.
Le precisazioni che Tommaso avanza sulla poetica devono essere
lette alla luce della sua esigenza di differenziare poesia e Sacra Scrit-
tura. Tommaso sapeva, infatti, che le due discipline potevano apparire
simili non solo perch entrambe fanno uso di metafore e gure
32
,
ma anche perch entrambe si occupano di oggetti in qualche misura
trascendenti lesperienza. In base a questa somiglianza, qualcuno po-
teva essere portato ad attribuire al linguaggio poetico quel sovrasenso
spirituale (allegorico, morale, anagogico) tradizionalmente attribuito al
linguaggio scritturale
33
.
Il modo in cui Tommaso differenzia le due discipline getta luce sul-
lo statuto che Tommaso accorda alla poesia. Secondo Tommaso, luso
di metafore il tratto distintivo del linguaggio poetico
34
. Tuttavia non
vi niente di illecito o irragionevole nel fatto che anche il linguaggio
35
scritturale faccia uso di similitudini e parabole
35
. Entrambi i linguaggi,
infatti, si riferiscono a enti, eventi o stati emozionali che eccedono la
ragione e che non risultano perci signicabili in quanto tali. Da que-
sto punto di vista, pu essere concesso che poesia e Sacra Scrittura sia-
no accomunate dallimpiego di un linguaggio segnatamente simbolico
(modus symbolicus)
36
. Ma da ci nessuno tenuto a inferire che possa
essere accordato al linguaggio poetico anche un senso spirituale oltre
quello letterale. La ragione di questa limitazione che nessuna rappre-
sentazione poetica, cos come nessuna rappresentazione scritturale, ha
in quanto tale la possibilit di andare oltre il signicato letterale delle
parole che essa impiega, dal momento che, primo, le rappresentazio-
ni linguistiche si servono di segni e che, secondo, i segni sono stati
scelti convenzionalmente e imposti per signicare nientaltro che ci
che signicano. Ne consegue che in una rappresentazione poetica e
scritturale signicato letterale e signicato metaforico si subordinano
e, parzialmente, si sovrappongono. Le metafore si congurano come
similitudini che partendo da cose visibili conducono a cose invisibili,
secondo una certa corrispondenza di alcune, selezionate propriet che
i due estremi della similitudine sono ritenuti condividere
37
. Quanto al
senso letterale delle parole, perci, Sacra Scrittura e poesia non pos-
sono diversicarsi. La Sacra Scrittura, tuttavia, si riferisce a cose che
a loro volta signicano, mentre ci non pu accadere per la poesia. E
con senso spirituale si intende precisamente questo: la propriet del-
le cose, come rispecchiate nelle parole, di signicare altre cose
38
. In
conclusione, linguaggio e stile possono talvolta coincidere, ma poesia
e Sacra Scrittura si distinguono con il variare dellintenzione con cui
le parole sono impiegate. Per lo pi, la poesia tende a riprodurre,
tramite le sue rappresentazioni linguistiche, cose meravigliose o rare,
incitando gli uomini alle virt (sia intellettuali sia pratiche), la Sacra
Scrittura ovviamente fa uso di rappresentazioni per un ne escatolo-
gico e soteriologico
39
.
Alcuni dei tratti dellestetica tommasiana che abbiamo brevemente
richiamato sopra sono stati studiati, altri invece rimangono nellombra.
Mi sembra che ci sia ancora molto lavoro da fare sul versante della
ricostruzione delle teorie medievali della rappresentazione applicate al
campo pittorico e poetico, cos come mancano adeguati approfondi-
menti sulle teorie medievali dei colori rispetto alla percettibilit sen-
soriale del colore e alla conseguente relazione del colore con il senti-
mento del bello
40
. Credo che una via da seguire, e privilegiare, nella
ricostruzione delle riessioni estetiche medievali possa essere quella di
reimpostare lindagine storica sulla bellezza come ricerca losoca sui
rapporti tra una rappresentazione, sia essa pittorica o poetica, il sog-
getto che la ha intenzionalmente espressa e loggetto cui la rappresen-
tazione si riferisce. In questottica, risulta interessante e losocamente
36
fruttuoso precisare i valori e gli stati cognitivi che un losofo medievale
disposto ad attribuire e associare alle rappresentazioni artistiche in
genere. Tommaso, ad esempio, riconosce al linguaggio pittorico e poe-
tico una comune radice rappresentazionale e una comune capacit di
indurre nello spettatore-ascoltatore un sentimento di piacere o diletto,
attribuendo alla rappresentazione pittorica o poetica in particolare una
rappresentativit naturale che ne determina interamente, rispetto a un
dato codice linguistico, il contenuto e valore semantico. Ogni rappre-
sentazione, infatti, vista essenzialmente come un segno complesso,
composto di altri segni, capace di riferirsi di per s a qualcosaltro,
indipendentemente dallintenzione dellartista
41
. Rispetto tuttavia al
produttore o al fruitore dellopera, la rappresentazione artistica si pro-
la come un meccanismo tecnicamente elaborato di rappresentazione
della forma di un oggetto, di un evento o, in generale, di una qualsivo-
glia esperienza, rappresentazione che necessita per essere decodicata
di una chiave interpretativa pi o meno immediata. Ci che distingue
la rappresentazione per parole, in genere, da quella per immagini
proprio limmediatezza della decifrazione
42
. Da un punto di vista co-
gnitivo, la rappresentazione poetica, essenzialmente metaforica, intro-
duce un fattore addizionale rispetto a quella pittorica, perch le rap-
presentazioni poetiche in quanto poetiche non si limitano a signicare
le cose (spesso inesistenti) che sono ricavabili dal signicato proprio
dei termini, quanto piuttosto altre cose con le quali le cose signicate
dai termini stanno in un selezionato rapporto di similitudine
43
. Poter
provvedere un trattamento unicato del linguaggio poetico e pittorico
in termini rappresentazionali potrebbe gettare nuova luce sul modo in
cui i maestri medievali hanno affrontato, nel caso, laffascinante pro-
blema dellintertraducibilit tra pittura e poesia.
1
Per unintroduzione allestetica medievale, si vedano M. T. Fumagalli Beonio Broc-
chieri, Lestetica medievale, Bologna, Il Mulino, 2002 e, soprattutto, U. Eco, Arte e bellez-
za nellestetica medievale, Milano, Bompiani, 1987, cui rimando per ulteriori riferimenti
bibliograci. Quanto alle risorse in rete, si pu consultare la voce Estetica Medievale,
curata da G. C. Garfagnini, sul sito http://www.italicon.it, sezione Filosoa.
2
Su questo aspetto si pu vedere M. Bettetini, Il lecito piacere della nzione artistica,
in M. Bettetini - F. D. Paparella (a cura di), D. Paparella (a cura di), La felicit nel Medioevo, Louvain-La-Neuve,
Fdration Internationale des Instituts dtudes Mdivales, 2005, pp. 53-67.
3
Per una presentazione dinsieme dellestetica di Tommaso dAquino, si vedano M.
de Wulf, tudes historiques sur lesthtique de St. Thomas dAquin, Louvain, Institut
Suprieur de Philosophie, 1896; F. J. Kovach, Die sthetik des Thomas von Aquin,
Berlin, De Gruyter, 1961; U. Eco, Il problema estetico in Tommaso dAquino, Milano,
Bompiani, 1970.
4
Cf. Bonaventura, Itinerarium mentis in Deum, I, 11, e II, 5. Per i passi di Agosti-
no, cf. De musica, VI, 13, 38, e De civitate Dei, XXII, 19, 2. Cf. anche Epistul, 3, 4, e
Super Genesim ad litteram, IV, 3.
5
Cf. Scriptum super Sententias, I, d. 3, q. 2, a. 3, expositio textus: Pulchritudo
37
consistit in duobus, scilicet in splendore, et partium proportione; d. 31, q. 2, a. 1: Ad
rationem autem pulchritudinis duo concurrunt, secundum Dionysium, scilicet conso-
nantia et claritas His duobus addit tertium Philosophus ubi dicit, quod pulchritudo
non est nisi in magno corpore. Cf. anche Summa Theologi I
a
, q. 39, a. 8; II
a
II
ae
, q.
145, a. 2; Super De divinis nominibus, c. 4, lec. 5; Sentencia libri Ethicorum, I, lec. 13;
Super Psalmos, 44, 2.
6
Sulla nozione di consonantia, si vedano Sentencia libri De anima, I, lec. 9; II, lec.
18-19; Sentencia libri De sensu et sensato, I, lec. 17; Expositio libri Posteriorum, I, lec.
15; Super De div. nom., c. 4, lec. 5.
7
I due termini sono pressoch sinonimi in Tommaso (cf. e.g. Super Sent., IV, d.
44, q. 2, a. 4, qc. 2). Sul signicato del termine splendor cf. Super Sent., II, d. 13, q.
1, a. 3.
8
Cf. Quaestiones de veritate, q. 25, a. 1; Sent. De an., II, lec. 22.
9
Sulle nozioni trascendenti in epoca medievale, si veda J. Aertsen, Medieval Phi-
losophy and the Transcendentals: the Case of Thomas Aquinas, Leiden-New York-Kln,
Brill, 1996.
10
Cf. e.g. Sum. Theol., I
a
, q. 5, a. 4, ad 1.
11
Cf. Sum. Theol. Theol., I
a
-II
ae
, q. 27, a. 1, ad 3.
12
Cf. Super Sent., III, d. 26, q. 1, a. 3; IV, d. 48, q. 1, a. 4, qc. 3, ad 2; Qu. de ver.,
q. 26, a. 4, ad 7; Postilla super Psalmos, 8, 1; Sum. Theol., I
a
II
ae
, q. 32, a. 5; q. 41, a. 4
e ad 4; III
a
, q. 15, a. 8; Sent. De sensu et sens. De sensu et sens., II, lec. 3.
13
Cf. Super De div. nom., c. 5, lec. 4.
14
Ibidem.
15
Si confrontino, ad esempio, Sum. Theol. Theol., I
a
, q. 39, a. 8, e De 108 articulis, q. 1.
16
Sul valore rappresentativo delle immagini, si vedano Super Sent., I, d. 28, q. 2,
a. 1 ss.; Qu. de ver., qq. 2, a. 3; 4, a. 4, ad 2; 8, a. 5; 22, a. 14; 23, a. 7, ad 11; Sum.
Theol., I
a
, q. 93.
17
Per unintroduzione generale alla retorica e alla poetica nel Medioevo, si vedano
C. Marmo, Retorica e poetica, in L. Bianchi (a cura di), La losoa nelle Universit.
Secoli XIII-XIV, Firenze, La Nuova Italia, 1997, pp. 141-62, e G. Dahan-I. Rosier-Catach Rosier-Catach
(ds.), La Rhtorique dAristote: traditions et commentaires de lAntiquit au XVII
e
sicle,
Vrin, Paris 1998, ai quali rinvio per ulteriori riferimenti bibliograci.
18
Non tutte le divisioni delle scienze includevano per la poetica tra le discipline
logiche. Per una panoramica, si veda G. Dahan, Per una panoramica, si veda G. Dahan, Les classications du savoir aux XII
e
et
XIII
e
sicles, in Lenseignement philosophique 40/4 (1990), pp. 5-27.
19
Cf. De arte poetica, in Aristoteles Latinus, t. XXXIII, ed. L. Minio-Paluello, Leiden,
Brill, 1968, p. 41. Su retorica e poetica nella losoa araba, si veda D. L. Black, Su retorica e poetica nella losoa araba, si veda D. L. Black, Logic
and Aristotles Rhetoric and Poetics in Medieval Arabic Philosophy, Leiden, Brill,1990.
20
Entrambe sono state pubblicate in G. Dahan, Notes et textes sur la potique au
Moyen ge, in Archives dHistoire Doctrinale et Litteraire du Moyen-Age 47 (1980),
pp. 172-93.
21
Cf. Expositio libri Posteriorum, I, 1 (proemium), in Opera Omnia, t. I* 2, ed. R.-A.
Gauthier, Roma-Paris, Commissio Leonina-Vrin, 1989, pp. 3-7, ll. 1-123.
22
Ivi, pp. 6-7, ll. 118-120. Si veda lapparato delle fonti Si veda lapparato delle fonti ad lineas.
23
Ivi, p. 3, ll. 9-12 e 24-31. Ivi, p. 3, ll. 9-12 e 24-31. , p. 3, ll. 9-12 e 24-31.
24
Ivi, p. 3, ll. 9-12. Cf. anche Cf. anche Sent. Ethic., IX, lec. 7.
25
Sebbene il diritto, letica e la politica siano i suoi ambiti di applicazione pi
naturali (cf. Sent. Ethic. Ethic., I, lec. 3). Cf. Super Sent., III, d. 33, q. 3, a. 1, qc. 4; Sum.
Theol., II
a
II
ae
, q. 48.
26
Cf. Exp. Post., I, 1 (proemium), pp. 6-7, ll. 107-111.
27
Ivi, p. 7, ll. 111-118.
28
Cf. Sum. Theol., I
a
II
a
e, q. 32 a. 8;

II
a
II
ae
, q. 94, a. 4; Super Corinthios, c. 11, lec. 1;
Averro, In Poetriam, in Aristoteles Latinus, t. XXXIII, pp. 44-45.
29
Cf. Exp. Post., I, 1 (proemium), p. 7, ll. 116-118; Super Timotheum, c. 4, lec. 2;
Expositio libri Peryermenias, I, lec. 7; Averro, In Poetriam, pp. 43-44.
38
30
Cf. In Poetriam, p. 42. Si noti che la versione latina di Ermanno il Tedesco aveva
reso il termine arabo equivalente al greco mimesis con repraesentatio piuttosto che con
imitatio.
31
Sul rapporto tra aestimatio e suspicio. Cf. e.g. Cf. e.g. Qu. de ver., q. 26, a. 8, ad 3.
32
Cf. Sum. Theol. Theol., I
a
, q. 1, a. 9, arg. 1; II
a
II
ae
, q. 94, a. 1; Quodlibet VIII, q. 6, a. 3,
arg. 2.
33
Cf. Super Meteora, II, c. 1; Sent. Phys. Phys., II, lec. 2; Sent. Met., I, lec. 3-4.
34
Cf. Super Meteora, II, lec. 5; Sent. Pol., III, lec. 1; Super Iob, c. 3.
35
Cf. Sum. Theol., I
a
, q. 1, a. 9.
36
Cf. e.g. Super Sent., I, prol., q. 1, a. 5, ad 3; Sum. Theol., I
a
II
ae
, q. 101, a. 2, ad
2.
37
Cf. Super Sent., I, d. 34, q. 3, a. 2, ad 3; Qu. de ver., q. 7, a. 2; Super Iob, c. 2,
lec. 3; Sum. Theol., I
a
, q. 1, a. 9, ad 3; Super Galatos, c. 4, lec. 7; Quod. VII, q. 6, a. 3,
e a. 3, ad 2.
38
Cf. Sum. Theol., I
a
, q. 1, a. 10; Quodlibet VII, q. 6, a. 1; Super Galatos, c. 4, lec.
7. Non mi pare che le osservazioni sul rapporto tra senso spirituale e sapere teologico Non mi pare che le osservazioni sul rapporto tra senso spirituale e sapere teologico
costituiscano una liquidazione di fatto dellallegorismo universale tipico della cultura
medievale, come U. Eco assume (cf. Arte e bellezza, p. 97). Esse anzi ribadiscono lal-
legorismo universale, precisando i livelli di signicazione rispetto alle diverse forme di
linguaggio.
39
Cf. Sum. Theol. Theol., I
a
, q. 1, a. 9, ad 1; I
a
II
ae
, q. 32, a. 8.
40
In questottica, risulta molto interessante, per quanto poco studiato, il commento
di Tommaso a quei capitoli del De sensu et sensato dedicati al colore (I, lec. 6-8, e II,
lec. 3).
41
Cf. Sum. Theol., II
a
II
ae
, q. 110, a. 1, e Super Psalmos, 26,6.
42
Cf. e.g. Qu. de ver., q. 7, a. 1, ad 14.
43
Cf. Super Sent., I, d. 16, a. 1, a. 3, ad 3; Sum. Theol. Theol., I
a
, q. 17, a. 2, ad 2.
39
De la posie comme rponse la nuit
Lunion du dire et du voir
di Baldine Saint Girons
1. La posie me semble dabord et avant tout une rponse lex-
prience de la prsence un effort pour la soutenir, la clbrer et la
mmoriser mais cette rponse est aussi admirable quphmre et
prilleuse. Car, en interprtant la prsence et en la restituant par des
mots, la posie risque aussi de sacraliser la lettre et de faire oublier
le rel au prot de ce quYves Bonnefoy appelle un chteau de pr-
sence, dimmortalit, de retour
1
. Or, la posie dont nous avons be-
soin aujourdhui nest plus une posie qui svade dans une forteresse
de paroles et se mette labri des dgradations du rel. La posie
daujourdhui, cest--dire sans les dieux, afrme bien plutt lici et
le maintenant avec leur cre got de mortalit. Elle clbre dautant
mieux la splendeur quelle en sait le miracle et labsence de dure.
Baudelaire nous apparat comme le pote de la modernit par ex-
cellence dans la mesure mme o il cherche faire dire au pome
cet extrieur absolu, ce grand vent aux vitres de la parole, lici et le
maintenant qua sacraliss toute mort
2
. Et il lui est revenu de crer
un nouveau mythe, en donnant la passante un tre dautant plus
inoubliable quil disparat aussitt, et en lanant une nouvelle muse,
Modernit, mixte poignant de mode et dternit, dphmre et
dintemporel.
La rue assourdissante autour de moi hurlait.
Longue, mince, en grand deuil, douleur majestueuse,
Une femme passa, dune main fastueuse
Soulevant, balanant le feston et lourlet.
Agile et noble, avec sa jambe de statue.
Moi, je buvais, crisp comme un extravagant,
Dans son il, ciel livide o germe louragan,
La douceur qui fascine et le plaisir qui tue.
Un clair puis la nuit! Fugitive beaut
Dont le regard ma fait soudainement renatre,
Ne te verrai-je plus que dans lternit?
Ailleurs, bien loin dici! trop tard! jamais peut-tre!
Car jignore o tu fuis, tu ne sais o je vais,
toi que jeusse aime, toi qui le savais!
3
.
40
Dans la posie moderne, on rencontre moins des images que des
apparitions, des phantasiai. Il faut si possible reprendre on la traduction
de phantasia par apparition que propose Jackie Pigeaud chez Longin.
Car le sublime me semble de plus en plus un problme de vitesse: il
passe aux trois sens du mot: traverse des obstacles, apparat fugitive-
ment et se fait moins accepter quadmettre. Chez Baudelaire, lappari-
tion surgit pour svanouir aussitt et induire le sentiment de lirrversi-
ble. Nous ressentons alors les dures rafales dun rel qui impose sa loi;
et la posie reprend ncessit et saveur, en scartant dun esthtisme
qui serait hors du temps.
Il y a lieu de se moquer avec Benjamin Fondane des thoriciens du
plaisir et du divertissement. Lessentiel, cest la puissance inoue de la
posie ltat naissant:
Ouvrons les yeux: la posie est un besoin et non une jouissance, un acte et non
un dlassement; le pote afrme, la posie est une afrmation de la ralit. Quand
nous coutons une uvre dart, nous ne contemplons pas, ni ne jouissons, nous afr-
mons ce que tout le long de la journe nous avons ni honteusement: la pleine ralit
de nos actes, de notre espoir, de notre libert, lobscure certitude que lexistence a
un sens, un axe, un rpondant
4
.
Fondane dit admirablement le besoin et lespoir; mais la posie
est-elle capable dy rpondre sans nous bercer dillusions nouvelles qui
rendront le rel encore plus gris? Ses afrmations ne sont-elles pas
des mensonges? Que la posie ne soit pas innocente, quelle atteigne
la dmesure, les mythes grecs lattestent: Orphe est dpec par les
bacchantes, Amphion succombe la folie, Marsyas se fait corcher
vif. Aux mythes de chtiment correspondent, en outre, des mythes
de naissance proprement dramatiques: lart potique doit sa naissance
un malheur ou un viol. Syrinx ne devient roseau et instrument de
musique que pour chapper ltreinte physique de Pan qui invente
sa te en coutant le vgtal agit par les vents; Procn ne devient
rossignol quaprs avoir tent de venger sa sur Philomle, viole et
prive de langue par Tire. Le malheur ne guette pas seulement le
pote accompli: il rend parfois pote. Il nest pas seulement ranon
de la posie: il est sa condition de possibilit.
Lintitul du prsent colloque explicite bien le d essentiel: dire
lexprience, y russir. Car cela signie non pas nier le terrible, mais
saisir son lien la vie; non pas cder au dsenchantement, mais y voir
le corrlat de lenchantement. Ce nest que a, mais cest a. On
pourrait retrouver par ce biais le problme que nous a lgu Aristote.
La mimsis dont il sagit dans lart nest pas celle de lessence, mais
dun rel foncirement vivant, toujours changeant, soumis la mort,
dont il importe dextraire ou dinventer la posie profonde. Dans lart
et dans la posie, il en va de notre rapport au rel de lexprience.
Mais de la sorte, lart et la posie ne font pas que rpondre au
41
rel en limitant: ils en rpondent, sen montrent responsables, se
portent garants de sa splendeur ou de ce que jai appel lclat de
linsaisissable. Quoi de plus mystrieux que le rire, et surtout le rire
dassentiment? Celui-ci est peut-tre le germe potique par excellence,
la forme embryonnaire de la reconnaissance et de la louange, car il
surgit mme la vie cosmique, comme pourrait tmoigner le premier
sens du verbe grec gela: non pas rire, mais briller, resplendir.
Lorsque toute la terre resplendit de lclat tincelant de lairain chez
Homre (Iliade XIX, 362), lorsque la demeure resplendit de lclat
des desses chez Hsiode (Thogonie, 40), lorsque le ciel et la terre
resplendissent du parfum des eurs dans lHymne Dmter, il sagit
bien de resplendir et il ny a pas de mtaphore. Cela signie que
le rire se trouve in statu nascendi dans ltincellement cosmique ou,
peut-tre mme davantage, que le cosmos rit avant mme que lhomme
ne rit. Gela peut ainsi, tre rapproch de galn, le calme de la mer
ensoleille. Et le syngelasai, le rire avec, est dabord prendre dans ce
contexte: nous rions la nature, au ciel, la terre, locan. La posie,
tout entire, pourrait tre contenue dans ce rire initial et ne faire que
dvelopper le langage qui sy trouve inclus in nuce.
Seulement, le dire potique apparat alors non seulement comme
une rponse au cosmos, mais comme un acte qui interprte sa prsence
en sen portant responsable. Ce nest pas un simple geste, cest un acte
et, mme davantage, un faonnement duvre. Cet acte et ce faonne-
ment, je voudrais le comparer ceux de la peinture. Car la peinture,
elle aussi, dit lexprience, bien quen labsence de mots. Si son travail
aboutit montrer le monde autrement et modier, si peu que ce soit,
notre rapport au visible, la question demeure: le peintre regarde-t-il
pour peindre ou peint-il pour regarder? Lexprience quil dit est-elle
dabord optique ou dabord viscrale, sentie comme un spectacle ou
comme un rythme qui sempare de lui? Fiedler ou Ervin Strauss ont
bien montr le rle prminent dun sentir dlivr de la perception et
Strauss a fait du mouvement prsentiel une dtermination qui relve
dun mode acoustique (et non optique) de la spatialit. Mais encore
faut-il se garder rduire le sentir une structure originaire: il faut rin-
jecter la technique dans les gestes, comme lont montr Marcel Mauss,
en tudiant les techniques du corps, ses habitus fonds sur un ap-
prentissage, ou Walter Benjamin, en fondant le mouvement expressif
sur un jeu langagier, ouvert sur la crativit. Le musicien, le danseur,
le peintre font des expriences dont il faut comprendre la technique
pour en ressentir pleinement la force.
Que fait maintenant le pome? Il ne reprsente pas plus un monde
prenne et dj connu que ne le fait le tableau; il ne se contente pas
de communiquer une pense toute faite: il pense le monde autrement
et agit, si peu que ce soit, sur notre pense. Quest-ce donc qui meut
le pote? Encore moins que le peintre, ce ne saurait tre strictement
42
une vision: il sagit plutt dun dsir dexplorer avec des mots son rap-
port au monde, autrui, lui-mme. Dire lexprience, ce nest alors
pas dire une exprience prexistante; cest continuer exprimenter.
La peinture et la posie peuvent ainsi se prsenter comme des faons
de penser en acte, dont le mode daction reste peu clair et partiellement
imprvisible, alors mme quil se fonde sur des techniques trs prci-
ses. Telle est, me semble-t-il, la leon que nous donne Longin: dans le
sublime, cest grce la technique et la capacit den faire oublier les
ressorts que la pense conquiert sa puissance la plus haute. Et cest ce
moment-l quelle peut engendrer le choc, lekplexis potique.
2. Si la posie et la peinture rpondent lnigme de la prsence
et rpondent delle, il me semble quelles sadressent particulirement
la nuit et la prennent en charge. Il sagit, en effet, dans chacun de
ces cas, dune gestation lente, difcile et cache, selon une technique
la fois immmoriale et nouvellement rafne. La nuit est gravide,
lart est gravide.
Quand la posie sadresse la nuit, elle se fait grosse non seu-
lement de la parole, mais de la vision spcique que suscite la nuit:
lcoute se transforme en rponse, et le regard en invocation. Mieux, la
posie accorde parole et regard; elle retrouve lunion profonde du dire
et du voir
5
. Allocutaire privilgi et miroir en morceaux, la nuit est la
gure de cet Autre, auquel nous en appelons directement. Ni la nuit,
ni la posie ne sont les symboles de lAutre: elles assurent au contraire
la rencontre avec lAutre, elles sont des vhicules de sa manifestation.
Par mimtisme avec la nuit, lart se fait enceint; et ses fruits peuvent
alors apparatre comme des morceaux de nuit.
La nuit peint et il y a donc des techniques de la nuit que la pein-
ture de la nuit retrouve, voil la dcouverte qui a donn son impul-
sion mon dernier livre, Les Marges de la nuit. La nuit suscite lenvie
de la mettre en mots et en musique, pas seulement en tableau; mais
mots, musique et tableau, en amont de lacte artistique, motivent le
dsir. Car, comme nous sommes des tres de langage, les mots et leur
musique interviennent toujours plus ou moins dans les sensations que
nous prouvons.
Reste que les interdits auxquels se soumettent le pote et le peintre
sont diffrents: le premier fait comme sil avait les yeux vides, le se-
cond comme sil avait les lvres coupes. Lun oublie quil est capable
de peindre et dessiner, lautre quil sait sexprimer oralement. Mettre
en rapport un texte littraire et un tableau exige donc une grande pru-
dence mthodologique. Le pote peut vouloir devenir un iconographe
(eikonographos); mais ce quil suggre par des mots notre seule vue
intrieure nest pas la mme chose que ce que le peintre donne notre
vue extrieure et intrieure. Et, inversement, le peintre peut vouloir
devenir un pote, mais ce quil suggre par les signiants plastiques est
43
dun autre ordre que ce que le pote fait entendre par des signiants
verbaux. Lonard de Vinci ironisait dj:
Appelles-tu la peinture posie muette, le peintre peut qualier de peinture
aveugle lart du pote
6
.
De fait, il est signicatif quon reproche rarement la posie son
aveuglement, alors quon tend faire du mutisme une spcicit au
fond bien contestable de la peinture. Or, de mme quil y a une vision
inhrente aux mots (un voir propre la lexis qui conduisait Aristote
considrer la tragdie dabord comme un texte lu et rduire donc
le rle de la mise en scne), il y a un type de discours produit par la
seule peinture, dans lequel les directions de limagination, ses points
dappui, darrt, de rebroussement sont bien spciques. Cest donc
la peinture, mais dabord la photographie, que nous allons dabord
privilgier, pour aller la rencontre de la nuit cosmique, dans lespace
hyptral. Entre visible et invisible, nous traquerons le dsir en cher-
chant comprendre comment il se hisse une expression qui, pour
ntre pas verbale, nen est pas moins rigoureuse.
Soit une photographie de Sugimoto: Bass strait, Table cape, 1997.

Les marges du ciel sy agrandissent sans n, vriant la formule de
Claudel: O le soleil se cache, clate le ciel
7
. Sugimoto a expli-
qu quil avait cherch toute sa vie rpondre la question suivante:
Peut-on voir, aujourdhui, un paysage comme un homme primitif
44
le faisait?
8
. Il prit pour medium la photographie, parce quelle lui
permettait une vision calme et prolonge, rarement possible dans la
vie ordinaire. Et il privilgia le grand angle, augmenta les temps de
pause et dclencha lobturateur le plus tard possible. Tel est le cas
ici. Un ciel dhiver, compltement noir, occupe la moiti du tableau ;
mais la lumire, issue dune source invisible, frmit sur leau et prend
un clat dune douceur envotante. La nuit se mire et se contracte
sans rien perdre de son innitude. Faisant preuve dun dpouillement
accord la sensibilit moderne, lart de Sugimoto utilise les leons
de la gravure la manire noire, dont la photographie et le cinma se
sont rclams leurs dbuts: un art fond sur le contraste ou plutt
sur la collision entre noir et blanc. Aucun des deux protagonistes ne
triomphe durablement. La mise en valeur est rciproque et lchange
des rles toujours possible.
Soit maintenant un tableau du Greco qui clbre non la nuit cos-
mique, mais ce que jappellerai le mystre du feu (Allgorie, vers
1585)
9
.
Les commentateurs prirent longtemps la lettre la formule dun in-
ventaire du XVII
e
sicle, dans laquelle on interprtait le personnage
central comme une femme. Or, celui-ci est en fait la reprise du Garon
allumant une bougie, peint Rome dix bonnes annes plus tt
10
, dans
le cercle du cardinal Farnese et sous linspiration possible de Fulvio
Orsini. Le d tait de reproduire loriginal antique perdu dAntiphile,
voqu par Pline lAncien.
45
Antiphile est renomm pour un Jeune Garon soufant sur un feu, tandis que
le reet claire la maison, dailleurs fort belle, ainsi que le visage de lenfant lui-
mme
11
.
Bassano peignit la mme poque un jeune garon attisant la am-
me, mais vu de prol et plac dans un tableau religieux. Le Greco
semble tre le premier lavoir prsent seul et dans une position
frontale. Puis il reprit cette gure originale et lintgra dans une toile
plus grande. Mais pourquoi lavoir accompagn dun singe (avec ou
sans chanes, selon les versions) et dun fou? Les commentateurs vou-
lurent trouver une source littraire la composition et y cherchrent
lapplication de vieux proverbes, tournant autour de lide quattiser
la braise, cest provoquer le diable. On peut cependant penser quil
sagit dune invention personnelle du peintre, comme David Davies la
dailleurs suggr. Essayons donc de retrouver le mouvement dinven-
tion du Greco, qui le fait se tourner vers la nuit.
Le singe reprsente traditionnellement la fois lanimalit, le mim-
tisme social et, depuis Titien, le mimtisme pictural (ars simia Natur).
Le fou, lui, est peut-tre le matre fantasque du singe, mais, en tout
cas, un tre inadapt la vie prtendue-normale. Entre lhomme et la
bte, mais aussi, peut-tre, entre deux ges de la vie, le jeune garon
allume sa bougie un charbon incandescent. Voil qui signie dabord
quil transmet le amme dun objet un autre. Pourquoi chercher
des symboles partout? Avant de reprsenter la luxure, le feu est le
feu tout simplement. Unissant leurs regards sur le mme objet, nos
trois personnages ont, certes, lair de conspirateurs; mais ils nen ont
que lair; car ce quils clbrent est laction mystrieuse du feu qui se
communique son autre dans une nuit immmoriale. Llmentaire
oubli, ou plutt llmental, fait ici retour.
Troisime exemple, non plus la nuit cosmique, ni le mystre du feu,
mais la puissance du rve, devin du dehors: Le Songe de Constantin
de Piero della Francesca dans le cycle de la lgende de la vraie Croix
dArezzo (1452-1466). Il me semble que cette fresque meut par lintro-
duction dun dsquilibre rarement analys. On dit gnralement que
le rve de lempereur reste imperceptible aux assistants; mais ce nest
pas exact: un vnement se produit qui propage ses ondes de choc. Et
nous en avons trois indices: le soldat de droite brandit sa masse darmes,
comme pris dinquitude; le serviteur, vtu de blanc, se rveille subite-
ment, le coude encore affal sur la couche impriale, et lve un regard
ennuy et hagard vers le soldat de gauche; celui-ci, tenant fermement sa
lance, parallle au mt et pointe tel un index vers lange, surgit dans
un total contre-jour peut-tre le premier contre-jour de lhistoire de la
peinture et certainement le plus notoire. Ltat dalerte des soldats et du
serviteur, soudain clabousss de lumire, suppose la prise de conscience
au moins partielle dun changement de situation: que se passe-t-il ?
46
Endormi, tout juste rveill, sur le qui-vive, vigile son poste, les
quatre personnages prsentent la srie complte des tats de conscien-
ce. La lumire surnaturelle qui provient de lange blondit le casque et
le haut de larmure du soldat la lance, fait saillir lpaule du serviteur
et argente sa tunique blanche, claire la banquette, rosit la literie, et
va se nicher jusque sous le casque rond du soldat de droite. Bien sr,
Piero est un matre de la perspective, mais ce qui le rend inimitable est
son habilet crer un espace intime quil met en mouvement par la
force agissante et divinise de la lumire. Grce la nuit, lnigme
de lvnement se redouble et lillumination pictoriale donne voir
davantage mme que le rve, le ressort du rve: ce qui se joue dans le
lieu secret o se produit lillumination de lme.
3. La peinture parle, la posie peint. Lart nest pas seulement infu-
47
sion, mais effusion, au sens o saint Paul crivait aux Corinthiens Si
nous avons t hors de sens, ctait pour Dieu; si nous sommes rai-
sonnables, cest pour vous
12
et saint Bernard: Ce qui se passe entre
Dieu et moi, je puis lexprimenter, mais non lexprimer; avec vous, au
contraire, je tche de parlez de faon que vous compreniez
13
. Mais
le gnie de lart est de nouer les temps de linfusion et de leffusion.
Dune part, la sensation est dj ptrie de langage; elle est interprta-
tive et inventive, et, dautre part, luvre ne vise pas dabord com-
muniquer: elle tend dabord traduire, clbrer, dire dans un
nouveau medium ce qui se noue de fondamental dans le rapport
lAutre. Cet Autre nest pas un simple mixte de visible dinvisible, de
dicible et dindicible: il est le sans-fond, inlassablement fuyant, et il se
ddouble entre ce qui est tourn vers nous et ce qui nest pas tourn
vers nous (Du Bouchet), ce qui se donne et ce qui se rserve.
La Nuit est la gure privilgie de lAutre, parce que toujours en
partance et toujours double: nuit singulire et nuit immmoriale.
Cette immense nuit, semblable au vieux Chaos, quvoque Baude-
laire
14
, nous projette au lieu o le temps sabolit. Nuit, tu es la
nuit
15
: Dieu rafrme chez Pguy lunit et la dualit de la nuit: la
Nuit majuscule et intemporelle, rserve primordiale et fondamentale
de ltre, manifeste son nergie cratrice dans la succession des nuits.
Aussi bien, si chaque nuit se devance elle-mme dans lopacit de sa
prhistoire, nul Fiat nox ne saurait rendre compte de lpaisseur de
lobscurit dans sa radicale prcession. Mais, dans limpossibilit de
vouloir ladvenue de la nuit (Fiat nox), nous pouvons du moins sou-
haiter notre fusion avec elle. Ah! fuss-je nuit!, tel est le vu que
nous nous mettons formuler avec le Zarathoustra de Nietzsche.
Mais dire la nuit, dire lAutre, cest toujours traduire. Comme la
montr Emilio Mattioli, la traduction occupe une position centrale,
dans la mesure o elle oblige penser non seulement le mouvement
permanent du langage (la Sprachbewegung de Friedmar Apel), mais lef-
cience dune dmonstration qui ne passe pas seulement par les ides
claires et distinctes, mais par le rythme et la prosodie (Meschonnic,
Potique de la pense, le latin de Spinoza) et par des techniques de vi-
sualisation qui imposent la prsence au-del des simples apparences.
Dans une formule clbre, Valry dnissait la posie par une h-
sitation entre le sens et le son. Mais cette hsitation se situe aussi
entre vison et voyance; ainsi pourrait-on, me semble-t-il, interprter
le pome Obsession de Baudelaire. Une impatience secoue le pote
devant le bavardage des toiles: la nuit ny mime-t-elle pas le jour, ses
mots affubls de modes demploi et ses regards soupeseurs dinme?
Ne devons-nous pas invectiver cette nuit qui nous prive de la vraie
nuit, de la Nuit immense et unique, ouvrant mystrieusement lespace
par un mouvement qui prcde toute reconnaissance et toute nomi-
nation?
48
Comme tu me plairais, nuit! sans ces toiles
Dont la lumire parle un langage connu!
Car je cherche le vide, et le noir, et le nu!
16
.
Lhomme moderne sest fatigu du sublime de la nuit toile, dont la
contemplation avait longtemps sembl destine, selon la clbre formule
de Kant, remplir les curs dune admiration et dune vnration
toujours nouvelles et toujours croissantes
17
. La modernit se soucie
peu des astres la brillance ponctuelle. Elle smeut, au contraire, dun
regard nocturne qui rejette les illres de la lumire physique et se mo-
que des lignes de dmarcation prconues. Il lui faut arracher lhorizon
son sens tymologique et traditionnel de limite pour lui restituer une
dimension fabuleuse
18
la charnire du dedans et du dehors, dans
linquitement de linvu. Que les toiles soient les yeux mmes de
la nuit est traditionnel, mais la posie moderne de la nuit commence
en rompant avec ce regard-l, en nen voulant plus, crit Jean-Louis
Chrtien dans Lantiphonaire de la nuit
19
.
Le vide, et le noir, et le nu seraient-ils alors ces lments dans
lesquels nous aspirerions retrouver les conditions de notre surgisse-
ment et amorcerions un retour lorigine? Baudelaire dsigne en tout
cas comme objets de sa qute les trois sources successives dangoisse
du nouveau-n: le vide qui entrane une chute sans n, le noir qui
djoue toute capacit danticipation et le nu qui prive des moyens l-
mentaires de dfense. Pourquoi une qute si ngative? Sans le retour
au vide, au noir et au nu, point dadvenue possible du sublime. Mais si
lon accepte lpreuve, il arrive que la vacuit russisse se peupler de
formes, que lobscurit nisse par dployer ses toiles, et quun peuple
dombres aux regards familiers merge de la prunelle dnude du
pote:
Mais les tnbres sont elles-mmes des toiles
O vivent, jaillissant de mon il par milliers,
Des tres disparus aux regards familiers!
20
.
Invoquant la Nuit, maussade htesse, le pote aime, en effet, se
comparer un peintre, oblig de trouver ses couleurs sur un fond qui
les nie. Mais, force est de le constater, cest la nuit immmoriale et
infamilire que Baudelaire sadresse contre la nuit claire, domesti-
que et amadoue.
4. Jen viens rapidement ma conclusion, en vous priant dexcuser le
caractre un peu brouillon de cet expos. Quai-je voulu dmontrer?
1) Quil y a un pch de la posie, lorsque celle-ci se dtourne de
lici-maintenant pour croire au chteau de prsence, dimmortalit,
de retour que btissent les mots.
49
2) Que la posie qui sadresse la nuit accorde singulirement pa-
role et regard, invocation et vocation.
3) Que la posie est, comme la peinture, un moyen de voir, et quel-
le nest pas plus aveugle que la peinture nest muette: la posie dploie
un autre pouvoir de la vision, la voyance intrieure, comme la peinture
dploie un autre pouvoir du langage, lexpressivit plastique.
4) Que la posie, enn, est traduction, mais traduction sans origi-
nal, traduction dun sans-fond en perptuel mouvement: elle suppose
donc un ddoublement interne, entre ce qui delle se rvle et ce qui,
en elle, subsiste: luvre.
Par tous ces traits, la posie me semble en afnit profonde avec
la nuit, dont jai essay dans mon dernier livre, Les Marges de la nuit,
de dnir lopration laide de cinq axiomes.
1) La nuit ne fait pas de nous des aveugles. La nuit nest pas les
tnbres et parler de nuit noire na rien de plonastique, puisque celle-
ci nest quune espce parmi dautres du genre nuit. Le propre de
la nuit est de faire jaillir la lumire avec une intensit accrue sur un
fond noir qui absorbe les rayonnements et nen rchit aucun. Elle
ouvre une vision marginale, invente un chromatisme indit et favorise,
par les rves et les fantasmes, une vritable voyance intrieure et
imaginative.
2) La nuit nest pas linverse contradictoire du jour. La nuit et le
jour ne sopposent pas comme de simples entits logiques, lune ex-
cluant lautre selon le principe de contradiction: ce sont des puissances
relles en perptuelle rivalit, se soustrayant, mais le plus souvent se
composant de diverses manires. Non contente de modier les condi-
tions dexercice de notre vision, la nuit pntre lintrieur de nous
et nous fait ainsi tressaillir et vibrer de concert avec elle.
3) Elle rend davantage sensible les rsonances. tres et choses ne
se rduisent plus leurs apparences, mais prennent une vie propre,
mlant leurs soufes et changeant leurs nergies. Les images et les
sons sappellent, se rpondent et sunissent
4) La nuit noccupe pas une position anecdotique dans la peinture,
mais renverse lide du tableau et rapatrie ce qui est localement vu
dans limmensit qui lenglobe. Une autre histoire de la peinture est
possible partir delle : une histoire dlivre du souci premier de la
gurativit et de la perspective.
5) La nuit nous rend spontanment mtaphysiciens en simposant
paradoxalement la fois comme principe de ralit et comme principe
de ction: prsence tactile qui nous pntre et prsence fantastique qui
dploie songes et illusions. Pourvoyeuse despaces, la nuit se dplace
entre les extrmes du ciel et des enfers, du perceptible et de limper-
ceptible. Accepter alors de nous y perdre et daller sa rencontre, cest
aussi tenter dassumer notre destine, individuelle et collective.
Telle me semble la posie: elle nous claire autrement que par des
50
ides claires et distinctes, elle nest pas la simple absence du discours
rationnel ou du discours courant, elle multiplie les rsonances, elle
comprend la ncessit du dessaisissement et, enn, elle redonne aux
questions mtaphysiques leur radicalit, en imposant une mthodologie
dun type original qui passe par la rencontre de lAutre, le changement
de coordonnes, lassomption du risque de se perdre.
1
Y. Bonnefoy, Lacte et le lieu de la posie dans LImprobable et autres essais, Mer-
cure de France, 1980, Gallimard, Folio essais, 1992, p. 107.
2
Ivi, p. 116.
3
Les Fleurs du mal, XCIII, uvres compltes, d. Y.-G Le Dantec, revue par C.
Pichois, Paris, Gallimard, 1961, p. 88.
4
B. Fondane, Faux trait desthtique, 1938, rd. Paris, Mditerrane, 1998.
5
J.-L. Chrtien, Lantiphonaire de la nuit, Paris, LHerne, Mandres, 1989, p. 23.
6
Lonard de Vinci, Les carnets, II, trad. Louise Servicen, Paris, Gallimard, 1987,
chap. XXVIII, p. 226.
7
P. Claudel, Cantique de la rose dans uvre potique, Paris, Gallimard, 1967, p.
370.
8
K. Brougher et D. Elliott, Hiroshi Sugimoto, Catalogue de lexposition de Tokyo
et Washington D.C., 2006, p. 109.
9
Greco (1541-1614), Allgorie, vers 1585, Edimbourg, Galerie Nationale dEcosse.
Il en existe deux versions, lune Naples, lautre en Floride, exposes Edimbourg en
1989. Voir le catalogue El Greco, Mystery and illumination, dir. David Davies, Edim-
bourg, 1989.
10
Voir E. Harris, Spanish paintings from Morales to Goya in the National Gallery
of Scotaland, Burlington Magazine, XLIII, 1951, p. 313.
11
Pline, Histoire naturelle, XXXV, 40, Paris, Les Belles Lettres, 1985, p. 119.
12
Paul, II Epitre aux Corinthiens, V, 13.
13
Sermon sur le Cantique des cantiques, 85, 14.
14
Ch. Baudelaire, De profundis clamavi, Les Fleurs du mal, cit., p. 31.
15
Ch. Pguy, Porche du mystre de la deuxime vertu, uvres potiques compltes,
introd. de Franois Porch, Paris, Gallimard, 1957.
16
Ch. Baudelaire, Les Fleurs du mal, LXXIX, Obsession, cit., p. 71.
17
Critique de la raison pratique, dbut de la conclusion.
18
Voir M. Collot, LHorizon fabuleux, Paris, Jos Corti, 1988.
19
Lantiphonaire de la nuit, Paris, ditions de lHerne, Mandres, 1989, p. 55.
20
Ch. Baudelaire, Les Fleurs du mal, LXXIX, Obsession, cit., p. 71.
51
Ricostruire lesperienza stessa della genialit
Il problema del genio in Joseph Louis Segond
di Fabio Rossi
Il concetto di genio stato anche in Francia, con quello di gusto,
uno dei concetti fondatori dellestetica moderna, nel XVIII secolo, e
rimane, malgrado alcune vicissitudini che lo hanno afnato e messo in
relazione con determinati fatti sia della storia
1
che della psicologia
2
,
uno dei concetti maggiori dellestetica francese contemporanea. Se,
come ripetutamente sostiene Annie Becq nella sua eccellente Gense
de lesthtique franaise moderne 1680-1814, possibile individuare
nella costituzione della nozione di soggetto personale creatore, di
soggetto geniale, la condizione ideologica essenziale allemergenza
dellestetica moderna
3
e, pertanto, denire legittimamente questultima
come estetica moderna del genio creatore
4
, limportanza che il con-
cetto di genio conserva nellambito dellestetica francese, soprattutto
tra la seconda met del XIX secolo e la prima del XX, esemplarmente
documentata dal nutrito elenco di pubblicazioni ad esso esplicitamente
dedicate
5
.
Tra coloro che, nella prima met del Novecento, hanno rivolto la
loro attenzione al tema del genio va certamente ricordato Joseph Louis
Segond. Questo tema, infatti, non solo presente dallinizio alla ne
della sua estetica del sentimento
6
, ma ne diventa, per cos dire, il
centro di interesse principale nellopera Le problme du gnie, nella
quale egli si propone di ricostruire lesperienza stessa della geniali-
t
7
e di elucidare lenigma del genio, limitandosi a restare sul piano
psicologico, [ed] evitando con scrupolo ogni esegesi trascendente del
problema
8
. Ma poich, come gi abbiamo evidenziato altrove, richia-
mando lattenzione su tre delle tematiche pi signicative del pensiero
di Segond, la gura e lopera di questo losofo sono state pressoch
ignorate in Italia e, forse, troppo rapidamente dimenticate in Francia
9
,
in questa sede, vorremmo sinteticamente presentare gli obiettivi e i
contenuti essenziali dellopera summenzionata.
1. Gli obiettivi Sono ripetutamente esplicitati da Segond nel cor-
so della sua opera
10
e, in particolare, nel primo capitolo, Lnigme
du gnie. Movendo dalla constatazione che genio, geniale, sono
i termini inconsueti con i quali abitualmente colui che interroga la
52
propria esperienza in maniera ingenua
11
esprime esattamente la qua-
lit nuova della propria sorpresa e della propria scoperta di fronte
a certe opere e a certi atti che gli appaiono al di l delle sue forze e
delle sue attese e che attestano la presenza in colui che ne lautore
di una forza e di una potenza produttrici incomparabili con ci che
egli e pu fare, Segond, nella convinzione che caratteristiche quali la
diversit inconciliabile e incomprensibile, la superiorit incompara-
bile, la rarit e la straordinariet con le quali ci si rappresenta ci che
considerato geniale siano insufcienti forse per caratterizzarlo senza
alcuna confusione possibile
12
, poich, a suo giudizio, diversamente da
quello che sembra suggerire limpressione diretta e ingenua, lopera
e latto geniali realizzano al di fuori di colui che li riconosce lanalogo
di ci che sarebbe lui stesso se avesse la potenza desserlo
13
o il suo
proprio ideale
14
, si pone, da analista, il problema del genio, vale
a dire il problema di render conto in termini intelligibili della possi-
bilit di qualcosa che sia analogo alla nostra potenza personale e che,
malgrado questa analogia fondamentale, resti senza alcuna proporzione
con la nostra potenza
15
.
Cercando di rendere intelligibili lopera e latto del genio, Segond
si propone, in particolare, di confutare e respingere sia una riduzione
intellettualistica del genio, vale a dire la spiegazione del razionali-
smo intransigente che riduce lopera che chiamiamo geniale []
alla misura stessa dello spirito umano
16
, sia lattitudine sentimentale
nei confronti del genio
17
, che, riservando un regno inaccessibile alla
superiorit del genio, si risolve in una professione di misticismo
18
.
2. Lambito e i gradi del genio Poich la riduzione della cosiddetta
opera geniale a un semplice meccanismo intellettuale non egualmente
verosimile per tutte le produzioni dello spirito e soprattutto poich la
nozione del genio denita in precedenza sembra limitare lambito di
questa potenza alle creazioni umane la cui inaccessibilit si impone
al nostro sguardo con evidenza
19
, Segond, nel secondo capitolo, Le
domaine du gnie, cerca di mostrare la presenza del genio in tutti gli
ordini del sentimento e del pensiero.
Confutando il riuto di Kant e di Schopenhauer di riconoscere lesi-
stenza del genio nellordine della scienza, della tecnica, della losoa e
la loro intenzione di riservare il nome di genio a ci che resta stret-
tamente inimitabile per i discepoli, poich lavvento e lorigine non ne
possono essere scomposti
20
, e, in questa prospettiva, di riconoscerne
lesistenza e lincondizionatezza fondamentale soltanto nellambito
dellarte, Segond cerca di mostrare che questo giudizio di Kant sem-
bra contrario allesperienza storica
21
.
Pur ammettendo infatti, con Kant, che, se le tecniche speciali delle
arti sono trasmissibili e, proprio per questo, passibili di progresso e di
spiegazione razionale, la potenza di creazione, la realt incontestabile
53
e il ruolo originale del genio sono non trasmissibili e irriducibili,
Segond non solo fa propria la tesi di Marcel Proust che, per quanto
concerne lessenza e non i mezzi dellinvenzione artistica, sia indispen-
sabile riconoscere [] lequivalenza del genio a se stesso e con ci
ritrovare, quale che sia lepoca e la forma della sua incarnazione
artistica, lunit concreta del tempo in una sorta di eterno
22
, ma so-
stiene la validit di questa concezione proustiana tanto nellordine della
sensibilit religiosa
23
quanto in quello delleroismo
24
, tanto nellambito
sentimentale (larte, il fervore religioso, leroismo) quanto nellambi-
to, apparentemente opposto, dellintelligenza (la scienza, la tecnica, la
losoa), il quale, conseguentemente, lungi dal meritare lostracismo
che ne bandiva il genio veramente lordine universale
25
.
Alla dimostrazione che in tutti gli ordini del sentimento e del pen-
siero il genio si rivela come una sorta di assoluto spirituale
26
, ini-
mitabile nel suo atto creatore e, dovunque, egualmente distante dalla
nostra esigenza di invenzione, dovunque eguale a s
27
, Segond, nel
terzo capitolo, Les degrs du gnie, fa seguire lopportuna precisazione
che la sua adesione alla tesi proustiana di una equivalenza dei tempi
in una sorta di eterno del genio non vuole in alcun modo signica-
re che tutte le creazioni geniali debbano essere considerate equivalenti
n che i loro creatori debbano essere situati tutti alla medesima al-
tezza innita in rapporto alla nostra umilt
28
. Considerando infatti i
diversi ordini in cui si rivela la genialit dei creatori, Segond sottolinea
non solo come, grazie al nostro sentimento che valuta per nezza tanto
le opere e gli atti quanto i loro autori, in ciascuno di questi ordini si
stabilisca una gerarchia delle espressioni geniali, ma, ulteriormente,
come ciascuno di questi creatori o quasi tutti, per quanto resti sempre
situato in alto, ci appaia come ineguale a se stesso nella sua opera o
nel suo atto
29
, cosicch, dovunque, ci che avevamo considerato
come un assoluto, sempre eguale a se stesso, si rivela a noi nella sua
innegabile relativit
30
.
3. Genio, talento, identificazione del genio, ammirazione, gusto
Lesperienza sincera dellineguaglianza di ogni genio agli altri e a
se stesso induce Segond ad incentrare la propria attenzione successiva-
mente sui problemi del rapporto tra genio e talento, dellidenticazione
del genio, del rapporto tra il genio e colui che lo riconosce, tra genio
e ammirazione.
Se, per quanto concerne il primo problema, egli, pur distinguendo
il genio dal talento, respinge la tesi di coloro che li oppongono per
affermare la loro analogia, la loro assimilazione, e lesistenza di un
passaggio continuo dal genio al talento
31
; relativamente al secondo,
sostiene la tesi della presenza latente, della frequenza e perno
dellonnipresenza del genio creatore
32
. Pur riconoscendo infatti che
la genialit, anche quella per cos dire doccasione e quasi miracolosa,
54
sempre rivelazione della potenza dinvenzione e delloriginalit ra-
dicale di colui in cui lammiriamo, egli, accogliendo ancora una volta
una verit che Marcel Proust ha visto bene, ravvisa nella genialit la
presenza di una duplice rivelazione: quella di una visione o di unazio-
ne virtualmente possibili al nostro desiderio di compimento, ma, al
tempo stesso, quella dellimpossibilit, per la nostra potenza chiusa in
se stessa, dellattualizzazione totale di questo compimento virtuale,
a causa delloriginalit, fossanche quella di un istante, di colui che
realizza questa visione o questazione e che ce ne rivela cos lessere e
il valore incomparabili. In questo senso, per Segond, la genialit
dovunque [] sempre identica a s per il carattere che la distingue e
che sembra contraddittorio: linaccessibilit nellanalogia
33
.
Da queste convinzioni scaturisce la denizione segondiana sia del-
lammirazione che del gusto: la prima, lungi dallessere considerata
semplicemente come unattitudine recettiva nei confronti del genio,
intesa come la forma sensibile della genialit dellammiratore
34
;
il gusto, in ci che ha di veramente positivo, ricondotto alla capa-
cit diversa che ciascuno pu avere di attualizzare la propria potenza
idealizzata che ciascuno ammira
35
.
4. Il problema della spiegazione del genio Dopo aver caratterizzato
il fenomeno del genio (capitolo I), averne situato lapparizione in ogni
dominio (capitolo II) e averne scaglionato le forme secondo la loro
relativit (capitolo III), Segond, nel capitolo quarto, Physiologie du g-
nie, rivolge la propria attenzione al problema [] della spiegazione
del genio
36
. E poich spiegarlo signica certamente ridurlo ai suoi
elementi, se la cosa possibile, egli, incentrata la sua attenzione in
particolare su alcune individualit geniali determinate e ragguardevo-
li, prende in considerazione successivamente le diverse condizioni di
possibilit di una spiegazione del genio.
Individuate due prime condizioni importanti, ma ancora insuf-
cienti, non decisive, nellereditariet o nelle inuenze ataviche e nel-
limpregnazione embrionale o nellinuenza della vita intra-uterina,
Segond sottolinea limportanza rilevante che nella spiegazione della
genialit assume la conoscenza della cenestesi, vale a dire della co-
scienza attuale, oscura del resto, che lindividuo geniale acquisisce sia
della sua condizione siologica sia delle modicazioni di questa con-
dizione. Grazie a tale conoscenza, infatti, e allapprofondimento che
essa implica ulteriormente dei rapporti tra genio e nevrosi, genio e
psicanalisi, Segond ritiene non solo di poter sostenere che, contraria-
mente a ci che farebbero credere le abituali ricerche sullereditarie-
t, il genio non semplicemente una potenza del cervello ma una
potenza del corpo, ma che, forza di creazione spirituale
37
, esso
debba incarnarsi non solo nel corpo ma anche nelle tare del corpo e
nel sentimento che le riette, s da mostrasi come il sentimento, co-
55
sciente o no, diretto o sublimato, delle tare che la sua originalit
determina e trasgura
38
.
A questa spiegazione parziale del genio che ne riconduce lenergia
autonoma e irriducibile alla potenza stessa, del tutto singolare, dellin-
dividuo
39
, Segond, nel capitolo quinto, Gnie et hazard, fa seguire la
considerazione del rapporto tra genio e caso, genio e circostanze for-
tuite. Movendo dalla constatazione che, in tutte le sue manifestazioni,
il genio, potenza di cambiamento e di progresso, ci si manifesta come
invenzione reale, la quale, in tutti gli ordini, signica [] lincontro
fecondo delle idee e la loro combinazione originale
40
, Segond si chiede
se tale incontro possa essere considerato, come sostiene Paul Valry nel
Cahier B o nelle strofe dellAurore
41
, come semplice caso, nel quale
nessuna potenza che fosse veramente originale e che si potesse ritenere
misteriosa nel suo miracolo, giocherebbe il ruolo essenziale, o, in
altri termini, se il puro caso, e non la potenza misteriosa dello spirito
che vigila, possa essere ritenuto il signore dellarte, qualunque essa
sia, e soprattutto della grande arte
42
.
Cercando di evidenziare ci che implicato veramente in questa
esegesi del tutto razionalistica della genialit
43
, tentata da Valry, e
della quale il Leonardo che egli ha fabbricato, sdegnoso quale si mo-
stra della storia e delle circostanze, come limmagine sia nellIntroduc-
tion la mthode sia nello studio recente (e senza alcuna palinodia) su
Lonard et les philosophes
44
, Segond, pur riconoscendo taluni aspetti
positivi di questa spiegazione intellettualistica (o che vuole esserlo)
del genio, riuta con decisione lesito di questo sforzo analitico
45
,
che coincide essenzialmente con l eliminazione del genio stesso, a
titolo di potenza originale
46
. Se, infatti, a questa interpretazione egli
ascrive il merito di aver posto in luce il ruolo nellopera geniale della
coscienza contro labbandono allincoscienza, della riessione contro la
sciocchezza, della coscienza di s e del suo atto contro la chimera di
una comunicazione dal cielo, in breve dellautocritica, egli evidenzia
tuttavia che questa enfatizzazione dellintelligibile non pu in alcun
modo signicare n che questa coscienza del pensiero, assumendo se
stessa per ne, si sostituisca veramente nel genio creatore, considerato
come tale e non come critica di s e del suo atto, allopera stessa della
creazione, n che questa riessione, che sostituisce lintelligenza della
scelta alla sciocchezza delloccasione pura, sia creatrice della scelta a
titolo di riessione.
5. Genesi primaria, natura, atto e determinazioni fondamentali del
genio Riutando lintellettualismo estremo che Valry ha formula-
to, Segond non intende certamente negare il ruolo essenziale del
caso nella creazione geniale, bens, pur ponendolo come Valry al
principio di questultima, situarlo diversamente, concependolo non pi
soltanto come un insieme di occasioni che apparirebbero indipenden-
56
temente dal soggetto creatore e che questi utilizzerebbe seguendo un
disegno del tutto razionale e consapevole, ma come latto stesso, per-
sonale e interiore, veramente radicale, che sceglie la combinazione
migliore tra questa materia del caso e che esprime la genesi primaria
del genio.
Di qui limportanza che Segond assegna, al ne della comprensione
del genio, alla conoscenza, n dallinizio e in ci stesso che simula
loccasione, delloriginalit individuale ed unica del genio e la sua
convinzione che proprio in essa e su ci che, ricorrendo a due termini
distinti, egli denisce il temperamento e il carattere trovi il suo fonda-
mento la potenza di creazione del genio
47
.
Nel rivolgere la propria attenzione al genio come potenza di crea-
zione e di novit, Segond, nel capitolo sesto, non pu fare a meno,
tuttavia, di rimarcare lapporto che proprio coloro che sono deniti
meditativi o metasici hanno fornito alla comprensione e alla for-
mulazione esatta della realt psicologica del principio del genio. Ri-
ferendosi in particolare a Kant e a Schopenhauer, egli ne riassume le
tesi in quella, unica, del at primordiale con il quale si costituisce
radicalmente lindividualit di ciascuno
48
, vale a dire nellaffermazione
di una scelta rinnovata, sempre analoga, tra tutti i possibili che la
diversit degli incontri continuamente moltiplica e tra tutti i casi pro-
dotti in ogni istante dallinnit dei contatti, scelta nella quale trova
espressione il susseguirsi di un medesimo pensiero determinante
49
.
Ma, poich la natura del genio solidale alla potenza del corpo,
Segond si sforza di mostrare che proprio nellavvento di questa po-
tenza organica deve essere individuata la realt del at costitutivo
e la libert radicale del genio
50
. Pur convenendo perci con Bergson
e Lachelier che il genio, potenza di creazione e di novit, potenza
spirituale, Segond sottolinea che il genio , per questo radicamento
nel corpo, natura prima di tutto e che proprio alla natura, quella che
le scienze naturali cercano di spiegare alla loro maniera, deve essere
ricondotta la sua genesi prima
51
.
Nella convinzione, pertanto, che solo unesegesi del genio, capace
di situare la sua natura e la sua efcacia nellorganizzazione originale del-
lindividuo, cio del suo corpo nel quale il suo spirito radicato, possa
renderne la genesi intelligibile, senza incorrere nel pericolo, contemplato
da ogni altra spiegazione, di disincarnare il genio e di farne qualcosa
di astratto, di sporadico e di arbitrario
52
, Segond, interpretando in un
senso nalistico certi passaggi di Claude Bernard
53
, non esita a ricon-
durre la natura e la potenza creatrice del genio a quella del puro istin-
to
54
, o perlomeno, a sostenere lesistenza di un passaggio continuo
dalla genialit vitale, la quale invenzione dellorganismo, alla genialit
istintiva, che invenzione di un adattamento allambiente, e, da questa
alla genialit propriamente spirituale, che invenzione di unopera nella
quale il pensiero delluomo si ritrova pienamente espresso
55
.
57
E tuttavia, proprio perch in ciascuno di questi stadi il genio si ri-
vela sempre quale potenza originale di organizzazione, cosciente della
propria invenzione e capace talvolta di renderne conto, Segond, dopo
aver sostenuto che esatto dire che listinto racchiude in s ci che
si chiama genio
56
, ritiene di dover completare la sua spiegazione del
genio affermando non solo che il genio parimenti, e in tutti i casi,
cosciente o no, attivit razionale
57
, potenza razionale
58
, e invenzio-
ne di questattivit razionale e delle forme o dei prodotti nelle quali essa
si incarna e si realizza
59
, ma riconoscendo ulteriormente che il genio
pi che ragione, poich dal suo atto nasce ci che ragione
60
.
Ora, per designare quel modo di produzione veramente originale
grazie al quale entra nel mondo del reale ci che non aveva anco-
ra gura di realt, Segond fa ricorso al termine di immaginazione,
intendendo con essa lorigine di tutto ci che gura, sensibile o
intelligibile, sconosciuta al mondo
61
.
6. Genio ed ispirazione Per approfondire questa spiritualit intel-
lettuale che costituisce lo stadio pi perfetto della creazione umana,
Segond, nel capitolo settimo, prende in considerazione il problema del-
lispirazione o della creazione prima e sentimentale, da parte del genio,
di un mondo simbolico, di un universo dei valori, e del dibattito cui
esso d luogo tra la spiegazione dellattivit geniale attraverso il puro
meccanismo intellettuale e laffermazione, al principio di tale attivit,
di una potenza inconscia
62
.
Considerando e confrontando la tesi romantica di un possesso as-
soluto della persona dellartista da parte di una sorta di demone ispira-
tore
63
, che trova espressione ad esempio nelle Contemplations di Victor
Hugo
64
, e quella intellettualistica di Valry, per il quale lispirazione si
risolve in arrangiamenti
65
, Segond pone in luce i limiti e linsostenibili-
t di entrambe queste esegesi. Se ai sostenitori della tesi del possesso
o ai partigiani della creazione involontaria
66
egli fa presente il ruolo
essenziale che il controllo lucido del lavoro di composizione riveste
nei pi grandi artisti e nei meglio ispirati
67
, e se ai fautori della crea-
zione controllata egli obietta che gli esempi ai quali essi fanno ricorso
non permettono di negare lazione reale di unispirazione personale,
non riessa e inconscia, dal momento che numerosi atti dinvenzione
artistica sono estranei a questa composizione volontaria
68
, agli uni e
agli altri egli rimprovera la negazione o la confusione di due momenti
ben distinti: quello della costituzione preliminare di uno stato lirico,
senza il quale non potrebbe esservi ispirazione autonoma, e quello del-
lelaborazione stilizzata dellopera nella quale quello stato si esprime
69
;
luno, coincidente con la fase involontaria della creazione artistica,
nella quale la coscienza non gioca alcun ruolo efcace, laltro, la fase
cosciente e volontaria, nella quale lartista pienamente in possesso
di s e padrone della sua opera
70
.
58
Ancor pi precisamente e coerentemente con le analisi svolte in
precedenza, Segond, riutata la tesi romantica della presa di posses-
so, sostiene una duplice tesi: quella dellintelligibilit del fenomeno
dellispirazione
71
, della quale individua il segreto non tanto nelle
costruzioni mentali dei puri logici ma nella cenestesi dei creatori
e nelle sue risonanze spirituali
72
, e quella dellintelligibilit integra-
le dellopera darte no al principio irriducibile di creazione indivi-
duale
73
. Alla luce di esse, pertanto, egli, respinta in denitiva ogni
distinzione di momenti, fasi e metodi, ritiene di poter affermare non
solo che la potenza originale e singolare che chiamiamo genio, se
libert radicale e invenzione assoluta, non ha il suo luogo da alcuna
parte e la sua azione in alcun istante, perch essa immanente nella
sua opera e non accantonata nei limiti di un vago presentimento
74
,
ma anche che, pur cosciente, nel momento in cui appare, nello spirito
che la vede nascere e che la giudica, ogni invenzione, in quanto tale,
proprio perch apporta ci che non era, dunque originalmente e
radicalmente inconscia
75
.
7. Limpersonalit del genio Non ci soffermeremo sul contenuto
dei capitoli ottavo e nono, nei quali Segond, considerando il genio
vitale e indiscutibile nellefcacia [della sua opera]
76
, le condizioni
che essa postula e i mezzi della sua realizzazione, analizza il rapporto
tra genio, cultura e tecnica, ma ci limiteremo piuttosto a richiamare
lattenzione sul problema che, a conclusione della sua ricostruzione
dellesperienza della genialit, Segond affronta nel decimo ed ultimo
capitolo della sua opera, vale a dire quello dellimpersonalit del ge-
nio, al ne di evidenziare come la soluzione da lui propostane sepa-
ri ancora una volta la concezione segondiana del genio da quella di
Schopenhauer, il quale riconduceva larte alla contemplazione pura e
il sentimento dellartista creatore a unintuizione desoggettivizzata
77
,
e dei fautori di un intellettualismo estremo
78
.
A quanti misconoscono il principio personale della genialit Se-
gond ricorda infatti che, come hanno evidenziato le sue analisi pre-
cedenti, ci che al principio del genio, in ogni ambito, [] il
temperamento, nel senso completo del termine
79
, e che, se il genio
(specie quello degli scienziati, dei tecnici dellindustria, dei loso) pu
essere impersonale per i suoi risultati, non lo per il suo principio,
il quale tutto di passione
80
.
In coerenza con questa tesi e al ne di documentare linesattezza
della pretesa allimpersonalit del genio in tutti i campi, Segond
pone in luce successivamente che il genio sempre scientemente o
no affermazione di s e, per questo, aristocratismo
81
; che questo
aristocratismo naturalmente autoritario, unautentica tirannia
82
, e,
in quanto tale, negazione daltri
83
; che il genio instancabilmente si
orienta verso se stesso, animato, come ben rivela il mito di Narciso
84
,
59
da uninquietudine essenziale, da un bisogno inappagato di creazione
ulteriore, da uninquietudine indenita di realizzazione, che vanica,
come in Faust, ogni possibilit di arrestarsi e di accontentarsi, e nei
quali trova espressione il suo desiderio di rifugio nelleterno
85
.

1
Cfr., per esempio, E. Zisel, Le Gnie. Histoire dune notion de lAntiquit la Histoire dune notion de lAntiquit la
Renaissance, traduit de lallemand par M. Thver, Prface de N. Heinich, Paris, Les
ditions de Minuit, 1993; A. Philonenko, Relire Descartes, le gnie de la pense fran-
aise, Paris, J. Grancher diteur, 1994; J. Attali, Blaise Pascal ou le gnie franais, Paris,
Fayard, 2000; M. Gunaire, Le gnie franais, Paris, Grasset, 2006:
2
Ci basti segnalare la trilogia di M. Pradines, Trait de Psychologie gnrale, t. I:
Les fonctions lmentaires, t. II: Le gnie humain Ses oeuvres (Technique, religion, art
et science, langage, politique), t. III: Le gnie humain Ses instruments (Imagination,
mmoire, raison, sentiment et volont), Paris, PUF, 1943-1946.
3
A. Becq, op. cit., Paris, Albin Michel, 1994, pp. 34, 14, 353; Sul genio, in
particolare, pp. 695-741.
4
Ivi, p. 750.
5
Senza aver la pretesa di volerne fornire un elenco completo, vorremmo segnalare
quelle di: G. Seailles, Essai sur le gnie dans lart, Paris, Alcan, 1883; F. Brunetire,
Le gnie dans lart, in Revue des deux mondes, 15. 4. 1884; L. Caro, 4. 1884; L. Caro, Essai sur le
gnie dans lart, in Revue des savants, octobre 1884; E. Faguet, Le gnie dans lart,
in Revue bleue, 17. 4. 1887; F. Mentre, Le problme du gnie, in Revue de philoso-
phie, juin 1905; L. Pascal, Esthtique nouvelle fonde sur la psychologie du gnie, Paris,
Mercure de France, 1910; J. Segond, Le problme du gnie, Paris, Flammarion, 1930;
H. Delacroix, Les sentiments esthtiques et le gnie, in G. Dumas, Nouveau trait de
psychologie, t. VI, Paris, PUF, 1937, pp. 447-545; H. Delacroix, Linvention et le gnie,
Paris, Alcan, 1939.
6
Cfr. F. Rossi, Lestetica del sentimento, in Id., Religione, morale ed estetica in
Joseph Louis Segond, Citt di Castello (PG), Alfagraca, 2001, pp. 163-263. Pi pre-
cisamente, ancora, per quanto concerne il tema del genio, nelle opere di estetica di
Segond, cfr. J. Segond, Lesthtique du sentiment, Paris, Boivin et Cie, 1927, pp. 45-49,
151-52; Id., Trait desthtique, Paris, Editions Montaigne, 1947, pp. 41-42, 57-62. E, E,
ulteriormente, Id., Trait de psychologie, Paris, Armand Colin, 1930, paragraphs 92,
117, 129.
7
J. Segond, Le problme du gnie, cit., p. 102.
8
Ivi, p. 170.
9
Cfr. F. Rossi, cit., pp. 2, 167-69.
10
J. Segond, cit., pp. 12 ss., 102, 170. cit., pp. 12 ss., 102, 170. pp. 12 ss., 102, 170.
11
Ivi, p. 12. Ivi, p. 12. p. 12.
12
Ivi, p. 8. Ivi, p. 8. p. 8.
13
Ivi, p. 9. Ivi, p. 9. p. 9.
14
Ivi, p. 10. Ivi, p. 10. p. 10.
15
Ivi, p. 12. Ivi, p. 12. p. 12.
16
Ivi, p. 15. Ivi, p. 15. p. 15.
17
Ivi, p. 17. Ivi, p. 17. p. 17.
18
Ivi, p. 14. Sul riuto del misticismo come ricorso allintervento di un mondo
soprannaturale, cfr. anche p. 218.
19
Ivi, p. 20. Ivi, p. 20. p. 20.
20
Ivi, pp. 23-24. Relativamente al tema del genio in Kant e Schopenhauer, cfr. I.
Kant, Critica del giudizio, Parte I: Critica del giudizio estetico, Sezione I: Analitica del
giudizio estetico, Libro II: Analitica del sublime, Deduzione dei giudizii estetici puri,
60
46-50; Id., Antropologia dal punto di vista pragmatico, Parte I: Didattica antropologica,
Libro I: Della facolt di conoscere, 57; A. Schopenhauer, Il mondo come volont e
rappresentazione, Libro III: Il mondo come rappresentazione, 36.
21
Ivi, p. 27. Ivi, p. 27. p. 27.
22
Ibidem. Ma su questa tesi, cfr. anche, pp. 27, 32, 36, 45, 47. Ma su questa tesi, cfr. anche, pp. 27, 32, 36, 45, 47.
23
Ivi, p. 32. Ivi, p. 32. p. 32.
24
Ivi, p. 36. Ivi, p. 36. p. 36.
25
Ivi, p. 44. Ivi, p. 44. p. 44.
26
Ivi, p. 45. Ivi, p. 45. p. 45.
27
Ivi, p. 48. Ivi, p. 48. p. 48.
28
Ibidem.
29
Ivi, p. 51. Ivi, p. 51. p. 51.
30
Ivi, p. 52. Ivi, p. 52. p. 52.
31
Ivi, p. 59. Ivi, p. 59. p. 59.
32
Ivi, p. 62. Ivi, p. 62. p. 62.
33
Ivi, p. 64. Ivi, p. 64. p. 64.
34
Ivi, p. 79. Ivi, p. 79. p. 79.
35
Ivi, pp. 80-81. Ivi, pp. 80-81. pp. 80-81.
36
Ivi, p. 82. Ivi, p. 82. p. 82.
37
Ivi, p. 124. Ivi, p. 124. p. 124.
38
Ivi, p. 123. Ivi, p. 123. p. 123.
39
Ivi, p. 124. Ivi, p. 124. p. 124.
40
Ivi, p. 125. Ivi, p. 125. p. 125.
41
Ivi, p. 133. Ma la tesi che Segond ritrova, bien avant que Valry publit ses Ivi, p. 133. Ma la tesi che Segond ritrova, bien avant que Valry publit ses p. 133. Ma la tesi che Segond ritrova, bien avant que Valry publit ses Ma la tesi che Segond ritrova, bien avant que Valry publit ses
propres notes, anche dans les premires pages [du] livre [de Marcel Proust,] Du ct
de chez Swann (ivi, p. 135) ivi, p. 135) , p. 135)
42
Ivi, pp. 132, 135. Ivi, pp. 132, 135. pp. 132, 135.
43
Ivi, p. 144. Ivi, p. 144. p. 144.
44
Ivi, p. 161. Ivi, p. 161. p. 161.
45
Ivi, p. 68. Ivi, p. 68. p. 68.
46
Ivi, p. 144 ss.
47
Ivi, pp. 163-64.
48
Ivi, p. 171.
49
Ivi, p. 174.
50
Ivi, p. 178.
51
Ivi, pp. 178-79.
52
Ivi, p. 183.
53
Ivi, pp. 179-85.
54
Ivi, pp. 187, 189.
55
Ivi, p. 192.
56
Ivi, p. 189.
57
Ivi, pp. 194, 196.
58
Ivi, p. 196.
59
Ivi, p. 194.
60
Ivi, p. 196.
61
Ivi, p. 197.
62
Ivi, p. 201.
63
Ibidem.
64
Ivi, p. 204.
65
Ivi, p. 203.
66
Ivi, p. 208.
67
Ivi, p. 206.
68
Ivi, pp. 208-09.
69
Ivi, p. 208.
70
Ivi, pp. 208, 212.
61
71
Ivi, p. 216.
72
Ivi, p. 217.
73
Ivi, p. 219.
74
Ivi, p. 220. Cest dun bout lautre de llaboration effective de loeuvre dart
que se retrouve, toujours efcace et indispensable, cet acte singulier et irrductible qui
est celui de la cration (pp. 220-21).
75
Ivi, pp. 221-22.
76
Ivi, p. 231.
77
Ivi, p. 271.
78
Ivi, p. 275.
79
Ivi, p. 270.
80
Ivi, p. 273.
81
Ibidem.
82
Ivi, p. 274.
83
Ivi, p. 275.
84
Ivi, pp. 276-77.
85
Ivi, p. 277.
63
Descrivere larte, descrivere il mondo:
Diderot promeneur
di Rita Messori
Je me rappelle ma premire rencontre avec la Vue de
Delft de Vermeer. Tout dun coup, au premier regard, je
me suis retrouv marchant sur les eaux, oui! debout sur
le plan deau dont ltendue ouverte mme lespace de
Vermeer glissait sous mes pieds et, sous-tendant ma pr-
sence, mexposait moi-mme dans cette ouverture.
Henri Maldiney, Esquisse dune phnomnologie de lart.
Per descrivere un Salon di mio e di tuo gradimento, sai, amico
mio, cosa sarebbe necessario? Ogni sorta di gusto, un cuore sensibile
a ogni fascino, un animo suscettibile di uninnit di entusiasmi dif-
ferenti, una variet di stili che corrisponda alla variet dei pennelli;
poter essere grande o voluttuoso con Deshays, semplice e autentico
con Chardin, delicato con Vien, patetico con Greuze, poter creare ogni
illusione con Vernet. Ma dimmi: dov un Vertumnus del genere? For-
se, per trovarlo, sarebbe necessario andare n sulle rive del lago Le-
manno...
1
. Questa invocazione a Vertunno, dio della trasformazione,
contenuta nel Salon del 1763, potrebbe essere posta in epigrafe a La
promenade Vernet
2
, dove Diderot conduce il difcile e sofferto ma
a un tempo ineludibile rapporto tra parola e immagine sino allapice
della sperimentazione. Una scrittura metamorca a proposito della
quale Lyotard non ha esitato a parlare di genere satirico che, di fron-
te alla pittura, misura i propri limiti e mette allo scoperto potenzialit
inaspettate
3
.
Oltre al genio critico del proprio autore, La promenade Vernet deve
il suo fascino allo scacco a cui destinato ogni tentativo di denizione,
costringendo i suoi lettori a un continuo ripensamento dei parametri
interpretativi di una descrizione dellarte che si fa arte della descrizione
e, in ultima analisi, del concetto di evidentia retorica, fondamentale per
comprendere tanto la tradizione dellekphrasis quanto quella del para-
gone tra poesia e pittura
4
. Si tratta in effetti di uno scritto che sembra
mettere in crisi lo stesso esercizio di critica ekphrastica praticato, con
entusiasmo ma anche con qualche perplessit, da Diderot a partire dal
1759: non di rado la descrizione cede il passo alla narrazione, al dialo-
go losoco e persino alla forma epistolare. Una sorta di dichiarazione
implicita dellimpossibilit della parola di sviluppare una dimensione
64
iconica legata al particolare rappresentativo del dipinto, che non porta
per a una negazione tout court della capacit di visualizzazione del
linguaggio ma semmai alla creazione di nuove forme espressive rivela-
trici di un nuovo modo di vedere e di dire la pittura.
Pur consapevole della particolarit di un scritto critico che si pre-
senta come un racconto breve, dunque come un pezzo letterario, Di-
derot inserisce La Promenade Vernet senza titolazione alcuna nel-
limpegnativo Salon del 1767. Dopo un lungo e complesso discorso
di apertura lautore ci conduce attraverso il Salon Carr del Louvre
dove ricordiamo dal 1725 gli Accademici esponevano annualmente
le loro opere descrivendoci pi o meno diffusamente e con vistosi
mutamenti di stile i quadri di Vien, Chardin, Le Prince, Robert, Lou-
therbourgh e Vernet, appesi con ordine accademico alle pareti
5
.
Il mettere sotto gli occhi della critica ekphrastica si origina da un
rinnovato esercizio dello sguardo: il compito che mi avete proposto
mi ha costretto a ssare gli occhi sulla tela. [...] Ho dato tempo alle
impressioni di arrivare e di entrare. Ho aperto il cuore alle sensazioni.
Ho lasciato che mi invadessero
6
. Uno sguardo che ascolta secon-
do la celebre frase di Paul Claudel, un rgard de telle sorte quon le
parle secondo la meno celebre ma per noi ancor pi signicativa for-
mula di Francis Ponge
7
. Da questo indugiare sulla tela percorrendone
lunit compositiva, il variare del colore e lespressivit delle gure,
nasce una parola evocatrice di immagini, un linguaggio descrittivo che
si costruisce su due livelli di assenza dellopera: facendo appello alla
sua capacit rammemorativa, Diderot ci fa vedere ci che sicamente
davanti a lui pi non c e che davanti a noi forse non avremo mai.
Una duplice absentia che comporta dunque una vivace attivazione
dellocchio interno, sia nella fase produttiva sia in quella fruitiva
del testo.
La Promenade Vernet un esempio di promenade picturale che ha
in Filostrato il pi illustre antesignano? Nelle sue Eikones il retore di
Lemno, praticando la tecnica icastica dellevidentia, dipinge con le pa-
role i quadri di una pinacoteca napoletana, i cui soggetti sono legati a
doppio lo alla narrazione, sia essa mitica, letteraria o storica. La capa-
cit mimetica delle immagini pittoriche tale da provocare, in qualche
caso, una sorta di rapimento dello sguardo, che si lascia prendere dalla
rappresentazione al punto di entrare in essa. Descrivendo il dipinto Le
isole forse non a caso un paesaggio Filostrato immagina di avven-
turarsi per mare, in compagnia del suo giovane interlocutore
8
.
Ma la Promenade Vernet non si presenta come una rassegna in stile
letterario di una immaginaria galleria di quadri, per la precisione sette,
di Joseph Vernet, allepoca pittore notissimo in particolar modo come
paesaggista. In effetti, ci che per Filostrato costituisce una sorta di
diversa articolazione del rapporto tra parola-immagine-parola, per Di-
derot diviene una scelta che intenzionalmente grava sul rapporto tra
65
immagine-parola-immagine, provocando una serie di conseguenze che
cercheremo almeno in parte di mettere in luce.
Se vero che lekphrasis orienta lo sguardo, gli mostra i sentieri
che solo lui pu percorrere
9
, mettendolo per cos dire in moto, ci
accade segnatamente quando la descrizione stessa in movimento, ov-
vero quando non semplicemente animata da verbi opportunamente
scelti o interrotta da sequenze narrative. Come se il movimento pren-
desse avvio dallesigenza descrittiva e la descrizione si sviluppasse sol-
tanto a partire dal movimento.
La Promenade Vernet il racconto dellesperienza sensibile, affet-
tiva e di pensiero dellattraversamento sico dello spazio di paesaggio
aperto dai quadri di Vernet. Improvvisamente al lettore si schiudono
scenari naturali, marine e paesaggi montani, che il protagonista, Di-
derot, percorre insieme a un abate seguito da due allievi. Per parlare
nel giusto modo dei paesaggi di Vernet, per meglio restituire ai pochi
ma sceltissimi lettori della Correspondance littraire su cui i Salons
venivano pubblicati i dipinti di uno dei suoi pittori preferiti, Diderot
sceglie dunque di entrare nei quadri stessi. Un gesto, ttizio, di cui
dobbiamo comprendere le ragioni se vogliamo mettere in luce alcuni
degli effetti.
Ci che agli occhi di Diderot contraddistingue i paesaggi di Ver-
net lillusione, la magia
10
. Ed su questo giudizio che si esercita
la critica del salonnier. Pi di altri Vernet capace di farci vedere
la natura come se fosse non solo l davanti a noi rappresentata sulla
tela, ma intorno a noi, con la sua forza suggestiva e insieme impositi-
va, con il suo vigore, con il suo irrefrenabile moto di trasformazione.
Come se prendesse vita nel momento in cui la guardiamo. Se accade
che il pittore sia capace di trasmettere incanto sulla tela, sembra che
consideriamo ci che prodotto dallarte come se fosse opera della
natura. Non al Salon, ma nel folto di una foresta, tra le montagne
che il sole ombreggia e illumina, che Loutherbourgh e Vernet sono
grandi
11
. Cos dice Diderot negli Essais sur la peinture usciti un anno
prima, nel 1766.
La difcolt della rappresentazione sta nella corretta distribuzione
delle luci e delle ombre su ciascun piano, e su ciascun tratto innita-
mente piccolo degli oggetti che lo occupano; sta ancora negli echi,
nei riessi di tutte queste luci le une sulle altre. Quando questeffetto
ottenuto (ma dove e quando non lo ?), locchio conquistato, ap-
pagato, ovunque soddisfatto e ovunque si appaga: procede, si im-
merge, torna sulle proprie tracce. Tutto connesso, tutto si tiene. Ci
si dimentica dellarte e dellartista. Ci che si ha davanti a noi non
pi un quadro, la natura, una parte delluniverso
12
.
Mettendoci la natura sotto gli occhi il pittore trasforma linanimato
della tela, con ci che di essa si sviluppa e si estende, il disegno e il co-
lore, in animato. Per Diderot il pittore illusionista ha lo straordinario
66
dono di mostrarci la natura nel suo realizzarsi, nel suo diversicato
dispiegarsi spazio-temporale, in denitiva di rappresentare il miracolo
del passaggio dallinvisibile profondit della potenza allatto del suo
visibile palesarsi.
Di chiara matrice aristotelica, lillusione della presenza uno dei
principi cardine della teoria del paragone che equipara poesia e pittura
sulla base della loro capacit di visualizzazione. Lopera artistica un
far vedere, un mostrare la realt nel suo rendersi visibile
13
. Una poesia
e una pittura sono composizioni, costruzioni di senso contrassegnate
da una fortissima tensione referenziale. La magia dellarte si verica
nella misura in cui si compie la mimesis: laspetto illusorio dellarte
costituisce il culmine del processo mimetico. Nellatto illusorio la mi-
mesis sembra comportare la perdita di distanza tra spettatore e opera
compiendo una sorta di rapimento dello sguardo. Ci implica il supe-
ramento dellatteggiamento contemplativo del fruitore e a un tempo
il superamento del quadro in quanto nestra. Se Diderot, mediante
un atto immaginativo, non pi spettatore ma fruitore compartecipe
della rappresentazione pittorica, va da s che il quadro non pi un
oggetto sico posto di fronte a lui, rappresentante un proprio oggetto
riconoscibile e dunque descrivibile
14
.
A catturare lo sguardo non sono tanto le cose visibilmente colte
sulla tela, ma il loro stesso essere visibili, il loro manifestarsi; in tal
modo Diderot si inserisce in un processo, quello della visibilit
15
. Lil-
lusione consiste nellentrare a far parte del gioco della manifestativit.
Un gioco che ha le sue regole e le sue procedure e non si consuma,
illusoriamente, nellistante dellimmediatezza.
Attentissimo alle prassi artistiche, alla dimensione del fare del
far-vedere, Diderot si chiede quale tecnica possa con maggior ef-
cacia provocare lillusione. La composizione ha di certo il suo ruolo,
come si evince da alcuni passaggi della Promenade Vernet
16
. Facendo
implicito riferimento alle Betrachtungen ber die Malerei di Hagedorn
(1762) Diderot sostiene che a un paesaggio si pu dare unapparenza
concava o convessa. Quella convessa se c un soggetto che occupa la
parte anteriore della scena: lo sfondo sar denito allora da uno spazio
ampio e pressoch illimitato. Quella concava, se il paesaggio il sogget-
to principale: lo spazio allora sulla parte anteriore, mentre il paesag-
gio occupa e delimita lo sfondo
17
. Nel caso dellapparenza concava,
adatta al paesaggio semplice e non a quello storico, sembra crearsi uno
spazio di profondit da indurre lo spettatore a entrare. Ma questo
agli occhi di Diderot niente altro che un articio. soprattutto il co-
lore quale sofo divino che pu dare vita al quadro
18
. Non c
nulla di pi efcace in un quadro della verit del colore
19
.
Chi dunque, si chiede Diderot, un grande colorista, chi mag-
giormente in grado di far nascere lillusione? Chi ha scelto il tono del-
la natura e degli oggetti in piena luce, chi non ha imitato dei modelli
67
nel chiuso del proprio atelier ma chi ha osservato con partecipazione la
natura. Lintrepido pennello di Vernet prova piacere nel combinare
col pi grande ordinamento, con la pi grande variet e la pi solida
armonia tutti i colori della natura in ogni loro sfumatura
20
. Quanto
Diderot dice del colore, dellincarnato, del chiaro-scuro delle mezze
tinte e dello sfumato presenta non poche analogie con quanto De Pi-
les afferma a proposito del coloris nel Cours de peinture par principes
(1708)
21
. Diderot come De Piles intuisce dei rapporti di simpatia-an-
tipatia, prevalenza, repulsione o attrazione, che molto assomigliano a
delle leggi siche che regolano i diversicati rapporti dei fenomeni di
natura. Ed la percezione dei rapporti che legano i colori ai nostri stati
danimo che rende bello un dipinto. Ad eccezione di Chardin, pittori
coloristi sono soprattutto i paesaggisti, i quali, secondo de Piles, trag-
gono piacere dalla variet della natura e dalla sollecitazione dei sensi,
creando dei siti dove lartista per primo se promne
22
.
La magia che ci sorprende di fronte a un quadro di Vernet dovu-
ta allimporsi visivo e alla vitalit dellimmagine. In tal modo luomo si
sente immerso nella natura, un essere vivente partecipe di una realt in
continuo movimento e trasformazione. Laffermazione della virt visiva
dellarte e in particolar modo della pittura, passa attraverso il recupero
del binomio enargeia-energeia. Emerge in tal modo lambivalenza del
concetto di evidentia che, sbilanciandosi a favore della visualizzazione,
rischia di ssare e dunque di bloccare limmagine, senza cogliere
lessenziale vibrare. Limmagine pittorica per Diderot visualizza-
zione e attualizzazione, rappresentazione visiva del movimento mani-
festativo
23
. Il recupero dellenergeia, della scossa vitale che attraversa
la natura, ci che accomuna Diderot a molti dei suoi contemporanei,
e in particolare a Lessing. Mentre per Lessing riabilita il movimento
e lazione nella rappresentazione delluomo, ponendo laccento sul-
lespressione delle passioni e dei pensieri, Diderot pare qui essere mag-
giormente attratto dalla natura e dal rapporto uomo-natura, nel senso
di messa in evidenza della naturalit delluomo: ero stanco, avevo
visto delle belle cose, avevo respirato laria pi pura e avevo fatto un
sano esercizio. [...] Il giorno dopo, svegliandomi, dicevo tra me e me
che era questa la vita vera, la vera dimora delluomo
24
. Lattenzione
allespressione, alla mimica facciale, alla gestualit, cos come a un lin-
guaggio spontaneo e non affettato, n troppo astratto, mira al recupero,
reso possibile dalla nzione artistica, di una dimensione originaria
dellessere umano
25
.
Lillusione della presenza provoca dunque lo spettatore a ri-collo-
carsi in mezzo alla natura. E quale modo pi efcace di comunicare ai
lettori della Correspondance littraire il potere illusorio dellimmagine
pittorica, del dire lillusione stessa? Del raccontare lesperienza dellil-
lusione? Una esperienza sensibile e affettiva che fa della Promenade
Vernet una passeggiata estetica in cui il dialogo losoco nasce in si-
68
tuazione, in cui il pensiero si fa esperienziale e, per usare le parole di
Diderot, locale
26
. Guidato dal suo sguardo errante, Diderot prome-
neur, o forse sarebbe pi corretto dire paysageur, si inoltra nello spazio
aperto dallimmagine pittorica percorrendone la profondit, acquisendo
diversi punti di vista
27
. Da solo o in compagnia si spinge oltre le rocce
che si ergono davanti a lui, si affatica lungo scoscesi sentieri che si iner-
picano sulle montagne scoprendone nuovi versanti, prima in ombra. Il
talento pittorico di Vernet pare sollecitare il proprio spettatore-scrittore
a cogliere il fremito del passaggio dal non visibile al visibile
28
.
A seconda delle difcolt, il camminare ora lento ora veloce; pu
interrompersi se il nuovo scorcio merita uno sguardo meditativo e si-
lenzioso, se un personaggio incontrato sollecita limmaginazione o se
ci si interroga sulla bellezza del sito. Il fragore di una cascata che agita
le acque tranquille di un torrente ci pu colpire, come la morbidez-
za del muschio pi verde. Lentusiasmo della scoperta pu infonderci
nuove energie e la vista del baratro che sprofonda sotto il ponte pu
immobilizzarci. Nel camminare vi un andare incontro alle cose e un
venire incontro delle cose stesse. Non soltanto chi cammina avanza:
anche la natura si fa avanti, ci sorprende, colpisce il nostro sguardo.
Pu esservi un momento in cui il soggetto fortemente scosso; pi che
sentirsi smarrito nel tto della boscaglia senza pi alcun sentiero da
seguire, egli fa esperienza dello smarrimento di s, del sentirsi perduto
di fronte alla grandiosit, alla magnicenza della natura.
La Promenade diviene dunque una esperienza corporea in cui tutti
i sensi sono allertati e le emozioni muovono il nostro animo non meno
che i nostri organi e le nostre membra. Lesperienza estetica mette in
cammino il pensiero che lungo la via acquisisce una propria andatura.
Giova ricordare che in questi anni a impegnare Diderot non soltanto
la critica militante o la ricerca teorica intorno allarte, ma anche lo stu-
dio della siologia animale e umana. Parte degli lments de physiologie
furono scritti tra il 1767 e il 1768 intervallando la stesura del Salon,
mentre a distanza di un anno fu redatto, di getto, Le Rve de DAlem-
bert. Della genesi simultanea di questi testi non solo testimonianza
linserimento di interi passaggi degli lments nel Rve, ma anche lin-
troduzione del Salon in questione. Polemizzando contro lidealizzazione
artistica della natura, dunque contro il concetto batteuxiano di bello
naturale, Diderot afferma risolutamente che non vi una bella natura
in s sussistente la quale, a disposizione dellartista, pu essere colta e
copiata
29
.
Per rappresentare luomo, lartista deve averlo senza pregiudiziale
alcuna osservato, lungo le strade, nelle botteghe, durante lo svolgimento
delle sue pi ordinarie attivit, nellesercizio delle sue funzioni vitali.
Ma non serve allartista scorticare luomo, praticarne lanatomia; gli
sfuggirebbe la vita. Continuamente soggetto alle sollecitazioni esterne,
luomo unione instabile di anima e corpo, di pensiero e sensazione,
69
di ragione e passione. Sentire vivere leggiamo negli lments: laf-
fezione dei sensi la prima e cosciente relazione che si instaura col
mondo
30
. E tra gli organi di senso sono gli occhi a svolgere un determi-
nante ruolo orientativo: locchio ci guida. Noi siamo il cieco, locchio
il cane che ci conduce
31
. Dando adito alle altre sensazioni, locchio
ci fa evitare gli ostacoli lungo il cammino. La visione dunque percor-
rimento dello spazio, movimento n rettilineo n uniforme, che ha una
sua durata. Locchio non si ssa sulle cose, spazia su di esse, compie un
percorso che tien conto della diversit delle sensazioni
32
.
Quello della visione per un movimento continuamente interrotto:
noi passiamo i due terzi della nostra vita nella notte perch smettiamo
di vedere tutte le volte che chiudiamo le palpebre
33
. Ogni battito
di ciglia una breve, piccola notte una sottile striscia dombra che
non ci impedisce di percepire il usso continuo della luce. Ma c di
pi: latto della visione non soltanto attraversamento, movimento,
durata e passaggio velocissimo di ombra e di luce. Perch la visione sia
visione di qualcosa occorre che essa diventi costruzione. Immaginiamo
di avere davanti a noi un albero: il campo dellocchio abbraccia una
sola parte dellalbero, se locchio non ripete lesperienza non conosce-
r lalbero. Tutte le esperienze dovranno legarsi perch si raggiunga
la nozione precisa di albero. Per conseguire questa nozione esatta e
delle parti e dellinsieme occorre che limmaginazione dipinga il tutto
nellintelletto
34
.
Se per spiegare la pittura occorre far ricorso allimmaginazione
quale occhio interno
35
, per spiegare limmaginazione occorre far
riferimento alla pittura in quanto composizione unitaria delle parti che
ha gi nella visione una prima e determinante fase costruttiva. Non a
caso Diderot affermer alcune pagine dopo che limmaginazione
un colorista
36
e che luomo di immaginazione passeggia nella propria
mente come in una galleria di immagini
37
. lesperienza dei Salon a
suggerire non soltanto un linguaggio immaginativo intessuto di simili-
tudini e metafore ma anche dei veri e propri paradigmi concettuali; e
ci sembra valere in particolare per la natura ibrida dellimmaginazione
che possiamo intuire dai suoi prodotti, ovvero dalle immagini.
Possiamo ora chiederci quali conseguenze comporta la scelta di
descrivere una serie di quadri attraverso lesperienza estetica da essi
provocata. Viene innanzitutto messo in crisi uno dei princip teorici
della teoria umanistica della pittura che ha anche nel Settecento illustri
sostenitori: limmediatezza della visione. Se, come si diceva pi sopra,
la pittura di paesaggio ben riuscita essa genera lillusione della pre-
senza, che richiede lesercizio dellocchio sico ma anche e soprattutto
di quello mentale. La vista sorpresa, rapita e quasi abbacinata dal colo-
re afda allocchio della mente il come se della nzione. Sollecitato
da un dipinto fortemente illusorio, limmaginario erompe. come
se la natura davanti a noi si generasse e nellatto della generazione
70
mostrasse le sue innite possibilit che solo limmaginazione, dello
spettatore-scrittore Diderot, pu intravedere.
Cogliere latto manifestativo e la sua apertura della dimensione della
possibilit, cogliere limporsi visivo e vitale della realt nel suo darsi:
ci non frutto di un atto immediato, o di una presa diretta. Lo sguar-
do che la visibilit della pittura di Vernet richiede un cammino
lento e insieme scattante, tortuoso e insieme mirato, faticoso e insieme
estasiato: quello della parola di Diderot. Un linguaggio il cui processo
di signicazione nella Promenade ben rappresentato dal dialogo lo-
soco ma anche dal progressivo utilizzo di termini tecnici della pittura
si radica allinterno dellesperienza estetica della magnicenza visiva
del reale, o, come diceva De Piles, dellonnipotenza delle cose create
che alla vista si offrono
38
.
Il carattere di esibizione dellimmagine oscilla tra un effetto di si-
multaneit e una processualit costruttiva. Diderot alla ricerca di
una sorta di giustezza del guardare: soltanto la descrizione pu dare al
quadro il giusto sguardo o, meglio, il giusto tracciato visivo che sappia
cogliere la manifestativit nella sua unit e variet. La generosa gra-
tuit del miracolo della presenza esige uno sguardo riconoscente, che
sappia pazientare e indugiare, che si lasci condurre dalle cose stesse.
Diderot paga il debito del manifestarsi pittorico delle cose col prezzo
di un lungo ma necessario dtour che dellimmagine dispiega il magico
vibrare del colore.
Determinanti diventano le riessioni che il nostro autore dedica al
tema dellut pictura posis nello stesso Salon del 1767, dopo aver scritto
la Promenade Vernet e prima di focalizzare la propria attenzione sul-
lopera di Loutherbourg, anchegli paesaggista. Come colpire gli occhi
e le orecchie, si chiede Diderot, come fare immaginare attraverso il solo
prestigio dei suoni il fragore di un torrente che precipita, le sue acque
rigone, la piana sommersa, il suo movimento maestoso e il suo cadere
in un profondo precipizio?
39
. Lo scrittore che segue le regole formali
di una versicazione di maniera non merita di essere letto. la natura e
soltanto la natura a dettare la vera armonia di un periodo e di un certo
numero di versi. Armonia che data dal movimento del linguaggio,
dal suo ritmo. Per lo scrittore il ritmo tutto: la magia prosodica
dovuta a una scelta particolare dellespressione, una certa distribu-
zione delle sillabe lunghe o brevi, dure o dolci, sorde o acute, leggere
o pesanti, lente o rapide, lamentose o ridenti, una concatenazione di
piccole onomatopee, analoghe alle idee che con insistenza occupano il
nostro pensiero, alle sensazioni che avvertiamo o che vogliamo eccitare,
ai fenomeni di cui cerchiamo di rendere i particolari, alle passioni, alla
natura, al carattere e al movimento delle azioni. Ispirata da un gusto
naturale, dalla mobilit dellanima e da una acuta sensibilit, sar unar-
te non pi di convenzione, unarte naturale come lo sono gli effetti
della luce e i colori dellarcobaleno. Soltanto in tal modo lo scrittore
71
diventer un colorista e potr cimentarsi nella descrizione, difcile ma
non impossibile.
Sono evidenti le analogie tra questa solo abbozzata teoria del lin-
guaggio come ritmo e quella del geroglico sviluppata nella Lettre del
1751
40
. Nel tessuto del geroglico trovano unit il dire e il mo-
strare, larticolazione linguistica e lostensivit, due tendenze che
compito dellarte condurre dal contrasto allarmonia. Ma a distanza di
una quindicina danni lurgenza di una unit di articiale e naturale
in seno al linguaggio si approfondisce di una acutissima e tormentata
sensibilit nei confronti della trasformazione metamorca della natura,
anche umana, della sua potente azione, del suo vigore. Il potere di
visualizzazione del linguaggio verbale non pu che seguire le leggi del
colore e sfuggire a ogni sterile e immobilizzante descrittivismo che,
come lanatomia, ci restituisce una morta natura.
La seconda conseguenza, strettamente legata alla prima, dipende
dalla composizione stessa di uno scritto letterario sulla base dellespe-
rienza dello spettatore, e dalla fruizione che tale scritto esige. La tra-
sformazione del lettore in spettatore possibile solo se lo spettatore
si trasforma in scrittore. Mentre il pittore, attraverso leffetto illusorio,
orienta la simultaneit verso un dispiegamento spazio-temporale, lo
scrittore tende il proprio tessuto linguistico alla simultaneit visiva del
fremito del passaggio. La fruizione di una forma artistica genera la
produzione di una seconda forma artistica che n si confonde n vuole
sostituirsi alla prima. Una seconda produzione che richiede una secon-
da fruizione, quella del lettore o dellascoltatore. Tale compresenza di
differenti piani della produzione e della fruizione pare provocare una
sorta di mise en abme. Come Diderot stato reclamato dai quadri
di Vernet, allo stesso modo il lettore di Diderot chiamato a prender
parte al gioco.
Ora, non la natura dipinta da Vernet, non la realt a sprofon-
dare in un gioco innito di specchi fatto ad arte? Il linguaggio de-
scrittivo non si frappone tra il soggetto e la realt nel suo manifestarsi,
cos ben rappresentata nellopera pittorica? Questultima in denitiva
la domanda che si pone Lessing a proposito della descrizione. Nel suo
Laocoonte egli ci parla di due modalit differenti che ha la poesia di
rapportarsi allarte gurativa. Quando ad esempio Virgilio descrive lo
scudo di Enea ci descrive lopera darte e non ci che stato rappre-
sentato. La poesia avvilisce se stessa imitando limitazione, dandoci
fredde reminescenze di particolari di un genio esterno, invece che i
tratti originali del proprio
41
. Se Virgilio invece avesse imitato il grup-
po del Laocoonte, avrebbe descritto non questo gruppo ma ci che il
gruppo rappresenta. Solo in questo caso il poeta originale e non un
mero copiatore, poich descrive le cose stesse. Ora, come collocare
lautore della Promenade Vernet? Dalla parte di chi descrive lopera o
dalla parte di chi descrive la natura?
72
Lalternativa per Diderot impraticabile perch improponibile. Egli
si colloca nel luogo stesso della loro implicazione. Non ci possibile
descrivere la natura, cos come a noi si d, se non attraverso larte, e
non ci possibile descrivere larte, se non attraverso lesperienza visi-
va e immaginativa della natura che essa rappresenta, in una tensione
referenziale non di rado spasmodica.
La descrizione non pu essere il mero repertorio di ci che vie-
ne rappresentato. Il linguaggio ekphrastico di Diderot, mostrandoci
limmagine pittorica, ci mette sotto gli occhi il far vedere, latto
manifestativo in cui larte consiste, compiendo cos il passaggio dalla
descrizione della cosa rappresentata alla descrizione dellesperienza
manifestativa della cosa che limmagine mette in atto. Lefcacia del
linguaggio icastico e vivicante viene misurata cos con la capacit
di portare il lettore nellambito pre-riessivo di appartenenza parteci-
pativa al mondo della vita. un far rivivere lesperienza estetica del
nostro essere radicati, dellinsuperabile qui e ora. Se la pittura offre al
linguaggio lancoraggio nella dimensione manifestativa, estetica, pre-
categoriale, il linguaggio offre alla pittura lesplicitazione della propria
mediatezza.
attraverso lo spazio di mediazione dellarte nella sua defatigan-
te laboriosit che possiamo avvicinarci alle cose stesse senza illuderci
di coglierle nella loro pienezza manifestativa, nello splendore di una
presenza per noi sempre differita, e che sempre rimane da dipingere
e da dire. La manifestativit quelloriginario che solo mediatamente
e indirettamente possiamo tentare di attingere.
Ecco dunque il paradosso emergente dallincontro di pittura e poe-
sia, di immagine e parola nella Promenade Vernet: il potere illusionisti-
co dellarte ci rende consapevoli dellillusione della semplice-presenza
delle cose. Attraverso una esperienza estetica a tutto tondo che esige
di essere detta e immaginata, la magia dellarte ci restituisce la realt
nel suo manifestarsi visibile, nel suo generarsi, nel suo essere vita.
1
D. Diderot, uvres compltes, d. H. Diekmann, J. Proust, J. Varloot et alii, 34 H. Diekmann, J. Proust, J. Varloot et alii, 34
voll., Hermann, Paris, 1975 e ss, v. XIII p. 341. La traduzione nostra, come la sotto-
lineatura.
2
Faremo dora in poi riferimento alledizione italiana, preceduta da un prezioso
saggio introduttivo, curata da Massimo Modica: D. Diderot, La Promenade Vernet, Nike,
Milano, 2000.
3
J.-F. Lyotard, La philosophie et la peinture lre de leur exprimentation, in Lart
des conns, a cura di A. Cazenave e J.-F. Lyotard, Paris, PUF, pp. 465-77.
4
Sullekphrasis v. in part.: M. Krieger, Ekphrasis: The Illusion of the Natural Sign,
Baltimore & London, John Hopkins University Press, 1992. Beschreibungskunst-Kunst-
beschreibung. Ekphrasis von der Antike bis zur Gegenwart, a cura di G. Boehm e H.
Pfotenhauer, Mnchen, Wilhelm Fink Verlag, 1995. J. Lichtenstein, J. Lichtenstein, La description de
tableaux: nonc de quelques problmes, in La description de loeuvre dart. Du modle
73
classique aux variations contemporaines, Paris, Somogy, 2001, pp. 295-302. Il nume- Il nume-
ro monograco di Word & Image (1999) dedicato allekphrasis. M. Cometa, Parole
che dipingono, Letteratura e cultura visuale tra Settecento e Novecento, Roma, Meltemi,
2004.
5
D. Diderot, uvres compltes, cit., vol. XVI.
6
D. Diderot, Salon de 1765, uvres compltes, cit., vol. XV, p. 57.
7
Sulla concezione di sguardo in Ponge e sul suo rapporto col linguaggio Henri
Maldiney si sofferma in: Le vouloir dire de Francis Ponge, Fougres, d. Encre marine,
1993, p. 27 e ss.
8
Filostrato, Immagini, trad. it. di G. Schilardi, introd. di F. Fanizza, Lecce, Argo,
1997, pp. 167-74. Il dipinto segue il racconto dei poeti, p. 169. Su questi temi v. B. Su questi temi v. B.
Cassin, Procdures sophistiques pour construire lvidence, in Dire lvidence. Philosophie
et rhtorique antiques, a cura di C. Lvy e L. Pernot, Paris, lHarmattan, 1997, p. 29.
9
G. Boehm, Bildbeschreibung. ber die Grenzen von Welt und Sprache, in Beschrei-
bungskunst-Kunstbeschreibung, cit., p. 40.
10
Termini largamente usati da Diderot e da molti dei suoi contemporanei.
11
D. Diderot, Sulla Pittura, Palermo, Aesthetica, 2004, p. 50.
12
Ivi, p. 51.
13
Concordiamo con Boehm quando afferma che ad accomunare immagine e parola
il mostrare. V. G. Boehm, V. G. Boehm, Bildbeschreibung. ber die Grenzen von Welt und Sprache,
cit., p. 35.
14
Sul diverso ruolo dello spettatore vedi M. Fried, Absorption and Theatricality:
Painting and Beholder in the Age of Diderot, Berkeley, Los Angeles and London, Uni-
versity of California Press, 1980.
15
A questo proposito v. G. Boehm, Bildbeschreibung. ber die Grenzen von Welt
und Sprache, cit., p. 27.
16
D. Diderot, La Promenade Vernet, cit., p. 148.
17
D. Diderot, Sulla Pittura, cit., p. 115.
18
Ivi, p. 44. Ivi, p. 44. , p. 44.
19
Ivi, p. 47. Ivi, p. 47. , p. 47.
20
Ibidem.
21
Paris, Gallimard, 1989, pp. 216-17.
22
Ivi, p. 99. Ivi, p. 99. , p. 99.
23
Pur riconoscendo una fondamentale componente di azione dellimmagine, Boehm
si sofferma soltanto sul signicato di evidentia in quanto enargeia.
24
D. Diderot, La Promenade Vernet, cit., p. 146.
25
Ivi, pp. 162-63. Sono evidenti le analogie con le teorie linguistiche di Vico, Rous-
seau, Herder. Sul rapporto tra estetica e linguaggio v. di F. Bollino, Ragione e Sentimento.
Idee estetiche nel Settecento francese, Bologna, CLUEB, 1991; in part. le pp. 207-24.
26
D. Diderot, La passeggiata dello scettico, Milano, Serra e Riva ed., 1984, p. 7: mi
resi conto che Cleobulo sera fatta una sorta di losoa locale; che tutta la sua campagna
era animata e parlante per lui; che ogni oggetto gli forniva pensieri di un genere par-
ticolare, e che le opere della natura erano ai suoi occhi un libro allegorico ove leggeva
mille verit che sfuggivano agli altri uomini.
27
A questo proposito v. B. Saint Girons, Le paysage et la question du sublime, in
Aa. Vv. Le paysage et la question du sublime, ARAC, Valence, 1997, p. 87: paysageur
lhomme, assurment moderne, qui, loin de se contenter dadmirer navement la nature
dans la pluralit d ses manifestation ou den Etudier certains phnomnes isols, vient
la considrer sous langle trs restreint quil a arbitrairement choisi et donn cette
partie la valeur du tout.
28
V. di H. Maldiney, Esquisse dune phnomnologie de lart, in Lart au regard de
la phnomnologie, a cura di E. Escoubas e B. Giner, Toulouse, Presses Universitaires
du Mirail, 1993, pp. 216 e 235.
29
D. Diderot, uvres compltes, cit., vol. XVI, pp. 10-11.
30
Circa lapproccio evidente il debito contratto nei confronti dellempirismo; cir-
74
ca i contenuti Diderot si avvale anche di una conoscenza della letteratura scientica
dellepoca. V. introduzione e note al testo delled. francese (uvres compltes compltes, cit., vol.
XVII).
31
D. Diderot, lments de physiologie, in uvres compltes, cit., vol. XVII, p. 247.
32
Ibidem.
33
Ivi, p. 246. Ivi, p. 246. , p. 246.
34
Ivi, p. 457. Ivi, p. 457. , p. 457.
35
Ibidem.
36
Ivi, p. 480. Ivi, p. 480. , p. 480.
37
Ivi, p. 475. Ivi, p. 475. , p. 475.
38
R. De Piles, Cours de peinture par principes, cit., p. 219.
39
D. Diderot, uvres compltes, cit., vol. XVI, p. 283 e ss.
40
D. Diderot, Lettera sui sordomuti e altri scritti sulla natura e sul bello, a cura di
E. Franzini, Milano, Guanda, 1989.
41
G. E. Lessing, Laocoonte, trad. a cura di M. Cometa, Palermo, Aesthetica, 2000,
p. 45.
75
Stile e stili
di Elio Franzini
Husserl afferma che la ricerca sul senso delle cose mondane va
avviata su una nuova via, che tematizzazione del mondo della vita
in quanto terreno non solo della vita umana, ma del modo con cui essa
esplicita questa sua funzione di essere terreno. in questo esatto
punto, in cui manifesta lesigenza di un Grund concreto e precatego-
riale, che, pur senza esplicitare la citazione, ricorda la frase con cui
Goethe, nel Faust, traduce lincipit del Vangelo di san Giovanni, dove
il logos che allinizio diventa Azione (Tat). Lazione, osserva Husserl,
rende il nostro progetto ancora incerto pi determinato, lo rende sem-
pre pi chiaro, promuovendone la realizzazione
1
. Accanto allazione,
che al principio, per necessaria anche una riessione metodica, cos
da indagare, in tutti i modi di relativit che per essenza gli ineriscono, il
mondo della vita, che il modo in cui noi viviamo intuitivamente, con
le sue realt, cos come si danno, dapprima nella semplice esperienza,
e anche nei modi in cui spesso queste realt diventano oscillanti nella
loro validit (oscillanti tra lessere e lapparenza)
2
.
Utilizzando ancora una volta un termine goetheano, Husserl chiama
stile questa capacit di cogliere il usso oscillante delle variazioni
dellapparire, apparentemente inafferrabile, che il nostro mondo della
vita, in cui si uniscono lazione e il metodo. Questo non un orizzonte
di spiegazione causale e fattuale, non quello di determinare se e
che cosa siano realmente le cose, la realt del mondo e neppure che
cosa sia realmente il mondo considerato nella sua totalit, ci che gli
inerisce in generale, quali leggi strutturali a priori e quali leggi na-
turali gli siano proprie
3
. Il tema invece un altro: il mondo cos
come appare alla nostra esperienza, lunicarsi delle parti che sono
rappresentazioni del mondo, che costituiscono interi non per magica
fusione, ma in quanto rappresentazioni che in ogni fase recano in s
un senso, e intenzionano qualcosa, connettendosi in un progressi-
vo arricchimento di senso e in una progressiva formazione di senso
4
.
seguendo questo stile che si pu comprendere come gli stili ne
siano soltanto i modi, cio un progressivo arricchimento di senso: sen-
za voler spiegare, denire, determinare, ma solo esibendo le possibilit
esperienziali delle parti, dei singoli fenomeni, delle singole esperienze,
76
di connettersi in un intero dotato di senso. Warburg sosteneva che
lessere delle immagini consisteva nel formare uno stile, che poi
la capacit di esibire delle sopravvivenze. E deniva come simbo-
lici questi stili. Per cui, partendo dalla convinzione che i termini
stile e simbolo siano in Goethe pressoch equivalenti, e luno sia
limmagine dellaltro, e che questultimo, il simbolo, si opponga allal-
legoria come lo stile alla maniera, ed entrambe queste coppie siano a
loro volta radicate nella fondamentale differenziazione tra Bildung e
Gestalt. partendo dunque da questa allusiva trama concettuale che
la storicit del simbolo non la sua storia, o il suo ridursi al mutare
delle losoe della storia si evidenzia fenomenologicamente negli
stili che esso incarna. Cos, assumere il simbolo nella sua accezione
di riconciliazione con differenza, segno di uneccedenza che pi
dialogo che opposizione tra le parti, rende possibile che suo tramite
si giochi un confronto paradigmatico che ha nellarte, e nella losoa
dellarte, il suo orizzonte di interrogazione. Lo stile di cui qui si parla
dunque davvero quello che indica Faust: uno stile in cui impossibile
scindere esperienza e giudizio, conoscenza intuitiva del mondo e sua
apprensione categoriale e apofantica. In cui il simbolo si pone come
possibilit funzionale e al tempo stesso morfogenetica. Lo stile, e si an-
ticipa qui la conclusione che si vuole raggiungere, lunit simbolica e
formativa dei molteplici stili, anche l dove essi hanno valore allegorico
o manieristico o dove si pongono nella loro singolarit.
Per mostrare ci necessaria una premessa, che si articoler poi
in un lungo esempio.
alla ricerca di questo senso stilistico che larte, al di l delle con-
dizioni empiriche in cui si manifestano le opere, si presenta come ge-
nesi temporale, che offre il senso simbolico della rappresentazione, la
variet e la complessit delle sue trame intenzionali, dei suoi percorsi
genetici: uno stile che, come scrive Maldiney, sorge dalla forza di
un evento estetico, da un ritmo temporale creato nellIstante stesso,
unimpressione famigliare riconosciuta
5
. Il grado specico che ap-
partiene alla rappresentazione artistica non quello capace di darci
loggetto o lEssere, bens di condurre noi e il mondo verso il goethea-
no regno delle Madri, cio in un movimento temporale che , nelle
sue morfologie, eterno gioco del pensiero eterno. Le rappresentazioni
artistiche non sono il lato invisibile dellEssere, ma enti che esibiscono
il possesso degli schemi del visibile, in cui si pone anche il tempo spa-
zio dellinvisibile: limmagine artistica una rappresentazione che rende
simbolica che rende idea estetica la presenza in tale rappresen-
tazione di uno scarto, in virt del quale lo schema come prodotto
dellimmaginazione rivela e insieme nasconde, come afferma Kant, le
determinazioni a priori del tempo secondo regole. Ma, perch ci
accada, si deve tradurre lo stile nella specicit esemplicativa degli
77
stili, che ne sono le forme di vita, ma che non per questo possono
esaurire il proprio senso nel loro mero esibirsi frammentario.
Un esempio allora utile per comprendere il percorso: un esempio
dove la scelta di uno stile diviene modello di espressione retorica,
che pu tradursi in differenziate forme stilistiche. Da un lato, cogliere
il senso espressivo di una forma partendo da una sua considerazione
morfologica percorso quasi obbligato, in modo tale che si tenti di
comprendere il senso di una forma a partire dal suo colore, e dal-
la scala di valori qualitativi cui questo colore simbolicamente allude
sfuggendo alle assolutezze ontologiche. Tuttavia, laspetto morfologico,
pur essenziale, anche perch permette una sorta di storia dellarte non
solo senza nomi, ma radicata nella genesi intrinseca degli stilemi, indi-
pendente dagli autori che li hanno tradotti in stile costruttivo, non
sufciente, proprio come non sarebbe sufciente, per comprendere un
ente, considerarlo nella sua staticit formale. Una morfologia corretta
va infatti sempre posta nel quadro di una morfogenesi, che com-
prenda cio il percorso costitutivo della forma. Senza questo substrato,
senza il dialogo tra forma e contesto, visibile e invisibile che in esso si
manifesta, limmagine pittorica diventerebbe unimmagine come tante,
un nulla, e non invece una gura mitico-simbolica, che ha in s il
senso della matrice.
Lespressivit stilistica dellimmagine simbolica matrice perch si
presenta come possibile: il possibile come lo intende Leibniz, cio ener-
gia spirituale e tensione materica, possibile che sviluppo, e non stati-
cit della forma. Questo senso di matrice stilistica pu essere incarnato,
nel linguaggio pittorico, dallicona o, in tempi pi recenti, dalla pittura
monocromatica. Per cui, il monocromo-icona rappresenta la morfologia
originaria del pittorico: la forma inseparabile dal colore, e il colore
la qualit originaria di una simbolicit complessa, di cui la forma il
senso visibile/invisibile. Ma il monocromo anche la possibilit dinami-
ca del pittorico, di cui incarna la morfogenesi: la forma diviene secondo
una direzione che, prima degli stili, ovvero delle categorie storico-strut-
turali del pittorico, cui il pittorico stesso non pu venire ridotto, ha nel
colore la sua qualit produttiva, una qualit originaria, che si ripropone
sempre di nuovo, e che sfugge lequivoco della rappresentazione, della
riconoscibilit, del mimetico, richiedendo una forma di riconoscimento
sia empatica sia razionale.
Daltra parte, come noto, Leon Battista Alberti tende piuttosto a
ricondurre il pittorico al disegno, attestandone di conseguenza il sen-
so razionale, descrittivo, formale. Il monocromo vuole invece ricordare
che il pittorico colore, ovvero qualit pura del possibile, genesi della
forma che precede le stilizzazioni e che, di conseguenza, affronta la
questione dellinforme e dellirrappresentabile non come contrari dialet-
tici del formale e della rappresentazione, bens in quanto suoi elementi
costitutivi originari, esplicitando i quali la pittura conduce sulle strade
78
della Gestaltung, allinterno di una goetheana metamorfosi della forma
che simbolo della metamorfosi stessa del pensiero, della sua radice
sensibile, di una forza formativa che fonda la presenza, attestandone
sempre di nuovo il senso di possibilit. Il valore simbolico della forma
pittorica appunto nellunione, nellunicazione, della forma matrice
dello stile, la possibilit pura del colore, con le molteplicit ekphrastico-
retoriche degli stili, cio delle forme che ne delineano i contorni.
Il valore simbolico ed espressivo del colore in Goethe
6
un tenta-
tivo di comprendere il simbolo, lo stile, il fenomeno originario, la ma-
trice di un senso espressivo che si esplicita, in polemica con Newton,
in eventi non riducibili a catene causali o spiegazioni meramente con-
cettuali: Steiner, Albers, Kandinsky, Klee, Marc, Wittgenstein, pur con
accenti diversi, hanno ripreso la volont goetheana di rivestire il colore
di un signicato simbolico, spesso sposandola (o contrapponendola con
la teoria del colore romantica di Philip Otto Runge)
7
. signicativo
che Goethe distingua simbolo e allegoria anche nella sua Teoria dei
colori: se infatti uso simbolico del colore quello che se ne serve per
esaltare la sua azione, un vero nesso che subito esprime un signi-
cato, limpiego allegorico contiene una quota maggiore di casualit
e arbitrariet, direi perno qualcosa di convenzionale
8
. Il simbolico
esprime dunque il senso possibile del colore, ma lo esprime a partire
dalla sua realt empirica, esperienziale, cromatica: non esiste attivit
simbolica, infatti, che non si incontri nello stesso tempo con la natura
e il mondo, a essi ricongiungendosi
9
.
Tuttavia, la sensibilit simbolica del colore non soltanto il risulta-
to di un movimento interiore, come sembra credere Kandinsky, bens
soprattutto il legame tra locchio e il mondo, che origina un feno-
meno naturale che si manifesta attraverso divisione e opposizione,
mescolanza e unione, potenziamento e neutralizzazione, trasmissione
e distribuzione
10
. Di conseguenza, non si contrappone affatto al di-
segno, ma ne il necessario completamento. Il disegno, peraltro, non
indica, neppure in Vasari, una forma razionale e intellettualistica, bens
la capacit di oggettivare, di rendere forme variati in stili, i sentimenti
possibili che larte esprime. La pittura, scrive, un piano coperto di
campi di colori, in supercie, di tavola o di muro di tale, intorno a
diversi lineamenti, i quali per virt di buon disegno di linee girate cir-
condano la gura
11
. Anche Leon Battista Alberti, pur ritenendo che
i modelli e i metodi della natura che larte deve reperire e riprodurre
siano riconducibili a espressioni geometriche, matematiche, musicali e
corporee, sa che esse non rivendicano il distacco dalla natura, dal-
lesperienza e da un generale orizzonte sapienziale, bens manifestano
la loro origine simbolica e la costante congruenza con i fenomeni per-
cepiti attraverso i sensi
12
.
Lunit simbolica di una forma, il suo stile ed una prima con-
clusione possibile dunque un insieme di disegno e colore, di linea
79
che circoscrive e di cromaticit che tocca i sensi, di stile-matrice e
di stili narrativi, un geroglico espressivo
13
da decifrare: una forma
retorico-espressiva costituita da parti distinte, che tuttavia, esplicitando
il signicato possibile che nei loro nessi, possono costituire sempre
nuovi interi.
Se , come , unit simbolico-espressiva, che evidenzia i suoi lega-
mi con la retorica, la pittura non si limita alla sincronicit simbolica
dellistante, ma narra storie, affrontando anche unaltra dimensione del
tempo, la diacronicit della narrazione. Le storie devono attirare lat-
tenzione, convincere un uditorio, commuoverlo ma anche accrescere
il suo sapere: ci pu essere fatto attraverso linventio e la dispositio,
cio quelle parti della retorica che costruiscono una struttura, che per
deve anche movere e delectare. Di questa profonda analogia, che
una delle componenti pi importanti della teoria dellarte a partire
dal Rinascimento, e che implicitamente connette la razionalit logi-
ca della linea disegnata con lemotivit qualitativa del colore, va cos
sottolineata la capacit di costruzione di una forma che sia armonica,
cio in grado di connettere le parti tra loro, ed empatica, che esprime
cio un senso affettivo che colpisca losservatore. Armonia ed empa-
tia sono essenziali per lespressione di una forma simbolica: armonia
perch, come suggeriva Alberti, vi deve essere amicitia tra le parti e
lorganicit dellopera si specchia in questa sintesi tra valori plastici,
effetti chiaroscurali e coloristici
14
; empatia in quanto implica una
simpatia simbolica che lega il soggetto e la forma secondo trame
sia affettive sia conoscitive, sia retoriche sia logiche. Proprio come il
disegno e il colore, i due elementi devono comporsi: la istoria, scri-
ve Vasari, sia piena di cose variate e differenti luna da laltra, ma a
proposito sempre di quello che si fa e che di mano in mano gura lo
artece
15
. La variet va composta in un quadro armonico, ed esso
deve dilettare.
Il colore pu incarnare la possibilit, corrispondere alla funzione
stilistica che la guralit ha nellarte retorica; il disegno pu rappre-
sentare quel che per la retorica largomentazione, strutturando il
percorso narrativo; i ruoli e le funzioni possono anche alternarsi o
scambiarsi, secondo modi la cui possibilit radicata nellincontro tra
la specicit qualitativa della forma e locchio dellosservatore. Ma quel
che rimane costante, in tale variet di modi, la tendenza del diverso
a costituire ununit (formale e armonica), unit che genera quella
forma empatica e simbolica in virt della quale la forma stilistica stessa
viene detta espressiva. Il simbolo una monade espressiva, che nel
suo essere semplice e complessa, armonica e lacerata, empatica e fonte
di conoscenza tende sempre a una amicizia tra le sue parti, che la
matrice, lo stile di una tensione costruttiva che ne esplicita, attraverso
forme o stili singolari, la costitutiva trama di possibilit.
Il mutare delle lingue in cui tale matrice si esprime e di cui
80
larte novecentesca utile orizzonte esemplicativo non modica
il senso del suo linguaggio, di quello stile che ne anima lintenzione
formativa e che ne la condizione di possibilit. Questa intenzione
non una funzione antropologica o, meglio, la costante antropologica
che la anima ne indica il valore conoscitivo, cio listanza gnoseologica
che guida il tentativo di chiaricare il senso possibile che attraversa la
straticata vita delle forme.
La variet che qui si esprime non frammentazione, elogio della
rovina o dellallegoria, bens, nella metafora viva del pittorico, incontro
armonico di forma e forza, di disegno e colore, che costituiscono una
unit. La perfezione del passaggio dal possibile al reale si concretizza
cos nella forma, nello stile che unit nella variet: formula con cui
per molti secoli denita la bellezza in quanto ente che discende dalla
genesi del possibile, cio da quella armonia universale cui il possibile
stesso tende nel suo farsi esistente.
La forma simbolica non mai una realt statica, un fatto: espri-
me un possibile che , come voleva Goethe, formativo. Le piccole per-
cezioni, chiare e confuse, radice estetica del sapere simbolico, rendono
tale realt formale una matrice di possibilit da esplicitare in sempre
nuove forme, senza che il suo senso sia soddisfatto o pacicato da
una tra esse soltanto. Ma senza che, al tempo stesso, la confusione si
trasformi in oscurit o in elogio della mera apparenza: le monadi sim-
boliche, la variet degli stili, sono forme che tendono al compimento,
allamicizia, non tracce oscure e autoreferenziali, bens occasioni di
pensiero, di tensione al compimento di un senso di riunicazione sim-
bolica. tale fenomenologia a mostrare i limiti di qualsivoglia soluzio-
ne empirica od ontologica: lo stile simbolico un nucleo di possibilit
che esprime il proprio senso in molteplici stili, in una variet di pos-
sibili che ne sono, per cos dire, le piccole percezioni. Le forme,
le icone che larte presenta non sono dunque enti monumentali, n
rovine di un passato immemoriale, bens senso in genesi, possibile che
si esprime, piccole percezioni che si affacciano, divenendo chiare a
fronte di una spontanea intenzionalit formativa e intersoggettiva. Gli
stili in cui questa genesi si esprime sono il possibile che nello stile,
nella forma simbolica, che cerca, nella variet, e nei suoi tormenti, una
provvisoria unicazione delle qualit differenti da cui attraversata la
trama delle cose mondane, che a noi si offrono, nella storia, per essere
sempre di nuovo decifrate nella loro capacit di produrre, attraverso
rappresentazioni nite, senso, espressione, comunicazione.
1
E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, a cura
di E. Paci, Milano, Il Saggiatore, 1968, p. 183, par. 44.
2
Ivi.
81
3
Ivi.
4
Ivi, pp. 185-86. Anche formazione (Bildung) ovviamente termine goetheano.
5
H. Maldiney, Regard, parole, espace, Lausanne, Lage de lhomme, 1973, p. 6.
6
Si veda J. W. Goethe, La teoria dei colori, a cura di R. Troncon, Milano, Il Sag-
giatore, 1979. Per un inquadramento della teoria di Goethe nella problematica con-
temporanea, si veda il n. 23-24, 1981, de il verri, citato da R. Troncon e dedicato a
questa problematica.
7
Si veda P. O. Runge, La sfera del colore, a cura di R. Troncon, Milano, Il Sag-
giatore, 1985.
8
J. W. Goethe, La teoria dei colori, cit., p. 214.
9
R. Troncon, Appendice Goethe e la losoa del colore, ivi, p. 241.
10
J. W. Goethe, cit., p. 15.
11
G. Vasari, Le vite de pi eccellenti architetti, pittori et scultori italiani da Cimabue
insino a tempi nostri, a cura di L. Bellosi e A. Rossi, Torino, Einaudi, 1986, p. 58.
12
P. Panza, Leon Battista Alberti. Filosoa e teoria dellarte, Milano, Guerini, 1994,
p. 23.
13
Troviamo questa espressione in Alberti, Leonardo, Diderot.
14
P. Panza, cit., p. 126.
15
G. Vasari, cit., p. 59.
83
sthetische Arbeit:
lestetica atmosferica di Gernot Bhme
e lattualit della retorica
di Salvatore Tedesco
Sapientemente dissimulata dietro il concetto piuttosto esoteri-
co di atmosfera, la nuova estetica, o piuttosto aisthetica, di Gernot
Bhme si propone come il punto di arrivo di un complesso percorso
allinterno delle tradizioni della fenomenologia novecentesca e qui
il riferimento andr non tanto alla linea che da Husserl conduce sino
a Merleau-Ponty, quanto piuttosto allestetica e allantropologia feno-
menologica da Rothacker, a Klages, sino a Hermann Schmitz e al
tempo stesso come una robusta, seppure indubbiamente problematica,
ripresa del progetto estetologico baumgarteniano. La nuova estetica
come teoria generale della percezione
1
riattiva infatti sin dal nome
Aisthetik appunto il riferimento alla scienza baumgarteniana della
sensibilit, realizzando proprio per questo tramite ed ecco un altro
degli aspetti macroscopici della posizione di Bhme, che sicuramente
hanno contribuito ad iscriverla autorevolmente nellattuale dibattito
tedesco
2
una signicativa estensione dellambito dellestetica al di
fuori della tradizionale losoa dellarte, in direzione di unestetica
della natura
3
e di una neo-estetica che tiene di mira fenomeni quali
il design e una pi generale estetizzazione del reale
4
.
Lattualit per la verit quasi corriva e direi la sin troppo ampia
circolazione di temi afni nellestetica tedesca di oggi (pur nella di-
versit delle posizioni, e per fare solo i nomi maggiori: Welsch, Seel,
Bohrer, Wiesing) ha per portato a trascurare gli intenti propriamente
sistematici del discorso di Bhme, intenti a partire dai quali, tuttavia,
acquista probabilmente ulteriori valenze anche il riferimento a Baum-
garten e a quella componente fondamentale, bench spesso travisata,
dellestetica di Baumgarten che la retorica.
Bhme condivide anzitutto con Baumgarten lidea che tramite leste-
tica si offra spazio a una peculiare forma di conoscenza, signicativa-
mente diversa da quella costituita dalla scienza moderna: a me inte-
ressa sviluppare la conoscenza estetica proprio come una conoscenza
particolare e soprattutto diversa da quella scientica, e in relazione a
ci mostrare che essa scopre nel mondo qualcosa che non accessibile
ad altri modi di conoscenza
5
.
La creazione di uno spazio teorico per lestetico era stata possibile
84
a Baumgarten solo per il tramite di un profondo ripensamento del
progetto losoco della modernit, rimettendo in questione il criterio
cartesiano della chiarezza e distinzione della conoscenza e cos condu-
cendo a riarticolarlo analiticamente tanto in relazione ai criteri della
verit che alla strumentazione metodologica di cui la mente umana si
serve per elaborare le proprie forme di conoscenza. La teorizzazione
della bellezza come perfezione della conoscenza sensibile in quanto
tale
6
e dunque lafancamento di un altro possibile ordine delle ve-
rit a quello della logica dellintelletto, apriva il campo a una pluralit
di criteri di perfezione della conoscenza
7
, e trovava rispondenza sul
piano dellorganon, della strumentazione losoca, nella creazione di
una disciplina estetica che veniva ad afancarsi alla logica tradizionale,
modernamente sempre pi volta in direzione della ricerca scientica.
Ed proprio a partire da una profonda riessione sui fondamen-
ti teorici e sulla metodologia della ricerca scientica contemporanea
che lestetica anzitutto chiamata, secondo Bhme, ad assicurare la
necessaria articolazione concettuale e dunque pregnanza di discorso
losoco a una forma di sapere profondamente alternativa, appunto
sul piano metodologico, nei confronti del corso maggiore della scienza
moderna e della settorializzazione del concetto di esperienza cui essa
conduce.
Una lunga serie di lavori portati avanti da Bhme nel corso degli
anni Sessanta e Settanta, e specie allepoca della sua collaborazione con
lo Institut zur Erforschung der Lebensbedingungen der wissenschaftlich-
technischen Welt, diretto da Jrgen Habermas e da Carl Friedrich von
Weizscker, ci aiuta a comprendere il senso della proposta del nostro;
una proposta, tanto andr anticipato, che nasce da una riessione quan-
to mai attenta sul metodo delle scienze contemporanee, e che giusto nel
cuore di quei procedimenti metodici rintraccia le aperture in direzione
di una differente organizzazione del sapere.
Gi a partire dal libro del 1966 ber die Zeitmodi il senso del per-
corso di Bhme appare daltronde denito con la massima chiarezza:
ber die Zeitmodi si occupa delle variazioni intervenute nel concetto di
tempo a seguito della moderna sica quantistica, prendendo sostanzial-
mente le mosse da Der zweite Hauptsatz und der Unterschied von Ver-
gangenheit und Zukunft
8
, un celebre lavoro del 1939 di Carl Friedrich
von Weizscker, allora giovane allievo di Heisenberg e Bohr. In parallelo
col dibattito della sica quantistica, unanalisi delle funzioni grammati-
cali del verbo era chiamata nel volumetto del 1966 a prospettare, con
costante riferimento ai fenomeni del comportamento quotidiano
9
, il
nesso delle strutture temporali su cui si articola la comprensione del
tempo propria della coscienza naturale.
Il rapporto fra scientizzazione e mediazione tecnica dellesperienza,
da una parte, e mondo della vita, dallaltra
10
, deve essere elaborato
nella concretezza di determinate Fallstudien, nei punti salienti della
85
sperimentazione teorica a partire dai quali si determina la metodologia
delle singole scienze
11
, e non potr che guidare a tematizzare con parti-
colare attenzione quei momenti in cui emergono forme di elaborazione
scientica dellesperienza divergenti dal superparadigma della scienza
naturale
12
moderna. Se, come osserva Bhme nellimportante Die Ve-
rwissenschaftlichung der Erfahrung
13
, la scienza naturale moderna non
unimmediata prosecuzione dellesperienza del mondo della vita,
istituendo anzi nei confronti di questa una necessaria discontinuit,
emancipandosene in direzione di ambiti fenomenici che non sono in
generale accessibili allesperienza del mondo della vita, ci avviene per-
ch, a differenza dellaltra, quella propria delle scienze naturali non
pi percezione (Wahrnehmung), ma esperienza mediata da un apparato
tecnico (apparative Erfahrung).
Tanto pi signicativa allora la progressiva differenziazione meto-
dologica dei discorsi scientici che ha luogo nella modernit; non
un caso che proprio a Carl Friedrich von Weizscker Bhme dedichi
nel 1977, lanno in cui lascia lIstituto da questi diretto, un saggio sulla
Teoria dei colori di Goethe
14
, presentata come esempio di una scienza
della percezione che costituisce una decisa alternativa al di fuori del
mainstream della scienza naturale moderna
15
rappresentata, nel caso
specico, dalla teoria newtoniana del colore.
Almeno tre passaggi dellargomentazione di Bhme sul modello di
scienza prospettato dalla Farbenlehre risultano anche ai nostri ni del
pi grande interesse: anzitutto, osserva Bhme, ben al di qua della
concreta articolazione delle rispettive teorie, Goethe e Newton vengo-
no guidati da un differente interesse conoscitivo (Erkenntnisinteresse),
orientato da un diverso rapporto con la prassi
16
: a esser tematizzate da
Goethe saranno in primo luogo le condizioni per il manifestarsi dei co-
lori e saranno appunto tali condizioni, empiriche, a guidare la teoria. In
secondo luogo e ci come vedremo determina per intero il discorso
estetologico di Bhme il concentrarsi dellinteresse conoscitivo sulla
manifestativit pone decisamente in secondo piano la discussione
moderna sulle qualit primarie e secondarie. Bhme non tarda a
coglierne conseguenze di ancor pi ampia portata: i colori [] non
appartengono n allordine della res extensa n a quello della res cogi-
tans, [] non sono n qualcosa di oggettivo n qualcosa di soggettivo,
ma piuttosto [] si danno condizioni oggettive e soggettive per il loro
manifestarsi. La teoria di Goethe prende su di s limpegno di indicare
in modo sistematico tali condizioni
17
. In ultimo, la centralit del ri-
ferimento storico: la storia della scienza, delle alternative metodiche in
cui essa si costruisce, essa stessa la scienza
18
, con il suo ineliminabile
pluralismo metodologico
19
e con le complesse motivazioni in ordine
alle mutazioni di paradigma che in essa hanno luogo.
Fermiamoci subito per schizzare brevemente la genesi di questo
nesso fra linteresse conoscitivo e quella che possiamo senzaltro iniziare
86
a chiamare la prassi o anche il lavoro estetico. Il concetto di Erkennt-
nisinteresse si lega probabilmente per il tramite di Habermas
20
al
pensiero di Erich Rothacker
21
: sulla base della distinzione fra lebens-
praktisches Bewutsein Bewutsein, la coscienza pratica che opera nel mondo del-
la vita sempre orientandosi in situazione, e wissenschaftspraktisches
Bewutsein, ovvero lattivit della soggettivit propriamente volta alla
identicazione logica e dunque alla costruzione delle scienze rigoro-
se
22
attivit essa stessa eminentemente pratica, a giudizio di Rothac-
ker, in quanto sempre relativa a un determinato obiettivo conoscitivo
storicamente e problematicamente determinato, sempre relativa, nella
terminologia di Rothacker, a una determinata dogmatica
23
Rothac-
ker giunge allenucleazione di tre leggi della coscienza, fra le quali
ha particolare risalto la terza, il Satz der Bedeutsamkeit o principio
di signicativit che afferma il carattere selettivo dellattivit con cui
la coscienza attribuisce senso alla realt sulla base di un determinato
interesse, conoscitivo in senso lato, ovvero un interesse da intendere in
primo luogo come un nesso vitale che lega un soggetto storicamente e
culturalmente determinato a qualcosa
24
. Rothacker parla di costitu-
zione di isole di senso per mezzo della assunzione di interesse
25
, e il
carattere pratico dellinteresse sta appunto in questa funzione costrut-
tiva di senso, e dunque, per quanto riguarda la sfera del lebensprakti-
sches Bewutsein, nella peculiare creativit dellintuizione sensibile. In
parallelo con la hegeliana Arbeit des Begriffs si potr senzaltro parlare
propone Rothacker
26
sulla scia di una serie di riferimenti giocati
nellessenziale sulla linea da Schopenhauer a Fiedler e sino a Klee di
una Erarbeitung der Anschauung, di una elaborazione dellintuizione
che avviene in primo luogo nellambito della corporeit e della rela-
zione sensibile fra luomo e la realt, scaricandosi quindi nel lavoro
interpretativo del mito
27
, e trovando inne un momento di particolare
chiaricazione nella sfera propriamente artistica.
Linteresse di Goethe per le condizioni del manifestarsi dei colori,
e torniamo cos alle teorie di Bhme, conduce allelaborazione di un
sapere sistematico a partire dalla costruzione del senso propria della
prassi artistica: si tratter dunque di un sapere scientico, non gi
concepito secondo il modello della apparative Erfahrung della scienza
naturale moderna, ma nel senso di una scienza della percezione, di
una scienza delle condizioni oggettive e soggettive insieme del darsi
del fenomeno estetico del colore
28
. Quando, ventanni pi tardi, Bh- Bh-
me attribuir alla nuova estetica il compito di elaborare un concetto attribuir alla nuova estetica il compito di elaborare un concetto
capace di dar conto del peculiare stato intermedio delle atmosfere
fra soggetto e oggetto
29
, non far che proseguire lo stesso progetto,
traendo ogni implicazione dalla valenza in senso proprio ambientale
delle strutture di senso in cui si danno i fenomeni intermedi del-
lesperienza sensibile.
A esser pregurata nella Farbenlehre sar allora una concezione
87
della natura allinterno della quale la congurazione espressiva (Aus-
drucksgestalt) rilevante nel nesso naturale e i colori sono un feno-
meno fra soggetto e oggetto, una realt in cui si uniscono il visibile e
locchio che vede. I colori sono azioni della luce, come dice Goethe,
energeia
30
.
Linteresse conoscitivo plasma i metodi della conoscenza e con
essi ci che viene conosciuto
31
, scrive Bhme ritornando nel 1980 ai
risultati del saggio sulla Farbenlehre; ne deriva la necessit di lavorare
sulle alternative della scienza, di tenere aperto un pluralismo metodolo-
gico che permetta di intendere la scienticit di quelle forme di sapere
che piuttosto che alla modicazione tecnica della natura cui mira il
sapere produttivo (Produktionswissen) della scienza naturale moder-
na servono allorientamento (Orientierungswissen) allinterno di un
ordine naturale dato e a teorizzare i fenomeni naturali non solo nelle
loro reciproche relazioni, ma anzitutto nel loro rapporto con luomo,
cos pregurando unaltra relazione con la natura e delluomo con
se stesso
32
.
Gli aspetti indubbiamente un po ingenuamente ambientalistici di
questa contrapposizione fra sapere produttivo e sapere dorientamen-
to vengono ben presto superati da Bhme grazie allapprofondimento
concettuale del signicato della relazione ambientale, nel senso di una
ripresa del concetto di Umwelt nella sua accezione originaria, quale si
trova nella biologia teoretica di Jakob von Uexkll: struttura biologica
(Bauplan) e ambiente di vita della specie stanno fra loro in relazione
di corrispondenza; il concetto di ambiente (Umwelt) si determina in
quanto unit strutturale di mondo percettivo e mondo dellagire della
determinata specie
33
. In una considerazione ambientale, dir Gehlen
ripensando la lezione di Uexkll, il soggetto degli eventi non , per
cos dire, n un individuo n una specie, bens un rapporto tra specie e
ambiente o, per dir meglio, uninterconnessione di varie specie e di vari
ambienti
34
. Proprio in questo senso, nellAisthetik, Bhme parler di
estetica della natura in quanto questione della relazione fra qualit
ambientali e condizione (Bendlichkeit) umana
35
, intendendo la Be-
ndlichkeit come la disposizione dellio nellatto percettivo prima che
avvenga in senso pieno la separazione fra il polo soggettivo e il polo
oggettivo
36
, e dir che problema peculiare della nuova estetica quello
legato alla messa in forma (Gestaltung) di un ambiente umano
37
.
Orientamento e produzione formano dunque unendiadi pro-
prio come percezione e movimento sul piano della determinazione an-
tropologica dellagire umano
38
e una scienza della percezione sar
elaborazione metodica di un sapere sulle congurazioni espressive della
realt
39
.
Torniamo cos al nesso fra interesse, prassi e scienza della perce-
zione, per ritrovarne unulteriore decisiva stazione teorica nella An-
thropologie in pragmatischer Hinsicht del 1985
40
, in cui il concetto
88
di Praxis servir a teorizzare le relazioni fra atmosfera, condizioni del
suo sorgere e analisi della sua produzione; non entrer in questa sede
in unanalisi di questo scritto, per limitarmi a sottolineare una svolta,
o piuttosto un chiarimento importante che a partire da esso simpone
alla riessione di Bhme: in una rinnovata fenomenologia della perce-
zione ambientale quello di atmosfera vale come concetto antropologico
centrale, risultando tuttavia realmente suscettibile di analisi soltanto in
quanto concetto estetico.
Possiamo nalmente ritornare a Baumgarten e al ruolo che Bhme
gli attribuisce nella storia della scienza estetica e delle sue alternative
disciplinari: decisivo nel progetto baumgarteniano evidentemente per
Bhme anzitutto il fatto che lanalisi delle condizioni dellesperienza
sensibile venga sviluppata in forma di scienza; ci potr aprire, fran-
camente al di l delle intenzioni dello stesso Baumgarten, allelabora-
zione di un diverso modello di scienza delle interazioni fra luomo e
la natura
41
: lestetica come teoria della percezione scopre dunque un
tratto fondamentale della natura che sfugge alla scienza naturale, a ogni
modo a quella moderna. Nella percezione la natura ci viene incontro
come percepibile, essa , con il termine greco, aistheton
42
.
Altrettanto decisivo per il procedimento metodico con cui lesi-
genza di un sapere sulla sensibilit diviene in Baumgarten scienza in
senso forte; ovvero, come si diceva allinizio di queste note, lintreccio
fra la questione metodologica dellestetico e la fondazione sistematica
della scienza estetica come nuova articolazione dellorganon.
Riprendendo dunque, nei modi e per le ragioni assolutamente pe-
culiari che siamo andati esaminando, lintenzione teorica baumgarte-
niana direi proprio in senso specico quanto al profondo innesto
fra dimensione metodologica e progetto sistematico Bhme afferma
che il discorso estetologico non potr porsi come lapplicazione di un
determinato impianto metodologico o di un programma di ricerca a
problemi estetici, ma dovr piuttosto sviluppare a partire dai pro-
blemi stessi un impianto concettuale e una terminologia a essi ade-
guata
43
. Con questo gesto, Bhme si pone risolutamente nel segno
della fenomenologia di Hermann Schmitz, riprendendo in maniera
piuttosto evidente il concetto di sistema da questi elaborato e posto a
fondamento della propria ricerca: lAisthetik avr carattere sistematico,
a giudizio di Bhme, in quanto essa a partire dalle situazioni proble-
matiche attualmente urgenti del proprio campo di lavoro e a seguito
di tali problemi sviluppa passo dopo passo la propria concettualit
44
.
Doppiamente pertinente risulter allora lesempio storico di Baumgar-
ten, se vero che lincrocio fra il problema metodologico dellestetico
e lo sviluppo sistematico della disciplina estetica reso possibile in
Baumgarten dalla teorizzazione, di origine aristotelica, delle arti come
forme del sapere.
Se per un verso la formulazione delle questioni estetologiche in
89
denitiva possibile per Bhme solo a partire dai fatti estetici (e in
questo senso si fa valere il carattere di testimonianza degli ordini del
sensibile che le opere darte rivestono per la prospettiva dellAisthetik),
ci che qui particolarmente interessa ci che apre in senso proprio
la prospettiva del lavoro estetico il carattere produttivo del sapere
artistico
45
; Bhme valorizza in questo senso laffermazione di Meier
per cui le belle arti e scienze consistono in una forma di conoscenza
secondo la quale determinate azioni vengono eseguite in una deter-
minata maniera, e secondo la quale viene prodotto o meno un deter-
minato specico oggetto
46
: lopera darte, ne conclude Bhme,
loggettivazione di una conoscenza
47
.
Davvero eroico, nellAisthetik, il tentativo di Bhme di indicare i
tratti salienti dellelaborazione estetica delle atmosfere, a partire dal-
lindividuazione, sulla scorta del dibattito settecentesco sulla siogno-
mica, di una serie di caratteri delle atmosfere che, complessivamente
considerati
48
, conducono direi a valorizzare limmanenza nelle
atmosfere di un movimento espressivo che attraversa lintera relazione
ambientale fra soggetto e oggetto, fra colui che percepisce e la con-
gurazione percepita; in corrispondenza dei caratteri, Bhme si sforza
anche di indicare una serie di elementi generatori (Erzeugende), che
saranno in ultima analisi loggetto specico del lavoro estetico tanto
nel campo delle arti tradizionalmente intese quanto e soprattutto nei
nuovi ambiti del design, della pubblicit, della moda, della cosme-
tica, dellarchitettura dinterni, o ancora, ad esempio, della musica
ambientale
49
. E qui ancora Bhme parler ad esempio di gestualit
e sionomia in rapporto al carattere comunicativo delle atmosfere, di
congurazione delle forme e dei volumi in rapporto alle impressioni
motorie legate al carattere emotivo delle atmosfere
50
.
Il lavoro estetico consiste dunque nella produzione di strategie vol-
te alloggettivazione della conoscenza sensibile, e tale oggettivazione,
tale messa in forma delle congurazioni espressive della realt (cio,
secondo la terminologia di Bhme, delle atmosfere), si denisce con
Baumgarten perfezionamento della conoscenza sensibile: Chiunque
dispone della conoscenza sensibile, ed essa di grande signicato nella
vita quotidiana. Lestetica serve al perfezionamento di questa conoscen-
za; in quanto perfetta la conoscenza sensibile arte
51
.
Nel cuore di tale strategia di perfezionamento sta per Baumgarten
il ripensamento losoco della retorica, la costruzione di una teoria
dellargomentazione estetica. La percezione sensibile pu stare al cen-
tro dellestetica di Baumgarten solo in quanto la retorica permette di
riconoscerla capace di unautonoma strategia conoscitiva di perfezio-
namento. Largomentazione estetica ha luogo per Baumgarten nellar-
ticolazione di un nesso di percezioni sensibili, e la retorica illustra le
regole strutturali per il cui tramite avviene il perfezionamento della
conoscenza sensibile cui tutta intera lestetica nalizzata
52
.
90
Bhme giunge a equiparare il concetto di lavoro estetico a quello
di retorica, e ci in due accezioni diverse: per un verso al ne di sot-
tolineare lintonazione affettiva, emozionale, dellesperienza ambientale
della congurazione delloggetto estetico
53
, per laltro verso nella con-
clusiva articolazione del lavoro estetico nei due versanti della prassi e
della critica estetica
54
.
Per quanto Bhme, nel suo ripensamento sistematico dellestetica
di Baumgarten, nisca col cogliere in modo sempre piuttosto parziale
il ruolo chiave giocato dalla retorica, e in specie dalla teoria dellar-
gomentazione, la retorica gioca di fatto un ruolo di primo piano nel
discorso estetico di Bhme; per fare un unico esempio, la polarit
pocanzi brevemente schizzata fra carattere comunicativo e carattere
emotivo delle atmosfere rinvia senzaltro alla polarit retorica fra ethos
e pathos, del resto essa stessa ampiamente adombrata in alcune del-
le sue conseguenze storicamente pi pervasive nella complementarit
sviluppata da Bhme fra prassi e critica estetica.
Straordinaria pervasivit del paradigma retorico: secondo il model-
lo baumgarteniano della philosophia instrumentalis, la teoria implica
e richiede la prassi estetica, lanalisi strutturale delle atmosfere non si
compie in Bhme senza la considerazione topica degli elementi gene-
ratori delle atmosfere stesse, delle loro condizioni sociali, politiche e
delle forme della comunicazione; di pi, quella di Bhme sar in senso
specico unanalisi dei mezzi atti a suscitare le atmosfere, e giusto in
questo senso una retorica losoca e non una poetica normativa delle
atmosfere.
1
Questo il sottotitolo di G. Bhme, Aisthetik. Vorlesungen ber sthetik als allge-
meine Wahrnehmungslehre, Mnchen 2001, a oggi la pi ampia trattazione estetologica
proposta da Bhme.
2
Mi fa piacere a questo proposito ricordare il lavoro di Giuseppe Gulizia, Aneste-
tica e nuova estetica. Percorsi nel dibattito contemporaneo tedesco, che ho avuto modo
di seguire nellambito delle attivit del Dottorato di ricerca in Estetica e teoria delle
arti dellUniversit di Palermo.
3
In questo senso cfr. soprattutto G. Bhme, Natrlich Natur, Frankfurt am Main
1992; Idem, Fr eine kologische Natursthetik, Frankfurt am Main [1993] 1999
3
; Idem,
Atmosphre, Frankfurt am Main 1995; e il pi recente, in certo modo riassuntivo, Idem,
Die Natur vor uns, Kusterdingen 2002. Si vedano in proposito i rilievi critici di P. DAn- Si vedano in proposito i rilievi critici di P. DAn-
gelo, Estetica della natura, Roma-Bari 2005.
4
Oltre che in buona parte dei lavori gi cit., e nella Aisthetik in primo luogo, il tema
ritorna ad es. nel recente G. Bhme, Architektur und Atmosphre, Mnchen 2006.
5
Idem, Atmosphre, cit., p. 10.
6
Secondo la denizione del 14 dellEstetica di Baumgarten; e cfr. in proposito le
osservazioni di G. Bhme, Aisthetik, cit., p. 15.
7
Per questo punto mi permetto di rinviare al mio Lestetica di Baumgarten, Palermo
2000.
8
Originariamente pubblicato in Annalen der Physik, 36, 275 (1939), il saggio
91
ora leggibile in C. Fr. von Weizscker, Die Einheit der Natur, Mnchen 1971, nuova
ed. 1982, pp. 172-82.
9
G. Bhme, ber die Zeitmodi, Gttingen 1966, p. 13.
10
Tutta la questione, oggetto del lavoro di Bhme, come si vede, gi dagli anni
Sessanta, ritorna in forma sistematica in Idem, Weltweisheit, Lebensform, Wissenschaft.
Eine Einfhrung in die Philosophie, Frankfurt am Main 1984, rielaborato col titolo Ein-
fhrung in die Philosophie dieci anni pi tardi.
11
In questo senso Idem, Quantizierung und Instrumententwiwicklung. Zur Bezie-
hung der Entwicklung wissenschaftlicher Begriffsbildung und Metechnik, in Technik-
geschichte, 43 (1976), pp. 307-13.
12
Idem, Die Verwissenschaftlichung der Erfahrung. Wissenschaftsdidaktische Konse-
quenzen, in G. Bhme e M. von Engelhardt (a cura), Entfremdete Wissenschaft, Frank-
furt am Main 1979, pp. 114-36, qui a p. 115.
13
Cit., di seguito si citer dalle pp. 115-16.
14
Idem, Ist Goethes Farbenlehre Wissenschaft?, in Studia Leibnitiana, 9, 1977,
pp. 27-54, ora ripreso in Idem, Alternativen der Wissenschaft, Frankfurt am Main 1980,
pp. 123-53, nel seguito si citer da questa edizione. Limportante saggio si inserisce in Limportante saggio si inserisce in
un dibattito decisivo per la riessione sulla scienza moderna. Mi limito qui a indicarne Mi limito qui a indicarne
alcune tappe essenziali: H. Helmholtz, ber Goethes naturwissenschaftliche Arbeiten,
in Idem, Vortrge und Reden, vol. I, Braunschweig 1896, pp. 23-47; G. Benn, Goethe
und die Naturwissenschaften, in Idem, Nach dem Nihilismus, Berlin 1932, pp. 25-85; W.
Heisenberg, Die Goethesche und die Newtonsche Farbenlehre im Lichte der modernen
Physik, in Geist der Zeit, 19, 5, 1941, pp. 261-75, con varie ristampe; V. von Weizs-
cker, Gestalt und Zeit, in Die Gestalt, 7, 1942, anchesso pi volte ripreso in volume;
C. Fr. von Weizscker, Goethes Farbentheologie - heute gesehen, Gttingen 1991; un
discorso a parte riguarderebbe la ripresa di tematiche goetheane nella fenomenologia
dimpostazione schmitziana, da H. Schmitz, Goethes Altersdenken im problemgeschichtli-
chen Zusammenhang, Bonn 1959, al recente G. Bhme, Goethes Faust als philosophischer
Text, Kusterdingen 2005.
15
Idem, Alternativen der Wissenschaft, cit., p. 21.
16
Idem, Ist Goethes Farbenlehre Wissenschaft?, cit., p. 134.
17
Ivi, p. 137.
18
Ivi, p. 140, riessione costruita da Bhme attorno a una citazione dalla Farben-
lehre.
19
questo un tema cardine della riessione metodologica di Viktor von Weizsc-
ker, zio di Carl Friedrich, ed altro autore di riferimento per Bhme; cfr. ad es. V. von V. von
Weizscker, Der Gestaltkreis (1940), in Idem, Gesammelte Schriften, vol. 4, Frankfurt
am Main 1997, pp. 270-75.
20
Rothacker guid Habermas per la dissertazione di dottorato, Das Absolute und
die Geschichte im Denken Schellings, del 1954. Di fatto, ad ogni modo, Bhme si limita, Di fatto, ad ogni modo, Bhme si limita,
nelle prime pagine del volume Alternativen der Wissenschaft, cit., pp. 20-21, introducen-
do le tematiche del saggio sulla Farbenlehre, che in quel volume viene ristampato, a fare
un rapido accenno ad Habermas e a Scheler, senza un esplicito richiamo a Rothacker.
21
Si veda in proposito soprattutto E. Rothacker, Zur Genealogie des menschlichen
Bewusstseins, Bonn 1966; mi permetto di rinviare ai miei S. T., Baeumler, Rothacker e
la storia delle idee, in S. T., Il metodo e la storia, Palermo 2006, pp. 35-74; S. T., Forma
e tempo nellantropologia losoca a cavallo della met del Novecento, in Fieri. Annali
del Dipartimento di Filosoa Storia e Critica dei Saperi, n. 4, 2006, pp. 419-37, e alla
bibliograa ivi citata.
22
Cfr. in proposito W. Perpeet, Erich Rothacker, Bonn 1968, pp. 68-75.
23
Cfr. E. Rothacker, Die dogmatische Denkform in den Geisteswissenschaften und
das Problem des Historismus, Mainz 1954
24
Cos riassuntivamente in E. Rothacker, Zur Genealogie des menschlichen Bewusst-
seins, cit., p. 357.
25
Ivi, p. 83.
92
26
Ibidem.
27
Tenderei a ripensare nel senso qui di necessit solo accennato le relazioni fra il
pensiero di Rothacker e Blumenberg.
28
Si vedano, in questa direzione, le conclusioni di G. Bhme, Ist Goethes Farben-
lehre Wissenschaft?, cit., p. 149.
29
Idem, Atmosphre, cit., p. 22.
30
Ivi, p. 182.
31
Idem, Alternativen der Wissenschaft, cit., pp. 20-21.
32
Ivi, p. 14.
33
J. von Uexkll e G. Kriszat, Streifzge durch die Umwelten von Tieren und Men-
schen, Berlin 1934, ripubblicato insieme con J. von Uexkll, Bedeutungslehre (1940),
nella serie Rowohlts deutsche Enzyklopdie, Hamburg 1956, cfr. p. 22: Merkwelt
und Wirkwelt bilden gemeinsam eine geschlossene Einheit, die Umwelt.
34
A. Gehlen, Luomo. La sua natura e il suo posto nel mondo La sua natura e il suo posto nel mondo, ed. it. Milano 1968,
p. 106.
35
G. Bhme, Aisthetik, cit., p. 23.
36
Si veda anche questo passo dellAisthetik (cit., p. 45), in cui sono raccolti molti
dei presupposti sinora qui analizzati per una scienza generale della percezione: Il para-
digma della percezione da cui muoviamo non del tipo secondo il quale un soggetto si
riferisce ad un oggetto. Levento percettivo fondamentale per la nostra ricerca giace al di
qua di ogni scissione fra soggetto e oggetto. Un soggetto e un oggetto della percezione
vengono guadagnati solo sulla via di una ulteriore differenziazione e distanziamento.
Levento percettivo fondamentale il sentore della presenza. Questo sentore della pre-
senza insieme e indivisibilmente il sentore di me stesso come soggetto della percezione
come anche il sentore della presenza di qualcosa.
37
Ivi, p. 23.
38
I riferimenti andrebbero qui alla teoria del Gestaltkreis di Viktor von Weizscker
e al circolo dellazione di Arnold Gehlen; entrambe le teorizzazioni impensabili senza
le articolazioni del concetto di ambiente in Uexkll.
39
Da ci la centralit, in tutto il pensiero di Bhme, del riferimento a Klages, al
concetto di Wirklichkeit des Bildes e anzitutto a L. Klages, Grundlegung der Wissen-
schaft vom Ausdruck, Bonn 1970
9
, nonch in generale al dibattito sulla siognomica,
dal Settecento allo stesso Klages. Un esito di questi problemi in G. Bhme, Theorie
des Bildes, Mnchen 1999.
40
G. Bhme, Anthropologie in pragmatischer Hinsicht, Frankfurt am Main 1985.
41
Cfr. Idem, Atmosphre, cit., p. 180: Se noi, nel quadro della nuova estetica,
vogliamo ripetere il progetto baumgarteniano, occorre anzitutto chiedersi se la teoria
estetica della natura pu conoscere nella natura qualcosa di fondamentalmente diverso
dalla scienza naturale o la natura come qualcosa di fondamentalmente diverso [].
Come dato della scienza naturale non vale la sensazione, ma ci che si mostra allap-
parato tecnico. Anche ci viene ovviamente in ultima analisi percepito sensibilmente
dalluomo, ma non nella forma di qualit sensibili, ma in quella di simboli, generalmente
di numeri. Ne deriva la tesi: la natura come partner della sensibilit umana non tema
delle scienze naturali.
42
Ivi, p. 42.
43
Idem, Aisthetik, cit., p. 11.
44
Ivi, p. 19. A concetto e metodo della losoa dedicato il primo capitolo di H.
Schmitz, Die Gegenwart, Bonn 1964, nuova ed. 1998
3
, primo vol. dellampio System
der Philosophie (1964-1980). Si vedano in particolare pp. 62-69. Si cfr. anche Idem, Si cfr. anche Idem,
Der unerschpiche Gegenstand. Grundzge der Philosophie Grundzge der Philosophie, Bonn 1990, che offre una
panoramica pi veloce sullintero impianto.
45
A partire da questa considerazione si comprende anche il capovolgimento del
concetto di atmosfera operato da Bhme rispetto alle concezioni di Schmitz, e casomai
la ripresa di movenze proprie dellestetica dellespressione di Klages o del numinoso
ambientale di Rothacker: a Bhme non interessa pensare le atmosfere come freischwe-
93
bend, ma tutto al contrario teorizzare le condizioni in cui si istituiscono un polo sogget-
tivo e uno oggettivo nella relazione ambientale: le atmosfere non sono stati del soggetto
n qualit delloggetto. Tuttavia esse vengono sperimentate solo nella percezione attuale
di un soggetto e sono costituite nel loro esser-qualcosa, nel loro carattere, attraverso
la <partecipazione della> soggettivit del percipiente. E pur non essendo qualit degli
oggetti, vengono evidentemente prodotte attraverso le qualit degli oggetti nella loro
interrelazione. Il che vuol dire che le atmosfere sono qualcosa fra soggetto e oggetto.
Non sono qualcosa di relazionale, ma la relazione stessa (G. Bhme, Aisthetik, cit., p.
54). Per la critica di Bhme a Schmitz cfr. G. Bhme, Atmosphre, cit., pp. 28-34.
46
Il passo dalle Betrachtungen ber den ersten Grundsatz aller schnen Knste und
Wissenschaften (Halle 1757) di G. Fr. Meier riportato da Bhme nellAisthetik, cit.,
p. 16.
47
G. Bhme, Aisthetik, cit., p. 16.
48
Se ne ha una disamina ivi, pp. 87-91.
49
Per questo elenco cfr. Idem, Atmosphre, cit., p. 35.
50
Cfr. Idem, Aisthetik, cit., pp. 101-04.
51
Ivi, p. 16.
52
Rinvio nuovamente allanalisi che ho cercato di fornirne nel mio cit. Lestetica di
Baumgarten, specie pp. 82-89.
53
Cfr. G. Bhme, Aisthetik, cit., p. 53.
54
Ivi, pp. 173-88.

1 Croce e lestetica, di R. Assunto, P. DAngelo, V. Stella, M. Boncompagni, F. Fanizza
2 Conversazione con Rudolf Arnheim, di L. Pizzo Russo
3 In margine alla nascita dellestetica di Freud, di L. Russo
4 Lo specchio dei sistemi: Batteux e Condillac, di Ivo Torrigiani
5 Orwel 1984: il testo, di F. Marenco, R. Runcini, V. Fortunati, C. Pagetti, G. Sertoli
6 Walter Benjamin: Bibliograa critica generale (1913-1983), di M. Brodersen
7 Carl Gustav Jochmann: I regressi della poesia, di P. DAngelo
8 La Luce nelle sue manifestazioni artistiche, di H. Sedlmayr
9 Anima e immagine: Sul poetico in Ludwig Klages, di G. Moretti
10 La disarmonia prestabilita, di R. Bodei, V. Stella, G. Panella, S. Givone, R. Genovese, G. Almansi,
G. Dores.
11 Interpretazione e valutazione in estetica, di Ch. L. Stevenson
12 Memoria e oltraggio: Contributo allestetica della transitivit, di G. Lombardo
13 Aesthetica bina: Baumgarten e Burke, di R. Assunto, F. Piselli, E. Migliorini, F. Fanizza, G. Sertoli,
V. Fortunati, R. Barilli.
14 Nicol Gallo: Un contributo siciliano allestetica, di I. Filippi
15 Il processo motorio in poesia, di J. Mukarovsky
16 Il sistema delle arti: Batteux e Diderot, di M. Modica
17 Friedrich Ast: Estetica ed ermeneutica, di M. Ravera, F. Vercellone, T. Griffero
18 Baltasar Gracin: Dal Barocco al Postmoderno, di M. Batllori, E. Hidalgo Serna, A. Egido, M. Blanco,
B. Pelegrn, R. Bodei, R. Runcini, M. Perniola, G. Morpurgo-Tagliabue, F. Fanizza.
19 Una Storia per lEstetica, di L. Russo
20 Saverio Bettinelli: Un contributo allestetica dellesperienza, di M. T. Marcialis
21 Lo spettatore dilettante, di M. Geiger
22 Sul concetto dellArte, di Fr. Schleiermacher
23 Paul Valry e lestetica della poiesis, di A. Trione, M. T. Giaveri, G. Panella, G. Lombardo
24 Paul Gauguin: Il Contemporaneo ed il Primitivo, di R. Dottori
25 Antico e Moderno: LEstetica e la sua Storia, di F. Fanizza, S. Givone, E. Mattioli, E. Garroni, J.
Koller
26 I princip fondamentali delle Belle Arti, di M. Mendelsshon
27 Valori e conoscenza in Francis Hutcheson, di V. Bucelli
28 Luomo estetico, di E. Spranger
29 Il Tragico: Materiali per una bibliograa, di M. Cometa
30 Pensare lArte, di E. Garroni, E. Grassi, A. Trione, R. Barilli, G. Dores, G. Fr. Meier
31 Lordine dellArchitettura, di C. Perrault
32 Che cos la psicologia dellarte, di L. Pizzo Russo
33 Ricercari Nowau. Una forma di oralit poetica in Melanesia, di G. M. G. Scoditti
34 Pensieri sparsi sulla pittura, la scultura e la poesia, di D. Diderot,
35 Laocoonte 2000, di L. Russo, B. Andreae, G. S. Santangelo, M. Cometa, V. Fagone, G. Marrone,
P. DAngelo, J. W. Goethe
36 La decostruzione e Derrida, di A. Van Sevenant
37 Contributi alla teoria della traduzione letteraria, di E. Mattioli
38 Sublime antico e moderno. Una bibliograa, di G. Lombardo e F. Finocchiaro
39 Klossowski e la comunicazione artistica, di A. Marroni
40 Paul Czanne: Lopera darte come assoluto, di R. Dottori
41 Strategie macro-retoriche: la formattazione dellevento comunicazionale, di L. Rossetti
42 Il manoscritto sulle proporzioni di Franois Bernin de Saint-Hilarion, di M. L. Scalvini e S. Villari
43 Lettura del Flauto Magico, di S. Lo Bue
44 A Rosario Assunto: in memoriam, di L. Russo, F. Fanizza, M. Bettetini, M. Cometa, M. Ferrante,
P. DAngelo
45 Paleoestetica della ricezione. Saggio sulla poesia aedica, di G. Lombardo
Aesthetica Preprint
46 Alla vigilia dellsthetica. Ingegno e immaginazione nella poetica critica dellIlluminismo tedesco,
di S. Tedesco
47 Estetica dellOrnamento, di M. Carboni
48 Un losofo europeo: Ernesto Grassi, di L. Russo, M. Marassi, D. Di Cesare, C. Gentili, L. Amoroso,
G. Modica, E. Mattioli
49 Scritti di estetica, di L. Popper
50 La Distanza Psichica come fattore artistico e principio estetico, di E. Bullough
51 I Dialoghi sulle Arti di Cesare Brandi, di L. Russo, P. DAngelo, E. Garroni
52 Nicea e la civilt dellimmagine, di L. Russo, G. Carchia, D. Di Cesare, G. Pucci, M. Andaloro, L.
Pizzo Russo, G. Di Giacomo, R. Salizzoni, M. G. Messina, J. M. Mondzain
53 Due saggi di estetica, di V. Basch
54 Baumgarten e gli orizzonti dellestetica, di L. Russo, L. Amoroso, P. Pimpinella, M. Ferraris, E.
Franzini, E. Garroni, S. Tedesco, A. G. Baumgarten
55 Icona e arte astratta, di G. Di Giacomo
56 Il visibile e lirreale. Loggetto estetico nel pensiero di Nicolai Hartmann, di D. Angelucci
57 Pensieri sul sentire e sul conoscere, di Fr. Ch. Oetinger
58 Ripensare lEstetica: Un progetto nazionale di ricerca, di L. Russo, R. Salizzoni, M. Ferraris, M.
Carbone, E. Mattioli, L. Amoroso, P. Bagni, G. Carchia, P. Montani, M. B. Ponti, P. DAngelo,
L. Pizzo Russo
59 Ermanno Migliorini e la rosa di Kant, di L. Russo, G. Sertoli, F. Bollino, P. Montani, E. Franzini,
E. Crispolti, G. Di Liberti, E. Migliorini
60 Lestetica musicale dellIlluminismo tedesco, di L. Lattanzi
61 Il sensibile e il razionale. Schiller e la mediazione estetica, di A. Ardovino
62 Dilthey e lesperienza della poesia, di F. Bianco, G. Matteucci, E. Matassi
63 Poetica Mundi. Estetica ed ontologia delle forme in Paul Claudel, di F. Fimiani
64 Orfeo Boselli e la nobilt della scultura, di E. Di Stefano
65 Il teatro, la festa e la rivoluzione. Su Rousseau e gli enciclopedisti, di E. Franzini
66 Cinque lezioni. Da linguaggio allimmagine, di P. Ricoeur
67 Guido Morpurgo-Tagliabue e lestetica del Settecento, a cura di L. Russo
68 Le sirene del Barocco, di S. Tedesco
69 Arte e critica nellestetica di Kierkegaard, di S. Davini
70 Lestetica simbolica di Susanne Katherina Langer, di L. Demartis
71 La percezione della forma. Trascendenza e nitezza in Hans Urs von Balthasar, di B. Antomarini
72 Dellorigine dellopera darte e altri scritti, di M. Heidegger
73 Percezione e rappresentazione. Alcune ipotesi fra Gombrich e Arnheim, di T. Andina
74 Ingannare la morte. Anne-Louis Girodet e lillusione dellarte, di C. Savettieri
75 La zona del sacro. Lestetica cinematograca di Andrej Tarkovskij, di A. Scarlato
76 La nascita dellestetica in Sicilia, di F. P. Campione
77 Estetica e critica darte in Konrad Fiedler, di M. R. De Rosa
78 Per unestetica del cibo, di N. Perullo
79 Bello e Idea nellestetica del Seicento, di E. Di Stefano
80 Dire lesperienza estetica, a cura di R. Messori
Aesthetica Preprint

Periodico quadrimestrale del Centro Internazionale Studi di Estetica


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Registrato presso il Tribunale di Palermo il 27 gennaio 1984, n. 3
Iscritto al Registro degli Operatori di Comunicazione il 29 agosto 2001, n. 6868
Associato allUnione Stampa Periodica Italiana
ISSN 0393-8522
Direttore responsabile Luigi Russo
Centro Internazionale Studi di Estetica, Viale delle Scienze, I-90128 Palermo
Telling the Aesthetic Experience
For over a decade now, a veritable shift in the eld of aesthetics
has taken place: the aesthetic-philosophical identication of art
has been questioned, while the aesthetic experience has been
proposed as the central preoccupation of the discipline. Conse-
quently, research (both theoretic and historiographic) has focused
more on the meaning and role that sensitivity and affectivity (in
their manifold and changing forms) acquire in a general perspec-
tive regarding the formation of the senses.
This shift, together with other factors that have had a remarkable
impact on the eld of aesthetics (e. g., the decreased boost of
hermeneutics, as well as the so-called re-evaluation of rhetoric,
both argumentative and gurative) has been accompanied
by a diminished interest in those issues related to language that
had represented one of the complex questions central to 20th-
century philosophical debates. This has caused a rethinking of
the meaning of language in aesthetics that starts from the very
relationship between language and the aesthetic experience: how
can the aesthetic experience be told? How can one testify to what
has been experienced? Finally: what is the relationship between
experiencing reality and the articulation of meaning?
Such themes represented the central focus of the conference
Telling the Aesthetic Experience: New Perspectives between
Aesthetic and Rhetoric, which took place in Parma in Novem-
ber 2006. The present volume, edited by Rita Messori (r.messori@
email.it), collects the conference proceedings.

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