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MACHIAVELLI NELLA STORIOGRAFIA EK NEL PENSIERO POLITICO DEL XX SECOLO Atti del convegno di Milano, 16 ¢ 17 maggio 2003 acura di Luigi Marco Bassani e Corrado Vivanti Giuffré Editore Storia delle Dottrine Politiche Questa Collana pubblica i risultati di ricerche, singole o collettive, svolte nell'ambito della Sezione “Storia delle Dottrine Politiche” del Dipartimento Giuridico-Politico dell’'Universita degli Studi di Milano, Questo volume raceoglie gli Atti di un convegno che ha avuto luogo presso ’'Uni- versita degli Studi di Milano il 16 © 17 maggio del 2003. Si tratta di un percorso volto a ricostruire le principali suggestioni machiavelliane del Noyecento sia nella critica storica, sia nel pensiero politico. La riechezza di sollecitazioni intel- lettuali che scaturiscono dallopera di Machiavelli e la poliedrieita dei diversi aspetti della critica machiavelliana sono lo spunto per fornire anche un vasto panorama della cultura politica e storiea del secolo passato, Molti pensatori politiel del nostro tempo, infatti, hanno trovato stimoli e spunti nelle opere del Segretario fiorontino, offtendo spesso, nel misurarsi con i stoi seritti, una chiave di lettura per le loro stesse idee e arrivando a gettare una luce particolare sulla vita intellettuale dei loro anni, Indice del volume: Luigi Marco Bassani e Corrado Vivanti, Introduzione. Vittorio Italia, Loceasione del convegno, Gaetano Calabrd, Machiavelli negli anni Trenta,,Rehi di un dibattito, Robertino Ghiringhelli, Mosca, Pareto e Machiavelli. Stefano B. Galli, Giuseppe Prezzolini: un “autobiografico” interprete di Machiavelli. Laura Mitatotondo, 11 Principe fra il Preludio di Mussolini e le letture del “Ventennio”. Marcello Montanari, Croce e Gentile interpreti di Machiavelli. Due concezioni della politica a confronto. Paolo Bagnoli, Gobetti e Machiavelli. Franco Livorsi, Gramsci e Machiavelli, Franco Barcia, Anna Maria Battista e Machiavelli, Enzo Baldini, Il Machiavelli di Luigi Firpo. Merio Scattola, Meineche, Machiavelli ¢ la ragion di Stato. Corrado Malandrino, Michels Machiavellian o interprete di Machiavelli? Carlo Galli, Schmitt e Machiavelli. Antonietta Nalchi Pellegrini, Horkheimer e Machiavelli. Paolo Carta, Politica ¢ morale nel Machiavelli di Josef Macek. Silvio Suppa, Riflessioni sul Machiavelli di Leo Strauss, Isaiah Berlin e Raymond Aron, Luigi Marco Bassani, Biirgerhumanismus ¢ repub- blicanesimo: il Machiavelli di Hans Baron e John Pocock, Gianfranco Borrelli, Repubblicanesimo e teoria dei conflitti in Machiavelli. Note su un dibattito in corso, Mario Tesini, Discepolo di Machiavelli? Charles de Gaulle tra Maritain ¢ Aron. Mario Proto, Althusser e Machiavelli. ISBN 88-14-13141-4 € 40,00 | | 9 "788814913141 LUIGI MARCO BASSANI BURGERHUMANISMUS E, REPUBBLICANESIMO: IL, MACHIAVELLI DI HANS BARON E JOHN POCOCK Circa sessant’anni or sono Luigi Russo, nel tracciare uno schematico profilo critico, con buona dose di ingenerosita, affer- maya: « Abbiamo trascurato il contributo di tanti scrittori stranieri agli studi machiavellici, poiché (...) non ci pare che gli stranieri siano orientati in maniera originale nelVinterpretazione del pensie- 10 del Machiavelli » (1). Se mai le cose erano state effettivamente ‘come Russo le descriveva, i tempi stavano comungue per cambiare: i due autori di cui sinteticamente tratto hanno invero fornito contri buti assai influenti all’inesauribile dibattito sul Segretario fiorentino, Hans Baron deve essere considerato un vero e proprio pionie- re, se non proprio il “padre nobile”, della corrente storiografica nota come “repubblicanesimo”, che si sviluppera nel mondo anglo- sassone fra la fine degli anni Cinquanta ¢ i primi anni Ottanta del Novecento. L'interpretazione di Machiavelli come “repubblicano classico” deve molto sia ai (pochi) lavori baroniani sullautore del Principe, sia alla sua interpretazione generale del Rinascimento. Nato a Berlino da genitori ebrei nel 1900, Baron studid sotto la guida di un’impressionante schiera di docenti: da Werner Jaeger a Ext Troeltsch, da Friedrich Meinecke a Walter Goetz, solo. per citare i pidt noti. Non a caso, il suo lavoro pid importante & dedica- to proprio a quest’ultimo, che egli riteneva il suo pid vero maestro e amico, Nel 1937 lascid la Germania e dopo un periodo in Inghil- terra approdo in America, dove dal 1939 al 1942 insegnd al Que- ens College di New York. Successivamente fu membro dell’ dnstitu- te for Advanced Study di Princeton (1944-1948) e nel 1949 otten- ne la sua posizione pressoché definitiva di ricercatore e bibliografo (1) Russo, Machiavelli (1945), Bas, Lateraa, 1966, pp. 262-263, Subito dapres- £0, a onot del vero el rconosceva aleno la genial del contsbuto di Meinecke,dimen- ticando pord di menaionare Renaudet (ed estendo stato quoi un ialinists,Passenza & ddavvero sorprendente, eft. A. RENAUDET, Machival: étude stake dos docines pol ‘ques, arg, Galimard, 1942, 218 MACHIAVELLI NEL NOVECTRTO alla biblioteca Newberry di Chicago. In pensione dal 1970, Baron si trasferi a Cambridge e in seguito alla University of Illinois, di Champaign-Urbana, dove visse fino alla morte ayvenuta nel 1988, In sostanza, dato che in Germania perse poco pit che trentenne la possibilita di insegnare a causa dell’origine ebraica e che in Ameri- ca non insegnd se non sporadicamente, Baron non ebbe mai una posizione accademica permanente. Nel Nuovo Mondo egli si conquistd comunque un ruolo di grandissimo prestigio, anche se Riccardo Fubini, in un brillante articolo che ricostruisce gli influssi intellettuali di Baron, afferma che questi, all’interno del vasto gruppo di umanisti tedeschi fuoriu- sciti, fu fra coloro che meno si integrd in America rimanendo sem- pre ancorato al mondo spirituale, prima guglielmino e poi di Wei- mar, nel quale visse i suoi anni formativi (2). Hans Baron era assolutamente convinto che esistesse anche nel nostro campo, quello della storia intellettuale, una verita assoluta da raggiungere, 0 comunque verso la quale tendere. « Egli & stato probabilmente uno degli ultimi grandi studiosi di storia convinto che nelle questioni interpretative si potesse raggiungere la verita assoluta » (3). In buona misura, quindi, il modo nel quale egli pose le questioni scientifiche, cosi apodittico e privo di dubbi, non gli dovrebbe aver giovato. E tuttavia, i suoi studi si sono imposti come alcuni tra i pid discussi lavori sul Rinascimento del Novecento, a ispetto di uno stile provocatorio e battagliero, ben poco in sintonia ccon le “incertezze” e la prudenza degli accademici di professione. Il Machiavelli di Baron é fortemente collocato all'interno di quel contesto di umanesimo civico (Biirgerhumanismus) ~ termine Coniato da lui stesso, vero colpo di genio assestato all’eta di appena venticinque anni - come sviluppo e approdo del Rinascimento ita- liano, che rappresenta la chiave di lettura dell'intero periodo, Tutta Ja sua opera & volta alla ricerca del ruolo svolto dall’umanesimo € dal Rinascimento fiorentino nella rivitalizzazione e trasmissione del pensiero repubblicano antico (classico). Hans Baron rintraccia una corrente che da Leonardo Bruni va fino a Niccolé Machiavelli — passando anche per Francesco Guicciardini, Gasparo Contarini e (2) Chr. R, Puan, Renssance Historian: The Career of Hane Baron «The Jour of ‘Modern History», LXIV, 3 (1992), pp. 541374 (fu in: 1D, Ltumanesino alan ej suet ‘stril. Origint rinascinenal ete modems, Maso, Angeli 2001, pp. 277-36). In italiano ss Baron et. R. PuCCeHOU, "Unanesimo chile” ¢interpretacione “eve” dell umanesio, « Stud toi», XI, 1 1972), pp. $38 e G. Caen, 1 Rnascinentotallano nels nterpre- ‘uzlon Hans Bare, « Nuova Rvisa Stari », XXXIX, 5 (1955, pp. 492508 (3) W. GUNDERSHEINER, Hans Baron's Renaissance Humanism: A Comment, « The ‘Ametican Histoicl Revow », I, 1 (1996), p 142 BARON, POCOCK EMACHAVELLE 219 una serie di figure minori — il cui compito principale fu quello di propagare nel mondo moderno (naturalmente riforgiandoli) gli i- deali repubblicani classic, La tesi di Baron & che lo sviluppo e il recupero della tradizione classica sia stato un effetto collaterale della grande lotta diplomati- cae militare condotta da Firenze contro Milano ¢ conclusa nel 1402. Pu allora che un cospicuo gruppo di umanisti, capitanati da Leonardo Bruni, diventd autenticamente repubblicano. Tl grande progetto storico di Baron @ stato allora quello di mostrare come il ‘mondo curopeo rinascimentale sia riuscito a riscoprire gli ideali del repubblicanesimo antico (di Aristotele e Cicerone in primo Iuogo) ea renderli moneta politica corrente (4). In questo senso, i due studiosi di cui tratto sono chiaramente associati. La prospettiva del *repubblicanesimo” e del “vivere ci Je” & quella entro la quale entrambi si muovono: ma mentre Baron fa del Rinascimento italiano il punto di arrivo di questa tradizione, John Pocock ritiene invece di dover collocare Machiavelli allo sta- dio iniziale di un ben pid vasto processo. Secondo lo studioso neo- zelandese, da Firenze ~ e da Machiavelli in particolare si sarebbe irradiato nel mondo inglese e poi americano dei secoli successivi quell'umanesimo civico 0 repubblicanesimo che sara assai pitt im- portante del liberalismo lockiano nella costruzione degli ordina- menti_politici d’Inghilterra e d’America. L’assunto fondamentale della “scuola repubblicana” della quale Pocock pud essere consi- derato il principale esponente ~ @ che le idee di Aristotele, Livio € Tacito, ammodernate da Machiavelli prima e da James Harrington poi, abbiano avuto nel mondo delle idee politiche anglo-americane un’influenza decisamente maggiore rispetto al pensiero di John Lo- cke. Il repubblicanesimo avrebbe dominato l'universo politico fio- rentino del Cinquecento, raggiungendo l'Inghilterra nel Seicento America nel periodo rivoluzionario e della repubblica delle origini.. Per Baron, che non si occupa affatto di creare controaltari pol tico-dottrinari a Locke (compito che & invece il vero progetto di ricerca di Pocock), la lotta fra repubblicanesimo e tirannia, incar- nata da Firenze contro Milano allinizio del Quattrocento, ricorda immediatamente quelle dell'Inghilterra prima e delle democrazie (4) La “tei di Baron” & stata ampiamente discussa dag espert del store, Per una panorama ct. J. HANKINS, The ‘ron Their’ after Forty Years and some Recant Studios 'f Leonardo Brun, « Joural ofthe History of eas», LVI, 2 (1995), pp. 509-338 e AJ. Raat, fe, The Simifcanoe of ‘ive Humanian’ in the Interpretation ofthe ltt Renais: ance, int Rensissonce Cire Humanism: Foundations, Forms, aed Legacy, a cura i AJ. An, J, Filseli, University of Pennsylvania Pres, 1988, vo. I, pp. 141-174 280 MACIMAVELLINEL NOVECENTO poi contro Napoleone, Hitler e Stalin. Il parallelismo stabilito fra le democrazie ¢ le repubbliche rinascimentali, Firenze in particolare, che si difendevano dagli attacchi dei despoti, pud apparire del tutto antistorico (5). In realta, seppure Baron fosse « essenzialmente a- politico, secondo la tradizione accademica tedesca » (6), la sua vi sione del mondo era fortemente collegata agli anni di Weimar, una repubblica che egli sovente idealizzava e nella quale aveva riposte tutte le sue speranze. Tuttavia, la cosa si spiega bene non solo alla luce delle esperienze personali di Baron, ma anche in un quadro storico culturale pitt ampio. Lo spostamento del centro mondiale degli studi sul Rinasci mento italiano, dalla Germania all’America, avvenne infatti sull’onda di una serie di migrazioni del periodo nazista: Paul Oskar Kristeller, Felix Gilbert e Hans Baron, in particolare, Questi ultimi due studiosi, seppur con differenze metodologiche e contenutistiche assai rilevanti, con i loro lavori « crearono un meraviglioso paralle- lismo fra (...) i travagii delle democrazie occidentali durante la Se- conda Guerra mondiale e la guerra fredda e le repubbliche rinasci- ‘mentali che si difendevano contro I’assalto dei tiranni esterni » (7). Se questo voler guardare la storia con Vocchio rivolto agli av- venimenti contemporanei appare forse uno dei limiti dell’opera ba- roniana (tanto che egli parla di “valori democratici” e “politica de- mocratica”, nel primo Rinascimento e in riferimento a Leonardo Bruni, che aveva in mente un governo puramente oligarchico) va tuttavia ricordato che Baron raggiunse una notoriet’ enorme non solo grazie ai suoi grandi meriti di studioso, ma anche in virtd del periodo storico nel quale i suoi lavori vennero pubblicati. Gli anni Cinquanta del Novecento furono infatti quelli del definitivo decollo americano degli studi sul Rinascimento italiano, grazie alle migra- (6) Mi sifeico in prtclare ad un noto paso: « Non s pd rpercorrere Ia storia dt questo stato eplosive della genei del sistema satus del Rintscimento Ui primi del Qua trocento} senza esere capi dalla sua somiglanen con gli eventt dela stra succesiva ) Napoleone Filer (..) resi fidusoa dale foro vitor su tute le ptenze tranne una itendevano it momento propio per Il loro ultimo bazo », H. BARON, Tho Chi of the ‘Barly Hall Renaisance: Civic Humanism aed Republian Liberty in an Age of Classicism and Tyranny (1955), Princeton, Princeton University Pres, 1966, ed, tv, p. 40 (tt. it La nist del primo Rinascmento talinos umanesin civil liberi repubblicana fn net di clssiciamo e of tannid, Firenze, Sanson 1870). Se immaginare Frenze nel pan delle potenae angosassni pub i fir soridere, che Giangaetzzo sia asimilet, per mezzo di ‘questo parallelism che Raton ei asiura esere del tutto naturale,» Napoleone o Hiller rislta invece qual grottesc, (6) R. FUNIN, Renaissance Historian, i p. 544 (7)B. Mula, The Halon Renissance in Amerie, « American Historical Review »,C, 4 (1995), . 1108. Banton, Pocock & MACHAVELL 281 zioni appena ricordate, ma anche, e soprattutto, per il peculiare ruolo che gli Stati Uniti avevano assunto nel sistema mondiale Nella grande piéce della civilta occidentale, il Rinascimento italia- no formava la scena prima del turbolento atto terzo, “il Mondo Moderno”, che raggiungeva il suo culmine e il momento finale con ali Stati Uniti come la potenza dominante nel mondo (8), lavori di Baron ebbero anche la ventura di rivalutare le con- troverse (¢ per molti aspettiall’epoca declinanti) tesi di Burckhardt sul Rinascimento italiano (9). Per quanto da differenti prospettive, entrambi gli autori ponevano infatti la culla del pensiero politico ‘moderno nell'Italia (o meglio nella Firenze) del Quattrocento, In ogni caso, fin da subito nel caso di Pocock e solo in secon- da battuta per Baron, la figura cardine della tradizione repubblica- na diventava quella di Niccolé Machiavelli. Il pensatore fiorentino dei “repubblicani” ha ben poco @ che spartire con quell’annun- Ciatore della “modemita politica” e del trionfo dello Stato che buo- na parte della storiografia ci tramanda, Piuttosto, Pautore del Prin- ccipe® inteso come la figura di passaggio che ci permette di cogliere Ja sopravvivenza in pieno Rinascimento del pensiero repubblicano classico. La grandezza di Machiavelli non risiederebbe allora nelPaver descritto cid che il principato stava compiendo e che a- yrebbe mutato per sempre la natura della comunita politica, ma piuttosto nell’essere stato Valfiere dell'umanesimo civico, vale a dire dell'idea che sia possibile la cteazione, per usare le parole di Baron, « di un tessuto civile e istituzionale che consenta alle ener- gie civiche e ad uno spirito di obbedienza politica e di sactificio di ilupparsi in tutte le classi della societa » (10). Per Baron Ia figura di Machiavelli deve essere collocata in un quadro assai pid! ampio, all interno di quel mondo dell'umanesimo civico che « prima del trionfo dell'assolutismo (...) [era] al lavoro lungo tutto il tardo Ri- nascimento italiano per sviluppare (...) alcune idee di liberta che avevano ampiamente permeato la vita nell’Italia del Rinascimento fino alla fine del Quattrocento » (11). (8) vi. p. 1086. (9) Cl H. BARON, The Limits of the Noion of ‘Renaissance Individuals’: Burck- ‘ard afer 9 Centar, it 10, In Search of Rorentine Civic Humanisn, Princeton, Princeton University Press, 1988, vol. TI, pp. 155-181 (versione signiiativemente modifiata dt ‘Burckhard’s Ciiliation of the Renaissance a Century after is Pabletion,« Renaiseance [Nowe », XI, 3 (1960), pp. 207-222). Qual tu | sag dla eacclta in due volumt del 1988 son sai itocet dal utre. (U0) H. BARON, fa Search af Mlarenine Civic Humanism, cit, vl. Hp. 146. (11) H. BARON, Machiael, Milano, Anabos, 1994, p. 6 (3 watta della traduzione ana, i P. Zenacl dei sgl su Machiovli e peciamente: Machivelt The Republican 282 MACIAVBLLI NEL NOVECENTO Il Machiavelli di Baron e Pocock diventa quindi il pensatore di riferimento del repubblicanesimo. Questa “nuova tradizione” (nuova almeno nella sua scoperta e diffusione storiografica) (12), ritiene che Fautore del Principe rivesta un ruolo centrale nel pla- smare e propagare gli ideali di virtd ¢ di perseguimento del bene ‘comune, Occorre subito notare che questa corrente si trova quindi in rotta di collisione con tutte quelle interpretazioni che in vario modo ritengono Pautore del Principe non collocabile nello spettro politico “militante”, ma solo all'interno del realismo politico. Non é difficile cogliere in quest’ansia di tutta la scuola di vol rendere Machiavelli repubblicano, prima di tutto un’esigenza “normalizzazione” del Segretario fiorentino. Per gli uomini di oggi tun pensatore & anche e soprattutto un ispiratore, e un grande pen- satore altro non pud essere che il fondatore di una grande tradizi ne politica, Cosi non ci si pud accontentare di un Machiavelli rea sta, scienziato, inventore di una costellazione di paradigm inter- pretativi della politica, Egli non pud mostrarsi solo come il vate dei professori o degli analisti imparziali, deve necessariamente rappre- sentare quaicosa di piv. Eppure, a dispetto dei tentativi (vecchi e nuovi) di scuola re- pubblicana, da quasi cingue secoli quel qualcosa rimane evant scente, In realta, I"ismo” associato alla sua persona dice tutto ¢ contrario di tutto, ma proprio nulla in relazione ai “valori ultimi” della politica, Anzi, forse proprio la negazione che la politica debba essere correlata a valori ultimi, in particolare che le forme istitu- zionali possano diventare valori in sé, potrebbe essere uno dei si- gnificati permanenti connessi al sempre sfuggente termine “ma- chiavellismo”. Per quanto riguarda la sua collocazione nell’ambito della storia delle soluzioni date dagli uomini al problema dell’ordine politico rnon potra mai esservi accordo fra gli studiosi. Chi inquadrasse an- cora Machiavelli all'interno di una corrente poi proseguita da Bo- din e Hobbes, indicherebbe certo un universo tematico in parte comune fra i tre pensatori (in riferimento al termine-concetto Sta- (Gite and the Author af The Prince’, « English Historical Review », LXXVI (1961), pp. 217-253, parilmente modifiato in Ja Search of Foretine Cc Humanism, ct, voll pp. 101-151, © The Prince and the Puzele ofthe Dat of Ohapter XVI, « ours of Med ‘val and Renaissance Studies», XX (1991), pp. 85-108; quest ultimo sagio 8 testo di una confernza del 1968) (12) Per ana erica generale del epubblicanesimo eft lM. BASSAN, 1! epubieane- sino: una “nuova tradlzione” Ira stoiogatiae deol, «1 Plico», LXV, § (2008), 1p. 435466 ela leueratur cat, BARON, Pocock # MACHIAVELLI 285 to), ma presterebbe il fianco a severe critiche se volesse spingere gli accostamenti pid oltre. II fatto @, 0 almeno cosi mi pare, che la risposta al problema dell’ordine politico, nella sua natura precisamente di dilemma al quale fornire una soluzione, non si trova in Machiavelli. Egli espo- ne i termini del problema, in vari modi ¢ all’interno di diversi con- testi istituzionali, pid che fornire soluzioni. Chi si accosta all’opera del Segretario fiorentino con l'intento di scoprire le sue pid intime preferenze, anche solo in termini di regime politico - operazione che a qualcuno pud ormai apparire ingenua, ma che come si vede riaffiora nel corso del tempo — lo scopre una sfinge capace di parla- re solo per mezzo delle simpatie politiche di chi lo interroga. Ma proprio contro questi assunti e questa visione, certo assai tradizio- nali, Baron Pocock hanno concepito i loro lavori Baron: Machiavelli, un repubblicano a tutto tondo Nell’opera pid nota di Baron, La crisi del primo Rinascimento italiano, del 1955 (13), Machiavelli compare appena e rimane asso- lutamente non approfondito ¢ sullo sfondo, giacché il volume & in- centrato sul primo Quattrocento. In Crisis, i protagonisti del re- pubblicanesimo e dello spirito proto-rinascimentale sono figure del ‘Tre-Quattrocento, da Petrarca a Leonardo Bruni, mentre il Segre- tario fiorentino & visto pid che altro come un pensatore in gran de- bito nei confronti di Bruni dal punto di vista dottrinario: un epigo- no in tempi difficili. In quel volume si trovano, assai schematica- mente, i due Machiavelli difficilmente compatibili della tradizione critica: il dislluso ¢ realista cantore delle virtti principesche e il di- fensore delle liberta repubblicane ¢ dell'umanesimo civico (14). ‘Negli anni Sessanta questa visione doveva lasciare il posto ad un Machiavelli repubblicano a tutto tondo, Nel ricevere in Italia il premio Galilei, Baron affermd: La graduale ricostruzione del mondo dell'unanesimo civico del primo Quat- ‘rocento mia reso certo del fatto che Pammbiente Fiorentino fu capace di produrre ‘un Machiaveli assai pid genuinamente “repubblicano” di quanto la sua immagine fradizionale non last credere. Fu questa seoperta che mi spinse a lavorare, dopo Ja pubblicazione di Crisis, al problema della (..) cronologia degli scritti di Ma- cbiavell (15) (13) Cle. H. BARON, The Chis of ho Bary Hall Renaisance, ci. (14) Ch, JM, NAY, Beron’s Machinell and Rensisance Republicaniam, «The ‘Amorican Historia! Review », CI, 1 (1996), pp. 119-128 (15) HL BARON, [a Seach of Horentie Civic Humanism, ct, vl, p. 192. 284 MACHIAVELLI NL NOVECENTO Il primo saggio importante (16) che Hans Baron dedica allautore del Principe & del 1956, quello in qualche modo definiti vo @ di cingue anni posteriore, mentre una lezione del 1968, pub- blicata postuma, completa il quadro (17), piuttosto scarno’come numero di pagine, ma senza dubbio denso e di grande interesse. La tesi generalmente accolta (¢ ancora oggi pit diffusa) era che Machiavelli avesse scritto i primi diciotto capitoli dei Discorsi, suc- cessivamente, in preda ad una forte cris, la sua parabola di pensie- ro si era assestata sulla soluzione monarchica, ed egli aveva com- posto 1 Principe, per concludere poi il suo scritto sulle repubbl che. L’idealismo repubblicano, se mai vi era stato, aveva quindi lasciato il posto, o si era comunque accompagnato, ai realismo, con la correlata accettazione della necessita del potere monarchico ¢ del principato. Per quanto nelle sue due opere maggiori Machiavel- Ii lasci una certa patina di indefinibilita sui fini ultimi della politica = conquista e mantenimento del potere ovvero liberta repubblicana — sicuramente egli era colui che nel suo tempo meglio aveva com- preso la figura centrale della modernita politica: il principe. Baron si ripropone di documentare esattamente Popposto, vale a dire che le idee di Machiavelli migrarono in direzione contraria: dal realismo principesco verso l'idealismo repubblicano. In sostan- xa, Ventusiasmo per le potenzialita del potere principesco (coltiva- to nel corso di una sola estate) lascid il posto ad una ben pit matu- ra riflessione sulle istituzioni repubblicane ¢ sulla centralita del concetto di liberta e partecipazione in una repubblica, Per dimostrare questa tesi Baron si cimenta in analisi che, sep- pur sofisticate e talvolta convincenti dal punto di vista logico, sono tutt‘altto che esaustive dal punto di vista dell'interpretazione dot- trinaria, 1 Discorsi sono repubblicani, il Principe & un’aberrazione monarchica, ¢ sta alPinterprete stabilire, con Pausilio della crono- (6) Ifa existe un breve articolo del 1951 su Machiavelie Thomas More: H. BA RON, Machiavelli und Maru. in: Menschen die Geschichte machin, 2 cure di PR. Rhoden © G, Ostrogorsky, Vienna, 1851, vol I, pp. 212-218 un segio del 1932, Ib, Das Brva- ‘hen des steriscen Dees on Hemanismas des Quatrcent,« Horsch Zeitseit», [CXLVI (1952-33) (ora in ID, In Search of Plrentne Cie Humaniom, ct, pp. 24-42; Baron ha canbiato too, ma esenaislmente toto il contensto nel volume pubblieato ‘el 1988: Now Hitrial and Paehogial Ways of Thinking: Prom Petrarch to Brunt and ‘Mschisveld, Soto Vinfiuenza di Meinencke el ra quel empo convino che Machiavelli Tose ddito «ad una sstematcs scientifica cexervazine dele leg stoviche al serviio dei soverante della loro politica, i, p. 42. (17) Cle: H. BARON, The Prince andthe Puree ofthe Date ofthe Discos, «Biblio- thdque etumanisme et Renaissance », XVIII (1956), pp. 405-428; I., Machivell: The Republican Citizen, cit, i, The Prince and che Puzale athe Date of Chapter XXVI. cit BARON, POCOcK & MACHIAVELLI 285, logia, quale dei due testi rappresenti il pit autentico pensiero di Machiavelli. Il Principe, lavoro scritto e concluso prima che egli ponesse mano ai Discorsi, secondo l'interpretazione baroniana, deve allora essere collocato in una nuova luce, o meglio, ombra. L/opera che rappresenta il superamento della prospeitiva monar- chica — i Discorsi— al contratio, svetta, restituendoci appieno ill vero Machiavelli, In Baron, una volta dimostrato il punto — ossia Passoluta precedenza cronoiogica della stesura del Principe rispetto ai Discorsi— a tensione fra i due testi appare molto ridimensiona- ta, se non addirittura inesistente. Egli é infatti persuaso che, confi nando il realismo monarchico ad una fase abbozzata, incompiuta ¢ precedente della vita di Machiavelli, 7 Discorsi si sarebbero staglia~ ti collocando il loro autore di diritto nel Pantheon repubblicano. Perché, come é naturale, la disputa sulla cronologia sottende quella, assai pit importante sulla relativa importanza dei due saggi: il vero Machiavelli era senza dubbio quello dei Discorsi. Se vogliamo questa posizione pud essere considerata, all’in- ‘temo della lunga storia del machiavellismo, “repubblicana debole”, nel senso che il Principe c’2, e con tutto il suo presunto portato “demoniaco”, ¢ tuttavia il testo viene relegato in una posizione se- condaria ¢ ritenuto un'abiezione (anche se rimane il fatto, non ap- profondito da Baron, che Machiavelli ~ in un preciso momento sto- rico — abbia sperato nei Medici quale alternativa al caos totale), ‘Come & ben noto esiste un’esegesi “repubblicana forte” (la co- siddetta “interpretazione obliqua”) che & riassunta nei notissimi versi di Ugo Foscolo, secondo il quale Machiavelli altri non sarebbe che « quel grande/ che temprando lo scettro a’ regnatori/ gli alldr ne sfronda, ed alle genti svela/ di che lagrime grondi e di che san- gue » (I Sepolcri, 155-158). Tale interpretazione aveva conosciuto il proprio apogeo nei secoli precedenti. Abbozzata da Baruch Spi- noza nel Tractatus Politicus (1677) (18), ripresa da Jean-Jacques Rousseau nel Contrat Social, (1762) (19), fatta propria, fra gli al- i, anche da Vittorio Alfieri nel 1777 (20), & stata poi rinverdita da’ Garrett Mattingly e da Mary Dietz, rispettivamente nel 1958 ¢ (18) « Actssinus Machievels (..)ostendere forsan volt, quantum Hbera mlttado caver dbest, ne saltem sum Uni absolute ered», B. SPINOZA, Trntatus Polius, 1677, cap. V,§7 (et Thatato poco, acura dP, Cesootn Pisa, Eis, 1998) (19) « Machiavel (..) en fegant de donaer dee Iegans aux ois en & dannés de gran ‘de aux peuples, Le Prince de Machavel este livre des republiein Je). ROUSSEAU, Le (Contat Soca, in: I., ures Completes, Pail, Dido, 1864, vo. . 409. (20) Seccado Ati 1! Principe contertebbe « masse immeraletraniche (.) pet livelare ai popli le ambos eevwedute cruel dei pincp », V. ALIEN, Oper, ci ‘iV. Branca, Milan, Musi, 1967, p. 965. 286 MACHIAVELLI NEL NOVECIITO nel 1986 (21). Seppur con diverse sfumature tutti questi autori considerano / Principe insincero, quindi un libretto repubblicano anch’esso: un tentativo di smascherare i tiranni esponendone i me- todi, nonché 1a profonda immoralita e brutalita (Spinoza, Rousse- au, Alfieri e Foscolo); una farsa diabolica, di natura pit letteraria che politica, scritta per scioccare e divertire, un po’ come Za Man- dragola (Mattingly); oppure di una ricetta per portare il principe al disastro, una sorta di imboscata ai Medici che fi trascinera verso il tracollo'favorendo quindi la rinascita della liberta repubblicana (Wietz). ichiamo queste interpretazioni, a vario titolo “repubblicane”, che possono risultare convincenti o meno (oggi assai meno), ma che hanno comungue un pregio: quello di spiegare il Principe alla luce dei Discorsi e di lanciare un ponte dottrinario fra i due testi In Baron, al contrario, non vi é il tentativo di spiegare il Principe alla luce dei Discorsi¢ di cercare quindi una qualche forma di col- Iegamento dottrinario ¢ logico fra i due testi. Anzi, questo voler rendere lo scritto del 1513 non il “manuale dei gangsters", ma quello dei repubblicani, & ritenuto da Baron, il vero limite della cri- tica del Settecento. Machiavelli & repubblicano perché autore dei Discorsi ed autenticamente repubblicano perché li ha composti interamente dopo aver scritto il Principe. Cronologicamente suc- cessivi i Discorsi appartengono ad una fase pid matura e dunque pia salda del suo pensiero politico. Appare questo il punto debole del!'analisi barioniana, ben al di 1a delle singole falle argomentative che compaiono nel corso dell'esposizione. Perché se si accetta, come & comunemente am- messo, che le due opere siano una assai meno repubblicana € altra meno monarchica di quanto non appaia in prima approssi- mazione, Vintero edificio crolla ¢ finisce per restituirci per intero Machiavelli ¢ il suo enigma. Harvey Mansfield e Nathan Tarcov, ‘rasparentemente esemplando una posizione largamente dominante 21) Chr G. MATTINGLY, Michioel’s Prince: Poltical Sconce or Palitial Satire, «American Scholar», XVII (1958), pp. 482-491 e M. DISTZ, Trapping the Prince: Me ‘chisel and the Polities of Decepion, + American Palital Science Review », LXXX, 3 (1986), pp. 777-799. B da notare cme eo te anni dopo Matinglyabbia mutito cnvin- clmento:« The proposal that The Prince was conceived ase str isthe kind of anachro- ism which only the eighteenth century could have perpetrated, (..) (Machiavei] would have failed completely to understand the proposition that The Prince was sale »,O. MATINGLY, Machiavelli: Renaissance Profiles a cra di H. Plumb, New York, Harper ‘and Row, 1961, p. 38 Hans Baro cord che Mattingly gi disse: « Tho hace of a stcal meaning of The Prince cannot be mainsined », H. BARON, Review of Machiavelli Re- ‘searches, by Coil H. Clough, « English Historical Review », LXXXIV (1968), p. 582 BARON, POCOcK & MACHIAVELLE 287 nell’analisi machiavelliana, alla sempreverde domanda: « Come & possibile che due libri di questo tipo siano stati scritti dallo stesso tuomo, apparentemente alt incirca nello stesso torno di tempo? » (22) rispondono che vi & un’unitarieté di fondo. Infatti, « la critica di Machiavelli della moralita classica e della religione biblica appare nei Discorsi come nel Principe », tanto che quest'ultimo scritto « & pid repubblicano di quanto non sembri e i Discorsi sono pit prin- Cipeschi, e proprio per via di questa miscela di tirannia ¢ repubblica- nesimo i Discorsi sono anche pid critici nei confronti della moralita classica e biblica e quindi pid originali di quanto non appaia » (23). Per lo studioso tedesco la risposta consiste invece nel considera- re diacroniche le due opere, che di per sé sono fortemente contrap- poste. Assai critico nei confronti di coloro che tentavano di leggete Machiavelli come un pensatore in qualche modo coerente, Hans Ba- ron afferma: « E assurdo pensare che esse [le due opere] siano due ‘meta armoniche di un’unica e identica filosofia politica » (24). E si dichiara convinto che « qualcosa nel modo di pensare dell’autore deve essere cambiato. B chiaro dunque che bisogna rovesciare il procedimento: invece di tentare di rendere coerente il pensiero di Machiavelli, occorre mettere a confronto le indiscutibili differenze interne e esaminare se non possano dopo tutto essere il risultato di ‘un mutamento del suo pensiero » (25). La tendenza di Baron di fronte al grande mistero machiavell no, al problema dei problemi di tutta la critica, & quella di scom- potre il dilemma in una serie di questioni cronologiche. L’inter- pretazione viene cost interamente sostituita dalla successione nella stesura delle opere (26). 11 bersaglio polemico di Baron &, come accennato, 'interpreta- zione, allora come oggi maggioritaria, che ritiene le due maggiori opere machiavelliane non solo conciliabili, ma in qualche misura complementari. Gerhard Ritter, ad esempio, asseriva: « Eun risul- tato universalmente accettato da tutte le ricerche moderne su Ma- chiavelli che i Discorsie il Principe discendono da una concezione (22) H.C MANSFIELD ¢ N. TARCOY, Intraductn & N. MACHIAVELLI, Discourse on Livy, Cheapo, Univers of Chicago Pres, 196, p. XX. (23) I, pp. XXVIXXVIL (4) HLBAKON, Machiavelli, p. 25. (25), p. 26, (26) Ma nonin modo del tuto sodisfacnte edefinitivo. Ai due Machiavelli nt pe gglunge un tezo: quell delle Jtre frente che non rpaneve pi grand fiducla nelle ‘niturioni republican, nella caninzone ce « energie scart dalla berth sera va via ‘consumata nel corso dela stra di Firenze, sn hein fine non potev esers che Vestinaone «ogni passione di pate lo stabiitsid unerdine stale sotto Medici» i, p. 60. 208 MACTIAVELLE NEL NOVECENTO unica e coerente » (27). Baron critica fortemente questa asserzione € anche quella, correlata, di molti e autorevoli studiosi fin dall’Ot- tocento che « la scelta fra la liberta repubblicana e il principato (...) non fosse una fonte di ispirazione fondamentale (...) del pen- siero di Machiavelli » (28). Alerrore degli interpreti settecenteschi di considerare repub- blicano il Principe, ad avviso di Baron, se ne contrappone uno assai maggiore che ha preso piede fra Ottocento e Novecento, quello di considerare unica ¢ coerente Vispirazione machiavelliana. Basta riprendere in mano i Discorsi per trovarsi « di fronte ai valori in- confondibili di_un cittadino repubblicano, che @ ben lungi dall’essere indifferente al ruolo politico e storico della liberta pro- prio come avevano pensato i lettori del Settecento » (29). II nucleo centrale dei Discorsi® allora da rinvenire nella « salute morale e il vigote politico insiti in un popolo libero come fonti ultime del po- tere » (30), vale a dire nulla di pid Iontano dalt’ispirazione generale dell altra opera. La parte centrale del principale scritto di Hans Baron su Ma- chiavelli consiste in una disamina particolareggiata dei motivi che dovrebbero spingere Vimparziale commentatore a concludere per tuna chiara cesura temporale fra le due opere. Tuttavia Pargo- mentazione secondo la quale i primi diciotto capitoli dei Discorsi ‘non potevano essere gia stati scritti nell’estate del 1513 non risulta proprio a tenuta stagna. Lo studioso tedesco afferma: « Questi ca- pitoli potevano gia esserci nel 1515 solamente se la maggior parte dei Discorsi fosse gia stata completata nell'autunno di quell’anno, Ma questa @ chiaramente un’ipotesi impossibile » (31). Fra le cose che la renderebbero *impossibile” vi @ il fatto che il VI libro di Po- libio @ una fonte d'ispirazione evidente, seppur taciuta, dei primi 18 capitoli, ma Machiavelli non conosceva il greco e poteva quindi averlo letto solo in traduzione latina (la diffusa traduzione a stam- pa del Perotti si fermava al libro V). In un noto e discusso saggio del 1956, sul quale si fonda l'argomentazione baroniana, John He- xter afferm® che egli doveva aver avuto conoscenza del VI libro di Polibio proprio da una versione latina pubblicata a stampa, « per- cché tutti i lavori degli scrittori antichi che Machiavelli utilizzd di (21) G. RirtER, Die Dimmonie der Macht, Munich (1840), 1948, p. 186 (tit I vato demenisco de potere, Bologna, I! Maino, 1958), etic H. BARON, Machlovell cit, p. 16. (28) Wi G1 vi pp. 41-42, BARON, Pocock EMACHAVELLE 289 sicuro nei suoi libri erano certamente in stampa quando li aveva, ‘usati » (32). Fragile quanto si vuole, in sostanza, V'ipotesi di Hexter & che Machiavelli non usasse manoscritti, ma solo opere a stampa ed egli cerca di datare con precisione il momento nel quale questi potesse aver avuto in mano Polibio in traduzione latina e a stampa {in base ad una lunga serie di congetture, questo momento non po- teva essere prima del 1515). Occorre segnalare che mentre per lo studioso americano esisterebbe un vero e proprio “mistero della traduzione mancante”, svariati altri autori lo ritengono un dilemma di ben poco conto. In un saggio di qualche anno fa, solo per fare un esempio, Eugenio Garin definiva quello del libro VI un “falso problema” ed elencava alcune delle possibili fonti alle quali Ma- chiavelli avrebbe potuto aitingere fin dai primi del Cinquecento per conoscere lo storico di Megalopoli (33). Ma anche prendendo per oro colato ¢ traendo le conseguenze pid estreme dagfi studi di Hexter (e di Felix Gilbert) (54), Hans Baron ha ancora in mano il cerino acceso, cioé il problema dei problemi: come ¢ ben noto Machiavelli nel Principe afferma che non trattera delle repubbliche « perché altra volta ne ragionai a lungo ». Per lo studioso tedesco questa attestazione sarebbe defini- tivamente probante solo se possedessimo una copia del testo ante- riore al 1515. « Ma tutti i primi manoscritti sopravvissuti del Prin- cipe sono di un periodo posteriore dal momento che comprendono Ia dedica a Lorenzo de’ Medici il Giovane, quindi devono essere stati scritti necessariamente tra V'autunno del 1515 e lautunno del 1516 » (35). L’autore di Crisis si ingegna allora nel cercare di mo- strare che la notazione di Machiavelli sulle repubbliche fu un’interpolazione successiva alla stesura del Principe. « Prima di licenziare il Principe con Vaggiunta della dedica Vautore [inseri] anche una nota di riferimento (...) in modo da stabilire un legame con un’opera completamente differente a cui si era dedicato a par- tire dal 1516 » (36). La cosa appare possibile, ma ben lontana dallessere provata o anche solo probabile. Come afferma Whitfield, questo artificio ricorda « la semplice e trionfante scoperta dell'uovo (52) JH, Hoc, Sess, Machiovall, and Polyius VI: The Mystery ofthe Mising ‘Transaion, «Stas in the Rensesanee», I (1956), p78. (3) CE. GARIN, Machiavelli fra politica e stra, Torino, Bnaudi, 1983, pp. 1315 (G4) Clr P. Gunter, The Campesiion and Stractre of Machiavell' Discord « Jo nalof the istry of Ideas», XIV, 1 (1953), pp. 156156. 65) HL BaKon, Machiavelli, p 42. Questo ¥ i vero architave del agomentzion, come ei seo reanose, tuto i rest rats tora alla questone decisive dal™ingeto tr tivo" (66) vi, pp 43-44, 290 MACHIAVELL NBL NOVECENTO i Colombo (...) [solo che] non esiste nessuna prova » (37) concl- siva delPipotesi di un inserto tardivo, In ogni caso, Baron considera « un vecchio pregiudizio » (58) quello di ritenere il rimando ai Discorsi come dimostrativo di una qualche forma di stesura concomitante delle due opere. Liberatisi dda questo preconcetto si pud tranquillamente ipotizzare « una suc- cessione pid naturale da un'opera allaltra » (39), Fra le altre “prove” del fatto che Machiavelli nell’estate del 1513 non avesse ancora messo mano ai Discorsi, Baron utiliza anche il silenzio nelle lettere a Francesco Vettori del periods. In particolare, quella notissima del 10 dicembre 1515 (nella quale egli tende edotto P'amico sul fatto di aver « composto uno opusculo De principatibus ») (40) & talmente muta sul punto da far ritenere a Baron che « né lo scrittore, né il destinatario della lettera erano a conoscenza di qualcosa riguardante la preparazione di un’opera sulle repubbliche » (41). E difficile perd negare che, se solo i capi- toli iniziali del libro primo erano stati abbozzati, Machiavelli a- vrebbe potuto benissimo tacerne con V’amico. Baron insiste poi sul fatto che se la composizione della parte pid repubblicana dei Discorsi fosse avvenuta proprio nel 1513, ‘come sostenuto da Gennaro Sasso e da molti altri studiosi, cid sa- rebbe accaduto « proprio nella fase della sua vita in cui pid inten- samente desiderava far carriera al servizio dei Medici » (42). E tut- tavia anche questa considerazione, per quanto verissima, non ap- pare risolutiva, I fatto € che Baron vuole distruggere in poche e dense pagine il “mistero Machiavelli”, un enigma vecchio quanto lo Stato mo- demo, rendendo il Segretario fiorentino un pensatore che si occupa dei fini e del fine della politica prima in senso monarchico (anche come frutto della sua esperienza diretta fino al 1512) e poi repub- blicano, In tutti e due i casi in modo pienamente cosciente di tutte le implicazioni, ma nel secondo con un valore imparagonabilmente superiore perché frutto di una scelta matura, posteriore e defini va. E Baron su questo ¢ adamantino: analizzate le incongruenze del- la posizione opposta alla sua, utilizzando le argomentazioni logiche G1) LHL Wiurmeno, Discourses an Mochivell, Cambridge, Heer & Sons, 1968, 1p. 199-200, (8) H. BARON, Mechivel it, 46 5) vip 46, (GO) N. MACHIAVELLI a Vettori, 10 dicembre 1515, Lettre a Francesco Vettor © Francesco Guieciardin (1515-1527), cua ci G. Ingles, Mino, BUR, 2002, p. 195. (UI)HL BARON, Machivel el, p49 (42) Ibid, BARON, Pocock B MACIHAVELLY 291 (ma non proprio filologiche) alle quali abbiamo accennato, conclu- de che « nessuna parte dei Discorsi fu scritta nel 1515 » (43) 0 a. Tl che lo spinge a dichiarare: La poco fice concezione dell’ Ottocento¢ dell'nizio del Novecento secondo cul / Principe e i Discorssarebbero due gemeli siamesi(..) pud alla fine essere ‘abbandonata in favore dell'dea di una naturale successione e sviluppo del pensie- +o dellautore da un/opera alaltra (44), B perd ben difficile cogliere che cosa abbia di “naturale” la successione proposta da Baron, Sarebbe forse ovvio per un gran- dissimo pensatore abbracciare in piena maturita la soluzione mo- narchica al problema dell’ordine politico e pochi anni dopo quella repubblicana, senza mai ritrattare la prima scelta, né fornire alcuna spiegazione? Il fatto é che il problema che Baron proprio non af- fronia & quello del perché mai il Segretario fiorentino avrebbe cambiato convincimento. Lo studioso tedesco ci lascia intendere che la causa dovrebbe essere rinvenuta 0 nel mutamento di circo- stanze, oppure nelle nuove riflessioni machiavelliane (il che ovvia- ‘mente’ aprirebbe tutta una serie di questioni). In definitiva, non & affatto un dato certo che Machiavelli abbia scritto ¢ terminato il Principe prima di por mano ai Discorsi. Come ha ben dimostrato Giorgio Inglese Ia datazione precisa della composizione dei Discor- sistando ai fatti che conosciamo non risulta assodabile (45), E tuttavia, nei due scritti vi sono evidenti richiami all’altro te- sto, tanto che la vecchia ipotesi che i due volumi siano stati com- posti in una qualche forma di sincronia sembra reggere ancora. Inoltre, se si considera che il capitolo XXVI del Principe & stato con ogni probabilita aggiunto successivamente (¢ proprio Baron ritiene che sia stato composto fra i tredici ¢ i venti mesi successivi alla conclusione dei primi venticinque), o addirittura come afferma Mario Martelli, nel 1518, la concomitanza appare veramente com- pleta. Se la questione dovesse essere decisa seguendo la regola del- la maggioranza di coloro che se ne intendono, un consenso seppur di misura degli studios indicherebbe che la vecchia datazione vale ancora (46). Piuttosto discutibile appare quindi l'affermazione di (43) tv p. 5. (44) iden. (45) Clr. G. INoLese, Diseors sopra la prima Deca di Tito Livio of Mewold Machia- sellin: Letter lll Le oper Torino, Fina, 199, vo. lp. 943-1007 (46) Silla cronolgia propesta da Baron regna la discord fea gli studios. Mente J.G.A, Pocock, Machivellan Moment (1975), Prineston, Princeton University Press, 2005, pp, 185.86 ¢[M. Nae, Bonwwen Friends. Discourses of Power inthe Machivel: Vettori 2m MACHIAVELLI Nat NOVECENTO John Najemy, recensore della raccolta dei saggi di Hans Baron del 1988 e studioso di scuola baroniana, secondo il quale, pochi machiavelistisembrano prendere sul serio la vecchia teria (...) che una parte importante dei Discorsifu seit prima del Principe (47). Inolire, ¢ questo & certamente pid importante, se non decisivo, non esiste nei Discorsi,né in altro luogo, aleun ripudio del Princi ‘pe. Lidea di un fondamentale mutamento di prospettiva politica hon trova riscontro in nessuna frase, appunto o affermazione di Machiavelli. Questi & sempre pronto a dispensare consigli a tiranni, principi, liberi cittadini, rivoltosi e domatori di rivolte. Tanto che il noto giudizio di Luigi Russo, citato con biasimo proprio da Baron, ud apparire ancora convincente: ‘A Machiavelli noa interessava la monarchia ola repubblica la liberta oil po- tere, ma semplicemente arte della politica; vuole essere ed & sempre lo scienziato (.) dellarte di governo (48). La relativita della forma istituzionale nel pensiero machiavel- liano & proprio il “fatto” che la scuola dell’umanesimo civico vuole ad ogni costo confutare. Non pud stupire allora che i bersagli po- lemici siano stati su pit fronti. In primo Iuogo, Meinecke e V'idea della ragion di Stato, poi l’analisi di Leo Strauss, e certamente non ultima quella linea interpretativa italiana che, pur con tutte le dif- ferenze, da Benedetto Croce arriva a Gennaro Sasso passando per Luigi Russo. L’idea di un Machiavelli puro “scienziato della politi- ca”, quasi un dato per la critica europea continentale del Novecen- to, va contro la prospettiva repubblicana e deve quindi essere sra- dicata dal panorama storiografico. John Pocock: Machiavelli e il suo “momento” Baron doveva relegare in un Iuogo oscuro e marginale I Prin- cipe perché questo rimaneva un macigno insormontabile nella co- struzione del Machiavelli teorico del repubblicanesimo, Non a caso Letters of 1515-1515, Pineston, Princeton University Press, 1985, pp. 335-36 acetano la ‘ronclgia baroniana ates di una qualche concomitana fea i due test rane prevalent: tft, frat molt, G, SASSO, Micalé Machiavell, Bologna, I! Mulino, vo. 1, pp. 314-520, F, Bats, Disord Nccold Machiavel genes e struttra Pienze, Sanon, 1985. (47) |M Nasany, Review aftn Search of Florentine Cie Humanism, « Rensisance artery», XXOKKY, 2 (1992), p 347. (48) L. RUSSO, Machiavelli, p. 214, fr H, Baron, Michiel et, p. 17 BARON, Pocock MACHAVELLE 298 il maggiore studioso che ha dedicato le proprie fatiche alla messa a fuoco di un Machiavelli repubblicano (anzi, di un repubblicanesi- ‘mo etemnamente riaffiorante dall’Europa continentale all’Inghil- terra, all’America, proprio come “momento machiavelliano”), John, Pocock, nella presentazione del suo maggiore lavoro affermava: « Se poi voglio accingermi a fare il nome di quegli studiosi la cui opera ha contato moltissimo per me mentre scrivevo questo libro, ecco che la figura di Hans Baron viene ad aleggiare come una pre- senza numinosa » (49). In primo luogo, occorre rilevare che il metodo impiegato da Pocock per ritagliare il repubblicanesimo intorno a Machiavelli sa rebbe caduto sotto la mannaia di Max Weber, ma non solo. Infatti lo studioso neozelandese afferma che la metodologia da lui utilizza- ta (per sua stessa ammissione fondata sull’isolare le due maggiori opere di Machiavelli, prescindere totalmente dalla critica recente, ¢ ‘mettere in luce solo quegli aspetti del suo pensiero che possano risultare utili alla illustrazione della tesi) (50) « si dimostra ido- nela] per darci Particolata narrazione di un proceso realmente presente nella storia delle idee » (51). Si pud credere a quel “real- ‘mente presente”? E nella storia delle idee per di pio. In qualche misura il vizio era alle origini. Baron stesso ~ come ricorda Riccardo Fubini - in una delle sue primissime polemiche scientifiche, all’ta di ventiquattro anni, contro chi dubitava della sua interpretazione dei rapporti fra Calvinismo e Illuminismo, og- getto della sua dissertazione dottorale, « aveva difeso orgogliosa- mente la capacita dello Ideenhistoriker di utilizzare le fonti a se- conda delta natura del problema specifico, estraendone “cid che egli necessita di sapere”, (...) [Riguardo alla sua analisi} Baron afferma- va (...) che si trattava di una reale tendenza nello sviluppo stotico, per quanto “ricostruita concettualmente a posteriori” » (52). Non [ud non venire subito in mente la critica di Max Weber al materia. lismo storico, considerato un’ottima costruzione “idealtipica” della quale Marx perd si era innamorato al punto da crederla realmente operante nella storia. Il filosofo di Treviri ovviamente proiettava le proprie categorie nella storia passata, presente ¢ futura, mentre i (49) [.A. Pocock, I manent machiaveliana, Bologn, ! Mulino, 1980, wl, p 11 (etd Machiavelian Maman, ci) (60) Cl. iw, pp. 359.361 (G1) Ip. 360, (62) R Puan, Renaissance Historian, it, p. $50. Il sggio di Baron ci 8 Chvistiches Neturccht und Eviges Recht Bie Erwiderung, « Historische Zetchit », (CXXKIM, 1 (1925), pp. 415-432, La polemica era con il teologo belineseH. Rickert 234 [MACHIAVELLI NEL NOVECENTO teorici del repubblicanesi storia in senso stretto (53). ‘Quando Pocock cominciava a lavorare alla sua costruzione in- centrata su Machiavelli ~ che & stata comunque una piccola rivolu- zione nel campo degli studi, qualunque sia il giudizio che oggi ne possiamo dare — il clima fra gli storict anglosassoni era gia “repub- blicano” ¢ quindi ben ricettivo nei confronti delle idee che sarebbe- ro state esposte nel Machiavellian Moment del 1975. Negli anni ‘Sessanta, infatti, il repubblicanesimo era ormai indelebilmente col- legato dagli studiosi alle citta italiane del tardo Medio Evo ¢ della prima et moderna, un tempo certamente pit note per essere state la “culla del capitalismo”. Nel 1965 Frederic Chapin Lane, davanti alla platea dell’American History Association, della quale era pre- sidente, affermava il comune sentire della sua generazione, ben dieci anni prima della pubblicazione del lavoro piit noto di Pocock: 10 tentano, per lo pid, di limitarsi alla I repubblicanesimo, ¢ non il capitalismo, ® il tratto distintivo e Paspetto pid significativo delle ett stato italiane; & stato il repubblicanesimo a dare alla civilta italiana dal tredicesimo fino al sodicesimo secolo la sua earatteristica distntva, il che in gran parte spiega Vintensita dimostratanellimitazione del antic «a I tentaivo di far rvivere la cultura delle antiche cit stato ha raffo volta ideale repubblicano e ha contribuito potentemente al suo teionfo pid tardi fra le nazioni moderne e segnatamente nella nostra (54), Baron era stata solo una delle personalita pid illustri di un “movimento interpretativo” che aveva fatto scuola e che proprio con Pocock avrebbe conosciuto il suo momento dominante fra gli anni Settanta ¢ Ottanta del Novecento. In ogni caso, vi & qualcosa di profondo che lega gli studi di Po- cock a quelli di Baron, Pid che il Machiavelli di Baron, che per quanto (filo)logicamente raffinato, rimane comunque dottrinaria- ‘mente poco approfondito, & cruciale la visione complessiva dell'u- (53) Tutavia, al i a delfuso e defabuso che jlosofi“comunitarist" hanno fatto ala eora republican, il fatto che gl storie tess manifestino speseo Ta vogia i un pa saggio dal “revisionismo al revvalamo", mi sembea Toor di dubbio. Quentin Skinner, per fare sclo un esempio, nom sfugge al un'apetarchista di repubblicanesino ora e suKto ‘quando afferma, nel contest di una lletura di Machivel: « Cerchrd di dimosteare che i ‘modo di pensar stoico romano sul Hbert politica @in vei la tadzione che dobbismo Hleatturar so intendiamo forire un corettivo al dogmatiamo rguardo alla quetone del liberta sociale che si visconta sia nel Levitan di Hobbes che negli seri det core pid recent del ditt umani o natural », Q. SKINNER, The dea of Negative Liberty. in: Philo ‘soph in History, acura di R. Rory, |B. Schneewind e Q. Skinner, Cambridge, Cambridge University Pres, 1984, p. 204, (G4) FC. Lane, AC the Roots of Republicanism, « Amesican Historical Review », XX (1966), p. 405, BaRON, Pocock EMACHAVELL 295, manesimo civico e del Rinascimento fiorentino dello studioso tede- sco. La prospettiva del Burgerhumanismus & fondamentale per comprendere le evoluzioni della teoria repubblicana successiva: perché lo Stato, la politica, la societd ¢ la cultura vengono fusi in tun'unica grande visione, in una singola tradizione unificata. E la storia culturale a diventare il punto focale dell'indagine, una storia che & erede della vecchia Geistesgeschichte (55), € lascia sullo sfondo o addirittura rende vittime collaterali le questioni collegate al sorgere dello Stato (moderno) nella sua specifica modalita prin- cipesca. Se Machiavelli nel Principe appariva grande a tantissimi commentatori successivi 2 proprio perch egli suggeriva al Valenti no di fare esattamente cid che lo Stato stava compiendo o avrebbe in seguito compiuto. Nella “rivoluzione” storiografica del repubblicanesimo non vi & posto per le questioni dello Stato, della sua storicita e specificita Di un Machiavelli primo vero indagatore della nascita dello Stato ‘modemo in et rinascimentale, i “repubblicani” non saprebbero che farsene. E non é certo un caso che questa scuola sia fiorita in tun ambiente culturale quale quello anglosassone, notoriamente po- co ospitale nei confronti delle analisi di gran parte della storiogra- fia europea continentale sullo Stato. Mi riferisco owviamente a quella scuola che ha in Carl Schmitt e Otto Brunner i suoi maggiori esponenti e ritiene lo Stato una costruzione solo moderna e una soluzione di continuita nella storia politica dell’Occidente. Pocock percorre questa strada fino alle sue estreme conse- guenze: Ia sua @ una battaglia culturale e ideologica per mostrare che la modernita politica, almeno nell'area fiorentina e poi atlanti- ca, non & esistita. In particolare, il paese che appare come la quin- tessenza della modemita, gli Stati Uniti, risulterebbe ancor oggi politicamente premoderno, proprio a causa delle sue radici repub- blicane classiche. Gli « attributi propri dell’America ~ scrive Po- cock ~ [sono] da un lato il possesso di una tecnologia e di una cul- tura moderna, ¢ dalPaltro la persistente adesione ad un’ideologia politica e religiosa pre-modema o solo proto-moderna » (56). La {esi di Pocock é in estrema sua sintesi che « un gruppo organico di idee e di valutazioni sulla Grecia e su Roma si (...) [sia] acclimata- (65) Come ha bon mosteato R.FUMIN nal suo saggo su Hans Buron, Renaissance Hi- © (56) 1G.A, Pocock, Intreduzionealledziane italiana a: 1D. momento machiavel ano 2, p65. 296 MACHIAVELLI NEL NOVECENTO to a Firenze [e sia passato] (...) poi in Inghilterra e in America dove fu di aiuto ad organizzare i rispettivi ordinamenti politici » (57). Su Pocock ¢ Machiavelli si potrebbe forse scrivere un volume intero, tante sono state le prese di posizione, i ripensamenti dell’autore ¢ le critiche alle sue riflessioni sul pensatore fiorentino. La sintesi @ invece doverosa, come la speranza di raggiungere ill cuore del problema. Problema che & costituito, a mio avviso, nell’aver voluto fare di Machiavelli il campione di una riformul zione, che attraverso varie vicissitudini avrebbe poi condizionato anche il Nuovo Mondo, del!’aristotelismo politico. Questa espres- sione indica una corrente di pensiero fondata sulla convinzione che Puomo possa essere veramente tale solo in un contesto di part pazione alla vita politica, in ultima analisi, soltanto vivendo appie- no una dimensione collettiva del proprio agire. Il Machiavellian moment é il momento nel quale la repubblica si confronta con il problema della propria precarieta, con il fatto di essere fondata su equilibri instabili e incerti. Ma & anche quel “vi- vere civile” e quell’umanesimo civico, certo instabile e variamente {nteso dai vari autori fiorentini del Quattrocento e del Cinquecen- to, che perd comporta una visione della personalita umana che ve- de realizzata la propria essenza nella partecipazione politica. Come @ evidente, c’@ forse pid Arendt che Aristotele in questa definizio- ne, ma tant’, lo stesso Pocock non nega affatto influenza della studiosa sulle sue ricerche, soprattutto per quanto riguarda la no- ione di virtd. 1 problema ctuciale di Pocock & quello dell’« istituzionalizza- ione della virti civica, ossia del civismo » (58). Per mezzo di tale artificio, « la repubblica o polis assicura la propria stabilita nel ‘tempo ¢ dispone progressivamente quel rozzo materiale umano di cui essa & composta alla realizzazione di quella vita politica che & fine dell'uomo » (59). La repubblica @ allora il luogo privilegiato per vedere operante il concetto di virtd. Mentre nel principato il principio dinastico funge da consuetudine, « Vesperienza del vivere civile ossia della partecipazione alla cosa publica (...) aveva valso a ‘mutare la natura della gente in modo tanto profondo e radicale come non avrebbe potuto e potrebbe mai la sola consuetudine » (60). Le abitudini e i costumi inveterati non potevano allora essere il fon- damento di una repubblica. (1 Wp. 68. (68) lv. 360, (69) fier (60), . 364 BARON, Pocock MACHIAVELLI 237 Seil fine dell'uomo era quello di essere civsosia un animale politico, allora cra proprio la sua forma orignaria,osia la prima forma che Vesperienza del vive ‘ecivleveniva a svluppare ea siupparein modo irreversible (6) In una repubblica il « presupposto per il retto agire altrui era la disposizione concreta del singolo cittadino ad anteporre il pubblico al proprio » (62). Tanto che « la virt di ogni singolo cittadino ve- niva (...) a salvare quella altrui da quella corruzione, che nella sua manifestazione temporale era connessa con la fortuna » (63). 1 bene comune diventa allora il vero fine della politica per quel gruppo di autori che vengono definiti gli umanisti_civici (Guicciardini e naturalmente Machiavelli). Cosi Pocock descrive la profonda tensione politica del!'uomo rinascimentale: Da un lato, era la sua ricerca dei beni particolari come individuo che lo ren- devano un eitadino, dal'altro, era soltano la sua preoccupezione e la sua consa- ppevolezza del bene comune universal che potevano rendere perpetua la sua citta- dinanza (64) Il dispotismo diventava in questo contesto sinonimo di corru- zione. La corruzione, a sua volta, si definiva come sostituzione de- gli interessi di una parte al bene comune, o pid in generale, la si tuazione nella quale gli interessi particolari hanno il sopravvento sul bene comune. E proprio Machiavelli ad essere il principale e- sponente di questa tradizione repubblicana, che sara poi rinverdita dai pensatori angloamericani del Sei-Settecento. Mi sento in ottima compagnia — numerosa e certo autorevole ~ quando affermo di non essere affatto convinto della correttezza di tale collocazione machiavelliana, Alcuni critici sono stati forse un po’ ingenerosi. Solo per fare un esempio, Harvey Mansfield, stu- dioso fortemente influenzato da Leo Strauss, riconosce l'autore di Machiavellian Moment come un'autorita per quanto tiguardo ill ‘machiavellismo, ma subito aggiunge maliziosamente che « per stu- diare il machiavellismo occorre conoscere Machiavelli » (65). In ogni caso per Mansfield il vizio di conoscenza non sarebbe nulla (61) idem, (62) vi, p 362, (63) fbidem. (64) bv, p. 7, (65) H. MANSMELD, Taming the Prince: The Ambivalence of Modem Executive Por, New Yotk ree Pres, 1989, p. XX. 298 MACHIAVELLI NEL NOVECENTO rispetto a quello di aver fabbricato e propagandato un « Machiavel- Ji repubblicano, promotore della virti repubblicana » (66). Per dimostrare la sua tesi, ossia la centralita della figura di Machiavelli in questa tradizione, tanto per cominciare Pocock do- vrebbe svelare con chiarezza che, secondo il Segretario fiorentino, « gli uomini trovano nell’attivita politica volta alla ricerca e al per- seguimento del bene comune, la chiave per la realizzazione della loro vera natura » (67). In altre parole, la piena esperienza della cittadinanza, come partecipazione politica attiva volta al persegui- mento del bene comune dovrebbe balzare agli oechi come uno dei principali oggetti di riflessione, se non quello assolutamente pre- minente, dell’autore dei Discorsi. La liberta repubblicana, tuttavia, non ¢ da Machiavelli percepita in questi termini: la richiesta di berta da parte del popolo maschera in realt un’esigenza di si rezza, Per fare solo un esempio, nei Discorsi (I, 16) quando egli si chiede perché i cittadini vogliono essere liberi conclude che alcuni, ‘ma solo una piccola percentuale, vogliono la liberta per poter avere il controllo su altri uomini (tutto Popposto della concezione re- pubblicana, secondo 1a quale la liberta & proprio l'indipendenza dal volere di un altro € certo non pud essere volonta di assoggettare altri uomini al proprio dominio), ma che la grande maggioranza desidera la liberta per poter vivere in sicurezza. Quindi, secondo Machiavelli, il desiderio di liberta non ha nulla a che vedere con Varistotelismo politico, 0 con il vivere civile ¢ tutti i suoi corollari di partecipazione e virtd, bensi con un desiderio profondo che suc- cessivamente sara definito di natura hobbesiana: quello di vivere in piena incolumita Per quanto Pocock lo ricerchi, anche forzando alcune citazi in Machiavelli non viene esaltata la dimensione collettiva di parte~ cipazione politica della cittadinanza, Il cittadino virtuoso che corre alle assemble, oggetto dell’ammirazione di Rousseau, non sembra proprio far parte della retorica machiavelliana. E allora Pocock, per renderlo lesponente dell'aristotelismo politico & costretto ad ope- rare uno stravolgimento dei valori: non @ pid la partecipazione po- litica ad essere il centro focale delle preoccupazioni neorepubblic: ne, ma quella militare. La virti: sarebbe armata: @ questa l'in- novazione cruciale del Segretario fiorentino. « Se vogliamo com- (66) i, p. XXIL (61) V.B. SULLIVAN, Machiavelli's Momentary Mechiavelian Moment: A Reconsdera tion of Pocock’s Trestment ofthe Discourses, « Political Theary », XX, 2 (1982), p31 Baton, Pocock EMACMAVELLE 29 prendere il suo pensiero politico ~ avverte Pocock ~ & questo il punto essenziale » (68), La virta militare necesita di quella politica perché entrambe servono lo stes- so fine. La repubblica @ il bene comune; i cittadino, indiizzando tute le proprie ‘ion! verso quel bene, pud essere considerato come uno che dedica la propria vita alla republic il patriota guerrero vi dedica Ia propria morte, ei due sono ‘uguali nel Condurre a compimento la propria natura umana sacrificando beni pat- ticolari al fine del perseguimento del bene wniversale (68). L’assunto centrale di Pocock & che per Machiavelli 'womo di- venta veramente tale solo quando la sua vita & dedicata al perse- guimento del bene comune. La novit’ di Machiavelli sarebbe allora quella di aver posto il guerriero, il cittadino armato, come figura centrale della repubblica. In realta, secondo Ia lettura pocockiana di Machiavelli, l’individuo & « assai pid soldato che cittadino », da- to che lo storico neozelandese « enfatizza quasi esclusivamente T'in- clusione popolare nel muovere guerra piuttosto che nel prendere le decisioni politiche » (70). E tuttavia proprio nei Discorsi e nell’Arte della guerra il sin- tagma “bene comune” ¢ il termine “cittadino” sono assai rari. Si tratta quindi di un caso nel quale i vocaboli decisivi per la tesi dellinterprete risultano quasi inutilizzati dallinterptetando e non aveva forse torto Cesare Vasoli quando in un’ampia recensione del 1977 di Machiavellian Moment lo defini una « grande sintesi ideo- logica », scatenando le ire di Pocock (71). ‘Ma, come é noto, Pocock & anche autore di saggi metodologici importanti la cui formulazione popolare & quella di “testo e conte- sto”. Spesso, come nel caso di Machiavelli, quando il testo non lo aiuta, 0 magari ha Pinsolenza di abandonarlo totalmente, egli ri corre allora al contesto, che diventa imparagonabilmente pitt auto- revole del testo stesso per spiegare le idee di un pensatore politico, (68) }G.A. Pocock, Machiavelian Moment, ci, p. 200 (68) ip 201 (70) Jb. McConmek, Machiavelli Against Republicanism, On tho Cambridge ‘School's "Guicciadinia Moments «Paical Theory », XXXI, 5 (2008), p. 625 (71) Chr. C, VASOLL, The Machinvellin Moment: A Grand Ideological Synthesis, «The Journal of Modem History», IL, 4 (1977), pp. 661-670 e .G.A. Pococ, M1 momento Inachiveliano, cp. 27. Vaolerea eon conde seve il metodo di Pocock, ¢ «elimina 0 jgnora ees tnt! problemi portal alla luce dali recent rceea storicae che forza wiVintetpretarione ideolopca au cost tant alut », C. VASOL, The Mechivalian ‘Moment, cit, p. 662. Ad onor del vero, Pocock ave gwvetto j sual etois« Pub (..) ‘ombeare che (..) trascuri tanta parte del stu recent su Machiavell, Me a esa ha una ‘su motivazone», |G.A. POCOCK, ! momento machiavellano, ci, p, 389. t problema propio nella motvazone. 300 MACIUAVELLI NEL NOVECENTO Il contesto possono essere anche gli “amici di Machiavelli”, i quali, ad avviso di Pocock, non ritenevano che questi fosse lontano ee loro tradizione repubblicana e di umanesimo civico, Quindi, tomprendere Tumanesimo civieo” di Niecold Machiavelh ~ che pure é da tutti considerato una figura a dir poco unica ~ Pocock ricorre costantemente all’appoggio dei suoi contemporanei e amici Guicciardini e Giannotti. Conclude molto opportunamente una sua critica: Per coloro che avevano sperato che Pocock sarebbe rimasto fermo sulle sue asserzioni che Machiavelli era in qualche modo une figura rappresentativa, del repubblicanesimo aristoteico, ma che non sono dispost a eredere alla parola degli amici di Machiavelli contro’ quella di Machiavelh stesso, la partecipazione di {questultimo al “momento machiavelliano”& evanescente (72). Un punto molto importante che differenzia 'interpretazione di Pocock da quella di Baron é che per quest’ultimo la politica parte- cipata, il governo costituzionale ¢ la sicurezza della proprieta pr vata erano aspetti della societi moderna gia adombrati nel repub- blicanesimo fiorentino e visti in modo largamente positivo. Per Ba- ron, in sostanza, Vimportazione fiorentina degli ideali repubblicani antichi non comportava in aleun modo un rifiuto della ricchezza commerciale (anzi, era semmai il mondo antico, a partire da Ari- stotele, secondo lo studioso tedesco ad aver condiviso con il Rina- scimento un certo amore per la ricchezza). Per Baron la ricchezza individuale era essenziale per il benessere comunitario € non esi- steva nessun tipo di tensione fra virta repubblicana e ricchezze pri- vate. Addirittura, la nuova etica repubblicana era connessa ad una specifica disposizione positiva nei confronti della ricchezza (73). Tutto cid viene ribaltato da Pocock, secondo i quale il concet- to di virta circolante a Firenze e poi in inghilterra e in America era almeno parzialmente in attrito rispetto alla proprieta privata. La proprieta, nello schema repubblicano non sarebbe altro che una via accesso alla partecipazione politica, un modo di acquisto della piena cittadinanza, ¢ una garanzia dell’autonomia e dell’indiper denza del soggetto politico, ma non certo un diritto inalienabile. Si trattava di un diritto convenzionale concesso dalla societa allo sco- po di salvaguardare il vero fine dell’individuo: quello alla parteci- pazione politica. Secondo Pocock: « Il cittadino abbisognava dell’autonomia della proprieta reale e numerosi diritti (...) erano necessari allo scopo di garantirla; ma la funzione della proprieta (72) V.B. SULLIVAN, Michivel's Momentary Machiavellian Moment et, pp. 317-18 (13) H. BARON, ln Search of Florentine Civic Humanist, Wolf . 261 BARON, Pocock & MACHIAVELLE sot rimaneva quello di garantire la virta » (74). La proprieta poteva essere una delle vie attraverso le quali il cittadino raggiungeva Vindipendenza, ma mai un fine in sé, Anzi, l'amore per il denaro cera in chiara opposizione con la virtti repubblicana (75). In sostanza, gli studi di Pocock hanno aggiunto una dimensio- ‘ne “anticapitalistica” al passato fiorentino, inglese e poi americano, che certamente non @ dispiaciuta ai filosofi contemporanei del co- munitarismo. Tanto che uno dei maggiori esponenti di tale corren- te ha proprio scelto il terreno di scontro pocockiano come chiave di lettura pid adatta per comprendere le lacerazioni nella storia del pensiero politico. Secondo Alasdair Macintyre, infaiti, « oppo- sizione morale fondamentale nella storia del pensiero politico » deve essere rinvenuta « fra una versione o Valtra dellindi vidualismo liberale e una qualche versione delVaristotelismo politi- co » (76). E Machiavelli diventa per Pocock il campione, nella prima eta moderna, della rinascita dell’aristotelismo politico. In questo senso, la figura del Segretario fiorentino ne esce distorta e per certi versi inutilizzabile dal punto di vista della conoscenza storica. Infatti Pocock non solo lo rende il rappresentante della riscoperta dell'aristotelismo politico in Europa, operazione che appare gia assai discutibile, ma egli ne fa il campione della “virti repubblica- na” contro il “liberalismo lockiano”. Dietro lesaltazione di Ma- chiavelli si cela infatti Vavversione di Pocock nei confronti di John Locke e della sua (ad avviso dello studioso neozelandese solo pre- sunta) importanza nella storia del pensiero politico occidentale (anglo-americano in particolare). Pocock ha, infatti, cercato di o- scurare gli studi delle pasate generazioni, negando decisamente influenza del pensiero politico di Locke nel mondo anglosassone in generale ¢ nelle colonie americane in particolare. Come sottol neava uno studioso: « II tramonto del liberalismo e l'ascesa del re- pubblicanesimo nella storiografia della Rivoluzione americana (probabilmente il rovesciamento di fronte pid. stupefacente nella storia del pensiero politico) inizid con un’interpretazione ostile a (74) LGA, Pocock, Virtue, Commerce and History, Cambridge, Cambridge Univer: sity Press, 1985, p. 48 (75) Albert Hirshmann negli sts anni presentava un Mochiavell profondamente di verso: in Gono che antepava i teoicl del capitalism puttosto che predicate la soppres- lone dey appa ft. AF. HIRSHMANN, Passions andthe IntoestsPoical Arguments ‘or Coptalian bofore ts imp, Pinceon, Princeton Unverty Press, 1977 (16) A. MacwrvRt, After Vite: A Study in Moral Theor, Notre Dame, University ‘of Nott Dame Press, 1981.26, 302 [MACHIAVELLI NL NOVECITO Locke » (77). O meglio, come afferma risolutamente Joyce Appleby, per Pocock, « Locke deve essere messo al bando in quanto offende la sensibilita coltivata dal repubblicanesimo classico » (78). Tl Machiavelli di Pocock si trova allora a svolgere un compito improbo ¢ totalmente astorico, quello di contrastare il liberalismo Jockiano con due secoli di anticipo, Trascinato su di un terreno che rnon poteva essere il suo e in uno scontro che solo la grande intell- xgenza, cultura e mestiere di Pocock riescono a non far apparire semplicemente grottesco, Machiavelli esiste soprattutto nelVesalta- zione della partecipazione del cittadino armato alla polis. Egli di- venta Vimprobabile difensore di valori anti-individualistici, Vav- versario degli egoismi dei singoli, il centro e il cuore di una tradi- zione che ritiene che le persone possano raggiungere Ia loro vera essenza soltanto nella partecipazione politica. Vi sarebbe molto da dire sull'influenza che gli studi di Pocock hanno avuto all’interno della filosofia comunitarista contempora- nea. E tuttavia vi é una certa ironia nel fatto che i principal filosofi luesta corrente, da Taylor a MacIntyre, abbiano scelto un altro, € ben pid appropriato, padre nobile per il loro movimento: Jacques Rousseau, relegando il pensatore fiorentino ad un ruolo assolutamente marginale nella loro tradizione. In sostanza, Ma- chiavelli, quale paladino di una visione comunitaria e partecipativa dell’individuo, cantore di un innovativo collettivismo premoderno, rnon convince né gli storie, né i filosofi. (77) SM. DwoneT2, The Unvamished Doctrine. Locke, Liberalism, and the Ameri. can Revotion, Duar, Duke Universi Pras, 1980, p. 12 (8) 10. AveLtny,Libesliso and Republcansn inthe Hstarca Imagination, Cam- ‘ge, Harvard University Pres, 1992, p. 135

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