Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Considerazioni su forza e
debolezza, tolleranza e carit
Luca Grion
1. Premessa
La posizione espressa dal pensiero post-moderna appare, sotto certi aspetti, come il
rispecchiamento pi fedele del nostro tempo, con la sua complessit e le sue mille
contraddizioni. Il relativismo etico, il multiculturalismo, la parcellizzazione dei saperi sembrano
infatti confortare gli epigoni di Nietzsche nella loro condanna di ogni sapere stabile e di ogni
forma di verit immutabile.
Queste nostre brevi riflessioni cercheranno quindi di indagare lopera di uno dei maggiori
esponenti del post-moderno italiano, proprio nel tentativo di mettere in luce quelle linee di
continuit che sembrano legare questa posizione teorica al "comune sentire" della nostra epoca.
Cercare di comprendere le ragioni che sottendono la posizione post-moderna pu, in prima
battuta, apparire contraddittorio o, quanto meno, paradossale vista la critica radicale che tale
posizione opera nei confronti della logica dimostrativa e la sua sfiducia nelle possibilit
conoscitive della ragione. Forse sarebbe pi opportuno parlare di suggestioni, trattandosi di un
movimento di pensiero che esplicitamente si ispira pi allevocativit della letteratura e della
poesia che alla cogenza del logos. Ci nondimeno, appare senza dubbio necessaria una lettura
attenta e critica di tale fenomeno (culturale, si diceva, oltre che filosofico), sia che si abbia a
cuore la difesa di forme si sapere stabili, sia che si voglia pi semplicemente cogliere la coerenza
interna e lefficacia di simili posizioni.
In questottica lopera di Gianni Vattimo viene assunta quale icona di una pi ampia sensibilit
filosofica e culturale, della quale si cercheranno di mettere in luce tanto gli intenti e le ragioni
ideali, quanto i limiti eventualmente individuati lungo il cammino. Il nostro lavoro si articoler
pertanto in due principali fasi: una iniziale ed imprescindibile esposizione del pensiero del nostro
Autore (nella quale si cercher di far emergere quello stretto legame tra istanza etica e critica
antimetafisica che, a nostro avviso, rappresenta la cifra essenziale della sua produzione
filosofica), seguita da una riflessione pi generale attorno al rapporto tra etica, non-violenza e
metafisica.
Possiamo sin dora individuare alcune delle aporie a nostro avviso pi rivelanti che
caratterizzano lopera di Vattimo costituendone delle vere e proprie chiavi di lettura: il post-
moderno, quanto meno nella sua veste italiana (che, per comodit, possiamo definire "debolista"
(1)) sembra scaturire dalletica e, pi specificatamente, da un radicale rifiuto di ogni forma di
violenza; eppure, nelle sue forme pi rigorose, esso rappresenta lestrema ed inappellabile
negazione di ogni valore delletica stessa. Tutto gioco interpretativo, finitezza, ambiguit;
eppure la violenza (umana come metafisica) rappresenta una male assoluto, da rifiutare e
condannare senza timore di smentita. Ed ancora: la verit (tanto quella con la "V" maiuscola,
quanto le verit cui pretende di pervenire il pensiero dimostrativo) non esiste, o, quanto meno,
essa appare franta, paradossale e multiforme; eppure viene affermata con forza e convinzione la
non verit di alcune posizioni filosofiche piuttosto che di altre
Ci che emerge con evidenza dunque lo iato, la distanza, tra lideale non-violento e, potremmo
dire, ecumenico, che sostanzia la prosa del nostro Autore e la radicalit delle conseguenze cui
egli perviene. Vi , in altre parole, un netto contrasto (che, nel corso del nostro studio,
cercheremo di capire se aporetico o contraddittorio) tra rivendicazione etica e decostruzionismo
teoretico.
Dalla lettura dei testi di Gianni Vattimo si assiste infatti al sovrapporsi di due piani ermeneutici e,
potremmo quasi dire, emotivi: da un lato vi lentusiastica accettazione dellappello
nietzschiano a vivere il tempo della morte di Dio, e dunque lepoca senza verit e senza morali.
Dallaltro si afferma con forza il rifiuto di ogni forma di violenza, nonch lindiscussa fiducia
nella bont di valori quali la tolleranza, laccoglienza, la pietas. Aspetto, questultimo, senza
dubbio paradossale, poich cos facendo si viene a rivendicare proprio la dignit di quei valori e
di quella morale che lautore di Al di l del bene e del male aveva infranto sotto il martellare
della sua critica. Aspetto ancor pi sorprendente in un pensiero che individua nella finitezza e
storicit della verit ermeneutica la cifra essenziale del proprio procedere: tali valori sono visti
come qualcosa che sembra non temere lusura del tempo o la forza demitizzante della
secolarizzazione (2).
Si prenda, ad esempio, il comandamento di non uccidere. In Credere di credere, Vattimo affronta
in modo esplicito il problema del rapporto che intercorre tra linsegnamento evangelico e la
secolarizzazione di stampo nichilista e, in modo forse inaspettato, viene a negare con decisone la
possibilit che possa darsi una reale negazione di determinati valori universali. In questo breve
saggio egli afferma infatti che "la norma della secolarizzazione la carit e, pi in generale, la
riduzione della violenza in tutte le sue forme; dunque nessuna secolarizzazione del peccato
domicidio"(3).
Cerchiamo quindi di indagare meglio questo rapporto tra istanza etica e "crisi della verit".
6. Conclusione
Lunica cosa che possiamo augurarci che la caritas, lodata ed inneggiata anche da Vattimo,
venga realmente posta alla base del dialogo intersoggettivo. Non per rinunciare a quellesigenza,
tuttaltro che arbitraria, di verit, ma per contenerla entro i suoi limiti naturali, ossia entro quegli
aspetti, pochi e poverissimi, entro i quali un discorso veritativo (basato sullelencos aristotelico,
ovvero sullevidenza della verit tramite la dimostrazione della contraddittoriet della sua
contraddittoria) possibile. Fuori da tale ambito, tutti i dubbi e le istanze avanzate da Vattimo
non solo sono legittimi, ma risultano estremamente validi, poich molto pi ampio, ed
umanamente (eticamente) pi rilevante, il terreno sul quale non possibile avanzare pretese di
ultimativit, ma solo interpretazioni e letture parziali della nostra condizione. Anche qui, tuttavia,
parlare di verit ha senso: essa rappresenta infatti un ideale regolativo di grande importanza,
poich traccia proprio quella linea discriminante che divide la tolleranza dalla violenza; larbitrio
dalla diversit di letture.
Parlare di verit e di regole razionali serve infatti tanto alla tradizione neoclassica, nella sua
speculazione metaempirica, quanto a coloro che contrastano i risultati di tale ricerca. Se la
razionalit restasse un valore condiviso, allora s il dialogo e la limitazione della violenza
troverebbe reale dimora nei nostri discorsi.
Nulla pi che una proposta
Note
(1) Il riferimento dobbligo va allopera Il pensiero debole, a cura di Gianni Vattimo e Pier Aldo
Rovatti, Idee/Feltrinelli, Milano, 1983. back
(2) Per maggiore chiarezza occorre forse fare una precisazione sulluso ed il significato che
Vattimo attribuisce al termine "secolarizzazione". Tale termine, che originariamente stava ad
indicare il processo di appropriazione da parte del potere temporale dei beni ecclesiastici, qui
usato per significare, similmente, il processo di riappropriazione, operata dalluomo moderno,
della propria autonomia rispetto a quelle forme alienate di dominio alle quali si era asservito (si
pensi ad esempio alla lezione marxiana e, prima ancora, a quella hegeliana). Tale processo viene
per descritto da Vattimo, almeno cos ci sembra di poter leggere, secondo due differenti chiavi
di lettura. Da un lato "secolarizzazione" sta ad indicare quella liberazione dai falsi miti, quali la
trascendenza e lassolutezza della verit, dei quali parlava Nietzsche. Dallaltro, quasi a frenare
la deriva nichilista implicita in tale prospettiva, lo stesso termine viene utilizzato per indicare il
permanere di alcuni valori, ferma restando la critica ad ogni loro "ancoraggio" trascendente, in
unottica meramente terrena. Non a caso Vattimo parla cos spesso di kenosis, ossia
dellincarnazione del Dio trascendente in Cristo, quale simbolo del depotenziamento ed
indebolimento del divino sino al punto da farsi uomo e, dunque, finito. La linea secondo la quale
il nostro autore si muove dunque quella della conservazione-distorsione-indebolimento dei
valori. Il brano citato esprime bene tale ambivalenza e la conseguente necessit di conciliare il
relativismo storicista con la tutela di alcuni valori guida, capaci di valere come garanzia della
relazione intersoggettiva. back
(3) Gianni Vattimo, Credere di credere, Garzanti Editore, Milano, 1996, pag. 92. back
(4) Gianni Vattimo, Ontologia dellattualit, Filosofia 1987, Laterza, Roma-Bari, 1998, pag.
201. back
(5) Altrove, parlando del rapporto tra ontologia e principi primi, Vattimo afferma che: " in
quanto pensiero della presenza perentoria dellessere - come fondamento ultimo di fronte a cui
si pu solo tacere e, forse, provare ammirazione - che la metafisica pensiero violento: il
fondamento, se si d nellevidenza incontrovertibile che non lascia pi adito ad ulteriori
domande, come unautorit che tacita e simpone senza "fornire spiegazioni"". Gianni Vattimo,
Oltre linterpretazione, Editori Laterza, Roma-Bari, 1994, pag. 40. back
(6) In un suo saggio pubblicato sullannuario filosofico di Micromega, trattando del significato
etico della reazione post-moderna al pensiero metafisico, Vattimo descrive in questi termini il
rapporto tra violenza e primi principi: " lesclusione di questa violenza che crede legittima
lesclusione di qualunque violenza (ma c unaltra possibile definizione della violenza, che non
ricada nelle spire dellessenzialismo) con linterruzione del domandare, con il tacitamento
autoritario dellaltro in nome di principi primi ." Gianni Vattimo, Etica della provenienza,
Micromega - Almanacco di Filosofia 97, pag. 79. back
(7) Riflettendo sul problema della tecnica egli afferma inoltre che "la metafisica delloggettivit
si conclude in un pensiero che identifica la verit dellessere con la calcolabilit, misurabilit e
in definitiva manipolabilit delloggetto della scienza-tecnica". Gianni Vattimo, Credere di
credere, op. cit., pag. 21. back
(8) Gianni Vattimo, Etica della provenienza, op. cit. pp. 74-79. back
(9) Idem. pag. 74. back
(10) Gianni Vattimo, Credere di credere, op. cit., pag. 37. Interessante, a riguardo, il rimando ad
un altro luogo della riflessione del nostro Autore, nella quale, proprio a proposito del rapporto tra
critica antimetafisica ed indebolimento dellessere, egli afferma: "Per me lespressione pensiero
debole significa non tanto, o non principalmente, unidea del pensiero pi consapevole dei suoi
limiti, che abbandona le pretese delle grandi visioni metafisiche globali, eccetera; ma
soprattutto una teoria dellindebolimento come carattere costitutivo dellessere nellepoca della
fine della modernit". Gianni Vattimo, Credere di credere, op. cit., pp. 25-26. back
(11) Gianni Vatttimo, Dialettica differenza, pensiero debole, ne Il pensiero debole, Feltrinelli,
1983. back
(12) Cfr. Jorge Luis Borges, Finzioni, Einaudi, Torino, 1955 e Umberto Eco, Il nome della rosa,
Bompiani, Milano, 1980. back
(13) " La verit dellabitare piuttosto la comprensione del bibliotecario, che non possiede
interamente, in un puntuale atto di comprensione trasparente, la totalit dei contenuti dei libri
tra i quali vive e neppure i principi primi da cui tali contenuti discendono: il bibliotecario
conosce la collocazione dei volumi e ha anche una certa idea del catalogo a soggetto" . Gianni
Vattimo, Oltre linterpretazione, op. cit., pag. 113. back
(14) Gianni Vattimo, Al di l del soggetto, Feltrinelli, Milano, 1981, pag. 94. back
(15) Idem. back
(16) "Solo allinterno di unapertura storico-culturale (o di un paradigma) si pu parlare di
verit come conformit a regole che si danno con lapertura stessa; lapertura come tale non
pu essere detta vera in base a criteri originari perch istituisce gli orizzonti in cui ogni
verifica o falsificazione possibile [] La verit dellapertura sembra quindi pensabile solo in
base alla metafora dellabitare [] questo abitare la condizione prima del mio dire la verit.
Ma non posso descriverlo come una condizione universale strutturale, stabile: sia perch
lesperienza storica mostra lirriducibilit dei paradigmi e degli universi culturali, sia perch
anche per descrivere lapertura come una struttura stabile dovrei avere un criterio di
conformit, che sarebbe allora lapertura pi originaria". Gianni Vattimo, Oltre
linterpretazione, op. cit., pp. 101-103. back
(17) Ne La societ trasparente , Garzanti, Milano, 2000, pag. 19, Vattimo parla di "libert come
oscillazione continua tra apparenza e spaesamento". back
(18) Cfr. Carmelo Vigna, Vocazione filosofica e tradizione metafisica, Annuario filosofica 97,
Mondatori Editore. back
(19) Penso in prima battuta ad alcuni saggi quali: Gustavo Bontadini, Episodi della
deellenizzazione, Gianni Vattimo, in Metafisica e deellenizzazione, Vita e Pensiero, Milano,
1997; Enrico Berti, Le vie della ragione, Il Mulino, Bologna, 1987 oltre al gi citato: Carmelo
Vigna, Vocazione filosofica e tradizione metafisica. back
(20) Gianni Vattimo, Dialettica, differenza, pensiero debole, ne Il pensiero debole, op. cit., pag.
12. back
(21) Per un maggior approfondimento della problematica si rimanda a G. Bontadini, Saggio per
una metafisica dellesperienza, Vita e Pensiero, Milano, 1938 e La funzione metodologica
dellUnit dellEsperienza, in Conversazioni di metafisica, Vita e Pensiero, Milano,1971; C
Vigna, Dio e il Silenzio, in Chi Dio?, a cura di A. Molinaro, Herder-Universit Lateranense,
Roma, 1988 e Sulla verit dellessere, in Il frammento e lintero, Vita e Pensiero, Milano, 2000;
E. Severino, Studi di filosofia della prassi, Adelphi, Milano, 1984 e La struttura dellessere,
"Rivista di filosofia neoscolastica", 42, 1950. back